T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., (ud. 19-03-2014) 02-04-2014, n. 264

Se è vero infatti che l’art. 10-bis della legge 241/1990 … non impone la puntuale e analitica confutazione delle argomentazioni svolte dalla parte privata – essendo sufficiente ai fini della giustificazione del provvedimento adottato la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso – è altrettanto vero che l’assolvimento dell’obbligo di dar conto nella motivazione del provvedimento finale delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate a seguito della comunicazione del motivi ostativi, non può consistere nell’uso di formule di stile che affermino genericamente la loro non accoglibilità, dovendosi dare espressamente conto delle ragioni che hanno portato a disattendere le controdeduzioni formulate.

Leggi: T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., (ud. 19-03-2014) 02-04-2014, n. 264


Circolare 03/2014 – Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Il Codice di comportamento dei dipendenti Pubblici è definito ai sensi dell’art. 54, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001 e dell’art. 1, comma 2, del Codice di comportamento generale, approvato con D.P.R. n. 62 del 16/04/2013.

Come disciplinato all’art. 2, comma 3, del citato D.P.R. n. 62/2013, il Codice prevede che gli obblighi ivi previsti si estendono, per quanto compatibili, a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di supporto agli organi di direzione politica dell’Ente, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi che realizzano opere nei confronti dell’Amministrazione.

Gli stessi obblighi si estendono, altresì, per quanto compatibili, ai dipendenti dei soggetti controllati o partecipati dal Comune.

Pertanto si propone in calce alla presente circolare il modulo che ciascun associato dovrà obbligatoriamente presentare al proprio Dirigente (ovviamente protocollato) al fine di evitare provvedimenti spiacevoli.

Di seguito un commento al Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici.

 La Commissione Normativa

Leggi: Circolare 2014-003 Codice di comportamento dei dipendenti pubblici


L’appropriazione del timbro dell’ufficio, anche se non più in uso, da parte del dipendente pubblico è peculato

La Corte Suprema di Cassazione si è pronunciata su una vicenda che vedeva imputato un uomo, condannato alla pena di oltre tre anni di reclusione, in quanto, avendo come impiegato del Ministero delle Finanze la disponibilità di un timbro del Ministero stesso, se ne era appropriato, la Cassazione ha chiarito che il reato sarebbe comunque configurabile anche nel caso in cui il timbro non fosse più in uso

Leggi: Corte Suprema di Cassazione n. 8650/2014


La postina che, per finire prima il “giro”, falsifica la firma del destinatario della raccomandata commette falso in atto pubblico

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata su una vicenda che vedeva imputata una postina, ritenuta responsabile del reato di falso in atto pubblico per avere, in qualità di portalettere, contraffatto la firma del destinatario sugli avvisi di ricevimento di sei raccomandate dirette ad uno studio di commercialisti, la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna pronunciata dai giudici di merito, ritenendo quindi pienamente configurabile il reato previsto dall’art. 476 c.p.

Leggi: Cassazione penale Sez. V, Sent., (ud. 16-10-2013) 21-02-2014, n. 8422


INCENTIVI PROGETTAZIONE tra condanne e pronunce contrastanti

In materia di incentivi per la progettazione la Corte dei Conti stabilisce che tali incentivi spettano solo in caso di progettazione di un’opera pubblica

In materia di incentivi per la progettazione già nel 2013 diverse sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti si sono espresse nel senso che tali incentivi spettano solamente quando l’attività di progettazione riguardi la costruzione di un’opera pubblica, escludendo dal novero delle attività retribuibili con l’incentivo in questione i lavori di manutenzione ordinaria o le attività di pianificazione (sez. Toscana n. 15/2013 e sez. Umbria n. 125/2013).

Di opposto avviso, invece, la pronuncia della sez. Veneto n. 361/2013, che ha ammesso l’incentivo in argomento per qualsiasi atto di pianificazione comunque denominato, affermando che l’intenzione del legislatore è stata quella di attribuire la giusta retribuzione all’attività di pianificazione, anche mediata, a prescindere dal suo collegamento con un’opera pubblica. Ha inoltre sottolineato che la previsione dell’art. 92 comma 6 d.lgs. 163/2006 contiene una esplicita norma di incentivazione che deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione nel pubblico impiego ai sensi dell’art. 24 d.lgs. 165/2001.

In materia, è inoltre intervenuta l’Avvocatura dello Stato con il parere n. 21/12/2013 – 513720/23 pubblicato il 20/2/2014. In particolare, l’Avvocatura dello Stato si è espressa nel senso che – ai sensi del combinato disposto degli artt. 24 d.lgs. 165/2001 e 92 comma 5 d.lgs. 163/2006, in base all’orientamento del Consiglio di Stato espresso in sede consultiva (Commissione Speciale Pubblico Impiego, parere 4/5/2005) – si ritiene che i pubblici dirigenti siano da escludere dall’ambito di applicazione degli incentivi ex art. 92.

Inoltre, anche nel 2014 si registrano due pronunce Una è addirittura di condanna per danno erariale emessa in sede giurisdizionale, con cui si afferma che il documento preliminare alla progettazione è diverso dalla progettazione preliminare e non da’ diritto alla liquidazione dei compensi incentivanti ex art. 92 (sez. giurisdizionale Calabria, sentenza n. 22 del 3/2/2014).

