D.Lgs. n. 196 del 30.06.2003

DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2003, n. 196(1).

Codice in materia di protezione dei dati personali (2).

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 luglio 2003, n. 174, S.O.

(2) Per l’attuazione nelle pubbliche amministrazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto, con particolare riguardo alla gestione delle risorse umane, vedi la Dir.Min. 11 febbraio 2005, n. 1/2005.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127, recante delega al Governo per l’emanazione di un testo unico in materia di trattamento dei dati personali;

Visto l’articolo 26 della legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2002);

Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni;

Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 676, recante delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;

Vista la direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati;

Vista la direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 2003;

Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze, degli affari esteri e delle comunicazioni;

Emana il seguente decreto legislativo:

Parte I – Disposizioni generali

TITOLO I

Principi generali.

1. Diritto alla protezione dei dati personali.

1. Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano. Le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto ad una funzione pubblica e la relativa valutazione non sono oggetto di protezione della riservatezza personale (3).

(3) Periodo aggiunto dal comma 9 dell’art. 4, L. 4 marzo 2009, n. 15.

2. Finalità.

1. Il presente testo unico, di seguito denominato «codice», garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.

2. Il trattamento dei dati personali è disciplinato assicurando un elevato livello di tutela dei diritti e delle libertà di cui al comma 1 nel rispetto dei princìpi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia delle modalità previste per il loro esercizio da parte degli interessati, nonché per l’adempimento degli obblighi da parte dei titolari del trattamento (4).

(4) Vedi, anche, il Provv. 19 giugno 2008.

3. Principio di necessità nel trattamento dei dati.

1. I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l’interessato solo in caso di necessità.

4. Definizioni.

1. Ai fini del presente codice si intende per:

a) «trattamento», qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati;

b) «dato personale», qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale;

c) «dati identificativi», i dati personali che permettono l’identificazione diretta dell’interessato;

d) «dati sensibili», i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale;

e) «dati giudiziari», i dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale;

f) «titolare», la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo della sicurezza;

g) «responsabile», la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposti dal titolare al trattamento di dati personali;

h) «incaricati», le persone fisiche autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal titolare o dal responsabile;

i) «interessato», la persona fisica, la persona giuridica, l’ente o l’associazione cui si riferiscono i dati personali;

l) «comunicazione», il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

m) «diffusione», il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione;

n) «dato anonimo», il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile;

o) «blocco», la conservazione di dati personali con sospensione temporanea di ogni altra operazione del trattamento;

p) «banca di dati», qualsiasi complesso organizzato di dati personali, ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti;

q) «Garante», l’autorità di cui all’articolo 153, istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675.

2. Ai fini del presente codice si intende, inoltre, per:

a) «comunicazione elettronica», ogni informazione scambiata o trasmessa tra un numero finito di soggetti tramite un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico. Sono escluse le informazioni trasmesse al pubblico tramite una rete di comunicazione elettronica, come parte di un servizio di radiodiffusione, salvo che le stesse informazioni siano collegate ad un abbonato o utente ricevente, identificato o identificabile;

b) «chiamata», la connessione istituita da un servizio telefonico accessibile al pubblico, che consente la comunicazione bidirezionale in tempo reale;

c) «reti di comunicazione elettronica», i sistemi di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, incluse le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui sono utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;

d) «rete pubblica di comunicazioni», una rete di comunicazioni elettroniche utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico;

e) «servizio di comunicazione elettronica», i servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, nei limiti previsti dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2002/21/CE del 7 marzo 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio;

f) «abbonato», qualunque persona fisica, persona giuridica, ente o associazione parte di un contratto con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico per la fornitura di tali servizi, o comunque destinatario di tali servizi tramite schede prepagate;

g) «utente», qualsiasi persona fisica che utilizza un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, per motivi privati o commerciali, senza esservi necessariamente abbonata;

h) «dati relativi al traffico», qualsiasi dato sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione;

i) «dati relativi all’ubicazione», ogni dato trattato in una rete di comunicazione elettronica che indica la posizione geografica dell’apparecchiatura terminale dell’utente di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico;

l) «servizio a valore aggiunto», il servizio che richiede il trattamento dei dati relativi al traffico o dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, oltre a quanto è necessario per la trasmissione di una comunicazione o della relativa fatturazione;

m) «posta elettronica», messaggi contenenti testi, voci, suoni o immagini trasmessi attraverso una rete pubblica di comunicazione, che possono essere archiviati in rete o nell’apparecchiatura terminale ricevente, fino a che il ricevente non ne ha preso conoscenza.

3. Ai fini del presente codice si intende, altresì, per:

a) «misure minime», il complesso delle misure tecniche, informatiche, organizzative, logistiche e procedurali di sicurezza che configurano il livello minimo di protezione richiesto in relazione ai rischi previsti nell’articolo 31;

b) «strumenti elettronici», gli elaboratori, i programmi per elaboratori e qualunque dispositivo elettronico o comunque automatizzato con cui si effettua il trattamento;

c) «autenticazione informatica», l’insieme degli strumenti elettronici e delle procedure per la verifica anche indiretta dell’identità;

d) «credenziali di autenticazione», i dati ed i dispositivi, in possesso di una persona, da questa conosciuti o ad essa univocamente correlati, utilizzati per l’autenticazione informatica;

e) «parola chiave», componente di una credenziale di autenticazione associata ad una persona ed a questa nota, costituita da una sequenza di caratteri o altri dati in forma elettronica;

f) «profilo di autorizzazione», l’insieme delle informazioni, univocamente associate ad una persona, che consente di individuare a quali dati essa può accedere, nonché i trattamenti ad essa consentiti;

g) «sistema di autorizzazione», l’insieme degli strumenti e delle procedure che abilitano l’accesso ai dati e alle modalità di trattamento degli stessi, in funzione del profilo di autorizzazione del richiedente.

4. Ai fini del presente codice si intende per:

a) «scopi storici», le finalità di studio, indagine, ricerca e documentazione di figure, fatti e circostanze del passato;

b) «scopi statistici», le finalità di indagine statistica o di produzione di risultati statistici, anche a mezzo di sistemi informativi statistici;

c) «scopi scientifici», le finalità di studio e di indagine sistematica finalizzata allo sviluppo delle conoscenze scientifiche in uno specifico settore.

5. Oggetto ed àmbito di applicazione.

1. Il presente codice disciplina il trattamento di dati personali, anche detenuti all’estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato.

2. Il presente codice si applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente all’Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche diversi da quelli elettronici, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell’Unione europea. In caso di applicazione del presente codice, il titolare del trattamento designa un proprio rappresentante stabilito nel territorio dello Stato ai fini dell’applicazione della disciplina sul trattamento dei dati personali.

3. Il trattamento di dati personali effettuato da persone fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto all’applicazione del presente codice solo se i dati sono destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione. Si applicano in ogni caso le disposizioni in tema di responsabilità e di sicurezza dei dati di cui agli articoli 15 e 31.

6. Disciplina del trattamento.

1. Le disposizioni contenute nella presente Parte si applicano a tutti i trattamenti di dati, salvo quanto previsto, in relazione ad alcuni trattamenti, dalle disposizioni integrative o modificative della Parte II.

TITOLO II

Diritti dell’interessato.

7. Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti.

1. L’interessato ha diritto di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano, anche se non ancora registrati, e la loro comunicazione in forma intelligibile.

2. L’interessato ha diritto di ottenere l’indicazione:

a) dell’origine dei dati personali;

b) delle finalità e modalità del trattamento;

c) della logica applicata in caso di trattamento effettuato con l’ausilio di strumenti elettronici;

d) degli estremi identificativi del titolare, dei responsabili e del rappresentante designato ai sensi dell’articolo 5, comma 2;

e) dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di rappresentante designato nel territorio dello Stato, di responsabili o incaricati.

3. L’interessato ha diritto di ottenere:

a) l’aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l’integrazione dei dati;

b) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati in violazione di legge, compresi quelli di cui non è necessaria la conservazione in relazione agli scopi per i quali i dati sono stati raccolti o successivamente trattati;

c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.

4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:

a) per motivi legittimi al trattamento dei dati personali che lo riguardano, ancorché pertinenti allo scopo della raccolta;

b) al trattamento di dati personali che lo riguardano a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale.

8. Esercizio dei diritti.

1. I diritti di cui all’articolo 7 sono esercitati con richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile, anche per il tramite di un incaricato, alla quale è fornito idoneo riscontro senza ritardo.

2. I diritti di cui all’articolo 7 non possono essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile o con ricorso ai sensi dell’articolo 145, se i trattamenti di dati personali sono effettuati:

a) in base alle disposizioni del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, e successive modificazioni, in materia di riciclaggio;

b) in base alle disposizioni del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e successive modificazioni, in materia di sostegno alle vittime di richieste estorsive;

c) da Commissioni parlamentari d’inchiesta istituite ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione;

d) da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità;

e) ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera f), limitatamente al periodo durante il quale potrebbe derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria;

f) da fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico relativamente a comunicazioni telefoniche in entrata, salvo che possa derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397;

g) per ragioni di giustizia, presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado o il Consiglio superiore della magistratura o altri organi di autogoverno o il Ministero della giustizia;

h) ai sensi dell’articolo 53, fermo restando quanto previsto dalla legge 1° aprile 1981, n. 121.

3. Il Garante, anche su segnalazione dell’interessato, nei casi di cui al comma 2, lettere a), b), d), e) ed f), provvede nei modi di cui agli articoli 157, 158 e 159 e, nei casi di cui alle lettere c), g) ed h) del medesimo comma, provvede nei modi di cui all’articolo 160.

4. L’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, quando non riguarda dati di carattere oggettivo, può avere luogo salvo che concerna la rettificazione o l’integrazione di dati personali di tipo valutativo, relativi a giudizi, opinioni o ad altri apprezzamenti di tipo soggettivo, nonché l’indicazione di condotte da tenersi o di decisioni in via di assunzione da parte del titolare del trattamento.

9. Modalità di esercizio.

1. La richiesta rivolta al titolare o al responsabile può essere trasmessa anche mediante lettera raccomandata, telefax o posta elettronica. Il Garante può individuare altro idoneo sistema in riferimento a nuove soluzioni tecnologiche. Quando riguarda l’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, la richiesta può essere formulata anche oralmente e in tal caso è annotata sinteticamente a cura dell’incaricato o del responsabile.

2. Nell’esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 l’interessato può conferire, per iscritto, delega o procura a persone fisiche, enti, associazioni od organismi. L’interessato può, altresì, farsi assistere da una persona di fiducia.

3. I diritti di cui all’articolo 7 riferiti a dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

4. L’identità dell’interessato è verificata sulla base di idonei elementi di valutazione, anche mediante atti o documenti disponibili o esibizione o allegazione di copia di un documento di riconoscimento. La persona che agisce per conto dell’interessato esibisce o allega copia della procura, ovvero della delega sottoscritta in presenza di un incaricato o sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di riconoscimento dell’interessato. Se l’interessato è una persona giuridica, un ente o un’associazione, la richiesta è avanzata dalla persona fisica legittimata in base ai rispettivi statuti od ordinamenti.

5. La richiesta di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, è formulata liberamente e senza costrizioni e può essere rinnovata, salva l’esistenza di giustificati motivi, con intervallo non minore di novanta giorni.

10. Riscontro all’interessato.

1. Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti di cui all’articolo 7 il titolare del trattamento è tenuto ad adottare idonee misure volte, in particolare:

a) ad agevolare l’accesso ai dati personali da parte dell’interessato, anche attraverso l’impiego di appositi programmi per elaboratore finalizzati ad un’accurata selezione dei dati che riguardano singoli interessati identificati o identificabili;

b) a semplificare le modalità e a ridurre i tempi per il riscontro al richiedente, anche nell’àmbito di uffici o servizi preposti alle relazioni con il pubblico.

2. I dati sono estratti a cura del responsabile o degli incaricati e possono essere comunicati al richiedente anche oralmente, ovvero offerti in visione mediante strumenti elettronici, sempre che in tali casi la comprensione dei dati sia agevole, considerata anche la qualità e la quantità delle informazioni. Se vi è richiesta, si provvede alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico, ovvero alla loro trasmissione per via telematica.

3. Salvo che la richiesta sia riferita ad un particolare trattamento o a specifici dati personali o categorie di dati personali, il riscontro all’interessato comprende tutti i dati personali che riguardano l’interessato comunque trattati dal titolare. Se la richiesta è rivolta ad un esercente una professione sanitaria o ad un organismo sanitario si osserva la disposizione di cui all’articolo 84, comma 1.

4. Quando l’estrazione dei dati risulta particolarmente difficoltosa il riscontro alla richiesta dell’interessato può avvenire anche attraverso l’esibizione o la consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti.

5. Il diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei dati non riguarda dati personali relativi a terzi, salvo che la scomposizione dei dati trattati o la privazione di alcuni elementi renda incomprensibili i dati personali relativi all’interessato.

6. La comunicazione dei dati è effettuata in forma intelligibile anche attraverso l’utilizzo di una grafia comprensibile. In caso di comunicazione di codici o sigle sono forniti, anche mediante gli incaricati, i parametri per la comprensione del relativo significato.

7. Quando, a seguito della richiesta di cui all’articolo 7, commi 1 e 2, lettere a), b) e c) non risulta confermata l’esistenza di dati che riguardano l’interessato, può essere chiesto un contributo spese non eccedente i costi effettivamente sopportati per la ricerca effettuata nel caso specifico.

8. Il contributo di cui al comma 7 non può comunque superare l’importo determinato dal Garante con provvedimento di carattere generale, che può individuarlo forfettariamente in relazione al caso in cui i dati sono trattati con strumenti elettronici e la risposta è fornita oralmente. Con il medesimo provvedimento il Garante può prevedere che il contributo possa essere chiesto quando i dati personali figurano su uno speciale supporto del quale è richiesta specificamente la riproduzione, oppure quando, presso uno o più titolari, si determina un notevole impiego di mezzi in relazione alla complessità o all’entità delle richieste ed è confermata l’esistenza di dati che riguardano l’interessato (5).

9. Il contributo di cui ai commi 7 e 8 è corrisposto anche mediante versamento postale o bancario, ovvero mediante carta di pagamento o di credito, ove possibile all’atto della ricezione del riscontro e comunque non oltre quindici giorni da tale riscontro.

(5) Per la determinazione del contributo di cui al presente comma vedi la Del. Garante protez. dati pers. 23 dicembre 2004, n. 14.

TITOLO III

Regole generali per il trattamento dei dati.

Capo I – Regole per tutti i trattamenti

11. Modalità del trattamento e requisiti dei dati.

1. I dati personali oggetto di trattamento sono:

a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;

b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi;

c) esatti e, se necessario, aggiornati;

d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati;

e) conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati.

2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati.

12. Codici di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove nell’àmbito delle categorie interessate, nell’osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto dei criteri direttivi delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa sul trattamento di dati personali, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, ne verifica la conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l’esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto.

2. I codici sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Garante e, con decreto del Ministro della giustizia, sono riportati nell’allegato A) del presente codice (6).

3. Il rispetto delle disposizioni contenute nei codici di cui al comma 1 costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al codice di deontologia per i trattamenti di dati per finalità giornalistiche promosso dal Garante nei modi di cui al comma 1 e all’articolo 139.

(6) Nell’allegato A al presente decreto è stato disposto l’inserimento dei seguenti codici di deontologia e di buona condotta:

– per i trattamenti dati personali per scopi statistici e scientifici e per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, con D.M. 14 gennaio 2005 (Gazz. Uff. 29 gennaio 2005, n. 23);

– per i dati trattati per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, con D.M. 2 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 24 dicembre 2008, n. 300).

13. Informativa.

1. L’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto circa:

a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati;

b) la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati;

c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere;

d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l’àmbito di diffusione dei dati medesimi;

e) i diritti di cui all’articolo 7;

f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 5 e del responsabile. Quando il titolare ha designato più responsabili è indicato almeno uno di essi, indicando il sito della rete di comunicazione o le modalità attraverso le quali è conoscibile in modo agevole l’elenco aggiornato dei responsabili. Quando è stato designato un responsabile per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, è indicato tale responsabile.

2. L’informativa di cui al comma 1 contiene anche gli elementi previsti da specifiche disposizioni del presente codice e può non comprendere gli elementi già noti alla persona che fornisce i dati o la cui conoscenza può ostacolare in concreto l’espletamento, da parte di un soggetto pubblico, di funzioni ispettive o di controllo svolte per finalità di difesa o sicurezza dello Stato oppure di prevenzione, accertamento o repressione di reati.

3. Il Garante può individuare con proprio provvedimento modalità semplificate per l’informativa fornita in particolare da servizi telefonici di assistenza e informazione al pubblico (7).

4. Se i dati personali non sono raccolti presso l’interessato, l’informativa di cui al comma 1, comprensiva delle categorie di dati trattati, è data al medesimo interessato all’atto della registrazione dei dati o, quando è prevista la loro comunicazione, non oltre la prima comunicazione.

5. La disposizione di cui al comma 4 non si applica quando:

a) i dati sono trattati in base ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

b) i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;

c) l’informativa all’interessato comporta un impiego di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure appropriate, dichiari manifestamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato, ovvero si riveli, a giudizio del Garante, impossibile (8).

(7) Con Provv.Garante protez. dati pers. 19 luglio 2006 (Gazz. Uff. 8 agosto 2006, n. 183) è stata individuata l’informativa semplificata per i medici di base.

(8) Vedi, anche, il Provv.Garante protez. dati pers. 18 gennaio 2007 e il comma 1-bis dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Per il differimento dell’adempimento degli obblighi di informativa previsti dal presente articolo vedi i commi 5 e 6 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

14. Definizione di profili e della personalità dell’interessato.

1. Nessun atto o provvedimento giudiziario o amministrativo che implichi una valutazione del comportamento umano può essere fondato unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.

2. L’interessato può opporsi ad ogni altro tipo di determinazione adottata sulla base del trattamento di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera a), salvo che la determinazione sia stata adottata in occasione della conclusione o dell’esecuzione di un contratto, in accoglimento di una proposta dell’interessato o sulla base di adeguate garanzie individuate dal presente codice o da un provvedimento del Garante ai sensi dell’articolo 17.

15. Danni cagionati per effetto del trattamento.

1. Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.

2. Il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di violazione dell’articolo 11.

16. Cessazione del trattamento.

1. In caso di cessazione, per qualsiasi causa, di un trattamento i dati sono:

a) distrutti;

b) ceduti ad altro titolare, purché destinati ad un trattamento in termini compatibili agli scopi per i quali i dati sono raccolti;

c) conservati per fini esclusivamente personali e non destinati ad una comunicazione sistematica o alla diffusione;

d) conservati o ceduti ad altro titolare, per scopi storici, statistici o scientifici, in conformità alla legge, ai regolamenti, alla normativa comunitaria e ai codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell’articolo 12.

2. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dal comma 1, lettera b), o di altre disposizioni rilevanti in materia di trattamento dei dati personali è priva di effetti.

17. Trattamento che presenta rischi specifici.

1. Il trattamento dei dati diversi da quelli sensibili e giudiziari che presenta rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, è ammesso nel rispetto di misure ed accorgimenti a garanzia dell’interessato, ove prescritti.

2. Le misure e gli accorgimenti di cui al comma 1 sono prescritti dal Garante in applicazione dei princìpi sanciti dal presente codice, nell’àmbito di una verifica preliminare all’inizio del trattamento, effettuata anche in relazione a determinate categorie di titolari o di trattamenti, anche a seguito di un interpello del titolare (9).

(9) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Provv.Garante protez. dati pers. 27 ottobre 2005 e il Provv. 17 gennaio 2008.

Capo II – Regole ulteriori per i soggetti pubblici

18. Princìpi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici.

1. Le disposizioni del presente capo riguardano tutti i soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici.

2. Qualunque trattamento di dati personali da parte di soggetti pubblici è consentito soltanto per lo svolgimento delle funzioni istituzionali.

3. Nel trattare i dati il soggetto pubblico osserva i presupposti e i limiti stabiliti dal presente codice, anche in relazione alla diversa natura dei dati, nonché dalla legge e dai regolamenti.

4. Salvo quanto previsto nella Parte II per gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, i soggetti pubblici non devono richiedere il consenso dell’interessato.

5. Si osservano le disposizioni di cui all’articolo 25 in tema di comunicazione e diffusione.

19. Princìpi applicabili al trattamento di dati diversi da quelli sensibili e giudiziari.

1. Il trattamento da parte di un soggetto pubblico riguardante dati diversi da quelli sensibili e giudiziari è consentito, fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente.

2. La comunicazione da parte di un soggetto pubblico ad altri soggetti pubblici è ammessa quando è prevista da una norma di legge o di regolamento. In mancanza di tale norma la comunicazione è ammessa quando è comunque necessaria per lo svolgimento di funzioni istituzionali e può essere iniziata se è decorso il termine di cui all’articolo 39, comma 2, e non è stata adottata la diversa determinazione ivi indicata.

3. La comunicazione da parte di un soggetto pubblico a privati o a enti pubblici economici e la diffusione da parte di un soggetto pubblico sono ammesse unicamente quando sono previste da una norma di legge o di regolamento.

20. Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili.

1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.

2. Nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 22, con atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell’articolo 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.

3. Se il trattamento non è previsto espressamente da una disposizione di legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante l’individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, che perseguono finalità di rilevante interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato, ai sensi dell’articolo 26, comma 2, il trattamento dei dati sensibili. Il trattamento è consentito solo se il soggetto pubblico provvede altresì a identificare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni nei modi di cui al comma 2.

4. L’identificazione dei tipi di dati e di operazioni di cui ai commi 2 e 3 è aggiornata e integrata periodicamente (10).

(10) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo si è provveduto, per il Ministero degli affari esteri, con D.M. 23 giugno 2004, n. 225; per l’Istituto nazionale di fisica nucleare, con Provv. 16 dicembre 2005; per la Consob, con Del.Consob 8 febbraio 2006, n. 15318; per il Garante per la protezione dei dati personali, con Del.Garante protez. dati pers. 29 dicembre 2005, n. 26; per l’ENIT, con D.M. 3 marzo 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 23 marzo 2006, n. 69); per l’Istituto nazionale di astrofisica, con Del. 8 novembre 2005, n. 98/2005 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 91); per il Ministero della difesa, con D.M. 13 aprile 2006, n. 203 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126); per la Corte dei conti, con Del.C.C. 10 maggio 2006, n. 2/2006/Del.; per il Consiglio superiore della magistratura, con Del.C.S.M. 10 maggio 2006; per gli uffici della giustizia amministrativa, con Decr. 12 maggio 2006; per l’Ufficio italiano dei Cambi con Provv. 25 maggio 2006 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126), abrogato dall’art. 3, Provv.Banca Italia 21 dicembre 2007; per l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) con Del. 16 giugno 2006, n. 216/06 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 24 luglio 2006, n. 170); per l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) con Comunicato 26 giugno 2006 (Gaz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146); per il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste con Det. 14 luglio 2006, n. 4 (Gazz. Uff. 4 agosto 2006, n. 180); per l’Istituto nazionale per studio ed esperienze di architettura navale con Disp. 19 luglio 2006, n. 1 (Gazz. Uff. 27 luglio 2006, n. 173); per il Ministero dell’interno con D.M. 21 giugno 2006, n. 244 (Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184, n. S.O.); per l’Istituto di studi e analisi economica (ISAE) con D.M. 3 agosto 2006 (Gazz.Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) con Del. 9 maggio 2006, n. 163 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per la Presidenza del Consiglio dei Ministri con D.P.C.M. 30 novembre 2006, n. 312; per il Ministero della pubblica istruzione con D.M. 7 dicembre 2006, n. 305; per il Ministero della giustizia con D.M. 12 dicembre 2006, n. 306; per l’ENEA con D.M. 19 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2007, n. 17); per l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.) con Decr. 28 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per la Stazione zoologica «Anton Dohrn» di Napoli con Provv. 2 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per l’ISTAT con D.P.C.M. 26 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2007, n. 36); per la magistratura militare con Del.C.M.M. 9 gennaio 2007; per il Ministero delle infrastrutture con D.M. 9 febbraio 2007, n. 21 (Gazz. Uff. 16 marzo 2007, n. 63); per il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) con D.P.C.M. 28 dicembre 2006, n. 318; per il Ministero dell’università e della ricerca con D.M. 28 febbraio 2007, n. 54; per l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con Provv. 28 febbraio 2007 (Gazz. Uff. 27 aprile 2007, n. 97); per il Consiglio nazionale delle ricerche con Provv. 12 aprile 2007 (Gazz. Uff. 5 maggio 2007, n. 103); per il Ministero dello sviluppo economico con D.M. 7 marzo 2007, n. 58 (Gazz. Uff. 8 maggio 2007, n. 105); per il Ministero del commercio internazionale con D.M. 12 marzo 2007, n. 59 (Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per l’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) con D.M. 10 aprile 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria con Decr. 3 aprile 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per l’Automobile Club d’Italia e gli Automobile Club provinciali e locali con Comunicato 31 maggio 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per il Ministero delle comunicazioni con D.M. 7 maggio 2007, n. 69 (Gazz. Uff. 12 giugno 2007, n. 134); per l’Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali con D.P.C.M. 30 marzo 2007, n. 71 (Gazz. Uff. 14 giugno 2007, n. 136); per il Ministero della solidarietà sociale con D.M. 4 maggio 2007, n. 80 (Gazz. Uff. 23 giugno 2007, n. 144); per l’Istituto italiano di medicina sociale con D.M. 17 aprile 2007 (Gazz. Uff. 13 luglio 2007, n. 161); per il Ministero dei trasporti con D.M. 16 maggio 2007, n. 100 (Gazz. Uff. 19 luglio 2007, n. 166); per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. 22 maggio 2007, n. 105 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170); per l’Autorità di bacino del fiume Arno con Del. 19 giugno 2007, n. 203 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 31 luglio 2007, n. 176); per l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) con Decr. 19 luglio 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 agosto 2007, n. 181); per l’Istituto Superiore di Sanità con Decr. 17 luglio 2007 (Gazz. Uff. 25 agosto 2007, n. 197, S.O.); per l’Autorità di bacino del fiume Serchio con Del. 19 giugno 2007, n. 160 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 28 agosto 2007, n. 199); per l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) con D.M. 6 agosto 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 15 settembre 2007, n. 215); per l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e gli scultori, musicisti, gli scrittori e gli autori drammatici con Comunicato 6 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2007, n. 233); per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con D.M. 3 agosto 2007, n. 168 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2007, n. 240); per l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE) con D.M. 17 settembre 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 ottobre 2007, n. 242); per l’Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno con Del. 19 giugno 2007, n. 6 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 18 ottobre 2007, n. 243); per il Ministero per i beni e le attività culturali con D.M. 28 agosto 2007, n. 173; per l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo,Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione con Del. 19 giugno 2007, n. 7 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 novembre 2007, n. 268); per il Ministero della politiche agricole alimentari e forestali con D.M. 12 novembre 2007, n. 241 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2007, n. 297); per il Ministero dell’economia e delle finanze con D.M. 29 novembre 2007, n. 255 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2008, n. 7, S.O.); per l’Ente Irriguo Umbro-Toscano di Arezzo con D.M. 8 gennaio 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31); per il Ministero della salute con D.M. 12 dicembre 2007, n. 277 (Gazz. Uff. 18 marzo 2008, n. 66, S.O.); per l’Agenzia del territorio con Provv. 30 aprile 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia del territorio il 9 maggio 2008); per l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) con D.M. 29 aprile 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 10 giugno 2008, n. 134); per l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) con Comunicato 14 agosto 2008 (Gazz. Uff. 14 agosto 2008, n. 190); per l’Agenzia delle entrate con Provv. 22 gennaio 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle entrate il 21 maggio 2008); per l’Agenzia delle dogane con Reg. 1 aprile 2009.

21. Princìpi applicabili al trattamento di dati giudiziari.

1. Il trattamento di dati giudiziari da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le finalità di rilevante interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 20, commi 2 e 4, si applicano anche al trattamento dei dati giudiziari (11).

(11) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo si è provveduto, per il Ministero degli affari esteri, con D.M. 23 giugno 2004, n. 225; per l’Istituto nazionale di fisica nucleare, con Provv. 16 dicembre 2005; per la Consob, con Del.Consob 8 febbraio 2006, n. 15318; per il Garante per la protezione dei dati personali, con Del.Garante protez. dati pers. 29 dicembre 2005, n. 26; per l’ENIT, con D.M. 3 marzo 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 23 marzo 2006, n. 69); per l’Istituto nazionale di astrofisica, con Del. 8 novembre 2005, n. 98/2005 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 91); per il Ministero della difesa, con D.M. 13 aprile 2006, n. 203 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126); per la Corte dei conti, con Del.C.C. 10 maggio 2006, n. 2/2006/Del.; per il Consiglio superiore della magistratura, con Del.C.S.M. 10 maggio 2006; per gli uffici della giustizia amministrativa, con Decr. 12 maggio 2006; per l’Ufficio italiano dei Cambi con Provv. 25 maggio 2006 (Gazz. Uff. 1° giugno 2006, n. 126), abrogato dall’art. 3, Provv.Banca Italia 21 dicembre 2007; per l’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) con Del. 16 giugno 2006, n. 216/06 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 24 luglio 2006, n. 170); per l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) con Comunicato 26 giugno 2006 (Gaz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146); per il Consorzio per l’area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste con Det. 14 luglio 2006, n. 4 (Gazz. Uff. 4 agosto 2006, n. 180); per l’Istituto nazionale per studio ed esperienze di architettura navale con Disp. 19 luglio 2006, n. 1 (Gazz. Uff. 27 luglio 2006, n. 173); per il Ministero dell’interno con D.M. 21 giugno 2006, n. 244 (Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184, n. S.O.); per l’Istituto di studi e di analisi economica (ISAE) con D.M. 3 agosto 2006 (Gazz.Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) con Del. 9 maggio 2006, n. 163 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 278); per la Presidenza del Consiglio dei Ministri con D.P.C.M. 30 novembre 2006, n. 312; per il Ministero della pubblica istruzione con D.M. 7 dicembre 2006, n. 305; per il Ministero della giustizia con D.M. 12 dicembre 2006, n. 306; per l’ENEA con D.M. 19 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2007, n. 17); per l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.) con Decr. 28 dicembre 2006 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per la Stazione zoologica «Anton Dohrn» di Napoli con Provv. 2 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2007, n. 27); per l’ISTAT con D.P.C.M. 26 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2007, n. 36); per la magistratura militare con Del.C.M.M. 9 gennaio 2007; per il Ministero delle infrastrutture con D.M. 9 febbraio 2007, n. 21 (Gazz. Uff. 16 marzo 2007, n. 63); per il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) con D.P.C.M. 28 dicembre 2006, n. 318; per il Ministero dell’università e della ricerca con D.M. 28 febbraio 2007, n. 54; per l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture con Provv. 28 febbraio 2007 (Gazz. Uff. 27 aprile 2007, n. 97); per il Consiglio nazionale delle ricerche con Provv. 12 aprile 2007 (Gazz. Uff. 5 maggio 2007, n. 103); per il Ministero dello sviluppo economico con D.M. 7 marzo 2007, n. 58 (Gazz. Uff. 8 maggio 2007, n. 105); per il Ministero del commercio internazionale con D.M. 12 marzo 2007, n. 59 (Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per l’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) con D.M. 10 aprile 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 9 maggio 2007, n. 106); per il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria con Decr. 3 aprile 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per l’Automobile Club d’Italia e gli Automobile Club provinciali e locali con Comunicato 31 maggio 2007 (Gazz. Uff. 31 maggio 2007, n. 125); per il Ministero delle comunicazioni con D.M. 7 maggio 2007, n. 69 (Gazz. Uff. 12 giugno 2007, n. 134); per l’Avvocatura generale dello Stato e le Avvocature distrettuali con D.P.C.M. 30 marzo 2007, n. 71 (Gazz. Uff. 14 giugno 2007, n. 136); per il Ministero della solidarietà sociale con D.M. 4 maggio 2007, n. 80 (Gazz. Uff. 23 giugno 2007, n. 144); per l’Istituto italiano di medicina sociale con D.M. 17 aprile 2007 (Gazz. Uff. 13 luglio 2007, n. 161); per il Ministero dei trasporti con D.M. 16 maggio 2007, n. 100 (Gazz. Uff. 19 luglio 2007, n. 166); per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con D.M. 22 maggio 2007, n. 105 (Gazz. Uff. 24 luglio 2007, n. 170); per l’Autorità di bacino del fiume Arno con Del. 19 giugno 2007, n. 203 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 31 luglio 2007, n. 176); per l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) con Decr. 19 luglio 2006 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 agosto 2007, n. 181); per l’Istituto Superiore di Sanità con Decr. 17 luglio 2007 (Gazz. Uff. 25 agosto 2007, n. 197, S.O.); per l’Autorità di bacino del fiume Serchio con Del. 19 giugno 2007, n. 160 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 28 agosto 2007, n. 199); per l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) con D.M. 6 agosto 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 15 settembre 2007, n. 215); per l’Ente nazionale di assistenza e previdenza per i pittori e gli scultori, musicisti, gli scrittori e gli autori drammatici con Comunicato 6 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2007, n. 233); per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale con D.M. 3 agosto 2007, n. 168 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2007, n. 240); per l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE) con D.M. 17 settembre 2007 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 ottobre 2007, n. 242); per l’Autorità di bacino dei fiumi Liri – Garigliano e Volturno con Del. 19 giugno 2007, n. 6 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 18 ottobre 2007, n. 243); per il Ministero per i beni e le attività culturali con D.M. 28 agosto 2007, n. 173; per l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo,Tagliamento, Livenza, Piave e Brenta-Bacchiglione con Del. 19 giugno 2007, n. 7 (pubblicata, per comunicato, nella Gazz. Uff. 17 novembre 2007, n. 268); per il Ministero della politiche agricole alimentari e forestali con D.M. 12 novembre 2007, n. 241 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2007, n. 297); per il Ministero dell’economia e delle finanze con D.M. 29 novembre 2007, n. 255 (Gazz. Uff. 9 gennaio 2008, n. 7, S.O.); per l’Ente Irriguo Umbro-Toscano di Arezzo con D.M. 8 gennaio 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 6 febbraio 2008, n. 31); per il Ministero della salute con D.M. 12 dicembre 2007, n. 277 (Gazz. Uff. 18 marzo 2008, n. 66, S.O.); per l’Agenzia del territorio con Provv. 30 aprile 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia del territorio il 9 maggio 2008); per l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) con D.M. 29 aprile 2008 (pubblicato, per comunicato, nella Gazz. Uff. 10 giugno 2008, n. 134); per l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) con Comunicato 14 agosto 2008 (Gazz. Uff. 14 agosto 2008, n. 190); per l’Agenzia delle entrate con Provv. 22 gennaio 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle entrate il 21 maggio 2008); per l’Agenzia delle dogane con Reg. 1 aprile 2009.

22. Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili e giudiziari.

1. I soggetti pubblici conformano il trattamento dei dati sensibili e giudiziari secondo modalità volte a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dell’interessato.

2. Nel fornire l’informativa di cui all’articolo 13 i soggetti pubblici fanno espresso riferimento alla normativa che prevede gli obblighi o i compiti in base alla quale è effettuato il trattamento dei dati sensibili e giudiziari.

3. I soggetti pubblici possono trattare solo i dati sensibili e giudiziari indispensabili per svolgere attività istituzionali che non possono essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa.

4. I dati sensibili e giudiziari sono raccolti, di regola, presso l’interessato.

5. In applicazione dell’articolo 11, comma 1, lettere c), d) ed e), i soggetti pubblici verificano periodicamente l’esattezza e l’aggiornamento dei dati sensibili e giudiziari, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l’interessato fornisce di propria iniziativa. Al fine di assicurare che i dati sensibili e giudiziari siano indispensabili rispetto agli obblighi e ai compiti loro attribuiti, i soggetti pubblici valutano specificamente il rapporto tra i dati e gli adempimenti. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati, salvo che per l’eventuale conservazione, a norma di legge, dell’atto o del documento che li contiene. Specifica attenzione è prestata per la verifica dell’indispensabilità dei dati sensibili e giudiziari riferiti a soggetti diversi da quelli cui si riferiscono direttamente le prestazioni o gli adempimenti.

6. I dati sensibili e giudiziari contenuti in elenchi, registri o banche di dati, tenuti con l’ausilio di strumenti elettronici, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, li rendono temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità.

7. I dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale sono conservati separatamente da altri dati personali trattati per finalità che non richiedono il loro utilizzo. I medesimi dati sono trattati con le modalità di cui al comma 6 anche quando sono tenuti in elenchi, registri o banche di dati senza l’ausilio di strumenti elettronici.

8. I dati idonei a rivelare lo stato di salute non possono essere diffusi.

9. Rispetto ai dati sensibili e giudiziari indispensabili ai sensi del comma 3, i soggetti pubblici sono autorizzati ad effettuare unicamente le operazioni di trattamento indispensabili per il perseguimento delle finalità per le quali il trattamento è consentito, anche quando i dati sono raccolti nello svolgimento di compiti di vigilanza, di controllo o ispettivi.

10. I dati sensibili e giudiziari non possono essere trattati nell’àmbito di test psico-attitudinali volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato. Le operazioni di raffronto tra dati sensibili e giudiziari, nonché i trattamenti di dati sensibili e giudiziari ai sensi dell’articolo 14, sono effettuati solo previa annotazione scritta dei motivi.

11. In ogni caso, le operazioni e i trattamenti di cui al comma 10, se effettuati utilizzando banche di dati di diversi titolari, nonché la diffusione dei dati sensibili e giudiziari, sono ammessi solo se previsti da espressa disposizione di legge.

12. Le disposizioni di cui al presente articolo recano princìpi applicabili, in conformità ai rispettivi ordinamenti, ai trattamenti disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dalla Camera dei deputati, dal Senato della Repubblica e dalla Corte costituzionale.

Capo III – Regole ulteriori per privati ed enti pubblici economici

23. Consenso.

1. Il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato.

2. Il consenso può riguardare l’intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso.

3. Il consenso è validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’articolo 13.

4. Il consenso è manifestato in forma scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili (12).

(12) Vedi, anche, il comma 1-bis dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

24. Casi nei quali può essere effettuato il trattamento senza consenso.

1. Il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento:

a) è necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato;

c) riguarda dati provenienti da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi, i regolamenti o la normativa comunitaria stabiliscono per la conoscibilità e pubblicità dei dati;

d) riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche, trattati nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

e) è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

f) con esclusione della diffusione, è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

g) con esclusione della diffusione, è necessario, nei casi individuati dal Garante sulla base dei princìpi sanciti dalla legge, per perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo destinatario dei dati, anche in riferimento all’attività di gruppi bancari e di società controllate o collegate, qualora non prevalgano i diritti e le libertà fondamentali, la dignità o un legittimo interesse dell’interessato;

h) con esclusione della comunicazione all’esterno e della diffusione, è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, in riferimento a soggetti che hanno con essi contatti regolari o ad aderenti, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, e con modalità di utilizzo previste espressamente con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13;

i) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia di cui all’allegato A), per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati.

25. Divieti di comunicazione e diffusione.

1. La comunicazione e la diffusione sono vietate, oltre che in caso di divieto disposto dal Garante o dall’autorità giudiziaria:

a) in riferimento a dati personali dei quali è stata ordinata la cancellazione, ovvero quando è decorso il periodo di tempo indicato nell’articolo 11, comma 1, lettera e);

b) per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione del trattamento, ove prescritta.

2. È fatta salva la comunicazione o diffusione di dati richieste, in conformità alla legge, da forze di polizia, dall’autorità giudiziaria, da organismi di informazione e sicurezza o da altri soggetti pubblici ai sensi dell’articolo 58, comma 2, per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione di reati.

26. Garanzie per i dati sensibili.

1. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento solo con il consenso scritto dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, nell’osservanza dei presupposti e dei limiti stabiliti dal presente codice, nonché dalla legge e dai regolamenti.

2. Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione, ovvero successivamente, anche sulla base di eventuali verifiche, il Garante può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare.

3. Il comma 1 non si applica al trattamento:

a) dei dati relativi agli aderenti alle confessioni religiose e ai soggetti che con riferimento a finalità di natura esclusivamente religiosa hanno contatti regolari con le medesime confessioni, effettuato dai relativi organi, ovvero da enti civilmente riconosciuti, sempre che i dati non siano diffusi o comunicati fuori delle medesime confessioni. Queste ultime determinano idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, nel rispetto dei princìpi indicati al riguardo con autorizzazione del Garante;

b) dei dati riguardanti l’adesione di associazioni od organizzazioni a carattere sindacale o di categoria ad altre associazioni, organizzazioni o confederazioni a carattere sindacale o di categoria.

4. I dati sensibili possono essere oggetto di trattamento anche senza consenso, previa autorizzazione del Garante:

a) quando il trattamento è effettuato da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale, ivi compresi partiti e movimenti politici, per il perseguimento di scopi determinati e legittimi individuati dall’atto costitutivo, dallo statuto o dal contratto collettivo, relativamente ai dati personali degli aderenti o dei soggetti che in relazione a tali finalità hanno contatti regolari con l’associazione, ente od organismo, sempre che i dati non siano comunicati all’esterno o diffusi e l’ente, associazione od organismo determini idonee garanzie relativamente ai trattamenti effettuati, prevedendo espressamente le modalità di utilizzo dei dati con determinazione resa nota agli interessati all’atto dell’informativa ai sensi dell’articolo 13;

b) quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

c) quando il trattamento è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, il diritto deve essere di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

d) quando è necessario per adempiere a specifici obblighi o compiti previsti dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria per la gestione del rapporto di lavoro, anche in materia di igiene e sicurezza del lavoro e della popolazione e di previdenza e assistenza, nei limiti previsti dall’autorizzazione e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 111.

5. I dati idonei a rivelare lo stato di salute non possono essere diffusi.

27. Garanzie per i dati giudiziari.

1. Il trattamento di dati giudiziari da parte di privati o di enti pubblici economici è consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili.

TITOLO IV

Soggetti che effettuano il trattamento.

28. Titolare del trattamento.

1. Quando il trattamento è effettuato da una persona giuridica, da una pubblica amministrazione o da un qualsiasi altro ente, associazione od organismo, titolare del trattamento è l’entità nel suo complesso o l’unità od organismo periferico che esercita un potere decisionale del tutto autonomo sulle finalità e sulle modalità del trattamento, ivi compreso il profilo della sicurezza.

29. Responsabile del trattamento.

1. Il responsabile è designato dal titolare facoltativamente.

2. Se designato, il responsabile è individuato tra soggetti che per esperienza, capacità ed affidabilità forniscano idonea garanzia del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento, ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza.

3. Ove necessario per esigenze organizzative, possono essere designati responsabili più soggetti, anche mediante suddivisione di compiti.

4. I compiti affidati al responsabile sono analiticamente specificati per iscritto dal titolare.

5. Il responsabile effettua il trattamento attenendosi alle istruzioni impartite dal titolare il quale, anche tramite verifiche periodiche, vigila sulla puntuale osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 e delle proprie istruzioni.

30. Incaricati del trattamento.

1. Le operazioni di trattamento possono essere effettuate solo da incaricati che operano sotto la diretta autorità del titolare o del responsabile, attenendosi alle istruzioni impartite.

2. La designazione è effettuata per iscritto e individua puntualmente l’àmbito del trattamento consentito. Si considera tale anche la documentata preposizione della persona fisica ad una unità per la quale è individuato, per iscritto, l’àmbito del trattamento consentito agli addetti all’unità medesima.

TITOLO V

Sicurezza dei dati e dei sistemi.

Capo I – Misure di sicurezza

31. Obblighi di sicurezza.

1. I dati personali oggetto di trattamento sono custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.

32. Particolari titolari.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta ai sensi dell’articolo 31 idonee misure tecniche e organizzative adeguate al rischio esistente, per salvaguardare la sicurezza dei suoi servizi, l’integrità dei dati relativi al traffico, dei dati relativi all’ubicazione e delle comunicazioni elettroniche rispetto ad ogni forma di utilizzazione o cognizione non consentita.

2. Quando la sicurezza del servizio o dei dati personali richiede anche l’adozione di misure che riguardano la rete, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta tali misure congiuntamente con il fornitore della rete pubblica di comunicazioni. In caso di mancato accordo, su richiesta di uno dei fornitori, la controversia è definita dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

3. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e, ove possibile, gli utenti, se sussiste un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete, indicando, quando il rischio è al di fuori dell’àmbito di applicazione delle misure che il fornitore stesso è tenuto ad adottare ai sensi dei commi 1 e 2, tutti i possibili rimedi e i relativi costi presumibili. Analoga informativa è resa al Garante e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Capo II – Misure minime di sicurezza

33. Misure minime.

1. Nel quadro dei più generali obblighi di sicurezza di cui all’articolo 31, o previsti da speciali disposizioni, i titolari del trattamento sono comunque tenuti ad adottare le misure minime individuate nel presente capo o ai sensi dell’articolo 58, comma 3, volte ad assicurare un livello minimo di protezione dei dati personali (13).

(13) Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

34. Trattamenti con strumenti elettronici.

1. Il trattamento di dati personali effettuato con strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime :

a) autenticazione informatica;

b) adozione di procedure di gestione delle credenziali di autenticazione;

c) utilizzazione di un sistema di autorizzazione;

d) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici;

e) protezione degli strumenti elettronici e dei dati rispetto a trattamenti illeciti di dati, ad accessi non consentiti e a determinati programmi informatici;

f) adozione di procedure per la custodia di copie di sicurezza, il ripristino della disponibilità dei dati e dei sistemi;

g) tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza;

h) adozione di tecniche di cifratura o di codici identificativi per determinati trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale effettuati da organismi sanitari.

1-bis. Per i soggetti che trattano soltanto dati personali non sensibili e che trattano come unici dati sensibili quelli costituiti dallo stato di salute o malattia dei propri dipendenti e collaboratori anche a progetto, senza indicazione della relativa diagnosi, ovvero dall’adesione ad organizzazioni sindacali o a carattere sindacale, la tenuta di un aggiornato documento programmatico sulla sicurezza è sostituita dall’obbligo di autocertificazione, resa dal titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di trattare soltanto tali dati in osservanza delle altre misure di sicurezza prescritte. In relazione a tali trattamenti, nonché a trattamenti comunque effettuati per correnti finalità amministrative e contabili, in particolare presso piccole e medie imprese, liberi professionisti e artigiani, il Garante, sentito il Ministro per la semplificazione normativa, individua con proprio provvedimento, da aggiornare periodicamente, modalità semplificate di applicazione del disciplinare tecnico di cui all’Allegato B) in ordine all’adozione delle misure minime di cui al comma 1 (14).

(14) Comma aggiunto dall’art. 29, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 del suddetto articolo 1. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Provv. 27 novembre 2008. Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

35. Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici.

1. Il trattamento di dati personali effettuato senza l’ausilio di strumenti elettronici è consentito solo se sono adottate, nei modi previsti dal disciplinare tecnico contenuto nell’allegato B), le seguenti misure minime:

a) aggiornamento periodico dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati o alle unità organizzative;

b) previsione di procedure per un’idonea custodia di atti e documenti affidati agli incaricati per lo svolgimento dei relativi compiti;

c) previsione di procedure per la conservazione di determinati atti in archivi ad accesso selezionato e disciplina delle modalità di accesso finalizzata all’identificazione degli incaricati (15).

(15) Per la sospensione dell’applicazione del presente articolo vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

36. Adeguamento.

1. Il disciplinare tecnico di cui all’allegato B), relativo alle misure minime di cui al presente capo, è aggiornato periodicamente con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro per le innovazioni e le tecnologie e il Ministro per la semplificazione normativa, in relazione all’evoluzione tecnica e all’esperienza maturata nel settore (16).

(16) Comma così modificato dal comma 5-bis dell’art. 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

TITOLO VI

Adempimenti

37. Notificazione del trattamento.

1. Il titolare notifica al Garante il trattamento di dati personali cui intende procedere, solo se il trattamento riguarda:

a) dati genetici, biometrici o dati che indicano la posizione geografica di persone od oggetti mediante una rete di comunicazione elettronica;

b) dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, trattati a fini di procreazione assistita, prestazione di servizi sanitari per via telematica relativi a banche di dati o alla fornitura di beni, indagini epidemiologiche, rilevazione di malattie mentali, infettive e diffusive, sieropositività, trapianto di organi e tessuti e monitoraggio della spesa sanitaria;

c) dati idonei a rivelare la vita sessuale o la sfera psichica trattati da associazioni, enti od organismi senza scopo di lucro, anche non riconosciuti, a carattere politico, filosofico, religioso o sindacale;

d) dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato, o ad analizzare abitudini o scelte di consumo, ovvero a monitorare l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica con esclusione dei trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi medesimi agli utenti;

e) dati sensibili registrati in banche di dati a fini di selezione del personale per conto terzi, nonché dati sensibili utilizzati per sondaggi di opinione, ricerche di mercato e altre ricerche campionarie;

f) dati registrati in apposite banche di dati gestite con strumenti elettronici e relative al rischio sulla solvibilità economica, alla situazione patrimoniale, al corretto adempimento di obbligazioni, a comportamenti illeciti o fraudolenti.

