Decreto legislativo 30/03/2001, n. 165

Articolo 52 Disciplina delle mansioni (Art. 56 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 25 del D.Lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 15 del D.Lgs n. 387 del 1998) 393

In vigore dal 8 agosto 2021
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.389
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, dei conservatori e degli istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. La contrattazione collettiva individua un’ulteriore area per l’inquadramento del personale di elevata qualificazione. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono, con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata e secondo principi di selettività, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Fatta salva una riserva di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, le progressioni fra le aree e, negli enti locali, anche fra qualifiche diverse, avvengono tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia de gli incarichi rivestiti. In sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, ad esclusione dell’area di cui al secondo periodo, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno. All’attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente.390
1-ter. Per l’accesso alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle aree funzionali è definita una quota di accesso nel limite complessivo del 50 per cento da riservare a concorso pubblico sulla base di un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.391 392
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.
_____________________________________
389 Comma così sostituito dall’art. 62, comma 1, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che ha sostituito l’originario comma 1, con gli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter.
390 Comma inserito dall’art. 62, comma 1, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che ha sostituito il comma 1 con i commi 1, 1-bis e 1-ter. Successivamente, il presente comma è stato modificato dall’art. 3-ter, comma 2, lett. c), D.L. 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 marzo 2020, n. 12. Infine, il presente comma è stato così sostituito dall’art. 3, comma 1, D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113.
391 Comma inserito dall’art. 62, comma 1, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che ha sostituito il comma 1 con i commi 1, 1-bis e 1-ter.
392 Comma abrogato dall’art. 18, comma 1, lett. e), D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70.
393 In deroga ai limiti di durata dei contratti di lavoro a tempo determinato previsti dal presente provvedimento, vedi l’art. 57, comma 2-bis, D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, e, successivamente, l’art. 1, comma 467, L. 30 dicembre 2021, n. 234.

 


Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali successivo a quello dell’1.4.99 (CODE CONTRATTUALI)

Contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del comparto delle REGIONI e DELLE Autonomie Locali SUCCESSIVO A QUELLO DELL’1.4.1999.

A seguito del parere favorevole espresso, in data 28.7.2000, dal Comitato di Settore del comparto Regioni-Autonomie Locali sul testo dell’accordo relativo al CCNL per il personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali successivo a quello dell’1.4.1999 nonché della certificazione della Corte dei Conti, in data 11 settembre 2000, sull’attendibilità dei costi quantificati per il medesimo e sulla loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, il giorno 14 settembre 2000, alle ore 17,30, ha avuto luogo l’incontro tra: 

L’ARAN:nella persona del Presidente, prof. Carlo Dell’Aringa ed i rappresentanti delle seguenti organizzazioni e confederazioni sindacali:

Al termine della riunione le parti hanno sottoscritto l’allegato CCNL relativo al personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie Locali.

Indice generale

Titolo I Flessibilità del Rapporto  di Lavoro

Art. 1  Disciplina sperimentale del telelavoro

Art. 2  Contratto di fornitura di lavoro temporaneo

Art. 3  Contratto di formazione e lavoro

Art. 4  Rapporto di lavoro a tempo parziale

Art. 5  Orario di lavoro del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale

Art. 6  Trattamento economico-normativo del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale

Art. 7  Contratto a termine

Art. 8  Mansioni superiori

Titolo II Cause di sospensione del rapporto

Art. 9  Servizio militare

Art.10 Assenze per malattia

Art.10bis Infortuni sul lavoro e malattie dovute a cause di servizio

Art.11 Aspettativa per motivi personali

Art.12 Aspettativa per dottorato di ricerca o borsa di studio

Art.13 Altre aspettative previste da disposizioni di legge

Art.14 Cumulo di aspettative

Art.15 Diritto allo studio

Art.16             Congedi per la formazione

Art.17 Congedi dei genitori

Art.18 Congedi per eventi e cause particolari

Titolo III Disposizioni particolari

Art.19 Pari opportunità

Art.20 Periodo di prova

Art.21 Tutela dei dipendenti in particolari condizioni psico-fisiche

Art.22 Turnazioni

Art.23 Reperibilità

Art.24 Trattamento per attività prestata in giorno festivo- riposo compensativo

Art.25 Passaggio diretto ad altre amministrazioni del personale in eccedenza

Art.26 Ricostituzione del rapporto di lavoro

Art.27 Norma per gli enti provvisti di Avvocatura

Art.28 Patrocinio Legale

Titolo IV Personale dell’Area di Vigilanza

Art.29 Disposizioni speciali per il personale dell’area di vigilanza con particolari responsabilità

Titolo V Personale delle scuole

Art.30 Personale docente delle scuole materne

Art.31 Personale educativo degli asili nido

Art.32 Personale docente delle scuole gestite dagli enti locali

Art.32 bis Docenti addetti al sostegno operanti nelle scuole statali

Art.33 Docenti ed educatori addetti al sostegno operanti nelle istituzioni scolastiche gestite dagli Enti Locali

Art.34 Personale docente dei centri di formazione professionale

Titolo VI Trattamento Economico

Art.35 Retribuzione di posizione per l’area della vigilanza

Art.36 Indennità maneggio valori

Art.37 Indennità di rischio

Art.38 Lavoro straordinario

Art.38 bis Banca delle ore

Art.39 Lavoro straordinario elettorale, per eventi straordinari e calamità nazionali

Art.40 Bilinguismo

Art.41 Trattamento di trasferta

Art.42 Trattamento di trasferimento

Art.43 Copertura assicurativa

Art.44 Trattenute per scioperi brevi

Art.45 Mensa

Art.46 Buoni pasti

Art.47 Trattamento economico dei dipendenti in distacco sindacale

Titolo VII Norme Finali

Art.48 Requisiti per l’integrazione delle risorse destinate alla Contrattazione decentrata integrativa

Art.49 Trattamento di fine rapporto di lavoro

Art.50 Modalità di applicazione di benefici economici previsti da discipline speciali

Art.51 Disapplicazioni

Art.52 Nozione di retribuzione

Art.53 Struttura della busta paga

Art.54 Messi notificatori

Art.55 Attività sociali, culturali e ricreative

Art.56 Diritto di assemblea

Art.57 Decorrenza degli effetti del Contratto

Allegato A tabelle I.I.S. per le diverse categorie del personale

Dichiarazioni congiunte e verbali

Dichiarazione congiunta n.1

Dichiarazione congiunta n.2

Dichiarazione congiunta n.3

Dichiarazione congiunta n.4

Dichiarazione congiunta n.5

Dichiarazione congiunta n.6

Dichiarazione congiunta n.7

Dichiarazione congiunta n.8

Dichiarazione congiunta n.9

Dichiarazione congiunta n.10

Dichiarazione congiunta n.11

Dichiarazione congiunta n.12

Dichiarazione congiunta n.13

Dichiarazione congiunta n.14

Dichiarazione congiunta n.15

Dichiarazione congiunta n.16

Dichiarazione congiunta n.17

Dichiarazione congiunta n.18

Dichiarazione congiunta n.19

Dichiarazione congiunta n.20

TITOLO I

FLESSIBILITA’ DEL RAPPORTO DI LAVORO

In relazione alla nuova disciplina delle forme flessibili di rapporto di lavoro introdotte dal presente contratto, le parti sottolineano la particolare e significativa rilevanza di tali strumenti di gestione delle risorse umane che, nonostante il loro carattere di sperimentalità, offrono agli enti ampi margini di gestione diretta dei servizi, permettendo altresì il superamento del ricorso alle collaborazioni continuate e coordinate nell’espletamento delle attività istituzionali.

Art.1

Disciplina sperimentale del telelavoro

1. Il telelavoro determina una modificazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa realizzabile, con l’ausilio di specifici strumenti telematici, nella forma del telelavoro domiciliare, che comporta la prestazione dell’attività lavorativa dal domicilio del dipendente, o nella forma del lavoro a distanza, che comporta la prestazione dell’attività lavorativa da centri appositamente attrezzati distanti dalla sede dell’ente e al di fuori del controllo diretto di un dirigente.

2. Gli enti, previa informazione ed eventuale incontro con i soggetti sindacali di cui all’art.10, comma 2, del CCNL dell’1.04.1999, possono definire progetti per la sperimentazione del telelavoro nei limiti e con le modalità stabilite dall’art. 3 del DPR 8.3.1999 n. 70 e dal CCNL quadro sottoscritto il 23.3.2000, al fine di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane.

3. I singoli partecipanti ai progetti sperimentali di telelavoro sono individuati secondo le previsioni dell’art.4 del CCNL quadro del 23.3.2000.

4. Gli enti definiscono, in relazione alle caratteristiche dei progetti da realizzare, di intesa con i dipendenti interessati, la frequenza dei rientri nella sede di lavoro originaria,che non può comunque essere inferiore ad un giorno per settimana.

5. L’orario di lavoro, a tempo pieno o nelle diverse forme del tempo parziale, viene distribuito nell’arco della giornata a discrezione del dipendente in relazione all’attività da svolgere, fermo restando che in ogni giornata di lavoro il dipendente deve essere a disposizione per comunicazioni di servizio in due periodi di un’ora ciascuno fissati nell’ambito dell’orario di servizio; in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale la durata dei due periodi si riduce del 50 %. Per effetto della distribuzione discrezionale del tempo di lavoro, non sono configurabili prestazioni aggiuntive, straordinarie notturne o festive né permessi brevi ed altri istituti che comportano riduzioni di orario.

6. Il lavoratore ha il dovere di riservatezza su tutte le informazioni delle quali venga in possesso per il lavoro assegnatogli e di quelle derivanti dall’utilizzo delle apparecchiature, dei programmi e dei dati in essi contenuti. In nessun caso il lavoratore può eseguire lavori per conto proprio o per terzi utilizzando le attrezzature assegnategli senza previa autorizzazione dell’ente.

7. La postazione di telelavoro deve essere messa a disposizione, installata e collaudata a cura e a spese dell’ente, sul quale gravano i costi di manutenzione e gestione dei sistemi di supporto per il lavoratore. Nel caso di telelavoro a domicilio potrà essere installata una linea telefonica presso l’abitazione del lavoratore, con oneri di impianto ed esercizio a carico dell’ente, espressamente preventivati nel progetto di telelavoro. Lo stesso progetto prevede l’entità dei rimborsi, anche in forma forfettaria, delle spese sostenute dal lavoratore per consumi energetici e telefonici, sulla base delle intese raggiunte in sede di contrattazione integrativa decentrata.

8. Gli enti, nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento della sperimentazione del telelavoro, stipulano polizze assicurative per la copertura dei seguenti rischi:

– danni alle attrezzature telematiche in dotazione del lavoratore, con esclusione di quelli derivanti da dolo o colpa grave;
– danni a cose o persone, compresi i familiari del lavoratore, derivanti dall’uso delle stesse attrezzature.

Gli enti provvedono altresì alla copertura assicurativa INAIL

9. La verifica delle condizioni di lavoro e dell’idoneità dell’ambiente di lavoro avviene all’inizio dell’attività e periodicamente ogni sei mesi, concordando preventivamente con l’interessato i tempi e le modalità della stessa in caso di accesso presso il domicilio. Copia del documento di valutazione del rischio, ai sensi dell’art.4, comma 2, del D.Lgs.n.626/1994, è inviata ad ogni dipendente, per la parte che lo riguarda.

10. La contrattazione decentrata integrativa definisce l’eventuale trattamento accessorio compatibile con la specialità della prestazione nell’ambito delle finalità indicate nell’art. 17 del CCNL dell’1.4.1999.

11. E’ garantito al lavoratore l’esercizio dei diritti sindacali e la partecipazione alle assemblee. In particolare, ai fini della sua partecipazione all’attività sindacale, il lavoratore deve poter essere informato attraverso la istituzione di una bacheca sindacale elettronica e l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica con le rappresentanze sindacali sul luogo di lavoro.

12. I lavoratori sono altresì invitati a partecipare alle eventuali conferenze di servizio o di organizzazione previste dall’ordinamento vigente.

13. E’ istituito, presso l’ARAN, un osservatorio nazionale a composizione paritetica con la partecipazione di rappresentanti, del Comitato di Settore e delle organizzazioni sindacali firmatarie del presente CCNL che, con riunioni annuali, verifica l’utilizzo dell’istituto e gli eventuali problemi.

Art.2

Contratto di fornitura di lavoro temporaneo

1. Gli enti possono stipulare contratti di lavoro temporaneo, secondo la disciplina della legge n.196/1997, per soddisfare esigenze a carattere non continuativo e/o a cadenza periodica, o collegate a situazioni di urgenza non fronteggiabili con il personale in servizio o attraverso le modalità del reclutamento ordinario previste dal D.Lgs.n.29/1993.

2. In particolare, oltre che nei casi previsti dall’art.1, comma 2, lett. b) e c) della legge n.196/1997, i contratti di fornitura sono stipulati nelle ipotesi di seguito illustrate e nel rispetto dei criteri generali indicati nel comma 1:

a) per consentire la temporanea utilizzazione di professionalità non previste nell’ordinamento dell’amministrazione, anche al fine di sperimentarne la necessità;

b) in presenza di eventi eccezionali e motivati non considerati in sede di programmazione dei fabbisogni, per la temporanea copertura di posti vacanti, per un periodo massimo di 60 giorni e a condizione che siano state avviate le procedure per la loro copertura; il limite temporale è elevato a 180 giorni per la temporanea copertura di posti relativi a profili professionali non facilmente reperibili o comunque necessari a garantire standard definiti di prestazioni, in particolare nell’ambito dei servizi assistenziali;

c) per punte di attività o per attività connesse ad esigenze straordinarie, derivanti anche da innovazioni legislative che comportino l’attribuzione di nuove funzioni, alle quali non possa farsi fronte con il personale in servizio;

d) per particolari fabbisogni professionali connessi all’attivazione e aggiornamento di sistemi informativi ovvero di controllo di gestione e di elaborazione di manuali di qualità e carte di servizi, che non possono essere soddisfatti ricorrendo unicamente al personale in servizio;

e) per soddisfare specifiche esigenze di supporto tecnico e per creare le relative competenze nel campo della prevenzione, della sicurezza,  dell’ambiente di lavoro e dei servizi alla persona con standards predefiniti.

3. Il numero dei contratti di fornitura di lavoro temporaneo non può superare il tetto del 7%, calcolato su base mensile, dei lavoratori  a tempo indeterminato in servizio presso l’ente, arrotondato, in caso di frazioni,  all’unità superiore.

4. Il ricorso al lavoro temporaneo non è consentito per i profili della categoria A, per quelli dell’area di vigilanza e per quelli del personale educativo e docente degli asili nido e delle scuole materne, elementari, medie e superiori. Sono, altresì, escluse le posizioni di lavoro che comportano l’esercizio di funzioni nell’ambito delle competenze del Sindaco come Ufficiale di Governo.

5. Si rinvia alle disposizioni della L.n.196/1997, e successive modificazioni ed integrazioni,  per gli aspetti non previsti dal presente articolo.

6. I lavoratori con contratto di fornitura di lavoro temporaneo, qualora partecipino a programmi o progetti di produttività hanno titolo a partecipare all’erogazione dei connessi trattamenti. La contrattazione integrativa decentrata definisce casi, condizioni, criteri e modalità per la determinazione e corresponsione dei suddetti trattamenti accessori.

7. L’ente comunica tempestivamente all’impresa fornitrice, titolare del potere disciplinare nei confronti dei lavoratori temporanei, le circostanze di fatto disciplinarmente rilevanti da contestare al lavoratore temporaneo ai sensi dell’art.7 della legge n.300/1970.

8. Gli enti sono tenuti, nei riguardi dei lavoratori temporanei, ad assicurare tutte le misure, le informazioni e gli interventi di formazione relativi alla sicurezza e prevenzione previsti dal D.Lgs.n.626/1994, in particolare per quanto concerne i rischi specifici connessi all’attività lavorativa in cui saranno impegnati.

9. I lavoratori temporanei hanno diritto di esercitare presso gli enti utilizzatori i diritti di libertà e di attività sindacale previsti dalla legge n.300/1970 e possono partecipare alle assemblee del personale dipendente.

10. Gli enti provvedono alla tempestiva e preventiva informazione e consultazione ai soggetti sindacali di cui all’art.10, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999, sul numero, sui motivi, sul contenuto, anche economico, sulla durata prevista dei contratti di lavoro temporaneo e sui relativi costi. Nei casi di motivate ragioni d’urgenza le amministrazioni forniscono l’informazione in via successiva, comunque non oltre i cinque giorni successivi alla stipulazione dei contratti di fornitura, ai sensi dell’art.7, comma 4, punto a) della legge 24 giugno 1997, n.196.

11. Alla fine di ciascun anno le amministrazioni forniscono ai soggetti sindacali di cui all’art.10, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999 tutte le informazioni  necessarie alla verifica del rispetto della percentuale fissata dal comma 3. Entro lo stesso termine gli enti forniscono alle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del presente CCNL e all’ARAN tutte le informazioni di cui al precedente comma 10.

12. In conformità alle vigenti disposizioni di legge, è fatto divieto agli enti di attivare rapporti per l’assunzione di personale di cui al presente articolo con soggetti diversi dalle agenzie abilitate alla fornitura di lavoro temporaneo dal Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.

Art.3

Contratto di formazione e lavoro

1. Nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’art. 39, comma 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, gli enti possono stipulare contratti di formazione e lavoro nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 3 del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863 e all’art. 16 del decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451.

2. Non possono stipulare contratti di formazione e lavoro gli enti che abbiano proceduto a dichiarazioni di eccedenza o a collocamento in disponibilità di proprio personale nei dodici mesi precedenti la richiesta, salvo che l’assunzione avvenga per l’acquisizione di professionalità diverse da quelle  dichiarate in eccedenza.

3. Le selezioni dei candidati destinatari del contratto di formazione e lavoro avvengono nel rispetto della normativa generale vigente in tema di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le disposizioni  riferite a riserve, precedenze e  preferenze, utilizzando procedure semplificate.

4. Il contratto di formazione e lavoro può essere stipulato:

a) per l’acquisizione di professionalità elevate;

b) per agevolare l’inserimento professionale mediante un’esperienza lavorativa che consenta un adeguamento delle capacità professionali al contesto organizzativo e di servizio.

5. Le esigenze organizzative che giustificano l’utilizzo dei contratti di formazione e lavoro non possono contestualmente essere utilizzate per altre tipologie di assunzione a tempo determinato.

6. Ai fini del comma 4, in relazione al vigente sistema di classificazione del personale, sono considerate elevate le professionalità inserite nella categoria D.  Il contratto di formazione e lavoro non può essere stipulato per l’acquisizione di professionalità ricomprese nella categoria A.

7. Ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, ai sensi delle lettere a) e b) del comma 4, viene corrisposto il trattamento tabellare corrispondente al profilo di assunzione (B1,B3,C1, D1 e D3).

8. Per i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro ai sensi del comma 4, lett. a), nell’ambito del periodo stabilito di durata del rapporto, è previsto un periodo obbligatorio di formazione, che esclude ogni prestazione lavorativa, non inferiore a 130 ore complessive; per i lavoratori assunti ai sensi dell’art.4, lett. b) il suddetto periodo non può essere inferiore a 20 ore ed è destinato alla formazione di base relativa alla disciplina del rapporto di lavoro, all’organizzazione del lavoro nonché alla prevenzione ambientale ed antinfortunistica. Per il l’area della vigilanza le ore minime di formazione riguardano le materie attinenti alla specifica professionalità. Gli oneri della formazione di cui al presente comma non gravano sulle risorse di cui all’art.23, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999.

9. Le eventuali ore aggiuntive devolute alla formazione rispetto a quelle previste dall’art. 16, comma 5 del decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451 non sono retribuite.

10. Il contratto di formazione e lavoro è stipulato in forma scritta, secondo i principi di cui all’art. 14 del CCNL del 6.7.1995, e deve contenere l’indicazione delle caratteristiche, della durata e della tipologia dello stesso. In particolare la durata è fissata in misura non superiore a 24 mesi, nel caso previsto dal comma 4, lett. a) e in misura non superiore a dodici mesi, nel caso previsto dal comma 4, lett. b). Copia del contratto di formazione e lavoro deve essere consegnata al lavoratore.

11. Il trattamento economico spettante ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro è costituito dal trattamento tabellare iniziale, dall’indennità integrativa speciale, dalla tredicesima mensilità, dagli altri compensi o indennità connessi alle specifiche caratteristiche della effettiva prestazione lavorativa, se ed in quanto dovute. La contrattazione decentrata può disciplinare l’attribuzione di compensi per particolari condizioni di lavoro o per altri incentivi previsti dall’art.17 del CCNL dell’1.04.1999, utilizzando esclusivamente le risorse previste nel finanziamento del progetto di formazione e lavoro.

12. La disciplina normativa è quella prevista per i lavoratori a tempo determinato, con le seguenti eccezioni:

– la durata del periodo di prova è pari ad un mese di prestazione effettiva per i contratti stipulati ai sensi del comma 4, lett. b); lo stesso periodo è elevato a due mesi per i contratti previsti dal comma 4, lett. a);
– nelle ipotesi di malattia o di infortunio, il lavoratore non in prova ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo pari alla metà del contratto di formazione di cui è titolare.

13. Nella predisposizione dei progetti di formazione e lavoro devono essere rispettati i principi di non discriminazione diretta ed indiretta di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125.

14. Il contratto di formazione lavoro si risolve automaticamente alla scadenza prefissata e non può essere prorogato o rinnovato. Ai soli fini del completamento della formazione prevista, in presenza dei seguenti eventi oggettivamente impeditivi della formazione il contratto può essere prorogato per un periodo corrispondente a quello di durata della sospensione stessa :

– malattia

– gravidanza e puerperio, astensione facoltativa post-partum

– servizio militare di leva e richiamo alle armi

– infortunio sul lavoro

15. Prima della scadenza del termine stabilito nel comma 10 il contratto di formazione e lavoro può essere risolto esclusivamente per giusta causa.

16. Al termine del rapporto l’amministrazione è tenuta ad attestare l’attività svolta ed i risultati formativi conseguiti dal lavoratore. Copia dell’attestato è rilasciata al lavoratore.

17. Il rapporto di formazione e lavoro può essere trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 3, comma 11, del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863. Gli enti disciplinano, previa concertazione ai sensi dell’art.8 del CCNL dell’1.4.1999, il procedimento ed i criteri per l’accertamento selettivo dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alle posizioni di lavoro da ricoprire, assicurando la partecipazione alle selezioni anche ai lavoratori di cui al comma 14.

18. Nel caso in cui il rapporto di formazione e lavoro si trasformi in rapporto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro viene computato a tutti gli effetti nell’anzianità di servizio.

19. Non è consentita la stipula di contratti di formazione lavoro da parte degli enti che non confermano almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto sia scaduto nei 24 mesi precedenti, fatti salvi i casi di comprovata impossibilità correlati ad eventi eccezionali e non prevedibili.

Art.4

Rapporto di lavoro a tempo parziale

1. Gli enti possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale mediante:

a. assunzione, nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale, ai sensi delle vigenti disposizioni;

b. trasformazione di rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale su richiesta dei dipendenti interessati.

2. Il numero dei rapporti a tempo parziale non può superare il 25 per cento della dotazione organica complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna categoria, con esclusione delle posizioni di lavoro di particolare responsabilità preventivamente individuate dagli enti. Il lavoratore titolare delle stesse può ottenere la trasformazione del suo rapporto in rapporto a tempo parziale solo a seguito di espressa rinuncia all’incarico conferitogli. Il predetto limite è arrotondato per eccesso onde arrivare comunque all’unità.

3. Gli enti, previa analisi delle proprie esigenze organizzative e nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale, previa informazione seguita da incontro, individuano i posti da destinare ai rapporti di lavoro a tempo parziale nel rispetto dei criteri definiti nel precedente comma 2 e nell’art. 5, comma 1, del presente CCNL. Gli stessi posti vengono prioritariamente coperti sulla base delle richieste presentate dal personale in servizio di pari categoria e profilo e, per la parte che residua, mediante assunzione secondo le procedure selettive previste dai regolamenti degli enti.

4. Nel caso che gli enti non abbiano provveduto agli adempimenti previsti nel comma 3, oppure nel limite della eventuale percentuale residua, dopo l’attuazione della disciplina prevista dal medesimo comma, la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale avviene automaticamente entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda presentata dal dipendente interessato, nel rispetto delle forme e delle modalità di cui al comma 13. In tal caso opera il solo limite percentuale di cui al comma 2. Nelle domande, da presentare con cadenza semestrale (giugno-dicembre), deve essere  indicata l’eventuale attività  di lavoro subordinato o autonomo che il dipendente intende svolgere ai fini dei commi 7 e ss.

5. L’ente, entro il predetto termine, può, con decisione motivata,  rinviare la trasformazione del rapporto di lavoro  per un periodo non superiore a sei mesi nei casi in cui essa comporti, in relazione alle mansioni e alla posizione organizzativa del dipendente,  grave pregiudizio alla funzionalità del servizio.

6. Nel caso di cui al comma 4 continua a trovare applicazione l’art. 1, comma 59,  della L.662/96, l’art. 39, comma 27 della L.n.449/1997 in materia di individuazione ed utilizzazione dei risparmi di spesa e l’art.15, comma 1, lett. e) del CCNL dell’1.04.1999.

7. I dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale, qualora la prestazione lavorativa non sia superiore al 50% di quella a tempo pieno, nel rispetto delle vigenti norme sulle incompatibilità, possono svolgere un’altra attività lavorativa e professionale, subordinata o autonoma, anche mediante l’iscrizione ad albi professionali.

8. Gli enti, ferma restando la valutazione in concreto dei singoli casi, sono tenuti ad individuare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali non sono comunque  consentite ai dipendenti di cui al comma precedente, con le procedure previste dall’art.1, comma 58 bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni ed integrazioni, dandone informazione ai soggetti di cui all’art.10, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999.

9. Nel caso di verificata sussistenza di un conflitto di interessi tra l’attività esterna del dipendente – sia subordinata che autonoma – e la specifica attività di servizio, l’ente nega la trasformazione del rapporto a tempo parziale nei casi di cui ai commi 7 e 8.

10. Il dipendente è tenuto a comunicare, entro quindici giorni, all’ente nel quale presta servizio l’eventuale successivo inizio  o la variazione dell’attività lavorativa esterna.

11. In presenza di gravi e documentate situazioni familiari, preventivamente individuate dagli enti in sede di contrattazione integrativa decentrata ai sensi dell’art.4 del CCNL dell’1.4.1999, e tenendo conto delle esigenze organizzative, è possibile elevare il contingente di cui al comma 2 di un ulteriore 10 % massimo. In tali casi, in deroga alle procedure di cui al comma 4, le domande sono presentate senza limiti temporali.

12. Qualora il numero delle richieste relative ai casi dei commi 4 e 11 ecceda i contingenti fissati nei commi stessi, viene data la precedenza:

a. ai dipendenti portatori di handicap o in particolari condizioni psicofisiche;

b. ai familiari che assistono persone portatrici di handicap non inferiore al 70%  o persone in particolari condizioni psico-fisiche o affette da gravi patologie o anziani non autosufficienti;

c. ai genitori con figli minori,  in relazione al loro numero.

13. La costituzione del rapporto a tempo parziale o la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, avviene con contratto di lavoro stipulato in forma scritta e con l’indicazione della durata della prestazione lavorativa nonché della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno e del relativo trattamento economico.

14. I dipendenti con  rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di  tornare a tempo pieno  alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della  scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico.

15. I dipendenti assunti con  rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di chiedere la trasformazione del rapporto a tempo pieno decorso un triennio dalla data di assunzione, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico.

16. Gli enti informano con cadenza  semestrale i soggetti sindacali di cui all’art.10, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999 sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale, sulla tipologia delle stesse e sull’eventuale ricorso al lavoro aggiuntivo e straordinario.

Art.5

Orario di lavoro del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale

1. Il dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale copre una frazione di posto di organico corrispondente alla durata della prestazione lavorativa che non può essere inferiore al 30 % di quella a tempo pieno.  In ogni caso, la somma delle frazioni di posto a tempo parziale non può superare il numero complessivo dei posti di organico a tempo pieno trasformati.

2. Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere:

a. orizzontale, con orario normale giornaliero di lavoro in misura ridotta rispetto al tempo pieno e con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi (5 o  6 giorni);

b. verticale, con  prestazione lavorativa svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, dell’anno e con  articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana, del mese, o di determinati periodi dell’anno, in misura tale da rispettare la media della durata del lavoro settimanale prevista per il tempo parziale nell’arco temporale preso in considerazione (settimana, mese o anno);

c. con combinazione delle due modalità indicati nelle lettere a) e b).

3. Il tipo di articolazione della prestazione e la sua distribuzione, in relazione ai posti di cui al comma 3 dell’art. 4 vengono previamente definiti dagli enti e resi noti a tutto il personale, mentre nel caso previsto dal comma 4 dello stesso articolo sono concordati con il dipendente.

Art.6

Trattamento economico – normativo del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.

1. Al personale con rapporto a tempo parziale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di legge e contrattuali dettate per il rapporto a tempo pieno, tenendo conto della ridotta durata della prestazione e della peculiarità del suo svolgimento

2. Al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, e solo con l’espresso consenso dello stesso, può essere richiesta l’effettuazione di prestazioni di lavoro aggiuntivo, di cui all’art.1, comma 2, lett. e) del D.Lgs.n.61/2000, nella misura massima del 10% della durata dell’orario di lavoro a tempo parziale riferita a periodi non superiori ad un mese e da utilizzare nell’arco di più di una settimana.

3. Il ricorso al lavoro aggiuntivo è ammesso per specifiche e comprovate esigenze organizzative o in presenza di particolari situazioni di difficoltà organizzative derivanti da concomitanti assenze di personale non prevedibili ed improvvise.

4. Le ore di lavoro aggiuntivo sono retribuite con un compenso pari alla retribuzione oraria globale di fatto di cui all’art.52, comma 2, lett. d) maggiorata di una percentuale pari al 15%, i  relativi oneri sono a carico delle risorse destinate ai compensi per lavoro straordinario.

5. Il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale può effettuare prestazioni di lavoro straordinario nelle sole giornate di effettiva attività lavorativa entro il limite massimo di cui al comma 2. Tali ore sono retribuite con un compenso pari alla retribuzione oraria di cui all’art.52, comma 2, lett. b), con una maggiorazione pari al 15%.

6. Qualora le ore di lavoro aggiuntivo o straordinario svolte siano eccedenti rispetto a quelle fissate come limite massimo giornaliero, mensile o annuale dal comma 4, la percentuale di maggiorazione di cui al precedente comma 5 è elevata al 50%.

7. Il consolidamento nell’orario di lavoro, su richiesta del lavoratore, del lavoro aggiuntivo o straordinario, svolto in via non meramente occasionale, avviene previa verifica sull’utilizzo del lavoro aggiuntivo e straordinario per più di sei mesi effettuato dal lavoratore stesso.

8. I dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di giorni di ferie pari a quello dei lavoratori a tempo pieno. I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni di ferie proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno. In entrambe le ipotesi il relativo trattamento economico è commisurato alla durata  della prestazione giornaliera.Analogo criterio di proporzionalità si applica anche per le altre assenze dal servizio previste dalla legge e dal CCNL, ivi comprese le assenze per malattia. In presenza di part-time verticale, è comunque riconosciuto per intero il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro previsto dalla L.n.1204/71, anche per la parte non cadente in periodo lavorativo; il relativo trattamento economico, spettante per l’intero periodo di astensione obbligatoria, è commisurato alla durata prevista per la prestazione giornaliera.   Il permesso per matrimonio, l’astensione facoltativa ed i permessi per maternità, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi, fermo restando che il relativo trattamento economico è commisurato alla durata  prevista per la prestazione giornaliera. In presenza di part-time verticale non si riducono i termini previsti per il periodo di prova e per il preavviso che vanno calcolati con riferimento ai periodi effettivamente lavorati.

9. Il trattamento economico del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, spettanti al personale con rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa categoria e profilo professionale.

10. I trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché  altri istituti non collegati alla durata della prestazione lavorativa, sono applicati ai dipendenti a tempo parziale anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato, secondo la disciplina prevista dai contratti integrativi decentrati.

11. Al ricorrere delle condizioni di legge al lavoratore a tempo parziale sono corrisposte per intero le aggiunte di famiglia.

12. Il trattamento previdenziale e di fine rapporto è disciplinato dalle disposizioni contenute nell’art.8 della legge n.554/1988 e successive modificazioni ed integrazioni.

13. Per tutto quanto non disciplinato dalle clausole contrattuali, in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano le disposizioni contenute nel D.lgs.n.61/2000.

Art.7

Contratto a termine

1. In applicazione e ad integrazione di quanto previsto dalla legge n.230/1962 e successive modificazioni e dall’art.23, comma 1, della legge n.56/1997, gli enti possono stipulare contratti individuali per l’assunzione di personale a tempo determinato nei seguenti casi:

a) per la sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del posto, ivi compresi  i  casi  di personale in distacco  sindacale e quelli relativi ai congedi previsti dagli articoli 4 e 5 della legge n.53/2000; nei casi in cui si tratti di forme di astensione dal lavoro programmate (con l’esclusione delle ipotesi di sciopero), l’assunzione a tempo determinato può essere anticipata fino a trenta giorni al fine di assicurare l’affiancamento del lavoratore che si deve assentare;

b) per la sostituzione di personale assente  per gravidanza e puerperio, nelle ipotesi di astensione obbligatoria e facoltativa previste dagli articoli  4, 5, 7 della legge n.1204/1971 e dagli articoli 6 e 7 della legge n.903/1977, come modificati dall’art.3 della legge n.53/2000; in tali casi l’assunzione a tempo determinato può avvenire anche trenta giorni prima dell’inizio del periodo di astensione;

c) per soddisfare le esigenze organizzative dell’ente nei casi di trasformazione temporanea di rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, per un periodo di sei mesi;

d) per lo svolgimento di attività stagionali, nell’ambito delle vigenti disposizioni;

e) per soddisfare particolari esigenze straordinarie, anche derivanti dall’assunzione di nuovi servizi o dall’introduzione di nuove tecnologie, non fronteggiabili con il personale in servizio, nel limite massimo di nove mesi;

f) per attività connesse allo svolgimento di specifici progetti o programmi predisposti dagli enti, quando alle stesse non sia possibile far fronte con il personale in servizio,  nel limite massimo di dodici mesi;

g) per la temporanea copertura di posti vacanti nelle diverse categorie, per un periodo massimo di otto mesi e purché siano avviate la procedure per la copertura dei posti stessi.

2. Anche al fine di favorire standards di qualità nell’erogazione dei servizi, gli enti individuano, previa concertazione ai sensi dell’art.8 del CCNL dell’1.4.1999, i fabbisogni di personale da assumere ai sensi del presente articolo.