La vicenda verte in materia di liquidazione a favore del dirigente comunale dell’incentivo per la progettazione dei lavori di “riqualificazione urbana e relative opere di urbanizzazione”; l’architetto è risultato autore del solo documento preliminare alla progettazione e non anche del progetto vero e proprio, per la cui redazione lo stesso dirigente aveva stipulato con una società d’ingegneria una convenzione d’incarico riguardante tutte le fasi della progettazione, preliminare, definitiva ed esecutiva dell’opera pubblica in questione.


Corso formazione/aggiornamento Iglesias (CI) – 23.06.2014

LA NOTIFICA ON LINE

Lunedì 23 Giugno 2014

Comune di Iglesias

 Sala Riunioni del Centro Direzionale Amministrativo

Via Isonzo 7

Orari:  9:00 – 13:00   14:00 – 17:00

Con il patrocinio del Comune di Iglesias

Quote di partecipazione al corso:

€ 142,00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 212,00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali e sono comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Iglesias 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – ed è comprensiva dell’imposta sul bollo di € 2,00

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Durì Francesco

  • Resp. Servizio Notifiche del Comune di Udine
  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Corso realizzato con il sistema Outdoor training

Programma:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: notifiche atti pervenuti tramite P.E.C.
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c. : notificazione nella resi- denza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi

La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010

La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio scono- sciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 149 bis c.p.c. ed il Codice della Am ministrazione Digitale (D. Lgs 82 /2005)
  • La trasmissione di atti a mezzo posta elettronica
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica

Le novità introdotte dalla “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973

L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973

L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)

  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • Il D.P.R. 602/1973

L’Art 26 del D.P.R. 602/1973

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy
  • Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso dovrà essere effettuata inviando tramite fax o mail il modulo (link “Modulo di iscrizione …” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE IGLESIAS 2014

Vedi: Video della Giornata di Studio

Vedi: 


Corso formazione/aggiornamento Alba Adriatica (TE) – 10.04.2014

LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 10 aprile 2014

Comune di Alba Adriatica

Sala Conferenze – Sede distaccata

Via Andrea Bafile 73

Orari:  9:00 – 13:00   14:00 – 17:00

Con il patrocinio del Comune di Alba Adriatica TE

  • Quote di partecipazione al corso:

    € 132,00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
    € 202,00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
    € 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

    La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

    Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

    Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Alba 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Asirelli Corrado

  • Resp. Servizio Notifiche del Comune di Cesena (FC)
  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

 

Corso realizzato con il sistema Outdoor training

Programma:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: notifiche atti pervenuti tramite P.E.C.
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c. : notificazione nella resi- denza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi

La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010

La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il do- miciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio scono- sciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 149 bis c.p.c. ed il Codice della Am ministrazione Digitale (D. Lgs 82 /2005)

La trasmissione di atti a mezzo posta elettronica

La PEC

La firma digitale

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Le novità introdotte dalla “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973

L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973

L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)

  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • Il D.P.R. 602/1973

L’Art 26 del D.P.R. 602/1973

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy
  • Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

 Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso dovrà essere effettuata inviando tramite fax o mail il modulo (link “Modulo di iscrizione …” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Alba Adriatica 2014

Vedi: Video della Giornata di Studio

Vedi:


8 marzo. Festa della donna

L’origine della Festa dell’8 Marzo risale al 1908, quando un gruppo di operaie di una industria tessile di New York scioperò come forma di protesta contro le terribili condizioni in cui si trovavano a lavorare.
Lo sciopero proseguì per diverse giornate ma fu proprio l’8 Marzo che la proprietà dell’azienda bloccò le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire dalla stessa.
Un incendio ferì mortalmente 129 operaie, tra cui anche delle italiane, donne che cercavano semplicemente di migliorare la propria qualità del lavoro.
Tra di loro vi erano molte immigrate, tra cui anche delle donne italiane che, come le altre, cercavano di migliorare la loro condizione di vita. L’8 marzo assunse col tempo un’importanza mondiale, diventando il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e il punto di partenza per il riscatto della propria dignità.
L’8 Marzo è quindi il ricordo di quella triste giornata.
Non è una “festa” ma piuttosto una ricorrenza che si ripropone ogni anno come segno indelebile di quanto accaduto il secolo scorso.


Autotutela, l’Agenzia delle Entrate può annullare l’avviso di liquidazione irregolare e rettificarlo

In materia di autotutela, la Corte di Cassazione ha precisato che l’Agenzia delle Entrate può annullare l’avviso di liquidazione irregolare (nella fattispecie privo di sottoscrizione da parte dell’ufficio)  ed emetterne un secondo rettificato.

Viene così respinto il ricorso con cui si rilevava l’illegittimità dell’avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro; l’Ufficio aveva operato la reiterazione di tale avviso e ciò, stando al ricorrente, non era giustificato da elementi conosciuti o emersi successivamente.

L’Agenzia delle Entrate, ad avviso della Suprema Corte, in mancanza di una norma ostativa, può emanare nei termini di decadenza, nell’esercizio del potere di autotutela, atti sostitutivi di quelli precedenti, ancorché identici nel contenuto e con lo stesso numero di protocollo dell’atto sostituito.