1-bis. La notificazione relativa al trattamento dei dati di cui al comma 1 non è dovuta se relativa all’attività dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, in quanto tale funzione è tipica del loro rapporto professionale con il Servizio sanitario nazionale (17).

2. Il Garante può individuare altri trattamenti suscettibili di recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato, in ragione delle relative modalità o della natura dei dati personali, con proprio provvedimento adottato anche ai sensi dell’articolo 17. Con analogo provvedimento pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il Garante può anche individuare, nell’àmbito dei trattamenti di cui al comma 1, eventuali trattamenti non suscettibili di recare detto pregiudizio e pertanto sottratti all’obbligo di notificazione (18).

3. La notificazione è effettuata con unico atto anche quando il trattamento comporta il trasferimento all’estero dei dati.

4. Il Garante inserisce le notificazioni ricevute in un registro dei trattamenti accessibile a chiunque e determina le modalità per la sua consultazione gratuita per via telematica, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici o presso il proprio Ufficio. Le notizie accessibili tramite la consultazione del registro possono essere trattate per esclusive finalità di applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.

(17) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(18) Con Del.Garante protez. dati pers. 31 marzo 2004, n. 1 (Gazz. Uff. 6 aprile 2004, n. 81) sono stati individuati i casi da sottrarre all’obbligo di notificazione al Garante.

38. Modalità di notificazione.

1. La notificazione del trattamento è presentata al Garante prima dell’inizio del trattamento ed una sola volta, a prescindere dal numero delle operazioni e della durata del trattamento da effettuare, e può anche riguardare uno o più trattamenti con finalità correlate.

2. La notificazione è validamente effettuata solo se è trasmessa attraverso il sito del Garante, utilizzando l’apposito modello, che contiene la richiesta di fornire tutte e soltanto le seguenti informazioni:

a) le coordinate identificative del titolare del trattamento e, eventualmente, del suo rappresentante, nonché le modalità per individuare il responsabile del trattamento se designato;

b) la o le finalità del trattamento;

c) una descrizione della o delle categorie di persone interessate e dei dati o delle categorie di dati relativi alle medesime;

d) i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati possono essere comunicati;

e) i trasferimenti di dati previsti verso Paesi terzi;

f) una descrizione generale che permetta di valutare in via preliminare l’adeguatezza delle misure adottate per garantire la sicurezza del trattamento (19).

3. Il Garante favorisce la disponibilità del modello per via telematica e la notificazione anche attraverso convenzioni stipulate con soggetti autorizzati in base alla normativa vigente, anche presso associazioni di categoria e ordini professionali.

4. Una nuova notificazione è richiesta solo anteriormente alla cessazione del trattamento o al mutamento di taluno degli elementi da indicare nella notificazione medesima.

5. Il Garante può individuare altro idoneo sistema per la notificazione in riferimento a nuove soluzioni tecnologiche previste dalla normativa vigente.

6. Il titolare del trattamento che non è tenuto alla notificazione al Garante ai sensi dell’articolo 37 fornisce le notizie contenute nel modello di cui al comma 2 a chi ne fa richiesta, salvo che il trattamento riguardi pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque.

(19) Comma così sostituito dall’art. 29, comma 4, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 5 del suddetto articolo. Con Del. 22 ottobre 2008 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2008, n. 287) sono state introdotte alcune semplificazioni al modello di cui al presente comma.

39. Obblighi di comunicazione.

1. Il titolare del trattamento è tenuto a comunicare previamente al Garante le seguenti circostanze:

a) comunicazione di dati personali da parte di un soggetto pubblico ad altro soggetto pubblico non prevista da una norma di legge o di regolamento, effettuata in qualunque forma anche mediante convenzione;

b) trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute previsto dal programma di ricerca biomedica o sanitaria di cui all’articolo 110, comma 1, primo periodo.

2. I trattamenti oggetto di comunicazione ai sensi del comma 1 possono essere iniziati decorsi quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione salvo diversa determinazione anche successiva del Garante.

3. La comunicazione di cui al comma 1 è inviata utilizzando il modello predisposto e reso disponibile dal Garante, e trasmessa a quest’ultimo per via telematica osservando le modalità di sottoscrizione con firma digitale e conferma del ricevimento di cui all’articolo 38, comma 2, oppure mediante telefax o lettera raccomandata.

40. Autorizzazioni generali.

1. Le disposizioni del presente codice che prevedono un’autorizzazione del Garante sono applicate anche mediante il rilascio di autorizzazioni relative a determinate categorie di titolari o di trattamenti, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

41. Richieste di autorizzazione.

1. Il titolare del trattamento che rientra nell’àmbito di applicazione di un’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 40 non è tenuto a presentare al Garante una richiesta di autorizzazione se il trattamento che intende effettuare è conforme alle relative prescrizioni.

2. Se una richiesta di autorizzazione riguarda un trattamento autorizzato ai sensi dell’articolo 40 il Garante può provvedere comunque sulla richiesta se le specifiche modalità del trattamento lo giustificano.

3. L’eventuale richiesta di autorizzazione è formulata utilizzando esclusivamente il modello predisposto e reso disponibile dal Garante e trasmessa a quest’ultimo per via telematica, osservando le modalità di sottoscrizione e conferma del ricevimento di cui all’articolo 38, comma 2. La medesima richiesta e l’autorizzazione possono essere trasmesse anche mediante telefax o lettera raccomandata.

4. Se il richiedente è invitato dal Garante a fornire informazioni o ad esibire documenti, il termine di quarantacinque giorni di cui all’articolo 26, comma 2, decorre dalla data di scadenza del termine fissato per l’adempimento richiesto.

5. In presenza di particolari circostanze, il Garante può rilasciare un’autorizzazione provvisoria a tempo determinato.

TITOLO VII

Trasferimento dei dati all’estero.

42. Trasferimenti all’interno dell’Unione europea.

1. Le disposizioni del presente codice non possono essere applicate in modo tale da restringere o vietare la libera circolazione dei dati personali fra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta salva l’adozione, in conformità allo stesso codice, di eventuali provvedimenti in caso di trasferimenti di dati effettuati al fine di eludere le medesime disposizioni.

43. Trasferimenti consentiti in Paesi terzi.

1. Il trasferimento anche temporaneo fuori del territorio dello Stato, con qualsiasi forma o mezzo, di dati personali oggetto di trattamento, se diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea è consentito quando:

a) l’interessato ha manifestato il proprio consenso espresso o, se si tratta di dati sensibili, in forma scritta;

b) è necessario per l’esecuzione di obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato, ovvero per la conclusione o per l’esecuzione di un contratto stipulato a favore dell’interessato;

c) è necessario per la salvaguardia di un interesse pubblico rilevante individuato con legge o con regolamento o, se il trasferimento riguarda dati sensibili o giudiziari, specificato o individuato ai sensi degli articoli 20 e 21;

d) è necessario per la salvaguardia della vita o dell’incolumità fisica di un terzo. Se la medesima finalità riguarda l’interessato e quest’ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato. Si applica la disposizione di cui all’articolo 82, comma 2;

e) è necessario ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trasferiti esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

f) è effettuato in accoglimento di una richiesta di accesso ai documenti amministrativi, ovvero di una richiesta di informazioni estraibili da un pubblico registro, elenco, atto o documento conoscibile da chiunque, con l’osservanza delle norme che regolano la materia;

g) è necessario, in conformità ai rispettivi codici di deontologia di cui all’allegato A), per esclusivi scopi scientifici o statistici, ovvero per esclusivi scopi storici presso archivi privati dichiarati di notevole interesse storico ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali o, secondo quanto previsto dai medesimi codici, presso altri archivi privati;

h) il trattamento concerne dati riguardanti persone giuridiche, enti o associazioni.

44. Altri trasferimenti consentiti.

1. Il trasferimento di dati personali oggetto di trattamento, diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea, è altresì consentito quando è autorizzato dal Garante sulla base di adeguate garanzie per i diritti dell’interessato:

a) individuate dal Garante anche in relazione a garanzie prestate con un contratto o mediante regole di condotta esistenti nell’ambito di società appartenenti a un medesimo gruppo. L’interessato può far valere i propri diritti nel territorio dello Stato, in base al presente codice, anche in ordine all’inosservanza delle garanzie medesime (20);

b) individuate con le decisioni previste dagli articoli 25, paragrafo 6, e 26, paragrafo 4, della direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, con le quali la Commissione europea constata che un Paese non appartenente all’Unione europea garantisce un livello di protezione adeguato o che alcune clausole contrattuali offrono garanzie sufficienti.

(20) Lettera così modificata dal comma 5-bis dell’art. 29, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

45. Trasferimenti vietati.

1. Fuori dei casi di cui agli articoli 43 e 44, il trasferimento anche temporaneo fuori del territorio dello Stato, con qualsiasi forma o mezzo, di dati personali oggetto di trattamento, diretto verso un Paese non appartenente all’Unione europea, è vietato quando l’ordinamento del Paese di destinazione o di transito dei dati non assicura un livello di tutela delle persone adeguato. Sono valutate anche le modalità del trasferimento e dei trattamenti previsti, le relative finalità, la natura dei dati e le misure di sicurezza.

Parte II – Disposizioni relative a specifici settori

TITOLO I

Trattamenti in àmbito giudiziario.

Capo I – Profili generali

46. Titolari dei trattamenti.

1. Gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia sono titolari dei trattamenti di dati personali relativi alle rispettive attribuzioni conferite per legge o regolamento.

2. Con decreto del Ministro della giustizia sono individuati, nell’allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 1 effettuati con strumenti elettronici, relativamente a banche di dati centrali od oggetto di interconnessione tra più uffici o titolari. I provvedimenti con cui il Consiglio superiore della magistratura e gli altri organi di autogoverno di cui al comma 1 individuano i medesimi trattamenti da essi effettuati sono riportati nell’allegato C) con decreto del Ministro della giustizia.

47. Trattamenti per ragioni di giustizia.

1. In caso di trattamento di dati personali effettuato presso uffici giudiziari di ogni ordine e grado, presso il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, non si applicano, se il trattamento è effettuato per ragioni di giustizia, le seguenti disposizioni del codice:

a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;

b) articoli da 145 a 151.

2. Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le medesime ragioni di giustizia non ricorrono per l’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta trattazione.

48. Banche di dati di uffici giudiziari.

1. Nei casi in cui l’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado può acquisire in conformità alle vigenti disposizioni processuali dati, informazioni, atti e documenti da soggetti pubblici, l’acquisizione può essere effettuata anche per via telematica. A tale fine gli uffici giudiziari possono avvalersi delle convenzioni-tipo stipulate dal Ministero della giustizia con soggetti pubblici, volte ad agevolare la consultazione da parte dei medesimi uffici, mediante reti di comunicazione elettronica, di pubblici registri, elenchi, schedari e banche di dati, nel rispetto delle pertinenti disposizioni e dei princìpi di cui agli articoli 3 e 11 del presente codice.

49. Disposizioni di attuazione.

1. Con decreto del Ministro della giustizia sono adottate, anche ad integrazione del D.M. 30 settembre 1989, n. 334 del Ministro di grazia e giustizia, le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione dei princìpi del presente codice nella materia penale e civile.

Capo II – Minori

50. Notizie o immagini relative a minori.

1. Il divieto di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione di un minore si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale.

Capo III – Informatica giuridica

51. Princìpi generali.

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni processuali concernenti la visione e il rilascio di estratti e di copie di atti e documenti, i dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet.

2. Le sentenze e le altre decisioni dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete Internet, osservando le cautele previste dal presente capo.

52. Dati identificativi degli interessati.

1. Fermo restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l’interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell’ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull’originale della sentenza o del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento.

2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l’autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d’ufficio che sia apposta l’annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, all’atto del deposito della sentenza o provvedimento, la cancelleria o segreteria vi appone e sottoscrive anche con timbro la seguente annotazione, recante l’indicazione degli estremi del presente articolo: «In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di…..».

4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l’annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato.

5. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 734-bis del codice penale relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell’autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell’annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell’articolo 825 del codice di procedura civile. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l’annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte.

7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali.

TITOLO II

Trattamenti da parte di forze di polizia.

Capo I – Profili generali

53. Àmbito applicativo e titolari dei trattamenti.

1. Al trattamento di dati personali effettuato dal Centro elaborazione dati del Dipartimento di pubblica sicurezza o da forze di polizia sui dati destinati a confluirvi in base alla legge, ovvero da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento, non si applicano le seguenti disposizioni del codice:

a) articoli 9, 10, 12, 13 e 16, da 18 a 22, 37, 38, commi da 1 a 5, e da 39 a 45;

b) articoli da 145 a 151.

2. Con decreto del Ministro dell’interno sono individuati, nell’allegato C) al presente codice, i trattamenti non occasionali di cui al comma 1 effettuati con strumenti elettronici, e i relativi titolari.

54. Modalità di trattamento e flussi di dati.

1. Nei casi in cui le autorità di pubblica sicurezza o le forze di polizia possono acquisire in conformità alle vigenti disposizioni di legge o di regolamento dati, informazioni, atti e documenti da altri soggetti, l’acquisizione può essere effettuata anche per via telematica. A tal fine gli organi o uffici interessati possono avvalersi di convenzioni volte ad agevolare la consultazione da parte dei medesimi organi o uffici, mediante reti di comunicazione elettronica, di pubblici registri, elenchi, schedari e banche di dati, nel rispetto delle pertinenti disposizioni e dei princìpi di cui agli articoli 3 e 11. Le convenzioni-tipo sono adottate dal Ministero dell’interno, su conforme parere del Garante, e stabiliscono le modalità dei collegamenti e degli accessi anche al fine di assicurare l’accesso selettivo ai soli dati necessari al perseguimento delle finalità di cui all’articolo 53.

2. I dati trattati per le finalità di cui al medesimo articolo 53 sono conservati separatamente da quelli registrati per finalità amministrative che non richiedono il loro utilizzo.

3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, il Centro elaborazioni dati di cui all’articolo 53 assicura l’aggiornamento periodico e la pertinenza e non eccedenza dei dati personali trattati anche attraverso interrogazioni autorizzate del casellario giudiziale e del casellario dei carichi pendenti del Ministero della giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, o di altre banche di dati di forze di polizia, necessarie per le finalità di cui all’articolo 53.

4. Gli organi, uffici e comandi di polizia verificano periodicamente i requisiti di cui all’articolo 11 in riferimento ai dati trattati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, e provvedono al loro aggiornamento anche sulla base delle procedure adottate dal Centro elaborazioni dati ai sensi del comma 3, o, per i trattamenti effettuati senza l’ausilio di strumenti elettronici, mediante annotazioni o integrazioni dei documenti che li contengono.

55. Particolari tecnologie.

1. Il trattamento di dati personali che implica maggiori rischi di un danno all’interessato, con particolare riguardo a banche di dati genetici o biometrici, a tecniche basate su dati relativi all’ubicazione, a banche di dati basate su particolari tecniche di elaborazione delle informazioni e all’introduzione di particolari tecnologie, è effettuato nel rispetto delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti ai sensi dell’articolo 17 sulla base di preventiva comunicazione ai sensi dell’articolo 39.

56. Tutela dell’interessato.

1. Le disposizioni di cui all’articolo 10, commi 3, 4 e 5, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni, si applicano anche, oltre che ai dati destinati a confluire nel Centro elaborazione dati di cui all’articolo 53, a dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici da organi, uffici o comandi di polizia.

57. Disposizioni di attuazione.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sono individuate le modalità di attuazione dei princìpi del presente codice relativamente al trattamento dei dati effettuato per le finalità di cui all’articolo 53 dal Centro elaborazioni dati e da organi, uffici o comandi di polizia, anche ad integrazione e modifica del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, e in attuazione della Raccomandazione R (87) 15 del Consiglio d’Europa del 17 settembre 1987, e successive modificazioni. Le modalità sono individuate con particolare riguardo:

a) al principio secondo cui la raccolta dei dati è correlata alla specifica finalità perseguita, in relazione alla prevenzione di un pericolo concreto o alla repressione di reati, in particolare per quanto riguarda i trattamenti effettuati per finalità di analisi;

b) all’aggiornamento periodico dei dati, anche relativi a valutazioni effettuate in base alla legge, alle diverse modalità relative ai dati trattati senza l’ausilio di strumenti elettronici e alle modalità per rendere conoscibili gli aggiornamenti da parte di altri organi e uffici cui i dati sono stati in precedenza comunicati;

c) ai presupposti per effettuare trattamenti per esigenze temporanee o collegati a situazioni particolari, anche ai fini della verifica dei requisiti dei dati ai sensi dell’articolo 11, dell’individuazione delle categorie di interessati e della conservazione separata da altri dati che non richiedono il loro utilizzo;

d) all’individuazione di specifici termini di conservazione dei dati in relazione alla natura dei dati o agli strumenti utilizzati per il loro trattamento, nonché alla tipologia dei procedimenti nell’àmbito dei quali essi sono trattati o i provvedimenti sono adottati;

e) alla comunicazione ad altri soggetti, anche all’estero o per l’esercizio di un diritto o di un interesse legittimo, e alla loro diffusione, ove necessaria in conformità alla legge;

f) all’uso di particolari tecniche di elaborazione e di ricerca delle informazioni, anche mediante il ricorso a sistemi di indice.

TITOLO III

Difesa e sicurezza dello stato.

Capo I – Profili generali

58. Disposizioni applicabili.

1. Ai trattamenti effettuati dagli organismi di cui agli articoli 3, 4 e 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, ovvero sui dati coperti da segreto di Stato ai sensi dell’articolo 12 della medesima legge, le disposizioni del presente codice si applicano limitatamente a quelle previste negli articoli da 1 a 6, 11, 14, 15, 31, 33, 58, 154, 160 e 169.

2. Ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato, in base ad espresse disposizioni di legge che prevedano specificamente il trattamento, le disposizioni del presente codice si applicano limitatamente a quelle indicate nel comma 1, nonché alle disposizioni di cui agli articoli 37, 38 e 163.

3. Le misure di sicurezza relative ai dati trattati dagli organismi di cui al comma 1 sono stabilite e periodicamente aggiornate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, con l’osservanza delle norme che regolano la materia.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le modalità di applicazione delle disposizioni applicabili del presente codice in riferimento alle tipologie di dati, di interessati, di operazioni di trattamento eseguibili e di incaricati, anche in relazione all’aggiornamento e alla conservazione.

TITOLO IV

Trattamenti in àmbito pubblico.

Capo I – Accesso a documenti amministrativi

59. Accesso a documenti amministrativi.

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico.

60. Dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

1. Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

Capo II – Registri pubblici e albi professionali

61. Utilizzazione di dati pubblici.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali provenienti da archivi, registri, elenchi, atti o documenti tenuti da soggetti pubblici, anche individuando i casi in cui deve essere indicata la fonte di acquisizione dei dati e prevedendo garanzie appropriate per l’associazione di dati provenienti da più archivi, tenendo presente quanto previsto dalla Raccomandazione n. R (91)10 del Consiglio d’Europa in relazione all’articolo 11.

2. Agli effetti dell’applicazione del presente codice i dati personali diversi da quelli sensibili o giudiziari, che devono essere inseriti in un albo professionale in conformità alla legge o ad un regolamento, possono essere comunicati a soggetti pubblici e privati o diffusi, ai sensi dell’articolo 19, commi 2 e 3, anche mediante reti di comunicazione elettronica. Può essere altresì menzionata l’esistenza di provvedimenti che dispongono la sospensione o che incidono sull’esercizio della professione.

3. L’ordine o collegio professionale può, a richiesta della persona iscritta nell’albo che vi ha interesse, integrare i dati di cui al comma 2 con ulteriori dati pertinenti e non eccedenti in relazione all’attività professionale.

4. A richiesta dell’interessato l’ordine o collegio professionale può altresì fornire a terzi notizie o informazioni relative, in particolare, a speciali qualificazioni professionali non menzionate nell’albo, ovvero alla disponibilità ad assumere incarichi o a ricevere materiale informativo a carattere scientifico inerente anche a convegni o seminari.

Capo III – Stato civile, anagrafi e liste elettorali

62. Dati sensibili e giudiziari.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative alla tenuta degli atti e dei registri dello stato civile, delle anagrafi della popolazione residente in Italia e dei cittadini italiani residenti all’estero, e delle liste elettorali, nonché al rilascio di documenti di riconoscimento o al cambiamento delle generalità.

63. Consultazione di atti.

1. Gli atti dello stato civile conservati negli Archivi di Stato sono consultabili nei limiti previsti dall’articolo 107 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

Capo IV – Finalità di rilevante interesse pubblico

64. Cittadinanza, immigrazione e condizione dello straniero.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di cittadinanza, di immigrazione, di asilo, di condizione dello straniero e del profugo e sullo stato di rifugiato.

2. Nell’àmbito delle finalità di cui al comma 1 è ammesso, in particolare, il trattamento dei dati sensibili e giudiziari indispensabili:

a) al rilascio e al rinnovo di visti, permessi, attestazioni, autorizzazioni e documenti anche sanitari;

b) al riconoscimento del diritto di asilo o dello stato di rifugiato, o all’applicazione della protezione temporanea e di altri istituti o misure di carattere umanitario, ovvero all’attuazione di obblighi di legge in materia di politiche migratorie;

c) in relazione agli obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori, ai ricongiungimenti, all’applicazione delle norme vigenti in materia di istruzione e di alloggio, alla partecipazione alla vita pubblica e all’integrazione sociale.

3. Il presente articolo non si applica ai trattamenti di dati sensibili e giudiziari effettuati in esecuzione degli accordi e convenzioni di cui all’articolo 154, comma 2, lettere a) e b), o comunque effettuati per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione dei reati, in base ad espressa disposizione di legge che prevede specificamente il trattamento.

65. Diritti politici e pubblicità dell’attività di organi.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di:

a) elettorato attivo e passivo e di esercizio di altri diritti politici, nel rispetto della segretezza del voto, nonché di esercizio del mandato degli organi rappresentativi o di tenuta degli elenchi dei giudici popolari;

b) documentazione dell’attività istituzionale di organi pubblici.

2. I trattamenti dei dati sensibili e giudiziari per le finalità di cui al comma 1 sono consentiti per eseguire specifici compiti previsti da leggi o da regolamenti fra i quali, in particolare, quelli concernenti:

a) lo svolgimento di consultazioni elettorali e la verifica della relativa regolarità;

b) le richieste di referendum, le relative consultazioni e la verifica delle relative regolarità;

c) l’accertamento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità o di decadenza, o di rimozione o sospensione da cariche pubbliche, ovvero di sospensione o di scioglimento degli organi;

d) l’esame di segnalazioni, petizioni, appelli e di proposte di legge di iniziativa popolare, l’attività di commissioni di inchiesta, il rapporto con gruppi politici;

e) la designazione e la nomina di rappresentanti in commissioni, enti e uffici.

3. Ai fini del presente articolo, è consentita la diffusione dei dati sensibili e giudiziari per le finalità di cui al comma 1, lettera a), in particolare con riguardo alle sottoscrizioni di liste, alla presentazione delle candidature, agli incarichi in organizzazioni o associazioni politiche, alle cariche istituzionali e agli organi eletti.

4. Ai fini del presente articolo, in particolare, è consentito il trattamento di dati sensibili e giudiziari indispensabili:

a) per la redazione di verbali e resoconti dell’attività di assemblee rappresentative, commissioni e di altri organi collegiali o assembleari;

b) per l’esclusivo svolgimento di una funzione di controllo, di indirizzo politico o di sindacato ispettivo e per l’accesso a documenti riconosciuto dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per esclusive finalità direttamente connesse all’espletamento di un mandato elettivo.

5. I dati sensibili e giudiziari trattati per le finalità di cui al comma 1 possono essere comunicati e diffusi nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Non è comunque consentita la divulgazione dei dati sensibili e giudiziari che non risultano indispensabili per assicurare il rispetto del principio di pubblicità dell’attività istituzionale, fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute.

66. Materia tributaria e doganale.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le attività dei soggetti pubblici dirette all’applicazione, anche tramite i loro concessionari, delle disposizioni in materia di tributi, in relazione ai contribuenti, ai sostituti e ai responsabili di imposta, nonché in materia di deduzioni e detrazioni e per l’applicazione delle disposizioni la cui esecuzione è affidata alle dogane.

2. Si considerano inoltre di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le attività dirette, in materia di imposte, alla prevenzione e repressione delle violazioni degli obblighi e alla adozione dei provvedimenti previsti da leggi, regolamenti o dalla normativa comunitaria, nonché al controllo e alla esecuzione forzata dell’esatto adempimento di tali obblighi, alla effettuazione dei rimborsi, alla destinazione di quote d’imposta, e quelle dirette alla gestione ed alienazione di immobili statali, all’inventario e alla qualificazione degli immobili e alla conservazione dei registri immobiliari.

67. Attività di controllo e ispettive.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di:

a) verifica della legittimità, del buon andamento, dell’imparzialità dell’attività amministrativa, nonché della rispondenza di detta attività a requisiti di razionalità, economicità, efficienza ed efficacia per le quali sono, comunque, attribuite dalla legge a soggetti pubblici funzioni di controllo, di riscontro ed ispettive nei confronti di altri soggetti;

b) accertamento, nei limiti delle finalità istituzionali, con riferimento a dati sensibili e giudiziari relativi ad esposti e petizioni, ovvero ad atti di controllo o di sindacato ispettivo di cui all’articolo 65, comma 4.

68. Benefìci economici ed abilitazioni.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di concessione, liquidazione, modifica e revoca di benefìci economici, agevolazioni, elargizioni, altri emolumenti e abilitazioni.

2. Si intendono ricompresi fra i trattamenti regolati dal presente articolo anche quelli indispensabili in relazione:

a) alle comunicazioni, certificazioni ed informazioni previste dalla normativa antimafia;

b) alle elargizioni di contributi previsti dalla normativa in materia di usura e di vittime di richieste estorsive;

c) alla corresponsione delle pensioni di guerra o al riconoscimento di benefìci in favore di perseguitati politici e di internati in campo di sterminio e di loro congiunti;

d) al riconoscimento di benefìci connessi all’invalidità civile;

e) alla concessione di contributi in materia di formazione professionale;

f) alla concessione di contributi, finanziamenti, elargizioni ed altri benefìci previsti dalla legge, dai regolamenti o dalla normativa comunitaria, anche in favore di associazioni, fondazioni ed enti;

g) al riconoscimento di esoneri, agevolazioni o riduzioni tariffarie o economiche, franchigie, o al rilascio di concessioni anche radiotelevisive, licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri titoli abilitativi previsti dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria.

3. Il trattamento può comprendere la diffusione nei soli casi in cui ciò è indispensabile per la trasparenza delle attività indicate nel presente articolo, in conformità alle leggi, e per finalità di vigilanza e di controllo conseguenti alle attività medesime, fermo restando il divieto di diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute.

69. Onorificenze, ricompense e riconoscimenti.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di conferimento di onorificenze e ricompense, di riconoscimento della personalità giuridica di associazioni, fondazioni ed enti, anche di culto, di accertamento dei requisiti di onorabilità e di professionalità per le nomine, per i profili di competenza del soggetto pubblico, ad uffici anche di culto e a cariche direttive di persone giuridiche, imprese e di istituzioni scolastiche non statali, nonché di rilascio e revoca di autorizzazioni o abilitazioni, di concessione di patrocini, patronati e premi di rappresentanza, di adesione a comitati d’onore e di ammissione a cerimonie ed incontri istituzionali.

70. Volontariato e obiezione di coscienza.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia di rapporti tra i soggetti pubblici e le organizzazioni di volontariato, in particolare per quanto riguarda l’elargizione di contributi finalizzati al loro sostegno, la tenuta di registri generali delle medesime organizzazioni e la cooperazione internazionale.

2. Si considerano, altresì, di rilevante interesse pubblico le finalità di applicazione della legge 8 luglio 1998, n. 230, e delle altre disposizioni di legge in materia di obiezione di coscienza.

71. Attività sanzionatorie e di tutela.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità:

a) di applicazione delle norme in materia di sanzioni amministrative e ricorsi;

b) volte a far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo, anche ai sensi dell’articolo 391-quater del codice di procedura penale, o direttamente connesse alla riparazione di un errore giudiziario o in caso di violazione del termine ragionevole del processo o di un’ingiusta restrizione della libertà personale.

2. Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se il diritto da far valere o difendere, di cui alla lettera b) del comma 1, è di rango almeno pari a quello dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

72. Rapporti con enti di culto.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative allo svolgimento dei rapporti istituzionali con enti di culto, confessioni religiose e comunità religiose.

73. Altre finalità in àmbito amministrativo e sociale.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, nell’àmbito delle attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico, le finalità socio-assistenziali, con particolare riferimento a:

a) interventi di sostegno psico-sociale e di formazione in favore di giovani o di altri soggetti che versano in condizioni di disagio sociale, economico o familiare;

b) interventi anche di rilievo sanitario in favore di soggetti bisognosi o non autosufficienti o incapaci, ivi compresi i servizi di assistenza economica o domiciliare, di telesoccorso, accompagnamento e trasporto;

c) assistenza nei confronti di minori, anche in relazione a vicende giudiziarie;

d) indagini psico-sociali relative a provvedimenti di adozione anche internazionale;

e) compiti di vigilanza per affidamenti temporanei;

f) iniziative di vigilanza e di sostegno in riferimento al soggiorno di nomadi;

g) interventi in tema di barriere architettoniche.

2. Si considerano, altresì, di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, nell’àmbito delle attività che la legge demanda ad un soggetto pubblico, le finalità:

a) di gestione di asili nido;

b) concernenti la gestione di mense scolastiche o la fornitura di sussidi, contributi e materiale didattico;

c) ricreative o di promozione della cultura e dello sport, con particolare riferimento all’organizzazione di soggiorni, mostre, conferenze e manifestazioni sportive o all’uso di beni immobili o all’occupazione di suolo pubblico;

d) di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica;

e) relative alla leva militare;

f) di polizia amministrativa anche locale, salvo quanto previsto dall’articolo 53, con particolare riferimento ai servizi di igiene, di polizia mortuaria e ai controlli in materia di ambiente, tutela delle risorse idriche e difesa del suolo;

g) degli uffici per le relazioni con il pubblico;

h) in materia di protezione civile;

i) di supporto al collocamento e all’avviamento al lavoro, in particolare a cura di centri di iniziativa locale per l’occupazione e di sportelli-lavoro;

l) dei difensori civici regionali e locali.

Capo V – Particolari contrassegni

74. Contrassegni su veicoli e accessi a centri storici.

1. I contrassegni rilasciati a qualunque titolo per la circolazione e la sosta di veicoli a servizio di persone invalide, ovvero per il transito e la sosta in zone a traffico limitato, e che devono essere esposti su veicoli, contengono i soli dati indispensabili ad individuare l’autorizzazione rilasciata e senza l’apposizione di diciture dalle quali può essere individuata la persona fisica interessata (21).

2. Per fini di cui al comma 1, le generalità e l’indirizzo della persona fisica interessata sono riportati sui contrassegni con modalità che non consentono la loro diretta visibilità se non in caso di richiesta di esibizione o di necessità di accertamento (22).

3. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di fissazione a qualunque titolo di un obbligo di esposizione sui veicoli di copia del libretto di circolazione o di altro documento.

4. Per il trattamento dei dati raccolti mediante impianti per la rilevazione degli accessi di veicoli ai centri storici ed alle zone a traffico limitato continuano, altresì, ad applicarsi le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 1999, n. 250.

(21) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, L. 29 luglio 2010, n. 120.

(22) Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 58, L. 29 luglio 2010, n. 120.

TITOLO V

Trattamento di dati personali in àmbito sanitario.

Capo I – Princìpi generali

75. Àmbito applicativo.

1. Il presente titolo disciplina il trattamento dei dati personali in àmbito sanitario.

76. Esercenti professioni sanitarie e organismi sanitari pubblici.

1. Gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici, anche nell’àmbito di un’attività di rilevante interesse pubblico ai sensi dell’articolo 85, trattano i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute:

a) con il consenso dell’interessato e anche senza l’autorizzazione del Garante, se il trattamento riguarda dati e operazioni indispensabili per perseguire una finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato;

b) anche senza il consenso dell’interessato e previa autorizzazione del Garante, se la finalità di cui alla lettera a) riguarda un terzo o la collettività.

2. Nei casi di cui al comma 1 il consenso può essere prestato con le modalità semplificate di cui al capo II.

3. Nei casi di cui al comma 1 l’autorizzazione del Garante è rilasciata, salvi i casi di particolare urgenza, sentito il Consiglio superiore di sanità.

Capo II – Modalità semplificate per informativa e consenso

77. Casi di semplificazione.

1. Il presente capo individua modalità semplificate utilizzabili dai soggetti di cui al comma 2:

a) per informare l’interessato relativamente ai dati personali raccolti presso il medesimo interessato o presso terzi, ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 4;

b) per manifestare il consenso al trattamento dei dati personali nei casi in cui ciò è richiesto ai sensi dell’articolo 76;

c) per il trattamento dei dati personali.

2. Le modalità semplificate di cui al comma 1 sono applicabili:

a) dagli organismi sanitari pubblici;

b) dagli altri organismi privati e dagli esercenti le professioni sanitarie;

c) dagli altri soggetti pubblici indicati nell’articolo 80.

78. Informativa del medico di medicina generale o del pediatra.

1. Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta informano l’interessato relativamente al trattamento dei dati personali, in forma chiara e tale da rendere agevolmente comprensibili gli elementi indicati nell’articolo 13, comma 1.

2. L’informativa può essere fornita per il complessivo trattamento dei dati personali necessario per attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, svolte dal medico o dal pediatra a tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato, su richiesta dello stesso o di cui questi è informato in quanto effettuate nel suo interesse.

3. L’informativa può riguardare, altresì, dati personali eventualmente raccolti presso terzi, ed è fornita preferibilmente per iscritto, anche attraverso carte tascabili con eventuali allegati pieghevoli, includendo almeno gli elementi indicati dal Garante ai sensi dell’articolo 13, comma 3, eventualmente integrati anche oralmente in relazione a particolari caratteristiche del trattamento (23).

4. L’informativa, se non è diversamente specificato dal medico o dal pediatra, riguarda anche il trattamento di dati correlato a quello effettuato dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, effettuato da un professionista o da altro soggetto, parimenti individuabile in base alla prestazione richiesta, che:

a) sostituisce temporaneamente il medico o il pediatra;

b) fornisce una prestazione specialistica su richiesta del medico e del pediatra;

c) può trattare lecitamente i dati nell’àmbito di un’attività professionale prestata in forma associata;

d) fornisce farmaci prescritti;

e) comunica dati personali al medico o pediatra in conformità alla disciplina applicabile.

5. L’informativa resa ai sensi del presente articolo evidenzia analiticamente eventuali trattamenti di dati personali che presentano rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato, in particolare in caso di trattamenti effettuati:

a) per scopi scientifici, anche di ricerca scientifica e di sperimentazione clinica controllata di medicinali, in conformità alle leggi e ai regolamenti, ponendo in particolare evidenza che il consenso, ove richiesto, è manifestato liberamente;

b) nell’àmbito della teleassistenza o telemedicina;

c) per fornire altri beni o servizi all’interessato attraverso una rete di comunicazione elettronica.

(23) Con Provv.Garante protez. dati pers. 19 luglio 2006 (Gazz. Uff. 8 agosto 2006, n. 183) è stata individuata l’informativa semplificata per i medici di base.

79. Informativa da parte di organismi sanitari.

1. Gli organismi sanitari pubblici e privati possono avvalersi delle modalità semplificate relative all’informativa e al consenso di cui agli articoli 78 e 81 in riferimento ad una pluralità di prestazioni erogate anche da distinti reparti ed unità dello stesso organismo o di più strutture ospedaliere o territoriali specificamente identificati.

2. Nei casi di cui al comma 1 l’organismo o le strutture annotano l’avvenuta informativa e il consenso con modalità uniformi e tali da permettere una verifica al riguardo da parte di altri reparti ed unità che, anche in tempi diversi, trattano dati relativi al medesimo interessato.

3. Le modalità semplificate di cui agli articoli 78 e 81 possono essere utilizzate in modo omogeneo e coordinato in riferimento all’insieme dei trattamenti di dati personali effettuati nel complesso delle strutture facenti capo alle aziende sanitarie.

4. Sulla base di adeguate misure organizzative in applicazione del comma 3, le modalità semplificate possono essere utilizzate per più trattamenti di dati effettuati nei casi di cui al presente articolo e dai soggetti di cui all’articolo 80.

80. Informativa da parte di altri soggetti pubblici.

1. Oltre a quanto previsto dall’articolo 79, possono avvalersi della facoltà di fornire un’unica informativa per una pluralità di trattamenti di dati effettuati, a fini amministrativi e in tempi diversi, rispetto a dati raccolti presso l’interessato e presso terzi, i competenti servizi o strutture di soggetti pubblici operanti in àmbito sanitario o della prevenzione e sicurezza del lavoro.

2. L’informativa di cui al comma 1 è integrata con appositi e idonei cartelli ed avvisi agevolmente visibili al pubblico, affissi e diffusi anche nell’àmbito di pubblicazioni istituzionali e mediante reti di comunicazione elettronica, in particolare per quanto riguarda attività amministrative di rilevante interesse pubblico che non richiedono il consenso degli interessati.

81. Prestazione del consenso.

1. Il consenso al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, nei casi in cui è necessario ai sensi del presente codice o di altra disposizione di legge, può essere manifestato con un’unica dichiarazione, anche oralmente. In tal caso il consenso è documentato, anziché con atto scritto dell’interessato, con annotazione dell’esercente la professione sanitaria o dell’organismo sanitario pubblico, riferita al trattamento di dati effettuato da uno o più soggetti e all’informativa all’interessato, nei modi indicati negli articoli 78, 79 e 80.

2. Quando il medico o il pediatra fornisce l’informativa per conto di più professionisti ai sensi dell’articolo 78, comma 4, oltre quanto previsto dal comma 1, il consenso è reso conoscibile ai medesimi professionisti con adeguate modalità, anche attraverso menzione, annotazione o apposizione di un bollino o tagliando su una carta elettronica o sulla tessera sanitaria, contenente un richiamo al medesimo articolo 78, comma 4, e alle eventuali diverse specificazioni apposte all’informativa ai sensi del medesimo comma.

82. Emergenze e tutela della salute e dell’incolumità fisica.

1. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, nel caso di emergenza sanitaria o di igiene pubblica per la quale la competente autorità ha adottato un’ordinanza contingibile ed urgente ai sensi dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

2. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono altresì intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, in caso di:

a) impossibilità fisica, incapacità di agire o incapacità di intendere o di volere dell’interessato, quando non è possibile acquisire il consenso da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato;

b) rischio grave, imminente ed irreparabile per la salute o l’incolumità fisica dell’interessato.

3. L’informativa e il consenso al trattamento dei dati personali possono intervenire senza ritardo, successivamente alla prestazione, anche in caso di prestazione medica che può essere pregiudicata dall’acquisizione preventiva del consenso, in termini di tempestività o efficacia.

4. Dopo il raggiungimento della maggiore età l’informativa è fornita all’interessato anche ai fini della acquisizione di una nuova manifestazione del consenso quando questo è necessario.

83. Altre misure per il rispetto dei diritti degli interessati.

1. I soggetti di cui agli articoli 78, 79 e 80 adottano idonee misure per garantire, nell’organizzazione delle prestazioni e dei servizi, il rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati, nonché del segreto professionale, fermo restando quanto previsto dalle leggi e dai regolamenti in materia di modalità di trattamento dei dati sensibili e di misure minime di sicurezza.

2. Le misure di cui al comma 1 comprendono, in particolare:

a) soluzioni volte a rispettare, in relazione a prestazioni sanitarie o ad adempimenti amministrativi preceduti da un periodo di attesa all’interno di strutture, un ordine di precedenza e di chiamata degli interessati prescindendo dalla loro individuazione nominativa;

b) l’istituzione di appropriate distanze di cortesia, tenendo conto dell’eventuale uso di apparati vocali o di barriere;

c) soluzioni tali da prevenire, durante colloqui, l’indebita conoscenza da parte di terzi di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute;

d) cautele volte ad evitare che le prestazioni sanitarie, ivi compresa l’eventuale documentazione di anamnesi, avvenga in situazioni di promiscuità derivanti dalle modalità o dai locali prescelti;

e) il rispetto della dignità dell’interessato in occasione della prestazione medica e in ogni operazione di trattamento dei dati;

f) la previsione di opportuni accorgimenti volti ad assicurare che, ove necessario, possa essere data correttamente notizia o conferma anche telefonica, ai soli terzi legittimati, di una prestazione di pronto soccorso;

g) la formale previsione, in conformità agli ordinamenti interni delle strutture ospedaliere e territoriali, di adeguate modalità per informare i terzi legittimati in occasione di visite sulla dislocazione degli interessati nell’àmbito dei reparti, informandone previamente gli interessati e rispettando eventuali loro contrarie manifestazioni legittime di volontà;

h) la messa in atto di procedure, anche di formazione del personale, dirette a prevenire nei confronti di estranei un’esplicita correlazione tra l’interessato e reparti o strutture, indicativa dell’esistenza di un particolare stato di salute;

i) la sottoposizione degli incaricati che non sono tenuti per legge al segreto professionale a regole di condotta analoghe al segreto professionale.

2-bis. Le misure di cui al comma 2 non si applicano ai soggetti di cui all’articolo 78, che ottemperano alle disposizioni di cui al comma 1 secondo modalità adeguate a garantire un rapporto personale e fiduciario con gli assistiti, nel rispetto del codice di deontologia sottoscritto ai sensi dell’articolo 12 (24).

(24) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

84. Comunicazione di dati all’interessato.

1. I dati personali idonei a rivelare lo stato di salute possono essere resi noti all’interessato o ai soggetti di cui all’articolo 82, comma 2, lettera a), da parte di esercenti le professioni sanitarie ed organismi sanitari, solo per il tramite di un medico designato dall’interessato o dal titolare. Il presente comma non si applica in riferimento ai dati personali forniti in precedenza dal medesimo interessato.

2. Il titolare o il responsabile possono autorizzare per iscritto esercenti le professioni sanitarie diversi dai medici, che nell’esercizio dei propri compiti intrattengono rapporti diretti con i pazienti e sono incaricati di trattare dati personali idonei a rivelare lo stato di salute, a rendere noti i medesimi dati all’interessato o ai soggetti di cui all’articolo 82, comma 2, lettera a). L’atto di incarico individua appropriate modalità e cautele rapportate al contesto nel quale è effettuato il trattamento di dati.

Capo III – Finalità di rilevante interesse pubblico

85. Compiti del Servizio sanitario nazionale.

1. Fuori dei casi di cui al comma 2, si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità che rientrano nei compiti del Servizio sanitario nazionale e degli altri organismi sanitari pubblici relative alle seguenti attività:

a) attività amministrative correlate a quelle di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei soggetti assistiti dal Servizio sanitario nazionale, ivi compresa l’assistenza degli stranieri in Italia e dei cittadini italiani all’estero, nonché di assistenza sanitaria erogata al personale navigante ed aeroportuale;

b) programmazione, gestione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria;

c) vigilanza sulle sperimentazioni, farmacovigilanza, autorizzazione all’immissione in commercio e all’importazione di medicinali e di altri prodotti di rilevanza sanitaria;

d) attività certificatorie;

e) l’applicazione della normativa in materia di igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza e salute della popolazione;

f) le attività amministrative correlate ai trapianti d’organo e di tessuti, nonché alle trasfusioni di sangue umano, anche in applicazione della legge 4 maggio 1990, n. 107;

g) instaurazione, gestione, pianificazione e controllo dei rapporti tra l’amministrazione ed i soggetti accreditati o convenzionati del Servizio sanitario nazionale.

2. Il comma 1 non si applica ai trattamenti di dati idonei a rivelare lo stato di salute effettuati da esercenti le professioni sanitarie o da organismi sanitari pubblici per finalità di tutela della salute o dell’incolumità fisica dell’interessato, di un terzo o della collettività, per i quali si osservano le disposizioni relative al consenso dell’interessato o all’autorizzazione del Garante ai sensi dell’articolo 76.

3. All’identificazione dei tipi di dati idonei a rivelare lo stato di salute e di operazioni su essi eseguibili è assicurata ampia pubblicità, anche tramite affissione di una copia o di una guida illustrativa presso ciascuna azienda sanitaria e presso gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.

4. Il trattamento di dati identificativi dell’interessato è lecito da parte dei soli soggetti che perseguono direttamente le finalità di cui al comma 1. L’utilizzazione delle diverse tipologie di dati è consentita ai soli incaricati, preposti, caso per caso, alle specifiche fasi delle attività di cui al medesimo comma, secondo il principio dell’indispensabilità dei dati di volta in volta trattati.

86. Altre finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Fuori dei casi di cui agli articoli 76 e 85, si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità, perseguite mediante trattamento di dati sensibili e giudiziari, relative alle attività amministrative correlate all’applicazione della disciplina in materia di:

a) tutela sociale della maternità e di interruzione volontaria della gravidanza, con particolare riferimento a quelle svolte per la gestione di consultori familiari e istituzioni analoghe, per l’informazione, la cura e la degenza delle madri, nonché per gli interventi di interruzione della gravidanza;

b) stupefacenti e sostanze psicotrope, con particolare riferimento a quelle svolte al fine di assicurare, anche avvalendosi di enti ed associazioni senza fine di lucro, i servizi pubblici necessari per l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti, gli interventi anche di tipo preventivo previsti dalle leggi e l’applicazione delle misure amministrative previste;

c) assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate effettuati, in particolare, al fine di:

1) accertare l’handicap ed assicurare la funzionalità dei servizi terapeutici e riabilitativi, di aiuto personale e familiare, nonché interventi economici integrativi ed altre agevolazioni;

2) curare l’integrazione sociale, l’educazione, l’istruzione e l’informazione alla famiglia del portatore di handicap, nonché il collocamento obbligatorio nei casi previsti dalla legge;

3) realizzare comunità-alloggio e centri socio riabilitativi;

4) curare la tenuta degli albi degli enti e delle associazioni ed organizzazioni di volontariato impegnati nel settore.

2. Ai trattamenti di cui al presente articolo si applicano le disposizioni di cui all’articolo 85, comma 4.

Capo IV – Prescrizioni mediche

87. Medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale.

1. Le ricette relative a prescrizioni di medicinali a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale sono redatte secondo il modello di cui al comma 2, conformato in modo da permettere di risalire all’identità dell’interessato solo in caso di necessità connesse al controllo della correttezza della prescrizione, ovvero a fini di verifiche amministrative o per scopi epidemiologici e di ricerca, nel rispetto delle norme deontologiche applicabili.

2. Il modello cartaceo per le ricette di medicinali relative a prescrizioni di medicinali a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale, di cui agli allegati 1, 3, 5 e 6 del D.M. 11 luglio 1988, n. 350 del Ministro della sanità, e al capitolo 2, paragrafo 2.2.2. del relativo disciplinare tecnico, è integrato da un tagliando predisposto su carta o con tecnica di tipo copiativo e unito ai bordi delle zone indicate nel comma 3.

3. Il tagliando di cui al comma 2 è apposto sulle zone del modello predisposte per l’indicazione delle generalità e dell’indirizzo dell’assistito, in modo da consentirne la visione solo per effetto di una momentanea separazione del tagliando medesimo che risulti necessaria ai sensi dei commi 4 e 5.

4. Il tagliando può essere momentaneamente separato dal modello di ricetta, e successivamente riunito allo stesso, quando il farmacista lo ritiene indispensabile, mediante sottoscrizione apposta sul tagliando, per una effettiva necessità connessa al controllo della correttezza della prescrizione, anche per quanto riguarda la corretta fornitura del farmaco.

5. Il tagliando può essere momentaneamente separato nei modi di cui al comma 3 anche presso i competenti organi per fini di verifica amministrativa sulla correttezza della prescrizione, o da parte di soggetti legittimati a svolgere indagini epidemiologiche o di ricerca in conformità alla legge, quando è indispensabile per il perseguimento delle rispettive finalità.

6. Con decreto del Ministro della salute, sentito il Garante, può essere individuata una ulteriore soluzione tecnica diversa da quella indicata nel comma 1, basata sull’uso di una fascetta adesiva o su altra tecnica equipollente relativa anche a modelli non cartacei.

88. Medicinali non a carico del Servizio sanitario nazionale.

1. Nelle prescrizioni cartacee di medicinali soggetti a prescrizione ripetibile non a carico, anche parziale, del Servizio sanitario nazionale, le generalità dell’interessato non sono indicate.

2. Nei casi di cui al comma 1 il medico può indicare le generalità dell’interessato solo se ritiene indispensabile permettere di risalire alla sua identità, per un’effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del medesimo interessato o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione.

89. Casi particolari.

1. Le disposizioni del presente capo non precludono l’applicazione di disposizioni normative che prevedono il rilascio di ricette che non identificano l’interessato o recanti particolari annotazioni, contenute anche nel decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94.

2. Nei casi in cui deve essere accertata l’identità dell’interessato ai sensi del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, le ricette sono conservate separatamente da ogni altro documento che non ne richiede l’utilizzo.