3. Gli enti disciplinano, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, nel rispetto dei principi di cui all’art.36 e 36 bis  del D.Lgs.n.29/1993, le procedure selettive per l’assunzione di personale con contratto di lavoro a termine nelle ipotesi di cui al comma 1.

4. Nei casi di cui alle lettere a) e b), l’ente può procedere ad assunzioni a termine anche per lo svolgimento delle mansioni di altro lavoratore, diverso da quello sostituito, assegnato a sua volta, anche attraverso il ricorso al conferimento di mansioni superiori ai sensi dell’art.56 del D.Lgs.n.29/1993, a quelle proprie del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto.

5. Nei casi di cui alle lettere a) e b), nel contratto individuale è specificato per iscritto la causa della sostituzione ed il nominativo del dipendente sostituito, intendendosi per tale non solo il dipendente assente con diritto alla conservazione del posto ma anche l’altro dipendente di fatto sostituito nella particolare ipotesi di cui al precedente comma 3. La durata del contratto può comprendere anche periodi di affiancamento necessari per il passaggio delle consegne.

6. Il rapporto di lavoro si risolve automaticamente, senza diritto al preavviso, alla scadenza del termine indicato nel contratto individuale o, prima di tale data, comunque con il rientro in servizio del lavoratore sostituito.

7. In tutti i casi in cui il CCNL del 6.7.1995 prevede la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell’indennità sostitutiva dello stesso, ad eccezione di quelli previsti dai commi 6 e 9 del presente articolo, per il rapporto di lavoro a tempo determinato il termine di preavviso é fissato in un giorno per ogni periodo di lavoro di 15 giorni contrattualmente stabilito e comunque non può superare i 30 giorni nelle ipotesi di durata dello stesso superiore all’anno.

8. L’assunzione  a tempo determinato può avvenire a tempo pieno ovvero, per i profili professionali per i  quali è consentito, anche a tempo parziale.

9. Il lavoratore assunto a tempo determinato, in relazione alla durata prevista del rapporto di lavoro, può essere sottoposto ad un periodo di prova, secondo la disciplina, dell’art. 14 -bis del CCNL del ai 6.7.1995, non superiore comunque a due settimane per i rapporti di durata fino a sei mesi e di quattro settimane per quelli di durata superiore. In deroga a quanto previsto dall’art.14- bis del CCNL del 6.7.1995, in qualunque momento del periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso, fatti salvi i casi di sospensione di cui al successivo comma 10. Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte e ove posto in essere dall’ente deve essere motivato.

10. Al personale assunto a tempo determinato si applica il trattamento economico e normativo previsto dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, compatibilmente con la natura del contratto a termine, con le seguenti precisazioni:

a) le ferie maturano in proporzione della durata del servizio prestato;

b) in caso di assenza per malattia, fermi restando – in quanto compatibili – i criteri stabiliti dagli artt.21 e 22, si applica l’art. 5 del D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983 n. 638. I periodi per i quali spetta il trattamento economico intero e quelli per i quali spetta il trattamento ridotto sono stabiliti secondo i criteri di cui all’art.21, comma 7, del CCNL del 6.7.1995, in misura proporzionalmente rapportata alla durata prevista del servizio, salvo che non si tratti di periodo di assenza inferiore a due mesi. Il trattamento economico non può comunque essere erogato oltre la cessazione del rapporto di lavoro. Il periodo di conservazione del posto è pari alla durata del contratto e non può in ogni caso  superare il termine massimo fissato dal citato art. 21 del CCNL del 6.7.1995;

c) possono essere concessi permessi non retribuiti per motivate esigenze fino a un massimo di 15 giorni complessivi e permessi retribuiti solo in caso di  matrimonio ai sensi dell’art. 19, comma 3, del CCNL del 6.7.1995;

d) in tutti i casi di assunzioni a tempo determinato per esigenze straordinarie e, in generale, quando per la brevità del rapporto a termine non sia possibile applicare il disposto dell’art.14, comma 5, del CCNL stipulato in data 6.7.1995,  il contratto è stipulato con riserva di acquisizione dei documenti prescritti dalla normativa vigente. Nel caso che il dipendente non li presenti  nel  termine  prescritto o che non risulti in possesso dei requisiti previsti per l’assunzione il rapporto è risolto con effetto immediato, salva l’applicazione dell’art. 2126 c.c.

e) sono comunque fatte salve tutte le altre ipotesi di assenza dal lavoro stabilite da specifiche disposizioni di legge per i lavoratori dipendenti, compresa la legge n.53/2000.

11. Il contratto a termine è nullo e produce unicamente gli effetti di cui all’art. 2126 c.c. quando:

a) l’applicazione del termine non risulta da atto scritto;

b) sia stipulato al di fuori delle ipotesi previste nei commi precedenti.

12. La proroga ed il rinnovo deI contratto a tempo determinato sono disciplinati dall’art.2, comma 2, della legge n.230/1962, come modificato ed integrato dall’art.12 della legge n.196/1997.

13. In nessun caso il rapporto di lavoro a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

14. I periodi di assunzione con contratto di lavoro a termine presso un ente, per un periodo di almeno 12 mesi, anche non continuativi, possono essere adeguatamente valutati nell’ambito delle selezioni pubbliche disposte dallo stesso ente per la copertura di posti vacanti di profilo e categoria identici a quelli per i quali è stato sottoscritto il contratto a termine.

15. Nel caso in cui la durata complessiva del contratto a termine superi i quattro mesi, fermi restando i limiti e le modalità di legge, il lavoratore dovrà essere informato di quanto previsto dall’art.23, comma 4, della legge n.56/1987 in materia di iscrizione nelle liste di collocamento e relativa graduatoria.

Art.8

Mansioni superiori

1. Il presente articolo completa la disciplina delle mansioni prevista dall’art.56, commi 2, 3 e 4 del D. lgs. n.29/1993 per la parte demandata alla contrattazione.

2. In applicazione di quanto previsto dall’art.3, comma 3, del CCNL del 31.3.1999, il conferimento delle mansioni superiori avviene nei seguenti casi :

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a    dodici  qualora  siano state avviate le procedure per la copertura del posto vacante, anche mediante le selezioni interne di cui all’art.4 del CCNL del 31.3.1999;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del  posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3. Il conferimento delle mansioni superiori di cui ai commi precedenti, anche attraverso rotazione tra più dipendenti,  è disposto dal dirigente o, per gli enti privi di dirigenza, dal responsabile del servizio, nell’ambito delle risorse espressamente assegnate per tale finalità secondo la programmazione dei fabbisogni ed è comunicato per iscritto al dipendente incaricato.

4. I criteri generali per il conferimento delle mansioni superiori sono definiti dagli enti previa concertazione ai sensi dell’art.8 del CCNL dell’1.4.1999.

5. Il dipendente assegnato alle mansioni superiori ha diritto alla differenza tra il trattamento economico iniziale previsto per l’assunzione nel profilo  rivestito e quello iniziale corrispondente alle mansioni superiori di temporanea assegnazione, fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità.

6. Al dipendente di categoria C, assegnato a mansioni superiori della categoria D, possono essere conferite, ricorrendone le condizioni e nel rispetto dei criteri predefiniti dagli enti, gli incarichi di cui agli articoli da 8 a 11 del CCNL del 31.3.1999, con diritto alla percezione dei relativi compensi.

7. Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina dell’art. 56 del D.lgs.n.29/1993.

TITOLO II

CAUSE DI SOSPENSIONE DEL RAPPORTO

Art.9

Servizio militare

1. La chiamata alle armi per adempiere gli obblighi di leva o il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze Armate, nonché l’arruolamento volontario allo scopo di anticipare il servizio militare obbligatorio, determinano la sospensione del rapporto di lavoro, anche in periodo di prova, ed il dipendente  ha titolo alla conservazione del posto per tutto il periodo del servizio militare di leva, senza  diritto alla retribuzione.

2. I dipendenti  obiettori di coscienza che prestano il servizio sostitutivo civile hanno diritto, anche in periodo di prova, alla conservazione del posto di lavoro per tutta la durata del servizio, senza retribuzione.

3. Entro quindici giorni dal congedo o dall’invio in licenza illimitata in attesa di congedo, il dipendente  deve porsi a disposizione dell’ente per riprendere servizio. Superato tale termine il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità di preavviso nei confronti del dipendente, salvo i casi di comprovato impedimento.

4. Il periodo di servizio militare produce sul rapporto di lavoro tutti gli effetti previsti dalle vigenti disposizioni di legge e contrattuali.

5. I dipendenti richiamati alle armi hanno diritto alla conservazione del posto per tutto il periodo del richiamo, che  viene computato  ai   fini dell’anzianità   di   servizio. Al predetto personale gli enti corrispondono l’eventuale differenza tra il trattamento economico erogato dall’Amministrazione militare e quello fondamentale in godimento presso l’ente di appartenenza.

Art.10

Assenze per malattia

1.Dopo il comma 7 dell’art. 21 del CCNL del  6.7. 95, è inserito il seguente:

“7.bis. In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita ed altre assimilabili, come ad esempio l’emodialisi, la chemioterapia, il trattamento riabilitativo per soggetti affetti da AIDS, ai fini del presente articolo, sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero o di day – hospital ed i giorni di assenza dovuti alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda sanitaria Locale o  Struttura Convenzionata. In tali giornate il dipendente ha diritto in ogni caso all’intera retribuzione prevista dal comma 7, lettera a) del presente articolo”.

2. Il comma 4 dell’art.21 del CCNL del 6.7.1995 è sostituito dal seguente:

“Superati i periodi di conservazione del posto previsti dal 1° e 2°comma , nel caso che il dipendente sia riconosciuto idoneo a proficuo lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni del proprio profilo professionale, l’ente, compatibilmente con la sua struttura organizzativa e con le disponibilità organiche, può utilizzarlo in mansioni equivalenti a quelle del profilo rivestito, nell’ambito della stessa categoria oppure, ove ciò non sia possibile e con il consenso dell’interessato, anche in mansioni proprie di profilo professionale ascritto a categoria inferiore. In tal caso trova applicazione l’art.4, comma 4, della legge n.68/1999”

Art.10-bis

Infortuni sul lavoro e malattie dovute a causa di servizio

  1. All’art. 22 del CCNL del 6.7.1995 è aggiunto il seguente comma 4
  2. “4. Nel caso di lavoratori che, non essendo disabili al momento dell’assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia collegata a causa di servizio eventuali disabilità trova applicazione l’art.1, comma 7, della legge n.68/1999”.

Art.11

Aspettativa per motivi personali

1. Al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta possono essere concessi, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa  per esigenze personali o di famiglia, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità,  per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio da fruirsi al massimo in due periodi.

2. I periodi di aspettativa di cui al comma 1 non vengono presi in considerazione ai fini della disciplina contrattuale per il calcolo del periodo di comporto del dipendente.

3. La presente disciplina si aggiunge ai casi espressamente tutelati da specifiche disposizioni di legge o, sulla base di queste, da altre previsioni contrattuali.

Art.12

Aspettativa per dottorato di ricerca o borsa di studio

1. I dipendenti con rapporto a tempo indeterminato ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 476  oppure  che usufruiscano delle borse di studio di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398  sono collocati, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di durata del  corso o della borsa.

Art.13

Altre aspettative previste da disposizioni di legge

1. Le aspettative per cariche pubbliche elettive e per volontariato restano disciplinate dalle vigenti disposizioni di legge.

2. Il dipendente, il cui coniuge presti servizio all’estero, può chiedere il collocamento in aspettativa senza assegni qualora l’ente non ritenga di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trova il coniuge o qualora non sussistano i presupposti per un suo trasferimento nella località in questione.

3. L’aspettativa concessa ai sensi del comma 2 può avere una durata corrispondente al periodo di tempo in cui permane la situazione che l’ha originata. Essa può essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio o in difetto di effettiva permanenza all’estero del dipendente in aspettativa.

Art.14

Cumulo di aspettative

1. Il dipendente non può usufruire continuativamente di due periodi di aspettativa, anche richiesti per motivi diversi, se tra essi non  intercorrano almeno sei mesi  di servizio attivo. La presente disposizione non si applica in caso di aspettativa per cariche pubbliche elettive, per cariche sindacali, per volontariato e in caso di assenze di cui alla legge n.1204/1971.

2. L’ente, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, può invitare il dipendente a  riprendere servizio nel termine appositamente fissato. Il dipendente, per le stesse motivazioni, può riprendere servizio di propria iniziativa.

3. Il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso, nei confronti del dipendente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa o del termine di cui al comma 2.

Art.15

Diritto allo studio

1. Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sono concessi – in aggiunta alle attività formative programmate dall’amministrazione – permessi straordinari retribuiti, nella misura massima di 150 ore individuali per ciascun anno e nel limite massimo del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna amministrazione all’inizio di ogni anno, con arrotondamento all’unità superiore.

2. I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post-universitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami.

3. Il personale interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale.

4. Qualora il numero delle richieste superi il limite massimo del 3 % di cui al comma 1, per la concessione dei permessi si rispetta il seguente ordine di priorità:

a) dipendenti che frequentino l’ultimo anno del corso di studi e, se studenti universitari o post-universitari e abbiano superato gli esami previsti dai programmi relativi agli anni precedenti;

b) dipendenti che frequentino per la prima volta gli anni di corso precedenti l’ultimo e successivamente quelli che, nell’ordine, frequentino, sempre per la prima volta, gli anni ancora precedenti escluso il primo,  ferma restando, per gli studenti universitari e post-universitari, la condizione di cui alla lettera a);

c) dipendenti ammessi a frequentare le attività didattiche, che non si trovino nelle condizioni di cui alle lettere a) e b).

5. Nell’ambito di ciascuna delle fattispecie di cui al comma 4, la precedenza è accordata,  nell’ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media inferiore, della scuola media superiore, universitari o post-universitari.

6. Qualora a seguito dell’applicazione dei criteri indicati nei commi 4 e 5 sussista ancora parità di condizioni, sono ammessi al beneficio i dipendenti che non abbiano mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso e, in caso di ulteriore parità, secondo l’ordine decrescente di età.

7. Per la concessione dei permessi di cui ai commi precedenti i dipendenti interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti, anche se con esito negativo. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali.

8. Per sostenere gli esami relativi ai corsi indicati nel comma 2 il dipendente può utilizzare, per il solo giorno della prova, anche i permessi per esami previsti dall’art. 19, comma 1, primo alinea del CCNL del 6.7.1995.

Art.16

Congedi per la formazione

1. I congedi per la formazione dei dipendenti, disciplinati dall’art.5 della legge n.53/2000, sono concessi salvo comprovate esigenze di servizio.

2. Ai lavoratori, con anzianità di servizio di almeno cinque anni presso lo stesso ente, possono essere concessi a richiesta congedi per la formazione nella misura percentuale annua complessiva del 10 % del personale delle diverse categorie in servizio, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, al 31 dicembre di ciascun anno.

3. Per la concessione dei congedi di cui al comma 1, i lavoratori interessati ed in   possesso della prescritta anzianità, devono presentare all’ente di appartenenza una specifica domanda, contenente l’indicazione dell’attività formativa che intendono svolgere, della data di inizio e della durata prevista della stessa. Tale domanda deve essere presentata almeno sessanta giorni prima dell’inizio delle attività formative.

4. Le domande vengono accolte in ordine progressivo di presentazione, nei limiti di cui al comma 2 e secondo la disciplina dei commi 5 e 6.

5. L’ente può non concedere i congedi formativi di cui al comma 1 quando ricorrono le seguenti condizioni:

a) il periodo previsto di assenza superi la durata di 11 mesi consecutivi;

b) non sia oggettivamente possibile assicurare la regolarità e la funzionalità dei servizi.

6. Al fine di contemperare le esigenze organizzative degli uffici con l’interesse formativo del lavoratore, qualora la concessione del congedo possa determinare un grave pregiudizio alla funzionalità del servizio, non risolvibile durante la fase di preavviso di cui al comma 2, l’ente può differire la fruizione del congedo stesso fino ad un massimo di sei mesi.

7. Al lavoratore durante il periodo di congedo si applica l’art.5,comma 3, della legge n.53/2000. Nel caso di infermità previsto dallo stesso articolo 5, relativamente al periodo di comporto, alla determinazione del trattamento economico, alle modalità di comunicazione all’ente ed ai controlli, si applicano le disposizioni contenute nell’art.21 e, ove si tratti di malattie dovute a causa di servizio, nell’art.22 del CCNL del 6.7.1995.

Art.17

Congedi dei genitori

1. Al personale dipendente si applicano le vigenti disposizioni in materia di tutela della maternità contenute nella legge n.1204/1971, come modificata ed integrata dalle leggi n.903/1977 e n.53/2000.

2. Nel presente articolo tutte i richiami alle disposizioni della legge n. 1204/1971 e della legge n.903/1977 si intendono riferiti al testo degli articoli di tali leggi risultante dalle modificazioni, integrazioni e sostituzioni introdotte dalla legge n.53/2000.

3. In caso di parto prematuro alla lavoratrice spettano comunque i mesi di astensione obbligatoria. Qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha la facoltà di richiedere che il restante periodo di congedo obbligatorio post-parto ed il periodo ante-parto, qualora non fruito, decorra dalla data di effettivo rientro a casa del figlio.

4. Nel periodo di astensione obbligatoria, ai sensi dell’art.4 della legge n.1204/1971, alla lavoratrice o al lavoratore, anche nell’ipotesi di cui all’art.6 bis della legge n.903/1977, spettano l’intera retribuzione fissa mensile, le quote di salario accessorio fisse e ricorrenti, compresa la retribuzione di posizione,  nonché il salario di produttività.

5. Nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dall’art.7, comma 1, lett. a), della legge n.1204/1971, per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente  per entrambi i genitori e fruibili anche frazionatamente, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute.

6. Successivamente al periodo di astensione di cui al comma 4 e fino al terzo anno, nei casi previsti dall’art.7, comma 4, della legge n.1204/1971, alle lavoratrici madri ed ai lavoratori padri  sono riconosciuti  trenta giorni per ciascun anno, computati complessivamente per entrambi i genitori, di assenza retribuita secondo le modalità di cui al precedente comma 5.

7. I periodi di assenza di cui ai precedenti commi  5 e 6, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi  di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice.

8. Ai fini della fruizione, anche frazionata, dei periodi di astensione dal lavoro, di cui all’art.7, comma 1, della legge n.1204/1971, la lavoratrice madre o il lavoratore padre presentano la relativa domanda, con la indicazione della durata, all’ufficio di appartenenza almeno quindici giorni prima della data di decorrenza del periodo di astensione. La domanda può essere inviata anche a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento purché sia assicurato comunque il rispetto del termine minimo di quindici giorni. Tale disciplina trova applicazione anche nel caso di proroga dell’originario periodo di astensione.

9. In presenza di particolari e comprovate situazioni personali che rendono  oggettivamente  impossibile il  rispetto della disciplina di cui al precedente comma 8, la domanda può essere presentata entro le quarantotto ore precedenti l’inizio del periodo di astensione dal lavoro.

10. In caso di parto plurimo i periodi di riposo di cui all’art.10 della legge 1204/1971 sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal comma 1 dello stesso art.10 possono essere utilizzate anche dal padre.

11. La presente disciplina sostituisce quella contenuta nell’art.19, commi 7 e 8, del CCNL del 6.7.1995.

Art.18

Congedi per eventi e cause particolari

1. Le lavoratrici e i lavoratori hanno diritto ai permessi ed ai congedi per eventi e cause particolari previsti dall’art.4 della legge n.53/2000.

2. Per i casi di decesso del coniuge, di un parente entro il secondo grado o del convivente, pure previsti nel citato art.4 della legge n.53/2000, trova, invece, applicazione la generale disciplina contenuta nell’art.19, comma 1, secondo alinea, del CCNL del 6.7.1995; la stabile convivenza è accertata sulla base della certificazione anagrafica presentata dal dipendente.

3. Resta confermata la disciplina dei permessi retribuiti contenuta nell’art.19 del CCNL del 6.7.1995.

TITOLO III

Disposizioni particolari

Art.19

Pari opportunità

1. Al fine di attivare misure e meccanismi tesi a consentire una reale parità tra uomini e donne all’interno del comparto, nell’ambito delle più ampie previsioni dell’art. 2, comma 6, della L.125/1991 e degli artt.7, comma 1, e 61 del D.Lgs.n. 29/1993, saranno definiti, con la contrattazione decentrata integrativa, interventi che si concretizzino in “azioni positive” a favore delle lavoratrici.

2. Presso ciascun ente sono inoltre costituiti appositi comitati per le pari opportunità, composti da un rappresentante dell’ente, con funzioni di presidente, da un componente designato da ognuna delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL e da un pari numero di funzionari in rappresentanza dell’ente, nonché dai rispettivi supplenti, per i casi di assenza dei titolari.

3. I comitati per le pari opportunità hanno il compito di:

a) svolgere, con specifico riferimento alla realtà locale, attività di studio, ricerca e promozione sui principi di parità di cui alla L. 903/1977 e alla L. 125/1991, anche alla luce dell’evoluzione della legislazione italiana ed estera in materia e con riferimento ai programmi  di azione della Comunità Europea;

b) individuare i fattori che ostacolano l’effettiva parità di opportunità tra donne e uomini nel lavoro proponendo iniziative dirette al loro superamento alla luce delle caratteristiche del mercato del lavoro e dell’andamento  dell’occupazione femminile in ambito locale, anche con riferimento alle diverse tipologie di rapporto di lavoro;

c) promuovere interventi idonei a facilitare il reinserimento delle lavoratrici dopo l’assenza per maternità e a salvaguardarne la professionalità;
d) proporre iniziative dirette a prevenire forme di molestie sessuali nei luoghi di lavoro, anche attraverso ricerche sulla diffusione e sulle caratteristiche del fenomeno e l’elaborazione di uno specifico codice di condotta nella lotta contro le molestie sessuali.

4. Gli enti assicurano, mediante specifica disciplina, le condizioni e gli strumenti idonei per il funzionamento dei Comitati di cui al comma 2.

5. In sede di negoziazione decentrata a livello di singolo ente, tenendo conto delle proposte formulate dai comitati per le pari opportunità, sono concordate le misure volte a favorire effettive pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo professionale, considerando anche la posizione delle lavoratrici in seno alla famiglia, con particolare riferimento a:

a) accesso ai corsi di formazione professionale e modalità di svolgimento degli stessi;

b) flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali;

c) perseguimento di un effettivo equilibrio di posizioni funzionali a parità di requisiti professionali, di cui si deve tener conto anche nell’attribuzione di incarichi o funzioni più qualificate, nell’ambito delle misure rivolte a superare, per la generalità dei dipendenti, l’assegnazione in via permanente di mansioni estremamente parcellizzate e prive di ogni possibilità di evoluzione professionale;

d) individuazione di iniziative di informazione per promuovere comportamenti coerenti con i principi di pari opportunità nel lavoro.

6. Gli effetti delle iniziative assunte dagli enti, a norma del comma 5, formano oggetto di valutazione dei Comitati di cui al comma 2, che elaborano e diffondono, annualmente, uno specifico rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuno dei profili delle diverse categorie ed in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione e della promozione professionale, dei passaggi di categoria e della progressione economica all’interno della categoria nonché della retribuzione complessiva di fatto percepita.

7. I Comitati per le pari opportunità rimangono in carica per un quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I loro componenti possono essere rinnovati nell’incarico per una sola volta.

8. I Comitati per le pari opportunità si riuniscono trimestralmente o su richiesta di almeno tre componenti.

Art.20

Periodo di prova

1. L’art. 14 bis, comma 9, del CCNL del 6.7.1995 è sostituito dal seguente:

“9. Durante il periodo di prova, il dipendente ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione, presso l’ente di provenienza e, in caso di recesso di una delle parti rientra, a domanda, nella precedente categoria e profilo.

La presente disposizione si applica anche al dipendente in prova proveniente da un ente di diverso comparto il cui CCNL preveda analoga disciplina” .

Art.21

Tutela dei dipendenti in particolari condizioni psico-fisiche

1. Allo scopo di favorire la riabilitazione e il recupero dei dipendenti a tempo indeterminato nei confronti dei quali sia stata accertato, da una struttura sanitaria pubblica o da strutture associative convenzionate previste dalle leggi regionali vigenti, lo stato di tossicodipendenza o di alcolismo cronico e che si impegnino a sottoporsi a un progetto terapeutico di recupero predisposto dalle predette strutture, sono stabilite le seguenti misure di sostegno secondo le modalità di sviluppo del progetto:

a) il diritto alla conservazione del posto per l’intera durata del progetto di recupero, con corresponsione del trattamento economico previsto dall’art. 21, comma 7, del CCNL del 6.7.1995; i periodi eccedenti i 18 mesi non sono retribuiti;

b) concessione di permessi giornalieri orari retribuiti nel limite massimo di due ore, per la durata del progetto;

c) riduzione dell’orario di lavoro, con l’applicazione degli istituti normativi e retributivi previsti per il rapporto di lavoro a tempo parziale, limitatamente alla durata del progetto di recupero;

d) assegnazione del lavoratore a mansioni della stessa categoria di inquadramento contrattuale diverse da quelle abituali, quando tale misura sia individuata dalla struttura che gestisce il progetto di recupero come supporto della terapia in atto.

2. I dipendenti i cui parenti entro il secondo grado o, in mancanza, entro il terzo grado, ovvero i conviventi stabili si trovino nelle condizioni previste dal comma 1 ed abbiano iniziato a dare attuazione al progetto di recupero, possono fruire dell’aspettativa per motivi di famiglia per l’intera durata del progetto medesimo. Del relativo periodo non si tiene conto ai fini dell’art. 14 del presente contratto. La stabile convivenza è accertata sulla base della certificazione anagrafica presentata dal dipendente.

3. Qualora i dipendenti di cui al comma 1 non si sottopongano per loro volontà alle previste terapie, l’ente dispone, con le modalità previste dalle disposizioni vigenti, l’accertamento dell’idoneità allo svolgimento della prestazione lavorativa.

4. Il dipendente deve riprendere servizio presso l’ente nei 15 giorni successivi alla data di completamento del progetto di recupero.

Art.22

Turnazioni

1. Gli enti, in relazione alle proprie esigenze organizzative o di servizio funzionali, possono istituire turni giornalieri di lavoro. Il turno consiste in un’effettiva rotazione del personale in prestabilite articolazioni giornaliere.

2. Le prestazioni lavorative svolte in turnazione, ai fini della corresponsione della relativa indennità,  devono essere distribuite nell’arco del mese in modo tale da far risultare una distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni effettuati in orario antimeridiano, pomeridiano e, se previsto, notturno, in relazione alla articolazione adottata nell’ente.

3. I turni diurni, antimeridiani e pomeridiani, possono essere attuati in strutture operative che prevedano un orario di servizio giornaliero di almeno 10 ore.

4. I turni notturni non possono essere superiori a 10 nel mese, facendo comunque salve le eventuali esigenze eccezionali o quelle derivanti da calamità o eventi naturali. Per turno notturno si intende il periodo lavorativo ricompreso tra le 22 e le 6 del mattino.

5. Al personale turnista è corrisposta una indennità che compensa interamente il disagio derivante dalla particolare articolazione dell’orario di lavoro i cui  valori sono stabiliti come segue:

– turno diurno antimeridiano e pomeridiano (tra le 6 e le 22.00): maggiorazione oraria del 10% della retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c)

– turno notturno o festivo: maggiorazione oraria del 30% della retribuzione  di cui all’art.52, comma 2, lett. c)

– turno festivo notturno: maggiorazione oraria del 50% della retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c).

6. L’indennità di cui al comma 5 è corrisposta solo per i periodi di effettiva prestazione di servizio in turno.

7. Agli oneri derivanti dal presente articolo si fa fronte, in ogni caso, con le risorse previste dall’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999.

Art.23

Reperibilità

1. Per le aree di pronto intervento individuate dagli enti, può essere istituito il servizio di pronta  reperibilità. Esso è remunerato con la somma di L.20.000 per 12 ore al giorno. Ai relativi oneri si fa fronte in ogni caso con le risorse previste dall’art.15 del CCNL dell’1.4.1999.Tale importo è raddoppiato in caso di reperibilità cadente in  giornata festiva, anche infrasettimanale o di riposo settimanale secondo il turno assegnato.

2. In caso di chiamata l’interessato dovrà raggiungere il posto di lavoro assegnato nell’arco di trenta minuti.

3. Ciascun dipendente non può essere messo in reperibilità per più di 6 volte in un mese; gli enti assicurano la rotazione tra più soggetti anche volontari.

4. L’indennità di reperibilità di cui al comma 1 non compete durante l’orario di servizio a qualsiasi titolo prestato. Detta indennità è frazionabile in misura non inferiore a quattro ore ed è corrisposta in proporzione alla sua durata oraria maggiorata, in tal caso, del 10%. Qualora la pronta reperibilità cada di domenica o comunque di riposo settimanale secondo il turno assegnato, il dipendente ha diritto ad un giorno di riposo compensativo anche se non è chiamato a rendere alcuna prestazione lavorativa. La fruizione del riposo compensativo non comporta, comunque, alcuna riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Art.24

Trattamento per attività prestata in giorno festivo – riposo compensativo

1. Al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale deve essere corrisposta la retribuzione giornaliera di cui all’art.52, comma 2, lett. b) maggiorata del 50%, con diritto al riposo compensativo da fruire di regola entro 15 giorni e comunque non oltre il bimestre successivo.

2. L’attività prestata in giorno festivo infrasettimanale dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario con la maggiorazione prevista per il lavoro straordinario festivo.

4. L’attività prestata in giorno feriale non lavorativo, a seguito di articolazione di lavoro su cinque giorni, dà titolo, a richiesta del dipendente, a equivalente riposo compensativo o alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario non festivo.

5. La maggiorazione di cui al comma 1 è cumulabile con altro trattamento accessorio collegato alla prestazione.

6. Anche in assenza di rotazione per turno, nel caso di lavoro ordinario notturno e festivo è dovuta una maggiorazione della retribuzione oraria di cui all’art.52, comma 2, lett. b), nella misura del 20%; nel caso di lavoro ordinario festivo-notturno la maggiorazione dovuta è del 30%.

Art.25

Passaggio diretto ad altre amministrazioni del personale in eccedenza

1. In relazione a quanto previsto dall’art. 35, comma 6, del D.lgs.n.29/1993, conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5 dello stesso articolo, allo scopo di facilitare il passaggio diretto del personale dichiarato in eccedenza ad altri enti del comparto e di evitare il collocamento in disponibilità del personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione, l’ente interessato comunica a tutti gli enti del comparto aventi sede in ambito provinciale o anche interprovinciale l’elenco del personale in eccedenza distinto per categoria e profilo professionale richiedendo la loro disponibilità al passaggio diretto, in tutto o in parte, di tale personale. Analoga richiesta viene rivolta anche agli altri enti o amministrazioni di cui all’art.1, comma 2, del D.Lgs.n.29/1993, aventi sempre sede in ambito regionale, al fine di verificare ulteriori disponibilità di posti per i passaggi diretti.

2. Gli enti destinatari della richiesta di cui al comma 1, qualora interessati, comunicano, entro il termine di 30 giorni, l’entità dei posti, corrispondenti per categoria e profilo, vacanti nella rispettiva dotazione organica per i quali, tenuto conto della programmazione dei fabbisogni, sussiste l’assenso al passaggio diretto del personale in eccedenza.

3. I posti disponibili sono comunicati ai lavoratori dichiarati in eccedenza che possono indicare le relative preferenze e chiederne le conseguenti assegnazioni, anche con la specificazione delle eventuali priorità; l’ente dispone i trasferimenti nei quindici giorni successivi alla richiesta.

4. Qualora si renda necessaria una selezione tra più aspiranti allo stesso posto, si forma una graduatoria sulla base di criteri definiti dagli enti che tengano conto dei seguenti elementi:

– situazione di famiglia, privilegiando il maggior numero di componenti;

– maggiore anzianità lavorativa presso la pubblica amministrazione;

– situazione personale del lavoratore portatore di handicap in gravi condizioni psico-fisiche;

– particolari condizioni di salute del lavoratore e dei familiari.

4. Gli enti datori di lavoro attivano nei confronti del personale messo in disponibilità le iniziative di formazione e riqualificazione utili per favorirne la ricollocazione, nell’ambito dei piani formativi finanziati dagli enti. Allo stesso personale sono riconosciute le forme di incentivazione di cui all’art. 17, comma 7, del CCNL dell’1.4.1999.

Art.26

Ricostituzione del rapporto di lavoro

1. Il dipendente il cui rapporto di lavoro si sia interrotto per effetto di dimissioni può richiedere, entro 5 anni dalla data delle dimissioni stesse, la ricostituzione del rapporto di lavoro. In caso di accoglimento della richiesta, il dipendente è ricollocato nella medesima posizione rivestita, secondo il sistema di classificazione applicato nell’ente, al momento delle dimissioni.

2. La stessa facoltà di cui al comma 1 è data al dipendente, senza i limiti temporali di cui al medesimo comma 1, nei casi previsti dalle disposizioni di legge relative all’accesso al lavoro presso le pubbliche amministrazioni in correlazione con la perdita e il riacquisto della cittadinanza italiana o di uno dei paesi dell’Unione Europea.

3. Nei casi previsti dai precedenti commi, la ricostituzione del rapporto di lavoro è subordinata alla disponibilità del corrispondente posto nella dotazione organica dell’ente.

Art.27

Norma per gli enti provvisti di Avvocatura

1. Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al regio decreto legge 27.11.1933 n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL.

Art.28

Patrocinio legale

1. L’ente, anche a tutela  dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.

2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio.

3. La disciplina del presente articolo non si applica ai dipendenti assicurati ai sensi dell’art. 43, comma 1.

TITOLO IV

PERSONALE DELL’AREA DI VIGILANZA

Art.29

Disposizioni speciali per il personale dell’area di vigilanza con particolari responsabilità

1. In attuazione dell’art.24, comma 2, lett. e) del CCNL dell’1.4.1999, e in sede di prima applicazione dell’art.4 del CCNL del 31.3.1999, le parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell’area di vigilanza dell’ex 6^q.f., nelle seguenti ipotesi:

a) personale al quale, con atti formali da parte dell’amministrazione d’appartenenza, siano state attribuite funzioni di responsabile del servizio complessivo dell’intera area di vigilanza;

b) personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato, a seguito di procedure concorsuali, nella ex sesta qualifica funzionale su posti istituiti che prevedessero l’esercizio di tali funzioni  anteriormente all’entrata in vigore del D.P.R. n.268/1987;

c) personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo  di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti, istituiti, successivamente al DPR.n.268/87 che prevedessero formalmente l’esercizio delle predette funzioni, non in applicazione dell’art.21, comma 6, DPR.n.268/1987 stesso, i cui titolari sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo.

2. La disciplina di cui al comma 1 trova applicazione solo negli enti la cui dotazione organica complessiva già preveda anche in altre aree, diverse da quella di vigilanza, posti inquadrati in categoria D.