Già in altre occasioni si è affermato che  è legittimo il comportamento dell’amministrazione finanziaria che annulli un avviso di accertamento, già notificato al contribuente e, nell’esercizio del potere generale di autotutela, diverso dal potere previsto dall’art. 43, comma terzo, del d.P.R. n. 600 del 1973, lo sostituisca con un nuovo avviso (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2531 del 22/02/2002, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19064 del 12/12/2003).

Né è preclusivo dell’intervento sostitutivo, aggiunge la Cassazione, la circostanza che il giudizio sul primo atto fosse ancora pendente

Leggi: Corte di Cassazione, sentenza 28 Febbraio 2014, n. 4823


Cons. Stato Sez. IV, Sent., (ud. 20-12-2013) 04-03-2014, n. 1024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5953 del 2011, proposto da:

M.S.M.T., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Montano, con domicilio eletto presso Francesca Maria Esposito in Roma, piazza Prati degli Strozzi N.32;

contro

Comune di Lamezia Terme in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Mariannina Scaramuzzino, con domicilio eletto presso Bruna D’Amario in Roma, via Varrone, 9;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE II n. 00590/2011, resa tra le parti, concernente approvazione progetto preliminare dei lavori di riqualificazione – decreto di esproprio

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lamezia Terme;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Mariannina Scaramuzzino;

Svolgimento del processo
Il Comune di Lamezia, nel 2006 approvava un progetto preliminare di lavori per la riqualificazione della piazza Romagna in fraz. Zangarona; l’1/3/2007 approvava il progetto definitivo dei lavori, contemplanti, tra l’altro la costruzione di un auditorium, previo esproprio di edifici fatiscenti.

Il progetto implicante dpu era impugnato dalla sig.ra T., proprietaria di immobili interessati dai lavori, dinanzi al TAR Calabria. L’amministrazione proseguiva nella sua azione e, in data 28/08/2009, emanava decreto di esproprio, prendendo possesso dell’immobile in data 18/11/2009. Quest’ultimi atti erano impugnati con motivi aggiunti.

Il TAR (per quanto in questa sede ancora rileva) ha respinto le censure relative all’approvazione del progetto (incompetenza del Comune; insufficienza della motivazione, irragionevolezza della localizzazione); ha dichiarato inammissibili in quanto tardive, quelle relative al decreto di esproprio.

Propone ora appello la sig.ra T..

I motivi aggiunti sarebbero tempestivi, poiché il Comune sapeva che la medesima era domiciliata presso altro indirizzo (ove aveva precedentemente notificato altri atti); in ogni caso il procedimento di notifica, condotto ex art. 140 c.p.c. non si sarebbe perfezionato in ragione di vizi relativi al secondo avviso ed alla compiuta giacenza.

Nel merito: il progetto e la dpu sarebbero illegittimi in quanto non preceduti da vincolo preordinato all’esproprio (l’opera non era prevista, quindi avrebbe dovuto procedersi in variante, ex art. 11 TU espropri); I termini indicati nella dpu sarebbero di due anni, al momento dell’inizio dell’espropriazione ampiamente scaduti; la localizzazione sarebbe altresì irragionevole.

Si è costituito il Comune di Lamezia Terme insistendo per la reiezione del gravame.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 dicembre 2013.

L’appello non è fondato per i motivi che seguono:

Motivi della decisione
Preliminare ed assorbente appare il motivo d’appello con il quale è dedotta erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto tardiva l’impugnazione del decreto di esproprio n. 2 del 28/09/2009.

Il provvedimento sarebbe stato conosciuto solo a seguito di accesso agli atti in data 9/3/2010. La notifica effettuata da messo comunale in data 9/10/2009, in applicazione dell’art. 140 c.p.c.., non sarebbe valida, in quanto: a) la raccomandata sarebbe stata spedita all’indirizzo di residenza anagrafica e non al domicilio, ben conosciuto dall’amministrazione; b) la raccomandata spedita ex art. 140 c.p.c., a seguito della temporanea assenza constata in occasione dell’accesso del messo, non sarebbe stata mai consegnata, essendo stata restituita al mittente con la scritta “irreperibile”. La giurisprudenza avrebbe chiarito che ai fini della validità della notifica è invece necessaria la prova della ricezione della seconda raccomandata.

Il motivo non è fondato.

E’ pur vero che l’art. 140 c.p.c. è stato oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale (3/2010) che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.

Tuttavia la pronuncia non giova all’appellante poiché nel caso di specie, dopo il vano tentativo del messo comunale, la raccomandata è stata spedita dal messo e recapitata dall’agente postale all’indirizzo del destinatario, anche se, neanche questa volta il destinatario era presente, sicchè la raccomandata è stata restituita al mittente.

Si vuol cioè dire che, ne caso di specie, non è in discussione il principio della spedizione, atteso che il ricorso sarebbe tardivo anche se si prendesse quale dies a quo della conoscenza quello successivo al decorso dei 10 gg dalla spedizione.

L’appellante è conscio di questa circostanza ed infatti focalizza le sue argomentazioni difensive sul valido decorso dei 10 gg ai fini della presunzione di legale conoscenza (che denomina, in realtà impropriamente “compiuta giacenza”), ritenendo che ove la raccomandata sia restituita immediatamente dall’agente postale al mittente, e non trattenuta in giacenza presso l’ufficio postale per almeno 10 gg. la presunzione di legge non scatti.