2-bis. Per i soggetti di cui all’articolo 78, l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 87, comma 3, e 88, comma 1, è subordinata ad un’esplicita richiesta dell’interessato (25).

(25) Comma aggiunto dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Capo V – Dati genetici

90. Trattamento dei dati genetici e donatori di midollo osseo.

1. Il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute, che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità (26).

2. L’autorizzazione di cui al comma 1 individua anche gli ulteriori elementi da includere nell’informativa ai sensi dell’articolo 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalità perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi.

3. Il donatore di midollo osseo, ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 52, ha il diritto e il dovere di mantenere l’anonimato sia nei confronti del ricevente sia nei confronti di terzi.

(26) L’autorizzazione prevista dal presente comma è stata rilasciata con Provv. Garante protez. dati pers. 22 febbraio 2007.

Capo VI – Disposizioni varie

91. Dati trattati mediante carte.

1. Il trattamento in ogni forma di dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale eventualmente registrati su carte anche non elettroniche, compresa la carta nazionale dei servizi, o trattati mediante le medesime carte è consentito se necessario ai sensi dell’articolo 3, nell’osservanza di misure ed accorgimenti prescritti dal Garante nei modi di cui all’articolo 17.

92. Cartelle cliniche.

1. Nei casi in cui organismi sanitari pubblici e privati redigono e conservano una cartella clinica in conformità alla disciplina applicabile, sono adottati opportuni accorgimenti per assicurare la comprensibilità dei dati e per distinguere i dati relativi al paziente da quelli eventualmente riguardanti altri interessati, ivi comprese informazioni relative a nascituri.

2. Eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copia della cartella e dell’acclusa scheda di dimissione ospedaliera da parte di soggetti diversi dall’interessato possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità:

a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell’articolo 26, comma 4, lettera c), di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile;

b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

93. Certificato di assistenza al parto.

1. Ai fini della dichiarazione di nascita il certificato di assistenza al parto è sempre sostituito da una semplice attestazione contenente i soli dati richiesti nei registri di nascita. Si osservano, altresì, le disposizioni dell’articolo 109.

2. Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento.

3. Durante il periodo di cui al comma 2 la richiesta di accesso al certificato o alla cartella può essere accolta relativamente ai dati relativi alla madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, osservando le opportune cautele per evitare che quest’ultima sia identificabile.

94. Banche di dati, registri e schedari in àmbito sanitario.

1. Il trattamento di dati idonei a rivelare lo stato di salute contenuti in banche di dati, schedari, archivi o registri tenuti in àmbito sanitario, è effettuato nel rispetto dell’articolo 3 anche presso banche di dati, schedari, archivi o registri già istituiti alla data di entrata in vigore del presente codice e in riferimento ad accessi di terzi previsti dalla disciplina vigente alla medesima data, in particolare presso:

a) il registro nazionale dei casi di mesotelioma asbesto-correlati istituito presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl), di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 dicembre 2002, n. 308;

b) la banca di dati in materia di sorveglianza della malattia di Creutzfeldt-Jakob o delle varianti e sindromi ad essa correlate, di cui al D.M. 21 dicembre 2001 del Ministro della salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 10 gennaio 2002;

c) il registro nazionale delle malattie rare di cui all’articolo 3 del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 del Ministro della sanità;

d) i registri dei donatori di midollo osseo istituiti in applicazione della legge 6 marzo 2001, n. 52;

e) gli schedari dei donatori di sangue di cui all’articolo 15 del D.M. 26 gennaio 2001 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 3 aprile 2001.

TITOLO VI

Istruzione.

Capo I – Profili generali

95. Dati sensibili e giudiziari.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di istruzione e di formazione in àmbito scolastico, professionale, superiore o universitario, con particolare riferimento a quelle svolte anche in forma integrata.

96. Trattamento di dati relativi a studenti.

1. Al fine di agevolare l’orientamento, la formazione e l’inserimento professionale, anche all’estero, le scuole e gli istituti scolastici di istruzione secondaria, su richiesta degli interessati, possono comunicare o diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi agli esiti scolastici, intermedi e finali, degli studenti e altri dati personali diversi da quelli sensibili o giudiziari, pertinenti in relazione alle predette finalità e indicati nell’informativa resa agli interessati ai sensi dell’articolo 13. I dati possono essere successivamente trattati esclusivamente per le predette finalità.

2. Resta ferma la disposizione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, sulla tutela del diritto dello studente alla riservatezza. Restano altresì ferme le vigenti disposizioni in materia di pubblicazione dell’esito degli esami mediante affissione nell’albo dell’istituto e di rilascio di diplomi e certificati.

TITOLO VII

Trattamento per scopi storici, statistici o scientifici.

Capo I – Profili generali

97. Àmbito applicativo.

1. Il presente titolo disciplina il trattamento dei dati personali effettuato per scopi storici, statistici o scientifici.

98. Finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità relative ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici:

a) per scopi storici, concernenti la conservazione, l’ordinamento e la comunicazione dei documenti detenuti negli archivi di Stato e negli archivi storici degli enti pubblici, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali, come modificato dal presente codice;

b) che fanno parte del sistema statistico nazionale (Sistan) ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni;

c) per scopi scientifici.

99. Compatibilità tra scopi e durata del trattamento.

1. Il trattamento di dati personali effettuato per scopi storici, statistici o scientifici è considerato compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.

2. Il trattamento di dati personali per scopi storici, statistici o scientifici può essere effettuato anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.

3. Per scopi storici, statistici o scientifici possono comunque essere conservati o ceduti ad altro titolare i dati personali dei quali, per qualsiasi causa, è cessato il trattamento.

100. Dati relativi ad attività di studio e ricerca.

1. Al fine di promuovere e sostenere la ricerca e la collaborazione in campo scientifico e tecnologico i soggetti pubblici, ivi comprese le università e gli enti di ricerca, possono con autonome determinazioni comunicare e diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi ad attività di studio e di ricerca, a laureati, dottori di ricerca, tecnici e tecnologi, ricercatori, docenti, esperti e studiosi, con esclusione di quelli sensibili o giudiziari.

2. Resta fermo il diritto dell’interessato di opporsi per motivi legittimi ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lettera a).

3. I dati di cui al presente articolo non costituiscono documenti amministrativi ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. I dati di cui al presente articolo possono essere successivamente trattati per i soli scopi in base ai quali sono comunicati o diffusi.

Capo II – Trattamento per scopi storici

101. Modalità di trattamento.

1. I dati personali raccolti per scopi storici non possono essere utilizzati per adottare atti o provvedimenti amministrativi sfavorevoli all’interessato, salvo che siano utilizzati anche per altre finalità nel rispetto dell’articolo 11.

2. I documenti contenenti dati personali, trattati per scopi storici, possono essere utilizzati, tenendo conto della loro natura, solo se pertinenti e indispensabili per il perseguimento di tali scopi. I dati personali diffusi possono essere utilizzati solo per il perseguimento dei medesimi scopi.

3. I dati personali possono essere comunque diffusi quando sono relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dall’interessato o attraverso suoi comportamenti in pubblico.

102. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per scopi storici.

2. Il codice di deontologia e di buona condotta di cui al comma 1 individua, in particolare:

a) le regole di correttezza e di non discriminazione nei confronti degli utenti da osservare anche nella comunicazione e diffusione dei dati, in armonia con le disposizioni del presente codice applicabili ai trattamenti di dati per finalità giornalistiche o di pubblicazione di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica;

b) le particolari cautele per la raccolta, la consultazione e la diffusione di documenti concernenti dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare, identificando casi in cui l’interessato o chi vi abbia interesse è informato dall’utente della prevista diffusione di dati;

c) le modalità di applicazione agli archivi privati della disciplina dettata in materia di trattamento dei dati a scopi storici, anche in riferimento all’uniformità dei criteri da seguire per la consultazione e alle cautele da osservare nella comunicazione e nella diffusione.

103. Consultazione di documenti conservati in archivi.

1. La consultazione dei documenti conservati negli archivi di Stato, in quelli storici degli enti pubblici e in archivi privati è disciplinata dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, di approvazione del testo unico in materia di beni culturali e ambientali, come modificato dal presente codice.

Capo III – Trattamento per scopi statistici o scientifici

104. Àmbito applicativo e dati identificativi per scopi statistici o scientifici.

1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai trattamenti di dati per scopi statistici o, in quanto compatibili, per scopi scientifici.

2. Agli effetti dell’applicazione del presente capo, in relazione ai dati identificativi si tiene conto dell’insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal titolare o da altri per identificare l’interessato, anche in base alle conoscenze acquisite in relazione al progresso tecnico.

105. Modalità di trattamento.

1. I dati personali trattati per scopi statistici o scientifici non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all’interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura.

2. Gli scopi statistici o scientifici devono essere chiaramente determinati e resi noti all’interessato, nei modi di cui all’articolo 13 anche in relazione a quanto previsto dall’articolo 106, comma 2, lettera b), del presente codice e dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni.

3. Quando specifiche circostanze individuate dai codici di cui all’articolo 106 sono tali da consentire ad un soggetto di rispondere in nome e per conto di un altro, in quanto familiare o convivente, l’informativa all’interessato può essere data anche per il tramite del soggetto rispondente.

4. Per il trattamento effettuato per scopi statistici o scientifici rispetto a dati raccolti per altri scopi, l’informativa all’interessato non è dovuta quando richiede uno sforzo sproporzionato rispetto al diritto tutelato, se sono adottate le idonee forme di pubblicità individuate dai codici di cui all’articolo 106.

106. Codici di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 la sottoscrizione di uno o più codici di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per scopi statistici o scientifici (27).

2. Con i codici di cui al comma 1 sono individuati, tenendo conto, per i soggetti già compresi nell’àmbito del Sistema statistico nazionale, di quanto già previsto dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni, e, per altri soggetti, sulla base di analoghe garanzie, in particolare:

a) i presupposti e i procedimenti per documentare e verificare che i trattamenti, fuori dai casi previsti dal medesimo decreto legislativo n. 322 del 1989, siano effettuati per idonei ed effettivi scopi statistici o scientifici;

b) per quanto non previsto dal presente codice, gli ulteriori presupposti del trattamento e le connesse garanzie, anche in riferimento alla durata della conservazione dei dati, alle informazioni da rendere agli interessati relativamente ai dati raccolti anche presso terzi, alla comunicazione e diffusione, ai criteri selettivi da osservare per il trattamento di dati identificativi, alle specifiche misure di sicurezza e alle modalità per la modifica dei dati a seguito dell’esercizio dei diritti dell’interessato, tenendo conto dei princìpi contenuti nelle pertinenti raccomandazioni del Consiglio d’Europa;

c) l’insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal titolare del trattamento o da altri per identificare l’interessato, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) le garanzie da osservare ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24, comma 1, lettera i), e 43, comma 1, lettera g), che permettono di prescindere dal consenso dell’interessato, tenendo conto dei princìpi contenuti nelle predette raccomandazioni;

e) modalità semplificate per la prestazione del consenso degli interessati relativamente al trattamento dei dati sensibili;

f) le regole di correttezza da osservare nella raccolta dei dati e le istruzioni da impartire al personale incaricato;

g) le misure da adottare per favorire il rispetto dei princìpi di pertinenza e non eccedenza dei dati e delle misure di sicurezza di cui all’articolo 31, anche in riferimento alle cautele volte ad impedire l’accesso da parte di persone fisiche che non sono incaricati e l’identificazione non autorizzata degli interessati, all’interconnessione dei sistemi informativi anche nell’àmbito del Sistema statistico nazionale e all’interscambio di dati per scopi statistici o scientifici da effettuarsi con enti ed uffici situati all’estero anche sulla base delle garanzie previste dall’articolo 44, comma 1, lettera a);

h) l’impegno al rispetto di regole di condotta degli incaricati che non sono tenuti in base alla legge al segreto d’ufficio o professionale, tali da assicurare analoghi livelli di sicurezza e di riservatezza.

(27) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Provv.Garante protez. dati pers. 16 giugno 2004, n. 2.

107. Trattamento di dati sensibili.

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 20 e fuori dei casi di particolari indagini statistiche o di ricerca scientifica previste dalla legge, il consenso dell’interessato al trattamento di dati sensibili, quando è richiesto, può essere prestato con modalità semplificate, individuate dal codice di cui all’articolo 106 e l’autorizzazione del Garante può essere rilasciata anche ai sensi dell’articolo 40.

108. Sistema statistico nazionale.

1. Il trattamento di dati personali da parte di soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale, oltre a quanto previsto dal codice di deontologia e di buona condotta sottoscritto ai sensi dell’articolo 106, comma 2, resta inoltre disciplinato dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e successive modificazioni, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati sensibili indicati nel programma statistico nazionale, l’informativa all’interessato, l’esercizio dei relativi diritti e i dati non tutelati dal segreto statistico ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del medesimo decreto.

109. Dati statistici relativi all’evento della nascita.

1. Per la rilevazione dei dati statistici relativi agli eventi di nascita, compresi quelli relativi ai nati affetti da malformazioni e ai nati morti, nonché per i flussi di dati anche da parte di direttori sanitari, si osservano, oltre alle disposizioni di cui al D.M. 16 luglio 2001, n. 349 del Ministro della sanità, le modalità tecniche determinate dall’Istituto nazionale della statistica, sentito il Ministro della salute, dell’interno e il Garante.

110. Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica.

1. Il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, finalizzato a scopi di ricerca scientifica in campo medico, biomedico o epidemiologico, non è necessario quando la ricerca è prevista da un’espressa disposizione di legge che prevede specificamente il trattamento, ovvero rientra in un programma di ricerca biomedica o sanitaria previsto ai sensi dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, e per il quale sono decorsi quarantacinque giorni dalla comunicazione al Garante ai sensi dell’articolo 39. Il consenso non è inoltre necessario quando a causa di particolari ragioni non è possibile informare gli interessati e il programma di ricerca è oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale ed è autorizzato dal Garante anche ai sensi dell’articolo 40.

2. In caso di esercizio dei diritti dell’interessato ai sensi dell’articolo 7 nei riguardi dei trattamenti di cui al comma 1, l’aggiornamento, la rettificazione e l’integrazione dei dati sono annotati senza modificare questi ultimi, quando il risultato di tali operazioni non produce effetti significativi sul risultato della ricerca.

TITOLO VIII

Lavoro e previdenza sociale.

Capo I – Profili generali

111. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato per finalità previdenziali o per la gestione del rapporto di lavoro, prevedendo anche specifiche modalità per l’informativa all’interessato e per l’eventuale prestazione del consenso relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione di cui all’articolo 113, comma 3 e alla ricezione di curricula contenenti dati personali anche sensibili.

112. Finalità di rilevante interesse pubblico.

1. Si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità di instaurazione e gestione da parte di soggetti pubblici di rapporti di lavoro di qualunque tipo, dipendente o autonomo, anche non retribuito o onorario o a tempo parziale o temporaneo, e di altre forme di impiego che non comportano la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato.

2. Tra i trattamenti effettuati per le finalità di cui al comma 1, si intendono ricompresi, in particolare, quelli effettuati al fine di:

a) applicare la normativa in materia di collocamento obbligatorio e assumere personale anche appartenente a categorie protette;

b) garantire le pari opportunità;

c) accertare il possesso di particolari requisiti previsti per l’accesso a specifici impieghi, anche in materia di tutela delle minoranze linguistiche, ovvero la sussistenza dei presupposti per la sospensione o la cessazione dall’impiego o dal servizio, il trasferimento di sede per incompatibilità e il conferimento di speciali abilitazioni;

d) adempiere ad obblighi connessi alla definizione dello stato giuridico ed economico, ivi compreso il riconoscimento della causa di servizio o dell’equo indennizzo, nonché ad obblighi retributivi, fiscali o contabili, relativamente al personale in servizio o in quiescenza, ivi compresa la corresponsione di premi e benefìci assistenziali;

e) adempiere a specifici obblighi o svolgere compiti previsti dalla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro o di sicurezza o salute della popolazione, nonché in materia sindacale;

f) applicare, anche da parte di enti previdenziali ed assistenziali, la normativa in materia di previdenza ed assistenza ivi compresa quella integrativa, anche in applicazione del decreto legislativo 29 luglio 1947, n. 804 del Capo provvisorio dello Stato, riguardo alla comunicazione di dati, anche mediante reti di comunicazione elettronica, agli istituti di patronato e di assistenza sociale, alle associazioni di categoria e agli ordini professionali che abbiano ottenuto il consenso dell’interessato ai sensi dell’articolo 23 in relazione a tipi di dati individuati specificamente;

g) svolgere attività dirette all’accertamento della responsabilità civile, disciplinare e contabile ed esaminare i ricorsi amministrativi in conformità alle norme che regolano le rispettive materie;

h) comparire in giudizio a mezzo di propri rappresentanti o partecipare alle procedure di arbitrato o di conciliazione nei casi previsti dalla legge o dai contratti collettivi di lavoro;

i) salvaguardare la vita o l’incolumità fisica dell’interessato o di terzi;

l) gestire l’anagrafe dei pubblici dipendenti e applicare la normativa in materia di assunzione di incarichi da parte di dipendenti pubblici, collaboratori e consulenti;

m) applicare la normativa in materia di incompatibilità e rapporti di lavoro a tempo parziale;

n) svolgere l’attività di indagine e ispezione presso soggetti pubblici;

o) valutare la qualità dei servizi resi e dei risultati conseguiti.

3. La diffusione dei dati di cui alle lettere m), n) ed o) del comma 2 è consentita in forma anonima e, comunque, tale da non consentire l’individuazione dell’interessato.

Capo II – Annunci di lavoro e dati riguardanti prestatori di lavoro

113. Raccolta di dati e pertinenza.

1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 8 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Capo III – Divieto di controllo a distanza e telelavoro

114. Controllo a distanza.

1. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

115. Telelavoro e lavoro a domicilio.

1. Nell’àmbito del rapporto di lavoro domestico e del telelavoro il datore di lavoro è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale.

2. Il lavoratore domestico è tenuto a mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare.

Capo IV – Istituti di patronato e di assistenza sociale

116. Conoscibilità di dati su mandato dell’interessato.

1. Per lo svolgimento delle proprie attività gli istituti di patronato e di assistenza sociale, nell’àmbito del mandato conferito dall’interessato, possono accedere alle banche di dati degli enti eroganti le prestazioni, in relazione a tipi di dati individuati specificamente con il consenso manifestato ai sensi dell’articolo 23.

2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali stabilisce con proprio decreto le linee-guida di apposite convenzioni da stipulare tra gli istituti di patronato e di assistenza sociale e gli enti eroganti le prestazioni.

TITOLO IX

Sistema bancario, finanziario ed assicurativo.

Capo I – Sistemi informativi

117. Affidabilità e puntualità nei pagamenti.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato nell’àmbito di sistemi informativi di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di concessione di crediti al consumo o comunque riguardanti l’affidabilità e la puntualità nei pagamenti da parte degli interessati, individuando anche specifiche modalità per garantire la comunicazione di dati personali esatti e aggiornati nel rispetto dei diritti dell’interessato (28).

(28) Per il codice di deontologia previsto dal presente articolo vedi la Del.Garante protez. dati pers. 16 novembre 2004, n. 8.

118. Informazioni commerciali.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di informazione commerciale, prevedendo anche, in correlazione con quanto previsto dall’articolo 13, comma 5, modalità semplificate per l’informativa all’interessato e idonei meccanismi per garantire la qualità e l’esattezza dei dati raccolti e comunicati.

119. Dati relativi al comportamento debitorio.

1. Con il codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 118 sono altresì individuati termini armonizzati di conservazione dei dati personali contenuti, in particolare, in banche di dati, registri ed elenchi tenuti da soggetti pubblici e privati, riferiti al comportamento debitorio dell’interessato nei casi diversi da quelli disciplinati nel codice di cui all’articolo 117, tenendo conto della specificità dei trattamenti nei diversi àmbiti.

120. Sinistri.

1. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) definisce con proprio provvedimento le procedure e le modalità di funzionamento della banca di dati dei sinistri istituita per la prevenzione e il contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie per i veicoli a motore immatricolati in Italia, stabilisce le modalità di accesso alle informazioni raccolte dalla banca dati per gli organi giudiziari e per le pubbliche amministrazioni competenti in materia di prevenzione e contrasto di comportamenti fraudolenti nel settore delle assicurazioni obbligatorie, nonché le modalità e i limiti per l’accesso alle informazioni da parte delle imprese di assicurazione (29).

2. Il trattamento e la comunicazione ai soggetti di cui al comma 1 dei dati personali sono consentiti per lo svolgimento delle funzioni indicate nel medesimo comma.

3. Per quanto non previsto dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 135 del codice delle assicurazioni private (30).

(29) Con Provv. 1° giugno 2009, n. 31 è stato emanato il regolamento recante la disciplina della banca dati sinistri di cui al presente comma.

(30) Comma così modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’art. 352 del Codice delle assicurazioni private di cui al D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

TITOLO X

Comunicazioni elettroniche.

Capo I – Servizi di comunicazione elettronica

121. Servizi interessati.

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano al trattamento dei dati personali connesso alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico su reti pubbliche di comunicazioni.

122. Informazioni raccolte nei riguardi dell’abbonato o dell’utente.

1. Salvo quanto previsto dal comma 2, è vietato l’uso di una rete di comunicazione elettronica per accedere a informazioni archiviate nell’apparecchio terminale di un abbonato o di un utente, per archiviare informazioni o per monitorare le operazioni dell’utente (31).

2. Il codice di deontologia di cui all’articolo 133 individua i presupposti e i limiti entro i quali l’uso della rete nei modi di cui al comma 1, per determinati scopi legittimi relativi alla memorizzazione tecnica per il tempo strettamente necessario alla trasmissione della comunicazione o a fornire uno specifico servizio richiesto dall’abbonato o dall’utente, è consentito al fornitore del servizio di comunicazione elettronica nei riguardi dell’abbonato e dell’utente che abbiano espresso il consenso sulla base di una previa informativa ai sensi dell’articolo 13 che indichi analiticamente, in modo chiaro e preciso, le finalità e la durata del trattamento.

(31) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 4 dell’art. 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

123. Dati relativi al traffico.

1. I dati relativi al traffico riguardanti abbonati ed utenti trattati dal fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico sono cancellati o resi anonimi quando non sono più necessari ai fini della trasmissione della comunicazione elettronica, fatte salve le disposizioni dei commi 2, 3 e 5.

2. Il trattamento dei dati relativi al traffico strettamente necessari a fini di fatturazione per l’abbonato, ovvero di pagamenti in caso di interconnessione, è consentito al fornitore, a fini di documentazione in caso di contestazione della fattura o per la pretesa del pagamento, per un periodo non superiore a sei mesi, salva l’ulteriore specifica conservazione necessaria per effetto di una contestazione anche in sede giudiziale.

3. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico può trattare i dati di cui al comma 2 nella misura e per la durata necessarie a fini di commercializzazione di servizi di comunicazione elettronica o per la fornitura di servizi a valore aggiunto, solo se l’abbonato o l’utente cui i dati si riferiscono hanno manifestato il proprio consenso, che è revocabile in ogni momento (32).

4. Nel fornire l’informativa di cui all’articolo 13 il fornitore del servizio informa l’abbonato o l’utente sulla natura dei dati relativi al traffico che sono sottoposti a trattamento e sulla durata del medesimo trattamento ai fini di cui ai commi 2 e 3.

5. Il trattamento dei dati personali relativi al traffico è consentito unicamente ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell’articolo 30 sotto la diretta autorità del fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o, a seconda dei casi, del fornitore della rete pubblica di comunicazioni e che si occupano della fatturazione o della gestione del traffico, di analisi per conto di clienti, dell’accertamento di frodi, o della commercializzazione dei servizi di comunicazione elettronica o della prestazione dei servizi a valore aggiunto. Il trattamento è limitato a quanto è strettamente necessario per lo svolgimento di tali attività e deve assicurare l’identificazione dell’incaricato che accede ai dati anche mediante un’operazione di interrogazione automatizzata.

6. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni può ottenere i dati relativi alla fatturazione o al traffico necessari ai fini della risoluzione di controversie attinenti, in particolare, all’interconnessione o alla fatturazione.

(32) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 4 dell’art. 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

124. Fatturazione dettagliata.

1. L’abbonato ha diritto di ricevere in dettaglio, a richiesta e senza alcun aggravio di spesa, la dimostrazione degli elementi che compongono la fattura relativi, in particolare, alla data e all’ora di inizio della conversazione, al numero selezionato, al tipo di numerazione, alla località, alla durata e al numero di scatti addebitati per ciascuna conversazione.

2. Il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico è tenuto ad abilitare l’utente ad effettuare comunicazioni e a richiedere servizi da qualsiasi terminale, gratuitamente ed in modo agevole, avvalendosi per il pagamento di modalità alternative alla fatturazione, anche impersonali, quali carte di credito o di debito o carte prepagate.

3. Nella documentazione inviata all’abbonato relativa alle comunicazioni effettuate non sono evidenziati i servizi e le comunicazioni di cui al comma 2, né le comunicazioni necessarie per attivare le modalità alternative alla fatturazione.

4. Nella fatturazione all’abbonato non sono evidenziate le ultime tre cifre dei numeri chiamati. Ad esclusivi fini di specifica contestazione dell’esattezza di addebiti determinati o riferiti a periodi limitati, l’abbonato può richiedere la comunicazione dei numeri completi delle comunicazioni in questione.

5. Il Garante, accertata l’effettiva disponibilità delle modalità di cui al comma 2, può autorizzare il fornitore ad indicare nella fatturazione i numeri completi delle comunicazioni (33).

(33) Vedi, anche, il Provv. 13 marzo 2008.

125. Identificazione della linea.

1. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’utente chiamante la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, chiamata per chiamata. L’abbonato chiamante deve avere tale possibilità linea per linea.

2. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione delle chiamate entranti.

3. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e tale indicazione avviene prima che la comunicazione sia stabilita, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità, mediante una funzione semplice e gratuita, di respingere le chiamate entranti se la presentazione dell’identificazione della linea chiamante è stata eliminata dall’utente o abbonato chiamante.

4. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea collegata, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico assicura all’abbonato chiamato la possibilità di impedire, gratuitamente e mediante una funzione semplice, la presentazione dell’identificazione della linea collegata all’utente chiamante.

5. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle chiamate dirette verso Paesi non appartenenti all’Unione europea. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 si applicano anche alle chiamate provenienti da tali Paesi.

6. Se è disponibile la presentazione dell’identificazione della linea chiamante o di quella collegata, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e gli utenti dell’esistenza di tale servizio e delle possibilità previste ai commi 1, 2, 3 e 4.

126. Dati relativi all’ubicazione.

1. I dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, riferiti agli utenti o agli abbonati di reti pubbliche di comunicazione o di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, possono essere trattati solo se anonimi o se l’utente o l’abbonato ha manifestato previamente il proprio consenso, revocabile in ogni momento, e nella misura e per la durata necessari per la fornitura del servizio a valore aggiunto richiesto.

2. Il fornitore del servizio, prima di richiedere il consenso, informa gli utenti e gli abbonati sulla natura dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico che saranno sottoposti al trattamento, sugli scopi e sulla durata di quest’ultimo, nonché sull’eventualità che i dati siano trasmessi ad un terzo per la prestazione del servizio a valore aggiunto.

3. L’utente e l’abbonato che manifestano il proprio consenso al trattamento dei dati relativi all’ubicazione, diversi dai dati relativi al traffico, conservano il diritto di richiedere, gratuitamente e mediante una funzione semplice, l’interruzione temporanea del trattamento di tali dati per ciascun collegamento alla rete o per ciascuna trasmissione di comunicazioni.

4. Il trattamento dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, ai sensi dei commi 1, 2 e 3, è consentito unicamente ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell’articolo 30, sotto la diretta autorità del fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o, a seconda dei casi, del fornitore della rete pubblica di comunicazioni o del terzo che fornisce il servizio a valore aggiunto. Il trattamento è limitato a quanto è strettamente necessario per la fornitura del servizio a valore aggiunto e deve assicurare l’identificazione dell’incaricato che accede ai dati anche mediante un’operazione di interrogazione automatizzata.

127. Chiamate di disturbo e di emergenza.

1. L’abbonato che riceve chiamate di disturbo può richiedere che il fornitore della rete pubblica di comunicazioni o del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico renda temporaneamente inefficace la soppressione della presentazione dell’identificazione della linea chiamante e conservi i dati relativi alla provenienza della chiamata ricevuta. L’inefficacia della soppressione può essere disposta per i soli orari durante i quali si verificano le chiamate di disturbo e per un periodo non superiore a quindici giorni.

2. La richiesta formulata per iscritto dall’abbonato specifica le modalità di ricezione delle chiamate di disturbo e nel caso in cui sia preceduta da una richiesta telefonica è inoltrata entro quarantotto ore.

3. I dati conservati ai sensi del comma 1 possono essere comunicati all’abbonato che dichiari di utilizzarli per esclusive finalità di tutela rispetto a chiamate di disturbo. Per i servizi di cui al comma 1 il fornitore assicura procedure trasparenti nei confronti degli abbonati e può richiedere un contributo spese non superiore ai costi effettivamente sopportati.

4. Il fornitore di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico predispone procedure trasparenti per garantire, linea per linea, l’inefficacia della soppressione dell’identificazione della linea chiamante, nonché, ove necessario, il trattamento dei dati relativi all’ubicazione, nonostante il rifiuto o il mancato consenso temporanei dell’abbonato o dell’utente, da parte dei servizi abilitati in base alla legge a ricevere chiamate d’emergenza. I servizi sono individuati con decreto del Ministro delle comunicazioni, sentiti il Garante e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (34).

(34) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 27 aprile 2006.

128. Trasferimento automatico della chiamata.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta le misure necessarie per consentire a ciascun abbonato, gratuitamente e mediante una funzione semplice, di poter bloccare il trasferimento automatico delle chiamate verso il proprio terminale effettuato da terzi.

129. Elenchi di abbonati.

1. Il Garante individua con proprio provvedimento, in cooperazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’articolo 154, comma 3, e in conformità alla normativa comunitaria, le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi agli abbonati negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico, anche in riferimento ai dati già raccolti prima della data di entrata in vigore del presente codice.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 individua idonee modalità per la manifestazione del consenso all’inclusione negli elenchi e, rispettivamente, all’utilizzo dei dati per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), in base al principio della massima semplificazione delle modalità di inclusione negli elenchi a fini di mera ricerca dell’abbonato per comunicazioni interpersonali, e del consenso specifico ed espresso qualora il trattamento esuli da tali fini, nonché in tema di verifica, rettifica o cancellazione dei dati senza oneri.

130. Comunicazioni indesiderate.

1. L’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale è consentito con il consenso dell’interessato.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche, effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo.

3. Fuori dei casi di cui ai commi 1 e 2, ulteriori comunicazioni per le finalità di cui ai medesimi commi effettuate con mezzi diversi da quelli ivi indicati, sono consentite ai sensi degli articoli 23 e 24 nonché ai sensi di quanto previsto dal comma 3-bis del presente articolo (35).

3-bis. In deroga a quanto previsto dall’articolo 129, il trattamento dei dati di cui all’articolo 129, comma 1, mediante l’impiego del telefono per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), è consentito nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione, con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante l’iscrizione della numerazione della quale è intestatario in un registro pubblico delle opposizioni (36).

3-ter. Il registro di cui al comma 3-bis è istituito con decreto del Presidente della Repubblica da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, nonché, per i relativi profili di competenza, il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che si esprime entro il medesimo termine, secondo i seguenti criteri e princìpi generali:

a) attribuzione dell’istituzione e della gestione del registro ad un ente o organismo pubblico titolare di competenze inerenti alla materia;

b) previsione che l’ente o organismo deputato all’istituzione e alla gestione del registro vi provveda con le risorse umane e strumentali di cui dispone o affidandone la realizzazione e la gestione a terzi, che se ne assumono interamente gli oneri finanziari e organizzativi, mediante contratto di servizio, nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. I soggetti che si avvalgono del registro per effettuare le comunicazioni corrispondono tariffe di accesso basate sugli effettivi costi di funzionamento e di manutenzione. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio provvedimento, determina tali tariffe;

c) previsione che le modalità tecniche di funzionamento del registro consentano ad ogni utente di chiedere che sia iscritta la numerazione della quale è intestatario secondo modalità semplificate ed anche in via telematica o telefonica;

d) previsione di modalità tecniche di funzionamento e di accesso al registro mediante interrogazioni selettive che non consentano il trasferimento dei dati presenti nel registro stesso, prevedendo il tracciamento delle operazioni compiute e la conservazione dei dati relativi agli accessi;

e) disciplina delle tempistiche e delle modalità dell’iscrizione al registro, senza distinzione di settore di attività o di categoria merceologica, e del relativo aggiornamento, nonché del correlativo periodo massimo di utilizzabilità dei dati verificati nel registro medesimo, prevedendosi che l’iscrizione abbia durata indefinita e sia revocabile in qualunque momento, mediante strumenti di facile utilizzo e gratuitamente;

f) obbligo per i soggetti che effettuano trattamenti di dati per le finalità di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b), di garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e di fornire all’utente idonee informative, in particolare sulla possibilità e sulle modalità di iscrizione nel registro per opporsi a futuri contatti;

g) previsione che l’iscrizione nel registro non precluda i trattamenti dei dati altrimenti acquisiti e trattati nel rispetto degli articoli 23 e 24 (37).

3-quater. La vigilanza e il controllo sull’organizzazione e il funzionamento del registro di cui al comma 3-bis e sul trattamento dei dati sono attribuiti al Garante (38).

4. Fatto salvo quanto previsto nel comma 1, se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica fornite dall’interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il consenso dell’interessato, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto della vendita e l’interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni. L’interessato, al momento della raccolta e in occasione dell’invio di ogni comunicazione effettuata per le finalità di cui al presente comma, è informato della possibilità di opporsi in ogni momento al trattamento, in maniera agevole e gratuitamente.

5. È vietato in ogni caso l’invio di comunicazioni per le finalità di cui al comma 1 o, comunque, a scopo promozionale, effettuato camuffando o celando l’identità del mittente o senza fornire un idoneo recapito presso il quale l’interessato possa esercitare i diritti di cui all’articolo 7.

6. In caso di reiterata violazione delle disposizioni di cui al presente articolo il Garante può, provvedendo ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera b), altresì prescrivere a fornitori di servizi di comunicazione elettronica di adottare procedure di filtraggio o altre misure praticabili relativamente alle coordinate di posta elettronica da cui sono stati inviate le comunicazioni.

(35) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(36) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso art. 20-bis.

(37) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(38) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

131. Informazioni ad abbonati e utenti.

1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa l’abbonato e, ove possibile, l’utente circa la sussistenza di situazioni che permettono di apprendere in modo non intenzionale il contenuto di comunicazioni o conversazioni da parte di soggetti ad esse estranei.

2. L’abbonato informa l’utente quando il contenuto delle comunicazioni o conversazioni può essere appreso da altri a causa del tipo di apparecchiature terminali utilizzate o del collegamento realizzato tra le stesse presso la sede dell’abbonato medesimo.

3. L’utente informa l’altro utente quando, nel corso della conversazione, sono utilizzati dispositivi che consentono l’ascolto della conversazione stessa da parte di altri soggetti.

132. Conservazione di dati di traffico per altre finalità.

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 123, comma 2, i dati relativi al traffico telefonico, sono conservati dal fornitore per ventiquattro mesi dalla data di comunicazione, per finalità di accertamento e repressione dei reati, mentre, per le medesime finalità, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati dal fornitore per dodici mesi dalla data della comunicazione (39).

1-bis. I dati relativi alle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico oppure di una rete pubblica di comunicazione, sono conservati per trenta giorni (40).

2. [Decorso il termine di cui al comma 1, i dati relativi al traffico telefonico, inclusi quelli concernenti le chiamate senza risposta, sono conservati dal fornitore per ulteriori ventiquattro mesi e quelli relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati per ulteriori sei mesi per esclusive finalità di accertamento e repressione dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale, nonché dei delitti in danno di sistemi informatici o telematici] (41).

3. Entro il termine di cui al comma 1, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del pubblico ministero anche su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa e delle altre parti private. Il difensore dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini può richiedere, direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le modalità indicate dall’articolo 391-quater del codice di procedura penale, ferme restando le condizioni di cui all’articolo 8, comma 2, lettera f), per il traffico entrante (42).

4. [Dopo la scadenza del termine indicato al comma 1, il giudice autorizza l’acquisizione dei dati, con decreto motivato, se ritiene che sussistano sufficienti indizi dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dei delitti in danno di sistemi informatici o telematici] (43).

4-bis. [Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone la acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico con decreto motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre ventiquattro ore, al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione in via ordinaria. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere utilizzati] (44).

4-ter. Il Ministro dell’interno o, su sua delega, i responsabili degli uffici centrali specialistici in materia informatica o telematica della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, nonché gli altri soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, possono ordinare, anche in relazione alle eventuali richieste avanzate da autorità investigative straniere, ai fornitori e agli operatori di servizi informatici o telematici di conservare e proteggere, secondo le modalità indicate e per un periodo non superiore a novanta giorni, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, ai fini dello svolgimento delle investigazioni preventive previste dal citato articolo 226 delle norme di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, ovvero per finalità di accertamento e repressione di specifici reati. Il provvedimento, prorogabile, per motivate esigenze, per una durata complessiva non superiore a sei mesi, può prevedere particolari modalità di custodia dei dati e l’eventuale indisponibilità dei dati stessi da parte dei fornitori e degli operatori di servizi informatici o telematici ovvero di terzi (45).

4-quater. Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici cui è rivolto l’ordine previsto dal comma 4-ter deve ottemperarvi senza ritardo, fornendo immediatamente all’autorità richiedente l’assicurazione dell’adempimento. Il fornitore o l’operatore di servizi informatici o telematici è tenuto a mantenere il segreto relativamente all’ordine ricevuto e alle attività conseguentemente svolte per il periodo indicato dall’autorità. In caso di violazione dell’obbligo si applicano, salvo che il fatto costituisca più grave reato, le disposizioni dell’articolo 326 del codice penale (46).

4-quinquies. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4-ter sono comunicati per iscritto, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore dalla notifica al destinatario, al pubblico ministero del luogo di esecuzione il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida. In caso di mancata convalida, i provvedimenti assunti perdono efficacia (47).

5. Il trattamento dei dati per le finalità di cui al comma 1 è effettuato nel rispetto delle misure e degli accorgimenti a garanzia dell’interessato prescritti ai sensi dell’articolo 17, volti a garantire che i dati conservati possiedano i medesimi requisiti di qualità, sicurezza e protezione dei dati in rete, nonchè a (48):

a) prevedere in ogni caso specifici sistemi di autenticazione informatica e di autorizzazione degli incaricati del trattamento di cui all’allegato B);

b) [disciplinare le modalità di conservazione separata dei dati una volta decorso il termine di cui al comma 1] (49);

c) [individuare le modalità di trattamento dei dati da parte di specifici incaricati del trattamento in modo tale che, decorso il termine di cui al comma 1, l’utilizzazione dei dati sia consentita solo nei casi di cui al comma 4 e all’articolo 7] (50);

d) indicare le modalità tecniche per la periodica distruzione dei dati, decorsi i termini di cui al comma 1 (51) (52) .

(39) Comma così modificato prima dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 e poi dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(40) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109, con la decorrenza indicata nell’art. 6 dello stesso decreto.

(41) Comma così modificato dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144 e poi abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(42) Comma così modificato dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

(43) Comma abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(44) Comma aggiunto dall’art. 6, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi abrogato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(45) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(46) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(47) Comma aggiunto dall’art. 10, L. 18 marzo 2008, n. 48.

(48) Alinea così modificato dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(49) Lettera soppressa dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(50) Lettera soppressa dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109

(51) Lettera così modificata dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109. Vedi, anche, il Provv. 17 gennaio 2008.

(52) Articolo così sostituito dall’art. 3, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l’art. 3, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

Capo II – Internet e reti telematiche

133. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato da fornitori di servizi di comunicazione e informazione offerti mediante reti di comunicazione elettronica, con particolare riguardo ai criteri per assicurare ed uniformare una più adeguata informazione e consapevolezza degli utenti delle reti di comunicazione elettronica gestite da soggetti pubblici e privati rispetto ai tipi di dati personali trattati e alle modalità del loro trattamento, in particolare attraverso informative fornite in linea in modo agevole e interattivo, per favorire una più ampia trasparenza e correttezza nei confronti dei medesimi utenti e il pieno rispetto dei princìpi di cui all’articolo 11, anche ai fini dell’eventuale rilascio di certificazioni attestanti la qualità delle modalità prescelte e il livello di sicurezza assicurato.

Capo III – Videosorveglianza

134. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, prevedendo specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all’interessato per garantire la liceità e la correttezza anche in riferimento a quanto previsto dall’articolo 11.

TITOLO XI

Libere professioni e investigazione privata.

Capo I – Profili generali

135. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, in particolare da liberi professionisti o da soggetti che esercitano un’attività di investigazione privata autorizzata in conformità alla legge (53).

(53) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi la Del. 6 novembre 2008, n. 60.

TITOLO XII

Giornalismo ed espressione letteraria ed artistica.

Capo I – Profili generali

136. Finalità giornalistiche e altre manifestazioni del pensiero.

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano al trattamento:

a) effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità;

b) effettuato dai soggetti iscritti nell’elenco dei pubblicisti o nel registro dei praticanti di cui agli articoli 26 e 33 della legge 3 febbraio 1963, n. 69;

c) temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica.

137. Disposizioni applicabili.

1. Ai trattamenti indicati nell’articolo 136 non si applicano le disposizioni del presente codice relative:

a) all’autorizzazione del Garante prevista dall’articolo 26;

b) alle garanzie previste dall’articolo 27 per i dati giudiziari;

c) al trasferimento dei dati all’estero, contenute nel Titolo VII della Parte I.

2. Il trattamento dei dati di cui al comma 1 è effettuato anche senza il consenso dell’interessato previsto dagli articoli 23 e 26 .

3. In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all’articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 2 e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico.

138. Segreto professionale.

1. In caso di richiesta dell’interessato di conoscere l’origine dei dati personali ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a), restano ferme le norme sul segreto professionale degli esercenti la professione di giornalista, limitatamente alla fonte della notizia.

Capo II – Codice di deontologia

139. Codice di deontologia relativo ad attività giornalistiche.

1. Il Garante promuove ai sensi dell’articolo 12 l’adozione da parte del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti di un codice di deontologia relativo al trattamento dei dati di cui all’articolo 136, che prevede misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Il codice può anche prevedere forme semplificate per le informative di cui all’articolo 13.

2. Nella fase di formazione del codice, ovvero successivamente, il Garante, in cooperazione con il Consiglio, prescrive eventuali misure e accorgimenti a garanzia degli interessati, che il Consiglio è tenuto a recepire.

3. Il codice o le modificazioni od integrazioni al codice di deontologia che non sono adottati dal Consiglio entro sei mesi dalla proposta del Garante sono adottati in via sostitutiva dal Garante e sono efficaci sino a quando diviene efficace una diversa disciplina secondo la procedura di cooperazione.

4. Il codice e le disposizioni di modificazione ed integrazione divengono efficaci quindici giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’articolo 12.

5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia, il Garante può vietare il trattamento ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera c).

TITOLO XIII

Marketing diretto.

Capo I – Profili generali

140. Codice di deontologia e di buona condotta.

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, prevedendo anche, per i casi in cui il trattamento non presuppone il consenso dell’interessato, forme semplificate per manifestare e rendere meglio conoscibile l’eventuale dichiarazione di non voler ricevere determinate comunicazioni.

Parte III – Tutela dell’interessato e sanzioni

TITOLO I

Tutela amministrativa e giurisdizionale.

Capo I – Tutela dinanzi al garante

Sezione I – Princìpi generali

141. Forme di tutela.

1. L’interessato può rivolgersi al Garante:

a) mediante reclamo circostanziato nei modi previsti dall’articolo 142, per rappresentare una violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali;

b) mediante segnalazione, se non è possibile presentare un reclamo circostanziato ai sensi della lettera a), al fine di sollecitare un controllo da parte del Garante sulla disciplina medesima;

c) mediante ricorso, se intende far valere gli specifici diritti di cui all’articolo 7 secondo le modalità e per conseguire gli effetti previsti nella sezione III del presente capo.

Sezione II – Tutela amministrativa

142. Proposizione dei reclami.

1. Il reclamo contiene un’indicazione per quanto possibile dettagliata dei fatti e delle circostanze su cui si fonda, delle disposizioni che si presumono violate e delle misure richieste, nonché gli estremi identificativi del titolare, del responsabile, ove conosciuto, e dell’istante.

2. Il reclamo è sottoscritto dagli interessati, o da associazioni che li rappresentano anche ai sensi dell’articolo 9, comma 2, ed è presentato al Garante senza particolari formalità. Il reclamo reca in allegato la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’eventuale procura, e indica un recapito per l’invio di comunicazioni anche tramite posta elettronica, telefax o telefono.

3. Il Garante può predisporre un modello per il reclamo da pubblicare nel Bollettino e di cui favorisce la disponibilità con strumenti elettronici.

143. Procedimento per i reclami.

1. Esaurita l’istruttoria preliminare, se il reclamo non è manifestamente infondato e sussistono i presupposti per adottare un provvedimento, il Garante, anche prima della definizione del procedimento:

a) prima di prescrivere le misure di cui alla lettera b), ovvero il divieto o il blocco ai sensi della lettera c), può invitare il titolare, anche in contraddittorio con l’interessato, ad effettuare il blocco spontaneamente;

b) prescrive al titolare le misure opportune o necessarie per rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti (54);

c) dispone il blocco o vieta, in tutto o in parte, il trattamento che risulta illecito o non corretto anche per effetto della mancata adozione delle misure necessarie di cui alla lettera b), oppure quando, in considerazione della natura dei dati o, comunque, delle modalità del trattamento o degli effetti che esso può determinare, vi è il concreto rischio del verificarsi di un pregiudizio rilevante per uno o più interessati;

d) può vietare in tutto o in parte il trattamento di dati relativi a singoli soggetti o a categorie di soggetti che si pone in contrasto con rilevanti interessi della collettività.

2. I provvedimenti di cui al comma 1 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana se i relativi destinatari non sono facilmente identificabili per il numero o per la complessità degli accertamenti (55).

(54) Vedi, anche, il Provv. 1° aprile 2010 e il Provv. 8 aprile 2010.

(55) Vedi, anche, la Del.Garante protez. dati pers. 24 maggio 2007, n. 21.

144. Segnalazioni.

1. I provvedimenti di cui all’articolo 143 possono essere adottati anche a seguito delle segnalazioni di cui all’articolo 141, comma 1, lettera b), se è avviata un’istruttoria preliminare e anche prima della definizione del procedimento.

Sezione III – Tutela alternativa a quella giurisdizionale (56)

145. Ricorsi.

1. I diritti di cui all’articolo 7 possono essere fatti valere dinanzi all’autorità giudiziaria o con ricorso al Garante.

2. Il ricorso al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria.

3. La presentazione del ricorso al Garante rende improponibile un’ulteriore domanda dinanzi all’autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il medesimo oggetto.

(56) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

146. Interpello preventivo.

1. Salvi i casi in cui il decorso del termine esporrebbe taluno a pregiudizio imminente ed irreparabile, il ricorso al Garante può essere proposto solo dopo che è stata avanzata richiesta sul medesimo oggetto al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, e sono decorsi i termini previsti dal presente articolo, ovvero è stato opposto alla richiesta un diniego anche parziale.

2. Il riscontro alla richiesta da parte del titolare o del responsabile è fornito entro quindici giorni dal suo ricevimento (57).

3. Entro il termine di cui al comma 2, se le operazioni necessarie per un integrale riscontro alla richiesta sono di particolare complessità, ovvero ricorre altro giustificato motivo, il titolare o il responsabile ne danno comunicazione all’interessato. In tal caso, il termine per l’integrale riscontro è di trenta giorni dal ricevimento della richiesta medesima (58).

(57) Per la proroga del termine previsto dal presente comma vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

(58) Per la proroga del termine previsto dal presente comma vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

147. Presentazione del ricorso.

1. Il ricorso è proposto nei confronti del titolare e indica:

a) gli estremi identificativi del ricorrente, dell’eventuale procuratore speciale, del titolare e, ove conosciuto, del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7;

b) la data della richiesta presentata al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1, oppure del pregiudizio imminente ed irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima;

c) gli elementi posti a fondamento della domanda;

d) il provvedimento richiesto al Garante;

e) il domicilio eletto ai fini del procedimento.

2. Il ricorso è sottoscritto dal ricorrente o dal procuratore speciale e reca in allegato:

a) la copia della richiesta rivolta al titolare o al responsabile ai sensi dell’articolo 8, comma 1;

b) l’eventuale procura;

c) la prova del versamento dei diritti di segreteria.

3. Al ricorso è unita, altresì, la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’indicazione di un recapito per l’invio di comunicazioni al ricorrente o al procuratore speciale mediante posta elettronica, telefax o telefono.