3. In applicazione del disposto del comma 1, lettere a) e b), nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti istituiscono in dotazione organica i corrispondenti posti di categoria D, provvedendo alla copertura finanziaria, anche ai sensi dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999.

4. In applicazione del disposto del comma 1, lett. c), nel rispetto delle previsioni della programmazione triennale dei fabbisogni di personale, gli enti prevedono in dotazione organica il numero di posti di specialisti di vigilanza, di categoria D, necessari, una volta effettuata la preventiva verifica circa lo svolgimento d’effettive funzioni di coordinamento e controllo di altri  operatori di pari qualifica o di quella inferiore, il cui numero sarà da definirsi in sede di concertazione, sulla base della realtà organizzativa di ciascun Ente, in conseguenza della verifica effettuata. La copertura finanziaria relativa potrà avvenire anche ai sensi dell’art.15, comma 5, CCNL dell’1.4.1999.

5. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett. a) e b) avviene, previa verifica selettiva dei requisiti richiesti, di cui ai punti a) e b) entro il termine di due mesi dalla data di sottoscrizione del presente CCNL.

6. Il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del comma 1, lett.c), avviene sulla base di selezioni mediante valutazioni di titoli culturali, professionali e di servizio; gli enti  individuano i criteri per lo svolgimento delle procedure selettive, attivando le procedure di concertazione previste dall’art.8 del CCNL dell’1.4.1999.

7. A seguito del passaggio nella categoria D, al personale di cui al comma 1, lett. a) viene conseguentemente attribuito il profilo specifico, già previsto o da istituire, di “responsabile dei servizi di polizia municipale e locale”, con contenuti coerenti con la declaratoria della stessa categoria D. Al personale di cui alle lett. b) e c) viene conseguentemente attribuito indicativamente il profilo di “specialista di vigilanza”, con contenuti e mansioni, assorbenti anche le funzioni di base dell’area di vigilanza, indicate nel mansionario allegato sub A al presente contratto, continuando cioè a svolgere anche le funzioni attualmente assegnate.

8. Negli enti la cui dotazione organica complessiva non preveda posti di  categoria D, al fine di valorizzare le posizioni di cui al comma 1, ove non sia stata istituita una posizione organizzativa in base alla disciplina prevista dall’art.11 del CCNL del 31.3.1999, la contrattazione integrativa decentrata remunera le relative responsabilità utilizzando le risorse con un compenso, riassorbibile a seguito di eventuali passaggi di categoria, non superiore alla differenza tra il trattamento economico di categoria in godimento, comprensivo della eventuale posizione economica fruita all’interno della progressione economica orizzontale, ed il trattamento tabellare iniziale della categoria superiore, provvedendo alla copertura dei relativi oneri con le risorse previste dall’art.15 del CCNL dell’1.4.1999, anche attivando le iniziative correlate alla disciplina del comma 5 dello stesso articolo. Tale trattamento cessa di essere corrisposto a seguito dell’inquadramento del personale di categoria D e le relative risorse rientrano nella disponibilità di cui all’art. 15 CCNL dell’1.4.1999.

9. La disciplina del presente articolo ha carattere di specialità e di eccezionalità, ivi compreso il nuovo profilo professionale, e può essere applicata soltanto nei limiti e con riferimento al personale indicato nel comma 1.

SPECIALISTA DI VIGILANZA DELLA POLIZIA MUNICIPALE E LOCALE  (profilo professionale indicativo)

Possiede buone conoscenze plurispecialistiche ed un grado d’esperienza pluriennale, con frequente necessità d’aggiornamento, svolge attività con contenuto tecnico, gestionale, con responsabilità di risultati relativi a diversi processi produttivi/amministrativi, attività che possono essere caratterizzate da elevata complessità dei problemi da affrontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili ed ampiezza delle soluzioni possibili, comportanti relazioni organizzative interne di natura negoziale, gestite anche tra unità organizzative diverse da quella d’appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) di tipo diretto, anche con rappresentanza istituzionale e relazioni con gli utenti di natura diretta, e negoziale.

Coordina dipendenti della categoria inferiore nella programmazione gestionale delle attività, curando la disciplina e l’impiego tecnico/operativo del personale e fornendo istruzioni nelle aree operative di competenza, s’occupa dell’istruttoria formale delle pratiche e provvedimenti specifici di un certo livello di complessità, elabora dati e programmi nelle materie di competenza.

Svolge inoltre attività di vigilanza nei settori di competenza della Polizia Municipale e locale, utilizzando anche strumenti complessi e segnalando ai competenti uffici eventuali situazioni rilevanti, può compiere tutti gli atti previsti dalle funzioni ricoperte ed anche quelle di base dell’area di vigilanza; conduce tutti i mezzi in dotazione, come gli altri appartenenti alla Polizia Municipale e locale.

TITOLO V

Personale delle scuole

Art.30

Personale docente delle scuole materne

1. L’attività didattica (rapporto diretto insegnante – bambini) è di trenta ore settimanali. Il predetto orario è articolato in modo da coprire l’intero arco di apertura delle scuole.

2. Alle attività integrative è destinato, con esclusione delle settimane di fruizione delle ferie e del periodo di attività di cui al comma 7, un monte orario che comunque non sia superiore a 20 ore mensili.

3. Ai fini del comma 2 sono considerate integrative le attività di programmazione, di documentazione, di valutazione, di formazione ed aggiornamento, di collaborazione con gli organi collegiali e con le famiglie.

4. Gli enti, tenuto conto delle proprie esigenze  delle peculiari caratteristiche organizzative del servizio, possono rideterminare l’orario dell’attività didattica, per periodi predefiniti, in misura non inferiore a 25 ore settimanali, previo espletamento della procedura di concertazione di cui all’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999. Tale soluzione è praticabile solo a condizione che:

a) sia stata certificata, dagli organi di controllo interno, l’assenza di oneri aggiuntivi, diretti o indiretti,  tenuto conto anche degli effetti derivanti dall’applicazione del comma 3;

b) sia, in ogni caso, assicurata e  certificata la salvaguardia del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto alla collettività.

5. Nel caso previsto dal comma 4, per il periodo in cui l’attività didattica è ridotta, al personale interessato viene proporzionalmente ridotta l’indennità di tempo potenziato di cui all’art. 37, comma 2, del CCNL del 6.7.1995. I conseguenti risparmi confluiscono nelle risorse di cui all’art. 15 del CCNL del 1.4.1999, sono utilizzati per le finalità previste dall’art. 17 dello stesso CCNL e tornano ad essere disponibili, per il ripristino della predetta indennità, in caso di ritorno all’orario di cui al comma 1.

6. Gli enti, tenuto conto delle proprie esigenze organizzative e delle peculiari caratteristiche del servizio, possono determinare l’orario annuale delle attività integrative anche in misura ridotta rispetto a quello derivante dall’applicazione del comma 2, e comunque in misura non inferiore a 120 ore annue, previo espletamento della procedura di concertazione di cui all’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999. Tale soluzione è praticabile a condizione che:

a) i servizi di controllo interno certifichino che siano realizzati risparmi in misura almeno corrispondente ai maggiori oneri aggiuntivi;

b) sia, in ogni caso, assicurata e certificata la salvaguardia del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto alla collettività.

7. Il calendario scolastico, che non può in ogni caso superare le 42 settimane, prevede l’interruzione per Natale e Pasqua, le cui modalità attuative sono definite in sede di concertazione. In tali periodi e negli altri di chiusura delle scuole il personale è a disposizione per attività di formazione ed aggiornamento programmata dall’ente o per attività lavorative connesse al profilo di inquadramento, fermo restando il limite definito nei commi precedenti. Attività ulteriori, rispetto a quelle definite nel calendario scolastico, possono essere previste a livello di ente, in sede di concertazione, per un periodo non superiore a quattro settimane, da utilizzarsi sia per le attività delle scuole che per altre attività didattiche ed aggiornamento professionale, di verifica dei risultati e del piano di lavoro, nell’ambito dei progetti di cui all’art.17, co.1, lett. a) del CCNL dell’1.4.1999; gli incentivi economici sono definiti in sede di contrattazione integrativa decentrata utilizzando le risorse di cui all’art.15 del citato CCNL.

8. Relativamente alla disciplina contenuta nei precedenti commi, sono comunque fatti salvi gli accordi di miglior favore in atto alla data del 30.6.2000. Al personale insegnante delle scuole materne è conservata l’indennità professionale annua lorda di L.900.000, di cui all’art.37, comma 1, lett. d) del CCNL del 6.7.1995 nonché quella di tempo potenziato di cui all’art.37, comma 2, salvo quanto previsto dal comma 5.

9. Ciascun ente, previa informazione, ai sensi dell’art. 7 del CCNL dell’1.4.1999,  definisce le condizioni e le modalità ottimali per l’erogazione del servizio,ivi compreso il numero dei bambini per ciascuna sezione che, di norma, è  di 25 ed il numero degli insegnanti titolari per sezione, prevedendo l’assegnazione di personale docente d’appoggio in presenza di minori disabili.

10. Nei casi di vacanza d’organico, di assenza degli insegnanti titolari per motivi di: salute maternità o per altre legittime cause, gli enti garantiscono attraverso l’istituto della supplenza o della sostituzione le condizioni standard del servizio ed il rapporto educatore bambino. Il personale che superi o che abbia superato le selezioni di accesso al posto di insegnate è idoneo a svolgere la funzione docente.

11. A tal fine disciplinano le modalità di assunzione nell’ambito della disciplina dell’art.7, comma 3, del presente CCNL.

Art.31

Personale educativo degli asili nido

1. La prestazione di lavoro del personale educativo degli asili nido destinata al rapporto diretto educatore – bambini è fissata in trenta ore settimanali. Il predetto orario è articolato in modo da coprire l’intero arco di apertura degli asili.

2. Alle attività integrative è destinato, con esclusione delle settimane destinate alla fruizione delle ferie e del periodo di attività, di cui al comma 5, un monte orario non superiore a 20 ore mensili.

3. Ai fini del comma 2, sono considerate integrative le attività di programmazione, di documentazione, di valutazione, di formazione ed aggiornamento, di collaborazione con gli organi collegiali e con le famiglie.

4. Gli enti, tenuto conto delle proprie esigenze organizzative e delle peculiari caratteristiche del servizio, possono determinare l’orario annuale dell’attività integrativa, anche in misura ridotta rispetto al tetto massimo definito dal comma 2, e comunque in misura non inferiore a 120 ore annue, previo espletamento della procedura di concertazione di cui all’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999. Tale soluzione è praticabile a condizione che:

a) i servizi di controllo interno certifichino che siano realizzati risparmi in misura almeno corrispondente ai maggiori oneri aggiuntivi;

b) sia, in ogni caso, assicurata e certificata la salvaguardia del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto alla collettività;

5. Il calendario scolastico, che non può in ogni caso superare le 42 settimane, prevede l’interruzione per Natale e Pasqua, le cui modalità attuative sono definite in sede di concertazione. In tali periodi e negli altri di chiusura delle scuole il personale è a disposizione per attività di formazione ed aggiornamento programmata dall’ente o per attività lavorative connesse al profilo di inquadramento fermo restando il limite definito nei commi precedenti. Attività ulteriori, rispetto a quelle definite nel calendario scolastico, possono essere previste a livello di ente, in sede di concertazione, per un periodo non superiore a quattro settimane, da utilizzarsi sia per le attività dei nidi che per altre attività d’aggiornamento professionale, di verifica dei risultati e del piano di lavoro, nell’ambito dei progetti di cui all’art.17, co.1, lett. a) del CCNL dell’1.4.1999; gli incentivi economici di tali attività sono definiti in sede di contrattazione integrativa decentrata utilizzando le risorse di cui all’art.15 del citato CCNL.

6. Relativamente alla disciplina contenuta nei precedenti commi, sono comunque fatti salvi gli accordi di miglior favore in atto alla data del 30.6.2000.

7. Al personale educativo degli asili nido è confermata l’indennità professionale di L.900.000 annue lorde, prevista dall’art.37, co.1, lett. c) del CCNL del 6.7.1995. Allo stesso personale compete altresì, a decorrere dal 31.12.1999, un’ indennità di L.120.000 mensili lorde, per 10 mesi di anno scolastico.  Al relativo onere si fa fronte utilizzando le risorse indicate nell’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999. Tale ultima indennità costituisce trattamento economico accessorio, incide solo sulla seconda quota di pensione, non è valutabile ai fini del trattamento di fine rapporto e non incide su altri istituti di carattere economico.

8. Ciascun ente, previa informazione, ai sensi dell’art. 7 del CCNL dell’1.4.99, definisce le condizioni e le modalità ottimali  per l’erogazione del servizio, il rapporto medio educatore bambini, di norma non superiore ad 1 a 6, fatta salva diversa disciplina, dettata da normativa regionale, o le ipotesi di riduzione di tale rapporto, in presenza di minori disabili, con la previsione di personale educativo d’appoggio.

9. Nei casi di vacanza d’organico o di assenza, a qualsiasi titolo ed anche di breve durata, del personale educativo, gli enti garantiscono le condizioni standard del servizio assicurando la sostituzione dello stesso. A tal fine disciplinano le modalità di assunzione del personale necessario nell’ambito della disciplina dell’art.7,comma 3, del presente CCNL.

Art.32

Personale docente delle scuole gestite dagli enti locali

1. Per il personale insegnante addetto alle istituzioni scolastiche gestite dagli enti locali l’attività oraria settimanale di ciascun docente con gli alunni non deve superare le 24 ore nelle scuole elementari e le 18 ore in quelle medie. Le settimane di attività nell’anno, sempre in rapporto diretto degli insegnanti con gli alunni e gli studenti, devono coprire l’intero calendario scolastico. Per il personale docente che opera all’interno degli istituti di riabilitazione e pena l’orario è fissato in 15 ore settimanali e 3 ore di supplenza.

2. Alle attività integrative è destinato, con esclusione delle settimane destinate alla fruizione delle ferie e del periodo di attività di cui al comma 5 un monte orario che comunque non sia superiore a 20 ore mensili.

3. Ai fini del comma 2, sono considerate integrative le attività di programmazione, di documentazione, di valutazione, di formazione ed aggiornamento, di collaborazione con gli organi collegiali e con le famiglie.

4. Gli enti, tenuto conto delle proprie esigenze organizzative e delle peculiari caratteristiche del servizio, possono determinare l’orario dell’attività integrativa annuale anche in misura ridotta rispetto al tetto massimo definito dal comma 2, e comunque in misura non inferiore a 120 ore, previo espletamento della procedura di concertazione di cui all’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999. Tale soluzione è praticabile a condizione che:

c) i servizi di controllo interno certifichino che siano realizzati risparmi in misura almeno corrispondente ai maggiori oneri aggiuntivi;

d) sia, in ogni caso, assicurata e certificata la salvaguardia del livello qualitativo e quantitativo del servizio offerto alla collettività.

5. Il calendario scolastico, che non può in ogni caso superare le 42 settimane, sulla base della normativa ministeriale, prevede l’interruzione per Natale e Pasqua, le cui modalità attuative sono definite in sede di concertazione. In tali periodi e negli altri di chiusura delle scuole il personale è a disposizione per attività di formazione ed aggiornamento programmata dall’ente o per attività lavorative connesse al profilo di inquadramento. Attività ulteriori, rispetto a quelle definite nel calendario scolastico, possono essere previste a livello di ente, in sede di concertazione, per un periodo non superiore a quattro settimane, da utilizzarsi sia per le attività delle scuole che per altre attività didattiche e di aggiornamento professionale, di verifica dei risultati e del piano di lavoro, nell’ambito dei progetti di cui all’art.17, co.1, lett. a) del CCNL dell’1.4.1999; gli incentivi economici di tali attività sono definiti in sede di contrattazione integrativa decentrata utilizzando le risorse di cui all’art.15 del citato CCNL.

6. Relativamente alla disciplina contenuta nei precedenti commi, sono comunque fatti salvi gli accordi di miglior favore in atto alla data del 30.6.2000.

7. Al personale docente delle scuole elementari e secondarie di cui al comma 1 è confermata l’indennità annua lorda di L.900.000, di cui all’art.37, comma 1, lett. d) del CCNL del 6.7.1995.

6. Ciascun ente, previa informazione, ai sensi dell’art. 7 del CCNL dell’1.4.1999, definisce le condizioni e le modalità ottimali  per l’erogazione del servizio.

7. Nei casi di vacanza d’organico o di assenza, a qualsiasi titolo ed anche di breve durata, del personale educativo, gli enti garantiscono le condizioni standard del servizio assicurando la sostituzione dello stesso. A tal fine disciplinano le modalità di assunzione del personale necessario nell’ambito della disciplina dell’art.7, comma 3, del presente CCNL.

Art.32-bis

Docenti addetti al sostegno operanti nelle scuole statali

1. Il calendario del personale docente comunale, utilizzato in attività di sostegno a soggetti portatori di handicap, è lo stesso di quello osservato dagli altri docenti operanti nella stessa istituzione scolastica dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione.

2. L’orario di lavoro di rapporto diretto con gli studenti ed alunni portatori di handicap non deve essere superare le 24 ore settimanali; il monte ore delle attività integrative non deve essere superiore alle 20 ore mensili.

3. Attività ulteriori, rispetto a quelle definite nel calendario scolastico, possono essere previste a livello di ente, in sede di concertazione, per un periodo non superiore a quattro settimane, da utilizzarsi sia per le attività delle scuole che per altre attività didattiche e di aggiornamento professionale, di verifica dei  risultati e del piano di lavoro, nell’ambito dei progetti di cui all’art.17, comma 1, lett.a) del CCNL dell’1.4.1999; gli incentivi economici sono definiti in sede di contrattazione integrativa decentrata utilizzando le risorse di cui all’art.15 del CCNL dell’1.4.1999.

4. Relativamente alla disciplina contenuta nei precedenti commi sono comunque fatti salvi gli accordi di miglior favore in atto alla data del 30.6.2000.

5. Al personale docente è conservata l’indennità professionale annua lorda di L.900.000 di cui all’art.37, comma 1, lett. d) del CCNL del 6.7.1995.

Art.33

Docenti ed educatori addetti al sostegno operanti nelle istituzioni scolastiche gestite dagli Enti Locali

1. L’orario di lavoro di rapporto diretto con gli studenti ed alunni del personale docente ed educativo utilizzato in attività di sostegno a soggetti portatori di handicap è identico a quello osservato, nell’istituzione scolastica o educativa presso la quale prestano servizio, dal restante personale educativo e docente.

Art.34

Personale docente dei centri di formazione professionale

1. Fermo restando l’orario contrattuale di lavoro in vigore, il personale docente dei centri di formazione professionale svolge attività didattica, in aula o in laboratorio, entro un monte ore annuo definito dagli enti in stretta relazione con i contenuti della programmazione regionale delle attività formative e della tipologia delle relative iniziative. Le restanti ore sono destinate ad altre attività connesse alla formazione.

2. Al fine di favorire processi di innovazione organizzativa dei centri di formazione professionale e di riqualificazione e riconversione delle attività formativa realizzati nei suddetti centri, anche alla luce delle previsioni del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del 22.12.1998, al personale di cui al comma 1 è corrisposta una indennità professionale il cui importo è stabilito dalla contrattazione decentrata integrativa in proporzione all’entità dell’attività didattica, entro il tetto massimo di L.900.000 annue lorde.

TITOLO VI

TRATTAMENTO ECONOMICO

Art.35

Retribuzione di posizione per l’area della vigilanza

1. Nel testo dell’art.20 del CCNL sottoscritto in data 1.4.1999 è inserito il seguente comma :

” 3. L’indennità prevista dall’art.37, comma 1, lett. b), primo periodo, continua a trovare applicazione, dalla data di conferimento dell’incarico, nei confronti del personale dell’area di vigilanza incaricato di una delle funzioni dell’area delle posizioni organizzative, di cui agli artt.8-11 del CCNL del 31.3.1999.”

Art.36

Indennità maneggio valori

1. Al personale adibito in via continuativa a servizi che comportino maneggio di valori di cassa compete una indennità giornaliera proporzionata al valore medio mensile dei valori maneggiati. Gli importi di tale indennità, stabiliti in sede di contrattazione integrativa decentrata, possono variare da un minimo di L. 1000 a un massimo di L.3000. Ai relativi oneri si fa fronte, in ogni caso, con le risorse di cui all’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999.

2. Tale indennità compete per le sole giornate nelle quali il dipendente è effettivamente adibito ai servizi di cui al comma 1.

Art.37

Indennità di rischio

1. Gli enti individuano, in sede di contrattazione integrativa decentrata, le prestazioni di lavoro che comportano continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e per l’integrità personale, assicurando comunque le condizioni di rischio già riconosciute presso l’ente.

2. Ai dipendenti che svolgano le prestazioni di cui al comma 1, compete, per il periodo di effettiva  esposizione al rischio, un’ indennità mensile di L.40.000. Ai relativi oneri si fa fronte, in ogni caso, con le risorse di cui all’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999.

3. Sono fatti salvi gli accordi di miglior favore sottoscritti alla data del 30.6.2000.

Art.38

Lavoro straordinario

1. Le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte  a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e pertanto non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro. Ai relativi oneri si fa fronte in ogni caso con le risorse previste dall’art. 14 del CCNL dell’1.4.1999.

2. La prestazione di lavoro straordinario è espressamente autorizzata dal dirigente, sulla base delle esigenze organizzative e di servizio individuate dall’ente, rimanendo esclusa ogni forma generalizzata di autorizzazione.

3. Per esigenze eccezionali  – debitamente motivate in relazione all’attività di diretta assistenza agli organi istituzionali riguardanti un numero di dipendenti non superiore al 2% dell’organico –  il limite massimo individuale di cui all’art. 14, comma 4 del CCNL dell’1.4.1999 può essere elevato in sede di contrattazione decentrata integrativa, fermo restando il limite delle risorse previste dallo stesso art. 14.

4. La misura oraria dei compensi per lavoro straordinario, dalla data di entrata in vigore del presente CCNL, è determinata maggiorando la misura oraria di lavoro ordinario calcolata convenzionalmente dividendo per 156 la retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. b) incrementata del rateo della 13^mensilità.

5. La maggiorazione di cui al comma precedente è pari:

– al 15% per il lavoro straordinario diurno;

– al 30% per il lavoro straordinario prestato nei giorni festivi o in orario notturno (dalle ore 22 alle ore 6 del giorno successivo);

– al 50% per il lavoro straordinario prestato in orario notturno-festivo.

6. La prestazione individuale di lavoro a qualunque titolo resa non può, in ogni caso, superare, di norma, un arco massimo giornaliero di 10 ore.

7. Su richiesta del dipendente, le prestazioni di lavoro straordinario debitamente autorizzate possono dare luogo a riposo compensativo, da fruire compatibilmente con le esigenze organizzative e di servizio.

8. La disciplina del presente articolo e del successivo art.39 integrano quella dell’art.14 del CCNL dell’1.4.1999.

Art.38 bis

Banca delle ore

1. Al fine di mettere i lavoratori in grado di fruire, in modo retribuito o come permessi compensativi, delle prestazioni di lavoro straordinario, è istituita la Banca delle ore, con un conto individuale per ciascun lavoratore.

2. Nel conto ore confluiscono, su richiesta del dipendente, le ore di prestazione di lavoro straordinario, debitamente autorizzate nel limite complessivo annuo stabilito a livello di contrattazione decentrata integrativa, da utilizzarsi entro l’anno successivo a quello di maturazione.

3. Le ore accantonate possono essere richieste da ciascun lavoratore o in retribuzione o come permessi compensativi per le proprie attività formative o anche per necessità personali e familiari.

4. L’utilizzo come riposi compensativi, con riferimento ai tempi, alla durata ed al numero dei lavoratori, contemporaneamente ammessi alla fruizione, deve essere reso possibile tenendo conto delle esigenze tecniche, organizzative e di servizio.

5. A livello di ente sono realizzati incontri fra le parti finalizzati al monitoraggio dell’andamento della Banca delle ore ed all’assunzione di iniziative tese ad attuarne l’utilizzazione. Nel rispetto dello spirito della norma, possono essere eventualmente individuate finalità e modalità aggiuntive, anche collettive, per l’utilizzo dei riposi accantonati. Le ore accantonate sono evidenziate mensilmente nella busta paga.

6. Le maggiorazioni per le prestazioni di lavoro straordinario vengono pagate il mese successivo alla prestazione lavorativa.

Art.39

Lavoro straordinario elettorale, per eventi straordinari e calamità nazionali

1. Il lavoro straordinario prestato in occasione di consultazioni elettorali o referendarie e quello prestato per fronteggiare eventi straordinari imprevedibili e per  calamità naturali non concorre ai limiti di cui all’art. 14 del CCNL dell’1.4.1999.

2. Gli enti provvedono a calcolare ed acquisire le risorse finanziarie collegate allo straordinario per consultazioni elettorali o referendarie anche per il personale incaricato delle funzioni dell’area delle posizioni organizzative di cui all’art. 8 e ss. del CCNL del 31.3.1999. Tali risorse vengono comunque erogate a detto personale in coerenza con la disciplina della retribuzione di risultato di cui all’art. 10 dello stesso CCNL e, comunque, in aggiunta al relativo compenso, prescindendo dalla valutazione. Analogamente si procede nei casi di cui all’art. 14, comma 5 del CCNL dell’1.4.1999.

Art.40

Bilinguismo

1. Al personale in servizio negli enti aventi sede nella regione autonoma a statuto speciale Valle d’Aosta o negli enti in cui vige istituzionalmente, con carattere di obbligatorietà, il sistema del bilinguismo aventi sede in altre regioni a statuto speciale è attribuita una indennità di bilinguismo, collegata alla professionalità, nella stessa misura e con le stesse modalità previste per il personale in servizio negli enti locali della regione a statuto speciale Trentino Alto Adige.

La presente disciplina produce effetti qualora l’istituto non risulti disciplinato da disposizioni speciali.

Art.41

Trattamento di trasferta

1. Il presente articolo si applica ai dipendenti comandati a prestare la propria attività lavorativa in località diversa dalla dimora abituale e distante più di 10 KM dalla ordinaria sede di servizio.  Nel caso in cui il dipendente venga inviato in trasferta in luogo compreso tra la località sede di servizio e quella di dimora abituale, la distanza si computa dalla località  più vicina a quella della trasferta.  Ove la località della trasferta si trovi oltre la località di dimora abituale le distanze si computano da quest’ultima località.

2. Al personale di cui al comma 1, oltre alla normale retribuzione, compete:

a) una indennità di trasferta, avente natura non retributiva, pari a:

* L.40.000  per ogni periodo di 24 ore di trasferta;

* L.1650 per ogni ora di trasferta, in caso di trasferte di durata inferiore alle 24 ore o per le ore eccedenti le 24 ore, in caso di trasferte di durata superiore alle 24 ore;

b) il rimborso delle spese effettivamente sostenute per i viaggi in ferrovia, aereo, nave ed altri mezzi di trasporto extraurbani, nel limite del costo del biglietto e per la classe stabilita per tutte le categorie di personale come segue:
* 1 classe – cuccetta 1 classe per i viaggi in ferrovia

* classe economica per i viaggi in aereo;

c) il rimborso delle spese per i taxi e per i mezzi di trasporto urbani nei casi e alle condizioni individuati dagli enti secondo la disciplina del comma 12;

d) il compenso per lavoro straordinario, nel caso che l’attività lavorativa nella sede della trasferta si protragga per un tempo superiore al normale orario di lavoro previsto per la giornata. Si considera, a tal fine, solo il tempo effettivamente lavorato, tranne che nel caso degli autisti per i quali si considera attività lavorativa anche il tempo occorrente per il viaggio e quello impiegato per la sorveglianza e custodia del mezzo.

3. Ai soli fini del comma 2, lettera a), nel computo delle ore di trasferta si considera anche il tempo occorrente per il viaggio.

4. Il dipendente può essere eccezionalmente autorizzato ad utilizzare il proprio mezzo di trasporto, sempreché la trasferta riguardi località distante più di 10 Km dalla ordinaria sede di servizio e diversa  dalla dimora abituale, qualora l’uso di tale mezzo risulti più conveniente dei normali servizi di linea. In tal caso si applica l’art.43, commi 2 e ss., e al dipendente spetta l’indennità di cui al comma 2, lettera a), eventualmente ridotta ai sensi del comma 8, il rimborso delle spese autostradali, di parcheggio e dell’eventuale custodia del mezzo ed una indennità chilometrica pari ad un quinto del costo di un litro di benzina verde per ogni Km.

5. Per le trasferte di durata superiore a 12 ore, al dipendente spetta il rimborso della spesa sostenuta per il pernottamento in un albergo a quattro stelle e della spesa per uno o due pasti giornalieri, nel limite di L.43.100 per il primo pasto e di complessive L.85.700 per i due pasti. Per le trasferte di durata non inferiore a 8 ore, compete solo il rimborso per il primo pasto.

Nei casi di missione continuativa nella medesima località di durata non inferiore a trenta giorni è consentito il rimborso della spesa per il pernottamento in residenza turistico alberghiera di categoria corrispondente a quella ammessa per l’albergo, sempreché risulti economicamente più conveniente rispetto al costo medio della categoria consentita nella medesima località.

6. Al personale delle diverse categorie inviato in trasferta al seguito e per collaborare con componenti di delegazione ufficiale dell’ente spettano i rimborsi e le agevolazioni previste per i componenti della predetta delegazione.

7. Gli enti individuano, previo confronto con le organizzazioni Sindacali, particolari situazioni che, in considerazione della impossibilità di fruire, durante le trasferte, del pasto o del pernottamento per mancanza di strutture e servizi di ristorazione,  consentono la corresponsione in luogo dei rimborsi di cui al comma 5 la somma forfettaria di  L. 40.000 lorde. Con la stessa procedura gli enti stabiliscono le condizioni per il rimborso delle spese relative al trasporto del materiale e degli strumenti occorrenti al personale per l’espletamento dell’incarico affidato.

8. Nel caso in cui il dipendente fruisca del rimborso di cui al comma 5, l’indennità di cui al comma 2 viene ridotta del 70%. Non è ammessa in nessun caso l’opzione per l’indennità di trasferta in misura intera.

9. L’indennità di trasferta non viene corrisposta in caso di trasferte di durata inferiore alle 4 ore o svolte come normale servizio d’istituto del personale di vigilanza o di custodia, nell’ambito della circoscrizione di competenza dell’ente.

10. L’indennità di trasferta cessa di essere corrisposta dopo i primi 240 giorni di trasferta continuativa nella medesima località.

11. Il dipendente inviato in trasferta ai sensi del presente articolo ha diritto ad una anticipazione non inferiore al 75% del trattamento complessivo presumibilmente spettante per la trasferta.

12. Gli enti stabiliscono, previa informazione alle organizzazioni sindacali, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti ed in funzione delle proprie esigenze organizzative, la disciplina della trasferta per gli aspetti di dettaglio o non regolati dal presente articolo, individuando, in particolare, la documentazione necessaria per i rimborsi e le relative modalità procedurali.

13. Le trasferte all’estero sono disciplinate dalle disposizioni del presente articolo con le seguenti modifiche:

– l’indennità di trasferta di cui al comma 1, lettera a) è aumentata del 50% e non trova applicazione la disciplina del comma 8;

– i rimborsi dei pasti di cui al comma 5 sono incrementati del 30%.

14. Agli oneri derivanti dal presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse già previste nei bilanci dei singoli enti per tale specifica finalità.

Art.42

Trattamento di trasferimento

1. Al dipendente trasferito ad altra sede per motivi organizzativi o di servizio, quando il trasferimento comporti il cambio della sua residenza, deve essere corrisposto il rimborso delle spese documentate di viaggio, vitto ed eventuale alloggio per sé e per le persone di famiglia che lo seguono nel trasferimento  (coniuge, figli, parenti entro il 3° grado ed affini entro il 2° grado) nonché il rimborso delle spese documentate di trasporto per gli effetti familiari (mobilio bagaglio ecc.), il tutto nei limiti definiti ai sensi dell’art. 41, comma 12 e previ opportuni accordi da prendersi con l’ente, secondo le condizioni d’uso.

2. Al dipendente competono anche:

– l’indennità di trasferta di cui all’art. 41, comma 2, limitatamente alla durata del viaggio;

– una indennità di trasferimento, il cui importo, maggiore nel caso che il dipendente si trasferisca con la famiglia e variabile da un minimo di tre mensilità ad un massimo di sei mensilità, viene determinato da ciascun ente in sede di contrattazione decentrata integrativa nell’ambito delle risorse di cui al comma 4.

3. Il dipendente ha altresì diritto al rimborso dell’indennizzo per anticipata risoluzione del contratto di locazione regolarmente registrato quando sia tenuto al relativo pagamento per effetto del trasferimento.

4. Agli oneri derivanti dall’applicazione del presente articolo si fa fronte nei limiti delle risorse già previste nei bilanci dei singoli enti per tale specifica finalità.

Art.43

Copertura assicurativa

1. Gli enti assumono le iniziative necessarie per la copertura assicurativa della responsabilità civile dei dipendenti ai quali è attribuito uno degli incarichi di cui agli art. 8 e ss. del CCNL del 31.3.1999, ivi compreso il patrocinio legale, salvo le ipotesi di dolo e colpa grave. Le risorse finanziarie destinate a tale finalità sono indicate nei bilanci, nel rispetto delle effettive capacità di spesa.

2. Gli enti stipulano apposita polizza assicurativa in favore dei dipendenti autorizzati a servirsi, in occasione di trasferte o per adempimenti di servizio fuori dall’ufficio, del proprio mezzo di trasporto, limitatamente al tempo strettamente necessario per l’esecuzione delle prestazioni di servizio.

3. La polizza di cui al comma 2 è rivolta  alla copertura dei rischi, non compresi nell’assicurazione obbligatoria di terzi, di danneggiamento del mezzo di trasporto di proprietà del dipendente e dei beni trasportati, nonché di lesioni o decesso del dipendente medesimo e delle persone di cui sia stato autorizzato il trasporto.

4. Le polizze di assicurazione relative ai mezzi di trasporto di proprietà dell’amministrazione sono in ogni caso integrate con la copertura, nei limiti e con le modalità di cui ai commi 2 e 3, dei rischi di lesioni o decesso del dipendente addetto alla guida e delle persone di cui sia stato autorizzato il trasporto.

5. I massimali delle polizze non possono eccedere quelli previsti, per i corrispondenti danni, dalla legge per l’assicurazione obbligatoria.

6. Gli importi  liquidati dalle società assicuratrici in base alle polizze stipulate da terzi responsabili e di quelle previste dal presente articolo sono detratti  dalle somme eventualmente spettanti a titolo di equo indennizzo per lo stesso evento.

7. Le condizioni delle polizze assicurative sono comunicate ai soggetti sindacali di cui all’art.10,comma 2, del CCNL dell’1.4.1999.

