DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 marzo 2020

Pubblicato  il DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 marzo 2020 – Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio  2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di  contenimento  e  gestione dell’emergenza epidemiologica da  COVID-19,  applicabili  sull’intero territorio nazionale.

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  n.76 del 22-3-2020.

Leggi: DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 marzo 2020


Restiamo a casa. #restoacasa

Restiamo a casa 1


Richiesta di adozione di ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19

Lettera di richiesta di adozione di ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 inviata ai Ministeri di Giustizia, Pubblica Amministrazione e Interni

Leggi: Lettera_coronavirus Ministeri


Pubblicato il decreto legge “Cura Italia”

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70/2020 il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18, cosiddetto “Cura Italia”, che contiene misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Si tratta di un testo molto amplio (127 articoli) che introduce una molteplicità di previsioni volte a potenziare il servizio sanitario nazionale ma anche a garantire un sostegno economico per famiglie, lavoratori, imprese.

Si riporta di seguito il testo degli articoli di interesse per i dipendenti pubblici.

Art. 24 Estensione durata permessi retribuiti ex art. 33, legge 5 febbraio 1992, n. 104

1.Il numero di giorni di permesso retribuito coperto da contribuzione figurativa di cui all’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, è incrementato di ulteriori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020.

2.Il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto al personale sanitario compatibilmente con le esigenze organizzative delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale impegnati nell’emergenza COVID-19 e del comparto sanità.

3. Alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

Art. 25 Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore pubblico, nonché bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, per emergenza COVID -19

1.A decorrere dal 5 marzo 2020, in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020, e per tutto il periodo della sospensione ivi prevista, i genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico hanno diritto a fruire dello specifico congedo e relativa indennità di cui all’articolo 23, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7. Il congedo e l’indennità di cui al primo periodo non spetta in tutti i casi in cui uno o entrambi i lavoratori stiano già fruendo di analoghi benefici.

2.L’erogazione dell’indennità, nonché l’indicazione delle modalità di fruizione del congedo sono a cura dell’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro.

3.Per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, il bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per l’assistenza e la sorveglianza dei figli minori fino a 12 anni di età, previsto dall’articolo 23, comma 8 in alternativa alla prestazione di cui al comma 1, è riconosciuto nel limite massimo complessivo di 1000 euro. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

4.Ai fini dell’accesso al bonus di cui al comma 3, il lavoratore presenta domanda tramite i canali telematici dell’Inps e secondo le modalità tecnico-operative stabilite in tempo utile dal medesimo Istituto indicando, al momento della domanda stessa, la prestazione di cui intende usufruire, contestualmente indicando il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che si intende utilizzare. Sulla base delle domande pervenute, l’INPS provvede al monitoraggio comunicandone le risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emerga il superamento, anche in via prospettica, del limite di spesa di cui al comma 5, l’INPS procede al rigetto delle domande presentate.

5.I benefici di cui al presente articolo sono riconosciuti nel limite complessivo di 30 milioni di euro per l’anno 2020.

6.Fino alla data di cessazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti Covid-19, dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, i permessi per i sindaci previsti all’articolo 79, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono essere rideterminati in 72 ore. Per i sindaci lavoratori dipendenti pubblici le assenze dal lavoro derivanti dal presente comma sono equiparate a quelle disciplinate dall’articolo 19, comma 3, del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9.

7. Alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

Art. 39 Disposizioni in materia di lavoro agile

1.Fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

2. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81

Art. 63 Premio ai lavoratori dipendenti

  1. Ai titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all’articolo 49, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che possiedono un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40.000 euro spetta un premio, per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese.
  2. I sostituti d’imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 riconoscono, in via automatica, l’incentivo di cui al comma 1 a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno.
  3. I sostituti d’imposta di cui al comma 2 compensano l’incentivo erogato mediante l’istituto di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
  4. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.

Art. 67 Sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori

  1. Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori. Sono, altresì, sospesi, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, ivi comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa, di cui all’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. Per il medesimo periodo, è, altresì, sospeso il termine previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, per la regolarizzazione delle istanze di interpello di cui al periodo precedente. Sono inoltre sospesi i termini di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, i termini di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, e di cui agli articoli 31-ter e 31-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché i termini relativi alle procedure di cui all’articolo 1, commi da 37 a 43, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
  2. In relazione alle istanze di interpello di cui al comma precedente, presentate nel periodo di sospensione, i termini per la risposta previsti dalle relative disposizioni, nonché il termine previsto per la loro regolarizzazione, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, iniziano a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del periodo di sospensione. Durante il periodo di sospensione, la presentazione delle predette istanze di interpello e di consulenza giuridica è consentita esclusivamente per via telematica, attraverso l’impiego della posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ovvero, per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, mediante l’invio alla casella di posta elettronica ordinaria div.contr.interpello@agenziaentrate.it .
  3. Sono, altresì, sospese, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, le attività, non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza, consistenti nelle risposte alle istanze, formulate ai sensi degli articoli 492-bis del c.p.c, 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione, di accesso alla banca dati dell’Anagrafe Tributaria, compreso l’Archivio dei rapporti finanziari, autorizzate dai Presidenti, oppure dai giudici delegati, nonché le risposte alle istanze formulate ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto, n. 241, e dell’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
  4. Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.

Art. 68 Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione

  1. Con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, sono sospesi i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi previsti dagli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2010, n. 122. I versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. Non si procede al rimborso di quanto già versato. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.
  2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche agli atti di cui all’articolo 9, commi da 3-bis a 3-sexies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, e alle ingiunzioni di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, emesse dagli enti territoriali, nonché agli atti di cui all’articolo 1, comma 792, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
  3. E’ differito al 31 maggio il termine di versamento del 28 febbraio 2020 di cui all’articolo 3, commi 2, lettera b), e 23, e all’articolo 5, comma 1, lettera d), del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, nonché all’articolo 16-bis, comma 1, lettera b), n. 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e il termine di versamento del 31 marzo 2020 di cui all’articolo 1, comma 190, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.
  4. In considerazione delle previsioni contenute nei commi 1 e 2 del presente articolo, e in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell’anno 2018, nell’anno 2019 e nell’anno 2020 sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024 e entro il 31 dicembre 2025.

Art. 75 Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso di cittadini e imprese

1.Al fine di agevolare la diffusione del lavoro agile di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 8, favorire la diffusione di servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, quali ulteriori misure di contrasto agli effetti dell’imprevedibile emergenza epidemiologica da COVID-19, le amministrazioni aggiudicatrici, come definite dall’articolo 3 decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono autorizzate, sino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici, preferibilmente basati sul modello cloud SaaS (software as a service), nonché servizi di connettività, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, selezionando l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 25, comma 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 17 dicembre 2012, n. 221 e all’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 24 marzo 2015, n. 33.

2.Le amministrazioni trasmettono al Dipartimento per la trasformazione digitale e al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri gli atti con i quali sono indette le procedure negoziate.

3.Le amministrazioni possono stipulare il contratto previa acquisizione di una autocertificazione dell’operatore economico aggiudicatario attestante il possesso dei requisiti generali, finanziari e tecnici, la regolarità del DURC e l’assenza di motivi di esclusione secondo segnalazioni rilevabili dal Casellario Informatico di Anac, nonché previa verifica del rispetto delle prescrizioni imposte dalle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Al termine delle procedure di gara, le amministrazioni stipulano immediatamente il contratto ed avviano l’esecuzione degli stessi, anche in deroga ai termini di cui all’articolo 32 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

4.Gli acquisti di cui al comma 1 devono essere relativi a progetti coerenti con il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione. Gli interventi di sviluppo e implementazione dei sistemi informativi devono prevedere, nei casi in cui ciò è possibile, l’integrazione con le piattaforme abilitanti previste dagli articoli 5, 62, 64 e 64-bis dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

5. Le amministrazioni pubbliche procedono ai sensi del comma 1 con le risorse disponibili a legislazione vigente. Dall’attuazione della disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 81 Misure urgenti per lo svolgimento della consultazione referendaria nell’anno 2020

1. In considerazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, in deroga a quanto previsto dall’articolo 15, primo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, il termine entro il quale è indetto il referendum confermativo del testo legge costituzionale, recante: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 240 del 12 ottobre 2019, è fissato in duecentoquaranta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza che lo ha ammesso.