La tesi non può essere condivisa.

La Corte costituzionale, laddove ha ritenuto inidoneo ai fini della notifica il principio della spedizione, ha esteso la presunzione di legale conoscenza, prevista per le notifiche per posta ex art. art. 8 della L. n. 890 del 1982 e succ. mod. anche alla fase “postale” della notifica ex art. 140 c.p.c..

Il risultato è, nel caso di specie, che la notifica deve ritenersi perfezionata nei dieci giorni dalla spedizione della raccomandata. Null’altro.

Non può ulteriormente pretendersi che debba essere provata anche l’effettiva ricezione, né che debba essere riportata, sull’avviso di ricevimento della raccomandata non potuta recapitare per assenza del destinatario, anche la scritta “compiuta giacenza”, secondo un non ammissibile processo di tendenziale e totale equiparazione del disposto dell’art 140 c.p.c. a quello di cui art. 8 della L. n. 890 del 1982.

La scritta “compiuta giacenza” (e la sottostante giacenza presso l’ufficio postale) è piuttosto necessaria per gli atti giudiziari notificati a mezzo posta poiché in quel caso il plico contenente l’atto è detenuto dall’ufficio postale, ed al notificante è data notizia di una attività (quella di spedizione della “seconda” raccomandata) che è svolta dall’agente postale ed esula dalla sfera di conoscenza del primo.

Nel 140 c.p.c. invece la raccomandata è fatta dallo stesso ufficiale giudiziario o messo che ha tentato senza successo la consegna a mani. Egli ben sa quando ha spedito e quanto si deve conseguentemente ritenere prodotto l’effetto della presunta conoscenza ritenuto comunque applicabile dalla Corte Costituzionale.

Piuttosto, ai fini della presunzione legale di conoscenza, ed alla luce della ratio che ha ispirato la sentenza 3/2010 della Corte costituzionale è necessario avere prova (non già della consegna ma) del fatto che la raccomandata è effettivamente giunta al recapito del destinatario, e che non si sia invece smarrita o finita erroneamente presso altro recapito. E la prova è raggiunta a mezzo della produzione dell’avviso di ricevimento, sia esso sottoscritto dal destinatario (o persone abilitate) sia esso annotato dall’agente postale in ordine all’assenza di quest’ultimo.

Siffatta disciplina non è del resto irragionevole ove si consideri che a differenza delle notifiche a mezzo posta, il 140 c.p.c. contempla un primo tentativo di accesso da parte dell’ufficiale giudiziario (quindi non una semplice raccomandata) nonché il successivo deposito di copia nella casa comunale, ed avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario.

Era invece irragionevole la coincidenza degli effetti della notifica con la semplice spedizione della raccomandata, ma a tale aporia ha posto rimedio la Corte costituzionale imponendo che la decorrenza degli effetti si abbia al momento del recapito della raccomandata o comunque decorsi 10 giorni dalla spedizione. La previsione di tale ultima presunzione è stata in particolare giustificata, nel ragionamento della Corte, nel bilanciamento tra le esigenze di certezza nella individuazione della data di perfezionamento del procedimento notificatorio, di celerità nel completamento del relativo iter e di effettività delle garanzie di difesa e di contraddittorio, nei termini già operati dall’art. 8 della L. n. 890 del 1982.

Tornando al caso in esame, la raccomandata è stata spedita dal messo comunale in data 9/10/2009 e restituita dall’agente postale per constatata assenza del destinatario, indi la notifica si è perfezionata, per il destinatario il 29/10/2009, decorsi 10 giorni dalla spedizione.

I motivi aggiunti sono stati notificati il 2 aprile 2010, ictu oculi dopo lo scadere del termine decadenziale.

Prive di pregio, in proposito, sono le ulteriori considerazioni circa la divergenza fra il domicilio (asseritamente conosciuto dall’amministrazione) e la residenza anagrafica.

L’amministrazione ha dimostrato, non solo che la residenza è stata storicamente sempre la medesima, ma anche che il diverso indirizzo indicato dall’appellante quale effettivo domicilio, è stato in passato utilizzato per la notifica di precedenti atti amministrativi dello stesso procedimento, con identici esiti di irreperibilità.

La tardività del gravame avverso il decreto di esproprio, rende privo di reale interesse il vaglio dei motivi concernenti gli atti pregressi, atteso che, anche ove di addivenisse ad una pronuncia caducatoria della dpu, essa non sarebbe idonea a determinare una caducazione automatica dell’esproprio non tempestivamente impugnato.

In ogni caso, il Collegio ritiene che le statuizioni di prime cure, meritino condivisione anche in relazione all’accertata legittimità degli atti pregressi, in punto di competenza del Comune e di localizzazione dell’opera. Sul punto è sufficiente limitarsi a richiamare quanto già affermato dal Giudice di prime cure, non senza rilevare che il motivo d’appello ruotante sull’assenza di una valido vincolo preordinato all’esproprio, sia in gran parte nuovo rispetto a quanto stringatamente e non del tutto perspicuamente dedotto in sede di ricorso introduttivo.

In conclusione, l’appello è respinto.