Art.44

Trattenute per scioperi brevi

1. Per gli scioperi di durata inferiore alla giornata lavorativa, le relative trattenute sulle retribuzioni sono limitate all’effettiva durata dell’astensione dal lavoro e, comunque, in misura non inferiore a un’ora. In tal caso, la trattenuta per ogni ora è pari alla misura oraria della retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c).

Art.45

Mensa

1. Gli enti, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, secondo le modalità indicate nell’art. 46, attribuire al personale buoni pasto sostitutivi, previo confronto con le organizzazioni sindacali.

2. Possono usufruire della mensa i dipendenti che prestino attività lavorativa al mattino con prosecuzione nelle ore pomeridiane, con una pausa non superiore a due ore e non inferiore a trenta minuti. La medesima disciplina si applica anche nei casi di attività per prestazioni di lavoro straordinario o per recupero. Il pasto va consumato al di fuori dell’orario di servizio.

3. Sono fatti salvi gli eventuali accordi di maggior favore in atto.

4. Il dipendente è tenuto a pagare, per ogni pasto, un corrispettivo pari ad un terzo del costo unitario risultante dalla convenzione, se la mensa è gestita da terzi, o un corrispettivo parti ad un terzo dei costi dei generi alimentari e del personale, se la mensa è gestita direttamente dall’ente.

5. Il servizio di mensa è gratuito per il personale che contestualmente è tenuto ad assicurare la vigilanza e l’assistenza ai minori ed alle persone non autosufficienti e per il personale degli enti che gestiscono le mense nonché quelli per il diritto allo studio universitario che sia tenuto a consumare il pasto in orari particolari e disagiati in relazione alla erogazione dei servizi di mensa. Il tempo relativo è valido a tutti gli effetti anche per il completamento dell’orario di servizio.

6. In ogni caso è esclusa ogni forma di monetizzazione indennizzante.

Art.46

Buono pasto

1. Il costo del buono pasto sostitutivo del servizio di mensa è pari alla somma che l’ente sarebbe tenuto a pagare per ogni pasto, ai sensi del comma 4 dell’articolo precedente.

2. I lavoratori hanno titolo, nel rispetto della specifica disciplina sull’orario  adottata dall’ente, ad un buono pasto per ogni giornata effettivamente lavorata nella quale, siano soddisfatte le condizioni di cui all’art. 45, comma 2.

3. Il personale in posizione di comando che si trovi nelle condizioni previste dal presente articolo riceve i buoni pasto dall’ente ove presta servizio.

Art.47

Trattamento economico dei dipendenti  in distacco sindacale

1. Ai dipendenti che usufruiscono dei distacchi di cui all’art. 5 del CCNL quadro del 7.8.1998, compete la retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c).

2. Il periodo di distacco o aspettativa sindacale è considerato utile come anzianità di servizio ai fini della progressione verticale di carriera e di quella orizzontale economica.

3. Al personale incaricato delle funzioni dell’area delle posizioni organizzative, di cui agli artt.8-11 del CCNL del 31.3.1999, oltre al trattamento indicato nel comma 1, compete la retribuzione di posizione corrispondente all’incarico attribuito al momento del distacco sindacale o altra di pari valenza in caso di successiva rideterminazione dei relativi valori

TITOLO VII

Norme Finali

Art.48
Requisiti per l’integrazione delle risorse destinate alla contrattazione decentrata integrativa

1. Il termine di cui all’art.16, comma 1, del CCNL dell’1.4.1999, è spostato al 15.11.2000.

2. Limitatamente all’anno 2000, gli enti che, in sede di contrattazione decentrata integrativa,  abbiano già espressamente destinato risorse per le finalità di cui all’art.16, comma 1, del CCNL dell’1.4.1999, possono utilizzare le risorse medesime qualora non si raggiunga l’accordo di cui al comma 1 entro il predetto termine.

3. Limitatamente all’anno 2000, in difetto di stipulazione dell’accordo di cui al comma 1 nel termine ivi previsto, gli enti, diversi da quelli di cui al precedente comma e che si trovino nelle condizioni previste nell’art.16, comma 1, del CCNL dell’1.4.1999, possono destinare alle finalità, di cui al medesimo art.16, comma 1, del CCNL dell’1.4.1999, risorse aggiuntive nel limite massimo del 2% del monte salari riferito al 1999, esclusa la quota relativa ai dirigenti ed al netto dei contributi a carico degli enti, alle stesse condizioni di cui all’art.15, comma 4, del CCNL dell’1.4.1999.

Art.49
Trattamento di fine rapporto di lavoro

La retribuzione annua da prendersi a base per la liquidazione del trattamento di fine rapporto di lavoro ricomprende le seguenti voci:

a)   trattamento economico iniziale;

b)   incrementi economici correlati alla progressione economica nella categoria;

c) indennità integrativa speciale;
d) tredicesima mensilità;
e) retribuzione individuale di anzianità;
f) retribuzione di posizione;
g) indennità di direzione di L.1.500.000 di cui all’art.17, comma 3, del CCNL dell’1.4.1999;
h) indennità di vigilanza di L.1.570.000 e di L.930.000 cui all’art.37,comma 1, lett. b) del CCNL del 6.7.1995;
i) indennità del personale educativo degli asili nido di L.900.000 annue lorde di cui all’art.37, comma 1, lett. c, del CCNL del 6.7.1995; indennità del personale insegnante delle scuole materne, delle scuole elementari e delle scuole secondarie di L.900.000 annue lorde, di cui all’art.37, co.1, lett. d) del CCNL del 6.7.1995; indennità del personale docente di cui all’art.32-bis del presente CCNL;
j) indennità di L.900.000 annue lorde per il personale docente dei centri di formazione professionale;
k) indennità specifica per il personale appartenente alla ex terza e quarta qualifica professionale di L.125.000;
l) assegni ad personam non riassorbibili.

Art.50
Modalità di applicazione di benefici economici previsti da discipline speciali

1. In favore del personale riconosciuto, con provvedimento formale, invalido o mutilato per causa di servizio è riconosciuto un incremento percentuale, nella misura rispettivamente del 2,50% e dell’1,25% del trattamento tabellare in godimento alla data di presentazione della relativa domanda a seconda che l’invalidità sia stata ascritta alle prime sei categorie di menomazione ovvero alle ultime due. Il predetto incremento, non riassorbibile, viene corrisposto a titolo di salario individuale di anzianità.

Art.51
Disapplicazioni

1. Dalla data di stipulazione del presente CCNL, ai sensi dell’art. 72, comma 1, del D.Lgs.n.29/1993, cessano di produrre effetti le norme generali e speciali del pubblico impiego ancora vigenti, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro.

2. Dalla data di  cui al comma 1 sono inapplicabili le norme dei contratti collettivi nazionali di lavoro e quelle emanate dai singoli enti del comparto, in esercizio di potestà legislativa o regolamentare, incompatibili con il presente CCNL.

Art.52
Nozione di retribuzione

1. La retribuzione è corrisposta mensilmente, salvo quelle voci del trattamento economico accessorio per le quali la contrattazione decentrata integrativa prevede diverse modalità temporali di erogazione.

2. La retribuzione corrisposta al personale dipendente dagli enti del comparto Regioni-Autonomie locali è definita come segue:

a) Retribuzione mensile che è costituito dal valore economico mensile previsto per la posizione iniziale di ogni categoria (A1,B1,C1,D1) nonché per le altre posizioni d’accesso previste nelle categorie B e D (B3 e D3);
b) Retribuzione base mensile che è costituita dal valore della retribuzione mensile di cui alla lettera a), dagli incrementi economici derivanti dalla progressione economica nella categoria nonché dall’indennità integrativa speciale, i cui valori sono i riportati nella tabella A allegata al presente CCNL;
c) Retribuzione individuale mensile che è costituita dalla retribuzione base mensile di cui alla precedente lettera b, dalla retribuzione individuale di anzianità, dalla retribuzione di posizione nonché da altri eventuali assegni personali a carattere continuativo e non riassorbibile;
d) Retribuzione  globale di fatto mensile o annuale che è costituita dall’importo della retribuzione individuale per 12 mensilità cui si aggiunge il rateo della 13^mensilità nonché l’importo annuo della retribuzione variabile e delle indennità contrattuali percepite nel mese o nell’anno di riferimento; sono esclusi le somme corrisposte a titolo di rimborso spese o a titolo di indennizzo nonché quelle pagate per trattamento di missione fuori sede e per trasferimento.

3. La retribuzione oraria si ottiene dividendo la corrispondente retribuzione mensile per 156. Nel caso di orario di lavoro ridotto ai sensi dell’art.22 del CCNL dell’1.4.1999 si procede al conseguente riproporzionamento del valore del predetto divisore

4. La retribuzione giornaliera si ottiene dividendo la corrispondente retribuzione mensile per 26.

5. Nell’ipotesi di mancata fruizione delle quattro giornate di riposo di cui all’art.18, comma 6 del CCNL del 6.7.1995, il trattamento economico è lo stesso previsto per i giorni di ferie.

Art.53
Struttura della busta paga

1. Al lavoratore deve essere consegnata una busta paga, in cui devono essere distintamente specificati: la denominazione dell’ente, il nome e la categoria del lavoratore, il periodo di paga cui la retribuzione si riferisce, l’importo dei singoli elementi che concorrono a formularla (stipendio, retribuzione individuale di anzianità, indennità integrativa speciale, straordinario, turnazione ecc.) e l’elencazione delle trattenute di legge e di contratto, ivi comprese le quote sindacali, sia nell’aliquota applicata che nella cifra corrispondente.

2. In conformità alle normative vigenti, resta la possibilità del lavoratore di avanzare reclami per eventuali irregolarità riscontrate.

3. L’ente adotta tutte le misure idonee ad assicurare il rispetto del diritto del lavoratore alla riservatezza su tutti i propri dati personali, ai sensi della legge n.675/96.

Art.54
Messi notificatori

1. Gli enti possono verificare, in sede di concertazione, se esistano le condizioni finanziarie per destinare una quota parte del rimborso spese per ogni notificazione di atti dell’amministrazione finanziaria al fondo di cui all’art.15 del CCNL dell’1.4.1999 per essere finalizzata all’erogazione di incentivi di produttività a favore dei messi notificatori stessi.

Art.55
Attività sociali, culturali e ricreative

1. Le attività sociali, culturali e ricreative, promosse negli enti, sono gestite da organismi formati da rappresentanti dei dipendenti, in conformità a quanto previsto dall’art.11 della legge n.300/1970.

Art.56
Diritto di assemblea

1. I dipendenti degli enti hanno diritto di partecipare, durante l’orario di lavoro, ad assemblee sindacali in idonei locali concordati con l’amministrazione, per 12 ore annue pro capite senza decurtazione della retribuzione.

2. Per tutte le altre modalità di esercizio del diritto di assemblea trova applicazione la specifica disciplina contenuta nell’art.2 dell’Accordo collettivo quadro sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali del 7.8.1998.

Art.57
Decorrenza degli effetti del contratto

1. Gli effetti del presente contratto decorrono dal giorno successivo a quello della definitiva sottoscrizione, salvo diversa prescrizione contenuta nello stesso.

ALLEGATO A
Tabelle indennità integrativa speciale per le diverse categorie

(valori in lire annui lordi per 12 mensilità, cui va aggiunta la 13^mensilità)

Tabellari                                            Valori I.I.S.
Posizione di accesso

A1     12.489.000                                       12.090.354

B1    13.741.000                                12.166.621

B3    15.285.000                                12.273.723

C1    16.695.000                                12.355.767

D1 19.259.000                                12.500.626

D3 24.455.000                                12.846.799

DICHIARAZIONE CONGIUNTA  n.1

Le parti convengono che per il riconoscimento delle malattie derivanti da causa di servizio e per l’equo indennizzo continuano ad applicarsi le norme vigenti, trattandosi di istituti attinenti ad aspetti previdenziali ed assicurativi e quindi estranei alla disciplina del rapporto di lavoro.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.2

Con riferimento al comma 5 dell’art.29, le parti si danno reciprocamente atto che la verifica selettiva ivi prevista è finalizzata esclusivamente all’accertamento della sussistenza dei requisiti indicati nel comma 1 dell’art.29, lett. a) e b).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.3

Le parti si impegnano a verificare entro il 31.12.2000 le problematiche relative alle Camere di Commercio con particolare riferimento alle disposizioni contenute nel D.I. 12/7/1982 e successive modificazioni e nel D.I. 20/4/1995  n. 245.

Le parti, inoltre, convengono che, per i dipendenti delle CCIA in servizio alla data di entrata in vigore del DPCM 20.12.1999, pubblicato sulla G.U. n.111 del 15.5.2000, restano confermate le disposizioni di cui al D.I. 12.7.1982 e successive modificazioni e del D.I. 20.4.1995 n.245, relativamente agli istituti dell’indennità di anzianità e dei fondi di previdenza, trattandosi di istituti attinenti ad aspetti previdenziali e, quindi, estranei alla disciplina del rapporto di lavoro.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.4

Le parti si danno atto che per l’anno 2000 non ci sono limiti contrattuali nell’uso delle risorse per la progressione economica all’interno della categoria, ferma restando la impraticabilità di ulteriori progressioni nella categoria interessata, in caso di superamento dei vincoli di cui all’art.16, comma 2, del CCNL dell’1.4.1999 alla data del 1.1.2001, sino al riallineamento al valore medio di categoria.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.5

Con riferimento all’art.4 del CCNL dell’1.4.1999, le parti ritengono che gli enti, nell’ambito della propria autonomia regolamentare possono disciplinare anche le modalità di accesso a posti di categoria B3 per il personale appartenente alla categoria A e a posti di categoria D3 per il personale della categoria C,  purché in possesso dei requisiti previsti.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.6

Le parti s’impegnano, relativamente alle turnazioni, a verificare la praticabilità del passaggio ad una forma di retribuzione stabilita in misura fissa giornaliera.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.7

In relazione a quanto previsto dall’art.48 del presente CCNL, le parti, sulla base della specifica proposta, anche articolata per regioni, province, comuni e camere di commercio, che l’ARAN consegna alle organizzazioni sindacali entro il 20.9.2000, s’impegnano ad avviare e proseguire il relativo negoziato con continuità per arrivare alla stipulazione dell’accordo entro il 15.11.2000.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.8

Le parti, tenuto conto dei refusi presenti nell’art.6, comma 6, del presente contratto, che potrebbero tradursi in un ostacolo alla corretta applicazione della disciplina ivi prevista, concordano che essa debba interpretarsi nel senso che in tutti i casi in cui le ore di lavoro aggiuntivo o straordinario svolto siano eccedenti rispetto a quelle previste nel comma 2 dello stesso articolo 6, la percentuale di maggiorazione deve essere riferita sia al comma 5, già citato, che al comma 4.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.9

Con riferimento all’art.7, comma 12, del presente contratto le parti concordano nel ritenere che il riferimento, ivi contenuto, all’art.2, comma 2, della legge n.230/1962 deve considerarsi un refuso e, pertanto, che il riferimento corretto è all’art.2 della citata legge n.230/1962, senza alcuna specificazione.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.10

Le parti concordano nel ritenere che la dizione “trattamento fondamentale” contenuta nell’art.9, comma 5, del presente contratto deve essere intesa come riferita alla nozione di retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.11

Al fine di consentire una corretta applicazione della disposizione dell’art.16, comma 6, del presente contratto, le parti concordano nel ritenere che la frase “non risolvibile durante la fase di preavviso di cui al comma 2” rappresenta un refuso e che pertanto non esplica alcuna efficacia nella disciplina dell’istituto.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.12

Al fine di evitare ogni possibile dubbio circa la effettiva portata applicativa dell’art.24, comma 1, del presente contratto, le parti concordano nel ritenere che la disposizione ivi prevista deve essere interpretata correttamente nel senso che al dipendente che per particolari esigenze di servizio non usufruisce del giorno di riposo settimanale deve essere corrisposto un compenso aggiuntivo pari al 50% della retribuzione oraria di cui all’art.52, comma 2, lett. b).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.13

In riferimento a quanto previsto dall’art.17, comma 4, del presente contratto, le parti concordano nel ritenere che il trattamento economico ivi previsto trova applicazione non solo nell’ipotesi di astensione obbligatoria prevista dall’art.4 della legge n.1204/1971 ma anche in quella dell’art.5 della stessa legge.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.14

Le parti concordano nel ritenere che in tutti i testi contrattuali l’espressione “Monte salari annuo……” deve essere intesa al netto degli oneri riflessi a carico degli Enti. Pertanto, i conseguenti incrementi vanno erogati con l’integrazione degli oneri riflessi a carico dell’ente.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.15

Le parti concordano nel ritenere che la dizione “ competenze fisse e periodiche” utilizzata nell’art.6, comma 9, deve essere riferita alla nozione di retribuzione contenuta nell’art.52, comma 2, lett. c).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.16

Le parti concordano nel ritenere che la dizione “trattamento tabellare iniziale” utilizzata nell’art.50 deve essere riferita alla nozione di retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. a).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.17

Le parti concordano nel ritenere che, ai fini dell’applicazione dell’art.42, comma 2, la nozione di mensilità ivi richiamata deve essere riferita alla nozione di retribuzione di cui all’art.52, comma 2, lett. c).

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.18

Le parti concordano di esaminare eventuali problematiche connesse alla previgente e speciale disciplina del personale delle case da gioco e del Comune di Campione d’Italia in sede di trattativa per il rinnovo del secondo biennio economico di parte economica 2000-2001. In tale sede sarà affrontata anche la tematica relativa al libretto sanitario.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.19

In relazione alle previsioni dell’art.35, del presente contratto, le parti, al fine di evitare ogni possibile dubbio interpretativo, confermano che l’indennità prevista dall’art.37, comma 1, lett. b), del CCNL del 6.7.1995, continua a trovare  applicazione, con le modalità ivi previste, nei confronti del personale dell’area di vigilanza anche se non incaricato di una posizione organizzativa ai sensi dell’art.8 e ss. del CCNL del 31.3.1999.

DICHIARAZIONE CONGIUNTA n.20

In relazione a quanto disposto dalla lett.a), comma 1, dell’art.29 del presente CCNL, le parti precisano, con riferimento alla definizione di “responsabile del servizio complessivo dell’intera area di vigilanza”, che la predetta disciplina contrattuale si possa applicare anche negli Enti dove attualmente non sia prevista un’autonoma area di vigilanza, in quanto questa pure avendo una propria struttura organizzativa, formata da più addetti, sia inserita all’interno di una struttura più ampia.


DPR 08/09/2000 n. 299 – Tessera elettorale

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 settembre 2000, n. 299 (GU n. 249 del 24/10/2000)
Regolamento concernente l’istituzione, le modalità di rilascio, l’aggiornamento ed il rinnovo della tessera elettorale personale a carattere permanente, a norma dell’articolo 13 della legge 30 aprile 1999, n. 120.

DPR 08/09/2000 n. 299
Epigrafe
Premessa

TITOLO I
Disposizioni sull’istituzione e l’aggiornamento della tessera elettorale

1. Istituzione della tessera elettorale.

2. Caratteristiche della tessera elettorale.

3. Consegna della tessera elettorale.

4. Aggiornamento e sostituzione della tessera elettorale.

5. Protezione dei dati personali.

6. Nomina di un commissario.

7. Impossibilità di consegna della tessera.

8. Sperimentazione della tessera elettorale elettronica.

TITOLO II
Modifiche, integrazioni ed abrogazioni alla normativa sulle consultazioni elettorali e referendarie, conseguenti alla istituzione della tessera elettorale permanente.
9. Apertura degli uffici comunali per il rilascio delle tessere elettorali.

10. Voto dei degenti nei luoghi di cura.

11. Annotazione del voto assistito.

12. Annotazione dell’esercizio del voto.

13. Ammissione al voto dei detenuti.

14. Norma di chiusura.

15. Norme abrogate.

Tabella A – Parte 1

Tabella A – Parte 2

Tabella B – Parte 1

Tabella B – Parte 2

Tabella C – Parte 1

Tabella C – Parte 2

Tabella D – Parte 1

Tabella D – Parte 2

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 8 settembre 2000, n. 299(1).

Regolamento concernente l’istituzione, le modalità di rilascio, l’aggiornamento ed il rinnovo della tessera elettorale personale a carattere permanente, a norma dell’articolo 13 della L. 30 aprile 1999, n. 120.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 ottobre 2000, n. 249.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

Visto l’articolo 13 della legge 30 aprile 1999, n. 120, recante: «Disposizioni in materia di elezione degli organi degli enti locali, nonché disposizioni sugli adempimenti in materia elettorale»;

Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, recante: «Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali»;

Ritenuto di dover provvedere, conformemente ai princìpi e criteri direttivi contenuti nel citato articolo 13 della legge n. 120 del 1999, ad istituire la tessera elettorale personale, a carattere permanente, che sostituisce integralmente il certificato elettorale;

Considerato di dover disciplinare le modalità di istituzione, rilascio, aggiornamento e rinnovo della suddetta tessera elettorale;

Ritenuto di apportare le conseguenti modifiche, integrazioni ed abrogazioni alla normativa concernente le consultazioni elettorali e referendarie;

Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza dell’8 novembre 1999;

Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 10 gennaio 2000;

Visto il parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, espresso nella seduta del 22 giugno 2000;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 agosto 2000;

Sulla proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

Emana il seguente regolamento:

TITOLO I

Disposizioni sull’istituzione e l’aggiornamento della tessera elettorale

1. Istituzione della tessera elettorale.

1. In conformità ai princìpi e criteri direttivi contenuti nell’articolo 13, comma 1, della legge 30 aprile 1999, n. 120, è istituita la tessera elettorale personale, a carattere permanente, che sostituisce integralmente e svolge le medesime funzioni del certificato elettorale.

2. La esibizione della tessera presso la sezione elettorale di votazione è necessaria, unitamente ad un documento d’identificazione, per l’ammissione dell’elettore all’esercizio del diritto di voto in occasione di ogni consultazione elettorale o referendaria.

2. Caratteristiche della tessera elettorale.

1. La tessera elettorale ha le caratteristiche essenziali dei modelli descritti nelle tabelle A, B, C e D allegate al presente decreto e può essere adattata alle esigenze dei vari impianti meccanografici o elettronici in uso presso i comuni.

2. In ogni caso, la tessera, che riporta l’indicazione del comune di rilascio, è contrassegnata da una serie e da un numero progressivi e contiene i seguenti dati relativi al titolare:

a) nome e cognome; per le donne coniugate il cognome può essere seguito da quello del marito;

b) luogo e data di nascita;

c) indirizzo;

d) numero, sede ed indirizzo della sezione elettorale di assegnazione;

e) il collegio e la circoscrizione o regione nei quali può esprimere il diritto di voto in ciascun tipo di elezione.

3. Sulla tessera sono previsti appositi spazi, in numero non inferiore a diciotto, per la certificazione dell’avvenuta partecipazione alla votazione, che si effettua mediante apposizione, da parte di uno scrutatore, della data della elezione e del bollo della sezione.

4. La tessera riporta, in avvertenza, il testo del primo comma dell’articolo 58 della Costituzione, nonché un estratto delle disposizioni del presente decreto. Le tessere rilasciate ai cittadini di altri Stati dell’Unione europea residenti in Italia riportano, in avvertenza, l’indicazione delle consultazioni in cui il titolare ha facoltà di esercitare il diritto di voto. Sulle tessere rilasciate dai comuni delle regioni Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, è inserito un estratto delle rispettive disposizioni che ivi subordinano l’esercizio del diritto di voto per le elezioni regionali ed amministrative al maturare di un ininterrotto periodo di residenza nel relativo territorio; in tutti i casi di mancata maturazione del suddetto prescritto periodo di residenza, il sindaco del comune in cui l’elettore ha diritto di votare per le elezioni regionali o amministrative gli invia una attestazione di ammissione al voto.

5. Gli esemplari della tessera elettorale sono forniti dal Ministero dell’interno – Direzione generale dell’amministrazione civile – Direzione centrale per i servizi elettorali, tramite l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, ai dirigenti degli Uffici elettorali comunali.

6. Le eventuali modificazioni ai modelli di tessera elettorale, di cui alle tabelle A, B, C e D del presente decreto, sono apportate con decreto del Ministro dell’interno.

3. Consegna della tessera elettorale.

1. La consegna della tessera elettorale è eseguita, in plico chiuso, a cura del comune di iscrizione elettorale, all’indirizzo del titolare, ed è constatata mediante ricevuta firmata dall’intestatario o da persona con lui convivente. Qualora l’intestatario non possa o non voglia rilasciare ricevuta, l’addetto alla consegna la sostituisce con la propria dichiarazione.

2. La tessera elettorale viene consegnata ai titolari domiciliati fuori del comune per il tramite del sindaco del comune di domicilio, quando quest’ultimo sia conosciuto.

3. Qualora il titolare risulti irreperibile, la tessera elettorale è restituita al comune che l’ha emessa.

4. Gli elettori residenti all’estero ritirano la tessera presso il comune di iscrizione elettorale in occasione della prima consultazione utile, fermo restando l’invio della cartolina avviso prevista dall’articolo 6 della legge 7 febbraio 1979, n. 40.

4. Aggiornamento e sostituzione della tessera elettorale.

1. In caso di trasferimento di residenza di un elettore da un comune ad un altro, il comune di nuova iscrizione nelle liste elettorali provvede a consegnare al titolare una nuova tessera elettorale, previo ritiro di quella rilasciata dal comune di precedente residenza.

2. Le variazioni dei dati o delle indicazioni contenute nella tessera, conseguenti alle revisioni delle liste elettorali previste dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, vengono effettuate dall’ufficio elettorale comunale, che provvede a trasmettere per posta, all’indirizzo del titolare, un tagliando di convalida adesivo riportante i relativi aggiornamenti, che il titolare stesso incolla all’interno della tessera elettorale, nell’apposito spazio. Analogamente si procede in caso di variazione dei dati relativi al collegio o circoscrizione amministrativa nei quali l’elettore può esprimere il voto.

3. La tessera elettorale è ritirata qualora il titolare perda il diritto di voto ai sensi della normativa vigente; il ritiro è effettuato, a cura del comune, previa notifica all’interessato della relativa comunicazione contenente gli specifici motivi che ostano al godimento dell’elettorato attivo.

4. La tessera ritirata è conservata nel fascicolo personale del titolare.

5. In caso di deterioramento della tessera, con conseguente inutilizzabilità, l’ufficio elettorale del comune rilascia al titolare un duplicato della stessa, previa presentazione da parte dell’interessato di apposita domanda e consegna dell’originale deteriorato.

6. In caso di smarrimento o furto, il comune rilascia il duplicato della tessera al titolare, previa sua domanda, corredata della denuncia presentata ai competenti uffici di pubblica sicurezza.

7. Su domanda dell’interessato, si procede al rinnovo della tessera elettorale personale quando essa non risulti più utilizzabile in seguito all’esaurimento degli spazi ivi contenuti per la certificazione dell’esercizio del diritto di voto.

5. Protezione dei dati personali.

1. Il trattamento dei dati personali e tutte le operazioni previste dal presente decreto, anche con riferimento alla consegna, all’aggiornamento e al ritiro della tessera elettorale, nonché della sua custodia nel fascicolo personale, sono eseguiti nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale ed, in particolare, della legge 31 dicembre 1996, n. 675, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, e del decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318.

2. A tali fini, gli adempimenti di cui al comma 1 sono posti, in ogni comune, sotto la diretta vigilanza del responsabile del trattamento dei dati personali, che cura, altresì, l’individuazione delle persone incaricate del trattamento.

6. Nomina di un commissario.

1. In caso di mancata, irregolare o ritardata consegna, da parte del comune, delle tessere elettorali, il prefetto, previ sommari accertamenti, nomina un commissario.

7. Impossibilità di consegna della tessera.

1. In occasione di consultazioni elettorali o referendarie, ove, per qualsiasi motivo, non sia possibile il rilascio, la sostituzione o il rinnovo immediato della tessera o del duplicato, è consegnato all’elettore un attestato del sindaco sostitutivo della tessera ai soli fini dell’esercizio del diritto di voto per quella consultazione.

8. Sperimentazione della tessera elettorale elettronica.

1. In applicazione dell’articolo 13, comma 2, secondo periodo, della legge 30 aprile 1999, n. 120, può essere adottata, in via sperimentale, la tessera elettorale su supporto informatico, utilizzando la carta di identità elettronica prevista dall’articolo 2, comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127, come modificato dall’articolo 2, comma 4, della legge 16 giugno 1998, n. 191.

2. A tale fine, i comuni, contestualmente o successivamente all’introduzione della carta d’identità elettronica, potranno procedere alla relativa sperimentazione attenendosi alle prescrizioni e alle modalità di presentazione ed approvazione dei relativi progetti previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 ottobre 1999, n. 437, e dal decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 2, comma 10, della legge 15 maggio 1997, n. 127, come modificato dall’articolo 2, comma 4, della legge 16 giugno 1998, n. 191.

3. Il Ministero dell’interno, in sede di esame dei progetti di sperimentazione, ne valuta la compatibilità con quanto previsto dalla normativa elettorale vigente.

4. Conclusa la fase di sperimentazione, con decreto del Ministro dell’interno sono fissate le modalità per l’adozione a regime della tessera elettorale su supporto informatico, utilizzando la carta di identità elettronica.

TITOLO II

Modifiche, integrazioni ed abrogazioni alla normativa sulle consultazioni elettorali e referendarie, conseguenti alla istituzione della tessera elettorale permanente.

9. Apertura degli uffici comunali per il rilascio delle tessere elettorali.

[1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali o referendarie, allo scopo di rilasciare, previa annotazione in apposito registro, le tessere elettorali non consegnate o i duplicati delle tessere in caso di deterioramento, smarrimento o furto dell’originale, l’Ufficio elettorale comunale resta aperto nei cinque giorni antecedenti la elezione dalle ore 9 alle ore 19 e nel giorno della votazione per tutta la durata delle operazioni di voto] (2).

(2) Articolo abrogato dalla lett. g) del comma 400 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014.

10. Voto dei degenti nei luoghi di cura.

1. In occasione di tutte le consultazioni elettorali o referendarie, gli elettori ricoverati nei luoghi di cura possono votare negli stessi luoghi esclusivamente previa esibizione della tessera elettorale e dell’attestazione rilasciata dal sindaco concernente l’avvenuta inclusione negli elenchi dei degenti in ospedali e case di cura ammessi a votare nel luogo di ricovero.

2. L’attestazione di cui al comma 1, a cura del presidente del seggio, è ritirata ed allegata al registro contenente i numeri delle tessere elettorali dei votanti.

11. Annotazione del voto assistito.

1. L’annotazione dell’avvenuto assolvimento delle funzioni di accompagnatore, prevista dall’articolo 55, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall’articolo 41, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, viene apposta dal presidente di seggio sulla tessera elettorale dell’accompagnatore medesimo, all’interno dello spazio destinato alla certificazione dell’esercizio del voto.

12. Annotazione dell’esercizio del voto.

1. In occasione delle operazioni di votazione per tutte le consultazioni elettorali o referendarie, successivamente al riconoscimento dell’identità personale dell’elettore, e all’esibizione della tessera elettorale, uno scrutatore, prima che il presidente consegni all’elettore la scheda o le schede di votazione ai sensi dell’articolo 58, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, o dell’articolo 49, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, appone sull’apposito spazio della tessera elettorale il timbro della sezione e la data, e provvede, altresì, ad annotare il numero della tessera stessa nell’apposito registro.

13. Ammissione al voto dei detenuti.

1. … (3).

(3) Abroga e sostituisce l’ultimo comma dell’art. 8, L. 23 aprile 1976, n. 136.

14. Norma di chiusura.

1. Salvo che sia diversamente stabilito dal presente regolamento, quando leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale fanno riferimento al certificato elettorale consegnato ad ogni elettore in occasione di ciascuna consultazione, ovvero ai tagliandi dei medesimi certificati elettorali, il riferimento si intende, in quanto compatibile, rispettivamente alla tessera elettorale personale, ovvero al registro contenente i numeri delle tessere elettorali dei votanti.

15. Norme abrogate.

1. Sono abrogati, ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 120 del 1999, gli articoli 27, 28, 54 e 58, primo comma, limitatamente alle parole da: «stacca il tagliando» a: «in apposito plico,», del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, gli articoli 19, 45 e 49, primo comma, limitatamente alle parole da: «stacca il tagliando» a: «in apposito plico,», del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, l’articolo 18 della legge 25 maggio 1970, n. 352, l’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 21 maggio 1994, n. 300, convertito dalla legge 16 luglio 1994, n. 453, e l’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto-legge 3 maggio 1976, n. 161, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 1976, n. 240.


D.Lgs. n. 267 del 18.08.2000 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali

DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267 (1) (2).

Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O.

(2) Per le nuove disposizioni in materia di città metropolitane, province e unioni e fusioni di comuni, vedi la L. 7 aprile 2014, n. 56.

Leggi: DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267


DM 14 marzo 2000(1). – Determinazione delle somme spettanti ai comuni per la notificazione degli atti delle pubbliche amministrazioni.

(1) Pubblicato in Gazz. Uff. del 06/06/2000 n. 130

Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro dell’interno e il Ministro delle finanze:

Visto l’art. 10, comma 2, della legge 3 agosto 1999, n. 265, che demanda al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di concerto con i Ministri dell’interno e delle finanze la determinazione delle somme spettanti ai comuni per la notifica degli atti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, a mezzo dei messi comunali;

Decreta:

Articolo unico  1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, qualora non sia possibile eseguirle utilmente mediante il servizio postale o le altre forme previste dalla legge, dei messi comunali.

2. Al comune che vi provvede spetta, per ogni singolo atto notificato, la somma di lire diecimila, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento secondo le tariffe vigenti nelle ipotesi previste dall’art. 140 del codice di procedura civile. La suddetta somma è aggiornata ogni tre anni in relazione all’andamento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertato dall’ISTAT, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di concerto con i Ministri dell’interno e delle finanze.

3. L’ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole amministrazioni la liquidazione ed il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa. Alla liquidazione ed al pagamento delle somme dovute per tutte le notificazioni effettuate per conto della stessa amministrazione dello Stato, provvede, con cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di appartenenza dell’ente locale interessato.

4. Le relative spese sono poste a carico della pertinente unità previsionale di base all’uopo individuata da ciascuna amministrazione.