Art. 87 Misure straordinarie in materia di lavoro agile e di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali

  1. Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che, conseguentemente:
  2. a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza;
  3. b) prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.
  4. La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione. In tali casi l’articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81 non trova applicazione.
  5. Qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), le amministrazioni utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio. Il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista. Tale periodo non è computabile nel limite di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
  6. Gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento ai principi di cui al presente articolo.
  7. Lo svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso al pubblico impiego, ad esclusione dei casi in cui la valutazione dei candidati sia effettuata esclusivamente su basi curriculari ovvero in modalità telematica, sono sospese per sessanta giorni a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. Resta ferma la conclusione delle procedure per le quali risulti già ultimata la valutazione dei candidati, nonché la possibilità di svolgimento dei procedimenti per il conferimento di incarichi, anche dirigenziali, nelle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, che si istaurano e si svolgono in via telematica e che si possono concludere anche utilizzando le modalità lavorative di cui ai commi che precedono, ivi incluse le procedure relative alle progressioni di cui all’articolo 22, comma 15, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.
  8. Fino alla cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, fuori dei casi di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali e nel rispetto delle preminenti esigenze di funzionalità delle amministrazioni interessate, il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco può essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio, anche ai soli fini precauzionali in relazione all’esposizione a rischio, ai sensi dell’articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, con provvedimento dei responsabili di livello dirigenziale degli Uffici e dei Reparti di appartenenza, adottato secondo specifiche disposizioni impartite dalle amministrazioni competenti. Tale periodo è equiparato, agli effetti economici e previdenziali, al servizio prestato, con esclusione della corresponsione dell’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista, e non è computabile nel limite di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.
  9. Fino alla stessa data di cui al comma 6, il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco assente dal servizio per le cause di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, è collocato d’ufficio in licenza straordinaria, in congedo straordinario o in malattia, con esclusione di tali periodi di assenza dal computo dei giorni previsti dall’articolo 37, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, dal periodo massimo di licenza straordinaria di convalescenza per il personale militare in ferma e rafferma volontaria e dal periodo di assenza di cui all’articolo 4 e all’articolo 15 dei decreti del Presidente della Repubblica del 7 maggio 2008 di recepimento dell’accordo sindacale integrativo del personale direttivo e dirigente e non direttivo e non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il periodo di assenza di cui al presente comma costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge e l’amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di mensa, ove prevista.
  10. Al comma 4 dell’articolo 19 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, la parola “provvedono” è sostituita dalle seguenti “possono provvedere”.

Art. 103 Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza

1.Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento.

2.Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020”.

3.Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai termini stabiliti da specifiche disposizioni del presente decreto e dei decreti-legge 23 febbraio 2020, n. 6, 2 marzo 2020, n. 9 e 8 marzo 2020, n. 11, nonché dei relativi decreti di attuazione.

4.Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni per lavoro autonomo, emolumenti per prestazioni di lavoro o di opere, servizi e forniture a qualsiasi titolo, indennità di disoccupazione e altre indennità da ammortizzatori sociali o da prestazioni assistenziali o sociali, comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese comunque denominati.

5.I termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale di cui all’articolo 3, del medesimo decreto legislativo, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino alla data del 15 aprile 2020.

6. L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020.

Art. 108 Misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale

1.Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2020, al fine di assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente in materia, a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi, di cui all’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, nonché per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma con successiva immissione dell’invio nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda, al piano o in altro luogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro. La firma è apposta dall’operatore postale sui documenti di consegna in cui è attestata anche la suddetta modalità di recapito.

2. Considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia con il costante incremento dei casi su tutto il territorio nazionale, al fine di consentire il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste dalla vigente normativa volte a contenere il diffondersi della pandemia, in via del tutto eccezionale e transitoria, la somma di cui all’art. 202, comma 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dall’entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2020, è ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione. La misura prevista dal periodo precedente può essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive.


DECRETO LEGGE 17 marzo 2020, n. 18

DECRETO LEGGE 17 marzo 2020, n. 18(1).

Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 17 marzo 2020, n. 70, Edizione straordinaria.

Il Decreto DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18, recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.70 del 17 marzo 2020. Le misure urgenti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare, sono state disciplinate nell’articolo 83 .

Nel nuovo testo viene inserita una precisazione circa l’estensione della sospensione anche ai procedimenti avanti alle Commissioni tributarie. Si segnala inoltre che l’articolo 83 sostituisce ed abroga i primi due commi del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, le cui disposizioni vengono ampliate e corrette.

L’Art. 83 “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare” prevede: • la conferma della sospensione di tutte udienze civili e penali (che si prevede siano rinviate d’ufficio a data successiva), che viene ora disposta per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 (comma 1); • sempre dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, la sospensione della decorrenza di tutti i termini processuali per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (equiparabile ad una sospensione feriale): – la sospensione riguarda anche i termini per la proposizione di atti introduttivi, di procedimenti esecutivi e di impugnazioni; – quando un termine computato a ritroso ricade nel periodo di sospensione la relativa udienza deve essere differita, in modo da consentire che il termine a ritroso cada dopo il periodo di sospensione (comma 2): • i procedimenti urgenti esenti dalla sospensione delle udienze e dei termini processuali(comma 3): – si tratta di un elenco piuttosto elaborato che non coincide con le esclusioni previste per l’applicazione del periodo feriale “estivo”.

Si segnalano, tra le altre, le materie di competenza del tribunale per i minorenni, i procedimenti cautelari riguardanti la tutela di diritti fondamentali della persona, i procedimenti in materia di tutela, amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione. Vengono infine contemplati “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”. – La dichiarazione di urgenza viene fatta dal capo dell’ufficio o dal giudice cui la causa è assegnata se già in corso, con decreto non impugnabile. – Nell’elenco dei procedimenti penali esenti dalla sospensione ricordiamo quelli di convalida dell’arresto o del fermo, quelli in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive (su richiesta espressa di procedere da parte di detenuti, imputati o dei loro difensori); • in ambito penale, nei procedimenti in cui opera la sospensione dei termini di cui comma 2, è prevista anche la sospensione della prescrizione e dei termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.c. (comma 4); • nel periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 viene confermata la possibilità per i capi degli uffici giudiziari di adottare l’ampia serie di misure organizzative relative alla trattazione degli affari giudiziari (commi 6 e 7).

Ciò al fine di garantire le norme igienico-sanitarie previste dal precedente decreto (cfr. limitazione dell’accesso del pubblico e degli orari di apertura degli uffici giudiziari, utilizzo di mezzi di comunicazione telefonica o telematica, celebrazione a porte chiuse di tutte le udienze pubbliche); • dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020 viene confermato l’obbligo di depositare gli atti solo telematicamente (anche con riferimento agli atti introduttivi) negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito. Anche il contributo unificato deve essere versato con modalità telematica (comma 11); • ove possibile, è stabilita la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare tramite videoconferenze o con collegamenti da remoto (comma 12); • modalità telematiche per comunicazioni e notificazioni di avvisi e provvedimenti adottati nei procedimenti penali (comma 13); • dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 viene inoltre confermata la sospensione dei termini anche per le attività dei procedimenti di mediazione, negoziazione assistita e di risoluzione stragiudiziale delle controversie (comma 20).

In materia di giustizia amministrativa, il nuovo Decreto ha inserito le disposizioni nell’articolo 84 (e non più 80). L’Art. 84 “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa” stabilisce: • la sospensione dall’8 marzo 2020 al 15 aprile 2020 inclusi dei termini relativi al processo amministrativo (con rinvio a data successiva delle udienze pubbliche e camerali relative ai procedimenti pendenti presso gli uffici della giustizia amministrativa, fissate in tale periodo (comma 1). Inoltre, nello stesso periodo, i procedimenti cautelari, promossi o pendenti, sono decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato e la relativa trattazione collegiale è fissata a una data immediatamente successiva al 15 aprile 2020; • dal 6 al 15 aprile 2020 le controversie fissate per la trattazione (sia in udienza camerale che in udienza pubblica), passano in decisione (senza discussione orale e sulla base degli atti depositati), purché le parti costituite abbiano depositato richiesta in via congiunta entro due giorni liberi prima dell’udienza (termine perentorio).

Assieme alla richiesta è prevista la facoltà per le parti di depositare brevi note (comma 2); • dall’8 marzo al 30 giugno 2020, le autorità competenti dovranno adottare opportune misure organizzative (cfr. limitazioni dell’accesso e degli orari degli uffici giudiziari, il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020), per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della Salute e contrastare l’emergenza epidemiologica al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone (comma 3); • dal 15 aprile 2020 al 30 giugno 2020, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati. Facoltà per le parti di presentare brevi note fino a due giorni prima della trattazione (comma 5) • il giudice delibera in camera di consiglio anche mediante collegamenti da remoto (comma 6); • remissione in termini e sospensione della prescrizione e decadenza a causa di provvedimenti per contrastare l’emergenza sanitaria che abbiano: – comportato decadenza delle parti da facoltà processuali; – impedito l’esercizio dei diritti delle parti. (commi 7 e 8); • nei procedimenti rinviati non si tiene conto del periodo compreso tra l’8 marzo e il 30 giugno 2020 (comma 9).