Avuto riguardo alla peculiarità delle questioni trattate, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 09-01-2014) 28-02-2014, n. 4823

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6212-2008 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio GABBANI e dell’avvocato D’AMICO ROBERTO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

CONTRO

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di LATINA, depositata il 30/01/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 619/39/06, depositata il 30.1.2007, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina n. 63/08/2004, dichiarava la legittimità dell’avviso di liquidazione, relativo all’imposta di registro, a seguito della sentenza della commissione tributaria provinciale di Latina 97/08/99, passata in giudicato, ritenendo possibile la rinnovazione, nei termini di decadenza, del precedente atto di liquidazione affetto da vizi (mancanza di sottoscrizione da parte dell’ufficio), ancorché identico nel contenuto recante lo stesso numero di protocollo. Proponeva ricorso per cassazione C.M. deducendo i seguenti motivi:

a)      errata applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art.43 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 rilevando l’illegittimità del secondo avviso di liquidazione, non giustificato da elementi conosciuti o emersi successivamente, ma emesso solo per correggere a posteriori il vizio formale del difetto di sottoscrizione del precedente avviso di liquidazione;

b)      errata applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 53 e 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, rilevando l’illegittimità dell’avviso di liquidazione riferita a un periodo oggetto di condono ex L. n. 413 del 1991.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 9.1.2014, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

In relazione al primo motivo di ricorso va rilevato che l’ufficio ha provveduto a notificare, nel termine triennale, altro avviso di liquidazione completo di sottoscrizione, a rettifica del precedente avviso non sottoscritto.

Non è applicabile alla fattispecie del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 che disciplina l’accertamento delle imposte sui redditi, trattandosi di imposta di registro.

L’Amministrazione, in mancanza di una norma ostativa, può emanare nei termini di decadenza, nell’esercizio del potere di autotutela, atti sostitutivi di quelli precedenti, ancorché identici nel contenuto e con lo stesso numero di protocollo dell’atto sostituito.

Questa Corte ha già rilevato che è legittimo il comportamento dell’amministrazione finanziaria che annulli un avviso di accertamento, già notificato al contribuente e, nell’esercizio del potere generale di autotutela, diverso dal potere previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 lo sostituisca con un nuovo avviso (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2531 del 22/02/2002, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19064 del 12/12/2003).

Nè è preclusivo dell’intervento sostitutivo la circostanza che il giudizio sul primo atto fosse ancora pendente.

2.11 secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto censura la sentenza sotto il profilo dell’errata applicazione della L. n. 413 del 991, mentre il vizio avrebbe dovuto essere formulato quale violazione dell’art. 112 c.p.c. non essendosi la CTR pronunciata al riguardo.

Il motivo è comunque infondato in quanto la domanda di condono era inerente all’imposta Invim e non rileva ai fini dell’imposta di registro, solidalmente dovuta da tutti i contraenti.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.

 Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2014.

 Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2014


Inammissibile l’impugnazione presentata con raccomandata online

La spedizione dell’impugnazione mediante raccomandata inviata con il mezzo telematico attraverso il servizio internet di posta raccomandata “online”, non consentendo la trasmissione dell’atto scritto in originale, in quanto si sostanzia nell’inoltro di un testo o un’immagine in formato digitale che le poste provvedono successivamente a stampare e recapitare al destinatario, deve ritenersi inidonea a soddisfare i requisiti di forma prescritti, a pena di inammissibilità, per la proposizione e la spedizione dell’atto di impugnazione.

Leggi: Cassazione penale Sentenza, Sez. III, 17-02-2014, n. 7337-Inammissibile l’impugnazione presentata con raccomandata on line


Corso formazione Lecce – 6 marzo 2014

Giovedì 6 marzo 2014

Provincia di Lecce

Polizia Provinciale

Via Umberto I° 13

Lecce

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

in Collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Lecce e la Società Vigeura s.r.l.

Lombardi Giuseppe

  • Resp. Servizio Notifiche del Comune di Alessandria
  • Membro del Consiglio Generale  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

PROGRAMMA:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità
  • Qualifica soggettiva di pubblico ufficiale (art. 357, c.p.)

Il procedimento di notificazione:

  • Art. 137 c.p.c: il rispetto della privacy nel procedimento di notificazione
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Notificazione nella residenza, dimora e domicilio
  • L’art. 139 c.p.c. e criteri presenziali
  • Concetto di dimora, residenza e domicilio
  • Notifica a persone diverse dal destinatario (familiari, addetti alla casa o all’ufficio)
  • Notificazione in caso di irreperibilità o di rifiuto a ricevere la copia dell’atto (art. 140 c.p.c) e l’interpretazione della giurisprudenza: le novità alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale (gennaio 2010)
  • Notificazione presso il domiciliatario (art. 141 c.p.c)
  • Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella repubblica (art. 142 c.p.c.)
  • Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 c.p.c.)
  • Notificazioni alle amministrazioni statali (art. 144 c.p.c.)
  • Notificazione alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c) e novità introdotte dalla L. 263/2005 : analisi delle pronunce giurisprudenziali in tema di notificazione a persone giuridiche
  • Il ritiro degli atti presso la casa comunale (da parte di terzi e intestatari)

La notificazione a mezzo del servizio postale

  • Attività del messo e attività dell’ufficiale postale: ambito di applicazione della L. 890/1982 – Analisi delle diverse casistiche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali
  • Le modifiche all’art. 149 c.p.c.
  • Il nuovo art. 149 bis c.p.c e la notificazione a mezzo posta elettronica
  • La notificazione delle violazioni al Codice della Strada: le novità introdotte dall’art. 36 della L. 120/2010 ” Disposizioni in materia di sicurezza stradale”
  • Soggetti – I nuovi termini per le notifiche – Validità delle notificazioni

EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL MESSO IN SENSO “DIGITALE”

La pubblicazione di atti e documenti all’albo on line

  • Le novità introdotte dall’art. 32 della L. 69/2009: la pubblicazione legale sul sito web a partire dal 1 gennaio 2011 – Aspetti problematici
  • Il Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale: cosa pubblicare all’albo, originali e copia, il valore del pdf
  • La trasmissione informatica di documenti: le modifiche apportate agli art. 45, 47 e 48 del D. Lgs. 82/2005
  • La referta di pubblicazione all’albo on line: che può firmare ma, soprattutto, come firmare – Le modifiche introdotte dall’art. 1 del D. Lgs. 235/2010: la firma elettronica
  • Le recentissime novità in materia di posta elettronica certificata e l’introduzione dell’art. 149 bis del c.p.c. ovvero la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata
  • Le problematiche conseguenti alla modifiche apportate all’art. 26 del DPR 602/1973: la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC
  • Le raccomandazioni del Garante privacy contenute nella delibera n. 88/2011 : i limiti temporali, il rispetto del diritto all’oblio, le responsabilità
  • Risposte ai quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Provinciale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore Provinciale previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)


Cassazione penale Sez. V, Sent., (ud. 16-10-2013) 21-02-2014, n. 8422

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLDI Paolo – Presidente –

Dott. LAPALORCIA Grazia – rel. Consigliere –

Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere –

Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere –

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.M. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3553/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 06/07/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. T.M. ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze in data 6-7-2012, che, confermando quella del Tribunale di Lucca del 2-12-2008, l’ha ritenuta responsabile del reato continuato di cui all’art. 476 c.p., per avere, in qualità di portalettere, contraffatto la firma del destinatario sugli avvisi di ricevimento di sei raccomandate dirette ad uno studio di commercialisti di Lucca.

2. Secondo la prospettazione accusatola condivisa dai giudici di merito anche sulla base di perizia grafologica, l’imputata, dovendo effettuare la consegna delle raccomandate in orario di chiusura dello studio, le aveva lasciate fuori dal portone apponendo essa stessa la firma per ricevimento del destinatario e restituendole al mittente, così evitando di tornare sul luogo per la seconda volta.

3.Tale conclusione, già fondata sul rilievo che le firme del portalettere e quelle del destinatario sugli avvisi di ricevimento apparivano opera della stessa mano, era confermata dall’esito della perizia, secondo la quale le sottoscrizioni apposte nello spazio degli avvisi di ricevimento riservato al destinatario erano riferibili alla T., la quale aveva pure riconosciuto come propria quella che figurava sotto l’indicazione “capo agenzia distributrice” sull’avviso di ricevimento terminante con le cifre …

241, avendo anche ammesso di essere stata lei quel giorno l’incaricata del recapito della posta.

4. Nel corso del giudizio di appello il perito, riconvocato, dichiarava che la parte iniziale della firma riconosciuta dall’imputata, era agevolmente comparabile con le sigle presenti su tutti gli altri avvisi e in particolare su quelli … 242 e … 243.

5. Il ricorso è articolato in tre motivi.

6. Con il primo si deduce omessa notifica del decreto di citazione all’imputata in violazione dell’art. 601 c.p.p., comma 1, e art. 157 c.p.p., comma 8 bis.

7. Con il secondo la ricorrente lamenta violazione di legge (art. 476 c.p., e art. 597 c.p.) e vizio di motivazione per mancato esame della questione sollevata con l’atto di appello relativa alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato: la corte del territorio, nel concludere che la condotta dell’imputata era ascrivibile alla sua scelta di non tornare per la seconda volta nello stesso posto, aveva ritenuto che il dolo fosse in re ipsa senza considerare la possibilità di una semplice leggerezza della T..

8. Il terzo motivo addebita alla sentenza vizio di motivazione in quanto il perito, che nella relazione aveva affermato che le sei sigle apposte nello spazio riservato al destinatario erano opera di una sola mano e precisamente di quella della T. sulla base del raffronto con firme e scritte autografe dell’imputata, sentito a chiarimenti nel giudizio di appello – avendo l’appellante osservato che era mancato il raffronto tra le firme del destinatario, quelle del capo agenzia distributrice e quelle sulla distinta di recapito del portalettere -, aveva confermato che le firme in contestazione erano della T., osservando che quella sull’avviso di ricevimento .. 241, nella zona riservata al capo agenzia distributrice, era stata riconosciuta come propria dall’imputata, trascurando che la paternità di tale firma non era in contestazione.

Allo stesso modo la corte fiorentina aveva motivato la non necessità di una nuova perizia relativamente alle firme del capo agenzia distributrice, che non erano in contestazione. Comunque, sempre secondo la ricorrente, la corte non aveva indicato le ragioni per le quali aveva ritenuto condivisibile la perizia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va disatteso.