Corte cost., Ord., (ud. 13-04-2000) 03-05-2000, n. 128

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, secondo, terzo, quarto e quinto comma (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1999 dal Pretore di Udine, sezione distaccata di Latisana, nel procedimento civile vertente tra Meneghello Bertilla e Ministero delle finanze ed altra, iscritta al n. 212 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che il Pretore di Udine, con ordinanza emessa il 27 gennaio 1999, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 15, 24, 29 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, secondo, terzo, quarto e quinto comma (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche);

che, ad avviso del rimettente, la norma denunciata sarebbe lesiva del principio di eguaglianza tra i coniugi, in quanto – prevedendo che gli accertamenti in rettifica, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte di coniugi non legalmente ed effettivamente separati, siano notificati al solo marito – attribuirebbe a questi una posizione di ingiustificato vantaggio rispetto alla moglie;

che di contro la moglie, per il solo fatto di essersi avvalsa della facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi unitamente al coniuge, subirebbe una limitazione del proprio diritto di conoscere atti idonei ad incidere nella propria sfera giuridica;

che qualsiasi presunzione di conoscibilità degli atti notificati al marito, da parte della donna coniugata, sarebbe d’altro canto esclusa nei casi di mancanza di coabitazione, per effetto di separazione o divorzio, con sicura violazione, in danno di costei, del diritto di difesa e del diritto all’inviolabilità della corrispondenza;

che, sotto un diverso aspetto, la medesima norma, nel prevedere – secondo l’interpretazione costituente diritto vivente – la responsabilità solidale dei coniugi non solo per gli obblighi tributari risultanti dalla dichiarazione dei redditi, ma anche per quelli derivanti da futuri accertamenti e dipendenti da comportamenti omissivi non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, determinerebbe, stante la non identità dei rapporti tributari facenti capo ai coniugi stessi, un’irragionevole ipotesi di responsabilità patrimoniale per fatto altrui;

che nel giudizio “a quo” la ricorrente – assoggettata a pignoramento, senza previa notifica della cartella esattoriale né dell’avviso di mora, per debiti d’imposta accertati nei confronti del coniuge separato, relativamente ad un periodo d’imposta, anteriore alla separazione, per il quale era stata presentata dichiarazione congiunta – ha proposto opposizione di terzo all’esecuzione sul presupposto della propria estraneità al rapporto tributario ed alla stessa attività di impresa svolta dal coniuge;

che alla medesima ricorrente, proprio in considerazione del vincolo di solidarietà passiva derivante dalla norma della cui legittimità costituzionale il rimettente dubita, andrebbe tuttavia negata la qualità di terzo rispetto all’esecuzione intrapresa dal concessionario del servizio di riscossione dei tributi e conseguentemente il giudice adito dovrebbe dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, in quanto, ai sensi dell’art. 53 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo vigente al momento dell’opposizione, avverso gli atti esecutivi dell’esattore il contribuente ed i coobbligati possono fare ricorso esclusivamente all’Intendente di Finanza;

che la prospettata questione di costituzionalità sarebbe perciò, sotto tale profilo, rilevante ai fini della decisione;

che l’Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in giudizio per il Presidente del Consiglio dei Ministri, ha concluso per la declaratoria di infondatezza della questione.

Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3, 15, 24, 29 e 53 Cost., della legittimità costituzionale della disciplina dettata, in tema di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati, dall’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, secondo, terzo, quarto e quinto comma;

che in ordine alla medesima questione, sollevata in riferimento al parametro di cui all’art. 3 Cost., questa Corte ha già affermato che la dichiarazione congiunta dei redditi rappresenta l’esercizio di una facoltà dei contribuenti, con i conseguenti oneri e vantaggi ad essa connessi, e che pertanto la relativa disciplina, anche procedimentale, resta riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore, cosicché la disposizione impugnata non può ritenersi lesiva del principio di eguaglianza laddove, nell’evidente intento di semplificazione e snellezza del procedimento tributario, prevede la notificazione degli atti impositivi al solo marito (sent. n. 184 del 1989, ord. n. 4 del 1998 e ord. n. 36 del 1998);

che sulla scorta di analoghe considerazioni va esclusa la prospettata violazione del principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, di cui all’art. 29 Cost.;

che, per quanto riguarda il parametro di cui all’art. 24 Cost., non viene addotta dal rimettente ragione alcuna che induca a disattendere l’interpretazione adeguatrice della norma censurata, prospettata nelle pronunce già citate, a tenore della quale deve ritenersi che alla moglie, coobbligata in solido, sia comunque garantita dall’ordinamento la possibilità di tutelare i propri diritti entro i termini decorrenti dalla notifica dell’avviso di mora o del diverso atto con il quale venga per la prima volta a legale conoscenza della pretesa avanzata dall’Amministrazione finanziaria in via solidale, e ciò anche al fine di contestare eventualmente nel merito l’obbligazione tributaria del coniuge;

che anche con riferimento al parametro di cui all’art. 53 Cost. la medesima questione è stata già dichiarata manifestamente infondata, in base alla considerazione che il principio di capacità contributiva non esclude che la legge possa stabilire prestazioni tributarie solidali a carico oltreché del debitore principale anche di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica a cui inerisce il rapporto tributario (sent. n. 184 del 1989, ord. n. 187 del 1991, ord. n. 301 del 1988, ord. n. 316 del 1987);

che del tutto inconferente è infine il riferimento al parametro di cui all’art. 15 Cost., in quanto la previsione di notifica degli atti di accertamento al solo marito non comporta evidentemente alcuna menomazione, in danno della moglie, delle garanzie di libertà e segretezza della corrispondenza di costei.

Visti l’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l’art. 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte Costituzionale.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, secondo, terzo, quarto e quinto comma (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 15, 24, 29 e 53 della Costituzione, dal Pretore di Udine con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.


Cass. civ. Sez. I, 21-04-2000, n. 5240

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott.. Aldo VESSIA – Presidente

Dott. Ugo VITRONE – Cons. Relatore

Dott. Mario ADAMO – Consigliere

Dott. Laura MILANI – Consigliere

Dott. Angelo SPIRITO – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso per regolamento di competenza proposto da:

COOPERATIVA COSTRUTTORI s.r.l. in persona del legale rappresentante dott. Renzo Ricci Maccarini, quale capogruppo dell’Associazione Temporanea di Imprese tra la Cooperativa Costruttori s.r.l. e la C.I.L. S.p.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli, n. 180, presso l’avv. Mario Sanino, che unitamente agli avv.ti Marco Colombo e Alessandro Alessandri la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;

ricorrente

ENTE AUTONOMO DEL FLUMENDOSA, in persona, del suo legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

resistente

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1063 pubblicata il 6 aprile 1999;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 gennaio 2000 dal Relatore Cons. Ugo VITRONE;

lette le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Guido RAIMONDI, che ha concluso per la dichiarazione della competenza arbitrale con ogni conseguenza di legge;

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 23 settembre 1997 l’Ente Autonomo del Flumendosa proponeva dinanzi alla Corte d’Appello di Roma impugnazione per nullità del lodo arbitrale in data 5 maggio 1996, con il quale era stato condannato al pagamento della somma di L. 2.787.814.564, oltre accessori, in favore della Cooperativa Costruttori s.r.l. quale capogruppo dell’associazione temporanea di imprese tra essa Cooperativa e la C.I.L. S.p.A. a definizione della controversia insorta in dipendenza dell’esecuzione dei lavori di approvvigionamento idropotabile degli insediamenti turistici lungo la costa sud – orientale del Golfo di Cagliari e dei centri urbani di Settimo San Pietro, Sinnai e Maracalagonis, giusta contratto di appalto stipulato a seguito di licitazione privata il 26 settembre 1996. A sostegno della proposta impugnazione deduceva, preliminarmente, la nullità del lodo per incompetenza del collegio arbitrale.

Costituitasi in giudizio la Cooperativa Costruttori contestava la fondatezza dell’impugnazione e ne chiedeva il rigetto proponendo a sua volta impugnazione incidentale per sentir dichiarare la nullità del lodo sui punti oggetto di specifica impugnazione da parte della Cooperativa Costruttori.

Con sentenza del 12 marzo – 6 aprile 1999 la corte adita dichiarava la nullità del lodo ravvisando nella specie l’incompetenza del collegio arbitrale.

Osservava la corte che a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16 della legge 10 dicembre 1981, n. 741, che aveva modificato il testo dell’art. 47 del Capitolato Generale delle Opere Pubbliche (sent. 9 maggio 1996, n. 152) era stata ripristinata l’originaria disciplina secondo cui, pur in presenza del principio di normale devoluzione ad arbitri delle controversie nascenti dai contratti di appalto di opere pubbliche, entrambi i contraenti avevano al facoltà di derogare alla competenza arbitrale, dovendo escludersi la legittimità di un arbitrato obbligatorio. La pronuncia del giudice delle leggi, avente efficacia retroattiva ed immediatamente applicabile alle controversie in corso, doveva ritenersi operante nella specie indipendentemente dalla considerazione che la disciplina del capitolato generale delle opere pubbliche nel testo poi dichiarato incostituzionale avesse valore negoziale poiché non poteva dubitarsi che le parti avevano inteso trasfondere nel contratto tutta la normativa richiamata, la cui contrarietà a norma imperativa ne impediva qualsiasi efficacia nell’ordine giuridico. Né poi la declinatoria della competenza arbitrale notificata dall’Ente Flumendosa alla controparte poteva essere considerata tardiva in quanto il termine di decadenza di trenta giorni, non operante al momento della notificazione dell’atto di accesso agli arbitri, iniziava a decorrere dalla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 16 della legge n. 741 del 1981, che aveva ripristinato la facoltà di deroga, quale era esclusa alla data della domanda di accesso agli arbitri.

Contro la sentenza ha proposto regolamento di competenza la Cooperativa Costruttori s.r.l. nella qualità di cui in epigrafe con cinque motivi.

L’Ente Autonomo del Flumendosa ha depositato memoria.

Il Pubblico Ministero ha depositato le sue conclusioni in data 15 novembre 1999.

Motivi della decisione
Con i cinque motivi di ricorso – che denunciano, sotto vari profili, l’errata interpretazione della portata della pronuncia di incostituzionalità posta a fondamento della decisione impugnata e che sono perciò suscettibili di considerazione unitaria – la Cooperativa Costruttori sostiene che la facoltà di deroga alla competenza arbitrale, ripristinata dalla Corte costituzionale, potrebbe essere invocata solo dall’appaltatore e non pure dall’Amministrazione, che aveva originariamente imposto l’obbligatorietà dell’arbitrato (primo motivo); che non si era tenuto conto del fatto che la clausola compromissoria trovava nella specie la sua fonte nella volontà negoziale delle parti le quali, attraverso il rinvio materiale alle norme del capitolato generale delle opere pubbliche avevano inteso devolvere concordemente ad arbitri le controversie nascenti dal contratto (secondo motivo); che la pronuncia di incostituzionalità poteva produrre effetti solo sulle norme giuridiche e non sulle pattuizioni contrattuali, le quali avevano cristallizzato la disciplina normativa recepita dalle parti (terzo motivo); che la declinatoria della competenza arbitrale, ripristinata dalla Corte costituzionale, non poteva operare nei confronti delle parti per le quali il termine di decadenza fosse, come nella specie, già scaduto (quarto motivo); che la declinatoria della competenza arbitrale sarebbe stata implicitamente revocata dalla nomina del proprio arbitro da parte dell’Ente Autonomo Flumendosa (quinto motivo).

Il ricorso non ha fondamento e deve essere respinto.

Va considerato, innanzi tutto, che la natura pattizia rivestita nella specie dalla disciplina del capitolato generale delle opere pubbliche, se vale ad escluderne il carattere di norma imperativa, recepisce pur sempre come regola negoziale quella disciplina normativa la quale resta sensibile ad ogni sua evoluzione. Ne consegue che, se non può contestarsi che la volontà resta insensibile alla disciplina normativa sopravvenuta, la quale, com’é noto, ha effetto ex nunc – come è stato sottolineato da questa Corte, la quale ha negato che la disciplina introdotta dal capitolato delle opere pubbliche del 1962 potesse essere invocata dai contraenti i quali avevano recepito pattiziamente quella del capitolato generale del 1895, in vigore all’epoca della stipulazione del contratto, e ciò in forza del principio generale espresso dal brocardo tempus regit actus (Cass. 13 gennaio 1982, n. 178) – essa non resta però insensibile alla dichiarazione di incostituzionalità della normativa convenzionalmente recepita, poiché la pronuncia di incostituzionalità non sostituisce alla normativa non conforme a costituzione una diversa normativa, ma adegua la norma denunciata ai dettami della costituzione, con effetti ex tunc i quali incontrano il solo limite delle situazioni esaurite, e tale non può dirsi una disciplina negoziale contestata in sede giudiziale in un processo tuttora in corso.

Ciò chiarito, la facoltà di deroga della competenza arbitrale prevista nel quadro di un sistema che prevede in via generale che le controversie nascenti dall’appalto di opere pubbliche siano deferite ad arbitri (art. 43 Cap. Gen.OO.PP.), dev’essere consentita ad entrambe le parti quali che siano le previsioni del bando di gara, in quanto la mera adesione ad una disciplina che prevedeva la possibilità di imporre unilateralmente un arbitrato obbligatorio, non vale a escludere che la ripristinata facoltà di esclusione della competenza arbitrale operi a favore di entrambe le parti, come avveniva del resto sotto il vigore del testo originario dell’art. 47 del Cap. Gen. OO. PP., non essendosi mai dubitato prima della novellazione della norma in esame che l’Amministrazione, normalmente convenuta, potesse chiedere che la controversia venisse sottoposta al giudice ordinario.

Affermata l’operatività della pronuncia della corte costituzionale nei confronti di entrambe le parti di un contratto nel quale la disciplina legale operi non già come norma imperativa ma per effetto del richiamo negoziale operato dai contraenti, debbono ritenersi prive di pregio anche le censure relative alla decadenza dell’Ente Autonomo Flumendosa e alla implicita rinuncia alla deroga della competenza arbitrale.

Per quanto attiene alla eccepita decadenza va, intatti rilevato che se la decadenza determina normalmente la perdita definitiva di una facoltà, dando luogo ad una situazione consolidata che opera come limite alla retroattività delle pronunce di incostituzionalità, ciò però non si verifica quando la dichiarazione di incostituzionalità investe proprio la norma che avrebbe dovuto rendere operante la prescrizione o la decadenza o, come nella specie, la norma che aveva precluso l’esercizio di tale facoltà (vedi: Cass. 3 maggio 1975, n. 1507; 9 luglio 1976, n. 2632, le quali hanno ritenuto proponibili le azioni giudiziarie a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della norma che imponeva la preventiva e tempestiva presentazione del reclamo gerarchico come condizione di proponibilità dell’azione nelle controversie di lavoro aventi a oggetto competenze arretrate).

Tale facoltà potrà quindi essere sempre esercitata con decorrenza dalla data di pubblicazione della sentenza costituzionale fino a quando il giudizio arbitrale non abbia avuto concretamente inizio, non potendo derogarsi alla competenza di arbitri già investiti della controversia.

E, poiché nella specie la facoltà di deroga alla competenza arbitrale è stata esercitata dall’Ente Autonomo Flumendosa con atto notificato il 2l marzo 1996, ancor prima della pubblicazione della sentenza di incostituzionalità, avvenuta il 9 maggio successivo, e prima della costituzione del collegio arbitrale, avvenuta il 23 gennaio 1997, essa deve ritenersi tempestiva poiché è stata proposta quando non era consentita dalla disciplina pattizia che aveva recepito la normativa all’epoca vigente, e che è divenuta legittima e operativa di effetti a seguito della dichiarazione di incostituzionalità.

Né maggior valore ha poi la censura secondo cui la sentenza impugnata avrebbe dovuto interpretare la nomina dell’arbitro da parte dell’Ente Autonomo Flumendosa come rinuncia implicita alla facoltà preventivamente esercitata, poiché, in assenza di una normativa che consentisse la deroga preventiva della competenza arbitrale sino al momento dell’introduzione del giudizio, la parte convenuta che avesse rivendicato l’esercizio della facoltà di deroga non avrebbe potuto sottrarsi al giudizio arbitrale e avrebbe solo potuto riproporre la questione di incompetenza dinanzi agli arbitri e, in caso di mancato accoglimento, impugnare di nullità il lodo sollevando dinanzi al giudice ordinario la questione di incostituzionalità – preclusa nel giudizio arbitrale – della norma che negava la possibilità di deroga fino al momento dell’introduzione della controversia.

In conclusione, perciò, il ricorso non può trovare accoglimento e deve essere rigettato con la conseguente dichiarazione della competenza del giudice ordinario.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida in complessive L.28.800, al rimborso delle spese prenotate a debito e al pagamento degli onorari che liquida in L. 2.000.000.

Così deciso in Roma il 20 gennaio 2000.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 APR. 2000


Cass. civ., Sez. II, (data ud. 26/01/2000) 26/01/2000, n. 851

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano GAROFALO – Presidente;

Dott. Michele ANNUNZIATA – Consigliere;

Dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO – Consigliere;

Dott. Roberto Michele TRIOLA – Consigliere;

Dott. Francesca TROMBETTA – Rel. Consigliere;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FLAVIKER S.R.L., in persona del legale rappresentante pro – tempore Sig. SIROTTI FERMO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MICHELE DI LANDO 10, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO TAMBURELLI, che lo difende unitamente all’avvocato DOMENICO ROSATI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FERGOLA ADDOLORATA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA THAILANDIA 27, presso lo studio dell’avvocato C. GATTI, difesa dall’avvocato PAOLILLO FRANCESCO PAOLO M, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/97 del Tribunale di TRANI, depositata il 09/01/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/99 dal Consigliere Dott. Francesca TROMBETTA;

udito l’Avvocato EUGENIO TAMBURELLI, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 14 marzo 1989 la ditta Addolorata Fergola, deducendo di aver acquistato dalla Flaviker S.p.A. piastrelle in ceramica per pavimenti e di aver rilevato, al momento della posa in opera, la sussistenza di vizi occulti (striature rettilinee biancastre), conveniva in giudizio, davanti al pretore di Barletta, la suddetta società perché fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice nonché fosse condannata la medesima al risarcimento danni.

Costituitasi, la società convenuta contestava la domanda chiedendone il rigetto ed in via riconvenzionale chiedeva la condanna dell’attrice al pagamento del saldo prezzo di L. 1.444.381, oltre accessori.

Escussi testi e disposta C.T.U. il pretore di Barletta con sentenza del 14 dicembre 1991 dato atto della tempestività della denuncia dei vizi accoglieva la domanda attrice, aderendo alle risultanze della consulenza che aveva confermato l’esistenza dei vizi denunciati. Dichiarava, pertanto, la risoluzione del contratto condannando la Flaviker S.p.A. al pagamento della somma di L. 5.000.000 a titolo di risarcimento danni in favore dell’attrice, oltre interessi legali.

Su impugnazione della Flaviker il Tribunale di Trani, con sentenza 9 gennaio 1997, confermava la sentenza del pretore, condannando l’appellante al pagamento delle spese giudiziali.

Afferma il Tribunale in ordine alla ritenuta inapplicabilità della clausola n. 2 stampata sul retro della fattura (“non si accettano contestazioni di sorta sul materiale posto in opera”) e non sottoscritta da alcuna delle parti, che trattandosi di clausola vessatoria, essa andava specificamente approvata per iscritto.

Quanto all’eccezione di nullità del supplemento di C.T.U., per non essere stato il consulente di parte posto in grado di partecipare alle operazioni peritali, la nullità doveva intendersi sanata perché non tempestivamente opposta. Nel merito, non poteva trovare accoglimento la tesi della società appellante secondo la quale le piastrelle acquistate allo stato grezzo non andavano né levigate, né lucidate; per cui i vizi lamentati andavano imputati esclusivamente alla lucidatura effettuata dopo la posa in opera delle stesse.

Premesso, infatti, che alla perizia di parte non poteva essere attribuita alcuna rilevanza, non essendo essa, con certezza, ricollegabile al caso di specie, andava rilevato che, essendo stato consegnato all’appellata, al momento della scelta, un campionario lucido, privo delle lamentate striature bianche, verosimilmente le era stato lasciato intendere che, tramite la lucidatura anche con le piastrelle grezze poteva conseguirsi l’effetto estetico del campione.

Né era stato provato che la ditta Fergola fosse stata resa edotta delle conseguenze cui andava incontro in caso di lucidatura delle piastrelle acquistate; né della circostanza che il campione era costituito da una piastrella “levigata” in sede di fabbricazione.

Non vi era, poi, motivo di dubitare della correttezza del procedimento di lucidatura seguito, posto che anche quella eseguita dal C.T.U. su altre piastrelle di rimanenza (quelle che allo stato grezzo, presentavano rigature sospette) aveva evidenziato l’identico difetto. Era, in ogni caso, pacifico (v. C.T.U.) che le denunciate striature (visibili dalla non contestata documentazione fotografica allegata alla perizia di parte appellata) erano apparse a seguito della lucidatura soltanto su circa il 50% delle mattonelle poste in opera; il che confermava che il restante 50% era stato “trattato” senza dar adito a problemi, con la conseguenza che il lamentato fenomeno delle striature era dipeso dalla intrinseca inidoneità di una parte del materiale oggetto della fornitura.

Tali considerazioni escludevano la necessità di ulteriori approfondimenti istruttori.

Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la società Flaviker S.p.A., alla quale resiste, con controricorso, la ditta Fergola.

Motivi della decisione
Deduce la società ricorrente a motivi di impugnazione:

1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., nonché l’omessa applicazione degli artt. 1340 e 1491 c.c., illogicità di motivazione – per avere il Tribunale erroneamente:

A) ritenuto vessatoria la clausola n. 2 stampata sul retro della fattura (“non si accettano contestazioni di sorta, sul materiale posto in opera”), come la clausola “non si risponde del materiale levigato dopo la posa in opera”, nonostante si trattasse di clausole rientranti tra i c.d. usi negoziali, inserite automaticamente in ogni contratto di compravendita di piastrelle concluso tramite rappresentanti;

B) ritenuto applicabile la garanzia per vizi della cosa venduta, nonostante tale garanzia non fosse dovuta, trattandosi di vizi palesi (“sospette striature biancastre”), come accertato dal C.T.U. su alcune piastrelle di rimanenza allo stato grezzo, con la conseguenza che la loro posa in opera, comportava accettazione delle stesse;

2) l’omessa, insufficiente o, comunque, contraddittoria motivazione – per avere il Tribunale, nell’affermare che alla ditta acquirente fu consegnato un campione lucidato, privo delle striature biancastre, lasciando intendere che tramite la lucidatura si sarebbe potuto ottenere anche con le piastrelle grezze, l’effetto estetico del campione, non considerato:

A) che la ditta acquirente scelse il materiale oggetto del contratto dopo aver visionato sia le piastrelle grezze che quelle levigate;

B) che la ditta acquirente, operante da molti anni nella zona, era a conoscenza sia degli usi negoziali, che delle norme di manutenzione;

C) che sui cataloghi, listini, retro delle fatture vi era espresso richiamo alle norme d’uso e di manutenzione, secondo le quali le piastrelle “grezze” non andavano né levigate, né lucidate;

D) che non poteva esserci stata dolosa induzione in errore da parte della venditrice stante l’avvenuta stipula del contratto tramite rappresentante e la professionalità della ditta acquirente che ben conosceva le caratteristiche del materiale, anche in considerazione del prezzo di vendita (triplo quello delle piastrelle levigate);

E) che, se le striature erano visibili sul 50% delle piastrelle, bastava non porre in opera quelle viziate e farsele sostituire;

F) che comunque, anche il C.T.U. nel lucidare le piastrelle “grezze” della rimanenza non si era reso conto che esse non andavano lucidate e che la levigatura dopo la posa in opera presentava rischi;

G) che se fosse stato possibile ottenere da piastrelle grezze successivamente levigate lo stesso effetto estetico di quelle levigate sin dall’origine, non avrebbe avuto senso vendere queste ultime ad un prezzo triplo rispetto alle prime;

– per avere il Tribunale insufficientemente motivato:

A) sulla mancata considerazione della C.T.U. di parte;

B) sulla inammissibilità di una nuova perizia;

C) sulla correttezza delle operazioni peritali;

D) sulla supposta esistenza del raggiro;

E) sulla conclusione che il 50% delle mattonelle trattate non aveva dato problemi;

4) la violazione degli artt. 342, 345, 346, 350, 352, 356 c.p.c., l’illogicità di motivazione,

– per avere il Tribunale:

A) omesso di considerare in toto i motivi specifici dell’appello;

B) per aver omesso di considerare la C.T.U. di parte che si richiamava alla fattispecie concreta riferendosi alla Salso, utilizzatrice finale delle piastrelle;

C) non ammesso una nuova C.T.U. nonostante gli errori e la superficialità di quella espletata e ciò con violazione del diritto di difesa della Flaviker;

D) non ammesso nuovi mezzi di prova.

Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Fergola, per carenza di legittimazione a ricorrere della Soc. Flaviker S.r.l. perché soggetto diverso dalla Flaviker S.p.A., società che ha preso parte alle precedenti fasi di merito.

Trattasi, infatti, di trasformazione dell’originaria società per azioni in società a responsabilità limitata, fenomeno che, come è noto, non importa l’estinzione del precedente soggetto giuridico e la creazione di un nuovo soggetto; ma implica soltanto la modifica dell’atto costitutivo della società, permanendo l’identità dell’originario soggetto.

La Flaviker S.r.l. è pertanto legittimata a ricorrere in questa sede.

Quanto al profilo sub A del primo motivo, non può essere condivisa la tesi della ricorrente che, attribuendo natura di usi negoziali alle clausole riprodotte nel retro delle fatture, afferma la loro inclusione automatica nel contratto stipulato dalle parti.

Infatti, nella presente fattispecie, trattandosi di clausole che incidono sulla responsabilità della parte venditrice, limitando la facoltà di opporre eccezioni dell’acquirente, la natura vessatoria delle stesse, anche ove fosse provata l’esistenza dell’uso contrattuale dedotto, escluderebbe la loro inserzione automatica nel contenuto del contratto, non potendosi la parte onerata ritenere obbligata in forza di una manifestazione tacita di volontà, qual è quella che costituisce il presupposto dell’operatività automatica degli usi contrattuali; ed occorrendo, viceversa, una espressa manifestazione di volontà delle parti, al momento della conclusione del contratto, attuata con le forme di cui all’art. 1342 c.c.

Tali clausole, infatti, valide, come si assume nella specie, per tutti i contratti aventi ad oggetto la vendita di mattonelle, e stipulati a mezzo di rappresentanti, sono assimilabili alle condizioni generali predisposte dagli imprenditori del settore.

Infondato è il profilo sub B del motivo in esame.

Premesso, infatti, che la facile riconoscibilità dei vizi che esclude la garanzia ex art. 1491 c.c., presuppone che essi siano tali al momento della conclusione del contratto (v. sent. n. 5075/83; n. 6073/95), per cui la citata norma non opera quando, come nella specie, trattandosi di contratto concluso a mezzo di rappresentante, la consegna della merce è successiva alla stipula del contratto; va rilevato che, l’onere di diligenza imposto dall’art. 1491 c.c. al compratore, deve essere apprezzato tenendo presenti le particolari circostanze della vendita, e nella specie che la scelta è avvenuta in base ad un campione lucido, che non presentava striature di sorta.

Ciò aveva fatto supporre all’acquirente (ed in tal senso, secondo il Tribunale il consenso si è perfezionato tra le parti) che, qualunque fosse stato l’aspetto delle mattonelle grezze, il risultato, dopo la lucidatura, sarebbe stato conforme a quello della mattonella mostrata al momento della conclusione del contratto.

Nessuna accettazione di mattonelle viziate può, quindi, ritenersi intervenuta attraverso la loro posa in opera.

Sulla base delle suddette specifiche modalità di conclusione del contratto, nonché dell’accertamento di fatto operato dal Tribunale, secondo cui solo il 50% delle mattonelle poste in opera hanno presentato gli inconvenienti lamentati, si appalesano prive di fondamento le censure sollevate con il secondo motivo di ricorso, dal momento che, come il Tribunale ha rilevato, non è stata la lucidatura a determinare le striature evidenziatesi sulle mattonelle; ma esse sono derivate dalla intrinseca struttura del materiale. Ne consegue che restano prive di rilievo le considerazioni della ricorrente, sia in ordine alla necessaria conoscenza da parte dell’acquirente dei rischi, in termini di risultato, cui si andava incontro con il sottoporre a lucidatura o levigatura le mattonelle grezze (rischi che, peraltro, come ha evidenziato il Tribunale non risultavano fatti presenti in sede di contrattazione), sia in ordine all’insussistenza della dolosa induzione in errore da parte della venditrice ai danni dell’acquirente; induzione in errore che, secondo il Tribunale ben poteva essersi verificata in mancanza di prova circa la conoscenza da parte dell’acquirente, che la levigatura o lucidatura della mattonella campione era avvenuta in sede di fabbricazione e non successivamente.

Non sussiste, poi, il vizio di motivazione dedotto nel motivo in esame, sia in ordine al mancato esame della perizia di parte, avendo il Tribunale spiegato che la stessa non poteva essere con certezza riferita al caso di specie, a causa della carenza di oggettivi termini di riferimento; sia in ordine alla ritenuta inammissibilità di una nuova perizia la cui disposizione è rimessa al potere discrezionale ed insindacabile del giudice di merito.

Del tutto infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso che evidenzia una serie di censure generiche sulle quali in parte si è già risposto specificamente (ad es. quelle relative alle consulenze tecniche); e che per il resto rimangono superate alla luce della ratio decidendi seguita dalla sentenza impugnata.

Il ricorso va, pertanto, respinto e la società ricorrente va condannata al pagamento in favore della ditta Fergola, delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese del presente giudizio nella misura di L. 357.900, oltre a L. 1.200.000 di onorari.

Così deciso in Roma il 27 aprile 1999.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 26 GENNAIO 2000.


Cass. civ. Sez. Unite, 19-11-1999, n. 793

riunita in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

dott. Romano PANZARANI – Primo Presidente f.f.;

dott. Francesco AMIRANTE – Pres. di sezione;

dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO – Consigliere;

dott. Antonio VELLA – Consigliere;

dott. Erminio RAVAGNANI – Consigliere;

dott. Alessandro CRISCUOLO – Consigliere;

dott. Francesco SABATINI – relatore Consigliere;

dott. Ettore GIANNANTONIO – Consigliere;

dott. Stefanomaria EVANGELISTA – Consigliere;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

LANZARA RAFFAELE, rappresentato dall’avv. Giovanni Falci giusta procura in calce al ricorso, con elezione di domicilio in Roma, via Valadier n. 6, presso l’avv. Claudio Giannelli

ricorrente

contro

CONSIGLIO ORDINE AVVOCATI DI NOCERA INFERIORE e PROCURATORE GENERALE CASSAZIONE

intimati

avverso

la decisione in data 16.10. – 28.11.1998 del Consiglio Nazionale Forense (r.g. n. 54/98).

Udita nella pubblica udienza del 3 giugno 1999 la relazione del consigliere dott. Francesco Sabatini.

È comparso per il ricorrente, per delega, l’avv. Guaglianone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Sentito il P.M., in persona dell’avvocato generale Franco Morozzo della Rocca, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
L’avv. Raffaele Lanzara, iscritto nell’albo del Consiglio degli avvocati di Nocera Inferiore, fu incolpato: a) di aver violato i doveri di lealtà, diligenza e probità per avere – quale procuratore del sig. Costantino Pagano, creditore della somma di lire 120.000.000 nei confronti della società Simer – omesso di informare il suo patrocinato degli esiti del ricorso per la dichiarazione di fallimento della debitrice, nonché concluso con costei un accordo transattivo in conseguenza del quale aveva presentato atto di desistenza ed aveva incassato l’importo di lire 65.000.000 senza mai corrisponderlo al Pagano; b) di aver violato i doveri professionali di correttezza nei confronti del proprio Consiglio per non essere comparso, nonostante reiterati inviti e senza giustificati motivi, innanzi al consigliere relatore per esporre le sue ragioni.

In data 20 maggio 1997 il predetto Consiglio, ritenuti provati gli addebiti irrogò all’avv. Lanzara la sanzione disciplinare della cancellazione dall’albo professionale.

Tale decisione, impugnata dall’interessato, è stata confermata dal Consiglio Nazionale Forense con la pronuncia, ora gravata.

Per quanto ancora rileva il Consiglio ha osservato, in rito, che rituale e tempestiva era stata la notificazione della citazione dell’incolpato a comparire dinanzi al Consiglio dell’ordine: essa venne infatti effettuata nel luogo in cui egli aveva la residenza anagrafica ed a mani della collaboratrice familiare. Che lo stesso avesse avuto effettiva conoscenza dell’atto era inoltre confermato dall’istanza di rinvio presentata dal difensore, nonché dal tempestivo ricorso al Consiglio Nazionale Forense dopo la notifica, avvenuta negli stessi termini della citazione, della decisione del Consiglio dell’ordine.

Rettamente detto Consiglio aveva respinto l’istanza di rinvio – presentata dal difensore in considerazione dell’astensione proclamata dall’Unione camere penali e dall’Organismo unitario dell’Avvocatura -, dal momento che detta astensione riguardava la partecipazione alle udienze e non poteva pertanto estendersi all’attività, di natura amministrativa, svolta dal Consiglio dell’ordine.

Nel merito il Consiglio Nazionale ha ritenuto che l’avv. Lanzara sottoscrisse la transazione senza averne il potere, senza interpellare il proprio cliente – come avrebbe dovuto fare poiché essa comportava la rinuncia alla metà del credito -, senza comunicargli l’avvenuta presentazione dell’atto di desistenza e senza versargli l’importo incassato dalla debitrice.

Parimenti provato era l’addebito, di cui al capo b), stante il fatto che l’interessato non era comparso dinanzi al Consiglio dell’ordine, come, del resto, non era poi comparso dinanzi al Consiglio Nazionale.

Per la cassazione di tale decisione l’incolpato ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi. Con il quinto, egli chiede inoltre la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso il ricorrente deduce la violazione dell’art. 139 c.p.c. ed afferma che la notificazione del decreto di citazione a mani della signorina Dossantos è nulla non essendo costei abilitata al ritiro degli atti per conto di esso ricorrente, giacché ella, dipendente della signora Maria Fimiani, solo saltuariamente frequentava la casa dell’avv. Lanzara. Anche a voler considerare la Dossantos come una vicina di casa, la notificazione era parimenti nulla non essendo stata inviata la prescritta lettera raccomandata.

Illegittima è la presunzione di legale conoscenza dell’atto, il formulata dal Consiglio Nazionale, dal momento che anche la violazione dei termini comporta la nullità del decreto di citazione.

Il motivo è infondato

Il decreto di citazione in questione – che può essere direttamente esaminato dalla Corte essendo allegato un error in procedendo – risulta notificato all’odierno ricorrente “a mani di Dossantos Marley, collaboratrice domestica ivi addetta alla ricezione degli atti e alla casa, in sua assenza”.

Il motivo in esame pone in discussione non già che la notificazione sia stata validamente eseguita in uno dei luoghi, indicati nel primo comma dell’art. 139 c.p.c., sibbene la capacità della Dossantos a riceverla, non essendo ella, a dire del ricorrente, e diversamente da quanto invece disposto dal successivo secondo comma, né persona di famiglia né addetta alla casa o all’ufficio.

Premesso che, attribuendo la relata alla Dossantos la sola qualità di addetta alla ricezione degli atti e alla casa, la validità della notificazione deve essere riscontrata con esclusivo riferimento a tale qualità, deve rilevarsi che questa non presuppone, diversamente da quanto preteso dal ricorrente, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, tanto meno di natura esclusiva.