Si ricorda infine che l’articolo 85, riguardante le misure urgenti in materia di giustizia contabile, stabilisce che gli artt. 83 e 84 si applicano anche all’ attività della Corte dei conti, in quanto compatibili e non in contrasto con la disciplina specifica introdotta con l’art. 85 stesso.

Leggi: DECRETO LEGGE 17 marzo 2020, n. 18


Agenzia delle Entrate-Riscossione: sospese le attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione

L’Agenzia delle entrate-Riscossione comunica, con una nota, che «il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata di ieri, 16 marzo 2020, ha disposto la sospensione dei termini di versamento di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento e di addebito, in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020.

I pagamenti sospesi dovranno essere effettuati entro il mese successivo il periodo di sospensione ovvero il 30 giugno 2020. Fino al 31 maggio 2020 sono sospese le attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione, sospensione già in atto da alcuni giorni per disposizione del Presidente Ernesto Maria Ruffini.

Il decreto dispone anche il differimento al 31 maggio 2020 della rata del 28 febbraio relativa alla cosiddetta rottamazione-ter e della rata in scadenza il 31 marzo del cosiddetto saldo e stralcio». «In considerazione delle misure contenute nel decreto legge e al fine di tutelare al meglio la salute dei cittadini e del personale addetto, Il Presidente ha dato disposizione per la chiusura dal 18 al 25 marzo degli sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione, presenti su tutto il territorio nazionale, che erogano servizi al pubblico. Il personale dell’Ente, attraverso attività di back office, garantirà l’operatività e la fruibilità dei servizi online, disponibili sul portale www.agenziaentrateriscossione.gov.it e sull’App Equiclick, fornendo assistenza con i consueti canali di ascolto che, per l’occasione, sono stati potenziati con nuovi indirizzi mail per eventuali richieste di assistenza, urgenti e indifferibili,  riferite, ad esempio, a procedure attivate prima del periodo sospensivo. Per informazioni e assistenza è disponibile anche il contact center di Agenzia delle entrate-Riscossione, attivo tutti i giorni, 24 ore su 24 e, con operatore, dal lunedì al venerdì dalle ore 8 alle 18, al numero unico 06 01 01, sia da telefono fisso che da cellulare.


Guida pratica al lavoro agile nella P.A.

Di seguito alcune indicazioni pratiche per attivare rapidamente forme di lavoro da remoto

Come attivare lo smart working

Per far fronte all’emergenza coronavirus il Governo ha stabilito che:

  • le modalità di lavoro agile sono applicabili a OGNI rapporto di lavoro subordinato
  • per attivare lo smart working NON occorre firmare un accordo tra dipendente e amministrazione che definisca giorni, strumenti, orari di raggiungibilità etc.
  • gli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza nel lavoro agile nei confronti dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) sono assolti in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione disponibile sul sito dell’Inail

Le condizioni tecnologiche di base per lavorare da casa: pc, connessione, telefono

  • Il dipendente che dispone di un proprio pc può utilizzarlo per scopi professionali.  Oppure se in amministrazione dispone di un portatile può prenderlo dall’ufficio e portarlo a casa.
  • Gran parte dei cittadini e quindi dei dipendenti dispone di una connessione Internet a casa di tipo “flat” (il cui costo non dipende dal traffico di rete) o comunque potrebbe utilizzare lo smartphone come hotspot per consentire l’accesso ad Internet al pc di casa.
  • Se il dipendente ha un cellulare di servizio, è possibile inoltrare le chiamate dall’interno telefonico del proprio ufficio sul cellulare di lavoro. Altrimenti si può chiedere la disponibilità del dipendente a far inoltrare le chiamate sul proprio telefono personale. Quando le chiamate vengono inoltrate dall’interno al numero sullo smartphone, tipicamente il chiamante non vede il numero dello smartphone e quindi la privacy è comunque garantita.

Raggiungibilità delle applicazioni dell’ente da remoto

  • Se le applicazioni dell’ente sono raggiungibili da remoto, ovvero sono in cloud, il dipendente può accedere tranquillamente da casa ai propri principali strumenti di lavoro.  Alternativamente si può ricorrere all’attivazione di una VPN (Virtual Private Network, una rete privata virtuale che garantisce privacy, anonimato e sicurezza attraverso un canale di comunicazione riservato) verso l’ente, oppure ad accessi in desktop remoto ai server.

Sono anche disponibili “soluzioni ponte”, che permettono dal proprio pc personale di collegarsi alla propria postazione presso l’ente e quindi rendere l’esperienza come se si fosse in ufficio (attenzione, purché il pc sia tenuto acceso sempre in ufficio).

  • La posta elettronica è una delle applicazioni più usate e più facili da portare in cloud. Nella maggior parte dei casi la posta è già leggibile da remoto – e quindi sia da pc che da smartphone. Può essere che sul pc del lavoro sia installato un client locale, ma spesso è anche disponibile un’interfaccia web di cui non sia ha sentito fino ad oggi l’esigenza. Se però il servizio non è già in cloud occorre provvedere al più presto.
  • Disporre di strumenti di condivisione di file e del calendario e strumenti di videoconferenza o call conference è fondamentale quando si lavora da remoto per poter essere sempre allineati e poter lavorare a più mani sugli stessi documenti. Alcune delle funzioni indicate sono già disponibili sui prodotti in uso, basta solo attivarle, mentre gli strumenti di videoconferenza o call conference sono già molto diffusi nel mondo della PA, cui si aggiunge la possibilità di ricorrere a soluzioni gratuite facilmente accessibili (es. Skype, Meet,…).
  • Da non dimenticare, poi, che tutti gli smartphone consentono non solo la conversazione in viva voce ma l’aggiunta di altri interlocutori alla telefonata in corso e quindi, seppur in misura ridotta, possono consentire una conference call tra più persone. Mentre alcune app gratuite consentono comunque la videochiamata.
  • I sistemi gestionali e il sistema di protocollo sono i software che fanno funzionare un’amministrazione. Se non sono raggiungibili da remoto può essere utile prevedere che i colleghi che restano in ufficio facciano da tramite per la gestione in ingresso e in uscita dei documenti e delle istanze, la realizzazione di ricerche, etc.
  • Incentivare l’utilizzo da parte dei cittadini degli sportelli virtuali (es: SUAP) e degli altri servizi on-line già disponibili attraverso informative mirate attraverso i principali canali di comunicazione utilizzati.
  • Ricordiamo che molti strumenti funzionano anche da smartphone (calendario, posta, vpn, presentazioni in visualizzazione, documenti in visualizzazione) per cui è possibile anche usare lo smartphone come piattaforma in mobilità.

Non dimentichiamo: privacy e security.

Lo strumento di casa non è tipicamente quello del lavoro. Particolare attenzione va utilizzata mentre si usano strumenti lavorativi. Piccoli accorgimenti che non vogliono essere esaustivi possono essere:

Privacy

  • Distruggere qualsiasi documento lavorativo venga in mente di stampare (ma perché stampare?) a casa
  • Non salvare documenti di ufficio sul pc personale, se non temporaneamente e poi cancellarli immediatamente (specie se contengono informazioni personali)
  • Porre attenzione nell’inviare foto per far vedere che si è in smartworking con sul monitor dati personali
  • L’accesso a dati aziendali non è più pericoloso in smartworking, la pericolosità dipende da come lo strumento e l’operatore gestiscono il dato, non dalla locazione della persona

Security

  • Avere un pc con sistema operativo aggiornato
  • Avere un antivirus e verificare che sia aggiornato
  • Creare un account specifico per l’uso nei momenti di lavoro, se il pc è usato anche da familiari o conviventi
  • In caso ci si allontani dal pc, bloccare il pc in modo che sia utilizzabile da altri
  • Non incollare sul pc personale password per accedere agli applicativi di lavoro

Direttiva n. 2/2020 del MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Leggi: Ministro PA Direttiva 2 2020 12.03.2020


Poste Italiane: emergenza sanitaria Coronavirus – servizi di notifiche a mezzo posta

Come è noto, è in atto un’emergenza sanitaria che richiede il rigoroso rispetto delle misure di contenimento disposte dalle Autorità, in particolare, da ultimo, con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020 recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”.

Circolare: Circolare 11_03_2020 NOTA DELLE POSTE


Ministero della P.A.: Direttiva n. 1 del 2020 – Emergenza epidemiologica COVID-2019

Coronavirus, le 9 indicazioni per i dipendenti della Pubblica Amministrazione

La dr.ssa Fabiana Dadone, Ministro per la Pubblica Amministrazione: “Abbiamo a cuore come null’altro la tutela della salute dei dipendenti pubblici e di tutti i cittadini che entrano in un ufficio della P.A. E stiamo mettendo in atto le misure che servono a bilanciare questa imprescindibile esigenza con la necessità di mandare avanti la complessa macchina dello Stato, di cui il Paese ha comunque bisogno.