2. Il dedotto vizio della notifica all’imputata del decreto di citazione per il giudizio di appello, integra una nullità che, ove sussistente (il che sembrerebbe smentito dal fatto che i due difensori di fiducia risultano aver ricevuto una doppia notifica, la seconda delle quali dopo che la T. era risultata irreperibile nel luogo di residenza, quindi, all’evidenza, per la stessa), è a regime intermedio e doveva essere dedotta dinanzi alla corte territoriale, il che non è avvenuto. Tale notifica non può infatti considerarsi inesistente e quindi equiparabile ad una notificazione omessa, dovendo piuttosto reputarsi idonea, in concreto, a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputata in quanto la notificazione presso il difensore, salvo che risultino elementi di fatto contrari, non è inidonea a determinare, in ragione del rapporto fiduciario, la conoscenza effettiva del procedimento da parte dell’imputato, e nella specie il difensore di fiducia, presente all’udienza, non aveva sollevato eccezioni (Cass. Sez. U 119/2004, Cass. 45990/2007, 23658/2008).

3. E’ poi infondato il secondo motivo che investe la sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Ad escludere la possibilità di una semplice leggerezza dell’imputata, la corte ha infatti valorizzato l’intento della stessa di non tornare per la seconda volta presso lo studio di commercialisti trovato chiuso al momento della consegna delle raccomandate, idoneo a dimostrare coscienza e volontarietà di falsificare la firma del destinatario, non presente al primo accesso.

4. Del pari infondata la terza doglianza.

5. L’esame della questione dedotta deve muovere dal rilievo che, secondo quanto riconosciuto dalla stessa ricorrente, il perito grafologo aveva concluso nel senso che le sei sigle apposte nello spazio riservato al destinatario erano opera di una sola mano e precisamente, sulla base del raffronto delle prime con firme e scritture autografe dell’imputata, di quella della T.. Ciò è sufficiente a sorreggere l’affermazione di penale responsabilità avendo quest’ultima ammesso di essere stata lei quel giorno l’addetta alla consegna della posta e risultando che le raccomandate non erano state consegnate nello studio del commercialista, ma lasciate fuori dal portone dell’edificio.

6. Il mancato raffronto, lamentato dalla ricorrente che aveva per questo sollecitato l’esame a chiarimenti del perito nel giudizio di appello, tra le firme apparenti del destinatario, quelle del capo agenzia distributrice e quelle sulla distinta di recapito del portalettere, risulta superato dalla conferma da parte del perito stesso, in sede di audizione a chiarimenti, che le firme in contestazione erano della T., accompagnata dal rilievo, evidenziato in sentenza, che quella presente per esteso sull’avviso di ricevimento .. 241, nella zona riservata al capo agenzia distributrice, riconosciuta come propria dall’imputata, era nella sua parte iniziale agevolmente comparabile (o meglio compatibile) con le sigle presenti su tutti gli altri avvisi di ricevimento. Ciò non significa, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che il perito abbia affermato che la firma riconosciuta fosse tra quelle sospette di falsità, ma vale piuttosto a rimarcare la superfluità del raffronto di cui sopra in quanto tale riconoscimento implica anche la definitiva ammissione della prevenuta di essere stata lei la portalettere incaricata quel giorno della consegna delle raccomandate con falsa firma del destinatario, recapitate tutte nello stesso luogo e nella stessa data lasciandole fuori dal portone, quindi da un’unica persona, da identificare nella T., unica interessata alla falsificazione.

7. Nè è esatto che la corte fiorentina abbia motivato la non necessità di una nuova perizia riferendosi alle firme del capo agenzia distributrice, che non erano in contestazione, avendo piuttosto ritenuto inutile, per le ragioni di cui sopra, il raffronto di esse con quelle del destinatario, attribuite dal perito all’imputata. Così come è infondato l’addebito mosso alla sentenza di mancata indicazione delle ragioni per le quali era stato condiviso l’esito della perizia, addebito non solo generico, ma che non tiene conto delle ulteriori risultanze, sopra evidenziate, che avvalorano le conclusioni del perito.

8. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014


Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-02-2014) 21-02-2014, n. 8650

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AGRO’ Antonio – Presidente –

Dott. LANZA Luigi – rel. Consigliere –

Dott. LEO Guglielmo – Consigliere –

Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere –

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.E., nato il giorno (OMISSIS);

avverso la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di appello di Roma.

Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.

Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.

Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale FRATICELLI Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché il difensore della parte civile avv. Greco Maurizio dell’Avvocatura di Stato, che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto dell’impugnazione, depositando conclusioni e nota spese, e sentito altresì il difensore del ricorrente avv. Luzi Giancarlo che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnazione.

Svolgimento del processo

1. N.E. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 14 giugno 2013 della Corte di appello di Roma che, in parziale riforma della sentenza 20 aprile 2012 del Tribunale di Roma, ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili in favore del Ministero della Finanza.

2. Il Tribunale di Roma: ha condannato N.E. alla pena di anni 3 mesi 3 di reclusione perché responsabile del reato di cui all’art. 314 c.p. in quanto, avendo come impiegato di 5^ livello del Ministero della Finanza la disponibilità di un timbro del Ministero stesso, se ne appropriava, fatto accertato il 8-5-2001; ha condannato altresì l’imputato al risarcimento dei danni nei confronti del Ministero della Finanza costituito parte civile.