Come infatti questa C.S. ha affermato (da ultimo con sent. 5 ottobre 1998 n. 9875) la validità della notificazione non può essere contestata sulla base del solo difetto di tale rapporto, essendo invece sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, come si desume dalla generica qualifica di addetto, richiesta dal legislatore (analogamente l’espressione persona di famiglia, impiegata dalla stessa norma, va intesa in senso relativamente ampio, sì da ricomprendervi anche i familiari la cui presenza in casa non abbia carattere del tutto occasionale: Cass. 19.1.1995 n. 615).

Nella specie dalla stesse argomentazioni, svolte dal ricorrente – il quale afferma che la Dossantos era alle esclusive dipendenze della Fimiani, moglie di esso ricorrente, come egli ebbe a precisare nel ricorso al Consiglio Nazionale Forense -, risulta che la predetta era addetta alla casa dello stesso: in tal senso ha dunque rettamente deciso il Consiglio Nazionale, donde la validità della notificazione e l’irrilevanza dell’omesso invio della raccomandata, prescritta dal quarto comma dello stesso art. 139 per la diversa ipotesi di cui al precedente terzo comma.

La riscontrata validità della avvenuta notificazione importa l’assorbimento della censura che investe l’ulteriore ratio decidendi – consistita nell’effettiva conoscenza della notificazione stessa da parte del destinatario, desunta dalla successiva istanza di rinvio della discussione -, censura con la quale il ricorrente afferma che l’osservanza del termine di comparizione avrebbe dovuto essere accertata con riferimento alla data dell’istanza stessa: censura – osserva la Corte – inoltre inammissibile perché nuova.

2. Con il secondo motivo il ricorrente allega “violazione di legge in relazione alla lesione del diritto di difesa per la mancata concessione del rinvio chiesto al difensore” al Consiglio dell’ordine di Nocera Inferiore a seguito della astensione dalle udienze, deliberata dall’Avvocatura: pur non ponendo in discussione la natura amministrativa del procedimento disciplinare, nella fase che si svolge dinanzi a detto Consiglio, il ricorrente censura la limitazione all’attività giurisdizionale di detta astensione, affermata dalla decisione ora gravata.

La censura è inammissibile sia perché investe un accertamento di fatto – i limiti dell’astensione in questione -, motivatamente effettuato da un organo, il Consiglio Nazionale forense, particolarmente qualificato e rappresentativo della categoria professionale interessata, sia perché l’inviolabilità del diritto di difesa, sancito dal secondo comma dell’art. 24 cost. – ammesso che ad esso il ricorrente abbia inteso riferirsi -, opera limitatamente ai procedimenti giurisdizionali, come si desume dall’interpretazione complessiva della norma costituzionale.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge per l’omessa contestazione degli articoli della legge professionale e per il mancato esame del relativo motivo di appello.

Osserva la Corte che quest’ultimo venne così testualmente formulato: “nullità dell’atto che dispone il giudizio disciplinare per omessa contestazione degli articoli della legge professionale”.

La genericità di tale censura esonerava conseguentemente il Consiglio Nazionale dal prenderla in esame, e, d’altra parte, il ricorrente neppure in questa sede indica le norme di legge che a suo dire imporrebbero, a pena di nullità, la contestazione non solo del fatto materiale oggetto di incolpazione ma altresì delle relative norme di legge.

L’indicazione di queste ultime non è invero richiesta dall’art. 48 del r.d. 22 gennaio 1934 n. 37 – il quale stabilisce i requisiti della citazione da notificare all’incolpato (ed al pubblico ministero) -, ed al riguardo deve ribadirsi che nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense la contestazione degli addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l’illecito, essendo invece sufficiente che l’incolpato con la lettura dell’imputazione sia posto in grado – come nella specie è avvenuto – di approntare la propria difesa in modo efficace, senza rischi di essere condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli (Cass. sez. un. 10.2.1998 n. 1342 e 18.10.1994 n. 8482).

Diversamente, l’art. 417 lett. b) del codice di procedura penale menziona, tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio, “l’enunciazione del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei relativi articoli di legge”: specificazione, quest’ultima – osserva la Corte – inapplicabile al procedimento disciplinare in questione, non essendo essa richiesta dal citato art. 48.

La ragione giustificatrice di tale diverso modo di disporre risiede in ciò che il menzionato art. 417 è funzionale al principio di legalità, quale enunciato nell’art. 1 cod. pen., il quale non trova invece completa attuazione nel procedimento disciplinare, che viene esercitato nei casi di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale (art. 38 primo comma legge 22 gennaio 1934 n. 36 (NDR: R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 art. 38) di conversione, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578).

D’altra parte nei procedimenti disciplinari contro avvocati si devono seguire, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale, in mancanza delle quali si deve far ricorso alle norme del codice di procedura civile, mentre del codice di procedura penale sono applicabili solo quelle cui la legge professionale fa espresso rinvio, ovvero quelle relative ad istituti che trovano la loro regolamentazione soltanto nel codice anzidetto (da ultimo, in tal senso, Cass. sez. un. 24.2.1998 n. 1988).

4. Il quarto motivo del ricorso investe il merito della controversia e con esso il ricorrente sostiene che egli era in realtà dotato, diversamente da quanto affermato dalla decisione gravata, del potere di transigere la vertenza affidatagli dal proprio cliente, e conseguentemente adduce violazione di legge e travisamento del fatto.

Il motivo è inammissibile: detta decisione, pur dopo avere escluso che l’odierno ricorrente avesse il potere di transigere, gli ha poi addebitato di non avere informato il cliente della intervenuta transazione, di avere incassato l’assegno di lire 5.000.000 versatogli dal debitore a pagamento del compenso professionale, e di avere anche trattenuto la somma di lire 60.000.000, destinata al creditore, fatti, questi, che il Consiglio Nazionale ha qualificato come fonte di gravissima responsabilità.

E poiché tali apprezzamenti, di per sé idonei a sorreggere la decisione, non formano oggetto di censure di sorta, la doglianza, la quale è limitata ad un solo aspetto della questione, è, come detto, inammissibile.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto: decisione, questa, che importa l’assorbimento del quinto motivo, attinente alla richiesta cautelare di sospensione della esecuzione della decisione impugnata.

Non deve provvedersi sulle spese del giudizio di cassazione, stante la soccombenza del ricorrente e la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.
La Corte

rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 3 giugno 1999.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 NOV. 1999


Legge n. 265 del 3.08.1999

LEGGE 3 agosto 1999, n. 265(1).

Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla L. 8 giugno 1990, n. 142 .

Capo I – Revisione dell’ordinamento delle autonomie locali

Art. 1. Autonomia statutaria e regolamentare e partecipazione popolare.

[1. … (2).

2. … (3).

3. … (4).

4. All’articolo 5, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, le parole: «della legge» sono sostituite dalle seguenti: «dei princìpi fissati dalla legge»] (5).

Art. 2. Ampliamento dell’autonomia degli enti locali.

[1. … (6).

2. All’articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «disciplina la» sono sostituite dalle seguenti: «indica i princìpi della»;

b) al comma 4, la parola: «determina» è sostituita dalla seguente: «indica»;

c) al comma 7, le parole: «fissa i criteri e le procedure» sono sostituite dalle seguenti: «indica i criteri e fissa le procedure» e le parole: «per la formazione e attuazione degli atti e degli strumenti della programmazione» sono sostituite dalle seguenti: «per gli atti e gli strumenti della programmazione»] (7).

Art. 3. Partecipazione popolare.

[1. … (8)] (9).

Art. 4. Azione popolare, diritti di accesso e di informazione dei cittadini.

1. [All’articolo 7 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (10).

b) al comma 2, secondo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «, salvo che il comune costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall’elettore»] (11).

2. … (12).

3. [Le associazioni di protezione ambientale di cui all’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L’eventuale risarcimento è liquidato in favore dell’ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell’associazione] (13).

Art. 5. Interventi per lo sviluppo delle isole minori.

[1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita, dai comuni interessati, la Comunità isolana o dell’arcipelago, cui si estendono e le norme sulle comunità montane] (14).

Art. 6. Fusione dei comuni, municipi, unione di comuni.

1. [All’articolo 11 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (15)

b) al comma 4, le parole: «di comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti anche con comuni di popolazione superiore» sono sostituite dalle seguenti: «dei comuni» e le parole: «agli eventuali» sono sostituite dalla seguente: «ai»;

c) il comma 5 è abrogato] (16).

2. [ … (17)] (18).

3. [All’articolo 14, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo la parola: «programmi» sono inserite le seguenti: «da essa proposti»] (19).

4. [ … (20)] (21).

5. [ … (22)] (23).

6. [ … (24)] (25).

7. [L’adozione delle leggi regionali di cui all’articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142, introdotto dal comma 6 del presente articolo, avviene entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Trascorso inutilmente tale termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142. Tale disciplina si applica fino alla data di entrata in vigore della legge regionale] (26).

8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’interno, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta, con proprio decreto, i criteri per l’utilizzo delle risorse di cui all’articolo 31, comma 12, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (27).

Art. 7. Comunità montane.

1. [ … (28)] (29).

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni dispongono, ove occorra o su proposta dei comuni interessati, il riordino territoriale delle comunità montane, verificando l’adeguatezza della dimensione delle comunità montane esistenti, anche rispetto all’attuazione dell’articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l’adeguamento degli statuti alle nuove norme sulla composizione degli organi.

3. Sono abrogati l’articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e il comma 8 dell’articolo 29 della legge 8 giugno 1990, n. 142. In sede di prima applicazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni adeguano, ove occorra, le proprie rappresentanze nelle comunità montane ai sensi del comma 2 dell’articolo 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dal comma 1 del presente articolo. In caso di mancato adeguamento nei termini indicati, l’organo rappresentativo e quello esecutivo sono validamente costituiti dai soli rappresentanti dei comuni aventi titolo ai sensi del medesimo comma 2.

Art. 8. Decentramento comunale. Circondari.

1. [ … (30).

2. … (31).

3. … (32)] (33).

Art. 9. Sede degli uffici delle amministrazioni dello Stato e rapporti tra pubbliche amministrazioni.

1. Quando ragioni di economicità e di efficienza lo richiedono, gli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato possono essere situati nel capoluogo di provincia o in altro comune della provincia.

Art. 10. Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni.

1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge.

2. Al comune che vi provvede spetta da parte dell’amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, una somma determinata con decreto dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell’interno e delle finanze (34).

3. L’ente locale richiede, con cadenza semestrale, alle singole Amministrazioni dello Stato la liquidazione e il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse Amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa. Alla liquidazione e al pagamento delle somme dovute per tutte le notificazioni effettuate per conto della stessa Amministrazione dello Stato provvede, con cadenza semestrale, il dipendente ufficio periferico avente sede nella provincia di appartenenza dell’ente locale interessato. Le entrate di cui al presente comma sono interamente acquisite al bilancio comunale e concorrono al finanziamento delle spese correnti.

4. Sono a carico dei comuni le spese per le notificazioni relative alla tenuta e revisione delle liste elettorali. Le spese per le notificazioni relative alle consultazioni elettorali e referendarie effettuate per conto dello Stato, della Regione e della provincia, sono a carico degli enti per i quali si tengono le elezioni e i referendum. Ai conseguenti oneri si provvede a carico del finanziamento previsto dal decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di cui al comma 8 dell’articolo 55 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

5. … (35).

6. … (36).

7. Ciascuna Amministrazione dello Stato individua l’unità previsionale di base alla quale imputare gli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo entro i limiti delle relative dotazioni di bilancio.

Art. 11. Funzionamento dei consigli e delle giunte comunali e provinciali.

1. [ … (37)] (38).

2. [ … (39)] (40).

3. [ … (41)] (42).

4. [ … (43)] (44).

5. [All’articolo 31, comma 7, della legge 3 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, dopo la parola: «comunale» sono inserite le seguenti: «o provinciale»; dopo le parole: «il sindaco» sono inserite le seguenti: «o il presidente della provincia»] (45).

6. [ … (46)] (47).

7. [ … (48)] (49).

8. [Fino all’adozione delle nuove norme statutarie di cui all’articolo 33, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nel testo modificato dal comma 7 del presente articolo, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri] (50).

9. [All’articolo 34, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall’articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, le parole da: «unitamente» fino alla fine del comma sono soppresse] (51).

10. [ … (52)] (53).

11. [Il comma 3 dell’articolo 34 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituto dall’articolo 16 della legge 25 marzo 1993, n. 81, è abrogato] (54).

12. [ … (55)] (56).

13. È abrogata la legge 13 luglio 1966, n. 611. All’attività di panificazione autorizzata ai sensi della legge 31 luglio 1956, n. 1002, si applicano gli articoli 11, comma 4, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

14. [Al comma 7 dell’articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituito dall’articolo 4, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, sono soppresse le parole: «della spalla destra» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla»] (57).

15. [All’articolo 37 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, al comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «almeno due quinti dei consiglieri assegnati» sono inserite le seguenti: «, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della provincia,»] (58).

16. [ … (59)] (60).

Art. 12. Trasferimento di competenze dal prefetto al sindaco.

1. Sono trasferite al sindaco le competenze del prefetto in materia di informazione della popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all’articolo 36 del regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970, n. 996, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 febbraio 1981, n. 66.

Art. 13. Autonomia organizzativa, ordinamento del personale e disposizioni in materia di bilancio.

1. [ … (61)] (62).

2. Al comma 1 dell’articolo 46 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le parole: «e che al termine del periodo massimo previsto per la chiamata alle armi non sia stato incorporato,» sono soppresse; dopo le parole: «polizia municipale» sono inserite le seguenti: «e delle guardie provinciali»; e dopo le parole: «culturali e ambientali» sono inserite le seguenti: «, ad attività di vigilanza ittico-venatoria in ambito provinciale, per servizi di tutela ambientale e di gestione dei beni culturali di interesse dei comuni».

3. [ … (63)] (64).

4. [ … (65)] (66).

Art. 14. Contratti.

[1. All’articolo 56 della legge 8 giugno 1990, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (67);

b) al comma 1, le parole: «da apposita deliberazione» sono sostituite dalle seguenti: «da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa»] (68).

Art. 15. Interventi nel settore della pubblica istruzione.

1. Gli interventi previsti dall’articolo 1-bis del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, come modificato dall’articolo 1, comma 5, della legge 2 ottobre 1997, n. 340, devono essere completati entro il 31 dicembre 2004 (69) sulla base di un programma, articolato in piani annuali attuativi, predisposto dai soggetti o enti competenti.

2. I soggetti o gli enti di cui al comma 1 rispondono a norma delle vigenti disposizioni nel caso di mancata effettuazione degli interventi di loro competenza previsti nei singoli piani.

3. Ai fini di cui al presente articolo le regioni possono anche autorizzare l’utilizzazione delle eventuali economie comunque rivenienti dai finanziamenti disposti ai sensi delle leggi indicate nel comma 7 dell’articolo 1 della legge 2 ottobre 1997, n. 340. Gli adempimenti di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 29 settembre 1998, n. 382, di competenza degli organi individuati con il decreto 21 giugno 1996, n. 292, del Ministro della pubblica istruzione emanato ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, devono essere completati entro il 31 dicembre 2000.

Capo II – Aree metropolitane

Art. 16. Modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142, in materia di aree e città metropolitane.

[1. … (70)] (71).

Art. 17. Norme transitorie.

1. Previa deliberazione favorevole dei consigli comunali interessati, sono fatti salvi gli atti e i procedimenti posti in essere, ai fini della delimitazione di aree metropolitane e della istituzione di città metropolitane, dalle regioni e dagli enti locali sulla base delle norme vigenti fino alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Le procedure concernenti il riordino territoriale e l’attribuzione di funzioni già iniziate alla data di entrata in vigore della presente legge sono ultimate osservando la disciplina di cui alla legge medesima.

3. [La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della regione, dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell’articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l’esercizio dell’intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112] (72).

Capo III – Disciplina dello status degli amministratori locali

Art.18. Disposizioni generali.

1. [La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi e nei limiti previsti dalla legge] (73).

2. [Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per amministratori si intendono i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento] (74).

3. Per gli amministratori degli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati e finché previsti, la Regione può adeguare la disciplina del relativo status, quanto ai permessi e alle aspettative, ai princìpi e ai criteri contenuti nelle disposizioni di cui al presente capo. Fino all’approvazione delle leggi regionali le regioni possono a richiesta collocare i presidenti, e i vice presidenti ove previsti, in aspettativa non retribuita ai sensi dell’articolo 22, con oneri previdenziali a carico degli stessi Istituti. I componenti dei consigli di amministrazione dei suddetti Istituti possono parimenti richiedere di usufruire dei permessi di cui all’articolo 24, commi 3 e 4.

Art. 19. Condizione giuridica degli amministratori locali.

[1. Gli amministratori di cui all’articolo 18, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.

2. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 1 sia stata dimostrata con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica parziale. Durante l’accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano urbanistico.

3. Il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all’articolo 18, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.

4. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell’assegnazione della sede per l’espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell’ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione] (75).

Art. 20. Termine per la rimozione di cause di ineleggibilità o di incompatibilità.

[1. … (76)] (77).

Art. 21. Modifica all’articolo 6 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960.

[1. All’articolo 6 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole: «chi ricopre la carica di assessore provinciale» sono soppresse] (78).

Art. 22. Aspettative.

[1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 18, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova] (79).

Art. 23. Indennità.

[1. Il decreto di cui al comma 9 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

2. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 9, agli assessori dei comuni capoluogo di provincia con popolazione inferiore a cinquantamila abitanti può essere attribuita l’indennità prevista per i comuni della classe superiore la cui popolazione è da cinquantamila a centomila abitanti, in ordine ai quali si prevede il limite del sessanta per cento per l’indennità degli assessori rispetto all’ammontare delle indennità previste per il sindaco.

3. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 9.

4. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi precedenti non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

5. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

6. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

7. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

8. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

9. La misura minima delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell’interno, adottato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice-sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, comunque non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a 10 mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità, mensile, spettante per ciascun anno di mandato (80).

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 9 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura minima delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 9 con la medesima procedura ivi indicata.

11. Le indennità e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 9, possono essere incrementati o diminuiti con delibera rispettivamente di giunta e di consiglio. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento, di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 9. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario] (81).

Art. 24. Permessi e licenze.

[1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l’intera giornata successiva.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo per la durata del mandato.

3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle conferenze dei capigruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo.

4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a trentamila abitanti.

5. Le assenze dal servizio di cui ai commi precedenti sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dell’ente presso il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui ai commi precedenti. L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il rimborso viene effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.

6. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per l’espletamento del mandato] (82).

Art. 25. Rimborsi spese e indennità di missione.

[1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nonché la indennità di missione alle condizioni previste dall’articolo 1, primo comma, e dall’articolo 3, primo e secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

2. … (83).

3. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

4. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

5. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento] (84).

Art. 26. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative.

[1. L’amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, che si trovino nelle condizioni previste dall’articolo 22, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a cinquantamila abitanti per i presidenti dei consigli provinciali, per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali] (85).

2. [Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico] (86).

3. [L’amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l’indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell’indennità di carica annua da parte dell’ente e per l’eventuale residuo da parte dell’amministratore] (87).

4. [Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724] (88).

5. [I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato] (89).

6. [Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefìci di cui al comma 1 è consentita l’eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro versamento, se precedente la data di entrata in vigore della presente legge, ed entro tre anni se successiva] (90).

7. … (91).

8. Il termine per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 agli amministratori locali e ai componenti dei consigli regionali è fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Sono comunque da considerare valide le basi contributive sulle quali l’INPS abbia, anche solo temporaneamente, accettato il versamento di contributi.

Art. 27. Consigli di amministrazione delle aziende speciali.

[1. Fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 19, comma 1, nell’articolo 22, nell’articolo 24, commi 3 e 4, nell’articolo 25, comma 2, e nell’articolo 26] (92).

Art. 28. Disposizioni finali e norme di abrogazione.

1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane, esercizio associato delle funzioni comunali e di attuazione degli articoli 14 e 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142.

2. La disciplina di cui all’articolo 2 della legge 27 dicembre 1985, n. 816, come autenticamente interpretata dall’articolo 8-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, si applica a tutti i lavoratori dipendenti eletti negli organi esecutivi degli enti locali a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 1985, n. 816.

3. [L’articolo 8 e tutte le altre disposizioni della legge 27 dicembre 1985, n. 816, incompatibili con la normativa introdotta dal presente capo, sono abrogati] (93).

4. Sono abrogati il testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, fatto salvo quanto previsto al comma 5 del presente articolo, l’articolo 279 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, e sono contestualmente abrogate tutte le norme incompatibili con la presente legge.

5. [Le disposizioni degli articoli 125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all’adozione delle modifiche statutarie e regolamentari previste dalla presente legge] (94).

6. [Le disposizioni del presente capo non si applicano alle amministrazioni locali in scadenza entro il 31 dicembre 1999] (95).

7. [Le disposizioni contenute nella presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione] (96).

Capo IV – Norme finali

Art. 29. Modifica alla legge 19 marzo 1990, n. 55.

[1. All’articolo 15-bis, comma 6-quater, della legge 19 marzo 1990, n. 55, le parole: «Le disposizioni di cui al comma 6-ter» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-septies»] (97).

Art. 30. Anagrafe degli amministratori locali.

[1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, la Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell’interno raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali nonché i dati relativi alla tenuta ed all’aggiornamento anche in corso di mandato.

2. L’anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.

3. Per gli amministratori comunali e provinciali non elettivi l’anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori stessi.

4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti nell’anagrafe] (98).

Art. 31. Testo unico in materia di ordinamento degli enti locali.

1. Il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, con decreto legislativo, un testo unico nel quale sono riunite e coordinate le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative. Il decreto è emanato, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno. Si applica, in quanto compatibile, il comma 4 dell’articolo 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50.

2. Il testo unico contiene le disposizioni sull’ordinamento in senso proprio e sulla struttura istituzionale, sul sistema elettorale, ivi comprese l’ineleggibilità e l’incompatibilità, sullo stato giuridico degli amministratori, sul sistema finanziario e contabile, sui controlli, nonché norme fondamentali sull’organizzazione degli uffici e del personale, ivi compresi i segretari comunali.

3. Nella redazione del testo unico si avrà riguardo in particolare, oltre alla presente legge, alle seguenti:

a) testo unico approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;

b) legge 10 febbraio 1953, n. 62;

c) legge 3 dicembre 1971, n. 1102;

d) legge 23 marzo 1981, n. 93;

e) legge 23 aprile 1981, n. 154;

f) legge 27 dicembre 1985, n. 816;

g) legge 8 giugno 1990, n. 142;

h) legge 25 marzo 1993, n. 81;

i) legge 31 gennaio 1994, n. 97;

l) decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;

m) legge 15 marzo 1997, n. 59, e relativi decreti legislativi di attuazione;

n) legge 15 maggio 1997, n. 127.

Art. 32. Occupazione d’urgenza di immobili.

[1. L’amministrazione comunale può disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni, l’occupazione d’urgenza degli immobili necessari per la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi pubblici locali di cui al Capo VII della legge 8 giugno 1990, n. 142. Per le opere ed i lavori di cui al precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell’articolo 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni] (99).

Art. 33. Norma interpretativa.

[1. La disposizione del comma 33 dell’articolo 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127, va interpretata nel senso che sono esclusi dal controllo preventivo di legittimità i regolamenti di competenza del consiglio attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso consiglio. Sono fatti salvi gli effetti dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati successivamente alla data di entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127, e non sottoposti al controllo, nonché degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti] (100).

Art. 34. Disposizioni in materia di personale di custodia e di edifici delle case mandamentali.

1. Salvo quanto previsto dal comma 3 del presente articolo, le case mandamentali esistenti, funzionanti o meno, sono soppresse con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno, sentiti i comuni interessati, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Il personale in servizio presso le case mandamentali soppresse può essere inquadrato, a richiesta dei singoli enti, negli organici dei comuni da cui attualmente dipende, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il personale non inquadrato è posto in disponibilità ai sensi degli articoli 35 e 35-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. Fino al completamento delle procedure di inquadramento o di mobilità e, comunque, non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è corrisposto ai comuni, da parte del Ministero dell’interno, un rimborso annuo posticipato pari all’effettivo onere sostenuto per il trattamento economico e previdenziale del personale sopra indicato. Con decreto del Ministro dell’interno sono definite le modalità di certificazione e di rimborso. Salvo quanto previsto nel primo e nel secondo periodo del presente comma, il personale delle case mandamentali soppresse è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia (101).

3. Le case mandamentali ritenute idonee per condizioni strutturali, capienza ed economicità gestionale mantengono l’attuale destinazione penitenziaria. Il personale delle suddette case mandamentali è inquadrato in soprannumero negli organici del Ministero di grazia e giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.

4. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali soppresse, salvo che appartengano al patrimonio dello Stato, rientrano nella disponibilità dei comuni. Per gli edifici in corso di costruzione, i relativi mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, possono essere utilizzati per il finanziamento delle opere che si rendono necessarie per adeguare detti edifici ad una destinazione d’uso diversa da quella originaria.

5. Gli immobili e le pertinenze delle case mandamentali di cui al comma 3, ivi compresi quelli in costruzione nonché quelli già destinati a case circondariali o sezioni di case circondariali, qualora realizzati con il finanziamento previsto dalla legge 30 marzo 1981, n. 119, o che non appartengono già allo Stato, sono trasferiti senza oneri al patrimonio dello Stato, con decreto interministeriale del Ministero di grazia e giustizia e del Ministero delle finanze e concessi in uso all’Amministrazione penitenziaria. Nel caso di edifici costruiti o in costruzione destinati a sostituire edifici già adibiti a case mandamentali, sono trasferite al patrimonio dello Stato solo le nuove strutture allorché ultimati i lavori. Gli immobili in corso di costruzione a cura dei comuni sono dagli stessi ultimati nell’ambito dei finanziamenti già assentiti dalla Cassa depositi e prestiti e successivamente trasferiti al patrimonio dello Stato.

6. All’onere derivante dall’attuazione del comma 2, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l’anno 1999, e corrispondente incremento dello stato di previsione del Ministero dell’interno per il medesimo anno. Per i successivi esercizi finanziari i fondi saranno assegnati direttamente allo stato di previsione del Ministero dell’interno.

7. All’onere derivante dall’attuazione del comma 3, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con proprio decreto, provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base 5.1.2.2 «Contributo ai comuni per la gestione delle carceri mandamentali» dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l’anno 1999, e corrispondente incremento dell’unità previsionale di base 5.1.1.0 «Funzionamento» del medesimo stato di previsione.

8. La legge 5 agosto 1978, n. 469, è abrogata.

Art. 35. Disposizione finanziaria.

1. All’onere finanziario derivante dall’attuazione della presente legge provvedono gli enti interessati, senza alcun onere per il bilancio dello Stato.

________________________

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 agosto 1999, n. 183, S.O.

(2)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(3)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(4)  Sostituisce l’ultimo periodo all’art. 4, comma 4, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(5)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(6)  Sostituisce l’art. 2, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(7)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(8)  Sostituisce l’art. 6, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(9)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(10)  Sostituisce il comma 1 dell’art. 7, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(11)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(12)  Sostituisce l’art. 23, L. 7 agosto 1990, n. 241.

(13)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(14)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 29 dello stesso decreto.

(15)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 11, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(16)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(17)  Sostituisce l’art. 12, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(18)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(19)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(20)  Aggiunge il comma 3-bis all’art. 24, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(21)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(22)  Sostituisce l’art. 26, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(23)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(24)  Aggiunge l’art. 26-bis alla L. 8 giugno 1990, n. 142.

(25)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(26)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(27)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 1° settembre 2000, n. 318.

(28)  Sostituisce l’art. 28, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(29)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(30)  Sostituisce il comma 4 dell’art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(31)  Sostituisce il comma 5 dell’art. 13, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(32)  Aggiunge il comma 1-bis all’art. 16, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(33)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(34)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 marzo 2000, il D.M. 6 agosto 2003 e il D.M. 3 ottobre 2006.

(35)  Sostituisce il primo comma dell’art. 12, L. 20 novembre 1982, n. 890.

(36)  Aggiunge un comma dopo il quinto all’art. 18, L. 24 novembre 1981, n. 689.

(37)  Aggiunge due periodi alla fine del comma 1 dell’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(38)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(39)  Aggiunge il comma 1-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(40)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(41)  Aggiunge il comma 3-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(42)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(43)  Aggiunge il comma 6-bis all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(44)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(45)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(46)  Aggiunge il comma 7-ter all’art. 31, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(47)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(48)  Sostituisce, con un unico comma, gli originari commi 1 e 2 dell’art. 33, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(49)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(50)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(51)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(52)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 34, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(53)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(54)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(55)  Sostituisce il comma 3 dell’art. 36, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(56)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(57)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(58)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(59)  Aggiunge il comma 2-bis all’art. 38, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(60)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(61)  Inserisce prima del comma 1 il comma 01 all’art. 51, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(62)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(63)  Sostituisce il primo periodo del comma 1 dell’art. 53, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(64)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(65)  Sostituisce il comma 2 dell’art. 55, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(66)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(67)  Sostituisce la rubrica dell’art. 56, L. 8 giugno 1990, n. 142.

(68)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(69)  Per la proroga del termine vedi l’art. 9, D.L. 9 novembre 2004, n. 266.

(70)  Sostituisce il Capo VI della L. 8 giugno 1990, n. 142, originariamente composto dagli artt. da 17 a 21, con gli attuali artt. da 17 a 20.

(71)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(72)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(73)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 77 dello stesso decreto.

(74)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 77 dello stesso decreto.

(75)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 78 dello stesso decreto.

(76)  Aggiunge un comma dopo il quarto, all’art. 7, L. 23 aprile 1981, n. 154.

(77)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(78)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(79)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 81 dello stesso decreto.

(80)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.M. 4 aprile 2000, n. 119.

(81)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 82 dello stesso decreto.

(82)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, gli artt. 79 e 80 dello stesso decreto.

(83)  Sostituisce l’art. 25-ter, D.L. 28 febbraio 1983, n. 55.

(84)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 84 dello stesso decreto.

(85)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(86)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(87)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(88)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(89)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(90)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 86 dello stesso decreto.

(91)  Aggiunge il comma 7-bis all’art. 3, D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564.

(92)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 87 dello stesso decreto.

(93)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(94)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 273, comma 6, dello stesso decreto.

(95)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(96)  Comma abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente comma, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(97)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(98)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(99)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Vedi, ora, l’art. 121 dello stesso decreto. Successivamente il presente articolo è stato nuovamente abrogato dall’art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell’art. 59 dello stesso decreto e dall’art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con la decorrenza indicata nell’art. 59 dello stesso decreto.

(100)  Articolo abrogato dall’art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L’art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, a disposizioni del presente articolo, si intendono effettuate ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

(101)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 11 dicembre 2000.


D.L. n. 261 del 22.07.1999

Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio .

Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 agosto 1999, n. 182.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio;

Visto l’articolo 1, commi 1 e 3, della legge 5 febbraio 1999, n. 25, che ha delegato il Governo a recepire la predetta direttiva 97/67/CE;

Visto il codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, n. 655, che ha approvato il regolamento riguardante i servizi delle corrispondenze e dei pacchi;

Visto il decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1995, n. 166, concernente il regolamento di riorganizzazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni;

Visto il decreto del Ministro delle comunicazioni in data 5 agosto 1997, recante proroga delle concessioni postali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 260 del 7 novembre 1997;

Visto il decreto del Ministro delle comunicazioni in data 31 dicembre 1997, concernente proroga delle concessioni postali relative all’esercizio di casellari privati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 39 del 17 febbraio 1998;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 marzo 1999;

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 luglio 1999;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

Emana il seguente decreto legislativo:

1. Definizioni.

1. La fornitura dei servizi relativi alla raccolta, allo smistamento, al trasporto ed alla distribuzione degli invii postali nonché la realizzazione e l’esercizio della rete postale pubblica costituiscono attività di preminente interesse generale.

2. Ai fini del presente decreto si intendono per:

a) «servizi postali»: i servizi che includono la raccolta, lo smistamento il trasporto e la distribuzione degli invii postali;

b) «rete postale pubblica»: l’insieme dell’organizzazione e dei mezzi di ogni tipo utilizzati dal fornitore del servizio universale che consentono in particolare: a) la raccolta, dai punti di accesso sull’insieme del territorio, degli invii postali coperti dall’obbligo di servizio universale; b) il trasporto e il trattamento di tali invii dal punto di accesso alla rete postale fino al centro di distribuzione; c) la distribuzione all’indirizzo indicato sull’invio (2);

c) «punto di accesso»: ubicazioni fisiche comprendenti in particolare le cassette postali messe a disposizione del pubblico, o sulla via pubblica o nei locali del fornitore del servizio universale, dove gli invii postali sono depositati dai clienti nella rete postale pubblica;

d) «raccolta»: l’operazione di raccolta degli invii postali depositati nei punti di accesso;

e) «distribuzione»: il processo che va dallo smistamento nel centro incaricato di organizzare la distribuzione alla consegna degli invii postali ai destinatari;

f) «invio postale»: l’invio al momento in cui viene preso in consegna dal fornitore del servizio universale; si tratta, oltre agli invii di corrispondenza, di libri, cataloghi, giornali, periodici e similari nonché di pacchi postali contenenti merci con o senza valore commerciale;

g) «invio di corrispondenza»: la comunicazione in forma scritta, anche generata mediante l’ausilio di mezzi telematici, su supporto materiale di qualunque natura che viene trasportato e consegnato all’indirizzo indicato dal mittente sull’oggetto stesso o sul suo involucro, con esclusione di libri, cataloghi, quotidiani, periodici e similari;

h) «pubblicità diretta per corrispondenza»: comunicazione indirizzata ad un numero significativo di persone, definito ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera p), consistente unicamente in materiale pubblicitario o di marketing, contenente lo stesso messaggio ad eccezione del nome, dell’indirizzo e del numero di identificazione del destinatario nonché altre modifiche che non alterano la natura del messaggio, da inoltrare e consegnare all’indirizzo indicato dal mittente sull’invio stesso o sull’involucro. Avvisi, fatture, rendiconti finanziari e altre comunicazioni non identiche non sono considerati pubblicità diretta per corrispondenza. Una comunicazione contenente pubblicità e altro nello stesso involucro non è considerata pubblicità diretta per corrispondenza. Quest’ultima comprende la pubblicità transfrontaliera e quella interna;

i) «invio raccomandato»: servizio che consiste nel garantire forfettariamente contro i rischi di smarrimento, furto o danneggiamento e che fornisce al mittente una prova dell’avvenuto deposito dell’invio postale e, a sua richiesta, della consegna al destinatario;

l) «invio assicurato»: servizio che consiste nell’assicurare l’invio postale per il valore dichiarato dal mittente, in caso di smarrimento, furto o danneggiamento;

m) «posta transfrontaliera»: posta da o verso un altro Stato membro o da o verso un paese terzo;

n) «scambio di documenti»: la fornitura di mezzi, compresa la messa a disposizione di appositi locali e di mezzi di trasporto, da parte di un terzo per consentire la distribuzione da parte degli interessati stessi tramite il mutuo scambio di invii postali tra utenti abbonati al servizio;

o) «fornitore del servizio universale»: l’organismo che fornisce l’intero servizio postale universale su tutto il territorio nazionale;

p) «prestatori del servizio universale»: i soggetti che forniscono prestazioni singole del servizio universale;

q) «autorizzazioni»: ogni permesso che stabilisce i diritti e gli obblighi specifici nel settore postale e che consente alle imprese di fornire servizi postali e, se del caso, creare e gestire reti postali per la fornitura di tali servizi, sotto forma di «autorizzazione generale» «oppure di licenza individuale» definite come segue:

1) per «autorizzazione generale» si intende ogni autorizzazione che non richiede all’impresa interessata di ottenere una esplicita decisione da parte dell’Autorità di regolamentazione prima dell’esercizio dei diritti derivanti dall’autorizzazione indipendentemente dal fatto che questa sia regolata da una «licenza per categoria» o da norme di legge generali e che sia prevista o meno per essa una procedura di registrazione o di dichiarazione;

2) per «licenza individuale» si intende ogni autorizzazione che richiede una previa decisione dell’Autorità di regolamentazione, con la quale sono conferiti diritti ed obblighi specifici ad un’impresa in relazione a prestazioni non riservate rientranti nel servizio universale;

r) «spese terminali»: la remunerazione del fornitore del servizio universale incaricato della distribuzione della posta transfrontaliera in entrata costituita dagli invii postali provenienti da un altro Stato membro o da un paese terzo;

s) «mittente»: la persona fisica o giuridica che è all’origine degli invii postali;

t) «utente»: qualunque persona fisica o giuridica che usufruisce di una prestazione del servizio universale in qualità di mittente o di destinatario;

u) «esigenze essenziali»: le esigenze essenziali sono costituite dalla riservatezza della corrispondenza, dalla sicurezza del funzionamento della rete in materia di trasporto di sostanze pericolose e, nei casi in cui sia giustificato, dalla protezione dei dati, dalla tutela dell’ambiente e dall’assetto territoriale; la protezione dei dati comprende la protezione dei dati personali, la riservatezza delle informazioni trasmesse o conservate nonché la tutela della vita privata.