4. Il ricorso è rivolto al Garante e la relativa sottoscrizione è autenticata. L’autenticazione non è richiesta se la sottoscrizione è apposta presso l’Ufficio del Garante o da un procuratore speciale iscritto all’albo degli avvocati al quale la procura è conferita ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, ovvero con firma digitale in conformità alla normativa vigente.

5. Il ricorso è validamente proposto solo se è trasmesso con plico raccomandato, oppure per via telematica osservando le modalità relative alla sottoscrizione con firma digitale e alla conferma del ricevimento prescritte ai sensi dell’articolo 38, comma 2, ovvero presentato direttamente presso l’Ufficio del Garante.

148. Inammissibilità del ricorso.

1. Il ricorso è inammissibile:

a) se proviene da un soggetto non legittimato;

b) in caso di inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 145 e 146;

c) se difetta di taluno degli elementi indicati nell’articolo 147, commi 1 e 2, salvo che sia regolarizzato dal ricorrente o dal procuratore speciale anche su invito dell’Ufficio del Garante ai sensi del comma 2, entro sette giorni dalla data della sua presentazione o della ricezione dell’invito. In tale caso, il ricorso si considera presentato al momento in cui il ricorso regolarizzato perviene all’Ufficio.

2. Il Garante determina i casi in cui è possibile la regolarizzazione del ricorso (59).

(59) La Del.Garante protez. dati pers. 23 dicembre 2004, n. 16 (Gazz. Uff. 21 marzo 2005, n. 66) ha disposto che la regolarizzazione dei ricorsi presentati al Garante ai sensi del presente comma è possibile nei seguenti casi:

a) quando il ricorso è sottoscritto da persona fisica o giuridica diversa dal ricorrente o dal procuratore speciale, oppure è trasmesso al Garante con corrispondenza diversa dal plico raccomandato o in modo difforme dalle altre modalità indicate nell’art. 147, comma 5;

b) qualora il ricorso difetti di uno o più dei dati identificativi di cui all’art. 147, comma 1, lettera a);

c) qualora manchi l’indicazione della data della richiesta presentata al titolare o al responsabile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del codice o l’indicazione del pregiudizio imminente e irreparabile che permette di prescindere dalla richiesta medesima (art. 147, comma 1, lettera b);

d) quando il ricorso sia privo di una sottoscrizione autenticata secondo il disposto dell’art. 147, comma 4;

e) quando manchi l’indicazione degli elementi posti a fondamento della domanda (art. 147, comma 1, lettera c);

f) quando il ricorso non rechi l’indicazione del provvedimento richiesto al Garante (art. 147, comma 1, lettera d);

g) quando manchi l’indicazione del domicilio eletto ai fini del procedimento (art. 147, comma 1, lettera e);

h) qualora al ricorso non risultino allegate l’eventuale procura o la copia della richiesta rivolta al titolare o al responsabile ai sensi dell’art. 8, comma 1, del codice;

i) qualora difetti la prova del versamento dei diritti di segreteria (art. 147, comma 2, lettera c) o risulti imprecisa o incompleta la documentazione attestante che l’interessato si trova nelle condizioni previste dalla legge per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

149. Procedimento relativo al ricorso.

1. Fuori dei casi in cui è dichiarato inammissibile o manifestamente infondato, il ricorso è comunicato al titolare entro tre giorni a cura dell’Ufficio del Garante, con invito ad esercitare entro dieci giorni dal suo ricevimento la facoltà di comunicare al ricorrente e all’Ufficio la propria eventuale adesione spontanea. L’invito è comunicato al titolare per il tramite del responsabile eventualmente designato per il riscontro all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all’articolo 7, ove indicato nel ricorso.

2. In caso di adesione spontanea è dichiarato non luogo a provvedere. Se il ricorrente lo richiede, è determinato in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico della controparte o compensati per giusti motivi anche parzialmente.

3. Nel procedimento dinanzi al Garante il titolare, il responsabile di cui al comma 1 e l’interessato hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e hanno facoltà di presentare memorie o documenti. A tal fine l’invito di cui al comma 1 è trasmesso anche al ricorrente e reca l’indicazione del termine entro il quale il titolare, il medesimo responsabile e l’interessato possono presentare memorie e documenti, nonché della data in cui tali soggetti possono essere sentiti in contraddittorio anche mediante idonea tecnica audiovisiva.

4. Nel procedimento il ricorrente può precisare la domanda nei limiti di quanto chiesto con il ricorso o a seguito di eccezioni formulate dal titolare.

5. Il Garante può disporre, anche d’ufficio, l’espletamento di una o più perizie. Il provvedimento che le dispone precisa il contenuto dell’incarico e il termine per la sua esecuzione, ed è comunicato alle parti le quali possono presenziare alle operazioni personalmente o tramite procuratori o consulenti designati. Il provvedimento dispone inoltre in ordine all’anticipazione delle spese della perizia.

6. Nel procedimento, il titolare e il responsabile di cui al comma 1 possono essere assistiti da un procuratore o da altra persona di fiducia.

7. Se gli accertamenti risultano particolarmente complessi o vi è l’assenso delle parti il termine di sessanta giorni di cui all’articolo 150, comma 2, può essere prorogato per un periodo non superiore ad ulteriori quaranta giorni.

8. Il decorso dei termini previsti dall’articolo 150, comma 2 e dall’articolo 151 è sospeso di diritto dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Se il decorso ha inizio durante tale periodo, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo medesimo. La sospensione non opera nei casi in cui sussiste il pregiudizio di cui all’articolo 146, comma 1, e non preclude l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 150, comma 1.

150. Provvedimenti a seguito del ricorso.

1. Se la particolarità del caso lo richiede, il Garante può disporre in via provvisoria il blocco in tutto o in parte di taluno dei dati, ovvero l’immediata sospensione di una o più operazioni del trattamento. Il provvedimento può essere adottato anche prima della comunicazione del ricorso ai sensi dell’articolo 149, comma 1, e cessa di avere ogni effetto se non è adottata nei termini la decisione di cui al comma 2. Il medesimo provvedimento è impugnabile unitamente a tale decisione.

2. Assunte le necessarie informazioni il Garante, se ritiene fondato il ricorso, ordina al titolare, con decisione motivata, la cessazione del comportamento illegittimo, indicando le misure necessarie a tutela dei diritti dell’interessato e assegnando un termine per la loro adozione. La mancata pronuncia sul ricorso, decorsi sessanta giorni dalla data di presentazione, equivale a rigetto (60).

3. Se vi è stata previa richiesta di taluna delle parti, il provvedimento che definisce il procedimento determina in misura forfettaria l’ammontare delle spese e dei diritti inerenti al ricorso, posti a carico, anche in parte, del soccombente o compensati anche parzialmente per giusti motivi.

4. Il provvedimento espresso, anche provvisorio, adottato dal Garante è comunicato alle parti entro dieci giorni presso il domicilio eletto o risultante dagli atti. Il provvedimento può essere comunicato alle parti anche mediante posta elettronica o telefax.

5. Se sorgono difficoltà o contestazioni riguardo all’esecuzione del provvedimento di cui ai commi 1 e 2, il Garante, sentite le parti ove richiesto, dispone le modalità di attuazione avvalendosi, se necessario, del personale dell’Ufficio o della collaborazione di altri organi dello Stato.

6. In caso di mancata opposizione avverso il provvedimento che determina l’ammontare delle spese e dei diritti, o di suo rigetto, il provvedimento medesimo costituisce, per questa parte, titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 475 del codice di procedura civile.

(60) Sui termini per la pronuncia sui ricorsi vedi il comma 7 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

151. Opposizione.

1. Avverso il provvedimento espresso o il rigetto tacito di cui all’articolo 150, comma 2, il titolare o l’interessato possono proporre opposizione con ricorso ai sensi dell’articolo 152. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento.

2. Il tribunale provvede nei modi di cui all’articolo 152.

Capo II – Tutela giurisdizionale

152. Autorità giudiziaria ordinaria.

1. Tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria.

2. Per tutte le controversie di cui al comma 1 l’azione si propone con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento.

3. Il tribunale decide in ogni caso in composizione monocratica.

4. Se è presentato avverso un provvedimento del Garante anche ai sensi dell’articolo 143, il ricorso è proposto entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento o dalla data del rigetto tacito. Se il ricorso è proposto oltre tale termine il giudice lo dichiara inammissibile con ordinanza ricorribile per cassazione.

5. La proposizione del ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento del Garante. Se ricorrono gravi motivi il giudice, sentite le parti, può disporre diversamente in tutto o in parte con ordinanza impugnabile unitamente alla decisione che definisce il grado di giudizio.

6. Quando sussiste pericolo imminente di un danno grave ed irreparabile il giudice può emanare i provvedimenti necessari con decreto motivato, fissando, con il medesimo provvedimento, l’udienza di comparizione delle parti entro un termine non superiore a quindici giorni. In tale udienza, con ordinanza, il giudice conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

7. Il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto con il quale assegna al ricorrente il termine perentorio entro cui notificarlo alle altre parti e al Garante. Tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione intercorrono non meno di trenta giorni.

8. Se alla prima udienza il ricorrente non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo, ponendo a carico del ricorrente le spese di giudizio.

9. Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d’ufficio, omettendo ogni formalità non necessaria al contraddittorio, i mezzi di prova che ritiene necessari e può disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione di capitoli.

10. Terminata l’istruttoria, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere, nella stessa udienza, alla discussione orale della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Le motivazioni della sentenza sono depositate in cancelleria entro i successivi trenta giorni. Il giudice può anche redigere e leggere, unitamente al dispositivo, la motivazione della sentenza, che è subito dopo depositata in cancelleria.

11. Se necessario, il giudice può concedere alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinviare la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza.

12. Con la sentenza il giudice, anche in deroga al divieto di cui all’articolo 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), quando è necessario anche in relazione all’eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile, accoglie o rigetta la domanda, in tutto o in parte, prescrive le misure necessarie, dispone sul risarcimento del danno, ove richiesto, e pone a carico della parte soccombente le spese del procedimento.

13. La sentenza non è appellabile, ma è ammesso il ricorso per cassazione.

14. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi previsti dall’articolo 10, comma 5, della legge 1° aprile 1981, n. 121, e successive modificazioni.

TITOLO II

L’autorità.

Capo I – Il garante per la protezione dei dati personali

153. Il Garante.

1. Il Garante opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

2. Il Garante è organo collegiale costituito da quattro componenti, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato. I componenti sono scelti tra persone che assicurano indipendenza e che sono esperti di riconosciuta competenza delle materie del diritto o dell’informatica, garantendo la presenza di entrambe le qualificazioni.

3. I componenti eleggono nel loro àmbito un presidente, il cui voto prevale in caso di parità. Eleggono altresì un vice presidente, che assume le funzioni del presidente in caso di sua assenza o impedimento.

4. Il presidente e i componenti durano in carica quattro anni e non possono essere confermati per più di una volta; per tutta la durata dell’incarico il presidente e i componenti non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire cariche elettive (61).

5. All’atto dell’accettazione della nomina il presidente e i componenti sono collocati fuori ruolo se dipendenti di pubbliche amministrazioni o magistrati in attività di servizio; se professori universitari di ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni. Il personale collocato fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito.

6. Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione. Ai componenti compete un’indennità non eccedente nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente. Le predette indennità di funzione sono determinate dall’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1998, n. 501, in misura tale da poter essere corrisposte a carico degli ordinari stanziamenti.

7. Alle dipendenze del Garante è posto l’Ufficio di cui all’articolo 156.

(61) Vedi, anche, l’art. 47-quater, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

154. Compiti.

1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, il Garante, anche avvalendosi dell’Ufficio e in conformità al presente codice, ha il compito di:

a) controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto della disciplina applicabile e in conformità alla notificazione, anche in caso di loro cessazione e con riferimento alla conservazione dei dati di traffico (62);

b) esaminare i reclami e le segnalazioni e provvedere sui ricorsi presentati dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano;

c) prescrivere anche d’ufficio ai titolari del trattamento le misure necessarie o opportune al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti, ai sensi dell’articolo 143 (63);

d) vietare anche d’ufficio, in tutto o in parte, il trattamento illecito o non corretto dei dati o disporne il blocco ai sensi dell’articolo 143, e di adottare gli altri provvedimenti previsti dalla disciplina applicabile al trattamento dei dati personali;

e) promuovere la sottoscrizione di codici ai sensi dell’articolo 12 e dell’articolo 139;

f) segnalare al Parlamento e al Governo l’opportunità di interventi normativi richiesti dalla necessità di tutelare i diritti di cui all’articolo 2 anche a seguito dell’evoluzione del settore;

g) esprimere pareri nei casi previsti;

h) curare la conoscenza tra il pubblico della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e delle relative finalità, nonché delle misure di sicurezza dei dati (64);

i) denunciare i fatti configurabili come reati perseguibili d’ufficio, dei quali viene a conoscenza nell’esercizio o a causa delle funzioni;

l) tenere il registro dei trattamenti formato sulla base delle notificazioni di cui all’articolo 37;

m) predisporre annualmente una relazione sull’attività svolta e sullo stato di attuazione del presente codice, che è trasmessa al Parlamento e al Governo entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferisce.

2. Il Garante svolge altresì, ai sensi del comma 1, la funzione di controllo o assistenza in materia di trattamento dei dati personali prevista da leggi di ratifica di accordi o convenzioni internazionali o da regolamenti comunitari e, in particolare:

a) dalla legge 30 settembre 1993, n. 388, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione dei protocolli e degli accordi di adesione all’accordo di Schengen e alla relativa convenzione di applicazione;

b) dalla legge 23 marzo 1998, n. 93, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione della convenzione istitutiva dell’Ufficio europeo di polizia (Europol);

c) dal regolamento (CE) n. 515/97 del 13 marzo 1997, del Consiglio, e dalla legge 30 luglio 1998, n. 291, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione della convenzione sull’uso dell’informatica nel settore doganale;

d) dal regolamento (CE) n. 2725/2000 dell’11 dicembre 2000, del Consiglio, che istituisce l’«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali e per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino;

e) nel capitolo IV della convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 e resa esecutiva con legge 21 febbraio 1989, n. 98, quale autorità designata ai fini della cooperazione tra Stati ai sensi dell’articolo 13 della convenzione medesima.

3. Il Garante coopera con altre autorità amministrative indipendenti nello svolgimento dei rispettivi compiti. A tale fine, il Garante può anche invitare rappresentanti di un’altra autorità a partecipare alle proprie riunioni, o essere invitato alle riunioni di altra autorità, prendendo parte alla discussione di argomenti di comune interesse; può richiedere, altresì, la collaborazione di personale specializzato addetto ad altra autorità.

4. Il Presidente del Consiglio dei ministri e ciascun ministro consultano il Garante all’atto della predisposizione delle norme regolamentari e degli atti amministrativi suscettibili di incidere sulle materie disciplinate dal presente codice.

5. Fatti salvi i termini più brevi previsti per legge, il parere del Garante è reso nei casi previsti nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso il termine, l’amministrazione può procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Quando, per esigenze istruttorie, non può essere rispettato il termine di cui al presente comma, tale termine può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.

6. Copia dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria in relazione a quanto previsto dal presente codice o in materia di criminalità informatica è trasmessa, a cura della cancelleria, al Garante (65).

(62) Lettera così modificata dall’art. 4, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.

(63) Vedi, anche, il Provv.Garante protez. dati pers. 21 giugno 2006, il Provv.Garante protez. dati pers. 1° marzo 2007, il Provv. 7 febbraio 2008, il Provv. 29 aprile 2009, la Del. 16 luglio 2009, n. 26, il Provv. 1° aprile 2010, la Det. 8 aprile 2010 e il Provv. 8 aprile 2010.

(64) Vedi, anche, la Del.Garante protez. dati pers. 24 maggio 2007, n. 21, il Provv. 13 ottobre 2008 e il Provv. 27 novembre 2008.

(65) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

Capo II – L’ufficio del garante

155. Princìpi applicabili.

1. All’Ufficio del Garante, al fine di garantire la responsabilità e l’autonomia ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si applicano i princìpi riguardanti l’individuazione e le funzioni del responsabile del procedimento, nonché quelli relativi alla distinzione fra le funzioni di indirizzo e di controllo, attribuite agli organi di vertice, e le funzioni di gestione attribuite ai dirigenti. Si applicano altresì le disposizioni del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001 espressamente richiamate dal presente codice.

156. Ruolo organico e personale.

1. All’Ufficio del Garante è preposto un segretario generale scelto anche tra magistrati ordinari o amministrativi.

2. Il ruolo organico del personale dipendente è stabilito nel limite di cento unità (66).

3. Con propri regolamenti pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, il Garante definisce:

a) l’organizzazione e il funzionamento dell’Ufficio anche ai fini dello svolgimento dei compiti di cui all’articolo 154 (67);

b) l’ordinamento delle carriere e le modalità di reclutamento del personale secondo le procedure previste dall’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;

c) la ripartizione dell’organico tra le diverse aree e qualifiche (68);

d) il trattamento giuridico ed economico del personale, secondo i criteri previsti dalla legge 31 luglio 1997, n. 249 e successive modificazioni e, per gli incarichi dirigenziali, dagli articoli 19, comma 6, e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali e organizzative. Nelle more della più generale razionalizzazione del trattamento economico delle autorità amministrative indipendenti, al personale è attribuito l’ottanta per cento del trattamento economico del personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

e) la gestione amministrativa e la contabilità, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato, l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione nel quale sono iscritte le somme già versate nella contabilità speciale, nonché l’individuazione dei casi di riscossione e utilizzazione dei diritti di segreteria o di corrispettivi per servizi resi in base a disposizioni di legge secondo le modalità di cui all’articolo 6, comma 2, della legge 31 luglio 1997, n. 249.

4. L’Ufficio può avvalersi, per motivate esigenze, di dipendenti dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche o di enti pubblici collocati in posizione di fuori ruolo o equiparati nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, ovvero in aspettativa ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni, in numero non superiore, complessivamente, a venti unità e per non oltre il venti per cento delle qualifiche dirigenziali, lasciando non coperto un corrispondente numero di posti di ruolo. Al personale di cui al presente comma è corrisposta un’indennità pari all’eventuale differenza tra il trattamento erogato dall’amministrazione o dall’ente di provenienza e quello spettante al personale di ruolo, sulla base di apposita tabella di corrispondenza adottata dal Garante, e comunque non inferiore al cinquanta per cento della retribuzione in godimento, con esclusione dell’indennità integrativa speciale.

5. In aggiunta al personale di ruolo, l’Ufficio può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, in numero non superiore a venti unità ivi compresi i consulenti assunti con contratto a tempo determinato ai sensi del comma 7.

6. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

7. Nei casi in cui la natura tecnica o la delicatezza dei problemi lo richiedono, il Garante può avvalersi dell’opera di consulenti, i quali sono remunerati in base alle vigenti tariffe professionali ovvero sono assunti con contratti a tempo determinato, di durata non superiore a due anni, che possono essere rinnovati per non più di due volte.

8. Il personale addetto all’Ufficio del Garante ed i consulenti sono tenuti al segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza, nell’esercizio delle proprie funzioni, in ordine a notizie che devono rimanere segrete.

9. Il personale dell’Ufficio del Garante addetto agli accertamenti di cui all’articolo 158 riveste, in numero non superiore a cinque unità, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le rispettive attribuzioni, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.

10. Le spese di funzionamento del Garante sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti.

(66) Per l’incremento della dotazione organica vedi il comma 542 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(67) In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi la Del. Garante protez. dati pers. 14 dicembre 2007, n. 65 e la Del. Garante protez. dati pers. 14 dicembre 2007, n. 66.

(68) Con Del. Garante protez. dati pers. 18 dicembre 2003, n. 20 (Gazz. Uff. 30 gennaio 2004, n. 24) sono state approvate le modifiche alle dotazioni organiche del personale dipendente del Garante per la protezione dei dati personali.

Capo III – Accertamenti e controlli

157. Richiesta di informazioni e di esibizione di documenti.

1. Per l’espletamento dei propri compiti il Garante può richiedere al titolare, al responsabile, all’interessato o anche a terzi di fornire informazioni e di esibire documenti (69).

(69) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

158. Accertamenti.

1. Il Garante può disporre accessi a banche di dati, archivi o altre ispezioni e verifiche nei luoghi ove si svolge il trattamento o nei quali occorre effettuare rilevazioni comunque utili al controllo del rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali.

2. I controlli di cui al comma 1 sono eseguiti da personale dell’Ufficio. Il Garante si avvale anche, ove necessario, della collaborazione di altri organi dello Stato.

3. Gli accertamenti di cui al comma 1, se svolti in un’abitazione o in un altro luogo di privata dimora o nelle relative appartenenze, sono effettuati con l’assenso informato del titolare o del responsabile, oppure previa autorizzazione del presidente del tribunale competente per territorio in relazione al luogo dell’accertamento, il quale provvede con decreto motivato senza ritardo, al più tardi entro tre giorni dal ricevimento della richiesta del Garante quando è documentata l’indifferibilità dell’accertamento (70).

(70) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

159. Modalità.

1. Il personale operante, munito di documento di riconoscimento, può essere assistito ove necessario da consulenti tenuti al segreto ai sensi dell’articolo 156, comma 8. Nel procedere a rilievi e ad operazioni tecniche può altresì estrarre copia di ogni atto, dato e documento, anche a campione e su supporto informatico o per via telematica. Degli accertamenti è redatto sommario verbale nel quale sono annotate anche le eventuali dichiarazioni dei presenti.

2. Ai soggetti presso i quali sono eseguiti gli accertamenti è consegnata copia dell’autorizzazione del presidente del tribunale, ove rilasciata. I medesimi soggetti sono tenuti a farli eseguire e a prestare la collaborazione a tal fine necessaria. In caso di rifiuto gli accertamenti sono comunque eseguiti e le spese in tal caso occorrenti sono poste a carico del titolare con il provvedimento che definisce il procedimento, che per questa parte costituisce titolo esecutivo ai sensi degli articoli 474 e 475 del codice di procedura civile.

3. Gli accertamenti, se effettuati presso il titolare o il responsabile, sono eseguiti dandone informazione a quest’ultimo o, se questo è assente o non è designato, agli incaricati. Agli accertamenti possono assistere persone indicate dal titolare o dal responsabile.

4. Se non è disposto diversamente nel decreto di autorizzazione del presidente del tribunale, l’accertamento non può essere iniziato prima delle ore sette e dopo le ore venti, e può essere eseguito anche con preavviso quando ciò può facilitarne l’esecuzione.

5. Le informative, le richieste e i provvedimenti di cui al presente articolo e agli articoli 157 e 158 possono essere trasmessi anche mediante posta elettronica e telefax.

6. Quando emergono indizi di reato si osserva la disposizione di cui all’articolo 220 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (71).

(71) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

160. Particolari accertamenti.

1. Per i trattamenti di dati personali indicati nei titoli I, II e III della Parte II gli accertamenti sono effettuati per il tramite di un componente designato dal Garante.

2. Se il trattamento non risulta conforme alle disposizioni di legge o di regolamento, il Garante indica al titolare o al responsabile le necessarie modificazioni ed integrazioni e ne verifica l’attuazione. Se l’accertamento è stato richiesto dall’interessato, a quest’ultimo è fornito in ogni caso un riscontro circa il relativo esito, se ciò non pregiudica azioni od operazioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione di reati o ricorrono motivi di difesa o di sicurezza dello Stato.

3. Gli accertamenti non sono delegabili. Quando risulta necessario in ragione della specificità della verifica, il componente designato può farsi assistere da personale specializzato tenuto al segreto ai sensi dell’articolo 156, comma 8. Gli atti e i documenti acquisiti sono custoditi secondo modalità tali da assicurarne la segretezza e sono conoscibili dal presidente e dai componenti del Garante e, se necessario per lo svolgimento delle funzioni dell’organo, da un numero delimitato di addetti all’Ufficio individuati dal Garante sulla base di criteri definiti dal regolamento di cui all’articolo 156, comma 3, lettera a).

4. Per gli accertamenti relativi agli organismi di informazione e di sicurezza e ai dati coperti da segreto di Stato il componente designato prende visione degli atti e dei documenti rilevanti e riferisce oralmente nelle riunioni del Garante.

5. Nell’effettuare gli accertamenti di cui al presente articolo nei riguardi di uffici giudiziari, il Garante adotta idonee modalità nel rispetto delle reciproche attribuzioni e della particolare collocazione istituzionale dell’organo procedente. Gli accertamenti riferiti ad atti di indagine coperti dal segreto sono differiti, se vi è richiesta dell’organo procedente, al momento in cui cessa il segreto.

6. La validità, l’efficacia e l’utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale (72).

(72) Vedi, anche, il comma 4 dell’art. 25, L. 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’art. 17, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

TITOLO III

Sanzioni.

Capo I – Violazioni amministrative

161. Omessa o inidonea informativa all’interessato.

1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila euro a trantaseimila euro (73).

(73) Comma così modificato dal comma 2 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

162. Altre fattispecie.

1. La cessione dei dati in violazione di quanto previsto dall’articolo 16, comma 1, lettera b), o di altre disposizioni in materia di disciplina del trattamento dei dati personali è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro (74).

2. La violazione della disposizione di cui all’articolo 84, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da mille euro a seimila euro (75).

2-bis. In caso di trattamento di dati personali effettuato in violazione delle misure indicate nell’articolo 33 o delle disposizioni indicate nell’articolo 167 è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro. Nei casi di cui all’articolo 33 è escluso il pagamento in misura ridotta (76).

2-ter. In caso di inosservanza dei provvedimenti di prescrizione di misure necessarie o di divieto di cui, rispettivamente, all’articolo 154, comma 1, lettere c) e d), è altresì applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da trentamila euro a centottantamila euro (77).

2-quater. La violazione del diritto di opposizione nelle forme previste dall’articolo 130, comma 3-bis, e dal relativo regolamento è sanzionata ai sensi del comma 2-bis del presente articolo (78).

(74) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(75) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(76) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 e poi così modificato dal n. 1) della lettera c) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(77) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 3 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(78) Comma aggiunto dal n. 2) della lettera c) del comma 1 dell’art. 20-bis, D.L. 25 settembre 2009, n. 135, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

162-bis. Sanzioni in materia di conservazione dei dati di traffico.

1. Salvo che il fatto costituisca reato e salvo quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006, nel caso di violazione delle disposizioni di cui all’art. 132, commi 1 e 1-bis, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro (79).

(79) Articolo aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109 e poi così modificato dal comma 4 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

163. Omessa o incompleta notificazione.

1. Chiunque, essendovi tenuto, non provvede tempestivamente alla notificazione ai sensi degli articoli 37 e 38, ovvero indica in essa notizie incomplete, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da ventimila euro a centoventimila euro (80).

(80) Comma così modificato dal comma 5 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

164. Omessa informazione o esibizione al Garante.

1. Chiunque omette di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dal Garante ai sensi degli articoli 150, comma 2, e 157 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a sessantamila euro (81).

(81) Comma così modificato dal comma 6 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

164-bis. Casi di minore gravità e ipotesi aggravate.

1. Se taluna delle violazioni di cui agli articoli 161, 162, 163 e 164 è di minore gravità, avuto altresì riguardo alla natura anche economica o sociale dell’attività svolta, i limiti minimi e massimi stabiliti dai medesimi articoli sono applicati in misura pari a due quinti.

2. In caso di più violazioni di un’unica o di più disposizioni di cui al presente Capo, a eccezione di quelle previste dagli articoli 162, comma 2, 162-bis e 164, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da cinquantamila euro a trecentomila euro. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.

3. In altri casi di maggiore gravità e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, ovvero quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni di cui al presente Capo sono applicati in misura pari al doppio.

4. Le sanzioni di cui al presente Capo possono essere aumentate fino al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore (82).

(82) Articolo aggiunto dal comma 7 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

165. Pubblicazione del provvedimento del Garante.

1. Nei casi di cui agli articoli del presente Capo può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell’ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, in uno o più giornali indicati nel provvedimento che la applica. La pubblicazione ha luogo a cura e spese del contravventore (83).

(83) Comma così modificato dal comma 8 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

166. Procedimento di applicazione.

1. L’organo competente a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni di cui al presente capo e all’articolo 179, comma 3, è il Garante. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. I proventi, nella misura del cinquanta per cento del totale annuo, sono riassegnati al fondo di cui all’articolo 156, comma 10, e sono utilizzati unicamente per l’esercizio dei compiti di cui agli articoli 154, comma 1, lettera h), e 158.

Capo II – Illeciti penali

167. Trattamento illecito di dati.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni.

168. Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante.

1. Chiunque, nella notificazione di cui all’articolo 37 o in comunicazioni, atti, documenti o dichiarazioni resi o esibiti in un procedimento dinanzi al Garante o nel corso di accertamenti, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

169. Misure di sicurezza.

1. Chiunque, essendovi tenuto, omette di adottare le misure minime previste dall’articolo 33 è punito con l’arresto sino a due anni (84).

2. All’autore del reato, all’atto dell’accertamento o, nei casi complessi, anche con successivo atto del Garante, è impartita una prescrizione fissando un termine per la regolarizzazione non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, prorogabile in caso di particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento e comunque non superiore a sei mesi. Nei sessanta giorni successivi allo scadere del termine, se risulta l’adempimento alla prescrizione, l’autore del reato è ammesso dal Garante a pagare una somma pari al quarto del massimo della sanzione stabilita per la violazione amministrativa. L’adempimento e il pagamento estinguono il reato. L’organo che impartisce la prescrizione e il pubblico ministero provvedono nei modi di cui agli articoli 21, 22, 23 e 24 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e successive modificazioni, in quanto applicabili (85).

(84) Comma così modificato dal comma 9 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

(85) Comma così modificato dal comma 9 dell’art. 44, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207.

170. Inosservanza di provvedimenti del Garante.

1. Chiunque, essendovi tenuto, non osserva il provvedimento adottato dal Garante ai sensi degli articoli 26, comma 2, 90, 150, commi 1 e 2, e 143, comma 1, lettera c), è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

171. Altre fattispecie.

1. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 113, comma 1, e 114 è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n. 300.

172. Pene accessorie.

1. La condanna per uno dei delitti previsti dal presente codice importa la pubblicazione della sentenza.

TITOLO IV

Disposizioni modificative, abrogative, transitorie e finali.

Capo I – Disposizioni di modifica

173. Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.

1. La legge 30 settembre 1993, n. 388, e successive modificazioni, di ratifica ed esecuzione dei protocolli e degli accordi di adesione all’accordo di Schengen e alla relativa convenzione di applicazione, è così modificata:

a) … (86);

b) il comma 2 dell’articolo 10 è soppresso;

c) … (87);

d) l’articolo 12 è abrogato.

(86) Sostituisce il comma 2 dell’art. 9, L. 30 settembre 1993, n. 388.

(87) Sostituisce l’art. 11, L. 30 settembre 1993, n. 388.

174. Notifiche di atti e vendite giudiziarie.

1. … (88).

2. Al primo comma dell’articolo 138 del codice di procedura civile, le parole da: «può sempre eseguire» a «destinatario,» sono sostituite dalle seguenti: «esegue la notificazione di regola mediante consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, presso la casa di abitazione oppure, se ciò non è possibile,».

3. Nel quarto comma dell’articolo 139 del codice di procedura civile, la parola: «l’originale» è sostituita dalle seguenti: «una ricevuta».

4. Nell’articolo 140 del codice di procedura civile, dopo le parole: «affigge avviso del deposito» sono inserite le seguenti: «in busta chiusa e sigillata».

5. All’articolo 142 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (89);

b) nell’ultimo comma le parole: «ai commi precedenti» sono sostituite dalle seguenti: «al primo comma».

6. Nell’articolo 143, primo comma, del codice di procedura civile, sono soppresse le parole da: «, e mediante» fino alla fine del periodo .

7. All’articolo 151, primo comma, del codice di procedura civile dopo le parole: «maggiore celerità» sono aggiunte le seguenti: «, di riservatezza o di tutela della dignità».

8. … (90).

9. … (91).

10. All’articolo 570, primo comma, del codice di procedura civile le parole: «del debitore,» sono soppresse e le parole da: «informazioni» fino alla fine sono sostituite dalle seguenti: «informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque vi abbia interesse».

11. … (92).

12. … (93).

13. All’articolo 148 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (94);

b) … (95).

14. All’articolo 157, comma 6, del codice di procedura penale le parole: «è scritta all’esterno del plico stesso» sono sostituite dalle seguenti: «è effettuata nei modi previsti dall’articolo 148, comma 3».

15. … (96).

16. Alla legge 20 novembre 1982, n. 890, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) … (97);

b) all’articolo 8, secondo comma, secondo periodo, dopo le parole: «L’agente postale rilascia avviso» sono inserite le seguenti: «, in busta chiusa, del deposito».

(88) Aggiunge due commi, dopo il secondo, all’art. 137 del codice di procedura civile.

(89) Sostituisce con un unico comma gli originari primo e secondo comma dell’art. 142 del codice di procedura civile.

(90) Aggiunge un comma, dopo il primo, all’art. 250 del codice di procedura civile.

(91) Aggiunge un periodo al terzo comma dell’art. 490 del codice di procedura civile.

(92) Aggiunge un periodo al quarto comma dell’art. 14, L. 24 novembre 1981, n. 689.

(93) Aggiunge l’art. 15-bis al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

(94) Sostituisce il comma 3 dell’art. 148 del codice di procedura penale.

(95) Aggiunge il comma 5-bis all’art. 148 del codice di procedura penale.

(96) Sostituisce il comma 1 dell’art. 80 delle disposizioni di attuazioni del codice di procedura penale approvate con D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271.

(97) Aggiunge un periodo al primo comma dell’art. 2, L. 20 novembre 1982, n. 890.

175. Forze di polizia.

1. Il trattamento effettuato per il conferimento delle notizie ed informazioni acquisite nel corso di attività amministrative ai sensi dell’articolo 21, comma 1, della legge 26 marzo 2001, n. 128, e per le connessioni di cui al comma 3 del medesimo articolo è oggetto di comunicazione al Garante ai sensi dell’articolo 39, commi 2 e 3.

2. I dati personali trattati dalle forze di polizia, dagli organi di pubblica sicurezza e dagli altri soggetti di cui all’articolo 53, comma 1, senza l’ausilio di strumenti elettronici anteriormente alla data di entrata in vigore del presente codice, in sede di applicazione del presente codice possono essere ulteriormente trattati se ne è verificata l’esattezza, completezza ed aggiornamento ai sensi dell’articolo 11.

3. … (98).

(98) Sostituisce l’art. 10, L. 1° aprile 1981, n. 121.

176. Soggetti pubblici.

1. Nell’articolo 24, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo le parole: «mediante strumenti informatici» sono inserite le seguenti: «, fuori dei casi di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono, «.

2. … (99).

3. … (100).

4. Al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione continuano ad applicarsi l’articolo 6 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, nonché le vigenti modalità di finanziamento nell’àmbito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

5. … (101).

6. La denominazione: «Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione» contenuta nella vigente normativa è sostituita dalla seguente: «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione».

(99) Aggiunge il comma 1-bis all’art. 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(100) Sostituisce il comma 1 dell’art. 4, D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39.

(101) Sostituisce il comma 1 dell’art. 5, D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39.

177. Disciplina anagrafica, dello stato civile e delle liste elettorali.

1. Il comune può utilizzare gli elenchi di cui all’articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, per esclusivo uso di pubblica utilità anche in caso di applicazione della disciplina in materia di comunicazione istituzionale.

2. … (102).

3. Il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile di cui all’articolo 107 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 è consentito solo ai soggetti cui l’atto si riferisce, oppure su motivata istanza comprovante l’interesse personale e concreto del richiedente a fini di tutela di una situazione giuridicamente rilevante, ovvero decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto.

4. Nel primo comma dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, sono soppresse le lettere d) ed e).

5. … (103).

(102) Sostituisce il comma 7 dell’art. 28, L. 4 maggio 1983, n. 184.

(103) Sostituisce il quinto comma dell’art. 51, D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.

178. Disposizioni in materia sanitaria.

1. Nell’articolo 27, terzo e quinto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di libretto sanitario personale, dopo le parole: «il Consiglio sanitario nazionale» e prima della virgola sono inserite le seguenti: «e il Garante per la protezione dei dati personali».

2. All’articolo 5 della legge 5 giugno 1990, n. 135, in materia di AIDS e infezione da HIV, sono apportate le seguenti modifiche:

a) … (104).

b) nel comma 2, le parole: «decreto del Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti: «decreto del Ministro della salute, sentito il Garante per la protezione dei dati personali».

3. … (105).

4. All’articolo 2, comma 1, del D.M. 11 febbraio 1997 del Ministro della sanità, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 72 del 27 marzo 1997, in materia di importazione di medicinali registrati all’estero, sono soppresse le lettere f) ed h).

5. Nel comma 1, primo periodo, dell’articolo 5-bis del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, le parole da: «riguarda anche» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «è acquisito unitamente al consenso relativo al trattamento dei dati personali».

(104) Sostituisce il comma 1 dell’art. 5, L. 5 giugno 1990, n. 135.

(105) Aggiunge un periodo al comma 3 dell’art. 5, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 539.

179. Altre modifiche.

1. Nell’articolo 6 della legge 2 aprile 1958, n. 339, sono soppresse le parole: «; mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare» e: «garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale;».

2. Nell’articolo 38, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono soppresse le parole: «4,» e «,8».

3. Al comma 3 dell’articolo 12 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, in materia di contratti a distanza, sono aggiunte in fine le seguenti parole: «, ovvero, limitatamente alla violazione di cui all’articolo 10, al Garante per la protezione dei dati personali».

4. [ … (106).

(106) Il presente comma, abrogato dall’art. 184, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, a decorrere dal 1° maggio 2004, ai sensi di quanto disposto dall’art. 183 dello stesso decreto, aggiunge l’art. 107-bis al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.

Capo II – Disposizioni transitorie

180. Misure di sicurezza.

1. Le misure minime di sicurezza di cui agli articoli da 33 a 35 e all’allegato B) che non erano previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318, sono adottate entro il 31 marzo 2006 (107).

2. Il titolare che alla data di entrata in vigore del presente codice dispone di strumenti elettronici che, per obiettive ragioni tecniche, non consentono in tutto o in parte l’immediata applicazione delle misure minime di cui all’articolo 34 e delle corrispondenti modalità tecniche di cui all’allegato B), descrive le medesime ragioni in un documento a data certa da conservare presso la propria struttura.

3. Nel caso di cui al comma 2, il titolare adotta ogni possibile misura di sicurezza in relazione agli strumenti elettronici detenuti in modo da evitare, anche sulla base di idonee misure organizzative, logistiche o procedurali, un incremento dei rischi di cui all’articolo 31, adeguando i medesimi strumenti al più tardi entro il 30 giugno 2006 (108).

(107) Comma così modificato prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 6, D.L. 9 novembre 2004, n. 266 e dall’art. 6-bis, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273.

(108) Comma così modificato prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 6, D.L. 9 novembre 2004, n. 266 e dall’art. 6-bis, D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, ed infine dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273.

181. Altre disposizioni transitorie.

1. Per i trattamenti di dati personali iniziati prima del 1° gennaio 2004, in sede di prima applicazione del presente codice:

a) l’identificazione con atto di natura regolamentare dei tipi di dati e di operazioni ai sensi degli articoli 20, commi 2 e 3, e 21, comma 2, è effettuata, ove mancante, entro il 28 febbraio 2007 (109);

b) la determinazione da rendere nota agli interessati ai sensi dell’articolo 26, commi 3, lettera a), e 4, lettera a), è adottata, ove mancante, entro il 30 giugno 2004;

c) le notificazioni previste dall’articolo 37 sono effettuate entro il 30 aprile 2004;

d) le comunicazioni previste dall’articolo 39 sono effettuate entro il 30 giugno 2004;

e) [le modalità semplificate per l’informativa e la manifestazione del consenso, ove necessario, possono essere utilizzate dal medico di medicina generale, dal pediatra di libera scelta e dagli organismi sanitari anche in occasione del primo ulteriore contatto con l’interessato, al più tardi entro il 30 settembre 2004] (110);

f) l’utilizzazione dei modelli di cui all’articolo 87, comma 2, è obbligatoria a decorrere dal 1° gennaio 2005.

2. Le disposizioni di cui all’articolo 21-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, introdotto dall’articolo 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281, restano in vigore fino alla data di entrata in vigore del presente codice.

3. L’individuazione dei trattamenti e dei titolari di cui agli articoli 46 e 53, da riportare nell’allegato C), è effettuata in sede di prima applicazione del presente codice entro il 30 giugno 2004.

4. Il materiale informativo eventualmente trasferito al Garante ai sensi dell’articolo 43, comma 1, della legge 31 dicembre 1996, n. 675, utilizzato per le opportune verifiche, continua ad essere successivamente archiviato o distrutto in base alla normativa vigente.

5. L’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato ai sensi dell’articolo 52, comma 4, è effettuata sulle sentenze o decisioni pronunciate o adottate prima dell’entrata in vigore del presente codice solo su diretta richiesta dell’interessato e limitatamente ai documenti pubblicati mediante rete di comunicazione elettronica o sui nuovi prodotti su supporto cartaceo o elettronico. I sistemi informativi utilizzati ai sensi dell’articolo 51, comma 1, sono adeguati alla medesima disposizione entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice.

6. Le confessioni religiose che, prima dell’adozione del presente codice, abbiano determinato e adottato nell’àmbito del rispettivo ordinamento le garanzie di cui all’articolo 26, comma 3, lettera a), possono proseguire l’attività di trattamento nel rispetto delle medesime.

6-bis. Fino alla data in cui divengono efficaci le misure e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell’articolo 132, comma 5, per la conservazione del traffico telefonico si osserva il termine di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 (111).

(109) Lettera così modificata prima dall’art. 3, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, poi dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, come modificato dalla relativa legge di conversione, e dall’art. 1, D.L. 12 maggio 2006, n. 173, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ed infine dal comma 1 dell’art. 6, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300. In attuazione di quanto disposto dalla presente lettera vedi, per il Ministero degli affari esteri, il D.M. 23 giugno 2004, n. 225.

(110) Lettera abrogata dall’art. 2-quinquies, D.L. 29 marzo 2004, n. 81, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(111) Comma aggiunto dall’art. 4, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, come modificato dalla relativa legge di conversione.

182. Ufficio del Garante.

1. Al fine di assicurare la continuità delle attività istituzionali, in sede di prima applicazione del presente codice e comunque non oltre il 31 marzo 2004, il Garante:

a) può individuare i presupposti per l’inquadramento in ruolo, al livello iniziale delle rispettive qualifiche e nei limiti delle disponibilità di organico, del personale appartenente ad amministrazioni pubbliche o ad enti pubblici in servizio presso l’Ufficio del Garante in posizione di fuori ruolo o equiparato alla data di pubblicazione del presente codice;

b) può prevedere riserve di posti nei concorsi pubblici, unicamente nel limite del trenta per cento delle disponibilità di organico, per il personale non di ruolo in servizio presso l’Ufficio del Garante che abbia maturato un’esperienza lavorativa presso il Garante di almeno un anno.

Capo III – Abrogazioni

183. Norme abrogate.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono abrogati:

a) la legge 31 dicembre 1996, n. 675;

b) la legge 3 novembre 2000, n. 325;

c) il decreto legislativo 9 maggio 1997, n. 123;

d) il decreto legislativo 28 luglio 1997, n. 255;

e) l’articolo 1 del decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 135;

f) il decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 (112);

g) il decreto legislativo 6 novembre 1998, n. 389;

h) il decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 51;

i) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135;

l) il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281, ad eccezione degli articoli 8, comma 1, 11 e 12;

m) il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 282;

n) il decreto legislativo 28 dicembre 2001, n. 467;

o) il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 318.

2. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono abrogati gli articoli 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1998, n. 501.

3. Dalla data di entrata in vigore del presente codice sono o restano, altresì, abrogati:

a) l’art. 5, comma 9, del D.M. 18 maggio 2001, n. 279 del Ministro della sanità, in materia di malattie rare;

b) l’articolo 12 della legge 30 marzo 2001, n. 152;

c) l’articolo 4, comma 3, della legge 6 marzo 2001, n. 52, in materia di donatori midollo osseo;

d) l’articolo 16, commi 2 e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in materia di certificati di assistenza al parto;

e) l’art. 2, comma 5, del D.M. 27 ottobre 2000, n. 380 del Ministro della sanità, in materia di flussi informativi sui dimessi dagli istituti di ricovero;

f) l’articolo 2, comma 5-quater 1, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 28 marzo 2000, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2000, n. 137, e successive modificazioni, in materia di banca dati sinistri in àmbito assicurativo;

g) l’articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, in materia di diffusione di dati a fini di ricerca e collaborazione in campo scientifico e tecnologico;

h) l’articolo 330-bis del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di diffusione di dati relativi a studenti;

i) l’articolo 8, quarto comma, e l’articolo 9, quarto comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121.

4. Dalla data in cui divengono efficaci le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all’articolo 118, i termini di conservazione dei dati personali individuati ai sensi dell’articolo 119, eventualmente previsti da norme di legge o di regolamento, si osservano nella misura indicata dal medesimo codice.

(112) La presente lettera era stata sostituita dall’art. 5, D.L. 24 dicembre 2003, n. 354, poi soppressa dalla relativa legge di conversione.

Capo IV – Norme finali

184. Attuazione di direttive europee.

1. Le disposizioni del presente codice danno attuazione alla direttiva 96/45/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, e alla direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio.

2. Quando leggi, regolamenti e altre disposizioni fanno riferimento a disposizioni comprese nella legge 31 dicembre 1996, n. 675, e in altre disposizioni abrogate dal presente codice, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del presente codice secondo la tavola di corrispondenza riportata in allegato.

3. Restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento che stabiliscono divieti o limiti più restrittivi in materia di trattamento di taluni dati personali.

185. Allegazione dei codici di deontologia e di buona condotta.

1. L’allegato A) riporta, oltre ai codici di cui all’articolo 12, commi 1 e 4, quelli promossi ai sensi degli articoli 25 e 31 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e già pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana alla data di emanazione del presente codice.

186. Entrata in vigore.

1. Le disposizioni di cui al presente codice entrano in vigore il 1° gennaio 2004, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli 156, 176, commi 3, 4, 5 e 6 e 182, che entrano in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione del presente codice. Dalla medesima data si osservano altresì i termini in materia di ricorsi di cui agli articoli 149, comma 8, e 150, comma 2.

Allegato A (113)

Codici di deontologia

A.1 Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica. (Provvedimento del Garante del 29 luglio 1998, in G.U. 3 agosto 1998, n. 179) (114)

A.2 Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento di dati personali per scopi storici. (Provvedimento del Garante n. 8/P21 del 14 marzo 2001, in G.U. 5 aprile 2001, n. 80) (115)

A.3 Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali a scopi statistici e di ricerca scientifica effettuati nell’àmbito del Sistema statistico nazionale. (Provvedimento del Garante n. 13 del 31 luglio 2002, in G.U. 1° ottobre 2002, n. 230) (116)

A.4 Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici. (Provvedimento del Garante n. 2 del 16 giugno 2004, in G.U. 14 agosto 2004, n. 190, S.O.) (117)

A.5 Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti. (Provvedimento del Garante n. 8 del 16 novembre 2004, in G.U. 23 dicembre 2004, n. 300) (118)

A.6 Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000. (Del. 6 novembre 2008, n. 60, in G.U. 24 novembre 2008, n. 275) (119)

(113) Nell’allegato A al presente decreto è stato disposto l’inserimento dei seguenti codici di deontologia e di buona condotta:

– per i trattamenti dati personali per scopi statistici e scientifici e per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, con D.M. 14 gennaio 2005 (Gazz. Uff. 29 gennaio 2005, n. 23);

– per i dati trattati per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, con D.M. 2 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 24 dicembre 2008, n. 300).

(114) Il Provv.Garante protez. dati pers. 29 luglio 1998 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(115) Il Provv.Garante protez. dati pers. 14 marzo 2001, n. 8/P/2001 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(116) Il Provv.Garante protez. dati pers. 31 luglio 2002, n. 13 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(117) Il Provv.Garante protez. dati pers. 16 giugno 2004, n. 2 è pubblicato autonomamente nell’Opera.

(118) La Del. Garante protez. dati pers. 16 novembre 2004, n. 8 è pubblicata autonomamente nell’Opera.

(119) La Del. 6 novembre 2008, n. 60 è pubblicatà autonomamente nell’Opera.

Allegato B (120)

Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza

(Artt. da 33 a 36 del codice)

Trattamenti con strumenti elettronici

Modalità tecniche da adottare a cura del titolare, del responsabile ove designato e dell’incaricato, in caso di trattamento con strumenti elettronici:

Sistema di autenticazione informatica

1. Il trattamento di dati personali con strumenti elettronici è consentito agli incaricati dotati di credenziali di autenticazione che consentano il superamento di una procedura di autenticazione relativa a uno specifico trattamento o a un insieme di trattamenti.

2. Le credenziali di autenticazione consistono in un codice per l’identificazione dell’incaricato associato a una parola chiave riservata conosciuta solamente dal medesimo oppure in un dispositivo di autenticazione in possesso e uso esclusivo dell’incaricato, eventualmente associato a un codice identificativo o a una parola chiave, oppure in una caratteristica biometrica dell’incaricato, eventualmente associata a un codice identificativo o a una parola chiave.