2.1. Il giudizio di responsabilità si è fondato sul verbale di sequestro del timbro all’interno dell’abitazione del prevenuto, sulla deposizione dei teste D.V., che in dibattimento riferiva di aver accertato presso il Ministero l’autenticità del timbro stesso, nonché sulla confessione resa dal N..

2.2 In conclusione, per la gravata sentenza, la condotta dell’imputato ha realizzato gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di peculato, considerato che: egli era impiegato di 5^ livello, con mansioni di archivista presso la Direzione Generale del Ministero della Finanza (teste T.), per cui rivestiva il ruolo di incaricato di pubblico servizio; aveva l’immediata disponibilità del timbro per lo svolgimento del suo incarico amministrativo (è lui stesso a dichiarare che il timbro era sul suo tavolo di lavoro); si era appropriato dell’oggetto portandolo presso la sua abitazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è composto di due motivi.

1.1. Con un primo motivo viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge sul punto della mancata audizione del teste di riferimento del consegnatario del timbro, Sig. M., la cui audizione si sarebbe resa necessaria posto che, contrariamente all’assunto della gravata sentenza: a) risulta che il difensore del N. all’udienza del 20 aprile 2012 aveva chiesto l’esame del consegnatario; b) consta altresì che al detto consegnatario era stato esibito non il “timbro” ma la sua “impronta”; c) manca la prova che il “timbro fosse ancora in uso”, tanto non potendosi desumere dall’affermazione dell’imputato che aveva ammesso di averlo sottratto dal suo tavolo.

1.2. Con un secondo motivo si lamenta la ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del peculato, tenuto conto che nella specie trattavasi di timbro: non più in uso (oggetto di “antiquariato dicasteriale”); mai utilizzato dal detentore; di valore economico inconsistente anzi privo di alcun valore, senza concreta possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e che aveva pertanto perso il suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche.

2. Nessuno dei due motivi, tra loro correlati e da esaminarsi congiuntamente, risulta fondato.

2.1. Quanto alla prima censura, è noto che “prova decisiva”, la cui mancata assunzione è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, è solo quella prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (cfr. ex plurimis: cass. pen. sezione. 6, u.p. 12 maggio 2011, Cananzi ed altri).

2.2. Inoltre la valutazione di siffatta decisività va compiuta accertando se i fatti, indicati dal ricorrente nella relativa richiesta, siano tali da potere inficiare tutte le argomentazioni poste a fondamento del convincimento del Giudice (cfr. Cass. Sez. 1, 12584/1994 r.v. 200073) e risulta pertanto priva di fondamento la censura che denunzi il rigetto, sul punto, della istanza difensiva, se tale rigetto, come nella specie, risulta sorretto da argomentazioni logiche, idonee a dimostrare che le cosiddette controprove, dedotte dalla parte, non possono modificare il peso delle prove di accusa (cfr. Cass. pen. Sez. 3, 27581/2010 Rv. 248105; sez. 2, 16354/2006, rv.234752).

2.3. Nella vicenda la corte distrettuale – con una argomentazione in questa sede non censurabile per la sua linearità logica – ha sostenuto che non ricorreva la necessità di procedere a tale assunzione testimoniale in quanto l’imputato, innanzi ai P.M., aveva espressamente riconosciuto di aver sottratto il timbro dell’Amministrazione “che stava sul tavolo del suo ufficio”, circostanza questa che consentiva di apprezzare ad un tempo sia l’autenticità dello strumento, che l’attualità del suo utilizzo.

2.4. Quanto poi all’asserzione, contenuta nel gravame, e relativa alla esibizione al consegnatario dell’impronta e non dello strumento “timbro” trattasi di asserzione difensiva, avversata da contraria affermazione della Corte di appello, e non documentata in questa sede nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso.

2.5. L’accertamento dell’autenticità dello strumento, e della persistente attualità del suo utilizzo è inutilmente contrastata dal secondo motivo di doglianza, il quale peraltro non tiene conto, nè si misura in modo efficace, con gli assunti dei giudici di merito ai quali intende proporre un’alternativa realtà di un timbro non più in uso, nè mai utilizzato, privo di alcun valore, senza concreta possibilità di utilizzo per la sua non attuale validità e ormai privo del suo fisiologico vincolo di destinazione a finalità pubbliche.

2.6. L’argomentare difensivo in questione non è condivisibile considerato che, quand’anche vi fosse la prova (e ciò non risulta) che il timbro in questione non fosse più in uso (circostanza negata dal mero fatto della sua presenza sul tavolo del funzionario), tale dato temporale non invalida il valore economico-funzionale dello strumento stesso, il quale, per la sua provenienza è finalizzato a dare connotazione genetica ed ufficiale ad atti della P.A., garantendone il momento reale di formazione, soprattutto in caso di successione nel tempo di timbri di diversa configurazione e fattura.

2.7. In conclusione si è quindi ben lontani (vds: cass. pen. sez. 6, 42836/2013) Rv. 256686, Sgroi) da un’ipotesi di assenza di intrinseco rilievo economico dell’oggetto dell’appropriazione, ed anche di mancante reale incidenza di quest’ultima sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio, apprezzata, per quest’ultima evenienza, la concreta possibilità di un illecito strumentale utilizzo.

3. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali nonché di quelle sostenute dalla parte civile che si liquidano in Euro 1.200, 00 oltre i.v.a. e c.p.a..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in Euro 1.200, 00 oltre i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2014