2. Autorità di regolamentazione.

1. L’autorità di regolamentazione del settore postale è il Ministero delle comunicazioni.

2. In particolare l’autorità di regolamentazione:

a) espleta le competenze attribuitegli dal decreto legge 1° dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71;

b) definisce l’àmbito dei servizi riservati e predispone i controlli atti a garantire che i servizi stessi siano rispettati, adottando, se necessario, specifici provvedimenti al riguardo (3);

c) opera la scelta del fornitore o dei fornitori del servizio universale conformemente alla normativa comunitaria vigente applicabile ai servizi postali al termine del regime transitorio previsto dall’articolo 23 comma 2;

d) verifica il rispetto degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale;

e) determina i parametri di qualità del servizio universale e organizza un sistema di controllo periodico delle prestazioni che compongono il servizio stesso;

f) assicura il rispetto degli obblighi legati alla separazione contabile tra i diversi servizi in relazione all’espletamento del servizio universale;

g) vigila affinché gli accordi relativi alle spese terminali per la posta transfrontaliera intracomunitaria siano improntati ai princìpi seguenti:

1) fissazione delle spese terminali in relazione ai costi di trattamento e di distribuzione della posta transfrontaliera in entrata;

2) collegamento dei livelli di remunerazione con la qualità di servizio fornita;

3) garanzia di spese terminali trasparenti e non discriminatorie;

h) promuove l’adozione di provvedimenti intesi a realizzare l’accesso alla rete postale pubblica in condizioni di trasparenza e non discriminazione;

i) vigila affinché il fornitore del servizio universale faccia riferimento alle norme tecniche adottate a livello comunitario e debitamente pubblicate;

l) accerta che nell’ambito, della gestione del servizio universale siano date pubblicamente agli utenti informazioni sulle caratteristiche dei servizi offerti, in particolare per quanto riguarda le condizioni generali di accesso ai servizi, i prezzi e il livello di qualità;

m) procede al rilascio delle licenze individuali per l’espletamento di prestazioni singole rientranti nel servizio universale nonché delle autorizzazioni generali per l’effettuazione dei servizi che esulano dal campo di applicazione del servizio universale;

n) garantisce il rispetto degli obblighi imposti con le licenze individuali;

o) espleta i controlli nei riguardi dei soggetti titolari di autorizzazioni generali;

p) definisce la nozione di «numero significativo di persone» di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), e ne cura la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

q) provvede all’emissione delle carte valori postali;

r) concorre a determinare la struttura tariffaria ed il metodo di adeguamento delle tariffe;

s) tiene a disposizione le informazioni circa i sistemi di contabilità dei costi applicati dal fornitore del servizio universale e trasmette dette informazioni alla Commissione europea, su richiesta;

t) assicura il rispetto da parte del fornitore del servizio universale dell’obbligo di pubblicazione annuale delle informazioni relative al numero di reclami e al modo in cui sono stati gestiti.

3. Servizio universale.

1. Il servizio universale assicura le prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili a tutti gli utenti (4).

2. Il servizio universale, incluso quello transfrontaliero, comprende:

a) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.

3. Il servizio universale è caratterizzato dalle seguenti connotazioni:

a) la qualità è definita nell’ambito di ciascun servizio e trova riferimento nella normativa europea;

b) il servizio è prestato in via continuativa per tutta la durata dell’anno;

c) la dizione «tutti i punti del territorio nazionale» trova specificazione secondo criteri di ragionevolezza attraverso l’attivazione di un congruo numero di punti di accesso (5);

d) la determinazione del «prezzo accessibile» deve prevedere l’orientamento ai costi in riferimento ad un’efficiente gestione aziendale.

4. Il fornitore del servizio universale garantisce tutti i giorni lavorativi, e come minimo cinque giorni a settimana, salvo circostanze eccezionali valutate dall’autorità di regolamentazione:

a) una raccolta;

b) una distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica o in via di deroga, alle condizioni stabilite dal Ministero delle comunicazioni, in installazioni appropriate.

5. Il servizio universale risponde alle seguenti necessità:

a) offrire un servizio che garantisce il rispetto delle esigenze essenziali;

b) offrire agli utenti, in condizioni analoghe, un trattamento identico;

c) fornire un servizio senza discriminazioni, soprattutto di ordine politico, religioso o ideologico;

d) fornire un servizio ininterrotto, salvo casi di forza maggiore;

e) evolvere in funzione del contesto tecnico, economico e sociale, nonché delle richieste dell’utenza.

5-bis. Il trasferimento di sovvenzioni da parte dell’area dei servizi riservati a quella del servizio universale è autorizzato dall’Autorità di regolamentazione del settore postale qualora, sulla base della separazione contabile certificata, prodotta dal fornitore del servizio universale conformemente a quanto previsto dall’articolo 7, esso risulti strettamente necessario per il soddisfacimento degli obblighi del servizio universale. L’Autorità notifica immediatamente il provvedimento di autorizzazione alla Commissione europea (6).

4. Servizi riservati.

1. Al fornitore del servizio universale, nella misura necessaria al mantenimento dello stesso, possono essere riservati la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna e transfrontaliera, anche tramite consegna espressa, con i seguenti limiti di peso e di prezzo:

a) il limite di peso è di 100 grammi a decorrere dal 1° gennaio 2003; tale limite non si applica se il prezzo è pari o superiore a tre volte la tariffa pubblica per l’invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso;

b) il limite di peso è di 50 grammi a decorrere dal 1° gennaio 2006; tale limite non si applica se il prezzo è pari o superiore a due volte e mezzo la tariffa pubblica per l’invio della categoria di corrispondenza più rapida del primo porto di peso (7).

2. La riserva di cui al comma 1 comprende ciascuna fase in sé considerata.

3. La posta transfrontaliera comprende gli oggetti che fanno parte della riserva da inviare all’estero o da ricevere dall’estero.

4. Relativamente alla fase di recapito, sono compresi tra gli invii di corrispondenza di cui al comma 1 quelli generati mediante utilizzo di tecnologie telematiche, ad esclusione dei servizi di recapito della posta elettronica ibrida a data od ora certa, soggetti ad autorizzazione generale (8).

5. Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1 gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie; per procedure amministrative si intendono le procedure riguardanti l’attività della pubblica amministrazione e le gare ad evidenza pubblica.

5-bis. Nell’ottica di favorire un ulteriore sviluppo del mercato postale, migliorando la qualità dei servizi offerti e preservando il livello occupazionale delle imprese del settore, il fornitore del servizio universale può prorogare gli accordi in essere con operatori privati già titolari di concessione del Ministero delle comunicazioni ai sensi dell’articolo 29, primo comma, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (9).

5. Licenza individuale.

1. L’offerta al pubblico di singoli servizi non riservati, che rientrano nel campo di applicazione del servizio universale, è soggetta al rilascio di licenza individuale.

2. Il rilascio della licenza individuale, tenuto conto della situazione del mercato e dell’organizzazione dei servizi postali, può essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo anche alla qualità, alla disponibilità ed all’esecuzione dei servizi in questione.

3. Il termine per il rilascio della licenza individuale o per il rifiuto è di 90 giorni; in caso di richiesta di chiarimenti o di documenti, il termine è sospeso fino al ricevimento di questi ultimi.

4. Con regolamento del Ministro delle comunicazioni, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinati i requisiti e per il rilascio delle licenze individuali, gli obblighi a carico dei titolari delle licenze stesse, le modalità dei controlli presso le sedi di attività ed, in caso di violazione degli obblighi, le procedure di diffida, nonché di sospensione e di revoca della licenza individuale. Le disposizioni di cui al predetto regolamento garantiscono il rispetto dei princìpi di obiettività, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza (10).

6. Autorizzazione generale.

1. L’offerta al pubblico di servizi non rientranti nel servizio universale, compreso l’esercizio di casellari privati per la distribuzione di invii di corrispondenza, è soggetta ad autorizzazione generale dell’autorità di regolamentazione.

2. Con regolamento del Ministro delle comunicazioni, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati i casi in cui è possibile avviare l’attività contestualmente all’invio all’autorità di regolamentazione della dichiarazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento e gli altri nei quali l’attività può avere inizio dopo 45 giorni dal ricevimento della relativa comunicazione, salvo che sia comunicato il diniego da parte dell’autorità di regolamentazione; in caso di richiesta di chiarimenti o di documenti, il predetto termine è sospeso fino alla ricezione di questi ultimi. L’atto, di assenso, se illegittimamente formato, è annullato salvo che l’interessato provveda, ove possibile, a sanare il vizio entro il termine assegnatogli (11).

3. Con il regolamento di cui al comma 2 sono determinati i requisiti e gli obblighi dei soggetti che svolgono attività sottoposte ad autorizzazione generale, le modalità dei controlli presso le sedi di attività nonché le procedure di diffida, di sospensione e di interdizione dell’attività in caso di violazione degli obblighi.

7. Separazione contabile.

1. Il fornitore del servizio universale, entro il 10 febbraio 2000, è tenuto ad istituire la separazione contabile per ciascun servizio compreso nel settore riservato, da un lato, e per i servizi non riservati, dall’altro, fatti salvi gli obblighi ed i termini di cui all’articolo 2, comma 19, della legge n. 662 del 1996. La contabilità per i servizi non riservati distingue tra quelli che fanno parte del servizio universale e quelli che non ne fanno parte.

2. I sistemi di contabilità imputano i costi a ciascuno dei servizi riservati e non riservati nel seguente modo:

a) imputazione diretta dei costi che possono essere direttamente attribuiti a un servizio particolare;

b) imputazione dei costi comuni, intendendosi per tali quelli che non possono essere direttamente attribuiti a un particolare servizio, come segue:

1) ove possibile, sulla base di un’analisi diretta dell’origine dei costi stessi;

2) se non é possibile un’analisi diretta, le categorie di costi comuni sono imputate per collegamento indiretto con un’altra categoria di costi o gruppo di categorie di costi per i quali è possibile l’imputazione o attribuzione diretta; il collegamento indiretto è basato su strutture di costi comparabili;

3) se non è possibile imputare la categoria dei costi né in modo diretto né in modo indiretto, la categoria dei costi viene attribuita applicando un parametro di assegnazione generale, determinato in base al rapporto fra tutte le spese direttamente o indirettamente attribuite o imputate a ciascuno dei servizi riservati, da un lato, e agli altri servizi, dall’altro.

3. La conformità del sistema di separazione contabile è verificata dalla società incaricata di certificare il bilancio del fornitore del servizio universale. L’autorità di regolamentazione adotta i provvedimenti ritenuti necessari a seguito dei riscontro effettuato ed assicura che sia pubblicata periodicamente una dichiarazione relativa alla conformità.

8. Autoprestazione.

1. È consentita, senza autorizzazione, la prestazione di servizi postali da parte della persona fisica o giuridica che è all’origine della corrispondenza (autoprestazione) oppure da parte di un terzo che agisce esclusivamente in nome e nell’interesse dell’autoproduttore.

9. Scambio di documenti.

1. Il servizio dello scambio di documenti è assoggettato ad autorizzazione generale ed è consentito alle seguenti condizioni:

a) il titolare cura la tenuta del registro degli abbonati, di cui invia copia all’autorità di regolamentazione;

b) gli abbonati effettuano in proprio la consegna dei documenti presso il locale adibito al servizio stesso;

c) il titolare del servizio può gestire più locali e può effettuare, con propri mezzi e previa dichiarazione all’autorità di regolamentazione, lo scambio di documenti fra utenti abbonati a diversi locali facenti capo al medesimo titolare.

10. Fondo di compensazione.

1. È istituito il fondo di compensazione degli oneri del servizio universale. Detto fondo è amministrato dal Ministero delle comunicazioni ed è rivolto a garantire l’espletamento del servizio universale; esso è alimentato nel caso e nella misura in cui i servizi riservati non procurano al fornitore del predetto servizio entrate sufficienti a garantire l’adempimento degli obblighi gravanti sul fornitore stesso.

2. Sono tenuti a contribuire al fondo di cui al comma 1 i titolari di licenze individuali entro la misura massima del dieci per cento degli introiti lordi derivanti dall’attività autorizzata.

3. La determinazione del contributo, secondo princìpi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, è effettuata dall’autorità di regolamentazione sulla base dei costi di una gestione efficiente del servizio universale – con riferimento anche ai costi dei corrispondenti servizi di altri Stati membri dell’Unione europea – che non trovano compensazione con i proventi derivanti dalla gestione dei servizi riservati (12).

4. Il versamento, da effettuare all’entrata del bilancio statale, deve essere assolto entro il 30 settembre dell’anno successivo al quale si riferiscono i dati contabili (13).

5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, con propri decreti, alla riassegnazione ad apposita unità previsionale dello stato di previsione del Ministero delle comunicazioni delle somme di cui al comma 4.

6. Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono disciplinate le modalità di funzionamento del fondo di compensazione (14).

11. Tutela della riservatezza e della sicurezza della rete.

1. Ferme restando le disposizioni concernenti le esigenze essenziali di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u), con uno o più provvedimenti del Ministro delle comunicazioni, di concerto, per quanto di rispettiva competenza, con i Ministri della sanità, dell’ambiente e dei trasporti e della navigazione e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, sono adottate le occorrenti misure volte alla tutela della riservatezza degli invii di corrispondenza, della sicurezza del funzionamento della rete in relazione al trasporto di sostanze pericolose e vietate e della protezione di dati.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a tutti gli operatori che svolgono servizi postali.

12. Qualità del servizio universale.

1. L’autorità di regolamentazione, al fine di garantire un servizio postale di buona qualità, stabilisce, sentito il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, gli standard qualitativi del servizio universale, adeguandoli a quelli realizzati a livello europeo, essenzialmente con riguardo ai tempi di istradamento e di recapito ed alla regolarità ed affidabilità dei servizi. Detti standard sono recepiti nella carta della qualità del servizio pubblico postale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 11 luglio 1995, n. 273, e della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 gennaio 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 43 del 22 febbraio 1994.

2. La qualità per i servizi transfrontalieri intracomunitari è stabilita in conformità agli obiettivi indicati nell’allegato al presente decreto.

3. L’autorità di regolamentazione informa la Commissione europea circa le norme di qualità adottate. L’autorità, in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica, può stabilire deroghe agli obiettivi di qualità, comunicandole alla Commissione predetta ed alle autorità di regolamentazione dei Paesi membri.

4. Il controllo della qualità è svolto dall’autorità di regolamentazione; sulla programmazione della relativa attività è sentito il consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. L’autorità di regolamentazione effettua verifiche su base campionaria delle prestazioni con regolarità avvalendosi di un organismo specializzato indipendente selezionato dall’autorità di regolamentazione nel rispetto della normativa in vigore. Gli oneri inerenti alla verifica ed alla pubblicazione dei risultati sono a carico del fornitore del servizio universale. I risultati sono pubblicati almeno una volta l’anno e, ove necessario, sono prese misure correttive.

13. Tariffe.

1. Le tariffe dei servizi riservati sono determinate, nella misura massima, dall’autorità di regolamentazione, sentito il Nucleo di consulenza per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e in coerenza con le linee guida definite dal CIPE, tenuto conto dei costi del servizio e del recupero di efficienza.

2. I prezzi delle prestazioni rientranti nel servizio universale, che esulano dall’area della riserva, sono determinati, nella misura massima, dall’autorità di regolamentazione in coerenza con la struttura tariffaria dei servizi riservati.

3. Le tariffe ed i prezzi di cui ai commi 1 e 2 sono fissati nel rispetto dei seguenti criteri:

a) essere ragionevoli e permettere di fornire servizi accessibili all’insieme degli utenti;

b) essere correlati ai costi;

c) essere fissati, ove opportuno o necessario, in misura unica per l’intero territorio nazionale;

d) non escludere la facoltà del fornitore del servizio universale di concludere con i clienti accordi individuali;

e) essere trasparenti e non discriminatori (15).

3-bis. Il fornitore del servizio universale è tenuto:

a) ad applicare eventuali prezzi e tariffe speciali e relative condizioni associate in regime di trasparenza e non discriminazione;

b) a operare affinché i prezzi e le tariffe suddetti tengano conto dei costi evitati rispetto a un servizio ordinario coprente la gamma completa dei servizi offerti per raccolta, trasporto, smistamento e consegna degli invii individuali;

c) ad applicare i prezzi e le tariffe nonché le relative condizioni associate nei riguardi di tutti i soggetti che si trovino nelle medesime condizioni;

d) a rendere disponibili gli eventuali prezzi e tariffe speciali anche ai clienti privati in condizioni simili (16).

14. Reclami.

1. Relativamente al servizio universale, compresa l’area della riserva, sono previste dal fornitore del servizio universale, nella carta della qualità di cui all’articolo 12, comma 1, procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, ivi comprese le procedure conciliative in sede locale uniformate ai princìpi comunitari: è fissato anche il termine per la trattazione dei reclami medesimi e per la comunicazione del relativo esito all’utente.

2. Qualora il reclamo non abbia avuto risultato soddisfacente, l’interessato può rivolgersi all’autorità di regolamentazione.

3. Nei casi in cui il fornitore del servizio universale è chiamato a rispondere dei disservizi, è previsto un sistema di rimborso o di compensazione.

4. È fatta salva la facoltà di adire l’autorità giurisdizionale indipendentemente dalla presentazione dei reclami di cui ai commi 1, 2 e 3.

5. Il fornitore del servizio universale pubblica annualmente informazioni relative al numero dei reclami ed al modo in cui sono stati gestiti.

5-bis. Le disposizioni del presente articolo sono estese ai titolari di licenza individuale, i quali sono tenuti a comunicare all’Autorità di regolamentazione del settore postale le procedure elaborate per la trattazione dei reclami degli utenti. L’Autorità può richiedere modifiche alle procedure anzidette (17).

15. Contributi.

1. I titolari di licenza individuale e di autorizzazione generale rimborsano all’autorità di regolamentazione le spese amministrative di istruttoria e per controlli sostenute dall’autorità stessa, aderenti ai costi.

2. Con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono fissate le misure dei contributi ed i relativi aggiornamenti riguardanti gli oneri di cui al comma 1 nonché le modalità di versamento all’entrata del bilancio dello Stato (18).

16. Francatura, franchigie, esenzioni e riduzioni.

1. Gli invii postali rientranti nel servizio universale e nei servizi riservati, per essere avviati alla rete postale pubblica sono debitamente affrancati.

2. Sono abrogati gli articoli 41, 44 e 54 del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156.

3. Sono abrogate tutte le forme di franchigia, di esenzione e di riduzione dei diritti postali, salvo quanto specificamente previsto dalla convenzione postale universale e da accordi internazionali. Restano valide le disposizioni relative alle agevolazioni per le spedizioni postali finalizzate alla propaganda connessa alle consultazioni elettorali.

17. Carte valori.

1. L’emissione di carte valori postali è prerogativa dello Stato.

18. Persone addette ai servizi postali.

1. Le persone addette ai servizi postali, da chiunque gestiti, sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all’articolo 358 del codice penale.

19. Responsabilità.

1. La disciplina della responsabilità per la fornitura del servizio universale è fissata dall’articolo 6 del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156.

2. Per gli operatori diversi dal fornitore del servizio universale si applicano le norme di diritto civile

20. Proprietà degli invii postali.

1. Indipendentemente dalla natura del soggetto che espleta il servizio, la proprietà degli invii postali è del mittente sino al momento della consegna al destinatario.

21. Sanzioni.

1. Il fornitore del servizio universale, in caso di violazioni degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale e dei servizi riservati, è sanzionato con pena pecuniaria amministrativa da euro cinquemilacentosessantaquattro a euro cinquantunomilaseicentoquarantacinque (19).

2. In caso di gravi e reiterate violazioni degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale, l’autorità di regolamentazione, previa diffida, può disporre la revoca dell’affidamento del servizio stesso.

3. Chiunque espleti servizi riservati attribuiti al fornitore del servizio universale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquemilacentosessantaquattro a euro cinquantunomilaseicentoquarantacinque, salvo il caso in cui l’effettuazione del servizio costituisca un fatto occasionale (20).

4. Chiunque espleti servizi rientranti nell’ambito del servizio universale senza aver conseguito la prescritta licenza individuale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro duemilacinquecentottantadue a euro venticinquemilaottocentoventidue (21).

5. Chiunque espleti servizi al di fuori dell’ambito del servizio universale senza aver prodotto la dichiarazione o senza attendere, laddove previsto, il prescritto periodo di tempo è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquecentosedici a euro cinquemilacentosessantaquattro (22).

6. Chiunque violi gli obblighi inerenti alla licenza individuale è punito con sanzione pecuniaria amministrativa da euro millecinquecentoquarantanove a euro quindicimilaquattrocentonovantatre (23).

7. Chiunque violi gli obblighi inerenti alla autorizzazione generale è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da euro cinquecentosedici a euro cinquemilacentosessantaquattro (24).

8. La competenza ad irrogare le sanzioni previste dal presente articolo spetta agli organi del Ministero delle comunicazioni.

22. Norme finali.

1. Ai servizi postali, per quanto non stabilito dal presente provvedimento o da disposizioni speciali, si applicano le norme del codice civile e le altre norme di carattere generale inerenti alle prestazioni di servizi al pubblico.

2. Le condizioni generali di servizio, fissate dal fornitore del servizio universale, sono approvate dal Ministro delle comunicazioni, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di pubblicazione (25).

23. Norme transitorie.

1. Al fornitore del servizio universale, fino al 31 dicembre 2000, sono riservati i servizi di cui all’articolo 4, salvo quanto disposto dal comma 7. Con decorrenza dal 1° gennaio 2001 l’autorità di regolamentazione determina, e successivamente aggiorna con cadenza triennale, l’ambito della riserva, nella misura necessaria al mantenimento del servizio universale, sulla base di periodiche verifiche degli oneri di detto servizio universale gravanti sul fornitore secondo i criteri di separazione contabile di cui all’articolo 7.

2. In sede di prima attuazione, con riferimento all’articolo 14 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, il servizio universale è affidato alla società p.a. Poste Italiane per un periodo, comunque non superiore a quindici anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, da determinarsi dall’autorità di regolamentazione, compatibilmente con il processo di liberalizzazione in sede comunitaria (26).

3. In relazione a quanto disposto dal decreto del Ministro delle comunicazioni 5 agosto 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 7 novembre 1997, le concessioni di cui all’articolo 29, numero 1, del codice postale e delle telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, hanno validità fino al 31 dicembre 2000. Ferme restando le disposizioni del comma 7, le concessioni sono estese all’ambito della riserva di cui all’articolo 4, fatta eccezione per gli invii indicati dal comma 5 di detto articolo 4, nel rispetto delle modalità sancite dall’art. 29, punto 1, del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, e degli articoli 121 e seguenti del regolamento di esecuzione riguardante i servizi delle corrispondenze e dei pacchi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982, n. 655.

4. I concessionari di cui al comma 3 proseguono nei versamenti di quanto da loro dovuto fino al 31 dicembre 2000 secondo le modalità in vigore: le relative somme, comprese quelle versate dal 1° gennaio 1994, rimangono acquisite alla società per azioni Poste Italiane a titolo di contribuzione agli oneri del servizio universale.

5. La società Poste Italiane può realizzare accordi con gli operatori privati, anche dopo la scadenza delle concessioni di cui all’art. 29, punto 1, del codice postale e delle telecomunicazioni, al fine di ottimizzare i servizi, favorendo il miglioramento della qualità dei servizi stessi anche attraverso l’utilizzazione delle professionalità già esistenti.

6. I titolari delle concessioni di cui all’articolo 29, numero 2 del codice postale e delle telecomunicazioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, possono continuare ad avvalersi della concessione, secondo le modalità dettate dal comma 4, per un periodo di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

7. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 4 per gli invii di corrispondenza generati telematicamente, in ordine alla fase di recapito, e per la posta transfrontaliera, gli invii postali, non facenti parte dell’esclusività postale secondo la disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto, sono esclusi dall’area di riserva di cui all’articolo 4 fino alla individuazione, da parte dell’Autorità di regolamentazione, degli invii la cui inclusione nella riserva si rende necessaria sulla base della verifica degli oneri di servizio universale gravanti sul fornitore secondo i criteri di separazione contabile di cui all’articolo 7, e comunque per un periodo non inferiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L’autorità di regolamentazione si pronuncia entro il 31 dicembre 1999 ovvero entro quattro mesi dalla data di presentazione da parte della società Poste Italiane dei dati necessari ad effettuare la verifica degli oneri del servizio universale.

24. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


Allegato

Norme di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria

L’obiettivo di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria è definito in funzione della durata media di instradamento degli invii della più rapida categoria normalizzata, calcolato da punto a punto [1] secondo la formula D + n, dove D rappresenta la data di deposito [2] e n il numero dei giorni lavorativi trascorsi tra tale data e quella di consegna al destinatario.

Obbiettivi di qualità per la posta transfrontaliera intracomunitaria

Durata media                         Obiettivo

D + 3                                      85% degli invii

D + 5                                      97% degli invii

Gli obiettivi devono essere raggiunti per l’insieme dei flussi nell’ambito del traffico intracomunitario globale e per ciascun flusso bilaterale tra due Stati membri.

[1] Il tempo di instradamento calcolato da punto a punto è il tempo che trascorre tra il momento di accesso alla rete e il momento di consegna al destinatario.

[2] La data di deposito da prendere in considerazione è la data del giorno stesso del deposito dell’invio, se il deposito ha avuto luogo prima dell’ultima levata indicata per il punto di accesso alla rete in questione.

Qualora il deposito venga effettuato dopo quest’ora limite, la data del deposito da prendere in considerazione è quella del giorno successivo.


(2) Vedi, anche, il D.M. 7 ottobre 2008.

(3)  Lettera così sostituita dall’art. 1, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(4)  Comma così modificato dall’art. 2, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(5) Vedi, anche, il D.M. 7 ottobre 2008.

(6)  Comma aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(7)  Comma così sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(8) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384, come rettificato dal Comunicato 17 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 17 febbraio 2004, n. 39).

(9) Comma aggiunto dal comma 303 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(10)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 4 febbraio 2000, n. 73.

(11)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 4 febbraio 2000, n. 75.

(12)  Per la misura del contributo previsto dal presente comma vedi, per l’anno 2000, la Delib. 1° agosto 2001; per l’anno 2001, la Delib. 18 luglio 2002; per l’anno 2002, la Del.Min. 10 settembre 2003; per l’anno 2003, la Del.Min. 30 luglio 2004; per l’anno 2004, il D.M. 29 luglio 2005; per l’anno 2005, il D.M. 2 agosto 2006; per l’anno 2006, il D.Dirett. 3 agosto 2007; per l’anno 2007, il D.Dirett. 11 luglio 2008.

(13)  Comma così modificato dall’art. 5, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(14)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 17 novembre 2000.

(15)  In merito alla tariffazione per la spedizione degli invii di corrispondenza vedi il D.M. 26 aprile 2001 e il D.M. 12 maggio 2006. Per la spedizione dei pacchi nell’interno della Repubblica vedi la Del.Min. 18 aprile 2001 e la Del.Min. 16 dicembre 2004.

(16)  Comma aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(17)  Comma aggiunto dall’art. 7, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(18)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 20 aprile 2000.

(19)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(20)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(21)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(22)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(23)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(24)  Comma così modificato dall’art. 8, D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384.

(25)  Le condizioni generali del servizio postale sono state approvate con D.M. 9 aprile 2001 e con D.M. 1° ottobre 2008.

(26)  Con D.M. 17 aprile 2000 è stata confermata la concessione del servizio postale alla Società poste italiane S.p.a.


Cass. civ. Sez. lavoro, 05-10-1998, n. 9875

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Alberto EULA Presidente

Dott. Vincenzo MILEO Rel. Consigliere

Dott. Giovanni MAZZARELLA Consigliere

Dott. Attilio CELENTANO Consigliere

Dott. Guido VIDIRI Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

DITTA ALPI DI VITTORIO RANDACCIO, in persona del titolare, elettivamente domiciliata in ROMA VIA LUCREZIO CARO 12, presso lo studio dell’avvocato LORENZO NARDONE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Ricorrente

Contro

PREFETTURA DI TERNI, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

Controricorrente

avverso la sentenza n. 159/95 del Pretore di ORVIETO, depositata il 03/10/95 R.G.N. 194/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/95 dal Consigliere Dott. Vincenzo MILEO;

udito l’Avvocato BARBIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio BUONAIUTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
A seguito di opposizione proposta dalla Ditta Alpi di Randaccio Vittorio avverso l’ordinanza – ingiunzione emessa dal Prefetto di Terni a suo carico in data 15.11.94 e notificata il 16.2.1995, il Pretore di Orvieto, con sentenza del 3 ottobre 1995, dichiarava inammissibile detta opposizione perché tardiva, in quanto formulata oltre il termine di 30 giorni dalla notificazione, come previsto dalla legge, ritenendo valido tale atto siccome ritualmente effettuato ai sensi dell’art. 139, 2° comma, Cod. Proc. Civile.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la soccombente, ancorandolo ad un solo motivo.

Resiste la convenuta con controricorso.

Motivi della decisione
Con l’unico mezzo di impugnazione la ricorrente, denunciando falsa applicazione dell’art. 139, 2° comma, Cod. Proc. Civile, in relazione all’art. 360, n. 3, stesso codice di rito, censura la sentenza del Pretore, che considera errata per aver ritenuta valida la notifica dell’ingiunzione eseguita ai sensi dell’art. 139, cpv, C.P.C., e pertanto tardiva ed inammissibile la conseguente opposizione, perché effettuata oltre il trentesimo giorno fissato a pena di decadenza dall’art. 22 legge n. 689/1989 (NDR: così nel testo), a decorrere dalla data della stessa notificazione; laddove il soggetto qualificatosi dipendente della Ditta in realtà non aveva alcun rapporto con questa, pur trovandosi all’interno dei locali dell’Azienda, e non era neppure addetto alla ricezione della corrispondenza, in quanto dipendente, come provato, unicamente di altra Ditta con sede negli stessi locali.

Il motivo è infondato.

In tema di notificazione con consegna dell’atto a mani di persona qualificatasi dipendente del destinatario, o comunque addetta all’Azienda od allo studio del predetto, alla stregua delle dichiarazioni rese dalla medesima all’ufficiale notificatore e da quest’ultimo riportate nella realtà, l’intrinseca veridicità di tali dichiarazioni – e la conseguente validità della notificazione – non può essere contestata sulla base del difetto di un rapporto di dipendenza tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista un rapporto tra consegnatario e destinatario, idoneo a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto. E, del pari, va rilevato che, quando dalla medesima relata risulti che la notifica dell’atto sia stata eseguita al destinatario – imprenditore o professionista – presso la sua sede, mediante consegna ad un soggetto in essa rinvenuto, deve presumersi che il medesimo sia incaricato alla ricezione degli atti diretti allo stesso destinatario.

Conseguentemente tali presunzioni non possono essere superate dalla circostanza, provata a posteriori, che la persona che aveva sottoscritto l’avviso di ricevimento lavorava, sia pure nella predetta sede, alle esclusive dipendenze altrui; ma, per vincerle ai fini della pretesa nullità dell’atto, occorre provare che il consegnatario, oltre a non essere un dipendente del destinatario, non era neanche addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell’interesse del predetto, come sintomaticamente si evince dall’art. 139, 2° comma, che fa genericamente riferimento alla qualifica di “addetto” e non di “dipendente”- Sicché correttamente è stato osservato dal giudice di merito che non rileva in senso contrario il fatto che successivamente, da altro professionista od imprenditore titolare di uno studio o sede comune a quello del destinatario dell’atto, sia stata rilasciata una dichiarazione attestante che all’epoca della notificazione la persona che aveva sottoscritto l’avviso di ricevimento lavorava alle sue esclusive dipendenze – Tanto più, poi, ove si consideri che nella specie tale presunzione risulta ampiamente avvalorata dalla circostanza, emergente per tabulas, che l’atto – notifica ha raggiunto il suo scopo, ai sensi e per gli effetti del disposto dell’ultimo comma dell’art. 156 C.P.C., stante l’avvenuta consegna di colui che lo ha ricevuto all’effettivo destinatario, come si evince inequivocabilmente dalla opposizione di costui all’ingiunzione. Né, in ultimo, ai fini della ammissibilità della opposizione non tempestivamente formulata, il destinatario può sostenere in questa sede che l’atto – notifica gli fu recapitato tardivamente, in quanto, a parte la contraddittorietà con la precedente linea difensiva, egli, per giovarsi di siffatta tesi, avrebbe dovuto provare adeguatamente non solo la assoluta estraneità del soggetto consegnatario nei confronti dell’Azienda, ma anche, e soprattutto, la tardività della consegna dell’atto ad esso destinatario, quale eccezione in senso tecnico ex art. 2697 cpv. Codice Civile; laddove su quest’ultimo punto il difetto probatorio è assoluto e pertanto, anche sotto questo profilo, si deve presumere che l’atto di notifica abbia raggiunto tempestivamente lo scopo cui era diretto.