Ecco perché ho emanato una direttiva per tutte le amministrazioni, le loro controllate e gli enti vigilati, un documento di indirizzo comunque integrabile a seconda di quale sarà l’evoluzione del coronavirus. Cerchiamo di dare regole efficaci e uniformi sia organizzative che di comportamento per migliorare l’efficienza degli enti e scoraggiare il contagio. Nel frattempo stiamo perfezionando una norma in grado di dare completa protezione professionale ai lavoratori costretti ad assentarsi dagli uffici pubblici che insistono sulle aree coinvolte nell’emergenza sanitaria.”

Ecco in sintesi le indicazioni della direttiva:

1) le amministrazioni pubbliche nelle zone non soggette a misure di contenimento e gestione dell’emergenza continuano ad assicurare la normale apertura degli uffici e il regolare svolgimento delle attività;

2) le amministrazioni privilegiano modalità flessibili di lavoro, favorendo, se possibile, i lavoratori più esposti al contagio, che utilizzano il trasporto pubblico e che hanno carichi familiari accresciuti dall’eventuale chiusura di nidi e scuole dell’infanzia. Sono altresì invitate a potenziare il ricorso al lavoro agile, in via semplificata e temporanea, in favore del personale complessivamente inteso;

3) i dipendenti pubblici e coloro che, a diverso titolo, operano presso l’amministrazione, provenienti da una delle aree a rischio o che abbiano avuto contatto con persone provenienti dalle medesime aree o con coloro che siano risultati positivi, sono tenuti a comunicarlo all’ente datore di lavoro;

4) le amministrazioni valutano la possibilità che riunioni e attività formative dei propri dipendenti si svolgano utilizzando modalità telematiche o tali da assicurare un adeguato distanziamento come misura precauzionale. Con riferimento agli enti che forniscono servizi di mensa o che mettono a disposizione dei lavoratori spazi comuni, si evidenzia l’opportunità di adottare apposite misure di turnazione tali da garantire l’adeguato distanziamento;

5) gli enti garantiscono lo svolgimento delle missioni nazionali e internazionali ritenute strettamente indispensabili, favorendo per le altre la partecipazione con modalità telematiche;

6) nello svolgimento delle procedure concorsuali, le amministrazioni, fatte salve le loro autonome determinazioni, adottano misure organizzative finalizzate a ridurre i contatti ravvicinati tra i candidati. Le amministrazioni che hanno in corso di svolgimento procedure concorsuali rispetto alle quali non sia già stato reso noto il calendario delle prove concorsuali, preselettive e scritte, valutano, in coordinamento con l’autorità sanitaria territoriale, l’opportunità di riprogrammare le date di svolgimento delle prove di concorso;

7) negli uffici adibiti al ricevimento del pubblico o di personale esterno si raccomanda di evitare il sovraffollamento, anche mediante scaglionamenti, e di assicurare la frequente aerazione, di curare che venga effettuata da parte delle ditte incaricate un’attenta pulizia e disinfezione delle superfici ed ambienti, di mantenere un’adeguata distanza con l’utenza.

8) le amministrazioni pubbliche provvedono a rendere disponibili strumenti di facile utilizzo per l’igiene e la pulizia della cute, quali ad esempio dispensatori di disinfettante o antisettico per le mani, salviette asciugamano monouso, nonché, qualora l’autorità sanitaria lo prescriva, guanti e mascherine per specifiche attività lavorative, curandone i relativi approvvigionamenti e la distribuzione ai propri dipendenti e a coloro che, a diverso titolo, operano o si trovano presso l’amministrazione;

9) le pubbliche amministrazioni favoriscono la diffusione di informazioni sui comportamenti da seguire in tempo reale tra i propri dipendenti, anche utilizzando gli strumenti telematici di comunicazione interna. In particolare, si riportano le seguenti raccomandazioni: lavarsi spesso le mani; evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di infezioni respiratorie acute; non toccare occhi, naso e bocca con le mani; coprire bocca e naso se si starnutisce o si tossisce; non prendere farmaci antivirali né antibiotici, a meno che siano prescritti dal medico; pulire le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol; usare la mascherina solo se si sospetta di essere malato o se si assistono persone malate; i prodotti “made in China” e i pacchi ricevuti dalla Cina non sono pericolosi; contattare il numero verde 1500 se si ha febbre o tosse e si è tornati dalla Cina da meno di 14 giorni; gli animali da compagnia non diffondono il nuovo coronavirus.

Leggi: Ministero P.A. Direttiva n. 1/2020 26 02 2020


Indicazioni contagio da Coronavirus

In relazione all’evoluzione del contagio da Coronavirus alle recenti disposizioni governative al fine di salvaguardare minimalmente l’attività di notifica e il Messo Comunale si comunica quanto segue.
FAQ Governo: Gli uffici devono rimanere comunque aperti. La presenza di soluzioni disinfettanti è una misura di ulteriore precauzione ma la loro temporanea indisponibilità non giustifica la chiusura dell’ufficio, ponendo in atto tutte le misure necessarie per reperirle.
L’ufficio o l’ente richiedente possono procedere con p.e.c., qualora possibile, o con notifica postale ex lege 890/1982. Se tali procedure sono state già attuate senza esito, si dovrebbe notificare secondo il c.p.c., tenendo conto delle restrizioni imposte dal decreto emanato in data odierna e cioè evitando il più possibile i contatti diretti, nelle abitazioni e in mancanza di protezione. Ogni amministrazione disporrà nel merito, ma l’orientamento sembra quello di non operare sul territorio, ma avvisare i destinatari a ritirare gli atti in ufficio dove saranno approntate misure adeguate di protezione (schermatura, mascherine protettive, disinfettante, guanti, ecc.). Tutto ciò in presenza di atti in scadenza; diversamente è senz’altro preferibile rinviare la notifica.

Si ricorda che la sottoscrizione dell’atto è richiesta solo per gli atti finanziari e per le ipotesi di consegna a portiere e vicino di casa. Anche nel caso degli atti finanziari è comunque sufficiente “indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto” facendo riferimento all’emergenza sanitaria in corso.

Per quanto riguarda l’identificazione ci si atterrà semplicemente alla dichiarazione resa dalla persona trovata all’indirizzo.


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 12-09-2019) 09-03-2020, n. 6562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10574-2014 proposto da:

EQUITALIA CENTRO S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato SANTE RICCI, rappresentata e difesa dagli Avvocati MAURIZIO CIMETTI e GIUSEPPE PARENTE;

– ricorrente –

contro

L.C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati ALCEO CATAUDELLA e MARIA NICOLETTA PELLEGRINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 119/9/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 17/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Svolgimento del processo
che:

Equitalia Centro S.p.A. propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 83/2/2011 della Commissione Tributaria Provinciale di Firenze in accoglimento del ricorso proposto da L.C.R. contro cartella di pagamento IRPEF IRAP IVA 2005-2006, fondando quest’ultimo le sue pretese sull’incompletezza della cartella allo stesso notificata, in quanto mancante di alcune pagine;

il contribuente resiste con controricorso.

Motivi della decisione
Che:

1.1. con l’unico mezzo si censura la sentenza denunciando, in rubrica, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 156 c.p.c.” lamentando il Concessionario che la C.T.R. avrebbe dato rilievo alla circostanza che “la cartella notificata, mancando di talune pagine, che… Equitalia non ha integrato, è sicuramente nulla e priva di effetti”, pur avendo il Concessionario assolto all’onere probatorio, sullo stesso incombente, mediante produzione del referto di notifica della cartella, spettando invece al contribuente la dimostrazione della circostanza che la notifica della cartella fosse avvenuta in modo incompleto;

1.2. va premesso che in tema di riscossione delle imposte, ove il concessionario notifichi la cartella esattoriale nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore, anzichè con raccomandata con avviso di ricevimento, per la prova della notificazione, come nel caso di specie, è sufficiente la produzione della relata, della matrice o dell’estratto di ruolo, non sussistendo un onere di produzione della cartella (cfr. Cass. nn. 23039/2016, 6395/20140);

1.3. come è noto, inoltre, secondo il principio generale di c.d. vicinanza della prova, la sfera di conoscibilità del mittente incontra limiti oggettivi nella fase successiva alla consegna del plico per la spedizione, mentre la sfera di conoscibilità del destinatario si incentra proprio nella fase finale della ricezione, ben potendo egli dimostrare (ed essendone perciò onerato), in ipotesi anche avvalendosi di testimoni, che al momento dell’apertura il plico era in realtà privo di contenuto;

1.4. va richiamato quindi l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, secondo cui in tema di notifica della cartella di pagamento mediante raccomandata, la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 c.c., in conformità al principio di cd. vicinanza della prova, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova (cfr. Cass. n. 16528/2018; conforme Cass. n. 18252/2013);