3. Ad ogni incaricato sono assegnate o associate individualmente una o più credenziali per l’autenticazione.

4. Con le istruzioni impartite agli incaricati è prescritto di adottare le necessarie cautele per assicurare la segretezza della componente riservata della credenziale e la diligente custodia dei dispositivi in possesso ed uso esclusivo dell’incaricato.

5. La parola chiave, quando è prevista dal sistema di autenticazione, è composta da almeno otto caratteri oppure, nel caso in cui lo strumento elettronico non lo permetta, da un numero di caratteri pari al massimo consentito; essa non contiene riferimenti agevolmente riconducibili all’incaricato ed è modificata da quest’ultimo al primo utilizzo e, successivamente, almeno ogni sei mesi. In caso di trattamento di dati sensibili e di dati giudiziari la parola chiave è modificata almeno ogni tre mesi.

6. Il codice per l’identificazione, laddove utilizzato, non può essere assegnato ad altri incaricati, neppure in tempi diversi.

7. Le credenziali di autenticazione non utilizzate da almeno sei mesi sono disattivate, salvo quelle preventivamente autorizzate per soli scopi di gestione tecnica.

8. Le credenziali sono disattivate anche in caso di perdita della qualità che consente all’incaricato l’accesso ai dati personali.

9. Sono impartite istruzioni agli incaricati per non lasciare incustodito e accessibile lo strumento elettronico durante una sessione di trattamento.

10. Quando l’accesso ai dati e agli strumenti elettronici è consentito esclusivamente mediante uso della componente riservata della credenziale per l’autenticazione, sono impartite idonee e preventive disposizioni scritte volte a individuare chiaramente le modalità con le quali il titolare può assicurare la disponibilità di dati o strumenti elettronici in caso di prolungata assenza o impedimento dell’incaricato che renda indispensabile e indifferibile intervenire per esclusive necessità di operatività e di sicurezza del sistema. In tal caso la custodia delle copie delle credenziali è organizzata garantendo la relativa segretezza e individuando preventivamente per iscritto i soggetti incaricati della loro custodia, i quali devono informare tempestivamente l’incaricato dell’intervento effettuato.

11. Le disposizioni sul sistema di autenticazione di cui ai precedenti punti e quelle sul sistema di autorizzazione non si applicano ai trattamenti dei dati personali destinati alla diffusione.

Sistema di autorizzazione

12. Quando per gli incaricati sono individuati profili di autorizzazione di àmbito diverso è utilizzato un sistema di autorizzazione.

13. I profili di autorizzazione, per ciascun incaricato o per classi omogenee di incaricati, sono individuati e configurati anteriormente all’inizio del trattamento, in modo da limitare l’accesso ai soli dati necessari per effettuare le operazioni di trattamento.

14. Periodicamente, e comunque almeno annualmente, è verificata la sussistenza delle condizioni per la conservazione dei profili di autorizzazione.

Altre misure di sicurezza

15. Nell’àmbito dell’aggiornamento periodico con cadenza almeno annuale dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati e addetti alla gestione o alla manutenzione degli strumenti elettronici, la lista degli incaricati può essere redatta anche per classi omogenee di incarico e dei relativi profili di autorizzazione.

16. I dati personali sono protetti contro il rischio di intrusione e dell’azione di programmi di cui all’art. 615-quinquies del codice penale, mediante l’attivazione di idonei strumenti elettronici da aggiornare con cadenza almeno semestrale.

17. Gli aggiornamenti periodici dei programmi per elaboratore volti a prevenire la vulnerabilità di strumenti elettronici e a correggerne difetti sono effettuati almeno annualmente. In caso di trattamento di dati sensibili o giudiziari l’aggiornamento è almeno semestrale.

18. Sono impartite istruzioni organizzative e tecniche che prevedono il salvataggio dei dati con frequenza almeno settimanale.

Documento programmatico sulla sicurezza

19. Entro il 31 marzo di ogni anno, il titolare di un trattamento di dati sensibili o di dati giudiziari redige anche attraverso il responsabile, se designato, un documento programmatico sulla sicurezza contenente idonee informazioni riguardo:

19.1. l’elenco dei trattamenti di dati personali;

19.2. la distribuzione dei compiti e delle responsabilità nell’àmbito delle strutture preposte al trattamento dei dati;

19.3. l’analisi dei rischi che incombono sui dati;

19.4. le misure da adottare per garantire l’integrità e la disponibilità dei dati, nonché la protezione delle aree e dei locali, rilevanti ai fini della loro custodia e accessibilità;

19.5. la descrizione dei criteri e delle modalità per il ripristino della disponibilità dei dati in seguito a distruzione o danneggiamento di cui al successivo punto 23;

19.6. la previsione di interventi formativi degli incaricati del trattamento, per renderli edotti dei rischi che incombono sui dati, delle misure disponibili per prevenire eventi dannosi, dei profili della disciplina sulla protezione dei dati personali più rilevanti in rapporto alle relative attività, delle responsabilità che ne derivano e delle modalità per aggiornarsi sulle misure minime adottate dal titolare. La formazione è programmata già al momento dell’ingresso in servizio, nonché in occasione di cambiamenti di mansioni, o di introduzione di nuovi significativi strumenti, rilevanti rispetto al trattamento di dati personali;

19.7. la descrizione dei criteri da adottare per garantire l’adozione delle misure minime di sicurezza in caso di trattamenti di dati personali affidati, in conformità al codice, all’esterno della struttura del titolare;

19.8. per i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di cui al punto 24, l’individuazione dei criteri da adottare per la cifratura o per la separazione di tali dati dagli altri dati personali dell’interessato.

Ulteriori misure in caso di trattamento di dati sensibili o giudiziari

20. I dati sensibili o giudiziari sono protetti contro l’accesso abusivo, di cui all’art. 615-ter del codice penale, mediante l’utilizzo di idonei strumenti elettronici.

21. Sono impartite istruzioni organizzative e tecniche per la custodia e l’uso dei supporti rimovibili su cui sono memorizzati i dati al fine di evitare accessi non autorizzati e trattamenti non consentiti.

22. I supporti rimovibili contenenti dati sensibili o giudiziari se non utilizzati sono distrutti o resi inutilizzabili, ovvero possono essere riutilizzati da altri incaricati, non autorizzati al trattamento degli stessi dati, se le informazioni precedentemente in essi contenute non sono intelligibili e tecnicamente in alcun modo ricostruibili.

23. Sono adottate idonee misure per garantire il ripristino dell’accesso ai dati in caso di danneggiamento degli stessi o degli strumenti elettronici, in tempi certi compatibili con i diritti degli interessati e non superiori a sette giorni.

24. Gli organismi sanitari e gli esercenti le professioni sanitarie effettuano il trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale contenuti in elenchi, registri o banche di dati con le modalità di cui all’articolo 22, comma 6, del codice, anche al fine di consentire il trattamento disgiunto dei medesimi dati dagli altri dati personali che permettono di identificare direttamente gli interessati. I dati relativi all’identità genetica sono trattati esclusivamente all’interno di locali protetti accessibili ai soli incaricati dei trattamenti ed ai soggetti specificatamente autorizzati ad accedervi; il trasporto dei dati all’esterno dei locali riservati al loro trattamento deve avvenire in contenitori muniti di serratura o dispositivi equipollenti; il trasferimento dei dati in formato elettronico è cifrato.

Misure di tutela e garanzia

25. Il titolare che adotta misure minime di sicurezza avvalendosi di soggetti esterni alla propria struttura, per provvedere alla esecuzione riceve dall’installatore una descrizione scritta dell’intervento effettuato che ne attesta la conformità alle disposizioni del presente disciplinare tecnico.

26. Il titolare riferisce, nella relazione accompagnatoria del bilancio d’esercizio, se dovuta, dell’avvenuta redazione o aggiornamento del documento programmatico sulla sicurezza.

Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici

Modalità tecniche da adottare a cura del titolare, del responsabile, ove designato, e dell’incaricato, in caso di trattamento con strumenti diversi da quelli elettronici:

27. Agli incaricati sono impartite istruzioni scritte finalizzate al controllo ed alla custodia, per l’intero ciclo necessario allo svolgimento delle operazioni di trattamento, degli atti e dei documenti contenenti dati personali. Nell’àmbito dell’aggiornamento periodico con cadenza almeno annuale dell’individuazione dell’àmbito del trattamento consentito ai singoli incaricati, la lista degli incaricati può essere redatta anche per classi omogenee di incarico e dei relativi profili di autorizzazione.

28. Quando gli atti e i documenti contenenti dati personali sensibili o giudiziari sono affidati agli incaricati del trattamento per lo svolgimento dei relativi compiti, i medesimi atti e documenti sono controllati e custoditi dagli incaricati fino alla restituzione in maniera che ad essi non accedano persone prive di autorizzazione, e sono restituiti al termine delle operazioni affidate.

29. L’accesso agli archivi contenenti dati sensibili o giudiziari è controllato. Le persone ammesse, a qualunque titolo, dopo l’orario di chiusura, sono identificate e registrate. Quando gli archivi non sono dotati di strumenti elettronici per il controllo degli accessi o di incaricati della vigilanza, le persone che vi accedono sono preventivamente autorizzate.

(120) Vedi, anche, il Provv. 27 novembre 2008. Per la sospensione delle disposizioni contenute nel presente allegato vedi il comma 9 dell’art. 1, O.P.C.M. 17 giugno 2009, n. 3781.

Allegato C

Trattamenti non occasionali effettuati in àmbito giudiziario o per fini di polizia (artt. 46 e 53 del codice)

TAVOLA DI CORRISPONDENZA

DEI RIFERIMENTI PREVIGENTI

AL CODICE IN MATERIA

DI PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

ARTICOLATO DEL CODICE RIFERIMENTO PREVIGENTE
Parte I
Disposizioni generali
Titolo I
Princìpi generali
Art. 1 (Diritto alla protezione dei dati personali)
Art. 2 (Finalità) cfr. art. 1, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 1, comma 1, L. 31 dicembre 1996, n. 675
comma 2
Art. 3 (Principio di necessità del trattamento dei dati)
comma 1
Art. 4 (Definizioni)
comma 1, lett. a) cfr. art. 2, dir. 95/46 CE;
art. 1, comma 2, lett. b), L. n. 675/1996
lett. b) art. 1, comma 2, lett. c), L. n. 675/1996
lett. c) art. 10, comma 5, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 281
lett. d) cfr. art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
lett. e) cfr. art. 24, comma 1, L. n. 675/1996
lett. f) art. 1, comma 2, lett. d), L. n. 675/1996
lett. g) art. 1, comma 2, lett. e), L. n. 675/1996
lett. h) cfr. art. 19 L. n. 675/1996
lett. i) art. 1, comma 2, lett. f), L. n. 675/1996
lett. l) art. 1, comma 2, lett. g), L. n. 675/1996
lett. m) art. 1, comma 2, lett. h), L. n. 675/1996
lett. n) art. 1, comma 2, lett. i), L. n. 675/1996
lett. o) art. 1, comma 2, lett. l), L. n. 675/1996
lett. p) art. 1, comma 2, lett. a), L. n. 675/1996
lett. q) art. 1, comma 2, lett. m), L. n. 675/1996
comma 2, lett. a) cfr. art. 2, par. 2, lett. d), direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio n. 2002/58/CE
lett. b) cfr. art. 2, lett. e), direttiva n. 2002/58/CE
lett. c) cfr. art. 2, par. 1, lett. a), direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio n. 2002/21/CE
lett. d) cfr. art. 2, par. 1, lett. d), direttiva n. 2002/21/CE
lett. e) cfr. art. 2, par. 1, lett. c), direttiva n. 2002/21/CE
lett. f) cfr. art. 2, par. 1, lett. k), direttiva n. 2002/21/CE
lett. g) cfr. art. 2,par. 2, lett. a), direttiva n. 2002/58/CE
lett. h) cfr. art. 2, par. 2,lett. b), direttiva n. 2002/58/CE
lett. i) cfr. art. 2, par. 2, lett. c), direttiva n. 2002/58/CE
lett. l) cfr. art. 2, par. 2, lett. g), direttiva n. 2002/58/CE
lett. m) cfr. art. 2, par. 2, lett. h), direttiva n. 2002/58/CE
comma 3, lett. a) art. 1, comma 1, lett. a), D.P.R. 28 luglio 1999, n. 318
lett. b) art. 1, lett. b, D.P.R. n. 318/1999
lett. c)
lett. d)
lett. e)
lett. f)
lett. g)
comma 4, lett. a) art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 281/1999
lett. b) art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 281/1999
lett. c) art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. n. 281/1999
Art. 5 (Oggetto ed àmbito di applicazione) cfr. art. 4, dir. 95/46/CE;
comma 1 artt. 2, comma 1, e 6, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 2, commi 1 -bis, e 1 -ter, L. n. 675/1996
comma 3 cfr.art. 3, par. 2 (secondo periodo), dir. 95/46/CE;
art. 3, L. n. 675/1996
Art. 6 (Disciplina del trattamento)
Titolo II
Diritti dell’interessato
Art. 7 (Diritto di accesso ai dati personali ed altri diritti) cfr. art. 12, dir. 95/46;
comma 1 art. 13, comma 1, lett. c), punto 1 (prima parte) L. n. 675/1996
comma 2 art. 13, comma 1, lett. b) e c), punto 1 (seconda parte)
L. n. 675/1996
comma 3 art. 13, comma 1, lett. c), punti 2, 3 e 4 L. n. 675/1996
comma 4 art. 13, comma 1, lett. d) ed e), L. n. 675/1996
Art. 8 (Esercizio dei diritti) cfr. art. 13, dir. 95/46;
comma 1 art. 17, comma 1, D.P.R. n. 501/1998.
comma 2 art. 14, comma 1, lett. a), b), c), d), e) ed ebis) L. n. 675/1996
comma 3 art. 14, comma 2, n. 675/1996
comma 4
Art. 9 (Modalità di esercizio)
comma 1 art. 17, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 13, comma 4, L. n. 675/1996; art. 17, comma 4, D.P.R. n.
501/1998
comma 3 art. 13, comma 3 , L. n. 675/1996
comma 4 art. 17, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 13, comma 1, c), punto 1 (secondo periodo), L. n. 675/1996
Art. 10 (Riscontro all’interessato)
comma 1 art. 17, comma 9, D.P.R. 31 marzo 1998, n. 501.
comma 2 art. 17, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 17, comma 5 D.P.R. n. 501/1998
comma 4
comma 5
comma 6
comma 7 art. 13, comma 2, L. n. 675/1996; art. 17, comma 7, D.P.R. n.
501/1998
comma 8 art. 17, comma 7, D.P.R. n. 501/1998
comma 9 art. 17, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
Titolo III
Regole generali per il trattamento dei dati
Capo I
Regole per tutti i trattamenti
Art. 11 (Modalità del trattamento e requisiti dei dati) cfr. art. 6, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 9, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
Art. 12 (Codici di deontologia e di buona condotta) cfr. art. 27, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 31, comma 1, lett. h), L. n. 675/1996;
comma 2 art. 20, comma 4, D.Lgs. 28 dicembre 2001, n. 467.
comma 3 art. 20, comma 3, D.Lgs. n. 467/2001
comma 4
Art. 13 (Informativa) cfr. art. 10, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 10, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 10, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4 art. 10, comma 3, L. n. 675/1996
comma 5 art. 10, comma 4, L. n. 675/1996
Art. 14 (Definizione di profili e della personalità
dell’interessato) cfr. art. 15, dir. 95/46/CE ;
Comma 1 art. 17, comma 1, L. n. 675/1996
Comma 2 art. 17, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 15 (Danni cagionati per effetto del trattamento) cfr. art. 23, dir. 95/46/CE :
comma 1 art. 18, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 9, L. n. 675/1996
Art. 16 (Cessazione del trattamento) cfr. art. 19, par. 2, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 16, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 16, comma 3, L. n. 675/1996
Art. 17 (Trattamento che presenta rischi specifici) cfr. art. 20, dir. 95/46/CE :
comma 1 art. 24 -bis, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 24 -bis, comma 2, L. n. 675/1996
Capo II
Regole ulteriori per i soggetti pubblici
Art. 18 (Princìpi applicabili a tutti i trattamenti effettuati
da soggetti pubblici)
comma 1
comma 2 cfr. art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 3 cfr. art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 4
comma 5
Art. 19 (Princìpi applicabili al trattamento di dati diversi da
quelli sensibili e giudiziari) art. 7, par. 1, lett. E), dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 27, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 27, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 27, comma 3, L. n. 675/1996
Art. 20 (Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili) cfr. art. 8, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 22, comma 3, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art.22, comma 3 -bis, L. n. 675/1996; art. 5, comma 5, D.Lgs.
n. 135/1999
comma 3 art. 22, comma 3, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 22, comma 3 -bis, L. n. 675/1996
Art. 21 (Princìpi applicabili al trattamento di dati
giudiziari) cfr. art. 8, par. 5, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 24, comma 1, L. n. 675/1996;
comma 2 art. 5, comma 5 -bis, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 135
Art. 22 (Princìpi applicabili al trattamento di dati sensibili e
giudiziari)
comma 1
comma 2 art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 4 art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 5 art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 6 art. 3, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
comma 7 art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 8 art. 23, comma 4, L. n. 675/1996
comma 9 art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 10 art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999; art. 3, comma 6, D.Lgs. n.
135/1999
comma 11 art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 12 art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 135/1999
Capo III
Regole ulteriori per i privati ed enti pubblici economici
Art. 23 (Consenso) cfr.art. 7, par. 1, lett. A), dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 11, comma 1 e 20, comma 1, lett. a) L. n. 675/1996
comma 2 art. 11, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 11, comma 3, L. n. 675/1996
comma 4 cfr. art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 24 (Casi nei quali può essere effettuato il trattamento
senza il consenso) cfr. art. 7, dir. 95/46/CE ;
comma 1, lett. a) artt. 12, comma 1, lett. a) e 20, comma 1, lett. c), L. n.
675/1996;
lett. b) artt. 12, comma 1, lett. b) e 20, comma 1, lett. a-bis), L. n.
675/1996
lett. c) artt. 12, comma 1, lett. c) e 20, comma 1, lett. b), L. n.
675/1996
lett. d) artt. 12, comma 1, lett. f) e 20, comma 1, lett. e),L. n.
675/1996
lett. e) art. 7, par. 1, lett. d), dir. 95/46; artt. 12, comma 1, lett. g) e 20
comma 1, lett. f), L. n. 675/1996
lett. f) artt. 12, comma 1, lett. h) e 20, comma 1, lett. g), L. n.
675/1996
lett. g) artt. 12, comma 1, lett. h-bis) e 20, comma 1, lett. h ed h-bis), L.
n. 675/1996
lett. h)
lett. i) artt. 12, comma 1, lett. d) e 21, comma 4, lett. a), L. n.
675/1996; art. 7, comma 4 .Lgs. n. 281/1999
Art. 25 (Divieti di comunicazione e diffusione)
comma 1 art. 21 commi 1 e 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 21, comma 4, lett. b), L. n. 675/1996
Art. 26 (Garanzie per i dati sensibili) cfr. Art. 8, dir. 95/46/CE ;
comma 1 art. 22, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 22, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3, lett. a) art. 22, comma 1-b is, L. n. 675/1996
comma 3, lett. b) art. 22, comma 1- ter, L. n. 675/1996
comma 4 art. 22, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 23, comma 4, L. n. 675/1996
Art. 27 (Garanzie per i dati giudiziari) cfr. art. 8, par. 5, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 24, comma 1, L. n. 675/1996
Titolo IV
I soggetti che effettuano il trattamento
Art. 28 (Titolare del trattamento)
comma 1
Art. 29 (Responsabile del trattamento) cfr. art. 16, dir. 95/46/CE;
comma 1 art. 8, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 8, comma 1, L. n. 675/1996
comma 3 art. 8, comma 3, L. n. 675/1996
comma 4 art. 8, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 8, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 30 (Incaricati del trattamento) cfr. art. 17, par. 3, dir. 95/46/CE ;
comma 1 artt. 8, comma 5, e 19, L. n. 675/1996
comma 2 art. 19, L. n. 675/1996
Titolo V
Sicurezza dei dati e dei sistemi
Capo I
Misure di sicurezza cfr. art. 17, dir. 95/46/CE;
Art. 31 (Obblighi di sicurezza) art. 15, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 32 (Particolari titolari)
comma 1 art. 2, comma 1, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
comma 2 art. 2, comma 2, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
comma 3 art. 2, comma 3, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171
Capo II
Misure minime
Art. 33 (Misure minime) cfr. art. 15, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 34 (Trattamenti con strumenti elettronici)
Art. 35 (Trattamenti senza l’ausilio di strumenti elettronici)
Art. 36 (Adeguamento) cfr. art. 15, comma 3, L. n. 675/1996
Titolo VI
Adempimenti
Art. 37 (Notificazione del trattamento)
comma 1 art. 18, dir. 95/46/CE ; cfr. art. 7, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 28, comma 7, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 13, commi 1, 2, 3, 4, D.P.R. n. 501/1998
Art. 38 (Modalità di notificazione) art. 19, dir. 95/46/CE
comma 1 art. 7, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 12, comma 1, primo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 12, comma 1, secondo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 7, comma 2, secondo periodo e art. 16, comma 1 L. n.
, 675/1996
comma 5 art. 12, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 6
Art. 39 (Obblighi di comunicazione) art. 7, par. 1, lett. E), dir. 95/46/CE
comma 1, lett. a) art. 27, comma 2, L. n. 675/1996
lett. b)
comma 2
comma 3
Art. 40 (Autorizzazioni generali) art. 41, comma 7, L. n. 675/1996; art. 14, comma 1, D.P.R. n.
comma 1 501/1998
Art. 41 (Richieste di autorizzazione)
comma 1
comma 2 art. 14, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 14, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 14, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 14, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
Titolo VII
Trasferimento dei dati all’estero cfr. artt. 25 e 26, dir. 95/46/CE
Art. 42 (Trasferimenti all’interno dell’Unione europea)
comma 1
Art. 43 (Trasferimenti consentiti in Paesi terzi)
alinea del comma 1 art. 28, comma 1, L. n. 675/1996
comma 1 artt. 28, comma 4, eccetto la lett. g), e 26, comma 2, L. n.
675/1996; art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 44 (Altri trasferimenti consentiti) art. 28, comma 4, lett. g), L. n. 675/1996
Art. 45 (Trasferimenti vietati) art. 28, comma 3, L. n. 675/1996
Parte II
Disposizioni relative a specifici settori
Titolo I
Trattamenti in àmbito giudiziario
Capo I cfr. art. 3, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 46 (Titolari dei trattamenti)
Art. 47 (Trattamenti per ragioni di giustizia) art. 3, par. 2, (primo periodo) dir. 95/46/CE; art. 4, comma 1,
lett. c) e d) e comma 2, L. n. 675/1996
Art. 48 (Banche di dati di uffici giudiziari)
Art. 49 (Disposizioni di attuazione)
Capo II
Minori
Art. 50 (Notizie o immagini relative ai minori)
Capo III
Informatica giuridica
Art. 51 (Princìpi generali)
Art. 52 (Dati identificativi degli interessati)
Titolo II
Trattamenti da parte di forze di polizia
Capo I cfr. art. 3, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 53 (Àmbito applicativo e titolari dei trattamenti) art. 3, par. 2, (primo periodo) dir. 95/46/CE; art. 4, comma 1,
lett. a) ed e) e comma 2, L. n. 675/1996
Art. 54 (Modalità di trattamento e flussi di dati)
Art. 55 (Particolari tecnologie)
Art. 56 (Tutela dell’interessato)
Art. 57 (Disposizioni di attuazione)
Titolo III
Difesa e sicurezza dello Stato
Capo I art. 3, dir. 95/46/CE ;
Profili generali
Art. 58 (Disposizioni applicabili)
comma 1 art. 4, commi 1, lett. b) e 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 4, commi 1, lett. e) e 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 15, comma 4, L. n. 675/1996
comma 4
Titolo IV
Trattamenti in àmbito pubblico
Capo I
Accesso a documenti amministrativi
Art. 59 (Accesso a documenti amministrativi) art. 43, comma 2, L. 675/1996; art. 16, comma 1, lett. c), D.Lgs.
n. 135/1999
Art. 60 (Dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita
sessuale) art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Capo II
Registri pubblici e albi professionali
Art. 61 (Utilizzazione di dati pubblici)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. f), D.Lgs. n. 467/2001
comma 2
comma 3
comma 4
Capo III
Stato civile, anagrafi e liste elettorali
Art. 62 (Dati sensibili e giudiziari) art. 6 D.Lgs. n. 135/1999
Art. 63 (Consultazione di atti)
Capo IV
Finalità di rilevante interesse pubblico
Art. 64 (Cittadinanza, immigrazione e condizione dello
straniero)
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 65 (Diritti politici e pubblicità dell’attività di organi)
comma 1 art. 8, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 8, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
comma 4 art. 8, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 5 art. 8, comma 6, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 66 (Materia tributaria e doganale)
comma 1 art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 67 (Attività di controllo e ispettive)
comma 1, lett. a) art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
lett. b) art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 68 (Benefìci economici ed abilitazioni)
comma 1 art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 13, comma 3, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 69 (Onorificenze, ricompense e riconoscimenti) art. 14, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 70 (Volontariato e obiezione di coscienza)
comma 1 art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 15, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 71 (Attività sanzionatorie e di tutela)
comma 1 art. 16, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 16, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 72 (Rapporti con enti di culto) art. 21, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 73 (Altre finalità in àmbito amministrativo e sociale) Provv. Garante n. 1/P/2000 del 30 dicembre 1999-13 gennaio
2000
Capo V
Particolari contrassegni
Art. 74 (Contrassegni su veicoli e accessi a centri storici)
Titolo V
Trattamento di dati personali in àmbito
sanitario
Capo I cfr. art. 8, dir. 95/46/CE
Princìpi generali
Art. 75 (Àmbito applicativo) art. 1. D.Lgs. n. 282/1999
Art. 76 (Esercenti professioni sanitarie e organismi sanitari
pubblici)
comma 1 art. 23, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 23, comma 3, (primo periodo), L. n. 675/1996
Capo II
Modalità semplificate per informativa e consenso
Art. 77 (Casi di semplificazione)
Art. 78 (Informativa del medico di medicina generale o del
pediatra)
Art. 79 (Informativa da parte di organismi sanitari)
Art. 80 (Informativa da parte di altri soggetti pubblici)
Art. 81 (Prestazione del consenso)
Art. 82 (Emergenze e tutela della salute e dell’incolumità
fisica)
comma 1
comma 2 art. 23, comma 1 -quater, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4
Art. 83 (Altre misure per il rispetto dei diritti degli
interessati)
Art. 84 (Comunicazione di dati all’interessato)
comma 1 art. 23, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2
Capo III
Finalità di rilevante interesse pubblico
Art. 85 (Compiti del Servizio sanitario nazionale)
comma 1 art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2
comma 3
comma 4 art. 17, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 86 (Altre finalità di rilevante interesse pubblico)
comma 1
lett. a) art. 18, D.Lgs. n. 135/1999
lett. b) art. 19, D.Lgs. n. 135/1999
lett. c) art. 20, D.Lgs. n. 135/1999
Capo IV
Prescrizioni mediche
Art. 87 (Medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale) art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 282/1999
Art. 88 (Medicinali non a carico del Servizio sanitario
nazionale) art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 282/1999
Art. 89 (Casi particolari)
comma 1
comma 2 art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 282/1999
Capo V
Dati genetici
Art. 90 (Trattamento dei dati genetici e donatori di midollo
osseo) art. 17, comma 5, D.Lgs. n. 135/1999
comma 1
comma 2
comma 3 art. 4, comma 3, L. n. 52 del 6 marzo 2001
Capo VI
Disposizioni varie
Art. 91 (Dati trattati mediante carte)
Art. 92 (Cartelle cliniche)
Art. 93 (Certificato di assistenza al parto)
comma 1 art. 16, comma 2, D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000
comma 2
comma 3
Art. 94 (Banche di dati, registri e schedari in àmbito
sanitario)
Titolo VI
Istruzione
Capo I
Profili generali
Art. 95 (Dati sensibili e giudiziari) art. 12, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 96 (Trattamento di dati relativi a studenti) art. 330 -bis, (primo e secondo periodo)D.Lgs. n. 297 del 16
comma 1 aprile 1994
comma 2 art. 330 -bis, (terzo periodo), D.Lgs. n. 297/1994
Titolo VII
Trattamento per scopi storici, statistici o
scientifici
Capo I cfr. artt. 6, 11, par. 2, 13, par. 2, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 97 (Àmbito applicativo)
Art. 98 (Finalità di rilevante interesse pubblico) artt. 22 e 23, D.Lgs. n. 135/1999
Art. 99 (Compatibilità tra scopi e durata del trattamento)
Comma 1 art. 9, comma 1- bis, L. 675/1996
comma 2 art. 9, comma 1- bis, L. 675/1996
comma 3 art. 16, comma 2, lett. c -bis), L. 675/1996
Art. 100 (Dati relativi ad attività di studio e di ricerca) art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 204/1998
Capo II
Trattamento per scopi storici
Art. 101 (Modalità di trattamento)
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 281/1999
comma 3 art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 102 (Codice di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 103 (Consultazione di documenti conservati in archivi)
Capo III
Trattamento per scopi statistici o scientifici
Art. 104 (Àmbito applicativo e dati identificativi per scopi
statistici o scientifici)
comma 1 art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 5, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 105 (Modalità di trattamento)
comma 1 art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 281/1999
comma 3
comma 4
Art. 106 (Codici di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 281/1999
comma 2 art. 10, comma 6, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 107 (Trattamento di dati sensibili)
comma 1 art. 10, comma 4, D.Lgs. n. 281/1999
Art. 108 (Sistema statistico nazionale)
Art. 109 (Dati statistici relativi all’evento della nascita)
Art. 110 (Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica)
comma 1 art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 282/1999
comma 2 art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 282/1999
Titolo VIII
Lavoro e previdenza sociale
Capo I
Profili generali
Art. 111 (Codice di deontologia e di buona condotta)
comma 1 art. 20, comma 2, lett. b), D.Lgs., n. 467/2001
Art. 112 (Finalità di rilevante interesse pubblico)
comma 1 art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 135/1999
comma 2 art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 135/1999
comma 3 art. 9, comma 4, D.Lgs. n. 135/1999
Capo II
Annunci di lavoro e dati riguardanti
prestatori di lavoro
Art. 113 (Raccolta di dati e pertinenza) cfr. art. 8, L. 20 maggio 1970, n. 300
Capo III
Divieto di controllo a distanza e telelavoro
Art. 114 (Controllo a distanza) cfr. art. 4, comma 1, L. 20 maggio 1970, n. 300
Art. 115 (Telelavoro e lavoro a domicilio)
comma 1 e 2 art. 6, L. 2 aprile 1958, n. 339
Capo IV
Istituti di patronato e di assistenza sociale
Art. 116 (Conoscibilità di dati su mandato dell’interessato)
commi 1 e 2 art. 12, L. 30 marzo 2001, n. 152
Titolo IX
Sistema bancario, finanziario ed assicurativo
Capo I
Sistemi informativi
Art. 117 (Affidabilità e puntualità nei pagamenti)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 467/2001
Art. 118 (Informazioni commerciali)
comma 1 art. 20, comma 1, lett. d), D.Lgs. n. 467/2001
Art. 119 (Dati relativi al comportamento debitorio)
Art. 120 (Sinistri) art. 2, comma 5 -quater 1, D.L. 28 marzo 2000, n. 70, conv. da
L. 26 maggio 2000, n. 137
Titolo X
Comunicazioni elettroniche
Capo I
Servizi di comunicazione elettronica
Art. 121 (Servizi interessati) cfr. art. 3, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 122 (Informazioni raccolte nei riguardi dell’abbonato e
dell’utente) cfr. art. 5, par. 3, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 123 (Dati relativi al traffico) cfr. art. 6, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 4, comma 1, D.Lgs. 13 maggio 1998, n. 171;
comma 2 art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4
comma 5 art. 4, comma 4, D.Lgs. n. 171/1998
comma 6 art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 124 (Fatturazione dettagliata) cfr. art. 7, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 5, comma 3 (primo periodo), D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4 art. 5, comma 3 (secondo periodo), D.Lgs. n. 171/1998
comma 5
Art. 125 (Identificazione della linea) cfr. art. 8, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3 art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 171/1998
comma 4 art. 6, comma 4, D.Lgs. n. 171/1998
comma 5 art. 6, comma 5, D.Lgs. n. 171/1998
comma 6 art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 126 (Dati relativi all’ubicazione) cfr. art. 9, direttiva n. 2002/58/CE
Art. 127 (Chiamate di disturbo e di emergenza) cfr. art. 10, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
comma 2 art. 7, comma 2, D.Lgs. n. 171/1998
comma 3
comma 4 art. 7, comma 2 -bis, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 128 (Trasferimento automatico della chiamata) cfr. art. 11, direttiva n. 2002/58/CE
comma 1 art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 129 (Elenchi di abbonati) cfr. art. 12, direttiva n. 2002/58/CE
art. 9, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 130 (Comunicazioni indesiderate) cfr. art. 13, direttiva n. 2002/58/CE
art. 10, D.Lgs. n. 171/1998;
Art. 131 (Informazioni ad abbonati e utenti) art. 3, D.Lgs. n. 171/1998
Art. 132 (Conservazione di dati di traffico per altre finalità) cfr. art. 15, direttiva n. 2002/58/CE
Capo II
Internet e reti telematiche
Art. 133 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 467/2001
Capo III
Videosorveglianza
Art. 134 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. g), D.Lgs. n. 467/2001
Titolo XI
Libere professioni e investigazione privata
Capo I
Profili generali
Art. 135 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 22, comma 4, lett. c), secondo periodo, L. n. 675/1996
Titolo XII
Giornalismo ed espressione letteraria ed artistica
Capo I cfr. art. 9, dir. 95/46/CE
Profili generali
Art. 136 (Finalità giornalistiche ed altre manifestazioni del
pensiero)
comma 1, lett. a) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. b) e c) art. 25, comma 4- bis, L. n. 675/1996
Art. 137 (Disposizioni applicabili)
comma 1, lett. a) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. b) art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
lett. c) art. 28, comma 6, L. n. 675/1996
comma 2 art. 12, comma 1, lett. e), L. n. 675/1996; art. 25, comma 1, L. n.
675/1996
comma 3 art. 20, comma 1, lett. d), e art. 25, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 138 (Segreto professionale) art. 13, comma 5, L. n. 675/1996
Capo II
Codice di deontologia
Art. 139 (Codice di deontologia relativo ad attività
giornalistiche) art. 25, commi 2 , 3 e 4, L. n. 675/1996
Titolo XIII
Marketing diretto
Capo I
Profili generali
Art. 140 (Codice di deontologia e di buona condotta) art. 20, comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 467/2001
Parte III
Tutela dell’interessato e sanzioni
Titolo I
Tutela amministrativa e giurisdizionale
Capo I
Tutela dinanzi al Garante cfr. art. 22, dir. 95/46/CE
Sezione I
Princìpi generali
Art. 141 (Forme di tutela)
Sezione II
Tutela amministrativa
Art. 142 (Proposizione dei reclami)
Art. 143 (Procedimento per i reclami) art. 21, comma 3, L. n. 675/1996; art. 31, comma 1, lett. c) e l),
L. n. 675/1996
Art. 144 (Segnalazioni)
Sezione III
Tutela alternativa a quella giurisdizionale
Art. 145 (Ricorsi)
comma 1 art. 29, comma 1, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 1, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 29, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 146 (Interpello preventivo)
comma 1 art. 29, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 3
Art. 147 (Presentazione del ricorso)
comma 1, lett. a) art. 18, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 501/1998
lett. b) art. 18, comma 1, lett. c), -seconda parte- D.P.R. n. 501/1998
lett. c) art. 18, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 501/1998
lett. d) art. 18, comma 1, lett. c), -prima parte- D.P.R. n. 501/1998
lett. e) art. 18, comma 1, lett. b), D.P.R. n. 501/1998
alinea del comma 2 art. 18, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 501/1998
lett. a), b) e c) art. 18, comma 3, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 18, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 18, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 18, alinea del comma 1, D.P.R. n. 501/1998
Art. 148 (Inammissibilità del ricorso)
comma 1 art. 19, comma 1, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 18, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
Art. 149 (Procedimento relativo al ricorso)
comma 1 art. 20, comma 1, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 20, comma 2, D.P.R. n. 501/1998
comma 3 art. 29, comma 3, L. n. 675/1996; art. 20, comma 3, D.P.R. n.
501/1998
comma 4
comma 5 art. 20, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 6 art. 20, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
comma 7 art. 20, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
comma 8 Art. 29, comma 6- bis, L. n. 675/1996
Art. 150 (Provvedimenti a seguito del ricorso)
comma 1 art. 29, comma 5, L. n. 675/1996
comma 2 art. 29, comma 4, L. n. 675/1996
comma 3
comma 4 art. 20, comma 6, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 20, comma 11, D.P.R. n. 501/1998
comma 6
Art. 151 (Opposizione)
comma 1 art. 29, comma 6, L. n. 675/1996
comma 2
Capo II
Tutela giurisdizionale
Art. 152 (Autorità giudiziaria ordinaria)
comma 1 art. 29, comma 8, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3
comma 4
comma 5
comma 6
comma 7
comma 8
comma 9
comma 10
comma 11
comma 12 art. 29, comma 7, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 13 art. 29, comma 7, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 14
Titolo II
L’Autorità
Capo I cfr. art. 28, dir. 95/45/CE
Il Garante per la protezione dei dati personali
Art. 153 (Il Garante)
comma 1 art. 30, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 30, comma 3, primo e terzo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 30, comma 3, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 30, comma 4, L. n. 675/1996
comma 5 art. 30, comma 5, L. n. 675/1996
comma 6 art. 30, comma 6, L. n. 675/1996
comma 7 art. 33, (prima frase), L. n. 675/1996
Art. 154 (Compiti)
alinea del comma 1 art. 31, alinea, L. n. 675/1996
lett. a) art. 31, comma 1, lett. b), L. n. 675/1996
lett. b) art. 31, comma 1, lett. d), L. n. 675/1996
lett. C) art. 31, comma 1, lett. c), L. n. 675/1996
lett. D) art. 31, comma 1, lett. e ed l), L. n. 675/1996
lett. e) art. 31, comma 1, lett. h), L. n. 675/1996
lett. f) art. 31, comma 1, lett. m), L. n. 675/1996
lett. G)
lett. H) art. 31, comma 1, lett. i), L. n. 675/1996
lett. i) art. 31, comma 1, lett. g), L. n. 675/1996
lett. l) art. 31, comma 1, lett. a), L. n. 675/1996
lett. m) art. 31, comma 1, lett. n), L. n. 675/1996
comma 2 art. 31, comma 1, lett. o), L. n. 675/1996
comma 3 art. 31, commi 5 e 6, L. n. 675/1996
comma 4 art. 31, comma 2, L. n. 675/1996
comma 5
comma 6 art. 40 L. n. 675/1996
Capo II
L’Ufficio del Garante
Art. 155 (Princìpi applicabili)
comma 1 art. 33, comma 1- sexies, L. n. 675/1996
Art. 156 (Ruolo organico e personale)
comma 1 art. 33, comma 1, ultimo periodo, L. n. 675/1996
comma 2
comma 3 art. 33, commi 1 -bis e 1 -quater, L. n. 675/1996
comma 4 art. 33, comma 1 -ter, L. n. 675/1996
comma 5 art. 33, comma 1 -quinquies, L. n. 675/1996
comma 6
comma 7 art. 33, comma 4, L. n. 675/1996
comma 8 art. 33, comma 6, L. n. 675/1996
comma 9 art. 33, comma 6- bis, L. n. 675/1996
comma 10 art. 33, comma 2, L. n. 675/1996
Capo III
Accertamenti e controlli
Art. 157 (Richiesta di informazioni e di esibizione di
documenti)
comma 1 art. 32, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 158 (Accertamenti)
comma 1 art. 32, comma 2, L. n. 675/1996
comma 2 art. 32, comma 2, L. n. 675/1996
comma 3 art. 32, comma 3, L. n. 675/1996; art. 15, comma 1, D.P.R. n.
501/1998
Art. 159 (Modalità)
comma 1 art. 15, commi 6, e 7, secondo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 2 art. 32, comma 4, L. n. 675/1996; art. 15, comma 5, D.P.R. n.
501/1998
comma 3 art. 15, commi 2, e 7, primo periodo, D.P.R. n. 501/1998
comma 4 art. 15, comma 4, D.P.R. n. 501/1998
comma 5 art. 15, comma 8, D.P.R. n. 501/1998
comma 6 art. 32, comma 5, L. n. 675/1996
Art. 160 (Particolari accertamenti)
comma 1 art. 32, comma 6, primo periodo, L. n. 675/1996
comma 2 art. 32, comma 6, secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 3 art. 32, comma 7, primo e secondo periodo, L. n. 675/1996
comma 4 art. 32, comma 7, terzo periodo, L. n. 675/1996
comma 5
comma 6
Titolo III
Sanzioni
Capo I cfr. art. 24, dir. 95/46/CE
Violazioni amministrative
Art. 161 (Omessa o inidonea informativa all’interessato)
comma 1 art. 39, comma 2, primo periodo, L. n. 675/1996
Art. 162 (Altre fattispecie)
comma 1 art. 16, comma 3, L. n. 675/1996
comma 2 art. 39, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 163 (Omessa o incompleta notificazione)
comma 1 art. 34, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 164 (Omessa informazione o esibizione al Garante)
comma 1 art. 39, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 165 (Pubblicazione del provvedimento del Garante)
comma 1
Art. 166 (Procedimento di applicazione)
comma 1 art. 39, comma 3, L. n. 675/1996
Capo II
Illeciti penali
Art. 167 (Trattamento illecito di dati)
comma 1 art. 35, comma 1, L. n. 675/1996; art. 11, D.Lgs. 171/1998
comma 2 art. 35, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 168 (Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al
Garante)
comma 1 art. 37 -bis, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 169 (Misure di sicurezza)
comma 1 art. 36, comma 1, L. n. 675/1996
comma 2 art. 36, comma 2, L. n. 675/1996
Art. 170 (Inosservanza di provvedimenti del Garante)
comma 1 art. 37, comma 1, L. n. 675/1996
Art. 171 (Altre fattispecie)
Art. 172 (Pene accessorie)
comma 1 art. 38, comma 1, L. n. 675/1996
Titolo IV
Disposizioni modificative, abrogative,
transitorie e finali
Capo I
Disposizioni di modifica
Art. 173 (Convenzione di applicazione dell’Accordo di
di Schengen)
Art. 174 (Notifiche di atti e vendite giudiziarie)
Art. 175 (Forze di Polizia)
Art. 176 (Soggetti pubblici)
Art. 177 (Disciplina anagrafica, dello stato civile e delle liste
elettorali)
Art. 178 (Disposizioni in materia sanitaria)
comma 1
comma 2
comma 3 art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 282/1999
comma 4
comma 5
Art. 179 (Altre modifiche)
Capo II
Disposizioni transitorie
Art. 180 (Misure di sicurezza)
Art. 181 (Altre disposizioni transitorie)
comma 1
comma 2
comma 3
comma 4 art. 13, comma 5, D.P.R. n. 501/1998
comma 5
comma 6
Art. 182 (Ufficio del Garante)
Capo III
Abrogazioni
Art. 183 (Norme abrogate)
Capo IV
Norme finali
Art. 184 (Attuazione di direttive europee)
comma 1
comma 2
comma 3 art. 43, comma 2, secondo periodo, L. n. 675/1996
Art. 185 (Allegazione dei codici di deontologia e di buona
condotta)
Art. 186 (Entrata in vigore)

Cass. civ. Sez. V, (ud. 31-01-2003) 26-06-2003, n. 10189

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione Tributaria

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ugo FAVARA – Presidente

Dott. Michele D’ALONZO – Consigliere

Dott. Stefano SCHIRÒ – Consigliere

Dott. Sergio DEL CORE – Rel. Consigliere

Dott. Guido RAIMONDI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro “pro tempore”, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende “ope legis”;

– ricorrente –

contro

CIAMPI ENNIO;

– intimato –

avverso la sent. n. 82/98 della Commissione tributaria regionale di FIRENZE, depositata il 20 luglio 1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31 gennaio 2003 dal Consigliere Dott. Sergio DEL CORE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato dello Stato GIACOBBE che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio Attilio SEPE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Ennio Ciampi impugnò la cartella esattoriale in quanto non preceduta da rituale notifica dell’avviso di accertamento, mai portato a sua conoscenza e quindi non divenuto definitivo.

La Commissione tributaria di primo grado di Pisa, con sentenza del 26 ottobre 1995, accolse il ricorso, poiché dagli atti non risultava che fosse stata data notizia della affissione dell’avviso all’albo del Comune dell’ultima residenza, e la decisione, appellata dall’Ufficio, fu confermata dalla Commissione tributaria regionale della Toscana sulla base delle seguenti argomentazioni. Dalla documentazione in atti risultava che il Ciampi era emigrato da Pisa nel Comune di Fucecchio il 16 novembre 1991 sicché da tale data la procedura di notifica doveva essere quella prevista dall’art. 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, con conseguente necessaria affissione dell’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. all’albo del comune dove il contribuente non aveva più abitazione.

Ricorre per cassazione l’Amministrazione in base a un unico motivo.

Non si difende l’intimato.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo l’Amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 60, primo comma, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma primo, n. 3 e n. 5. Le formalità previste dall’art. 60, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 600 del 1973 – si osserva – devono essere applicate soltanto nel caso in cui nel Comune dove deve eseguirsi la notifica non vi sia più né abitazione, né ufficio, né azienda del contribuente, cui incombe l’onere di provare la sussistenza di tale circostanza ostativa, non essendo a tal fine sufficiente il semplice cambio di residenza. Per altro verso, ai sensi del terzo comma del citato art. 60, le variazioni di residenza del contribuente hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica, nella specie intervenuta soltanto cinque giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, sicché correttamente erano state utilizzate le formalità previste dall’art. 140 c.p.c.

Il ricorso è sotto entrambi i profili fondato.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’art. 140 c.p.c., quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma la notifica non sia avvenuta perché costui o altro possibile consegnatario non sia stato rinvenuto; deve essere effettuata, invece, applicando la disciplina di cui all’art. 60, lett. e), del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, sostitutivo, per il procedimento tributario, dell’art. 143 c.p.c., quando non si conosca in quale comune risieda il destinatario (cfr. sentt. nn. 4587/1997, 4654/1997, 5100/1997, 10799/1999, 7268/2002).

Nella specie, dalla pur scarna motivazione della sentenza impugnata sembra incontestato in fatto che il messo notificatore, non avendo reperito il contribuente all’indirizzo indicato nell’atto notificando e corrispondente al domicilio fiscale da dove tuttavia non risultava sloggiato né trasferito altrove, esegui la notifica secondo le formalità prescritte dall’art. 140 c.p.c., che ha appunto riguardo al casi di momentanea irreperibilità del destinatario della notifica.

In tale situazione, il trasferimento del Grossi dal Comune di Pisa a quello di Fucecchio in data anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento poteva rilevare solo provando il concorso di particolari circostanze positive o negative dalle quali poter ragionevolmente evincere che il notificante conosceva o avrebbe dovuto conoscere, usando l’ordinaria diligenza, l’avvenuto cambio di residenza.

Erronea è quindi l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui sussisteva l’obbligo di seguire il procedimento notificatorio previsto dall’art. 60, comma primo, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 sol perché dagli accertamenti anagrafici era emerso che il Grosso era emigrato dal Comune di Pisa anteriormente alla notifica dell’avviso di accertamento.

Ma, come si è detto, la sentenza è errata anche per l’altro, dirimente profilo prospettato dall’Amministrazione ricorrente.

E’ noto che l’art. 60, comma primo, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione – e cioè nel comune di domicilio fiscale, corrispondente a quello in cui il contribuente persona fisica, destinatario dell’atto da notificare, risulta anagraficamente iscritto – non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, la notificazione dell’avviso o dell’atto è eseguita mediante deposito dell’atto stesso nella casa del comune di domicilio fiscale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune medesimo e diviene produttiva di effetti, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, l’ottavo giorno successivo a quello di affissione.

E’ altrettanto noto, tuttavia, che ai sensi dell’ultimo comma dello stesso art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973, ai fini delle notificazioni, le cause di variazione del domicilio fiscale delle persone fisiche, se non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto per l’Amministrazione finanziaria dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate.

Nel caso in ispecie risulta dalla stessa sentenza impugnata che il contribuente emigrò da Pisa a Fucecchio in data 16 novembre 1991 e che l’avviso di accertamento venne notificato il successivo giorno 21.

Hanno errato pertanto i giudici tributari nel ritenere che l’avviso doveva essere notificato secondo la procedura notificatoria disciplinata dall’art. 60, comma primo, lettera e) del D.P.R. n. 600 del 1973 per il solo fatto che al momento della notifica era già avvenuta la variazione anagrafica. La necessità di effettuare la notifica non certo secondo il rito previsto dalla disposizione richiamata sarebbe conseguita semmai alta prova che era stato tempestivamente comunicato dal contribuente il cambiamento di residenza o che la notifica medesima era stata eseguita dopo il decorso del termine prescritto dalla riportata norma per la efficacia della variazione.