In definitiva, attesa la corretta applicazione della norma di cui all’art. 139 cpv. Cod. Proc. Civile effettuata dal Pretore, la sentenza impugnata non appare inficiata da nessuno dei vizi prospettati in gravame.

Il ricorso va, conseguentemente, rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 Cod. Proc. Civile, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte;

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in L. 16.500, oltre all’onorario difensivo, liquidato il L. 2.500.000 (Duemilionicinquecentomila).

Così deciso in Roma il giorno 11 febbraio 1998.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 5 OTTOBRE 1998


Corte cost., (ud. 22-09-1998) 23-09-1998, n. 346

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, secondo, terzo e quarto comma (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promossi con ordinanze emesse il 28 settembre 1996 dal Pretore di Lucca nel procedimento civile vertente tra Brucia Baldassarre ed il Comune di Lucca, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1997, ed il 22 aprile 1997 dalla Corte d’Appello di Milano nel procedimento civile vertente tra la ICIT s.a.s. e la Officine di Seveso s.p.a. ed altra, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Data l’identità della materia, le questioni sollevate dalle ordinanze del Pretore di Lucca e della Corte di Appello di Milano vanno riunite per essere decise con unica sentenza.

2. – Il Pretore di Lucca denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, secondo, terzo e quarto comma, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui detta norma non prevede che il destinatario della notifica effettuata a mezzo posta, dopo l’avviso lasciato presso la sua abitazione, ufficio o azienda, riceva notizia delle attività compiute per raccomandata a.r., così come previsto dall’art. 140 del codice di procedura civile per il caso di notifica effettuata personalmente dall’ufficiale giudiziario.

3. – La Corte di Appello di Milano dubita, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale del medesimo art. 8 della legge n. 890 del 1982 citata, secondo e terzo comma, nella parte in cui prevede che il piego, notificato per compiuta giacenza dopo il decimo giorno dalla data di deposito presso l’ufficio postale, venga restituito al mittente senza che il destinatario sia messo in grado di conoscere tipo, natura, provenienza e contenuto dell’atto che gli è stato notificato.

4. – La prima questione è fondata, nei limiti di seguito precisati.

4.1. – Nel sistema delineato dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, l’ufficiale giudiziario può utilizzare il servizio postale per la notificazione di tutti gli atti in materia civile, amministrativa e penale, salvo che l’autorità giudiziaria disponga, o la parte richieda, che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, primo comma). In materia civile e amministrativa, inoltre, egli deve sempre avvalersi del servizio postale per le notificazioni da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l’ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita personalmente (art. 1, secondo comma). Salva la richiesta del notificante di eseguire la notificazione personalmente, l’ufficiale giudiziario ha dunque la facoltà – e talvolta l’obbligo – di utilizzare il servizio postale.

4.2. – In caso di assenza del destinatario di una notificazione a mezzo posta (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 prevede che l’agente postale depositi il piego nell’ufficio postale, rilasciando avviso al destinatario “mediante affissione alla porta d’ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda”, e che di tutte le formalità eseguite e del deposito nonché dei motivi che li hanno determinati sia fatta menzione sull’avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall’agente postale, è unito al piego (secondo comma). Trascorsi dieci giorni dalla data del deposito senza che il piego sia stato ritirato dal destinatario, il piego stesso viene restituito al mittente, unitamente all’avviso di ricevimento, con l’indicazione “non ritirato” (terzo comma). La notificazione si ha per eseguita decorso il suddetto termine di dieci giorni dal deposito (quarto comma).

4.3. – Ora, se rientra nella discrezionalità del legislatore la conformazione degli istituti processuali e, quindi, la disciplina delle notificazioni, un limite inderogabile di tale discrezionalità è rappresentato dal diritto di difesa del notificatario. Deve pertanto escludersi che la diversità di disciplina tra le notificazioni a mezzo posta e quelle personalmente eseguite dall’ufficiale giudiziario possa comportare una menomazione delle garanzie del destinatario delle prime.

Per l’ipotesi di notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario, l’art. 140 del codice di procedura civile impone a quest’ultimo di dare comunicazione al destinatario, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, del compimento delle formalità indicate (deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione, dell’azienda o dell’ufficio). E ciò allo scopo di garantire che il notificatario abbia una effettiva possibilità di conoscenza dell’avvenuto deposito dell’atto, ritenendosi evidentemente insufficiente l’affissione del relativo avviso alla porta d’ingresso o la sua immissione nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’azienda o dell’ufficio ed individuandosi nella successiva comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento lo strumento idoneo a realizzare compiutamente lo scopo perseguito. Una disposizione siffatta – pur se compatibile con la specificità propria del mezzo postale – manca invece nella disciplina censurata che, pertanto, risulta, al tempo stesso, priva di ragionevolezza e lesiva della possibilità di conoscenza dell’atto da parte del notificatario e, quindi, del diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione.

E ciò senza considerare che le insufficienti garanzie di conoscibilità che presenta per il notificatario la notificazione a mezzo del servizio postale derivano, in ultima analisi, dalla scelta del modo di notificazione effettuata da soggetti, l’ufficiale giudiziario e il notificante, privi di qualsivoglia interesse alla conoscibilità dell’atto da parte del notificatario: il solo notificante, infatti, può richiedere all’ufficiale giudiziario di effettuare la notifica personalmente e, qualora ciò non faccia, l’ufficiale giudiziario può, a sua discrezione, scegliere l’uno o l’altro modo di notificazione.

4.4. – L’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di assenza del destinatario (e di rifiuto, mancanza, inidoneità o assenza delle altre persone abilitate a ricevere l’atto), sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento del compimento delle formalità prescritte.

5. – Anche la questione sollevata dalla Corte di appello di Milano è fondata nei limiti di seguito precisati.

5.1.- La funzione propria della notificazione è quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio del diritto di difesa. Compete naturalmente al legislatore, nel bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, determinare i modi attraverso i quali tale scopo possa realizzarsi individuando altresì i rimedi per evitare che il diritto di agire in giudizio del notificante sia paralizzato da circostanze personali – come ad esempio l’assenza dalla abitazione o dall’ufficio – riguardanti il destinatario della notificazione. I termini di tale bilanciamento di interessi possono naturalmente essere i più vari come emerge dalle soluzioni adottate in alcuni degli ordinamenti processuali europei a noi più vicini per cultura e tradizione.

5.2. – Ciò premesso, non sembra in ogni caso potersi dubitare che la discrezionalità del legislatore incontri un limite nel fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli. È opportuno, altresì, sottolineare che la questione di cui si tratta non concerne in alcun modo l’individuazione del momento perfezionativo della notificazione (in relazione al quale dispone il quarto comma del citato art. 8) bensì la legittimità della norma che dispone la restituzione al mittente del piego non ritirato dal destinatario entro i dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale (art. 8, terzo comma).

Disposizione quest’ultima che, in un contesto sociale ben diverso da quello esistente all’epoca della sua emanazione, risulta gravemente pregiudizievole per il notificatario, il quale – nel caso (oggi non certo infrequente, specie nel periodo estivo) di assenza dall’abitazione, dall’azienda o dall’ufficio che si protragga per oltre dieci giorni e di mancanza delle persone indicate al secondo e terzo comma dell’art. 7 della legge n. 890 del 1982 citata – non è più posto in condizioni di ritirare il piego, diversamente da quanto si verifica per il destinatario di una notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile, e si trova perciò in una situazione di impossibilità o comunque di notevole difficoltà di individuazione dell’atto notificatogli (talvolta provocata dal notificante, mediante la scelta dell’epoca della notifica e la mancata richiesta di notificazione personale da parte dell’ufficiale giudiziario) tale da potergli in concreto precludere ogni effettiva possibilità di difesa.

Anche in tal caso, non si tratta dunque di sostituirsi al legislatore nell’individuare uno dei possibili correttivi alla disciplina delle notificazioni a mezzo posta, bensì di rimuovere una previsione (quella di restituzione del piego al mittente dopo il decorso di un termine del tutto inidoneo, per la sua brevità, a garantire l’effettiva possibilità di conoscenza) lesiva del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non presente nella parallela disciplina codicistica delle notificazioni a mezzo di ufficiale giudiziario e non connaturata, quanto meno nella sua dimensione temporale, alla specificità del mezzo postale.

Il legislatore, nella sua discrezionalità, sarà quindi libero di adeguare la disciplina delle notificazioni a mezzo posta (per il caso di assenza del destinatario) a quella dettata dall’art. 140 del codice di procedura civile (che non prevede affatto la restituzione dell’atto al mittente) ovvero di stabilire regole diverse: il limite della discrezionalità sarà rappresentato esclusivamente dal diritto di difesa del destinatario, in relazione al quale deve ritenersi illegittima qualsiasi disciplina che, prevedendo la restituzione del piego al mittente dopo un termine di deposito eccessivamente breve, pregiudichi la concreta possibilità di conoscenza del contenuto dell’atto da parte del destinatario medesimo.

5.3. – La mancata restituzione del piego al mittente dopo il decimo giorno di giacenza non solo non incide – come già si è visto – sull’individuazione del momento perfezionativo della notificazione, ma nemmeno pregiudica l’interesse del notificante alla tempestiva formazione della prova dell’avvenuta notifica che ben può essere fornita, indipendentemente dal piego, dall’avviso di ricevimento, da restituirsi al mittente in raccomandazione e mediante il quale questi potrà dimostrare la regolarità della notificazione.

5.4.- L’art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, va pertanto dichiarato illegittimo nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

riuniti i giudizi,

a) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

b) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 settembre 1998.


Cass. civ. Sez. I, 12-05-1998, n. 4762

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Vincenzo FERRO Presidente

” Mario Rosario MORELLI Consigliere

” Massimo BONOMO Rel. “

” Salvatore DI PALMA “

” Luigi MACIOCE “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ROMOLO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA F. CRISPI 89, presso l’avvocato LEONE PONTECORVO, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;

Ricorrente

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Controricorrente

avverso la sentenza n. 1337/96 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 15/04/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/97 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;

udito per il ricorrente, l’Avvocato Pontecorvo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Stefano SCHIRÒ che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo, assorbimento degli altri due motivi del ricorso.

Svolgimento del processo
L’Ufficio Distrettuale delle II.DD di Roma, con avvisi di accertamento nn. 1414 e 1415, rideterminava, in rettifica, le dichiarazioni dei redditi della Romolo s.r.l. relative agli anni 1982 e 1983, a fini IRPEG e ILOR elevando il reddito imponibile ivi denunciato.

Gli atti di accertamento in questione venivano notificati, dopo un infruttuoso tentativo effettuato nella sede sociale, presso la residenza dell’amministratore della società, tale Bruno Brunori, a norma dell’art. 60 d.p.r. 600/73, in relazione all’art. 140 c.p.c..

Successivamente, non essendo stata proposta impugnazione avverso gli atti di accertamento in questione, i tributi, nella maggiore entità stabilita, venivano iscritti a ruolo, unitamente agli accessori di legge (sanzioni, interessi).

Con atto notificato in data 14 settembre 1989, la società Romolo proponeva ricorso avverso il ruolo dinanzi alla Commissione tributaria di I° grado, sostenendo di non aver mai avuto notizia degli atti di accertamento in questione. La detta Commissione, con pronuncia del 27 giugno – 19 settembre 1990, in accoglimento del ricorso, riteneva l’illegittimità dell’effettuata notificazione, rilevandone la nullità perché non erano state effettuate indagini svolte al fine di rinvenire la sede della società ovvero non se ne era dato compiutamente nella relazione di notifica: in particolare, avendo la società Romolo documentato di essere proprietaria dell’intero stabile di via E. Torelli Violler n. 109, che tutti gli abitanti dei singoli appartamenti erano suoi inquilini, che la portiera dello stabile era sua dipendente, ne derivava che il messo notificatore non aveva espletato con diligenza il suo compito, dato che, interpellando le persone abitanti nello stabile e, in particolare, la portiera, avrebbe potuto individuare la sede sociale o, per lo meno, avrebbe potuto ottenere utili notizie per la prosecuzione del procedimento notificatorio. Sarebbe, poi, stata inverosimile l’impossibilità di notificazione nella residenza del rappresentante legale per mancanza di qualsiasi consegnatario, compresi i vicini di casa. Il procedimento notificatorio, alla stregua di tale decisione, era stato pertanto, dirottato dalla sede della società alla residenza del suo rappresentante senza la precostituzione della prova della legittimità del dirottamento, mentre non sarebbe risultata provata, con le relazioni apposte sugli avvisi, la situazione presupposto che attribuisce la legittimazione a ricevere al consegnatario simbolico casa comunale. Le notifiche, in ogni caso, sarebbero ugualmente nulle, essendo risultato che al rappresentante legale della società era stata inviata una sola comunicazione raccomandata, relativa ad ambedue gli a avvisi di accertamento, senza che fosse specificato, in violazione dell’art. 48 disp. att. c.p.c., a quale dei due atti si riferisse il deposito. La rilevata nullità della notifica aveva, pertanto, comportato l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo delle imposte relative.

Avverso tale decisione, il Ministero proponeva appello dinanzi alla commissione tributaria di secondo grado.

Anche tale ricorso veniva, peraltro, respinto con decisione del 28.9/12.10.1992, avverso la quale il Ministero proponeva impugnazione dinanzi alla corte di appello, a norma dell’art. 40 d.p.r. 636/72.

Costituitasi in giudizio, la società Romolo chiedeva che l’impugnazione fosse dichiarata inammissibile, per essere stata proposta ancora in pendenza del termine per ricorrere alla commissione centrale, secondo la proroga dipendente dalla sospensione ex lege (art. 3, comma 2 d.l. 23.1.1993 n. 16) dei procedimenti tributari in corso, disposta al fine di usufruire dell’ampliamento dei termini per usufruire del c.d. “condono fiscale”. In ogni caso, chiedeva il rigetto del gravame, richiamando le ragioni poste a fondamento delle decisioni già emesse.

Con sentenza del 1° dicembre 1995 – 15 aprile 1996, la Corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame proposto dal Ministero, dichiarava inammissibile il ricorso proposto contro l’iscrizione a ruolo.

Osservava la Corte:

a) che doveva respingersi l’eccezione concernente la sospensione dei processi tributari, la quale non si applica alle controversie che presentano carattere di definitività, per le quali era esclusa la possibilità di usufruire del condono, ai sensi dell’art. 32 della legge 30 dicembre 1991 n. 32;

b) che nella specie non v’era dubbio sulla definitività dei termini della lite, la cui conclusione non avrebbe potuto portare che a una conferma dei dati dichiarati dal contribuente, ovvero al pieno accoglimento delle indicazioni fornite dall’ufficio, non essendo, da un lato, rinnovabile l’accertamento per scadenza dei relativi termini e non essendo possibile, dall’altro, per lo stesso motivo, rimettere in discussione ragioni di merito relative all’entità dell’accertamento che, se legittimo, non potrebbe più essere modificato;

c) che il procedimento di notifica degli avvisi di accertamento – tentativo di notifica presso la sede della società e, quindi, notifica ex art. 140 c.p.c. presso la residenza anagrafica del rappresentante legale della stessa – era stato corretto, in quanto pienamente aderente alle prescrizioni dettate dall’art. 145 c.p.c. in tema di notifiche a società;

d) che le operazioni di notifica, essendo assistite da fede privilegiata, potevano essere contestate solo mediante proposizione di querela di falso;

e) che le circostanze della proprietà dell’intero immobile e l’inverosimiglianza del mancato rinvenimento del Brunori o di altri soggetti, tra i quali il portiere, non costituivano elementi idonei a dimostrare una condotta negligente da parte del messo;

f) che non determinava nullità della notifica l’avvenuto invio di una sola raccomandata relativa ad ambedue gli atti di accertamento, quale ultimo adempimento richiesto dall’art. 140 c.p.c..

Avverso la sentenza della Corte d’appello la società Romolo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria.

Il Ministero delle Finanze ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
1. Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione dell’art. 40 del D.P.R. 26.10.1972 n. 636, in relazione all’art. 3, comma 2, del D.L. 23.1.1993 n. 16 (convertito in legge 24.3.1993 n. 75) ed agli artt. 32 e seguenti della legge 30.12.1991 n. 413.

La Corte di appello aveva ritenuto non applicabile nella specie la sospensione dei termini di impugnazione fino al 20 giugno 1993, prevista dal citato art. 3 del d.l. n. 16 del 1993, modificato dalla legge di conversione, che aveva invece comportato l’improponibilità dell’impugnazione alla Corte di appello, poiché essa era stata introdotta, in violazione della prescrizione contenuta nell’art. 40 citato, quando non era ancora decorso il termine per la proposizione dell’impugnazione alla Commissione tributaria centrale. La Corte di merito, dopo aver esattamente rilevato che la sospensione riguardava soltanto i casi in cui era applicabile il condono, aveva erroneamente ritenuto che l’apparente definitività del rapporto tributario, derivante dalla mancata impugnazione degli accertamenti, determinasse comunque – in presenza di un ricorso contro il ruolo, con cui si era contestata la legittimità della notificazione degli accertamenti – una situazione di definitività, tale da precludere l’accesso al condono.

La stessa amministrazione aveva invece riconosciuto in alcune circolari, una delle quali specificamente riferita al condono del 1991 che la dichiarazione integrativa semplice, o con effetto automatico, era valida anche nel caso in cui si ricorreva contro il ruolo o l’avviso di mora eccependo la mancata notifica dell’avviso di accertamento, pur se tale validità dipendeva dall’esito del contenzioso.

Secondo il contribuente, la situazione di definitività del rapporto tributario, preclusiva del condono, si sarebbe creata solo in caso di rigetto del ricorso contro il ruolo, e non anche in caso di accoglimento, poiché un accertamento riconosciuto come mai notificato avrebbe consentito una domanda di condono “in assenza di accertamento”, integrativa semplice o “tombale”.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 148, c.p.c., in relazione agli artt. 145 e 140 c.p.c., all’art. 60, comma 1, del D P.R. 29.9.1973 n. 600 e all’art. 2700 cod. civ., nonché insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

Assolutamente carenti erano sia la relazione di notifica nei confronti della società – in cui non era stato precisato quali fossero state le ricerche in base alle quali i nominativi erano risultati sconosciuti e presso chi esse fossero state effettuate – sia la relazione di notifica nei confronti del legale rappresentante, nella quale, dopo la constatazione dell’assenza del dott. Brunori dalla sua residenza anagrafica, non si era data la benché minima nozione delle operazione compiute per accertare la pretesa irreperibilità del destinatario. In entrambe le notifiche si era fatto uso di timbretti.

La Corte di appello aveva affermato che la relata avrebbe succintamente descritto le operazioni eseguite in sede di notifica, mentre in realtà vi era un’assoluta assenza di indicazioni descrittive sul punto, ed aveva inoltre erroneamente richiamato la necessità di contestare le operazioni con querela di falso, non tenendo conto del fatto che la società Romolo aveva contestato non che il messo notificatore avesse effettivamente compiuto indagini, bensì che delle compiute indagini avesse dato specificamente atto nella relazione di notificazione, consentendo così la verifica della regolarità del procedimento, il che non aveva nulla a che vedere con la querela di falso.

La necessità di ricorrere a querela di falso non sussiste né nei confronti di circostanze non percepite direttamente dal notificatore, ma venute a conoscenza del medesimo attraverso dichiarazioni di terzi, né quando manchino gli elementi essenziali della relazione di notificazione, a norma dell’art. 148 c.p.c., verificandosi in tal caso la nullità della notificazione.

La lamentata mancata specificazione delle “ricerche” appariva tanto più grave, risultando difficilmente credibile che la società Romolo fosse sconosciuta presso uno stabile di cui era proprietaria da moltissimi anni, nel quale tutti gli abitanti erano suoi locatari e la portiera era alle sue dirette dipendenze.

Presso quelle sede erano stati invece regolarmente notificati sia la cartella esattoriale di pagamento che l’atto di citazione dinanzi alla Corte di appello.

3. Il terzo motivo esprime una doglianza di violazione dell’art. 140 c.p.c., nonché di insufficiente motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia.

La Corte di appello aveva erroneamente statuito che la spedizione di un unico avviso per raccomandata ex art. 140 c.p.c., pur in presenza di due avvisi di accertamento, non viziasse il procedimento di notificazione.

Tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c., compresa, quindi, la spedizione dell’avviso per raccomandata, sono essenziali e la Corte di Cassazione aveva ritenuto nulla la notificazione di più atti di accertamento conclusasi con la spedizione di un unico avviso raccomandato per quattro atti di accertamento (Cass. n. 10057 del 1994, in motivazione).

La stessa sentenza della Corte di Cassazione richiamata nella sentenza impugnata (Cass. n. 2136 del 1992) aveva subordinato la possibile deroga al principio della nullità della notifica in caso di unico avviso, alla circostanza della specificazione, nell’unico avviso raccomandato, degli atti cui era relativo, con le indicazioni ex art. 48 disp. att. c.p.c. in ordine alla natura e provenienza di ciascuno di essi. Tale temperamento sarebbe inapplicabile nella specie, secondo la ricorrente, non avendo l’Amministrazione finanziaria provato che l’unico avviso spedito contenesse le suddette specificazioni e indicazioni.

4. Il ricorso è fondato per quanto appresso precisato. Ritiene il Collegio che, mentre deve ritenersi validamente effettuato il tentativo di notifica degli avvisi di accertamento presso la sede della società, risulta invece nulla la notifica effettuata presso l’amministratore.

Secondo la sentenza impugnata, il messo notificatore ha dato atto, innanzi tutto, di essersi recato in via Eugenio Torelli Violler, 109, sede legale della società Romolo, anche in base alle risultanze anagrafiche, e di aver accertato, da “ricerche” effettuate in loco, che i “nominativi” (quindi sia quello della società che quello del suo amministratore) erano sconosciuti.

Avendo il messo attestato di aver compiuto ricerche in luogo senza esito, deve comunque ritenersi che sia stata effettuata un’attività di ricerca che non ha portato a risultati utili ai fini della notifica.

Al riguardo, osserva il Collegio che l’uso di un timbro, anziché della scrittura, è del tutto irrilevante, dovendo tenersi conto invece delle operazioni indicate dal pubblico ufficiale, indipendentemente dallo strumento usato per l’indicazione.

Le dedotte circostanze della proprietà dell’intero immobile da parte della società, della pretesa inverosimiglianza del mancato rinvenimento del portiere o di altri soggetti idonei a ricevere l’atto nonché dell’avvenuta notifica nel medesimo luogo di altri atti non assumono rilievo ai fini in questione, come esattamente rilevato dalla Corte di appello, dovendo aversi riguardo alla situazione esistente al momento dei tentativi di notifica di cui trattasi, quale risulta dalla relata di notifica, che ha fede privilegiata relativamente alle attività compiute dal messo e a quanto dal medesimo direttamente percepito.

In ordine al tentativo di notifica al legale rappresentante della società Romolo, dott. Bruno Brunori, in Piazza delle Coppelle 7, sua residenza anagrafica, la sentenza impugnata ha rilevato che il notificatore aveva dato atto, seppure mediante apposizione di un timbro, delle varie operazioni compiute, e cioé dell’assenza del Brunori, della mancanza di altre persone, compreso il portiere ed i vicini di casa, idonee a ricevere la copia, ed aveva quindi proceduto alla notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c..

Per quanto riguarda l’uso di un timbro valgono le considerazioni sopra svolte.

L’assenza del Brunori e la mancanza delle altre persone sopra indicate integravano le condizioni di legge per effettuare la notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c., di cui si tratta ora di verificare la validità.

Il Collegio condivide l’orientamento già manifestato da questa Corte (Cass. 25 febbraio 1992 n. 2316, nonché 14 gennaio 1992 n. 329), in base al quale, con riguardo alla notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., qualora gli atti da notificare siano più di uno, è richiesta – conseguendone, in difetto, nullità della notificazione medesima, relativamente a tutti gli atti – la spedizione, da parte dell’ufficiale giudiziario, di altrettanti avvisi raccomandati, indicativi dell’avvenuto compimento delle formalità prescritte dalla norma e diretti a porre nella sfera di conoscibilità dell’unico destinatario ciascuno degli atti suddetti, o quanto meno la specificazione nell’unico avviso raccomandato degli atti cui era relativo con le indicazioni ex art. 48 disp. att. c.p.c. in ordine alla natura e provenienza di ciascuno di essi.

Nella specie, la sentenza impugnata ha rilevato che non era dato individuare nella copia dell’avviso prodotta se vi fossero specificati uno o più atti.

Non ricorre quindi nemmeno l’ipotesi minima sopra prospettata, quella cioé dell’unico avviso raccomandato con la menzione degli estremi di tutti gli atti cui esso si riferisce, che corrispondevano ai due avvisi di accertamento in questione.

In tale situazione, deve ritenersi che la notifica sia nulla, indipendentemente dall’irrilevanza, ai fini della validità della notifica ex art. 140 c.p.c., della consegna della raccomandata al destinatario, punto sul quale si sofferma la motivazione della sentenza impugnata, atteso che il vizio riscontrato riguarda non la consegna, ma la spedizione della raccomandata, che costituisce un momento essenziale, da cui dipende il perfezionamento della notificazione ex art. 140 c.p.c..

Avendo la Corte di appello ritenuto invece che l’invio di una sola raccomandata non determinasse la nullità delle notifiche dei due avvisi di accertamento, la sentenza impugnata deve essere cassata.

Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con la dichiarazione di nullità delle notifiche degli avvisi di accertamento e, conseguenzialmente, dell’illegittimità dell’iscrizione a ruolo di IRPEG, ILOR e addizionale ILOR per gli anni 1982 e 1983, di cui alla cartella n. 715740/00/Q dei ruoli di settembre 1989, indicata nel dispositivo della sentenza impugnata.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti sia le spese del giudizio dinanzi alla Corte di appello sia quelle del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo di cui in motivazione. Compensa le spese del presente e del precedente grado del giudizio.

Così deciso in Roma il 15 dicembre 1997.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 12 MAGGIO 1998


Cass. civ. Sez. I, (ud. 27-10-1997) 13-03-1998, n. 2740

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. REALE Pasquale – Presidente –

Dott. PROTO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CICALA Mario – Consigliere –

Dott. MILANI Laura – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELLE POSTE E DELLE TELECOMUNICAZIONI, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GI.AN. Snc in liquidazione, in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA A. GRAMSCI 14, presso l’avvocato GIAMPIERO DINACCI, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI S.p.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2230/95 della Corte d’Appello di ROMA, depositata il 26/06/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/97 dal Consigliere Dott. Simonetta SOTGIU;

udito per il resistente, l’Avvocato Dinacci, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto 10/11 maggio 1989 la GI.AN s.n.c. convenne avanti al Tribunale di Roma il Ministero delle PP.TT. e il Lloyd Internazionale (poi Milano Assicurazioni) denunciando la riduzione da parte del Ministero del corrispettivo pattuito per la pulizia giornaliera di 38 carrozze postali, in relazione al mancato servizio su alcune carrozze, e la risoluzione del contratto operata unilateralmente dal Ministero stesso per inadempimento di scarsa entità, nonché l’incameramento ad opera dello stesso Ministero, del deposito cauzionale prestato mediante polizza fideiussoria emessa dalla Compagnia Lloyd, la quale avanzava pretesa di rivalsa nei confronti dell’attrice; quest’ultima chiedeva pertanto che, accertato il sostanziale adempimento da parte sua del contratto in questione, il Ministero fosse condannato al pagamento di tutte le somme dovutele, e che si accertasse che nulla la Gi.an doveva alla Lloyd.

Con sentenza 18 ottobre/9 novembre 1991, il Tribunale adito accolse in parte la domanda della Gi.an, condannando il Ministero pagamento della parte del compenso (Lire 60.387.784 oltre accessori) trattenuto per mancata pulizia di alcune carrozze, avendo ritenuto tale fatto imputabile allo stesso committente.

Avverso la sentenza, notificata il 18 maggio 1992 ad istanza del difensore della Gi.an., propose appello il Ministero, notificandolo nel termine di trenta giorni alla Compagnia Milano Assicurazioni, che si era costituita in prime cure, chiedendo che fosse accertato che essa nulla doveva al Ministero e che fosse stabilito che la Gi.an. avrebbe dovuto comunque tenerla indenne; l’appello stesso non venne invece nello stesso termine notificato alla Gi.an, essendosi il procuratore costituito trasferito in diverso domicilio, per cui la notificazione veniva rinnovata il 1 dicembre 1992.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 28 aprile/26 giugno 1995 ha rigettato il gravame del Ministero nei confronti della Gi.an. Non avendo infatti l’appellante Ministero proposto domande riferibili alla Milano Assicurazioni, il cui rapporto fideiussorio nei confronti della Gi.an integrava la fattispecie della garanzia impropria, la posizione delle appellate non poteva ritenere né inscindibile, né dipendente, essendo stata meramente processuale, nella economia del giudizio, la presenza della Compagnia Assicuratrice, collegata soltanto alla posizione della Gi.an.; mentre, non essendo in alcun modo il difensore tenuto a comunicare la propria variazione di domicilio, era onere dell’appellante accertare la variazione dell’indirizzo del domiciliatario.

Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni sulla base di due motivi.

La Gi.an in liquidazione resiste con controricorso. Le parti hanno prodotto memorie.

Motivi della decisione
Col primo motivo di ricorso, adducendo la violazione dell’art. 331 c.p.c., il ricorrente contesta la scindibilità, ritenuta dalla Corte d’Appello, della causa dell’assicuratore rispetto a quella del garantito, sostenendo che dalla decisione sulla ritualità dell’adempimento da parte della Gi.an discendeva la legittimità o meno dell’incameramento del deposito cauzionale prestato dalla società.

Essendo ancora in contestazione il debito del convenuto verso l’attrice, persisteva in appello la interdipendenza delle causa.

Col secondo motivo di ricorso, deducendo la violazione degli artt. 88, 170, 324, 325, 326, 327, 330 c.p.c. e 43, 44 e 47 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene la ritualità della notifica operata al domicilio eletto presso il difensore della Gi.an, prevalendo l’indicazione del luogo, rispetto a quella della persona, e non potendosi riscontrare alcuna negligenza nell’attività di notifica posta in essere dal ricorrente, per non avere il difensore della Gi.an indicato in alcun atto processuale il proprio cambio di domicilio; mentre l’elezione di domicilio conserva la sua validità in ogni stato e grado del processo, essendo l’onere della parte comunicarne il mutamento.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

La Compagnia Assicuratrice è stata infatti evocata in giudizio dalla GI.AN sulla base della polizza fideiussoria stipulata dalla stessa GI.AN, costituente titolo distinto e indipendente, rispetto al contratto d’appalto oggetto delle domande formulate nei confronti dell’Amministrazione; la quale peraltro, come ha rilevato la Corte territoriale, non ha mai avanzato pretese nei riguardi della Milano Assicurazioni.

Per la giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. 2302/85; 7795/86; 534/89; 10398/91; 4443/97) la chiamata in causa di un terzo in base ad un titolo diverso da quello posto a fondamento della domanda principale, quale la garanzia assicurativa relativa ad una delle parti in causa, introduce una causa scindibile e indipendente che si sottrae, in sede di impugnazione, al disposto dell’art. 331 c.p.c. in tema di integrazione del contraddittorio. Non sussiste infatti né il litisconsorzio processuale, né tanto meno quello necessario, fra due domande che non siano collegate da un rapporto di antecedenza logica l’una rispetto all’altra di modo che ne sia necessaria la trattazione unitaria in tutte le fasi processuali, al fine di evitare giudizi contraddittori. Né, per quanto può evincersi dalle conclusioni formulate in sede d’appello dalla Compagnia assicuratrice, riprodotte nella sentenza impugnata, ricorre nella specie l’ipotesi secondo la quale il chiamato che non si limiti a resistere alla domanda del chiamante, ma contesti anche l’esistenza e la validità dell’obbligazione di quest’ultimo verso l’attore, si pone come parte accessoria della causa principale, con conseguente necessità di integrazione del contraddittorio (Cass. 2867/90). La Milano Assicurazioni si è infatti limitata con la propria difesa a resistere alle domande della chiamante GI.AN, chiedendo di essere dichiarata indenne dalle richieste avanzate da quest’ultima contro di lei.

Ma anche a voler ipotizzare, sulla scia di un indirizzo giurisprudenziale minoritario (Cass. 2867/90) la possibilità di un vincolo di dipendenza fra la causa principale e la causa di garanzia, fino a quando sia in discussione il fondamento della domanda principale, integrante il presupposto della domanda di rivalsa, così come sostenuto dal ricorrente, tale vincolo non potrebbe comunque nella specie ravvisarsi, non riguardando il gravame del Ministero il terzo chiamato in manleva, il quale a sua volta ha svolto le sue difese nell’ambito del solo rapporto di garanzia (Cass. 4443/97) senza inserirsi nel contraddittorio relativo al “petitum” della domanda principale.

Il primo motivo di ricorso deve essere dunque rigettato, analogamente al secondo motivo, attinente la possibile sanatoria della notifica tardiva, sanatoria non attuata col provvedimento del G.I. che ha autorizzato il rinnovo della notifica dell’atto di appello non al sensi dell’art. 331 C.P.C., ma nell’ambito dell’attività istruttoria di cui all’art. 350 c.p.c., che non pregiudica la successiva dichiarazione di inammissibilità dell’appello da parte del Collegio.

Per quanto si riferisce, in particolare, alla notifica dell’atto d’appello presso il procuratore domiciliatario, questa Corte ha già avuto modo di affermare con sentenza n. 9473 del 1993, la quale rappresenta lo sviluppo e la sintesi di posizioni giurisprudenziali risalenti (Cass. 149/87 e 5417/89), che la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’Albo: Cass. 4746/97, ovvero dagli atti processuali, come nel caso di timbro apposto su comparsa conclusionale di primo grado: Cass. 5417/89), anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento della controparte, atteso che il dato di riferimento personale prevale su quello topografico (Cass. 149/87) e che non sussiste un onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo; tale onere è infatti previsto per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione (Cass. 7920/92).

Tali principi risultano puntualmente applicabili alla fattispecie, avendo il procuratore della GI.AN applicato il timbro recante l’indicazione del trasferimento di studio sul frontespizio della comparsa conclusionale di I grado (v. Controricorso Pag. 4), previa comunicazione della variazione di indirizzo al Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Roma (v. memoria pag. 3), così adempiendo alle formalità richieste dalla giurisprudenza citata.

Consegue l’integrale rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, oltre a Lire 3 milioni per onorari.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente nelle spese, che si liquidano in complessive L. 150.000 oltre a L. tre milioni per onorari.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 1997.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 1998