1.5. è opportuno inoltre considerare che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, “il Concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”;

1.6. nel caso di specie il Giudice di merito ha ritenuto che il contribuente abbia provato l’incompletezza della notificazione, essendo stata prodotta in giudizio copia della cartella di pagamento notificata, mancante di alcune pagine concernenti aspetti identificativi fondamentali della pretesa posta in riscossione, ed essendosi invece limitato il Concessionario a produrre la relata di notifica priva, tuttavia, dell’attestazione della conformità della copia notificata all’originale;

1.5. va richiamato, allora, l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario secondo il quale le dichiarazioni dell’ufficiale giudiziario (o messo notificatore, come nella specie) non fanno fede fino a querela di falso della regolarità intrinseca e completezza dell’atto ricevuto per procedere alla notifica nè della corrispondenza della copia notificata all’originale, non essendo questa l’attività giudiziaria che egli compie e deve compiere, sì che la presunzione di conformità tra originale e copia dell’atto notificato viene meno se il destinatario produce quest’ultimo incompleto, nè perciò può ipotizzarsi un contrasto tra le due rispettive relate (atti pubblici), entrambe originali, dell’ufficiale giudiziario – una apposta sulla copia notificata, l’altra sull’originale dell’atto notificato – proprio perchè non spetta all’ufficiale giudiziario effettuare alcun controllo intrinseco, e quindi, se la copia dell’atto notificato non corrisponde all’originale, è sulla copia che il destinatario fa affidamento e su cui può difendersi (Cass. nn. 6017 del 2003, 21555/2006, 14686 del 2007, 18127/2008, 20993/2013, 23420/2014);

1.6. stante la nullità della cartella (atto unilaterale recettizio formato e notificato dalla controparte) in conseguenza della sua accertata incompletezza, posto che la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente (circostanza su cui nulla è stato dedotto o è comunque emerso nel giudizio), ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione (cfr. Cass. nn. 21804/2017, 28276/2013), ed avendo in particolare lamentato il contribuente la mancata indicazione dei criteri in base ai quali era stato richiesto il pagamento della somma portata dalla cartella, delle modalità di determinazione degli interessi applicati e del responsabile del procedimento, il ricorso deve essere pertanto respinto;

2. la ricorrente, soccombente, va condannata in favore del controricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata, sulla base del valore della controversia e dell’attività difensiva spiegata, come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2020


8 marzo 2020

8 marzo 2020

In silenzio e nell’emergenza. Il coronavirus spegne le manifestazioni dell’8 marzo, feste e mobilitazioni diventano flashmob, incontri a distanza di sicurezza, seppure legati da un filo fucsia per raccontare, ancora una volta, l’unione delle donne. Ossia “la cura reciproca, le alleanze nelle differenze, la lotta quotidiana alla solitudine, alla violenza patriarcale, allo sfruttamento”.

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, anche l’Unicef Italia rilancia la campagna #8marzodellebambine con un nuovo video “Posso essere quello che voglio?” per ricordare al mondo che il futuro di tante bambine, ragazze e donne è in pericolo. Un 8 marzo che Unicef vuole dedicare “idealmente alle ricercatrici che in Italia hanno raggiunto importanti risultati nella ricerca su Covid-19”


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 20-12-2019) 03-03-2020, n. 5798

Per la Corte di Cassazione è nulla la notifica del questionario preliminare all’accertamento eseguita alla vecchia residenza, anche se a mani di un familiare che vi abita

La Corte di Cassazione chiarisce che la notifica eseguita presso la vecchia residenza del contribuente è nulla anche se quest’ultimo non ha comunicato la variazione. Decorsi 60 giorni dalla variazione infatti, la legge prevede che il trasferimento è opponibile all’Erario. Non sana la notifica la consegna eseguita nelle mani di un parente che ancora abita nella vecchia residenza, perché non opera la presunzione di convivenza tra il contribuente e il familiare.

L’Agenzia delle Entrate emette un avviso relativo all’imposta Irpef 2004, che ha accertato un imponibile superiore a quello dichiarato dal tennista professionista, anche in conseguenza del disconoscimento di alcune spese dedotte ma non documentate e della mancata risposta a un questionario inviatogli dall’Ufficio. Il contribuente ricorre alla Commissione tributaria provinciale, che lo respinge. Ricorre quindi alla Commissione tributaria regionale che però rigetta anche l’appello.

A questo punto il contribuente ricorre in Cassazione sollevando ben 11 motivi di doglianza. Per l’argomento che interessa trattare in questa sede, il contribuente nel decimo motivo del ricorso ritiene errato che il giudice abbia considerato validamente notificato dall’Ufficio, in data 8 febbraio 2008 “il questionario preliminare all’accertamento controverso, presso il domicilio fiscale, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi del contribuente, e non presso la residenza anagrafica di quest’ultimo, trasferita in Rimini dal 19 luglio 2007.”

Il ricorrente richiama l’art. 60 comma 3 del d.P.R n. 600/1973, da cui deduce che il trasferimento delle residenza anagrafica avvenuto il 19 luglio 2007, era efficace nei confronti dell’Amministrazione procedente a partire dal trentesimo giorno successivo e quindi già operante alla data della notifica dell’8 febbraio 2008 “benché non ancora comunicato all’Ufficio, che avrebbe quindi dovuto eseguire la notifica presso la nuova residenza anagrafica del contribuente, che costituiva anche il nuovo domicilio fiscale di quest’ultimo.”

La Cassazione con sentenza n. 5798/2020 cassa il provvedimento impugnato in relazione ai motivi accolti tra cui figura quello relativo alla notifica. Gli Ermellini accolgono infatti il decimo motivo del ricorso perché fondato. Ai sensi del comma 1 art. 60 d.P.R n. 600/1973 infatti “la notifica non eseguita a mani proprie del contribuente deve essere fatta nel domicilio fiscale di quest’ultimo, che, in forza del precedente art. 58, secondo comma, per le persone fisiche residenti nel territorio coincide con il Comune nella cui anagrafe sono iscritte.”

Pacifico che il ricorrente domiciliato ai fini fiscali nel Comune X, alla data del 24 settembre 2008 trasferiva la sua residenza in un altro Comune. Variazione che, ai sensi dell’art. 58 comma 3 d.P.R 600/1973 e non dell’art. 60 richiamato dal ricorrente, è opponibile all’Ufficio, senza obbligo di comunicarla, dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si è verificata.

Incontestato che la notifica del questionario sia avvenuta dopo i 60 giorni predetti. La Corte quindi afferma che deve ritenersi nulla la notifica del questionario al contribuente, senza che la stessa possa considerarsi sanata per effetto della consegna alla residenza anagrafica e al domicilio fiscale precedenti dello stesso, nelle mani di un familiare. Questo tipo di consegna infatti non fa presumere la convivenza non meramente occasionale, per cui la notifica è nulla.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5964/2012 R.G. proposto da:

G.G., rappresentato e difeso, per procura speciale in atti, anche disgiuntamente, dall’Avv. Prof. Victor Ukmar, dall’Avv. Prof. Giuseppe Corasaniti e dall’Avv. Prof. Francesco d’Ayala Valva, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Parioli, n. 43;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 132/28/11, depositata il 23 settembre 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 dicembre 2019 dal Consigliere Dott. Michele Cataldi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del quarto, del quinto e del sesto motivo di ricorso, ed il rigetto degli altri;

uditi l’Avv. Paolo de Capitani di Vimercate, delegato dall’Avv. Prof. Giuseppe Corasaniti, per il ricorrente.

Svolgimento del processo
1. L’Agenzia delle Entrate ha emesso, nei confronti di G.G., tennista professionista, avviso, relativo all’anno d’imposta 2003, in materia di Irpef, con il quale ha accertato un imponibile maggiore rispetto a quello dichiarato, in conseguenza dell’assunta percezione, da parte del contribuente, di premi per gare disputate in tornei nazionali ed esteri; di compensi erogati dalla Federazione Italiana Tennis (F.I.T.); e del disconoscimento di alcune spese dedotte, ritenute non documentate, anche in conseguenza dell’omessa risposta dal contribuente al questionario inviatogli dall’Ufficio.

2. Avverso l’avviso d’accertamento il contribuente ha proposto ricorso dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Milano, che lo ha respinto.

3. Il contribuente ha allora ha impugnato la sentenza di primo grado e l’adita Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza n. 132/28/11, depositata il 23 settembre 2011, ha rigettato l’appello.

4. Il contribuente ha quindi proposto ricorso, affidato ad 11 motivi, per la cassazione della predetta sentenza d’appello.

5. L’Ufficio si è costituito al solo scopo di partecipare all’udienza di discussione.

6. Il ricorrente ha prodotto memoria.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza d’appello sia per l’omessa indicazione delle richieste delle parti, in violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 3; sia per l’omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., sul motivo d’appello relativo alla nullità della sentenza di primo grado, per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, a causa della sua motivazione carente od insufficiente.