La sentenza va, quindi, cassata e, non essendovi accertamenti da svolgere, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo e compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma il 31 gennaio 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 26 GIU. 2003


Cass. civ. Sez. V, (ud. 21-01-2003) 23-06-2003, n. 9922

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione V

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:

Dott. Stefano MONACI – Presidente

Dott. Giuseppe V.A. MAGNO – Cons. rel.

Dott. Simonetta SOTGIU – Consigliere

Dott. Giuseppe MARINUCCI – Consigliere

Dott. Maria Rosaria CULTRERA – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Paola Lefevre, elettivamente domiciliata in Roma, via Pompeo Magno, n. 1, presso l’Avvocato Giovanni Acampora, che la rappresenta e difende unitamente all’Avvocato Claudio Di Pietropaolo giusta procura speciale unita al ricorso

– ricorrente –

contro

Amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del Ministro p.t.

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale n. 2071/98, depositata il 22 aprile 1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 gennaio 2003 dal Relatore Cons. Giuseppe Vito Antonio Magno;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Dario Andreoli, per delega;

udito il p.m., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Velardi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con avviso di accertamento n. 904, notificato il 7 marzo 1981, l’ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma, sulla base d’indagini compiute dalla guardia di finanza, fissò il reddito netto prodotto nell’anno 1976 dalla signora Paola Lefevre nelle complessive somme di L. 4.645.000.000 ai fini dell’IRPEF (contro un reddito dichiarato di L. 3.450.000) e di L. 254.334.000 ai fini dell’ILOR, quale reddito di capitale.

La contribuente propose ricorso davanti alla commissione tributaria di primo grado di Roma nel marzo 1983, due anni dopo la notifica dell’accertamento, deducendo di non avere avuto tempestiva cognizione di tale notifica, effettuata col rito degli irreperibili ma senza invio della raccomandata al suo indirizzo reale, nel Principato di Monaco, e di avere avuto notizia dell’atto solo al momento di presentare la dichiarazione integrativa ai fini del condono fiscale concesso con legge 7 agosto 1982, n. 516.

La commissione tributaria di primo grado, con decisione 20 gennaio 1986, accogliendo il ricorso della contribuente, annullò l’accertamento nella parte eccedente la somma indicata con dichiarazione integrativa, avendo rilevato l’invalidità della notifica – erroneamente eseguita dal messo notificatore ai sensi dell’art. 143 c.p.c., anziché dell’art. 140 c.p.c., senza svolgere previe indagini anagrafiche – e quindi la non definitività dell’accertamento, confermata dal fatto che il tribunale penale di Roma, con sentenza 13 gennaio 1984, posteriore alla presentazione della dichiarazione integrativa da parte della Lefevre, le aveva applicato l’amnistia dai corrispondenti reati tributari, ai sensi del D.P.R. 22 febbraio 1983, n. 43.

L’appello proposto dall’ufficio, che sosteneva la ritualità della notifica dell’avviso di accertamento e, quindi, l’inammissibilità del ricorso presentato tardivamente in primo grado, fu respinto dalla commissione di secondo grado, per le stesse ragioni contenute nella decisione impugnata, non avendo l’ufficio, a giudizio di detta commissione, fornito prova del fatto che la notifica era stata ritualmente eseguita nei confronti di persona ritenuta irreperibile, dopo l’esperimento di adeguate indagini anagrafiche e con riferimento al domicilio fiscale dichiarato dalla contribuente nelle ultime denunzie dei redditi.

Il ricorso presentato dall’ufficio davanti alla commissione tributaria centrale fu da questa accolto con sentenza depositata il 22 aprile 1998, sul presupposto della ritualità della notifica dell’avviso di accertamento e della ininfluenza, su questo procedimento, della sentenza di amnistia pronunziata dal tribunale penale di Roma.

Per la cassazione di tale sentenza, Paola Lefevre propone tempestivo ricorso, consistente in un solo motivo, illustrato con successiva memoria, cui non resiste il ministero delle finanze.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo del ricorso si censura la sentenza della commissione tributaria centrale, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione delle norme in materia di notifica degli atti di natura tributaria.

Sostiene, in particolare, la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, l’obbligo, sussistente in base all’art. 140 c.p.c., di dare avviso con raccomandata diretta al destinatario del compimento delle operazioni di notifica non fu esattamente eseguito, perché tale raccomandata non fu indirizzata alla propria residenza effettiva all’estero (Principato di Monaco), benché detto indirizzo fosse noto all’ufficio, per avere all’epoca ella già proposto altro ricorso, con indicazione completa della nuova residenza, contro diverso avviso di accertamento; o potesse comunque essere facilmente conosciuto, essendo stato in precedenza comunicato all’anagrafe del comune di Roma: circostanze, queste, che la ricorrente si dice pronta a documentare, se autorizzata al deposito dei relativi atti, ai sensi dell’art. 372 c.p.c.

Ancor più in particolare, afferma che, essendo stata effettuata la notificazione di che trattasi nel 1981, oltre sessanta giorni dopo la variazione d’indirizzo anagrafico (8 aprile 1980), essa andava eseguita al nuovo domicilio, ai sensi dell’art. 60, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973, e cioè all’estero, tramite il console competente, sia personalmente e direttamente, a mezzo di raccomandata spedita dall’ufficio consolare, sia, in caso d’irreperibilità, mediante il rito della notifica agli irreperibili prescritto dalle disposizioni di procedura vigenti nel Principato di Monaco.

Tanto, nel rispetto della funzione propria della notificazione, mirante alla conoscenza effettiva, non meramente formale, dell’atto da parte del destinatario, in conformità a quanto stabilito dall’art. 6, legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), ed all’instaurazione del regolare contraddittorio con pieno esercizio del diritto di difesa secondo principi generali dell’ordinamento ribaditi, riguardo al caso d’irreperibilità del soggetto, dalle sentenze n. 346/1998 C. cost. e n. 6737/02 S.U. di questa suprema corte.

La censura è infondata.

Rileva la commissione tributaria centrale, in base alle risultanze degli atti, che il messo notificatore, recatosi il 25 febbraio 1981 presso il domicilio fiscale della Lefevre, indicato nella dichiarazione dei redditi (via Archimede 153), apprese dal portiere che la contribuente si era trasferita altrove. Eseguite le debite ricerche presso l’anagrafe, accertò che ella abitava, dall’8 aprile 1980, nel Principato di Monaco; quindi effettuò la notifica nella casa comunale.

La procedura seguita dal messo notificatore, sopra descritta, è perfettamente regolare, come già ritenuto dal giudice “a quo”.

In effetti, l’articolo 60, D.P.R. n. 600 del 1973, prescrive che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che, per legge, debbono essere portati a conoscenza del contribuente si esegue, bensì, ai sensi degli art. 137 c.p.c. e ss., ma con alcune varianti; in particolare, e per quanto qui interessa:

– la notifica deve essere effettuata, se non a mani proprie del destinatario, nel suo domicilio fiscale (art. 60 cit., lett. c), sito necessariamente in “un comune dello Stato”, che può essere quello di residenza anagrafica ovvero quello in cui è prodotto il reddito, se il contribuente persona fisica non risiede nel territorio dello Stato (articolo 58);

– se non v’è abitazione, ufficio o azienda del contribuente nel comune in cui deve essere eseguita la notificazione – cioè nel comune di domicilio fiscale l’avviso di deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c. si affigge all’albo di tale comune, ed il termine per ricorrere decorre dall’ottavo giorno successivo a quello di tale affissione (articolo 60 cit., lett. e);

– fra l’altro, e per quanto qui interessa, le disposizioni ordinarie (art. 142 c.p.c.), relative alla notificazione a persona non residente né dimorante né domiciliata nella Repubblica, non si applicano in materia fiscale (norma cit., lett. f);

– i cambiamenti e le modificazioni dell’indirizzo (nel territorio dello stesso comune di domicilio fiscale: Cass. n. 4997/2001), non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi (Cass. n. 1484/1998), hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione nei registri d’anagrafe (norma cit., ult. co.); il cambiamento del comune di domicilio fiscale ha effetto dal sessantesimo giorno successiva a quello in cui si verifica (articolo 58, ult. co.).

Dall’insieme dei criteri normativi sopra esposti risulta, innanzitutto, che la notifica dell’avviso di accertamento di cui si discute non poteva e non doveva essere eseguita all’estero, nelle forme consolari o in conformità alle procedure vigenti in loco, ostandovi la disposizione dell’articolo 60, lett. f), D.P.R. n. 600 del 1973.

È certo, in secondo luogo, che il domicilio fiscale della Lefevre, in cui la notificazione dell’avviso doveva essere necessariamente eseguita (art. 60 cit., lett. c), non potendo essere all’estero giacché “ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato” (articolo 58, comma 1), era esattamente nel comune di Roma, non essendo contestato che nel territorio di questo si era prodotto il reddito (articolo 58, comma 2, 2 a ipotesi; Cass. n. 4150/1999).

In terzo luogo, è stato accertato documentalmente dalla commissione tributaria centrale, e non più contestato dalla parte, che il messo notificatore eseguì ricerche anagrafiche, dopo avere invano cercato la contribuente all’indirizzo indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi (redatta anteriormente al 1979 giacché, come la stessa ricorrente ammette nel ricorso, “per i periodi di imposta 1979, 1980 e 1981 non aveva presentato dichiarazione dei redditi”), e che apprese in tal modo l’avvenuto trasferimento di lei fuori dal comune di domicilio fiscale (precisamente, all’estero).

Pertanto, non sussisteva alcun obbligo legale di spedizione dell’avviso con lettera raccomandata, posto che tale adempimento, prescritto in generale dall’art. 140 c.p.c., non è previsto – nella specifica ipotesi di mancanza di abitazione, ufficio o azienda del contribuente nel comune di domicilio fiscale – dalla normativa fiscale (art. 60 cit., lett. e) che impone, in luogo della spedizione della raccomandata, l’affissione dell’avviso di deposito all’albo del comune ed il successivo decorso di otto giorni per la validità della notifica (purché adeguate ricerche siano state, come nel caso, effettivamente eseguite ed abbiano consentito di accertare che il contribuente non ha abitazione, ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale: Cass. nn. 5100/1997, 4654/1997, 11152/1996, 8363/1993, 4308/1992; C. Cost., sent n. 189/1974, con riferimento ad analoga ipotesi già prevista dall’art. 38, lett. e, del T.U. sulle imposte dirette, approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645).

La giurisprudenza di questa suprema corte (S.U. n. 6737/2002), invocata dalla ricorrente, non si attaglia al caso concreto dedotto in giudizio, giacché non si riferisce specificamente alle notificazioni in materia fiscale, ma alle notifiche in genere, per la cui validità, se eseguite all’estero, si rendono necessarie indagini, non solo presso l’A.I.R.E., circa la residenza effettiva del destinatario.

Anche il principio affermato nella sent. n. 346/1998 della corte costituzionale, in relazione alle notifiche eseguite a mezzo della posta, per cui “la funzione propria della notificazione è quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l’instaurazione del contraddittorio e l’effettivo esercizio del diritto di difesa”, deve essere contemperato coi criteri propri dell’ordinamento fiscale e, più in particolare, col concetto di “domicilio fiscale” che, pur essendo intesa ad agevolare l’amministrazione finanziaria nella notificazione degli accertamenti, non lede – a giudizio della stessa corte costituzionale (cfr. ordin. n. 511/1989) – il diritto di difesa del contribuente. Con l’ordinanza ora citata, infatti, la corte ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all’art. 24 Cost., la questione di costituzionalità relativa anche all’articolo 60, comma 1, lett. e) ed f), D.P.R. n. 600 del 1973, in quanto tali norme escludono, in caso di soggetto residente all’estero ad indirizzo noto all’ufficio tributario, l’applicabilità dell’art. 142 c.p.c. (notifica a persone residenti all’estero) e la spedizione di avviso raccomandato al medesimo.

I principi suespressi non sono modificati, peraltro, dalla legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente), secondo la quale “Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari” (articolo 6, co. 1, u.p.).

In conclusione, e per tutte le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve ritenersi immune dalle censure mosse col ricorso che, quindi, deve essere rigettato. Nulla devesi disporre riguardo alle spese di questo giudizio, poiché l’intimata amministrazione finanziaria non vi ha svolto difese.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V sezione civile – tributaria, il 21 gennaio 2003.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 23 GIUGNO 2003.


T.A.R. Veneto n. 2644 del 9.05.2003

Ric. n. 260/1996 Sent. n. 2644/03

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, costituito da:

Stefano Baccarini                   – Presidente

Angelo De Zotti                      Consigliere, relatore

Angelo Gabbricci                   – Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 260/1996, proposto dal Comune di Montebelluna, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriele Testa, ed selettivamente domiciliato presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 1054/1924;

contro

la Regione Veneto Comitato Regionale di controllo, Sezione Provinciale di Treviso, in persona del Presidente della Giunta Regionale, pro tempore rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia;

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia;

e nei confronti

del sig. Andolfato Franco, controinteressato, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

dell’ordinanza datata 03/11/1995 del Comitato Regionale di Controllo, Sezione di Treviso, con la quale è stata annullata la deliberazione della Giunta Comunale di Montebelluna avente ad oggetto:”Funzioni di notifica atti-affidamento mediante contratto d’opera. Approvazione disciplinare e norme per l’aggiudicazione” e di ogni altro atto presupposto e connesso, tra cui la richiesta di alcuni consiglieri comunali e del Prefetto di Treviso, di sottoporre a controllo preventivo di legittimità la deliberazione comunale anzidetta.

Visto il ricorso, notificato il 31.12.1995 e depositato presso la segreteria il 25.1.1996, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, depositato il 3.4.19964; con i relativi allegati

viste le memorie prodotte dalle parti;

visti gli atti tutti della causa;

uditi alla pubblica udienza del 3 ottobre 2002 (relatore il Consigliere De Zotti) l’avv. Sartori in sostituzione dell’avv. G. Testa per il Comune di Montebelluna e l’avv.to dello Stato Brunetti per il Ministero intimato;

ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

Nell’ambito della progressiva razionalizzazione di alcuni settori funzionali e delle relative strutture, l’Amministrazione comunale di Montebelluna individuava l’opportunità di riorganizzare il servizio di notificazione degli atti a mezzo del messo comunale ed il servizio CED.

Quanto alle funzioni di notificazione, per lo svolgimento delle quali la pianta organica del 1992 prevedeva tre dipendenti (un messo capo di 5°qf. e due messi di 4°qf.), con una prima deliberazione del 03/05/94 n, 304, in accoglimento della richiesta del dipendente sig. V, Gatto, un posto di esecutore amministrativo (4°qf.) – profilo professionale esecutore amministrativo – profilo di messo a tempo pieno veniva trasformato in un posto di esecutore amministrativo (4°qf.) a tempo parziale e contestualmente il dipendente veniva assegnato al servizio CED.

Con la delibera n. 759 del 26/09/95 la Giunta Municipale di Montebelluna, nell’ambito della progressiva razionalizzazione di alcuni settori funzionali e delle relative strutture, decideva di sperimentare l’affidamento a terzi del servizio di notificazione, mediante un contratto d’opera, allo scopo di impiegare i due dipendenti in organico (messo capo e messo) in altri settori di attività particolarmente deficitari di personale e, nel contempo, di ottenere un sensibile risparmio di spesa per effetto della riorganizzazione del servizio; tale operazione era, però, condizionata, in primo luogo all’esito della gara per l’affidamento del contratto d’opera tale da assicurare un sensibile risparmio di spesa ed in secondo luogo, all’adozione di successivi provvedimenti organizzativi in ordine al personale ed al reperimento delle fonti di finanziamento.

La menzionata deliberazione si configurava, quindi, secondo l’amministrazione, come atto finalizzato ad accertare la fattibilità della divisata riorganizzazione del servizio di notificazione.

In data 11/10/95 alcuni consiglieri comunali chiedevano di sottoporre la deliberazione al controllo per alcune presunte illegittimità.

Analoga richiesta veniva formulata dal Prefetto di Treviso che formulava alcune osservazioni in merito alla legittimità del provvedimento.

La delibera veniva quindi inoltrata all’organo regionale di controllo che con ordinanza del 3 novembre 1995 la annullava.

Ritenendo illegittimo tale provvedimento, l’amministrazione comunale lo impugna e ne chiede l’annullamento, con vittoria di spese per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 45  della legge n. 142/1990 e dell’art. 15 della legge n. 203/1991.

Si sostiene che sono state violate le norme che assoggettano al controllo le delibere degli enti locali post legge 142/1990 e precisamente quelle che prevedono che il controllo possa essere richiesto per violazione di legge e non per motivi di merito e che la richiesta deve essere motivata; che le ragioni dell’annullamento non sono, infatti, di legittimità ma di merito; che il potere prefettizio di richiedere il controllo è limitato alla repressione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa e non per la generale verifica di legittimità.

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 45 e 46 L. 142/1990 e art. 28 l.r. n. 19/1991; eccesso potere sotto svariati profili.

Si sostiene che sono state violate le norme che impongono la motivazione delle ordinanze di controllo; che l’ordinanza è illegittima in quanto censura il merito e che i motivi di annullamento sono erronei poiché lo scopo della delibera era semplicemente quella di verificare la fattibilità dell’operazione, che l’economicità dell’operazione non è stata dimostrata perché essa dipende dalle scelte future dell’amministrazione sull’impiego del personale liberato dai compiti affidati a privati; che non c’è alcun tentativo di eludere i vincoli della pianta organica.

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 64 L. 142/1990, dell’art. 28 del R.D. 12/1941, degli artt. 3 e 6 del R.D. 642/1907, dell’art. 60 del D.P.R. 600/1073 e dell’art. 201 del D.Lgs. 285/1992; eccesso di potere per difetto di motivazione , illogicità e falsità di presupposto.

Si sostiene che è falso che il messo notificatore debba essere legato al comune da rapporto di pubblico impiego e che non è possibile la notifica degli atti a mezzo di persona esterna all’amministrazione, che le norme abrogate escludono la nomina prefettizia ma non implicano che gli addetti all’ufficio notifiche debbano essere necessariamente dipendenti comunali, potendo essere soggetti esterni nominati dal Sindaco; che l’art. 28 del R.D. 12/1941 prevede solo che le funzioni di ufficiale giudiziario siano svolte dal messo o da altre persone che presentino le necessarie condizioni di idoneità; che le funzioni di messo di conciliazione possono essere svolte in regime di pubblico impiego o di lavoro autonomo.

A difesa del provvedimento impugnato si è costituita in giudizio, per il Ministero dell’Interno, l’Avvocatura dello Stato, che ha contrastato i motivi di ricorso chiedendone la reiezione con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 3 ottobre 2002, previa audizione dei patroni delle parti il ricorso è stato introitato per la decisione.

D I R I T T O

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo l’amministrazione comunale di Montebelluna deduce la violazione delle norme della legge n. 142/1990 che disciplinano il controllo delle delibere degli enti locali e in particolare dell’art. 45 che stabilisce che l’assoggettamento a controllo è dovuto quando un terzo dei consiglieri provinciali o un terzo dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l’indicazione delle norme violate entro dieci giorni dall’affissione all’albo pretorio; deduce inoltre che anche la richiesta, di analogo contenuto, formulata dal Prefetto di Treviso non aveva fondamento giuridico poiché il potere prefettizio di richiedere il controllo è espressamente circoscritto dall’art. 15 della legge n. 203/1991 alla repressione dei fenomeni di infiltrazione mafiosa e non costituisce manifestazione di una potere generale di verifica della legittimità degli atti delle amministrazioni locali.

Le censure sono inammissibili e comunque infondate.

Sotto il primo profilo va infatti rilevato che la delibera comunale annullata non è stata acquisita autonomamente dal Co.Re.Co., che non ha siffatti poteri, ma è stata trasmessa all’organo di controllo ad iniziativa dell’amministrazione stessa, sia pure a seguito delle richieste formulate in tal senso dai consiglieri comunali e dal prefetto; richieste che l’amministrazione ha positivamente valutato e in ordine alle quali  non ha formulato alcun rilievo (cfr. la nota n. 20253 del 16 ottobre 1993 del Sindaco di Montebelluna).

Non è possibile dunque come essa possa dolersi dell’assenza dei presupposti per l’esercizio della funzione di controllo, quando l’esame di legittimità è avvenuto, come rilevato, su sua esplicita richiesta e per motivi che essa sola ha verificato.

Peraltro, anche volendo prescindere da questo profilo pregiudiziale appare evidente che le richieste di sottoposizione dell’atto al controllo del Co.Re.Co. erano pienamente legittime: lo era sia quella dei consiglieri comunali, che hanno denunciato, in forma scritta e motivata, la sussistenza di vizi di legittimità, sia quella autonoma del Prefetto, poiché l’art. 15 della legge n. 203/91 non circoscrive il potere prefettizio, come si sostiene nel ricorso, alla sola repressione del fenomeno mafioso ma lo riconduce alla più ampia funzione di controllo sul buon andamento dell’attività amministrativa.

Ne consegue che l’atto doveva essere assoggettato al controllo, come in effetti è avvenuto.

Infondato è anche il secondo motivo, con cui l’amministrazione sostiene che sono state violate le norme che impongono la motivazione delle ordinanze di controllo e che l’ordinanza impugnata è illegittima poiché  censura il merito e non la legittimità del provvedimento.

In realtà è sufficiente la lettura della motivazione dell’ordinanza impugnata per rilevare che, ad eccezione del rilievo sulla contestata economicità dell’operazione, che probabilmente attinge in qualche misura il merito, la sostanza dei rilievi è di legittimità, ed in particolare verte sulla violazione della legge 142/1990 e sui vizi di eccesso di potere specificamente riscontrati.

Si tratta quindi di un provvedimento che non esorbita dalla funzione di controllo di legittimità, attribuita al Co.Re.Co..

Residua, da ultimo, il terzo motivo, che è l’unico realmente sostanziale e che verte sulla contestata possibilità, per l’amministrazione comunale, di procedere ad una riorganizzazione funzionale degli uffici nel cui ambito si prevede l’affidamento a privati del servizio di notificazione, mediante un contratto d’opera, allo scopo di impiegare i due dipendenti in organico (messo capo e messo) in altri settori di attività particolarmente deficitari di personale ottenendo un sensibile risparmio di spesa, per un periodo limitato ed a titolo sperimentale.

Tale operazione, come rilevato nel provvedimento tutorio, non appare possibile.

Come si riconosce anche nel parere assai articolato reso all’amministrazione dal suo stesso difensore, non appare infatti possibile che la funzione di notifica degli atti, affidata ai messi comunali possa, in assenza di norma apposita che lo consenta,  essere appaltata o assegnata in concessione a privati, poiché essa è espressione di un potere (certificativo e fidefaciente sino a querela di falso) che inerisce ad una funzione pubblica non delegabile a soggetti privati, il cui esercizio spetta ai dipendenti dell’amministrazione appositamente investiti di tale compito.

E ciò vale, a giudizio del Collegio, anche se l’art. 273 del T.U. 383/1934 è stato abrogato dall’art. 64 della legge n. 142/90, e non è più previsto, per i messi notificatori, il conferimento del relativo incarico con provvedimento prefettizio, in quanto la modifica rientra nel nuovo assetto delle autonomi locali ma non fa venir meno le caratteristiche della funzione, che rimane riservata al titolare del potere cui la norma la assegna e non diviene attività liberamente conferibile a soggetti estranei all’amministrazione comunale.

Né rileva, a giudizio del Collegio, la prospettata assimilazione delle funzioni notificatorie svolte dal messo comunale con quelle del messo di conciliazione, ai fini di un’applicazione estensiva ovvero analogica dell’art.28 R.D. 12/1941.

E’ vero, infatti che la funzione di messo di conciliazione può essere conferita anche a soggetti estranei all’amministrazione comunale, ma ciò inerisce al fatto che  la legge lo prevede espressamente senza che tuttavia muti la natura di munus publicum insita nella funzione stessa, che infatti ove non conferita a dipendenti comunali non si esplica in base a contratto ma con atto di nomina subordinato ad accertamento di idoneità ed alla previa autorizzazione, in ogni tempo revocabile o soggetta a sospensione, del Presidente del Tribunale.

Ciò conferma che non è significativo, ai fini che qui interessano, che  il messo conciliatore svolga i suoi compiti in regime di autonomia piuttosto che in regime di subordinazione, perché ciò dipende dal tipo di rapporto lavorativo che in concreto viene instaurato tra l’amministrazione comunale e l’incaricato delle funzioni (cfr. C.d.S. sez. 5^ 26 marzo 2001 n. 1723; C.d.S. sez. 5^ 20 settembre 2000 n. 4860; T.A.R. Puglia sez. 2^ Bari 1 ottobre 2002 n. 4171) ma piuttosto il fatto la circostanza che il messo di conciliazione ed il messo notificatore comunale rappresentano posizioni funzionali e organiche diverse (cfr. C.d.S. sez. 5^ 20 settembre 2000 n. 4860; C.d.S. sez. 5^ 7 dicembre 1995 n. 1665) che comunque in nessun caso possono essere attribuite a privati con contratto d’opera, ma con strumenti peculiari che sono: l’attribuzione della qualifica e della funzione specifica prevista dalla legge e dai contratti di lavoro per i dipendenti comunali e l’atto di nomina e di attribuzione delle funzioni per i soggetti estranei all’amministrazione.

Ne consegue, che l’applicazione analogica delle norme riferite ai messi conciliatori non consente, come pretende l’amministrazione, la riorganizzazione del servizio dei messi notificatori nella forma progettata con la delibera annullata e cioè con la riduzione o con l’eliminazione delle posizioni di lavoro svolte dai dipendenti in favore del conferimento delle stesse a privati con contratto di collaborazione professionale.

Conclusione, questa, che ovviamente assorbe anche quella del risparmio economico correlato all’operazione, in quanto se le funzioni non sono conferibili a contratto il loro costo non si sottrae ma si aggiunge a quello del personale che si presume surrettiziamente di poter utilizzare in compiti diversi.

Il ricorso va quindi respinto.

Le spese e le competenze di causa possono essere nondimeno compensate tra le parti costituite, per ragioni di equità.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese e competenze di causa compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 3 ottobre 2002.

Il Presidente                                                    L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Direttore della Prima Sezione


Cass. civ. Sez. lavoro, 01-03-2003, n. 3065

La Corte Suprema di Cassazione

Sezione Lavoro

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Giovanni PRESTIPINO – Presidente

Dott. Natale CAPITANIO – Rel. Consigliere

Dott. Camillo FILADORO – Consigliere

Dott. Giuseppe CELLERINO – Consigliere

Dott. Grazia CATALDI – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BERTINETTI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BRESSANONE 3, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA DURAZZO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati PAOLO MARCHINI, FABIO FONZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sent. n. 97/00 del Tribunale di PAVIA, depositata il 9 febbraio 2000 R.G.N. 281/99;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28 ottobre 2002 dal Consigliere Dott. Natale CAPITANIO;

udito l’Avvocato CASOTTI CANTATORE;

udito l’Avvocato CORETTI per delega FONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Riccardo FUZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
In data 28 settembre 1996 l’I.N.P.S. sede di Pavia notificava a Luigi Bertinetti atto di precetto per il pagamento della somma di L. 2.136.675, oltre accessori, in forza di ordinanza ingiunzione emessa per sanzioni amministrative contro la mancata corresponsione di contributi da parte della I.T.P.S. s.p.a., società successivamente fallita e della quale il Bertinetti era stato amministratore unico.

Con ricorso depositato presso la Pretura di Pavia in data 3 dicembre 1996 il Bertinetti proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso l’atto di precetto, lamentando di non avere mai ricevuto comunicazione o notizia dell’ordinanza ingiunzione ed eccependo, pertanto, la nullità della notifica e dei successivi atti del procedimento.

Con sentenza in data 22 gennaio 1998 il Pretore respingeva l’opposizione ritenendo provata la regolarità della notifica.

A seguito di appello del Bertinetti il Tribunale di Pavia, con sentenza in data 11 gennaio 2000, confermava la sentenza pretorile, osservando che bene aveva fatto il Pretore a ritenere che la notifica dell’ordinanza ingiunzione fosse stata validamente eseguita in quanto nel registro dell’Ente Poste erano riportati la firma attribuibile al Bertinetti e il numero della patente auto come documento di identificazione del medesimo e che l’appellante aveva inutilmente contestato tale numero poiché non aveva esibito la patente auto all’epoca posseduta al fine di dimostrare la sua diversità rispetto a quella riportata nel registro dell’Ente Poste.

Il Bertinetti ricorre per cassazione con unico articolato motivo.

Resiste con controricorso l’I.N.P.S..

Motivi della decisione
Con l’unico articolato motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 890 del 1992 (“rectius”: del 1982) nonché degli artt. 214 e 215 c.p.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto, deduce che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il ricorrente medesimo avrebbe avuto l’onere di disconoscere non soltanto, come in effetti era avvenuto, la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, ma anche quella indicata sul registro.

Aggiunge il ricorrente che il Tribunale avrebbe, altresì, errato sul fatto che su esso ricorrente incombesse l’onere di fornire la prova contraria in ordine alla dedotta non corrispondenza del numero della patente auto indicato sul registro dell’Ente Poste rispetto a quello della patente in sua titolarità.

Peraltro, rileva il Bertinetti, il registro di consegna dell’Ente Poste acquisito agli atti non reca la sottoscrizione dell’agente postale e tanto meno l’indicazione di chi avrebbe ricevuto la consegna, che era avvenuta in luogo diverso da quello di residenza del destinatario della notifica e ciò in violazione dell’art. 7 della legge n. 890 del 1992 (“rectius”: del 1982).

Il Tribunale, in altri termini, secondo il ricorrente, avrebbe tratto elementi di convincimento circa la validità della notifica dal registro di consegna, che tale rilevanza probatoria non ha nemmeno se in esso fosse stata apposta la firma del destinatario o della persona abilitata a riceverlo.

Inoltre il giudice di merito, secondo quanto dedotto dal ricorrente, non aveva considerato che il medesimo aveva già disconosciuto la propria sottoscrizione e che per tale ragione non era tenuto a fornire la prova dell’autenticità della sottoscrizione né la coincidenza del numero di patente indicato nel registro di consegna con quello della patente in sua titolarità.

Il ricorso è infondato.

La relazione di notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario attestante il compimento delle prescritte formalità fa fede fino a querela di falso (v. Cass. 22 marzo 1996 n. 2940).

Del pari fa fede fino a querela di falso e non già sino a prova contraria (come diversamente è stato ritenuto da Cass. 29 maggio 1997 n. 4779 e da Cass. 25 novembre 1987 n. 8655) l’attestazione sull’avviso di ricevimento con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, essendo tale notificazione un’attività direttamente delegatagli dall’ufficiale giudiziario, il quale in forza dell’art. della citata legge n. 890 del 1982 è autorizzato, salvo diverse disposizioni dell’autorità giudiziaria o della parte, ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l’incarico.

Ne consegue che l’avviso di ricevimento, a condizione che esso sia sottoscritto – pena la sua nullità-inesistenza – dall’agente postale (v. Cass. 21 maggio 1992 n. 6146), contiene, per le attività che risultano in esso compiute, una forza certificatoria sino a querela di falso assimilabile a quella ipotizzabile per la relata di notifica eseguita dallo stesso ufficiale giudiziario.

Non ha uguale forza fidefaciente, invece, il registro di consegna dell’Ente Poste, assolvendo esso a una funzione certificatoria nel diverso rapporto tra l’agente postale e l’Ente Poste in ordine all’avvenuto compimento dell’attività notificatoria delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale medesimo ai sensi dell’art. 1 della legge n. 890 del 1982 (v. Cass. 23 marzo 1988 n. 2534). Applicando i sopra esposti principi di diritto alla fattispecie esaminata, va osservato che il Bertinetti avrebbe dovuto impugnare di falso la sottoscrizione dell’avviso di ricevimento che l’agente postale gli aveva attribuito dichiarando, in tal modo, implicitamente di avergli consegnato personalmente la copia da notificare (essendo, peraltro, tale consegna personale sempre consentita ex art. 9 legge n. 890 del 1982 anche in caso di cambiamento di residenza, dimora o domicilio del destinatario).

Infatti l’agente postale medesimo non aveva dichiarato, con le modalità prescritte dal quarto comma del citato art. 7, di avere consegnato la copia dell’atto da notificare a persona diversa dal destinatario, ciò che avrebbe dovuto fare se non avesse potuto rintracciare personalmente lo stesso destinatario.

Infatti ai sensi del primo comma dell’art. 7 della legge n. 890 del 1892 l’agente postale è tenuto a consegnare al destinatario la copia dell’atto da notificare.

Ove, però, la copia non venga consegnata personalmente al destinatario, l’agente postale è tenuto, ai sensi del citato art. 7 quarto comma, a specificare nella relata la persona diversa nei cui confronti la notifica fu eseguita, l’eventuale grado di parentela esistente tra il destinatario e tale persona cui la copia dell’atto fu consegnata, l’eventuale indicazione della convivenza sia pure temporanea tra il destinatario e la persona cui la copia dell’atto fu consegnata.

Pertanto l’omessa indicazione da parte dell’agente postale del compimento delle formalità previste dal quarto comma del citato art. 7 induce a ritenere, salvo querela di falso, che tale agente abbia consegnata la copia dell’atto da notificare personalmente al destinatario, se quest’ultimo ha sottoscritto l’avviso di ricevimento, a nulla rilevando che manchi nell’avviso di ricevimento stesso l’ulteriore specificazione “personalmente al destinatario”, seguita dalla sottoscrizione, posto che per il citato art. 7 l’agente postale è tenuto a specificare le modalità di individuazione della persona a cui ha consegnato la copia dell’atto soltanto se non è stato possibile eseguire la consegna personalmente a mani del destinatario.

Irrilevante, pertanto, risulta la doglianza del ricorrente circa la mancata attività sollecitatoria della verificazione da parte dell’I.N.P.S. a seguito del suo disconoscimento della sottoscrizione, posto che avendo l’avviso di ricevimento natura di atto pubblico e non già di scrittura privata, la contestazione del suo contenuto andava fatta con la querela di falso e non già con il mero disconoscimento della sottoscrizione a norma dell’art. 214 c.p.c. sufficiente per addossare sulla controparte l’onere di sollecitare con apposita istanza ex art. 216 c.p.c. la procedura di verificazione.

A nulla rileva, perciò, che il registro di consegna contenga lacune o che non sia stato sottoscritto dall’agente postale, attesa la sua ristretta natura certificatoria a causa della sua irrilevanza ai fini della validità dell’avviso di ricevimento.

Caso mai, tale registro avrebbe potuto consentire, dopo la querela di falso – che, però, non è stata presentata – un punto di partenza per la necessaria attività che si sarebbe dovuta compiere per accertare la veridicità o la falsità della certificazione compiuta dall’agente postale circa l’avvenuta identificazione personale del destinatario, al quale la copia del precetto sarebbe stata consegnata.

Il Tribunale, però, a prescindere dalla mancata presentazione della querela di falso, ha rilevato in proposito che il Bertinetti non aveva in alcun modo provato che il numero della patente indicato dall’agente postale nel registro di consegna non corrispondesse a quello della sua patente e, quindi, che l’agente postale non avesse consegnato al medesimo il precetto dopo averlo identificato a mezzo di tale patente.

Pertanto il proposto ricorso va rigettato, modificata ex art. 384 c.p.c., secondo comma, nel senso sopra esposto la motivazione della sentenza impugnata, non annullabile perché conforme a diritto nel dispositivo.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in € 10,00 oltre € 1.300,00 (milletrecento/00) per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma il 28 ottobre 2002.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 1 MAR. 2003


Corte cost., (ud. 20-11-2002) 26-11-2002, n. 477

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), promosso con ordinanza del 2 febbraio 2002 dalla Corte di Cassazione sul ricorso proposto da Rizzacasa Giovambattista contro ENEL S.p.a., iscritta al n. 134 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2002.

Visto l’atto di costituzione di Rizzacasa Giovambattista;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2002 il Giudice relatore Annibale Marini;

udito l’avvocato Claudio Chiola per Rizzacasa Giovambattista.

Svolgimento del processo
1.- La Corte di Cassazione, con ordinanza depositata il 2 febbraio 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), «richiamato implicitamente dall’art. 149 c.p.c., nella parte in cui fa decorrere la notifica dell’atto da notificare dalla data della consegna del plico al destinatario, anziché dalla data della spedizione».

Il medesimo giudice aveva precedentemente sollevato, nei termini di cui sopra e nel corso dello stesso procedimento, questione di legittimità costituzionale dell’art. 149 del codice di procedura civile come interpretato dalla giurisprudenza «nel silenzio del dettato normativo». Questione dichiarata manifestamente inammissibile, con ordinanza n. 322 del 2001, non avendo la Corte rimettente «assolto l’onere di verificare, prima di sollevare la questione di costituzionalità, la concreta possibilità di attribuire alla norma denunciata un significato diverso da quello censurato e tale da superare i prospettati dubbi di legittimità costituzionale».

Il giudice a quo precisa ora che l’art. 4, comma terzo, della legge n. 890 del 1982, nel disporre che «l’avviso di ricevimento costituisce prova dell’eseguita notificazione», non lascerebbe spazi interpretativi e non consentirebbe, dunque, soluzioni ermeneutiche diverse da quella, costituente diritto vivente, secondo la quale gli effetti della notificazione a mezzo posta si produrrebbero, anche per il notificante, solo con la consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale.

Sulla base di tale premessa, il rimettente assume che la disciplina censurata sarebbe lesiva dell’art. 24 della Costituzione in quanto ostacolerebbe, fino a vanificarlo sostanzialmente, l’esercizio del diritto di impugnazione a chi, risiedendo in luogo diverso da quello in cui deve essere eseguita la notificazione, si avvalga della notificazione a mezzo posta, adempiendo tempestivamente alle formalità previste dall’art. 149 del codice di procedura civile e dalla legge n. 890 del 1982, ma «restando nondimeno esposto alla disorganizzazione di Uffici pubblici, quali quelli postali che sono soltanto strumenti ausiliari dell’Amministrazione della Giustizia».

Le norme impugnate – ad avviso del medesimo rimettente – non esprimerebbero, d’altro canto, una regola generale dell’ordinamento, considerato che la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 del codice di procedura civile si perfezionerebbe, invece, alla data di spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento, così come sarebbe del resto previsto per la notificazione dei ricorsi amministrativi e per le notificazioni eseguite nell’ambito del contenzioso tributario.

Il ricorso al servizio postale in materia di notificazioni di atti giudiziari risulterebbe, dunque, diversamente disciplinato in relazione a fattispecie analoghe, escludendosi solo in alcuni casi, e non in altri, l’esposizione della parte notificante al rischio del disservizio postale. Con conseguente violazione del principio di eguaglianza garantito dall’art. 3 della Costituzione.

2.- Si è costituito in giudizio Giovambattista Rizzacasa, ricorrente nel giudizio a quo, il quale preliminarmente sottolinea la sicura ammissibilità della questione in quanto sostanzialmente diversa da quella dichiarata manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001.

Nel merito, secondo la parte privata, verrebbero nella specie in considerazione due distinte esigenze: quella di assicurare la certezza del diritto, per cui l’impugnativa dovrebbe essere esercitata entro precisi limiti temporali, e quella di garantire il diritto di difesa del destinatario dell’atto notificato.

La prima delle due esigenze – secondo la stessa parte – potrebbe essere adeguatamente soddisfatta facendo riferimento alla data di presentazione del ricorso all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre solo ai fini della seconda occorrerebbe avere riguardo al momento della effettiva consegna dell’atto al destinatario.

Siffatta distinzione sarebbe, d’altro canto, ben presente nella giurisprudenza di questa Corte, così come il principio secondo cui gli effetti derivanti dall’operato della pubblica amministrazione non possono risolversi nella menomazione del diritto di difesa della parte incolpevole.

Se si volesse, poi, richiamare, in contrapposizione al diritto di difesa del notificante, l’interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici, dovrebbe allora considerarsi – ad avviso sempre della parte privata – che il principio di ragionevole durata del processo, di cui al novellato art. 111 della Costituzione, impone di disciplinare le cadenze temporali del processo stesso in modo da consentire l’agevole esercizio del diritto di difesa.

Il sacrificio del diritto di difesa a favore della rapidità del processo potrebbe, dunque, essere giustificato solamente in conseguenza di condotte omissive della parte processuale e non già in relazione a ritardi od omissioni riferibili all’operato della pubblica amministrazione, cui il cittadino-attore sia obbligato a rivolgersi.

La disciplina dettata dall’art. 140 del codice di procedura civile e quella relativa alle notifiche in materia di ricorsi amministrativi e nell’ambito del contenzioso tributario costituirebbero poi – sempre secondo la parte privata – adeguati termini di comparazione ai fini del giudizio di legittimità costituzionale sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza.

Conclude dunque la parte per l’accoglimento della questione «e, in subordine, per l’adozione di una sentenza interpretativa del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4 della L. n. 890/92 (recte: legge 890/82) che consenta un’adeguata tutela del diritto di difesa, affermando che lo scopo della notifica per posta è legittimamente raggiunto nel momento in cui vengono realizzati gli adempimenti formali gravanti sulla parte intimante».

Motivi della decisione
1.- La Corte di Cassazione dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 149 del codice di procedura civile e 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui dispongono che gli effetti della notificazione a mezzo posta decorrono, anche per il notificante, dalla data di consegna del plico al destinatario anziché dalla data della spedizione.

Tale disposizione si porrebbe in contrasto sia con la garanzia costituzionale del diritto di difesa, in quanto esporrebbe il notificante, pur incolpevole, al rischio del disservizio postale, sia con il principio di eguaglianza, in quanto – in materia di notificazioni di atti giudiziari o di ricorsi amministrativi – altre norme dell’ordinamento attribuirebbero invece rilevanza esclusiva alla data di spedizione dell’atto.

2.- In via preliminare, va affermata la proponibilità della presente questione di costituzionalità, in quanto essenzialmente diversa, sia sotto l’aspetto normativo che argomentativo, da quella proposta nello stesso giudizio e dichiarata da questa Corte manifestamente inammissibile con l’ordinanza n. 322 del 2001.

La questione in esame, infatti, oltre ad avere un oggetto solo parzialmente coincidente con quello della precedente (con la quale veniva impugnato il solo art. 149 del codice di procedura civile), si fonda sulla premessa della impossibilità di una diversa opzione interpretativa e non risulta, dunque, come l’altra, censurabile sotto il profilo della mancata ricerca di una interpretazione alternativa rispetto a quella sospettata di illegittimità costituzionale.

3.- Nel merito la questione è fondata.

3.1.- Il rimettente muove dalla premessa secondo la quale l’inequivoco tenore testuale dell’art. 4, comma terzo, della legge n. 890 del 1982 non consentirebbe interpretazione diversa da quella del perfezionamento della notificazione, anche per il notificante, alla data di ricezione del plico da parte del destinatario. Tale premessa – pur opinabile nei termini assoluti in cui è formulata, come del resto dimostra la rimessione della predetta questione interpretativa alle Sezioni unite da parte di altra sezione della stessa Corte di Cassazione – è, peraltro, conforme ad un orientamento da tempo consolidato del giudice di legittimità e tale, dunque, da poter essere senz’altro assunto a base della presente decisione.

3.2.- Questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di notificazioni all’estero, che gli artt. 3 e 24 della Costituzione impongono che «le garanzie di conoscibilità dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso» ed ha, altresì, individuato come soluzione costituzionalmente obbligata della questione sottoposta al suo esame quella desumibile dal «principio della sufficienza […] del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante» (sentenza n. 69 del 1994).

Principio questo che, per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere – come nel caso di specie – dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo.

In ossequio ai richiamati principi costituzionali, gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati – per quanto riguarda il notificante – al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo.

Resta naturalmente fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo. Ed è appena il caso di sottolineare, al riguardo, che la possibilità di una scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio risulta affermata dalla stessa legge n. 890 del 1982, laddove all’art. 8 prevede, secondo l’interpretazione vigente, che, nel caso di assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego, la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di deposito del piego presso l’ufficio postale e, per il destinatario, al momento del ritiro del piego stesso ovvero alla scadenza del termine di compiuta giacenza. Confermandosi in tal modo la necessità che le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 del codice di procedura civile e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.


Cass. civ. Sez. I, 07-06-2002, n. 8287

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo PROTO – Presidente –

Dott. Ugo VITRONE – Consigliere –

Dott. Donato PLENTEDA – Consigliere –

Dott. Mario Rosario MORELLI – Consigliere –

Dott. Massimo BONOMO – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CIMMINO STEFANO, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE ANGELICO 193, presso l’avvocato FRANCO IADANZA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

DAMA ROSANNA, nella qualità di Curatore speciale del minore CIMMINO ANDREA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 257, presso l’avvocato GIANFRANCO DOSI, rappresentata e difesa da se medesima;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/01 della Corte d’Appello di NAPOLI SEZIONE MINORI, depositata il 12/02/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2001 dal Consigliere Dott. Massimo BONOMO;

udito per il resistente, l’Avvocato Dama, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Francesco MELE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Il 16 febbraio 1990 l’avv. Rosanna Dama, nominata dal Tribunale per i minorenni di Napoli curatore speciale del minore Andrea Cimmino, nato l’11 agosto 1986, convenne in giudizio Stefano Cimmino, impugnando, per difetto di veridicità, il riconoscimento di figlio naturale compiuto dallo stesso Cimmino nei confronti del detto minore.

Si costituì e resistette il Cimmino.

Disposta consulenza tecnica immunoematologicacitogenetica sul DNA, non espletata per rifiuto del convenuto a sottoporsi al prelievo, il Tribunale, con sentenza in data 13 marzo- 31 marzo 1998, accolse la domanda e conseguentemente dichiarò non veridico il riconoscimento del minore Andrea compiuto da Stefano Cimmino, disponendo le relative annotazioni e condannando il convenuto al pagamento delle spese di lite.

Notificata la sentenza in data 27 maggio 1998, il Cimmino ne ha chiesto la totale riforma, appellandola con atto notificato il 25 giugno 1998 al p.m. presso il Tribunale di Napoli, ma non notificato all’avv. Rosanna Dama, risultata. il 25 maggio 2000, sloggiata da anni al domicilio i via Martucci n. 35.

Nell’udienza del 27 ottobre 1998, l’istruttore ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del curatore speciale dell’attore e il relativo atto è stato notificato il 2 dicembre 1998. Il curatore speciale, avv. Dama, si è costituta e ha chiesto il rigetto dell’appello, sia perché inammissibile per tardività, sia perché infondato nel merito.

Con sentenza del 24 gennaio – 12 febbraio 2001, la Corte d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello condannando l’appellante al pagamento delle spese di quel grado di giudizio. Osservava la Corte territoriale, in particolare:

a) che l’impugnazione nei confronti del curatore speciale del minore era stata proposta oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c.;

b) che il p.m. presso il giudice “a quo”, cui era stata tempestivamente notificata l’impugnazione, non era parte del giudizio sicché non avrebbe potuto essere integrato il contraddittorio nei confronti del curatore speciale;

c) che era irrilevante la notifica con esito negativo presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”.

Avverso la sentenza d’appello Stefano Cimmino ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria.

Il curatore speciale del minore ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione
1) Eccepisce il ricorrente con la memoria che il controricorso sarebbe inammissibile perché esso non è stato notificato presso il domicilio eletto in Roma, ma presso lo studio in Napoli, senza che assuma rilievo il tentativo di notifica per posta effettuato senza successo al domicilio in Roma.

2) L’eccezione è fondata nei termini appresso precisati.

La notifica a mezzo posta del controricorso al domicilio del ricorrente in Roma, con spedizione in data 23 maggio 2001, non ha avuto successo perché il destinatario è risultato sconosciuto all’ufficiale giudiziario su citofoni e cassette.

Il ricorso è stato poi notificato il 31 maggio 2001 presso lo studio del difensore domiciliatario a Napoli.

Ora, a prescindere dalle questioni della validità o meno di tale ultima notifica ovvero, in caso di nullità, della eventuale sanatoria, è assorbente la considerazione che la notifica è comunque tardiva, poiché la notifica del controricorso avrebbe dovuto essere effettuata entro mercoledì 30 maggio 2001 (e cioè, ai sensi dell’art. 370 c.p.c., entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, nella specie giovedì 10 maggio 2001, atteso che il ricorso era stato notificato il 20 aprile).

Pure tardivo risulta il tentativo di notifica del controricorso al ricorrente presso la cancelleria della Corte di Cassazione con spedizione per posta il 1 giugno 2001.

Il controricorso è quindi inammissibile.

3) Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 330, 141, 121, 331, 325, 184-bis, 294 e 359 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

In data 27 maggio 1998 l’avv. Rosanna Dama, nella qualità di curatore speciale del minore Andrea Cimmino, aveva notificato al procuratore costituito dell’attuale ricorrente copia autentica della sentenza di primo grado nella quale (vedasi frontespizio) era indicato, quale domicilio eletto, lo studio sito in Napoli alla via Martucci n. 35. Tale atto, proveniente dalla parte, oltre ad essere cronologicamente posteriore a tutti i documenti dai quali – a detta della Corte d’Appello – si sarebbe dovuto evincere il cambio di domicilio, non recava alcun timbro (dal quale ricavare l’eventuale differente indirizzo) né tanto meno una specifica indicazione in tal senso, ad opera del procuratore notificante.