2. Con i successivi cinque motivi (dal secondo al sesto compreso), il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza d’appello per l’omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., su alcuni dei motivi d’appello, corrispondenti a quelli già oggetto del ricorso di primo grado, rispettivamente relativi (la numerazione dell’elenco che segue è quella corrispondente ai motivi del ricorso per la cassazione).

II) alla carenza dei presupposti dell’accertamento emesso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3; all’illegittima applicazione dell’art. 109 t.u.i.r. in materia di disconoscimento dei costi dedotti dalla contribuente; al mancato rispetto dell’art. 9 t.u.i.r. nella conversione di premi di fonte estera imputati al contribuente; alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e dell’art. 53 Cost., relativamente all’inclusione, nelle riprese a tassazione dell’Ufficio, anche di compensi già dichiarati dal contribuente nel Modello Unico 2004 per i redditi percepiti nell’anno 2003, oltre che dei versamenti d’imposta effettuati dallo stesso contribuente in acconto per l’anno 2003, con violazione dell’art. 19 (attuale 22) t.u.i.r.;

III) alla carenza dei presupposti dell’accertamento emesso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, perchè i dati e le notizie che l’Ufficio ha dedotto a sostegno dell’atto impositivo non costituiscono una prova, neppure presuntiva, non essendo dotati dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza;

IV) all’illegittima applicazione dell’art. 109, comma 5, t.u.i.r. in materia di disconoscimento dei costi dedotti dal contribuente, avendo l’Ufficio menzionato, nell’accertamento, il comma 5 di tale disposizione, che, nella versione applicabile ratione temporis, disciplinava il reddito degli enti non commerciali ed era estraneo pertanto alla fattispecie controversa;

V) al mancato rispetto dell’art. 9, comma 2, t.u.i.r. nella quantificazione dei premi di fonte estera imputati al contribuente, avendo l’Amministrazione convertito in Euro gli importi, espressi in dollari statunitensi, al tasso medio di conversione dell’anno di riferimento, mentre la predetta norma dispone che: “Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente pìù prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti; (…)”;

VI) alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e dell’art. 53 Cost., relativamente all’inclusione, nelle riprese dell’Ufficio, anche di compensi già dichiarati dal contribuente nel Modello Unico 2004 per i redditi percepiti nell’anno 2003, oltre che dei versamenti d’imposta effettuati dallo stesso contribuente in acconto per l’anno 2003, con violazione dell’art. 19 (attuale 22) t.u.i.r..

3. Per effetto della loro connessione, ed in parte coincidenza, i primi sei motivi di ricorso, tutti formulati ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vanno trattati congiuntamente, sia pur con le differenziazioni, tra i vari motivi, che risultino via via opportune.

4.Deve, innanzitutto, escludersi che (a differenza di quanto pare dedurre il ricorrente nel primo motivo) sia configurabile una globale nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 3, per l’asserita omessa menzione delle richieste delle parti, ovvero, in particolare, dei motivi d’appello e delle difese del contribuente nel giudizio di appello.

Infatti, in tema di contenuto della sentenza, la “concisa esposizione dello svolgimento del processo” (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 2) e le “richieste delle parti” (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 1, n. 3), non costituiscono un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (Cass., 20/01/2015, n. 920 del 20/01/2015).

Nel caso di specie, sebbene all’interno della parte motiva della sentenza, il giudice a quo, sia pur sinteticamente, ha riportato alcuni dei motivi d’appello del contribuente, in maniera quanto meno sufficiente ad individuare su quali di essi la CTR si sia pronunciata.

E’ vero, peraltro, che l’illustrazione dei motivi d’appello, e la loro conseguente decisione, contenute nella sentenza impugnata, sono oggettivamente parziali, nel senso che diversi dei motivi d’impugnazione proposti dall’appellante nel ricorso di secondo grado (e già introdotti nel ricorso al giudice di prime cure) non sono stati considerati e decisi dalla CTR. Tali carenze, tuttavia, costituiscono, relativamente ad ogni motivo pretermesso nella sentenza, singole omissioni di pronuncia (infatti denunciate, anche separatamente, dal ricorrente nei primi sei motivi del ricorso per cassazione), ciascuna potenzialmente rilevante per la violazione dell’art. 112 c.p.c., ma non determinanti necessariamente la radicale nullità dell’intera sentenza.

4.1. Quanto all’omessa pronuncia (pure denunciata nel primo motivo) in ordine al motivo d’appello relativo alla nullità della sentenza di primo grado, per la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, a causa della sua motivazione carente od insufficiente, deve rilevarsi che il ricorrente, anche attraverso la riproduzione della relativa parte del ricorso alla CTR, ha evidenziato l’incontestata proposizione della censura nel secondo grado di merito.

Tanto premesso, deve darsi atto che, pur mancando un’espressa motivazione sul punto, la sentenza impugnata ha implicitamente negato la carenza assoluta di motivazione della sentenza di primo grado, della quale ha confermato le statuizioni, all’esito, comunque, della valutazione, nel merito, di alcune delle critiche del contribuente all’atto impositivo, riproposte in appello. Valutazione che, peraltro, la CTR avrebbe comunque dovuto fare, anche in presenza della dedotta carenza assoluta di motivazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 2. Altra questione, oggetto dei motivi di ricorso successivi al primo, è se tale valutazione sia stata solo parziale, ovvero abbia riguardato solo alcuni dei motivi d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c.; o viziata in diritto; o non adeguatamente motivata. E’ quindi infondato il primo motivo di ricorso.

5. Il secondo motivo di ricorso è a sua volta infondato, almeno nella parte laddove pare voler sostenere che dalle plurime denunciate omissioni di pronuncia, in ordine a diversi dei motivi d’appello del contribuente, possa derivare una globale e complessiva nullità della sentenza d’appello, atteso che la mancata decisione su alcuni dei rilievi critici alla sentenza di primo grado ed all’accertamento non determina necessariamente l’invalidità della sentenza anche relativamente ai capi sui quali la CTR ha invece provveduto.

Sotto altro aspetto, il contenuto sostanziale del secondo motivo di ricorso raccoglie la denuncia “collettiva” delle omissioni di pronuncia, tutte ciascuna oggetto specifico dei quattro motivi successivi, dalla cui seguente decisione esso risulta sostanzialmente assorbito.

Il secondo motivo è quindi infondato.

6. E’ altresì infondato il terzo motivo, in quanto non sussiste la pretesa omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello relativo all’assunta carenza, già oggetto del ricorso di primo grado, dei presupposti dell’accertamento emesso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 3, perchè i dati e le notizie che l’Ufficio ha dedotto a sostegno dell’atto impositivo non costituiscono una prova, neppure presuntiva, non essendo dotati dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza. Infatti, per quanto sinteticamente, la sentenza ha tenuto conto della critica del contribuente, menzionandola nella parte motiva, e l’ha trattata (anche se in parallelo alle censure attinenti alla motivazione dell’accertamento) e respinta. Altra questione, non attinta dal terzo motivo, è se la decisione sia, in parte qua, viziata in diritto o adeguatamente motivata.

7. E’ invece fondato il quarto motivo, avente ad oggetto l’omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello relativo al disconoscimento dei costi dedotti dal contribuente.

Infatti” pur essendo incontestato che, come evidenziato anche nel ricorso, il contribuente ha censurato (non solo relativamente alta normativa applicabile) tale rilievo sia nel ricorso introduttivo (generando la controdeduzione dell’Amministrazione anche sulla questione) che nell’appello, la sentenza della CTR ha omesso qualsiasi menzione del relativo motivo d’impugnazione, nè dalla motivazione si ricava in alcun modo che su di esso abbia deciso.

8.Infondato è il quinto motivo, relativo alla pretesa omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello avente ad oggetto la violazione dell’art. 9, comma 2, t.u.i.r., nella quantificazione dei premi di fonte estera imputati al contribuente, avendo l’Amministrazione convertito arbitrariamente in Euro gli importi, espressi in dollari statunitensi, al tasso medio di conversione dell’anno di riferimento.

La censura, infatti, è stata presa in considerazione dalla sentenza impugnata, che menziona espressamente il relativo motivo d’appello nella parte motiva, sia pur interpretandolo come la denuncia di un mero errore di calcolo dell’Ufficio nella conversione. La specifica menzione del motivo d’impugnazione nella motivazione, unita al rigetto dell’appello di cui al dispositivo, conducono quindi a ritenere che il giudice a quo si sia pronunciato sul punto. Altra questione, non attinta dal quinto motivo, è se la decisione sia, in parte qua, viziata in diritto o adeguatamente motivata.

9. E’ fondato il sesto motivo, relativo all’omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello avente ad oggetto la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e dell’art. 53 Cost., relativamente all’inclusione, nelle riprese dell’Ufficio, anche di compensi già dichiarati dal contribuente nel Modello Unico 2004 per i redditi percepiti nell’anno 2003, oltre che dei versamenti d’imposta effettuati dallo stesso contribuente in acconto per l’anno 2003, con violazione dell’art. 19 (attuale 22) t.u.i.r.

Pur essendo incontestato che, come evidenziato anche nel ricorso, il contribuente ha censurato l’atto impositivo in parte qua sia nel ricorso introcluttivo (generando la controdeduzione dell’Amministrazione anche sulla questione) che nell’appello, la sentenza della CTR ha omesso qualsiasi menzione del relativo motivo d’impugnazione, nè dalla motivazione si ricava in alcun modo che su di esso abbia deciso.

10. Con il settimo motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42; della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7; e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, norme tutte relative all’obbligo di chiarezza e motivazione dell’avviso d’accertamento, per avere il giudice a quo ritenuto che l’atto impositivo non fosse nullo, nonostante la mancata allegazione ad esso dei documenti che richiamava, costituiti dalla segnalazione della Direzione regionale della Lombardia, del questionario inviato dall’Ufficio al contribuente prima dell’emissione dell’atto impositivo, e delle informazioni fornite dall’Association of Tennis Professionals (A.T.P.) e dalla F.I.T. Giova preliminarmente rilevare che, come risulta dallo stesso ricorso qui in decisione (alle pagg. 11, 20, 42-43), il motivo di ricorso per cassazione è conforme a quello introdotto dal contribuente nel ricorso di primo grado nei limiti della descritta censura della motivazione per relationem, e riproposto in appello. Esulano, invece, dall’oggetto ammissibile del motivo in decisione le ulteriori censure alla motivazione dell’atto impositivo, che dallo stesso ricorso risultano proposte ex novo in appello.

Tanto premesso, il contribuente lamenta che il giudice a quo abbia ritenuto sufficiente, al fine di assolvere all’obbligo di motivazione dell’avviso, che “tutte le informazioni allegate alla segnalazione (idest alla segnalazione della Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate che ha costituito l’incipit della verifica sfociata poi nell’accertamento) e poi riportate nell’avviso d’accertamento, erano comunque costituite da dati perfettamente conosciuti dal contribuente o quanto meno conoscibili dallo stesso, dal momento che riguardano la posizione assunta dal G. nella graduatoria della classifica mondiale, con i relativi risultati ottenuti nei tornei ai quali ha partecipato.”.

La mera conoscibilità di dati esterni all’accertamento non sarebbe, secondo i contribuenti, equivalente alla conoscenza degli atti (nel caso di specie, documenti) esterni all’accertamento, che, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 3, può legittimamente esonerare l’amministrazione dall’allegazione di questi ultimi.

Il motivo è infondato.

Va innanzitutto premesso che è pacifico (come risulta dalle stesse difese del ricorrente e dalla sentenza impugnata) che l’accertamento contenga il riferimento ad atti esterni, le predette “informazioni”, ad esso non allegati.

Dispone la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, ultimo periodo, a proposito degli atti dell’Amministrazione finanziaria, che: ” Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama.”.

In materia di accertamenti in rettifica ed accertamenti d’ufficio, prevede, a sua volta, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ultimo periodo, come modificato dal D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, art. 1, comma 1, lett. c), nella versione vigente ratione temporis, che,: ” Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.”.

Il successivo comma dispone infine che:” L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui al comma 2, ultimo periodo.”.

Nella giurisprudenza di questa Corte, molteplici sono le pronunce che, al fine di soddisfare il requisito della motivazione dell’accertamento, hanno ritenuto sufficiente che l’atto esterno, richiamato da quello impositivo, fosse, se non effettivamente conosciuto, quanto meno conoscibile dal contribuente destinatario dell’avviso.

Non si intende, in questo senso, far riferimento alle affermazioni giurisprudenziali relative alla conoscibilità di atti richiamati, già oggetto di precedente notificazione al contribuente (Cass. 25/07/2012, n. 13110), o sottoposti a pubblicità legale (Cass. 19/12/2014, n. 27055, in motivazione), trattandosi di ipotesi accomunabili dall’operatività di presunzioni legali (per quanto diversificate) di conoscenza, e quindi di equiparazione ex lege della conoscibilità alla conoscenza.

Piuttosto, ci si riferisce a quelle pronunce che hanno ritenuto legittima anche la motivazione per relationem che richiami, senza allegarli, atti che si possano presumere, solo iuris tantum, conosciuti dal destinatario dell’accertamento (Cass. 17/12/2014, n. 26527; Cass. 27/11/2015, n. 24254; Cass. 30/10/2018, n. 27628). E, soprattutto, ci si richiama a quell’orientamento che, finanche nel caso di doppia motivazione per relationem, ovvero quando il documento menzionato nella motivazione dell’atto tributario faccia a sua volta riferimento ad ulteriori documenti, ritiene sufficiente che questi ultimi siano, se non in possesso o comunque conosciuti dal contribuente, quanto meno agevolmente conoscibili da quest’ultimo (Cass. 12/12/2018, n. 32127; Cass. 24/11/2017, n. 28060; Cass. 04/06/2018, n. 14275, ex plurimis, in tema di avviso di accertamento dei redditi del socio che rinvii a quello riguardante i redditi della società, ancorchè solo a quest’ultima notificato; Cass. 17/05/2017, n. 12312, ex plurimis, relativa all’accertamento del maggior valore dell’immobile sulla base dei prezzi medi evincibili dal listino della Borsa immobiliare dell’Umbria, pubblicato dalla locale camera di Commercio ed agevolmente reperibile dalla contribuente).

Infatti, deve ritenersi che l’interpretazione giurisprudenziale della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, ultimo periodo e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2, ultimo periodo e comma 3, nel senso che non sia nullo l’accertamento la cui motivazione fa riferimento ad un altro atto ad esso non allegato, ma conoscibile agevolmente dal contribuente, realizzi un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa (e quindi di buon andamento dell’amministrazione, ex art. 97 Cost.) – che giustificano l’ammissibilità, anche normativa, della motivazione per relationem (sul punto cfr. Cass. 29/01/2008, n. 1906, in motivazione) – ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (rilevante ex artt. 24 e 111 Cost.) nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, che sarebbe illegittimamente compresso se la conoscibilità dell’atto esterno richiamato dalla motivazione non fosse agevole, ma richiedesse un’attività di ricerca complessa.

Deve, pertanto, ritenersi infondato il settimo motivo di ricorso, che imputa al giudice a quo il preteso errore, in diritto, di avere ritenuto sufficiente, al fine di integrare la motivazione per relationem dell’atto emesso nei confronti della società, “quanto meno” la conoscibilità dei dati oggetto delle informazioni raccolte dall’Ufficio. Nè, peraltro, in questa sede è sindacabile il giudizio relativo all’effettiva “conoscibilità” dei dati in questione, trattandosi di valutazione in fatto.

Aggiunto che non è specificamente contestata la ratio decidendi ulteriormente esposta nella sentenza, relativamente alla mancata allegazione della predetta segnalazione (“essendo un documento interno non va notificato al contribuente”), e considerato che la questione attinente alla mancata allegazione del questionario è correlata ed assorbita da quella relativa alla notifica di quest’ultimo al contribuente ed alle conseguenze della mancata produzione della documentazione con esso richiesta dall’Amministrazione, il settimo motivo va respinto.

11. Con l’ottavo motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., assumendo che, dal “complessivo iter motivazionale” adottato dalla CTR, si ricaverebbe che quest’ultima ha attribuito al contribuente l’onere di fornire la prova negativa circa l’inesistenza della percezione dei redditi, correlati alle prestazioni sportive professionali, di cui all’accertamento.

12. Con il nono motivo il contribuente, in subordine all’eventuale rigetto del motivo precedente, denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., assumendo che tali disposizioni sarebbero state violate, ove la motivazione della sentenza impugnata dovesse interpretarsi nel senso che l’Amministrazione, tramite il ricorso a presunzioni semplici, abbia fornito la prova che il contribuente ha percepito i maggiori redditi, derivanti dalle prestazioni sportive professionali, di cui all’accertamento.

Secondo la ricorrente, infatti, il relativo ragionamento inferenziale sarebbe contrario all’art. 2727 c.c., poichè muoverebbe da un fatto (l’effettiva partecipazione del contribuente a tornei di tennis in misura maggiore di quella corrispondente ai compensi dichiarati nell’anno d’imposta in questione) non noto, ma a sua volta presunto dalle informazioni ottenute da F.I.T. ed A.T.P., per presumere altresì la percezione dei premi, o comunque dei compensi, che contribuiscono a costituire il maggior imponibile accertato.

12.1. I due motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.

Infatti, le informazioni provenienti da terzi (e quindi anche da organismi sportivi) costituiscono elementi indiziari che possono costituire i dati e le notizie dai quali desumere, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, anche sulla base di presunzioni semplici, l’incompletezza, la falsità e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione (cfr., sulle dichiarazioni a carico del contribuente rilasciate da terzi all’Amministrazione, nella fase di accertamento, Cass. 07/04/2017, n. 9080 e Cass. 16/03/2018, n. 6616, ex plurimis). Nè, a differenza di quanto pare implicitamente assumere il ricorrente, una volta ricostruita in via indiziaria la più intensa attività sportiva professionale del contribuente, la conseguente determinazione indiziaria dei maggiori redditi contrasta con il divieto del ricorso alla c.d. doppia presunzione. Infatti, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che nel sistema processuale non esiste il divieto delle c.d. presunzioni di secondo grado, in quanto lo stesso non è riconducibile nè agli artt. 2729 e 2697 c.c., nè a qualsiasi altra norma e ben potendo il fatto noto, accertato in via presuntiva, costituire la premessa di un’ulteriore presunzione idonea – in quanto a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. 01/08/2019, n. 20748). Infatti, la sussistenza nell’ordinamento del cosiddetto “divieto di presunzioni di secondo grado o a catena”, è stata esclusa in quanto: ” a) il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (o “divieto di doppie presunzioni” o “divieto di presunzioni di secondo grado o a catena”), spesso tralaticiamente menzionato in varie sentenze, è inesistente, perchè non è riconducibile nè agli evocati artt. 2729 e 2697 c.c. nè a qualsiasi altra norma dell’ordinamento: come è stato più volte e da tempo sottolineato da autorevole dottrina, il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purchè “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 c.c., può legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea – in quanto, a sua volta adeguata – a fondare l’accertamento del fatto ignoto (Cass. n. 18915, n. 17166, n. 17165, n. 17164, n. 1289, n. 983 del 2015);” (Cass. 16/06/2017, n. 15003, in motivazione, al p. 3).

Non ha dunque errato, in diritto, la sentenza impugnata, laddove, senza alcuna inversione dell’onere probatorio, ha premesso che l’Ufficio ha ottemperato all’onere della prova di sua competenza, attraverso il meccanismo inferenziale fondato sui dati ricavati dall’anagrafe tributaria e dalle predette informazioni, escludendo poi che il contribuente avesse fornito prove contrarie.

13. Con il decimo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c); art. 58, comma 2 e art. 60, comma 3, per avere il giudice a quo ritenuto validamente notificato dall’Ufficio, l’8 febbraio 2008, il questionario preliminare all’accertamento controverso, presso il domicilio fiscale di Lissone, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi del contribuente, e non presso la residenza anagrafica di quest’ultimo, trasferita in Rimini dal 19 luglio 2007.

Assume infatti il ricorrente che, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 3, vigente ratione temporis, “Le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della comunicazione prescritta nell’art. 36, comma 2. Se la comunicazione è stata omessa la notificazione è eseguita validamente nel comune di domicilio fiscale risultante dall’ultima dichiarazione annuale.”.

Deduce quindi il ricorrente che, nel caso di specie, in forza della disposizione appena citata, per il contribuente persona fisica, il trasferimento della residenza anagrafica, avvenuto il 19 luglio 2007, sarebbe stato efficace, nei confronti dell’Amministrazione, già dal trentesimo giorno successivo, e quindi sarebbe stato operante alla data, 8 febbraio 2008, della notifica de qua, benchè non ancora comunicato all’Ufficio, che avrebbe quindi dovuto eseguire la notifica presso la nuova residenza anagrafica del contribuente, che costituiva anche il nuovo domicilio fiscale di quest’ultimo.

Il motivo è fondato.

Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c), vigente ratione temporis, la notifica non eseguita in mani proprie del contribuente deve essere fatta nel domicilio fiscale di quest’ultimo, che, in forza del precedente art. 58, comma 2, per le persone fisiche residenti nel territorio Stato coincide con il Comune nella cui anagrafe sono iscritte.

Nel caso di specie, è pacifico (per averlo affermato la stessa Amministrazione, come risulta dalla sentenza) che il ricorrente, già residente anagraficamente e domiciliato ai fini fiscali nel Comune di Lissone, alla data del 24 settembre 2008 aveva trasferito la sua residenza anagrafica nel Comune di Rimini. Tale variazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58, comma 3, vigente ratione temporis, (e non, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, ex art. 60, comma 3, che riguarda invece il mutamento d’indirizzo all’interno dello stesso Comune di domicilio fiscale: Cass. 06/10/2017, n. 23334, in motivazione), a prescindere dalla sua comunicazione all’Ufficio, era opponibile a quest’ultimo dal sessantesimo (quindi non dal trentesimo) giorno successivo a quello in cui si è verificata.

Ed è incontestato (per averlo affermato la stessa Amministrazione, come risulta dalla sentenza) che la notifica del questionario, presso la residenza anagrafica precedente alla variazione, è avvenuta l’8 febbraio 2008, quindi dopo oltre 60 giorni dalla variazione della residenza anagrafica, opponibile quindi all’Amministrazione.

Pertanto, è nulla la notifica del questionario, avvenuta presso la precedente residenza anagrafica, nonchè domicilio fiscale, del contribuente, che non erano più tali a seguito della predetta variazione e del decorso del termine legale di opponibilità.

Nè, comunque, potrebbe ritenersi sanata la notifica per effetto del suo perfezionamento tramite la consegna, presso la residenza anagrafica e domicilio fiscale non più attuali del contribuente, ad un familiare di quest’ultimo, il padre. Infatti, “La notifica a mani di un familiare del destinatario, eseguita presso la residenza del primo, che sia diversa da quella del secondo, non determina l’operatività della presunzione di convivenza non meramente occasionale tra i due, con conseguente nullità della notificazione medesima, non sanata dalla conoscenza “aliuncle” che ne abbia il destinatario, ove non accompagnata dalla sua costituzione.” (Cass. 25/10/2017, n. 25391 del 25/10/2017; nello stesso senso Cass. 05/04/2011, n. 7750).

Tanto meno, poi, emergono dalla sentenza impugnata, e dalle difese delle parti, elementi dai quali desumere che – anche a prescindere dalle forme della notifica, non indispensabili ai fini di integrare l’”invio” di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, – il questionario de quo sia stato comunque comunicato dall’Amministrazione al contribuente in modo che quest’ultimo ne sia venuto effettivamente a conoscenza.

Ha quindi errato il giudice a quo nel ritenere, implicitamente ma inequivocabilmente, valida la notifica del questionario, tanto da ritenere che la mancata risposta allo stesso avrebbe determinato le conseguenze dell’inutilizzabilità dei documenti e dei dati non forniti dal contribuente, nella fase preventiva all’emissione dell’accertamento, ai sensi della L. 18 febbraio 1999, n. 25, art. 25.

La mancata valida notifica del questionario de quo, e comunque la mancata conoscenza, da parte del contribuente, dello stesso atto, non allegato all’accertamento, non determina, di per sè sola, la nullità di quest’ultimo, atteso che: “in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (L. n. 212 del 2000, art. 7) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone la L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3. Ne consegue che all’avviso di accertamento vanno allegati i soli atti aventi contenuto integrativo della motivazione dell’avviso medesimo e che non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale, ma non anche gli altri atti cui l’Amministrazione finanziaria faccia comunque riferimento, i quali, pur non facendo parte della motivazione, sono utilizzabili ai fini della prova della pretesa impositiva”.

Resta quindi ferma, per quanto già rilevato, la validità della motivazione per relationem dell’atto impositivo, fondata su dati e notizie acquisiti comunque aliunde dall’Ufficio. Tuttavia, ai fini della prova dei presupposti dell’imposizione erariale, ha errato il giudice a quo, laddove ha tratto dalla mancata risposta del contribuente al questionario, in realtà non notificatogli, valutazioni istruttorie e l’inutilizzabilità della documentazione e dei dati solo successivamente, in sede contenziosa, prodotti dal contribuente.

14. Va quindi accolto, nei termini di cui alla motivazione che precede, anche l’undicesimo motivo, con il quale il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, commi 4 e 5, applicabili ratione temporis, modificati dalla L. n. 28 del 1999, art. 25, per avere il giudice a quo ritenuto inutilizzabili i documenti ed i dati forniti dal contribuente in giudizio.

15. Deve quindi essere cassata, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo.

P.Q.M.
Rigetta il primo, il secondo, il terzo, il quinto, il settimo, l’ottavo, il nono motivo di ricorso;

accoglie il quarto, il sesto, il decimo e, nei termini di cui in motivazione, l’undicesimo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020


Decreto Presidenza del Consiglio dei Ministri del 7 marzo 2020 – Misure evoluzione Coronavirus (COVID-19)

Leggi: DPCM_20200308