Il Cimmino, pertanto, il 25 giugno 1998, un giorno prima della scadenza del termine per l’impugnazione aveva notificato correttamente l’appello presso il domicilio indicato in sentenza, ovvero in via Martucci n. 35. Solo al ritiro dell’atto, a termini ormai scaduti, aveva appreso che da tempo l’avv. Dama aveva trasferito il proprio studio altrove.

L’indicazione di uno specifico domicilio nella sentenza notificata dalla parte era apparsa come un’implicita dichiarazione di domicilio, trattandosi di atto proveniente dalla controparte, sicché l’impugnazione, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., doveva essere notificata in quel luogo.

Inoltre, non poteva equivalere a mutamento del domicilio eletto, in assenza di formale comunicazione, il differente indirizzo indicato sulla documentazione richiamata dalla Corte d’Appello (e costituito da comunicazioni di cancelleria e carta intestata) a sostegno del cambio di domicilio e del relativo onere, per il ricorrente, di effettuare adeguate ricerche.

Ove, interpretando l’art. 330 c.p.c., si ponesse a carico del soccombente l’onere della ricerca del domicilio del difensore di controparte in assenza di formale comunicazione di mutamento dello stesso ed in presenza di atti equivoci, tali da ingenerare nell’appellante il legittimo affidamento circa il permanere dell’originaria elezione di domicilio, la norma sarebbe incostituzionale in relazione agli artt. 24 e 3 Cost.

4) Il motivo non è fondato.

Nella specie, non vi è stata una dichiarazione di domicilio nell’atto di notificazione della sentenza, essendosi la parte limitata a notificare la sentenza di primo grado. La circostanza che dall’intestazione della sentenza risultasse l’elezione di domicilio dell’attore in primo grado non poteva integrare una dichiarazione di domicilio nell’atto di notificazione della sentenza, per la quale sarebbe stata necessaria un’apposita e distinta dichiarazione. La sentenza non poteva essere notificata che nella sua integrità, compresa l’intestazione, il cui contenuto era riferibile però al giudizio di primo grado e non alla fase successiva al deposito della sentenza stessa.

Ora, la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio “a quo”, che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall’albo, ovvero dagli atti processuali) anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte. Ed infatti, il dato di riferimento personale prevale su quello topografico, e non sussiste alcun onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo; tale onere è previsto, infatti, per il domicilio eletto autonomamente, mentre l’elezione operata dalla parte presso lo studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione (Cass. 13 marzo 1998 n. 2740; cfr. pure Cass. 29 maggio 1997 n. 4746).

Nel caso in esame, l’appellante non si è fatto carico del suddetto onere, mentre avrebbe potuto individuare presso il Consiglio dell’Ordine il nuovo domicilio del procuratore della controparte. In punto di fatto, la Corte d’Appello ha osservato, in particolare, che il procuratore dell’appellante aveva dedotto, senza contestazioni di sorta, di aver provveduto alla comunicazione di cambio di domicilio del suo studio legale al Consiglio dell’Ordine e che il nuovo domicilio risultava anche da alcuni atti inseriti nel fascicolo di ufficio del giudizio di primo grado.

La dedotta conoscenza del trasferimento dello studio dell’avv. Dama dopo che il termine per la notifica dell’atto di impugnazione era ormai scaduto costituisce una conseguenza della scelta di effettuare la notifica l’ultimo giorno utile. Tale scelta, imputabile al soggetto tenuto alla notifica, comporta il rischio di non essere in grado di svolgere le eventuali ricerche che si rendessero necessarie in caso di mancata notificazione.

La prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 330 c.p.c. è manifestamente infondata, potendo l’attività di ricerca posta a carico della parte essere facilmente svolta, sicché essa non viola il canone della ragionevolezza né costituisce una limitazione del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 4746/1997 citata).

5) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 350, 184-bis, 294, 359 c.p.c., nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.

L’ordinanza con la quale l’istruttore aveva disposto la rinotifica nei confronti dell’avv. Dama doveva qualificarsi come remissione in termini per errore scusabile. La Corte d’Appello, pur riconoscendo che il Cimmino aveva qualificato la disposizione impartita dall’istruttore come remissione in termini, non aveva esplicitato le ragioni per le quali avrebbe dovuto escludersi l’ammissibilità di tale istituto.

Indipendentemente dal carattere inscindibile o meno del giudizio e dalla qualità di parte del p.m., la possibilità di disporre la rinnovazione della notificazione dell’atto d’appello era prevista dall’art. 350 c.p.c. nella formulazione anteriore alla riforma introdotta dalla legge n. 353 del 1990 (applicabile nel caso di specie, trattandosi di causa instaurata anteriormente all’entrata in vigore della riforma).

Gli artt. 184-bis, 294 e 359 c.p.c., ove interpretati nel senso dell’omessa previsione della rimessione in termini per errore scusabile, nel caso dell’appellante che, senza sua colpa, non abbia potuto proporre tempestivamente l’impugnazione, sarebbero incostituzionali in relazione agli artt. 3 e 34 Cost.

L’espressa previsione nell’ordinamento processuale amministrativo dell’istituto della remissione in termini per errore scusabile anche per il giudizio di appello rende manifesta l’illegittimità costituzionale delle corrispondenti norme processuali civili (184-bis, 294, 350 e 359) che non prevedono l’istituto.

6) Nemmeno questo motivo è fondato.

La rinnovazione della notificazione dell’atto di appello non è applicabile nei casi in cui, come nella specie, la notifica non è nulla, ma inesistente.

Quanto alla questione di costituzionalità per la mancata previsione della remissione in termini per errore scusabile, essa è irrilevante non potendosi configurare, nel caso in esame, un errore di tale natura per le ragioni espresse in ordine al primo motivo di ricorso.

7) Il terzo motivo di ricorso esprime doglianze di violazione degli artt. 325, 331, 350, 292 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

La motivazione della Corte d’Appello relativamente alla qualità di mero interventore necessario del p.m. non tiene conto della circostanza che la notifica dell’atto di citazione al p.m. ha comunque consentito l’instaurazione del giudizio e che, alla prima udienza, conformemente al dettato degli artt. 350 e 331 c.p.c., era stato richiesto termine per la rinotifica nei confronti dell’avv. Dama.

8) Il motivo non è fondato.

La possibilità di integrazione del contraddittorio nelle cause inscindibili (art. 351 c.p.c.) presuppone l’avvenuta impugnazione nei confronti di almeno una delle parti. Questa ipotesi non ricorre nella specie, essendo stato l’atto di appello notificato tempestivamente al solo pubblico ministero, il quale non è parte nel giudizio in oggetto, come affermato dalla Corte d’Appello e non contestato in questa sede.

Poiché l’atto di impugnazione non era stato tempestivamente notificato a nessuna delle parti, non poteva disporsi l’integrazione del contraddittorio.

9) Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come nel dispositivo con riferimento alla difesa effettuata dall’avv. Dama all’udienza, vanno poste a carico del ricorrente, in considerazione della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 516,46 [L. 1.000.000] per onorari.

Così deciso in Roma il 3 dicembre 2001.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 GIUGNO 2002.


Corte Suprema di Cassazione, Sez. Unite, n. 8091 del 4.06.2002

Notificazione : a persone giuridiche : a persone non residenti o irreperibili

Svolgimento del processo

La s.r.l. Sud Zuccheri, con sede in Melito (Napoli) alla via Roma 168 bis, fu dichiarata fallita dal Tribunale di Napoli con sentenza del 12 febbraio 1991.

La detta società, in persona dell’amministratore unico Corrado Wurzburghen propose opposizione contro tale pronunzia, chiedendo che ne fosse dichiarata la nullità per violazione dell’art. 15 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267. La nullità sarebbe stata conseguente all’omessa convocazione e audizione del legale rappresentante davanti al tribunale fallimentare in camera di consiglio, omissione derivante dall’irrituale notifica del ricorso di fallimento. La notificazione, infatti, era stata eseguita nelle forme di cui all’art. 1423 c.p.c. nei confronti del menzionato legale rappresentante, pur essendo possibile accertare sia la sede sociale (che non era stata trasferita ma aveva soltanto subito un cambio di numerazione civica) sia la residenza del legale rappresentante.

La curatela rimase contumace, mentre i creditori si costituirono contestando il fondamento dell’opposizione.

In sede collegiale l’opponente propose querela di falso contro la relata di notifica del ricorso (avanzato dal Banco di Napoli) ad opera del messo di conciliazione di merito, attestante che la società era “sconosciuta al sito indicato e/o al civico” (cioè all’indirizzo in Melito alla via Roma 168 bis, sede sociale risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale), nonché contro l’analoga relata dell’agente postale, apposta sulla busta dell’atto da notificare ad istanza di I.S.I. S.p.A.

Le parti costituite contestarono la querela, mentre il P.M. ne addusse l’inammissibilità.

Con sentenza depositata il 10 aprile 1995 il Tribunale rigettò l’opposizione e la querela di falso proposta contro la notifica ad istanza dell’I.S.I., dichiarò inammissibile la querela proposta contro la notifica ad istanza del Banco di Napoli e condannò l’opponente al pagamento delle spese giudiziali.

A seguito d’impugnazione della società Sud Zuccheri la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2549/97 depositata il 25 novembre 1997, respinse il gravarne, considerando:

– che l’esame dell’impugnazione restava circoscritto al tema di diritto, relativo al seguente punto: se, nell’ipotesi d’impossibilità di eseguire la notifica ai sensi dell’art. 145, comma 1, c.p.c. presso la sede della società (impossibilità imputabile esclusivamente alla società stessa, per avere omesso di rendere conoscibile ai terzi, nelle debite forme pubblicitarie, la variazione d’indirizzo della sede sociale, sia pur dovuta a nuova numerazione civica), e di ulteriore impossibilità di reperire il legale rappresentante della medesima (circostanza accertata dalle risultanze documentali acquisite dal primo giudice e non rimessa in discussione con l’appello), fosse possibile eseguire la notifica diretta al detto legale rappresentante nelle forme di cui all’art. 143 c.p.c.;

– che a tale quesito il tribunale aveva dato risposta positiva con argomentazioni meritevoli di essere condivise;

– che, invero, la mancata menzione dell’art. 143 c.p.c. tra le norme richiamate dal terzo comma dell’art. 145 c.p.c. non assumeva rilievo decisivo al fine di escludere il ricorso come “extrema ratio”, a tale forma di notifica quando, come nella specie, non fosse stato possibile reperire la sede della società né la residenza, dimora o domicilio del suo amministratore unico e legale rappresentante;

– che il contrario argomento dell’appellante si basava su un’analisi letterale e superficiale della norma e, peraltro, mal si conciliava con la soluzione alternativa proposta, ossia la notifica nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., in quanto neppure tale disposizione era richiamata dall’art. 145 c.p.c., comma 3;

– che, allora, se ogni argomento desumibile dalla mera letteralità del richiamo non poteva essere decisivo (finendosi altrimenti, in simili casi, col ritenere impossibile qualsiasi forma di notificazione), andava compiuta una lettura sistematica delle norme, allo scopo di giungere ad una soluzione rispondente alle finalità del sistema in guisa da assicurare, in ogni caso, la possibilità di eseguire le notificazioni;

– che tutte le norme comprese tra l’art. 138 c.p.c. e l’art. 143 c.p.c. riguardavano le persone fisiche, incluso quindi l’art. 140 c.p.c., al quale non vi era ragione di dare preferenza, trattandosi di disposizione non direttamente prevista per le notificazioni alle persone giuridiche, né oggetto di richiamo da parte dell’art. 145 c.p.c.;

– che l’ultimo comma di tale norma, col rinvio agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c., rivelava l’intento del legislatore di consentire la notifica al legale rappresentante secondo la disciplina delle notificazioni alle persone fisiche, quando non fosse possibile la notifica presso la sede della persona giuridica e dall’atto risultasse la persona fisica titolare della rappresentanza legale dell’ente;

– che, pertanto, qualora nei confronti di detta persona fisica non fosse possibile la notifica a mani proprie (art. 138 c.p.c.), oppure presso la residenza, la dimora o il domicilio (art. 139 c.p.c.), o ancora presso l’eventuale domiciliatario (art. 141 c.p.c.), occorreva fare ricorso alle ulteriori disposizioni contemplanti le sussidiarie modalità di notifica alle persone fisiche, e quindi all’art. 140 c.p.c. (in caso di residenza, dimora o domicilio noti della persona fisica del legale rappresentante dell’ente), ovvero all’art. 143 c.p.c. (nel caso di residenza, dimora o domicilio ignoti dello stesso legale rappresentante);

– che, nella fattispecie, il Wurzburgher risultò sloggiato dai suoi ultimi dichiarati domicilii di Napoli e di Pozzuoli, dove – come emerse dalle ricerche poi eseguite presso i due Comuni – mai aveva avuto la residenza anagrafica, onde ritualmente la notificazione fu effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c.

– che l’impossibilità di eseguire la notificazione diretta alla società nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c. discendeva dal rilievo che, siccome tale norma prescrive, oltre al deposito della copia dell’atto nella casa comunale, anche l’affissione dell’avviso del deposito “alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario”, nonché la “notizia per raccomandata con avviso di ricevimento”, nel caso di specie non si sarebbe potuto procedere a tali adempimenti, in quanto nel luogo dell’ultima sede nota della società medesima non esistevano uffici o altre strutture alla stessa riferibili;

– che, in definitiva, l’appello andava respinto, perché la mancata audizione dell’imprenditore, dovuta a fatto a questo imputabile, non costituiva motivo di nullità.

Contro la suddetta sentenza, notificata il 18 febbraio 1998, Sud Zuccheri S.r.l., in persona dell’amministratore unico Corrado Wurzburgher, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

La Banca Nazionale dell’agricoltura S.p.A. e la I.S.I (Industria Saccarifera Agroindustriale) S.p.A. hanno resistito con separati controricorsi.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Con ordinanza depositata il 16 giugno 2000 la prima sezione civile di questa Corte, rilevato che sulla questione addotta (“la notifica avrebbe dovuto essere effettuata a norma dell’art. 140 c.p.c. nei confronti della società e non ai sensi dell’art. 143 c.pc., nei confronti del suo legale rappresentante”) esisteva un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

La causa è stata quindi assegnata alle Sezioni unite di questa Corte e chiamata all’udienza di discussione.

Motivi della decisione

1) Con l’unico mezzo di cassazione la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c., in relazione agli artt. 145, 140 e 160 c.p.c.

Il Tribunale avrebbe riconosciuto che la formula dell’art. 145 c.p.c., e in particolare il 1º e il 3º comma (che rinviano agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.), avrebbe posto la necessità di valutare, esaminando l’intera disciplina in modo sistematico, se la notificazione ad una persona giuridica consenta il ricorso alle forme di cui all’art. 143 c.p.c., sia con riferimento alla società in quanto tale, sia come forma di notifica al legale rappresentante.

Il Tribunale avrebbe riconosciuto, ancora, che, secondo un primo orientamento della giurisprudenza (in realtà si tratterebbe dell’ultimo, ormai da tempo consolidato) la notificazione alla società – in caso d’impossibilità di eseguirla ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c. e di portarla a compimento nelle forme di cui all’art. 145, terzo comma, c.p.c. – andrebbe effettuata a norma dell’art. 140 c.p.c.

Da ciò sarebbe dovuto discendere l’accoglimento dell’opposizione.

Ma poi il Tribunale si sarebbe riportato ad un diverso (e risalente) orientamento della giurisprudenza, dichiarando di aderirvi e così pervenendo al rigetto della domanda.

Sarebbe però incorso in errore, limitandosi a rilevare che l’indirizzo in Melito alla via Roma 168 bis sarebbe stato quello rispondente alla sede della società, come risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale, e che la società sarebbe stata obbligata a rendere pubblica presso gli organi competenti la variazione apportata dal Comune al numero civico.

Avrebbe però trascurato di considerare che, se la notifica fosse stata eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., al Comune sarebbe risultato certamente il nuovo civico e il ricorso si sarebbe potuto notificare ritualmente.

Peraltro la mancata notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. sarebbe stata sufficiente per stabilire che, il ricorso non era stato notificato secondo le norme e che la società fallita mai sarebbe stata convocata davanti al Tribunale fallimentare, con conseguente nullità della dichiarazione di fallimento.

I rilievi già esposti nei precedenti gradi del giudizio troverebbero conferma nei fatti enunciati, che porrebbero in evidenza l’illegittimità della pronunzia impugnata, viziata anche da errori logici e da insufficiente motivazione.

Andrebbe aggiunto che soltanto parte della giurisprudenza si sarebbe mostrata favorevole all’applicazione dell’art. 143 c.p.c. alle persone giuridiche, mentre di segno opposto sarebbe l’orientamento più recente.

2) Ancorché formalmente diretto a censurare la pronunzia del Tribunale (per quello che appare essere un errore materiale di trascrizione), il ricorso investe in realtà la sentenza della Corte d’Appello, come è dato desumere dalla sua complessiva formulazione. Pertanto l’impugnazione va dichiarata ammissibile.

3) La questione sottoposta all’esame del collegio può riassumersi nei termini seguenti (tenendo conto del tema della decisione identificato dalla Corte territoriale e delle censure mosse dalla ricorrente, che definiscono i confini dell’indagine in questa sede): se ed in quali limiti siano utilizzabili nei confronti di una persona giuridica le modalità di notificazione previste dall’art. 13 c.p.c., essendo indicata nell’atto la persona fisica che rappresenta l’ente.

Nel caso di specie, infatti, non è controversa l’applicabilità dell’art. 140 c.p.c. anche per le notificazioni alle persone giuridiche (ed ai soggetti indicati nel secondo comma dell’art. 145 c.p.c.). Anzi la società ricorrente lamenta appunto che nel caso in esame non si sia proceduto a notifica nelle forme di cui al citato articolo 140, affermando che, se tale procedura fosse stata adottata, presso il Comune sarebbe risultato il nuovo civico identificante la sede della società medesima, sicché l’istanza di fallimento si sarebbe potuta notificare ritualmente.

Tanto premesso, si deve osservare che, ai sensi dell’art. 145, primo comma, c.p.c. (norma nella specie rilevante perché la ricorrente è una società di capitali), la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna della copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa. A norma dell’art. 46, comma secondo, c.c., nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell’art. 16 c.c. o la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima, intendendosi per sede effettiva il luogo in cui abbiano concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente, e dove operino i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti con poteri direttivi (Cass. 4 agosto 2000, n. 10243; 28 luglio 2000, n. 9978; 18 gennaio 1997, n. 497).

Come posto in luce anche in dottrina, è dunque accolto il principio dell’effettività della sede quale criterio interpretativo generale, valido pure per le notificazioni.

Il secondo comma dell’art. 145 c.p.c. prevede modalità analoghe di notificazione, con riferimento alla sede indicata nell’art. 19, secondo comma, del codice civile.

Il terzo comma aggiunge che, se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni degli articoli 138, 139 e 141 cod. proc. civ.

Come il testuale tenore della norma rende palese, le modalità prescritte nei primi due commi vanno sperimentate per prime; se la notificazione non può essere eseguita con quelle modalità, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, si osservano le disposizioni dell’art. 138 c.p.c. (notificazione nella residenza, nella dimora o nel domicilio), e art. 141 c.p.c. (notificazione presso il domiciliatario).

Qualora neppure le modalità richiamate nel terzo comma dell’art. 145 c.p.c. possano essere ultimate praticate, la giurisprudenza dominante – sia pur con talune distinzioni che qui non possono formare oggetto di pronuncia perché estranee al quesito rilevante ai fini della decisione – ammette l’applicabilità del rito previsto dall’art. 140 c.p.c. anche nei confronti della società (“ex multis” e tra le più recenti: Cass. 10 aprile 2000, n. 4529; 9 febbraio 2000, n. 1427; 17 giugno 1999, n. 6065; 27 gennaio 1999, n. 716; 3 novembre 1998, n. 11004; 11 gennaio 1994, n. 239; 3 dicembre 1993, n. 12004; 29 maggio 1992, n. 6529).

Anche nella dottrina prevale nettamente la soluzione favorevole all’applicazione del rito anzidetto, pur con alcune divergenze circa i presupposti ed i limiti d’impiego.

Un contrasto più marcato, invece, sussiste in ordine all’applicabilità dell’art. 143 c.p.c.

Secondo alcune pronunzie, infatti, la notifica mediante il rito previsto da detta norma sarebbe inapplicabile alle persone giuridiche. Le disposizioni della norma medesima, invero, postulerebbero che sia sconosciuto il luogo in cui il destinatario ha la sua residenza, la dimora o il domicilio ed inoltre che tale mancata conoscenza non sia superabile attraverso le normali ricerche ed adottando la comune diligenza. Queste situazioni, però, non potrebbero realizzarsi per le società di capitali, munite di personalità giuridica, per le quali sarebbe in vigore l’obbligo di dichiarare quale sia la sede della società all’atto stesso della costituzione (artt. 2328, 2464, 2475 c.c.), nonché l’obbligo di dichiarare i mutamenti della sede, esistendo peraltro un sistema di pubblicità legale idoneo a consentire di conoscere l’attualità della sede dichiarata e l’inopponibilità ai terzi dei mutamenti non pubblicizzati. Con la conseguenza che, qualora la sede dichiarata non coincida con quella effettiva e questa non sia nota, il terzo non potrebbe legittimamente ignorare la sede effettiva, effettuando le notifiche nel luogo pubblicizzato come “sede” dalla stessa società e risultante dai pubblici registri, salvo giovarsi nel disposto dell’art. 140 c.p.c. nel caso in cui il legale rappresentante della società, o altre persone legittimate a ricevere l’atto, risultino irreperibili in tale luogo (Cass. 29 gennaio 1998 n. 904; 11 gennaio 1994 n. 239; 1 marzo 1989 n. 1102; 3 luglio 1971 n. 2070).

Un altro orientamento, invece, ammette l’applicazione dell’art. 143 c.p.c. anche nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche, avendo riguardo alla funzione complementare della menzionata norma (Cass. 29 maggio 1992 n. 6529; 12 aprile 1990 n. 3107; 28 luglio 1989 n. 3528; 5 giugno 1987 n. 4927; 16 ottobre 1979 n. 5392; 12 maggio 1979 n. 2758).

Prima di procedere all’esame della questione, ai fini della composizione del suddetto contrasto, va premesso che il sistema delle notificazioni deve rispondere ad una duplice esigenza: la prima è quella di consentire al destinatario dell’atto di venire a conoscenza nei tempi previsti del contenuto di questo, in guisa da poter svolgere al riguardo ogni attività difensiva, nel rispetto del principio del contraddittorio, oggi ribadito nell’art. 111, comma 2, Cost. (come novellato dall’art. 1 della L.Cost. 23 novembre 1999 n. 2); la seconda è quella di permettere al soggetto, ad istanza del quale la notifica si esegue, di poter agire in giudizio ponendo in essere i relativi atti d’impulso. Entrambe le esigenze ricevono tutela costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.). Lo sforzo ermeneutico, quindi, deve essere diretto a bilanciarle, da un lato garantendo al destinatario un effetto di conoscenza o, nei casi previsti dalla legge, di conoscibilità leale dell’atto in stretta aderenza alla disciplina normativa, in modo da assicurare il pieno spiegamento del diritto di difesa, dall’altro consentendo al soggetto, che intenda agire in giudizio, di esercitare il potere di azione (anche) con l’adozione dei necessari strumenti di notifica.

In altre parole, non sarebbe conforme a Costituzione un approccio interpretativo che, facendosi carico della non completezza delle regole contenute nell’art. 145 c.p.c., proceda ad un esame sistematico e coordinato delle norme dettate in tema di notificazioni con riferimento a quelle indirizzate a soggetti diversi dalle persone fisiche e, per quanto qui rileva, con riguardo alle notificazioni alle persone giuridiche.

In questo quadro la tesi, espressa nel primo degli orientamenti sopra richiamati (circa l’inapplicabilità in via di principio dell’art. 143 c.p.c.), non è persuasiva.

Va subito sgombrato il campo da un primo argomento di ordine letterale, secondo il quale l’art. 145, terzo comma, c.p.c. rinvierebbe in modo espresso soltanto agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.

Il richiamo limitato a queste tre norme si spiega col rilievo che l’art. 145, terzo comma, c.p.c., nel contemplare una modalità di notificazione sussidiaria rispetto a quella prevista dal primo comma della medesima norma, stabilisce che la notifica sia indirizzata alla persona fisica che rappresenta l’ente (qualora essa sia indicata nell’atto) e dispone perciò l’osservanza delle disposizioni previste per le situazioni ordinarie o fisiologiche che consentono l’esecuzione della notifica direttamente al destinatario o ad un consegnatario normativamente individuato. Ma ciò non vuole dire che, quando la notifica ai sensi di tali disposizioni si riveli non praticabile, la mancata menzione dell’art. 143 c.p.c. (come, del resto, dell’art. 140 c.p.c., che neppure forma oggetto di richiamo nel terzo comma dell’art. 145 c.p.c.) debba essere intesa come implicita esclusione dell’applicabilità di queste norme. Infatti, una volta prevista la notifica al legale rappresentante dell’ente, non sarebbe ragionevole (né conforme all’art. 24 Cost.) un’interpretazione del dettato normativo diretta ad affermare che, nei confronti del medesimo rappresentante, possono trovare applicazione soltanto le forme ordinarie di notificazione e non quelle stabilite per i casi (eccezionali) nei quali si debba prendere atto dell’impossibilità di adottare quelle forme.

Maggior consistenza presenta l’argomento secondo cui l’art. 143 c.p.c. sarebbe inapplicabile alle persone giuridiche perché esso postulerebbe che sia sconosciuto il luogo in cui il destinatario ha la sua residenza, la dimora o il domicilio ed inoltre che tale mancata conoscenza non sia superabile attraverso le normali ricerche ed adottando la comune diligenza. Queste situazioni non potrebbero realizzarsi per le società di capitali, esistendo un sistema di pubblicità legale idoneo a consentire di conoscere l’attualità della sede dichiarata e l’inopponibilità ai terzi dei mutamenti non pubblicizzati.

Tali affermazioni sono, in via di principio, esatte. Esse, tuttavia, valgono a rimarcare il carattere residuale (di “extrema ratio”, come si esprime la sentenza impugnata: pag. 6) che la notifica ex art. 143 c.p.c. al legale rappresentante della persona giuridica deve avere. Non giovano però per escludere in radice l’applicabilità di tale norma (che, in sostanza, è una norma di chiusura del sistema delle notificazioni), perché non assicurano in ogni caso che una notificazione possa essere eseguita. Il che è reso palese dalla fattispecie (certamente molto peculiare) qui in esame.

In essa è avvenuto che, a seguito di cambio della numerazione civica fatto eseguire dal Comune di Melito di Napoli, la sede della società Sud Zuccheri, già stabilita in quel Comune alla via Roma n. 168 bis, è venuta a trovarsi in quel medesimo Comune ma alla via Roma n. 438. La variazione d’indirizzo della sede sociale, conseguente alla nuova numerazione civica, non fu resa conoscibile attraverso le annotazioni – che la società avrebbe dovuto curare (artt. 2196, 2436 c.c.) – nel registro della cancelleria commerciale (all’epoca in essere, non essendo ancora operativo il registro delle imprese), come accertato dalla sentenza impugnata e com’è incontroverso. Pertanto il sito di via Roma 168 bis, a far tempo dall’impianto della nuova numerazione (impianto di cui s’ignora l’epoca) venne a perdere qualsiasi capacità d’identificare la sede della società, perché in realtà l’indirizzo di via Roma 168 bis conduceva ad un luogo del tutto diverso e privo di ogni collegamento con la società medesima, tant’è che, a seguito delle notifiche tentate dal Banco di Napoli e da I.S.I. S.p.A. a quell’indirizzo – sede sociale risultante dalla certificazione della cancelleria commerciale, come la sentenza impugnata rileva: pag. 3 – la società medesima risultò sconosciuta.

Né vale addurre che, attraverso più attente ricerche, il nuovo indirizzo poteva essere reperito. È ben vero che, qualora la sede dichiarata nell’atto costitutivo non venga trovata, devono essere eseguite ulteriori ricerche. Ma tali ricerche, specialmente quando esiste un sistema di pubblicità che dovrebbe consentire di trovare sempre almeno la sede legale della società se la legge fosse rispettata, devono essere quelle normalmente esigibili secondo la comune diligenza. Orbene, le ricerche e le richieste d’informazioni suggerite in casi come quello in esame dall’ordinaria diligenza riguardano la sede della società e perciò vanno indirizzate verso gli uffici e le persone che possono dare informazioni in tal senso, ossia per l’appunto il registro della cancelleria commerciale (v. Cass., Sez. Un., 5 novembre 1981, n. 5825, in motivazione). Una volta acclarato, tramite il detto registro, che la sede dell’impresa risultava quella di via Roma n. 168 bis, non possono essere comprese nella nozione di ordinaria diligenza ulteriori e più approfondite ricerche, per di più in un contesto nel quale non risulta che i creditori istanti fossero tenuti a sapere che (in epoca imprecisata) la numerazione civica era stata modificata.

Neppure potrebbe utilmente affermarsi che l’omessa annotazione nell’apposito registro del mutamento d’indirizzo conservasse l’attualità della sede risultante dal medesimo registro, onde comunque la notifica si sarebbe potuta eseguire ai sensi dell’art. 140 c.p.c.

Si deve replicare che, come già sopra si è accennato, a seguito della diversa numerazione civica il numero 168 bis individuava un sito del tutto differente da quello in cui era (ed era rimasta) la sede della società, cioè un sito nel quale quest’ultima mai aveva avuto uffici o strutture di qualsiasi tipo. La mancanza (originaria e non sopravvenuta) di tali strutture rendeva impossibile) – dare corso alle formalità previste dal citato art. 140 c.p.c. che, per costante giurisprudenza, in quanto organicamente coordinate tra loro hanno tutte carattere essenziale e, come tali, condizionano al loro integrale adempimento l’efficacia giuridica della notifica (tra le più recenti: Cass. 14 gennaio 2002 n. 359; 20 novembre 2000 n. 14986; 29 aprile 1999 n. 4307).

Invero, la notifica ex art. 140 c.p.c. postula che, pur essendo noto il luogo in cui la notifica stessa può essere eseguita, l’esecuzione di essa nelle forme ordinarie risulti impedita dall’irreparabilità, dall’incapacità o dal rifiuto dei consegnatari normativamente individuati. Nella fattispecie l’indirizzo che avrebbe dovuto condurre alla sede sociale portava in realtà ad un luogo in cui detta sede mai era stata collocata, con conseguente difetto del presupposto per procedere alla menzionata forma di notificazione (infatti, l’adozione di tale forma è stata ritenuta irrituale nel caso in cui all’indirizzo indicato il destinatario risulti sconosciuto: Cass. 11 agosto 2000 n. 10629).

Dalle esposte considerazioni consegue che il sistema di pubblicità in vigore per le società di capitali non consente di reperire in ogni ipotesi una sede legale, quando le eventuali variazioni non siano annotate. Il caso in esame ne costituisce la prova ed altri esempi potrebbero addursi (come il caso in cui l’edificio in cui era situata la sede sociale risulti totalmente demolito e sia ignota l’eventuale sede effettiva).

In ipotesi del genere il ricorso alla notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c. nei confronti della persona fisica che rappresenta l’ente non può ritenersi precluso.

Invero, l’applicazione di detta norma direttamente alla persona giuridica va esclusa, perché la sua testuale formulazione impone di considerarla ontologicamente incompatibile con soggetti diversi dalle persone fisiche. Ma quando nell’atto il legale rappresentante sia indicato (e il notificante può identificarlo, formulando quindi la relativa indicazione, attraverso il sistema di pubblicità), non vi sono ostacoli – sulla base delle considerazioni sopra svolte – all’adozione nei suoi confronti delle forme di cui all’art. 143 c.p.c., quando ne risultino sconosciuti la residenza, la dimora e il domicilio. Ciò non soltanto per esigenze di completezza del sistema notificatorio ma anche perché, una volta ammessa la notifica al legale rappresentante nelle forme ordinarie, non appare giustificato escludere la possibilità di far ricorso alle particolari modalità di cui alla detta norma, che risulta riferibile a tutte le persone fisiche.

Conclusivamente, la sequenza del procedimento notificatorio nei confronti delle persone giuridiche, con particolare riguardo alle società di capitali (caso ricorrente nella specie), va così specificata:

a) la notificazione si esegue, in primo luogo, con le modalità di cui all’art. 145, 1º comma, c.p.c., cioè nella sede (legale o effettiva) mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza, ad altra persona addetta alla sede stessa;

b) se la notifica non può essere eseguita con tali modalità, e nell’atto è indicata la persona fisica che rappresenta l’ente, in applicazione dell’art. 145, 3º comma, c.p.c. la notifica stessa va eseguita nei confronti di tale persona, osservando le disposizioni degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c.;

c) se neppure l’adozione di tali modalità consente di pervenire alla notificazione, si procede con le formalità dell’art. 140 c.p.c., qualora di detta norma ricorrano i presupposti, nei confronti del legale rappresentante (se indicato nell’atto e purché abbia un indirizzo diverso da quello della sede dell’ente), oppure, nel caso in cui la persona fisica non sia indicata nell’atto da notificare direttamente nei confronti della società;

d) se tali modalità non si rivelino applicabili, e nell’atto sia indicata la persona fisica che rappresenta l’ente (la quale perciò risulti di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), la notificazione sarà eseguibile con le forme di cui all’art. 143 c.p.c. nei confronti del detto legale rappresentante.

In questi sensi il contrasto sopra segnalato resta quindi composto.

Alla stregua dei principi fin qui esposti, il ricorso della società Sud Zuccheri si rivela infondato.

Non è esatto, per quanto chiarito in precedenza, che gli atti andassero notificati alla società ai sensi dell’art. 140 c.p.c., dovendosi replicare che, a seguito del cambiamento della numerazione civica, l’indirizzo della società medesima era riferito ad un luogo in cui questa non aveva (e mai aveva avuto) sede, sicché non si sarebbe neppur potuto procedere agli adempimenti contemplati dalla citata norma (il punto, rimarcato dalla Corte territoriale, non ha formato oggetto di specifica censura).

La ricorrente, poi, nulla ha addotto in ordine alla reperibilità del legale rappresentante, il cui nome risultava dagli atti in notifica (anche questo profilo, posto in luce dalla sentenza impugnata non è stato censurato); né ha formulato doglianze in ordine al rispetto delle formalità previste dall’art. 143 c.p.c.

Essa, in effetti, ha imperniato l’impugnazione sull’asserita nullità/inesistenza delle notificazioni eseguite, nel caso in esame, ai sensi dell’articolo ora citato, perché detta norma sarebbe stata inapplicabile; e questa tesi – nel quadro delle considerazioni in precedenza svolte – non può essere condivisa.

Ne segue il rigetto del ricorso.

Avuto riguardo al contrasto di giurisprudenza esistente sulla questione si ravvisano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di cassazione, pronunziando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2002, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della Corte suprema di cassazione.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 04 GIUGNO 2002.


Cass. civ., Sez. V, (data ud. 30/05/2002) 30/05/2002, n. 7939

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale REALE – Presidente –

Dott. Massimo ODDO – Consigliere –

Dott. Stefano MONACI – Rel. Consigliere –

Dott. Antonio MERONE – Consigliere –

Dott. Giuseppe FALCONE – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FRATTA CESARE LUIGI, FUMAGALLI GIUSEPPINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI CAMPOSARCUNO PAOLO, che li difende unitamente all’avvocato ALLEGRO ENRICO, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/97 della Commissione tributaria regionale di MILANO, depositata il 22/09/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/01/02 dal Consigliere Dott. Stefano MONACI;

udito per il ricorrente, l’Avvocato ANTONELLI, che insiste per l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pietro ABBRITTI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1) Il primo Ufficio delle Imposte dirette di Milano emetteva un accertamento fiscale nei confronti dei coniugi Fratta Cesare e Fumagalli Giuseppina, rideterminandone, ai fini Irpef ed Ilor, i redditi per l’anno 1982.

L’accertamento nei loro confronti traeva origine da un altro accertamento effettuato a carico di Fratta Ernesto, figlio dei contribuenti, e titolare di un’impresa familiare cui la madre Fumagalli Giuseppina partecipava nella misura del 45%, ed il padre Fratta Cesare partecipava, invece, nella misura percentuale del 10%.

I due contribuenti Fratta Cesare e Fumagalli Giuseppina impugnavano l’accertamento in sede giurisdizionale, ma i loro ricorsi successivi venivano respinti prima dalla Commissione Tributaria di primo grado di Milano, e poi, in sede di appello, con sentenza del 23 giugno-22 settembre 1997, dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

Questa ultima rilevava in motivazione che l’altro accertamento, impugnato dalla società (dalla quale derivavano a loro volta i redditi accertati ai ricorrenti) era stato riconosciuto legittimo dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva respinto il relativo ricorso.

2) Propongono ricorso per cassazione i contribuenti Fratta Cesare Luigi e Fumagalli Giuseppina, chiedendo l’annullamento, con ogni provvedimento consequenziale, della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, ed allegando tre motivi di impugnazione.

Con il primo eccepiscono la mancanza assoluta di motivazione e la conseguente nullità della sentenza.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale (come del resto quella della Commissione Tributaria Provinciale) si sarebbe basata esclusivamente sull’esistenza di un’altra pronunzia della stessa Commissione Provinciale, a carico del figlio Fratta Ernesto, sentenza questa ultima che aveva dichiarato legittimo l’accertamento a carico dell’impresa familiare.

Invece le due liti fiscali (peraltro non riunite) erano distinte, e soprattutto, la pronunzia di primo grado a carico del figlio sarebbe stata appellata.

3) Con il secondo motivo di impugnazione i coniugi ricorrenti eccepiscono l’erronea e falsa applicazione della legge per quanto concerne la valutazione delle prove, e la conseguente nullità della sentenza.

L’accertamento fiscale a carico del figlio Fratta Ernesto, che svolgeva un’attività di commercio all’ingrosso di oreficeria a Milano (ed a carico, nello stesso tempo, dell’impresa familiare) era scaturito da una indagine più ampia, volta a sgominare un’associazione a delinquere finalizzata all’esportazione clandestina di capitali allo scopo di acquisire all’estero oro greggio.

Il Fratta Ernesto era stato coinvolto in questa vicenda, ed era stato fatto oggetto di accertamenti tributari per cinque anni di imposta (esattamente dal 1982 e 1987), nonché di due procedimenti penali, uno di carattere valutario e l’altro di carattere tributario, che si erano conclusi, peraltro entrambi con la sua assoluzione con formula piena, per l’esattezza una volta con la formula “perché il fatto non sussiste”, e l’altra con quella “per non aver commesso il fatto”.

Invece i giudici tributari non avevano valutato gli esiti di questi procedimenti penali e le prove raccolte nel corso di essi.

4) Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano una violazione del diritti della difesa con conseguente nullità del procedimento.

Sostengono che all’udienza del 5 febbraio 1996 dinanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Milano non erano stati posti in grado di difendersi in pubblica udienza.

L’avviso di convocazione era, infatti, pervenuto al Fratta Cesare solo mesi dopo l’udienza, e da esso risultava che la notificazione era stata effettuata mediante deposito presso la Casa Comunale di Milano, e con l’invio di una raccomandata che il contribuente negava di avere mai ricevuto (che, comunque, gli sarebbe stata spedita due giorni dopo l’affissione dell’avviso sulla porta di casa del ricorrente).

5) Si è costituita con apposito controricorso l’Amministrazione finanziaria.

Nega, innanzi tutto, che sia stata impugnata la pronunzia di primo grado che ha respinto il ricorso proposto da Fratta Ernesto avverso l’accertamento a suo carico per l’anno 1982.

Quella sentenza di primo grado aveva perciò acquisito carattere di giudicato, con l’effetto di rendere definitivo anche il reddito di partecipazione dei contribuenti Cesare Luigi Fratta e Fumagalli Giuseppina.

Le rispettive liti fiscali erano sì distinte, ma, in realtà, inscindibilmente collegate tra loro.

La resistente sottolinea poi che il fatto contestato al Fratta Ernesto in sede penale (esportazione di valuta) sarebbe stato diverso da quello (acquisto senza fattura di oro grezzo) contestatogli invece in sede fiscale.

Soprattutto, quest’ultimo fatto sarebbe risultato provato.

Per quanto concerne, infine, la pretesa nullità processuale, la resistente sostiene che – come riconosciuto nella sentenza di appello impugnata – dalla documentazione esistente presso la segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Milano non risultava nessuna violazione delle norme in materia di notificazione.

Motivi della decisione
1) Il ricorso non è fondato, e non può trovare accoglimento. Considerazioni di razionalità di trattazione inducono ad esaminare per primo il terzo motivo di impugnazione, che, investendo la regolarità del procedimento, assume carattere preliminare rispetto agli altri.

Il motivo non è fondato

Non appare esatto, innanzi tutto, che la Commissione Regionale non abbia motivato sull’eccezione relativa alla pretesa mancata convocazione dei contribuenti per l’udienza di discussione nel giudizio tributario di primo grado: sia pure sinteticamente la sentenza afferma che l’esercizio del diritto di difesa da parte dei contribuenti era stato sostanzialmente rispettato.

Ciò significa che La Commissione ha ritenuto regolare la notificazione dell’avviso di convocazione dei contribuenti per l’udienza di discussione in questione.

Inoltre i ricorrenti non indicano elementi astrattamente idonei a comprovare la nullità della notificazione stessa, e pertanto l’effettività dell’asserita lesione dei loro diritti di difesa.

Non è tale la circostanza secondo cui avrebbero avuto effettiva notizia dell’udienza soltanto alcuni mesi dopo, perché – come dichiarano gli stessi ricorrenti – la notificazione è stata effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., cioè con il rito degli irreperibili, e questa forma di comunicazione, per la sua stessa natura, non assicura che i destinatari abbiano effettiva notizia dell’atto notificato.

Né rileva che, come dichiarato dai ricorrenti, la raccomandata contenente l’avviso sia stata inviata al Fratta Cesare due giorni dopo l’affissione dell’avviso alla porta del ricorrente.

L’art. 140 c.p.c. prevede che “se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate”, la notificazione abbia luogo ugualmente con lo svolgimento di tre formalità distinte: il deposito di copia dell’atto da notificare nella casa comunale, l’affissione dell’avviso del deposito sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario, ed infine l’invio di una raccomandata con avvio di ricevimento anch’essa con l’avviso del deposito.

La notificazione si considera perfezionata soltanto con l’esecuzione dell’ultima, in senso temporale, delle tre formalità.

Queste ultime debbono essere eseguite in uno stesso contesto temporale, nell’ambito di quella certa notificazione, ma nulla impone che vengano eseguite in uno stesso giorno. Una distanza di due giorni tra di esse non interrompe certo l’unità del contesto temporale: in sostanza, rimane irrilevante che per ragioni operative, per la mancanza di un ufficio postale aperto in orario utile, o per altro motivo, l’invio della raccomandata sia stato seguito di qualche giorno l’affissione dell’avviso sulla porta dell’abitazione o dell’ufficio del destinatario (che nella normalità dei casi verrà effettuata quando l’ufficiale giudiziario si sarà recato in luogo e non avrà potuto eseguire la notificazione con uno dei sistemi ordinari, e sarà perciò la prima, temporalmente, ad essere eseguita delle tre formalità richieste), ed il deposito dell’atto nella casa comunale.

2) Sono infondati anche i primi due motivi di impugnazione, quelli concernenti il merito.

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano un vizio di carenza assoluta di motivazione, perché la sentenza di appello si sarebbe limitata a far riferimento alla pronunzia – che essi assumevano non ancora passata in giudicato – della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva respinto il ricorso proposto dall’impresa familiare del loro figlio Fratta Ernesto, impresa da cui sarebbero derivati i redditi di partecipazione dei genitori, attuali ricorrenti, per l’anno 1982.

Secondo questi ultimi la sentenza, invece, non avrebbe esaminato affatto le argomentazioni difensive contenute nel loro atto di appello.

In realtà, come espressamente disponeva (nella formulazione vigente all’epoca dei fatti) il quarto comma dell’art. 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, anche il reddito di partecipazione dei genitori Fratta Cesare Luigi e Fumagalli Giuseppina dipende da quello accertato a carico dell’impresa familiare del figlio.

Per la precisione nel testo originario della norma si leggeva che “i redditi delle imprese familiari di cui all’art. 230-bis del codice civile sono imputati a ciascun collaboratore familiare, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili dell’impresa…”.

Di conseguenza la Commissione Regionale ha motivato adeguatamente e compiutamente con il riferimento alla decisione relativa all’impresa familiare del figlio, né era tenuta a rispondere più in dettaglio ad eventuali ulteriori argomentazioni difensive delle parti (che, del resto, rimanevano assorbite).

L’affermazione, contenuta in ricorso, secondo cui quella pronunzia a carico dell’impresa familiare non sarebbe ancora passata in giudicato, ed il relativo giudizio sarebbe pendente, non trova nessun riscontro nella sentenza impugnata, e, del resto, neppure i ricorrenti offrono alcun elemento concreto, alcuna indicazione, in questo senso.

La circostanza, invece, avrebbe dovuto essere provata nel corso dei giudizi di merito, da coloro che l’affermavano, vale a dire dagli stessi ricorrenti.

3) Per quanto riguarda il secondo motivo di merito, relativo alla pretesa influenza di alcune pronunzie penali con cui il figlio Fratta Ernesto era stato assolto da imputazioni a suo carico, va rilevato che non risulta affatto che i fatti materiali contestati in sede penale fossero i medesimi posti alla base dell’accertamento da cui trae origine questa controversia fiscale.

Anche su questo punto la prova avrebbe dovuto essere fornita, nel corso dei giudizi di merito, da chi aveva interesse a dimostrarla, e perciò dagli attuali ricorrenti.

La circostanza, invece, non trova riscontro alcuno nella pronunzia della Commissione Regionale.

4) Concludendo, dunque, il ricorso non può che essere respinto, ed i ricorrenti vanno condannati in solido a rifondere, in favore dell’Amministrazione finanziaria, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate negli importi riportati in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere favore dell’Amministrazione finanziaria, le spese d presente giudizio che liquida in € 2.100, di cui € 2.000 per onorari, oltre a quelle prenotate a debito.

Cosi deciso in Roma il 17 gennaio 2001

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 30 MAGGIO 2002.


Corte Suprema di Cassazione civ. Sez. Unite, 10-05-2002, n. 6737

REVOCAZIONE (GIUDIZIO DI)

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo CARBONE – Primo Presidente f.f. –

Dott. Rafaele CORONA – Presidente di sezione –

Dott. Giovanni PRESTIPINO – Consigliere –

Dott. Erminio RAVAGNANI – Consigliere –

Dott. Alessandro CRISCUOLO – Consigliere –

Dott. Vincenzo PROTO – Consigliere –

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI – Consigliere –

Dott. Mario Rosario MORELLI – Consigliere –

Dott. Stefanomaria EVANGELISTA – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MONTANA GIUSEPPE, MONTANA MARIO, SCARFA ANTONIETTA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PRINI 12, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA CAPEZZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ARMANDO CALAFATO, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

GUCCIARDO (*) ANTONINO , elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO MARIA CREMONA, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 768/96 del Tribunale di AGRIGENTO, depositata il 25/09/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/02 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. Domenico IANNELLI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 15 febbraio 1989, Giuseppe Montana, Mario Montana ed Antonietta Scarfa, convennero in giudizio davanti al pretore di Agrigento Antonio (*) Guicciardo, Francesco Barrafato e Lorenza Tamburello, al fine di ottenere la costituzione coattiva, ex art. 1051 cod. civ., di una servitù di passaggio.

Il giudice adito accolse la domanda in contumacia dei convenuti, con sentenza del 14 dicembre 1989, notificata nelle date del 28 marzo e 7 luglio 1990.

Con citazione in appello notificata nelle date del 25, 27 e 30 maggio 1991, Antonio (*) Guicciardo, rappresentato dal fratello Antonio (*), suo procuratore generale, impugnò la sentenza, sostenendo, nonostante il decorso del termine di cuiall’art. 327 cod. proc. civ., la tempestività del gravame, per avere egli ignorato l’esistenza del giudizio a causa della nullità della notificazione del relativo atto introduttivo. Questa, invero, era stata eseguita con le formalità previstedall’art. 143 cod. proc. civ., laddove le risultanze anagrafiche, dalle quali emergeva che egli si era trasferito all’estero, e precisamente a Detroit, negli Stati Uniti d’America, avrebbero consentito di conoscere il suo esatto indirizzo facendo uso dell’ordinaria diligenza, ossia consultando sul punto le autorità consolari competenti.

Il Tribunale di Agrigento, con sentenza depositata in cancelleria il 25 settembre 1996, accolse l’appello, ritenuto ammissibile in base al rilievo che, da un lato, l’indicazione dell’indirizzo estero è da escludere dal novero degli adempimenti anagrafici connessi alla dichiarazione di trasferimento; e dall’altro lato, il notificante, prima di ricorrere alle formalitàdell’art. 143 cod. proc. civ., avrebbe dovuto, facendo uso dell’ordinaria diligenza, verificare se le carenti informazioni anagrafiche potessero essere integrate con altre da assumersi presso le competenti autorità consolari, atteso anche il disposto dell’art.6dellalegge n. 470 del 1988(istitutivo dell’obbligo del cittadino che si trasferisca all’estero di darne comunicazione entro novanta giorni all’ufficio consolare nella cui circoscrizione si trova la sua nuova residenza).

Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso, affidato a due motivi, Giuseppe Montana, Mario Montana e Scarfa Antonietta. Ha resistito con controricorso Antonino Guicciardo, per il tramite del suo procuratore generale, Giuseppe Guicciardo (*).

La seconda Sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 461 del 24 maggio 2000, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, ai fini dell’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, in relazione al contrasto di giurisprudenza riscontrato sulla questione, introdotta col primo motivo del ricorso stesso, se, a carico del soggetto che intenda notificare un atto nei confronti di destinatario trasferitosi in una città estera risultante dai registri anagrafici, i quali non contengano, peraltro, l’indicazione dell’indirizzo dello stesso, sia configurabile l’onere di compiere ulteriori ricerche prima di poter procedere alla notificazione secondo le modalità di cuiall’art. 143 cod. proc. civ.

Il Primo Presidente ha provveduto in conformità.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, denunciandosi violazione dell’art. 143 cod. proc. civ. e vizi di motivazione, si sostiene che colui il quale trasferisca definitivamente all’estero la propria residenza è tenuto a dichiarare sia la località, sia l’esatto indirizzo, ai fini della iscrizione nell’apposito registro anagrafico e dell’opponibilità ai terzi delle relative risultanze.

Si aggiunge che il difetto di tale adempimento – richiesto non solo dal combinato disposto dell’art. 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1120 e dell’art. 11 del D.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136, ma anche dall’art.2 della legge 27 ottobre 1988, n. 470, in cui, relativamente all’istituita anagrafe dei cittadini italiani all’estero, si stabilisce che “l’ufficiale di anagrafe annota sulle schede individuali l’indirizzo all’estero comunicato dall’interessato o comunque accertato” – è imputabile a colpevole inerzia del destinatario dell’atto da notificare, il cui comportamento omissivo non può tradursi nell’onere del notificante di provvedere ad accertamenti ulteriori rispetto a quelli condotti sulle risultanze anagrafiche.

Col secondo motivo di ricorso, denunciandosi violazione dell’art. 2909 cod. civ e vizi di motivazione, si assume che, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza resa dal pretore di Agrigento in esito al giudizio introdotto da Antonio (*) Guicciardo per la revocazione della stessa sentenza contro la quale era stato proposto appello, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere precluso l’esame della questione concernente la tempestività di tale ultimo gravame, poiché il giudizio sul merito dell’istanza revocatoria proposta ex art. 396, primo comma, cod. proc. civ., implicitamente, ma necessariamente, presupponeva l’accertamento della conseguita inappellabilità della sentenza revocanda.

L’esame del secondo motivo di ricorso è pregiudiziale, poiché, ove dovesse affermarsi l’efficacia panprocessuale dell’eccepito giudicato (formatosi relativamente all’implicito accertamento dell’inoppugnabilità della sentenza oggetto della suddetta istanza revocatoria), dovrebbe trarsene la conseguenza della preclusione di identico accertamento nel presente giudizio e, quindi, dell’inammissibilità – a prescindere dalla questione della validità o meno della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio – dell’appello sul quale è stata pronunciata la sentenza qui impugnata.

L’eccezione è, però, infondata.

L’implicito accertamento (relativo all’avvenuta scadenza dei termini per la proposizione dell’appello) della condizione di ammissibilità dell’istanza di revocazione straordinaria ex art. 396, primo comma, cod. proc. civ., riguarda questione di natura meramente processuale, e la Corte reputa di non doversi discostare dall’orientamento giurisprudenziale, prevalente e condiviso da autorevole parte della dottrina, secondo cui la soluzione (implicita o esplicita) di questioni pregiudiziali di rito, avendo funzione meramente preparatoria della decisione finale sul merito, non può formare oggetto di cosa giudicata in senso sostanziale, ma può operare soltanto con effetti limitati al processo in cui è stata pronunciata.

Tale avviso discende dalla considerazione che la diversità di efficacia tra le sentenze che accolgono o respingono la domanda e le sentenze processuali si ricollega al particolare oggetto e contenuto di queste ultime: in ogni processo sono individuabili due distinti e non confondibili oggetti di giudizio, l’uno (processuale) concernente la sussistenza del dovere del giudice di decidere il merito della causa, l’altro (sostanziale) relativo alla fondatezza della domanda proposta; e se può, per tale ragione, riconoscersi che anche le pronunzie di rito partecipano a pieno titolo dell’accertamento giudiziale (di cui è espressa menzione nell’art. 2909 cod. civ.), non è men vero che tali decisioni sono destinate a vedere confinata la loro rilevanza nel giudizio in cui sono state rese, avendo un oggetto che è, per definizione, strettamente inerente alla vicenda processuale in corso, perché ad essa esclusivamente attiene l’accertamento del suddetto dovere e perché la questione processuale decisa (nella specie, la scadenza dei termini per l’appello) è confinata nell’ambito della cognizione pregiudiziale rispetto alla statuizione di rito, che esclude o riconosce “principaliter” l’esistenza di questo stesso dovere del giudice di pronunciare sulla fondatezza della domanda.

Correttamente, pertanto, il giudice dell’appello ha provveduto allo scrutinio di ammissibilità del gravame e ad autonomo accertamento della sussistenza delle condizioni che, ai sensi dell’art. 327, secondo comma, consentono tale ammissibilità pur dopo la scadenza del termine annuale previsto dal primo comma della medesima norma, così escludendo qualsiasi preclusione derivante dalla sentenza del giudice della revocazione.

La ritenuta correttezza di siffatta esclusione comporta, dunque, col rigetto del primo motivo di ricorso, la necessità di stabilire se sia conforme a diritto la statuizione del giudice di appello concernente la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, in riferimento alle condizioni che legittimano il ricorso alle modalità di cuiall’art. 143 cod. proc. civ.

Sulla questione implicata dalle censure svolte, al riguardo, col primo motivo di ricorso, la giurisprudenza della Corte ha espresso orientamenti contrastanti.

Secondo un primo orientamento – di cui è precipua espressione la sentenza 4 aprile 1986, n. 2341 – le garanzie del diritto di difesa, dalle quali discende la necessità che le forme della notificazione risultino idonee ad assicurare la conoscibilità, da parte del destinatario, dell’atto notificategli, impongono altresì di ritenere legittimo il ricorso alle forme di cuiall’art. 143 cod. proc. civ.solo in presenza di una situazione di irreperibilità che derivi da comportamento imputabile al destinatario medesimo e non sia superabile se non tramite complesse indagini: donde l’affermazione dell’insufficienza del mancato reperimento di quest’ultimo presso la sua residenza in Italia, a seguito di trasferimento all’estero, quando egli, in conformità a quanto disposto dall’art. 11 delD.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136 (e con gli effetti di opponibilità ai terzi di cui all’art. 44 cod. civ. e all’art. 31 disp. att. c.c.), abbia provveduto a far annotare, presso l’anagrafe del comune di detta ultima residenza, lo Stato estero e la nuova località di residenza, mentre è in proposito irrilevante l’omessa indicazione anche dell’indirizzo della nuova abitazione, tenendo conto che essa non è prescritta dalla citata norma, e che comunque si tratta di un dato agevolmente acquisibile, tramite le autorità consolari.

In quest’ordine di idee si collocano anche le sentenze 8 maggio 1978, n. 2221 e 28 marzo 1991, n. 3358; la prima, infatti, ha formulato il principio per cui, qualora dai registri anagrafici risulti che la parte, alla quale deve essere notificato un atto processuale, si è trasferita all’estero, ma non risulti il comune, o l’analoga unità territoriale, del nuovo domicilio, la notificazione viene legittimamente effettuata secondo le forme dell’art. 143 solo ove il giudice del merito abbia accertato, con apprezzamento incensurabile, il vano espletamento di ricerche diligenti da parte del notificante; la seconda – emessa in una fattispecie in cui dai registri anagrafici era risultato che il convenuto era emigrato in Colombia, ma non era emerso neanche in quale città egli si trovasse -, ha ugualmente escluso la validità della notifica eseguita ai sensidell’art. 143 cod. proc. civ.in assenza del compimento di indagini diverse da quelle anagrafiche, concluse con esito negativo.

Di segno opposto è, invece, l’orientamento espresso dalla sentenza 29 novembre 1994, n. 10223, ad avviso della quale il principio secondo cui il ricorso alle modalità di notificazione di cui all’art. 143 cod. proc. civ. (notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuto) è consentito solo se sono state eseguite le ricerche suggerite dall’ordinaria diligenza per individuare un indirizzo presso cui eseguire la notificazione, non comporta l’onere di svolgere indagini nel caso in cui dalle ricerche anagrafiche effettuate nell’ultimo domicilio risulti il trasferimento in una città estera (nella specie, una città australiana), ma non il nuovo indirizzo.

In buona sostanza, mentre il primo dei riferiti orientamenti giurisprudenziali esige, per il ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 cod. proc. civ., la duplice condizione che il difetto di risultanza anagrafica sia imputabile a colpevole inadempimento del destinatario e non superabile con informazioni che il notificante possa assumere facendo uso dell’ordinaria diligenza, l’altro sottolinea la portata, ed i limiti, della nozione di ordinaria diligenza, al cui ambito ritiene estranea, in caso di generica risultanza anagrafica circa il trasferimento all’estero del destinatario, ogni onere del notificante di attivarsi per acquisire la conoscenza dell’esatto indirizzo del destinatario medesimo.

È avviso delle Sezioni unite che debba essere accordata preferenza al primo dei segnalati orientamenti, ancorché per ragioni non pienamente coincidenti con quelle alle quali esso è stato affidato dalle ricordate sentenze, stante l’evoluzione del quadro normativo di riferimento, nel frattempo realizzatosi, anche per effetto della giurisprudenza costituzionale sul regime delle notificazioni.

In particolare, la sentenza n. 2341 del 1986 appare per larga parte improntata alla riconosciuta inesistenza di un obbligo del cittadino che trasferisca all’estero la propria residenza di comunicare all’ufficio anagrafico competente anche il proprio indirizzo.

Questa conclusione, con riguardo al caso di specie, non è più pienamente mutuabile, poiché, attesa la data dell’atto introduttivo del giudizio, il suddetto quadro normativo di riferimento, per le procedure anagrafiche di trasferimento all’estero, si era ormai arricchito delle disposizioni della legge 27 ottobre 1988, n. 470, recante “Anagrafe e censimento degli italiani all’estero”, con la quale sono state istituite le Aire (anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero), tenute dai Comuni e dal Ministero dell’interno sulla base delle schede, individuali e di famiglia, eliminate dall’anagrafe della popolazione residente in dipendenza del trasferimento permanente all’estero delle persone cui esse si riferiscono.

L’art. 2 della legge citata, dopo avere elencato, al comma 1, i casi di iscrizione nelle menzionate anagrafi, tra i quali figura, alla lett. a), il trasferimento della residenza da un comune italiano all’estero, dichiarato o accertato a norma del regolamento di esecuzione dellalegge n. 1228 del 1954, al comma 2 precisa che l’ufficiale di anagrafe annota sulle schede individuali “l’indirizzo all’estero comunicato dall’interessato o comunque accertato”.

L’art. 3 della stessa legge dispone che nelle istituite anagrafi degli italiani residenti all’estero devono essere registrate le mutazioni conseguenti, tra l’altro, alle dichiarazioni, rese dagli interessati, concernenti i “trasferimenti di residenza o di abitazione” che hanno avuto luogo all’estero (lett. a).

Inoltre, l’art. 6, dopo avere stabilito, al comma 1, che i cittadini italiani che trasferiscono la loro residenza da un comune italiano all’estero devono fame dichiarazione all’ufficio consolare della circoscrizione di immigrazione entro novanta giorni dalla immigrazione, prevede, al comma 2, per i cittadini già residenti all’estero alla data di entrata in vigore della legge, l’obbligo di dichiarare la propria residenza al competente ufficio consolare entro un anno da tale data ed aggiunge, al comma 3, che i cittadini residenti all’estero, in caso di mutamento della residenza o “dell’abitazione”, devono farne dichiarazione entro novanta giorni all’ufficio consolare nella cui circoscrizione si trova la nuova residenza o la nuova abitazione.

Il Regolamento per l’esecuzione dellalegge n. 470 del 1988, approvato conD.P.R. 6 settembre 1989, n. 323, all’art. 4, fa riferimento all’”indirizzo estero”, annoverandolo fra i dati da riportare, “in quanto disponibili”, per ciascuno dei cittadini italiani iscritti nelle Aire, il cui elenco nominativo i comuni, a norma dello stesso art. 4, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso, devono trasmettere alle competenti prefetture per il successivo inoltro al Ministero dell’interno, ai fini della prima formazione della pane principale dell’anagrafe presso lo stesso Ministero.

Giova, peraltro, porre H luce che, l’acquisizione dei dati rilevanti ai fini della formazione degli schedari di cui sopra, se è in via prioritaria rimessa all’onere del cittadino tenuto alle relative dichiarazioni (delle quali è responsabile ex art. 6 delD.P.R. n. 223 del 1989, anche nel caso di trasferimento all’estero, come emerge dal successivo art. 13, comma 1, lett. a), è, in via sussidiaria, oggetto di una specifica funzione dell’Amministrazione competente, essendo stabilito dall’art.6, comma 5 della legge n. 470 del 1988che, scaduti i termini per la presentazione delle dichiarazioni oggetto dell’onere anzidetto, “gli uffici consolari provvedono ad iscrivere d’ufficio nei predetti schedari i cittadini italiani che non abbiano presentato le dichiarazioni, ma dei quali gli uffici consolari abbiano conoscenza, in base ai dati il loro possesso”. Né è senza rilievo la prevista rilevazione dei cittadini italiani all’estero (che, giusta l’art. 8 della stessa legge, ha luogo contemporaneamente al censimento dei cittadini residenti in Italia), ai fini della quale è del pari prevista un’iniziativa officiosa delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari, cui è demandato di “svolgere ogni opportuna azione intesa ad ottenere la segnalazione da parte delle pubbliche autorità locali dei nominativi e del recapito di cittadini italiani che si trovano nella loro circoscrizione” (art. 13), con conseguente acquisizione di dati dei quali è espressamente stabilita la destinazione, fra l’altro, ad aggiornamento degli schedari dell’Aire (art. 14, terzo comma e art. 18).

Ne emerge, dunque, un sistema che, a differenza di quello esaminato dalla sentenza del 1986, indubbiamente contempla la necessità di registrazione del dato concernente l’indirizzo del cittadino che si trasferisca all’estero o che vi risieda al momento dell’entrata in vigore della legge: necessità soddisfatta per il tramite dei competenti Uffici consolari, quali organi amministrativi destinatari dell’adempimento dell’obbligo di tali cittadini di fornire le informazioni necessarie alla propria reperibilità, ovvero titolari essi stessi del potere – dovere di provvedere agli opportuni accertamenti.

La consultazione dell’Aire è, dunque, il primo ed indispensabile adempimento cui il notificante è tenuto, allorché le risultanze dell’anagrafe ordinaria indichino l’avvenuto trasferimento all’estero del destinatario della notificazione, atteso che tale schedario speciale è lo strumento che, a normadell’art. 44 cod. civ., assume la funzione di rendere opponibili ai terzi i dati dichiarati, nei modi prescritti dalla legge, dai cittadini non residenti, sicché la detta consultazione si configura come un mero completamento di quella iniziata con riguardo ai registri anagrafici dei cittadini residenti nella Repubblica.

Da ciò, tuttavia non è dato trarre la conclusione che il difetto di risultanza anagrafica (ordinaria e speciale) circa l’esatto indirizzo del destinatario all’estero sia condizione sufficiente per esonerare il notificante da qualsivoglia ricerca ulteriore.

Vi ostano due fondamentali ragioni: l’una tutta interna alla disciplina stessa che ha istituito l’obbligo suddetto; l’altra, di carattere sistematico, che induce a negare un effettivo collegamento fra l’inadempimento dell’obbligo gravante sul destinatario e l’ambito della diligenza richiesta al notificante in ordine alla ricerca dei dati di identificazione del luogo in cui il primo può essere raggiunto.

Sotto il primo aspetto, rileva la posizione centrale che nella descritta disciplina assumono ali uffici consolari.

La disposizione per cui, in via sussidiaria, è rimesso al potere – dovere degli stessi Uffici di provvedere all’accertamento diretto dei medesimi dati non comunicati tempestivamente dall’interessato ha un effetto additivo rispetto alle fonti di conoscenza, con conseguente impossibilità di rinvenire nell’inerzia di quest’ultimo la ragione di un’impossibilità pratica di colmare la lacuna informativa del notificante circa quei dati. Correlativamente, passando dal piano pratico a quello giuridico, è plausibile il rilievo che i suddetti Uffici, in quanto collettori dell’informazione destinata ad alimentare i registri anagrafici, sia essa ottenuta per adempimento dell’obbligo suddetto o per iniziativa autonoma degli uffici medesimi, si collocano in una posizione non dissimile da quella delle Amministrazioni competenti alla tenuta di tali registri e, pertanto, rappresentano, anche istituzionalmente, organi che possono essere utilmente aditi per la soddisfazione delle menzionate necessità informative: il che va ribadito anche alla luce del disposto dell’art.67 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, il quale, nel prevedere che presso ogni ufficio consolare è istituito e mantenuto uno schedario il più possibile aggiornato, tenuto conto delle circostanze locali, dei cittadini residenti nella circoscrizione, stabilisce che l’autorità consolare può rilasciare certificazione dei dati risultanti dallo schedario stesso.

Né il ricorso a questa possibile fonte alternativa di acquisizione del dato d’interesse del notificante comporta a carico del medesimo oneri abnormi, trattandosi di uffici esattamente identificati dalla legge, compulsabili senza necessità di osservare procedure complesse ed eventualmente anche per il tramite dell’Amministrazione centrale cui essi fanno capo, nonché con l’ausilio di mezzi elettronici, idonei ad assicurare l’evasione della richiesta in “tempo reale”, come emerge dalle prescrizioni dell’art. 4 delD.P.R. 6 settembre 1989, n. 323, in coerenza col disposto anche dell’art. 74 del citato D.P.R. n. 200 del 1967, che autorizza l’utilizzazione del mezzo telegrafico o telefonico nei rapporti fra l’Amministrazione centrale e l’ufficio consolare che trasmette informazioni.

Per quanto attiene al secondo, e più complesso, aspetto, deve porsi in evidenza che la disciplina della notificazione in generale e, in particolare di quella che governa il caso di destinatario non residente, né dimorante, né domiciliato nella Repubblica, costituisce punto di equilibrio fra esigenze contrapposte, ancorché parimenti presidiate dalle garanzie che l’art. 24 Cost.somministra al diritto di agire in giudizio ed a quello di difendersi dall’altrui azione. Sta, invero, da un lato, la necessità di garantire al notificante, anche in relazione ai termini di prescrizione o decadenza che questi sia eventualmente tenuto ad osservare, il libero e sollecito esercizio dei propri diritti; e, dall’altro, la non minore importanza delle garanzie di effettiva conoscenza dell’atto che devono essere offerte al destinatario, per assicurargli concretamente la possibilità di difendersi dalle pretese svolte nei suoi confronti.

Gli interventi della Corte Costituzionale e del legislatore, susseguitisi sugli artt. 142 e 143, terzo comma ne sono convincente dimostrazione, in quanto concorrono a costituire un sistema strutturato sulla distinzione tra perfezionamento ed efficacia dell’atto, che, già proprio, nei suoi aspetti sostanziali, dell’impianto originario delle norme codificate, si ulteriormente arricchito di precisazioni successive, intese a meglio salvaguardare ora l’interesse all’effettività della conoscenza, ora quello alla speditezza del procedimento.

Così, la dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 10 del 1978) dell’originario comma terzo dell’art. 143, nella parte in cui non prevedeva che, in ipotesi di notificazione diretta a persona non residente, né dimorante, né domiciliata nel territorio della Repubblica, la sua applicazione fosse subordinata all’accertata impossibilità di eseguire nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dal D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari, privilegia, rispetto al principio di conoscenza legale, le esigenze di conoscenza effettiva, attraverso il richiamo alla preliminare rilevanza della disciplina pattizia, generalmente improntata al principio dell’effettività della conoscenza.

Di qui il successivo intervento del Legislatore, che con lalegge 6 febbraio 1981, n. 42, di ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla notifica all’estero di atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile o commerciale, adottata a l’Aja il 15 novembre 19658, ha modificato (articoli 8, 9 e 10) definitivamente il testo degliartt. 142 e 143 cod. proc. civ., inserendo nell’art. 142 un terzo comma, che prevede che “le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dagli artt.30e75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200”; e sostituendo il terzo comma dell’art. 143 nel senso che “nei casi previsti dal presente articolo e nei primi due commi dell’articolo precedente, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte”.

Un riequilibrio a favore delle garanzie di effettività dell’esercizio dei diritti del notificante si è realizzato con la sentenza della Corte Costituzionale n. 69 del 1994, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale, per violazione degliartt. 3 e 24 Cost., del combinato dispostodell’art. 142, terzo comma, c.p.c.dell’art. 143, terzo comma, c.p.c. e dell’art. 680, primo comma, cod. proc. civ.nella parte in cui non prevedono che la notificazione all’estero del sequestro si perfezioni, ai fini dell’osservanza del prescritto termine, con il compimento delle formalità imposte al notificante dalle convenzioni internazionali e dalla legge consolare.

E la stessa Corte Costituzionale, con la successiva sentenza n. 358 del 1996 (nel rigettare la questione di legittimità costituzionale, sollevata per contrasto con l’art. 3 Cost.) e l’art. 24 Cost.,dell’art. 669-octies cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che in ipotesi di rilascio “ante causam” della misura cautelare, il giudizio di merito debba essere instaurato entro il termine stabilito dal giudice e comunque non superiore a trenta giorni, senza distinzione a seconda che la notifica dell’atto di citazione debba essere effettuata in Italia oppure all’estero) ha specificato che il meccanismo della notificazione all’estero, sotto l’aspetto funzionale, è stato modificato dalla intervenuta declaratoria di illegittimità di cui alla citata sentenza n. 69 del 1994, la quale assume una valenza generale poiché trascende la specifica fattispecie oggetto di quel giudizio e coinvolge il complessivo sistema notificatorio degli atti processuali risultante dagliartt. 142 e 143 cod. proc. civ. delimitandone l’ambito di operatività, le modalità ed i momenti di perfezionamento a seconda dei soggetti coinvolti e, soprattutto, a prescindere dal contenuto degli atti stessi.

Si riconosce, dunque, elevato a principio fondamentale della materia l’anticipazione del perfezionamento dell’atto, nei riguardi della parte notificante, al compimento delle formalità volta a volta indicate dalla legge – e, in particolare, dalle convenzioni internazionali vigenti in materia – con persistente operatività della suesposta regola della scissione tra il detto perfezionamento e la successiva efficacia dell’atto nei confronti del destinatario e con riguardo alla esigenza di operare un bilanciamento dei valori tutelati dalla Costituzione, ponendo quale limite al concreto esercizio del diritto di difesa del destinatario la esigenza dell’istante al rituale e spedito svolgimento del processo, che si estrinseca in un sistema idoneo ad una più agevole notificazione degli atti.

Del resto, seguendo la “ratio” della necessità di assicurare un siffatto bilanciamento, la Corte Costituzionale, già con la sentenza n. 213 del 1975, aveva espressamente formulato il principio secondo il quale nel processo civile, a differenza di quanto accade nel processo penale, “il diritto di difesa di ciascuna parte va contemperato con quello dell’altra, cosicché, con riguardo alle notifiche, a ragione vengono tenuti presenti non solo gli interessi del destinatario dell’atto, ma anche le esigenze del notificante, sul quale possono gravare oneri di notifica entro termini di decadenza”.

Orbene, identica “ratio” appare sottesa alla giurisprudenza di questa Corte sull’interpretazione dell’art. 143 cod. proc. civ., improntata a costante affermazione del principio per cui, al fine della validità della notificazione eseguita secondo questa norma, occorre che la conoscenza del luogo di residenza, dimora o domicilio del notificando sia oggettivamente impossibile per il notificante, nel senso che l’ignoranza di tali dati non sia superabile con l’impiego dell’ordinaria diligenza, la quale comporta la necessità di ricerche e richieste di informazioni suggerite dal caso concreto, non limitabili alla riscontrata insufficienza delle risultanze anagrafiche (si vedano, fra le tante, Cass., 26 marzo 2001, n. 4339; Id., 3 febbraio 1998, n. 1092; Id., 2 maggio 1997, n. 3799; Id., 18 luglio 1997, n. 6618; Id., 10 luglio 1997, n. 6257; Id. 20 dicembre 1996, n. 11428; Id., 25 novembre 1995, n. 12223; Id., 13 maggio 1991, n. 5329).

In effetti, come le contrapposte esigenze cui deve assicurare soddisfazione il procedimento notificatorio confluiscono e si contemperano nell’operatività della regola della scissione del momento del perfezionamento rispetto a quello dell’efficacia, così si esclude un rapporto di causalità – dipendenza fra l’onere (di colui che voglia rendere opponibile ai terzi la propria reperibilità in un determinato luogo) di provvedere ad un’apposita dichiarazione finalizzata alle opportune annotazioni in pubblici registri e l’onere del notificante di ricercare diligentemente i dati personali del destinatario della notificazione, anche al di là di tali annotazioni: i comportamenti richiesti ai soggetti portatori delle esigenze suddette rilevano su piani diversi, essendo il puntuale assolvimento del proprio onere, da parte del destinatario, funzionale alla realizzazione delle condizioni in presenza delle quali deve farsi luogo a formalità di notificazione che meglio assecondano la realizzazione dell’effettiva conoscenza dell’atto; mentre l’onere, imposto al notificante di provvedere alla suddetta ricerca è strumentale all’interesse al perfezionamento del procedimento notificatorio, anche con eventuale ricorso a formalità che, rispetto all’esigenza dell’effettività della conoscenza, privilegino questo stesso interesse, con compressione dei diritti di difesa del destinatario che non avrebbe ragion d’essere qualora, nonostante l’esito negativo della consultazione dei registri, ancorché determinato dalla negligenza del destinatario medesimo, rimanessero sperimentabili, ma inesplorate, ulteriori possibilità di ricerca, richiedenti l’impiego di normale diligenza, non diversa da quella implicata da siffatta consultazione.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, può, conclusivamente affermarsi in via di principio che, sebbene la disciplina degli adempimenti anagrafici dovuti dal cittadini italiani che trasferiscano all’estero la propria residenza risulti improntata al principio dell’acquisizione anche del dato costituito dall’indirizzo dell’interessato e della disponibilità del medesimo attraverso i registri dell’AIRE, il difetto di risultanze anagrafiche relative ad esso, ancorché imputabile, in via prioritaria, ad inerzia del destinatario di una notificazione, non legittima, per questo solo fatto il notificante al ricorso alle formalità di notificazione di cuiall’art. 143 cod. proc. civ., che resta, invece, subordinato all’esito negativo di ulteriori ricerche eseguibili con l’impiego dell’ordinaria diligenza presso l’Ufficio consolare di cui all’art.6 della legge 27 ottobre 1988, n. 470, che costituisce non solo il tramite istituzionale attraverso il quale il contenuto informativo dell’adempimento degli obblighi di dichiarazione del cittadino all’estero perviene alle amministrazioni competenti alla tenuta dei menzionati registri, ma anche l’organo cui competono poteri sussidiari di accertamento e rilevazione, intesi a porre rimedio alle lacune informative derivanti dall’inerzia suddetta.

Le statuizioni della sentenza impugnata, in punto di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio eseguita ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., senza alcuna preventiva indagine presso i competenti uffici consolari, si palesano, dunque, conformi al diritto, con conseguente infondatezza anche del primo motivo del ricorso.

Il ricorso stesso va, pertanto, va rigettato.

Il contrasto di giurisprudenza esistente sull’esaminata questione costituisce giusto motivo di compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma il 21 febbraio 2002.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IN DATA 10 MAGGIO 2002.

(*) ndr: così nel testo.


Cass. pen. Sez. VI, (ud. 14-11-2001) 01-02-2002, n. 3883

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. Francesco Romano Presidente

1. Dott. Dolfo Di Virginio Consigliere

2. ” Antonio Stefano Agrò “

3. ” Nicola Milo (rel.)”

4. ” Giorgio Colla “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da , nato a Teggiano l’1-2-1950,

avverso la sentenza 9-11-2000 della Corte d’Appello di Salerno:

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso,

Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dr. N. Milo;

Udito il Pubblico Ministero in persona del dr. Enrico Delehaye che ha concluso per il rigetto del ricorso;

il difensore avv. M. Pinto non è comparso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza 9-11-’00, riformando in parte quella in data 14-10-’98 del GUP del Tribunale di Sala Consilina che, all’esito del rito abbreviato, aveva dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 314/2^ c.p., attenuato ex artt. 62 bis e 62 n. 6 c.p., concedeva all’imputato anche l’attenuante della speciale tenuità del danno (art. 62 n. 4 c.p.) e riduceva la pena principale, già condizionalmente sospesa, a mesi due e giorni dieci di reclusione, ferma restando la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Al , in particolare, si era addebitato di avere ripetutamente fatto uso, per ragioni personali e private, tra il maggio e il giugno 1995, dell’utenza telefonica installata presso il Comune di Teggiano, della quale, in quanto consigliere comunale, aveva la disponibilità.

Ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione il prevenuto e ha lamentato la violazione degli art. 323 bis c.p. e 53 della legge 689/’81, nonché il connesso vizio di motivazione, sostenendo che ricorrevano i presupposti per ritenere il fatto di particolare tenuità e per accordargli la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria.

La difesa dell’imputato ha depositato, in data 21-5-2001, memoria, con la quale, insistendo nelle censure già articolate, ha dedotto una ulteriore doglianza finalizzata a sostenere, attraverso il richiamo di un precedente giurisprudenziale di questa Corte, l’irrilevanza penale del fatto.

All’odierna udienza pubblica, assente il difensore del ricorrente, il P.G. ha concluso come da epigrafe.

Preliminarmente, va disattesa l’istanza di differimento della trattazione del presente procedimento, per allegato impedimento del difensore. Detta istanza, infatti, è supportata da una documentazione giustificativa generica e non è stata comunicata tempestivamente, ma solo in data 5 novembre u.s.

Il ricorso, in quanto manifestamente infondato, va dichiarato inammissibile.

Non ha pregio il motivo aggiunto di cui alla memoria 21-5-2001.

Il richiamo che in questa si è fatto al recente precedente di questa Corte (sentenza n. 554 del 20-4-2001, P.M. c. ) è fuori luogo, perché la soluzione in quel caso adottata, in quanto coerente con una certa ricostruzione fattuale, non può essere, per così dire, “estesa” al caso in esame, per ritenere l’irrilevanza penale dello stesso.

Quel precedente giurisprudenziale va, anzi, tenuto presente per qualificare più correttamente, “sub specie iuris”, la condotta scritta all’imputato.

Posto che questa è consistita nell’utilizzazione dell’utenza telefonica del Comune di Teggiano, per lunghe e ripetute conversazioni personali dal contenuto erotico – sentimentale, va precisato che, in questo caso, si è verificata una vera e definitiva appropriazione degli impulsi elettronici attraverso i quali si trasmette la voce, atteso che l’art. 624/2^c.p. dispone che “agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica ed ogni altra energia che abbia valore economico”.

Se, quindi, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, disponendo, per ragione dell’ufficio o del servizio, dell’utenza telefonica intestata alla P.A. la utilizza per effettuare chiamate d’interesse personale, il fatto lesivo si sostanzia non nell’uso dell’apparecchio telefonico quale oggetto fisico, come ritenuto in sede di merito, bensì nell’appropriazione, che attraverso tale uso si consegue, delle energie, entrate a fare parte della sfera di disponibilità della P.A., occorrenti per le conversazioni telefoniche.

Ciò porta a inquadrare l’ipotesi in esame nel peculato ordinario di cui al primo comma dell’art. 314 c.p., considerato che non sono immediatamente restituibili, dopo l’uso, le energie utilizzate (e lo stesso eventuale rimborso delle somme corrispondenti all’entità dell’utilizzo non potrebbe che valere come ristoro del danno arrecato).

Nel caso specifico, a differenza dell’episodio oggetto della decisione di questa Corte richiamata nella memoria difensiva, non ricorrono, avuto riguardo al tenore delle conversazioni, quelle “rilevanti e contingenti esigenze personali” che, in via eccezionale, potrebbero giustificare l’utilizzo della linea telefonica di una pubblica amministrazione.

Nessun riflesso sul trattamento sanzionatorio, difettando il gravame del P.M.

La Corte di merito ha, poi, dato conto, con motivazione adeguata e immune da vizi logici. delle ragioni che l’hanno indotta a non accordare la sollecitata attenuante di cui all’art. 323 bis C.P. e la sostituzione della pena detentiva: si è fatto leva su argomentazioni non meramente formali e tangibili, ma indicativi della particolare gravità del fatto e della negativa personalità dell’agente, apprezzamenti questi che, implicano una valutazione fattuale, non possono essere contestati in questa sede, anche perché sono in linea con la “ratio” delle norme di legge denunciate.

Consegue, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e della sanzione pecuniaria di L 1.000.000 (ritenuta congrua) alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Qualificato il fatto come peculato di cui al primo comma dell’art. 314 C.P., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di L 1.000.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 14.11.’01

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 1 FEB. 2002


Legge n. 459 del 27.12.2001

LEGGE 27 dicembre 2001, n. 459(1).

Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero (2).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 gennaio 2002, n. 4.

(2) Per il regolamento di attuazione della presente legge vedi il D.P.R. 2 aprile 2003, n. 104.

Art. 1.

1. I cittadini italiani residenti all’estero, iscritti nelle liste elettorali di cui all’articolo 5, comma 1, votano nella circoscrizione Estero, di cui all’articolo 48 della Costituzione, per l’elezione delle Camere e per i referendum previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione, nei limiti e nelle forme previsti dalla presente legge.

2. Gli elettori di cui al comma 1 votano per corrispondenza.

3. Gli elettori di cui al comma 1 possono esercitare il diritto di voto in Italia, e in tale caso votano nella circoscrizione del territorio nazionale relativa alla sezione elettorale in cui sono iscritti, previa opzione da esercitare per ogni votazione e valida limitatamente ad essa.

Art. 2.

1. Le rappresentanze diplomatiche e consolari provvedono ad informare periodicamente gli elettori di cui all’articolo 1, comma 1, delle norme contenute nella presente legge, con riferimento alle modalità di voto per corrispondenza e all’esercizio del diritto di opzione di cui all’articolo 1, comma 3, utilizzando a tale fine tutti gli idonei strumenti di informazione, sia in lingua italiana che nella lingua degli Stati di residenza.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le rappresentanze diplomatiche e consolari inviano a ciascun elettore un plico contenente un apposito modulo per l’aggiornamento dei dati anagrafici e di residenza all’estero che lo riguardano e una busta affrancata con l’indirizzo dell’ufficio consolare competente. Gli elettori rispediscono la busta contenente il modulo con i dati aggiornati entro trenta giorni dalla data di ricezione.

Art. 3.

1. Ai fini della presente legge con l’espressione «uffici consolari» si intendono gli uffici di cui all’articolo 29 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni.

Art. 4.

1. In occasione di ogni consultazione elettorale l’elettore può esercitare l’opzione per il voto in Italia di cui all’articolo 1, comma 3, dandone comunicazione scritta alla rappresentanza diplomatica o consolare operante nella circoscrizione consolare di residenza entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello previsto per la scadenza naturale della legislatura.

2. In caso di scioglimento anticipato delle Camere o di indizione di referendum popolare, l’elettore può esercitare l’opzione per il voto in Italia entro il decimo giorno successivo alla indizione delle votazioni (3).

3. Il Ministero degli affari esteri comunica, senza ritardo, al Ministero dell’interno i nominativi degli elettori che hanno esercitato il diritto di opzione per il voto in Italia, ai sensi dei commi 1 e 2. Almeno trenta giorni prima della data stabilita per le votazioni in Italia il Ministero dell’interno comunica i nominativi degli elettori che hanno esercitato l’opzione per il voto in Italia ai comuni di ultima residenza in Italia. I comuni adottano le conseguenti misure necessarie per l’esercizio del voto in Italia.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le rappresentanze diplomatiche e consolari, sulla base delle istruzioni impartite a tale fine dal Ministero degli affari esteri, informano, con apposita comunicazione, l’elettore della possibilità di esercitare l’opzione per il voto in Italia specificando in particolare che l’eventuale opzione è valida esclusivamente per una consultazione elettorale o referendaria e che deve essere esercitata nuovamente in occasione della successiva consultazione.

5. L’elettore che intenda esercitare l’opzione per il voto in Italia per la prima consultazione elettorale o referendaria successiva alla data di entrata in vigore della presente legge lo comunica, entro il sessantesimo giorno dalla ricezione della comunicazione, alla rappresentanza diplomatica o consolare operante nella circoscrizione consolare di residenza e comunque entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello previsto per la scadenza naturale della legislatura.

(3) Per la decorrenza del termine vedi il comma 1-bis dell’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

Art. 5.

1. Il Governo, mediante unificazione dei dati dell’anagrafe degli italiani residenti all’estero e degli schedari consolari, provvede a realizzare l’elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all’estero finalizzato alla predisposizione delle liste elettorali, distinte secondo le ripartizioni di cui all’articolo 6, per le votazioni di cui all’articolo 1, comma 1.

2. Sono ammessi ad esprimere il proprio voto in Italia solo i cittadini residenti all’estero che hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 3.

Art. 6.

1. Nell’àmbito della circoscrizione Estero sono individuate le seguenti ripartizioni comprendenti Stati e territori afferenti a:

a) Europa, compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia;

b) America meridionale;

c) America settentrionale e centrale;

d) Africa, Asia, Oceania e Antartide.

2. In ciascuna delle ripartizioni di cui al comma 1 è eletto un deputato e un senatore, mentre gli altri seggi sono distribuiti tra le stesse ripartizioni in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono, secondo l’elenco di cui all’articolo 5, comma 1, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Art. 7.

1. Presso la corte di appello di Roma, entro tre giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di convocazione dei comizi elettorali, è istituito l’ufficio centrale per la circoscrizione Estero composto da sei magistrati, dei quali uno con funzioni di presidente ed uno con funzioni di vicepresidente vicario, scelti dal presidente della Corte di appello. L’ufficio opera con la presenza di almeno tre componenti, tra cui il presidente o il vicepresidente (4).

(4) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24.

Art. 8.

1. Ai fini della presentazione dei contrassegni e delle liste per l’attribuzione dei seggi da assegnare nella circoscrizione Estero, si osservano, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli da 14 a 26 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, e in ogni caso le seguenti disposizioni:

a) le liste di candidati sono presentate per ciascuna delle ripartizioni di cui al comma 1 dell’articolo 6;

b) i candidati devono essere residenti ed elettori nella relativa ripartizione;

c) la presentazione di ciascuna lista deve essere sottoscritta da almeno 500 e da non più di 1000 elettori residenti nella relativa ripartizione;

d) le liste dei candidati devono essere presentate alla cancelleria della corte di appello di Roma dalle ore 8 del trentacinquesimo giorno alle ore 20 del trentaquattresimo giorno antecedenti quello delle votazioni.

2. Più partiti o gruppi politici possono presentare liste comuni di candidati. In tale caso, le liste devono essere contrassegnate da un simbolo composito, formato dai contrassegni di tutte le liste interessate.

3. Le liste sono formate da un numero di candidati almeno pari al numero dei seggi da assegnare nella ripartizione e non superiore al doppio di esso. Nessun candidato può essere incluso in più liste, anche se con il medesimo contrassegno.

4. Gli elettori residenti all’estero che non hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 3, non possono essere candidati nelle circoscrizioni del territorio nazionale.

Art. 9.

1. … (5).

(5) Sostituisce con tre commi, i commi secondo e terzo dell’art. 7, D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361.

Art. 10.

1. … (6).

(6) Aggiunge l’art. 1-bis alla L. 13 febbraio 1953, n. 60.

Art. 11.

1. L’assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata in ragione proporzionale per ciascuna ripartizione, con le modalità previste dagli articoli 15 e 16.

2. Le schede sono di carta consistente, di colore diverso per ciascuna votazione e per ciascuna ripartizione; sono fornite, sotto la responsabilità del Ministero degli affari esteri, attraverso le rappresentanze diplomatiche e consolari, con le caratteristiche essenziali del modello di cui alle tabelle A, B, C e D allegate alla presente legge e riproducono in facsimile i contrassegni di tutte le liste di candidati presentate nella ripartizione. L’ordine dei contrassegni è stabilito secondo le modalità previste per le liste di candidati dall’articolo 24, n. 2), del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni. Accanto ad ogni contrassegno, nell’àmbito degli stessi spazi, sono stampate le righe per l’attribuzione del voto di preferenza.

3. L’elettore vota tracciando un segno sul contrassegno corrispondente alla lista da lui prescelta o comunque sul rettangolo che lo contiene. Ciascun elettore può inoltre esprimere due voti di preferenza nelle ripartizioni alle quali sono assegnati due o più deputati o senatori e un voto di preferenza nelle altre. Il voto di preferenza è espresso scrivendo il cognome del candidato nella apposita riga posta accanto al contrassegno votato. È nullo il voto di preferenza espresso per un candidato incluso in altra lista. Il voto di preferenza espresso validamente per un candidato è considerato quale voto alla medesima lista se l’elettore non ha tracciato altro segno in altro spazio della scheda.

Art. 12.

1. Il Ministero dell’interno consegna al Ministero degli affari esteri le liste dei candidati e i modelli delle schede elettorali non più tardi del ventiseiesimo giorno antecedente la data delle votazioni.

2. Sulla base delle istruzioni fornite dal Ministero degli affari esteri, le rappresentanze diplomatiche e consolari preposte a tale fine dallo stesso Ministero provvedono alla stampa del materiale elettorale da inserire nel plico di cui al comma 3 e per i casi di cui al comma 5.

3. Non oltre diciotto giorni prima della data stabilita per le votazioni in Italia, gli uffici consolari inviano, con il sistema postale più affidabile e, ove possibile, con posta raccomandata, o con altro mezzo di analoga affidabilità, agli elettori che non hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 3, il plico contenente il certificato elettorale, la scheda elettorale e la relativa busta ed una busta affrancata recante l’indirizzo dell’ufficio consolare competente; il plico contiene, altresì, un foglio con le indicazioni delle modalità per l’espressione del voto e le liste dei candidati nella ripartizione di appartenenza di cui all’articolo 6 (7).

4. Nel caso in cui le schede elettorali siano più di una per ciascun elettore, esse sono spedite nello stesso plico e sono inviate dall’elettore in unica busta. Un plico non può contenere i documenti elettorali di più di un elettore.

5. Gli elettori di cui al presente articolo che, a quattordici giorni dalla data delle votazioni in Italia, non abbiano ricevuto al proprio domicilio il plico di cui al comma 3 possono farne richiesta al capo dell’ufficio consolare; questi, all’elettore che si presenti personalmente, può rilasciare, previa annotazione su apposito registro, un altro certificato elettorale munito di apposito sigillo e una seconda scheda elettorale che deve comunque essere inviata secondo le modalità di cui ai commi 4 e 6 del presente articolo.

6. Una volta espresso il proprio voto sulla scheda elettorale, l’elettore introduce nell’apposita busta la scheda o le schede elettorali, sigilla la busta, la introduce nella busta affrancata unitamente al tagliando staccato dal certificato elettorale comprovante l’esercizio del diritto di voto e la spedisce non oltre il decimo giorno precedente la data stabilita per le votazioni in Italia. Le schede e le buste che le contengono non devono recare alcun segno di riconoscimento.

7. I responsabili degli uffici consolari inviano, senza ritardo, all’ufficio centrale per la circoscrizione Estero le buste comunque pervenute non oltre le ore 16, ora locale, del giovedì antecedente la data stabilita per le votazioni in Italia, unitamente alla comunicazione del numero degli elettori della circoscrizione consolare che non hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 3. Le buste sono inviate con una spedizione unica, per via aerea e con valigia diplomatica.

8. I responsabili degli uffici consolari provvedono, dopo l’invio dei plichi in Italia, all’immediato incenerimento delle schede pervenute dopo la scadenza del termine di cui al comma 7 e di quelle stampate per i casi di cui al comma 5 e non utilizzate. Di tali operazioni viene redatto apposito verbale, che viene trasmesso al Ministero degli affari esteri.

(7) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24.

Art. 13.

1. Presso l’ufficio centrale per la circoscrizione Estero è costituito un seggio elettorale per un minimo di duemila e un massimo di tremila elettori residenti all’estero che non abbiano esercitato l’opzione di cui all’articolo 1, comma 3, con il compito di provvedere alle operazioni di spoglio e di scrutinio dei voti inviati dagli elettori. Ciascun seggio elettorale è competente per lo spoglio dei voti provenienti da un’unica ripartizione di cui all’articolo 6, comma 1. L’assegnazione delle buste contenenti le schede ai singoli seggi è effettuata a cura dell’ufficio centrale per la circoscrizione Estero (8).

2. Per la costituzione dei seggi, per l’onorario da corrispondere ai rispettivi componenti e per le modalità di effettuazione dello spoglio e dello scrutinio dei voti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 1994, n. 408, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 483, intendendosi sostituito il riferimento all’ufficio elettorale con il riferimento all’ufficio centrale per la circoscrizione Estero.

3. L’ufficio elettorale costituito presso ciascun seggio è composto dal presidente, dal segretario e da quattro scrutatori, di cui uno assume, a scelta del presidente, le funzioni di vicepresidente. Il presidente, prima dell’insediamento dell’ufficio elettorale, sceglie il segretario tra gli elettori in possesso di titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria di secondo grado (9).

(8) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24.

(9) Comma così sostituito dall’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24.

Art. 14.

1. Le operazioni di scrutinio, cui partecipano i rappresentanti di lista, avvengono contestualmente alle operazioni di scrutinio dei voti espressi nel territorio nazionale.

2. Insieme al plico contenente le buste inviate dagli elettori, l’ufficio centrale per la circoscrizione Estero consegna al presidente del seggio copia autentica dell’elenco di cui al comma 1 dell’articolo 5, dei cittadini aventi diritto all’espressione del voto per corrispondenza nella ripartizione assegnata.

3. Costituito il seggio elettorale, il presidente procede alle operazioni di apertura dei plichi e delle buste assegnate al seggio dall’ufficio centrale per la circoscrizione Estero e, successivamente, alle operazioni di scrutinio. A tale fine il presidente, coadiuvato dal vicepresidente e dal segretario:

a) accerta che il numero delle buste ricevute corrisponda al numero delle buste indicate nella lista compilata e consegnata insieme alle buste medesime dall’ufficio centrale per la circoscrizione Estero;

b) accerta contestualmente che le buste ricevute provengano soltanto da un’unica ripartizione elettorale estera;

c) procede successivamente all’apertura di ciascuna delle buste esterne compiendo per ciascuna di esse le seguenti operazioni:

1) accerta che la busta contenga il tagliando del certificato elettorale di un solo elettore e la seconda busta nella quale deve essere contenuta la scheda o, in caso di votazione contestuale per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, le schede con l’espressione del voto;

2) accerta che il tagliando incluso nella busta appartenga ad elettore incluso nell’elenco di cui al comma 2;

3) accerta che la busta contenente la scheda o le schede con l’espressione del voto sia chiusa, integra e non rechi alcun segno di riconoscimento e la inserisce nell’apposita urna sigillata;

4) annulla, senza procedere allo scrutinio del voto, le schede incluse in una busta che contiene più di un tagliando del certificato elettorale, o un tagliando di elettore che ha votato più di una volta, o di elettore non appartenente alla ripartizione elettorale assegnata, o infine contenute in una busta aperta, lacerata o che reca segni di riconoscimento; in ogni caso separa dal relativo tagliando di certificato elettorale la busta recante la scheda annullata in modo tale che non sia possibile procedere alla identificazione del voto;

d) completata l’apertura delle buste esterne e l’inserimento nell’urna sigillata di tutte le buste interne recanti la scheda con l’espressione del voto, procede alle operazioni di spoglio. A tale fine:

1) il vicepresidente del seggio estrae successivamente dall’urna ciascuna delle buste contenenti la scheda che reca l’espressione del voto; aperta la busta imprime il bollo della sezione sul retro di ciascuna scheda, nell’apposito spazio;

2) il presidente, ricevuta la scheda, enuncia ad alta voce la votazione per la quale tale voto è espresso e, in caso di votazione contestuale per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, enuncia la votazione per la quale il voto è espresso e consegna la scheda al segretario (10);

3) il segretario enuncia ad alta voce i voti espressi e prende nota dei voti di ciascuna lista e di ciascun candidato; pone quindi le schede scrutinate entro scatole separate per ciascuna votazione.

4. Tutte le operazioni di cui al comma 3 sono compiute nell’ordine indicato; del compimento e del risultato di ciascuna di esse è fatta menzione nel verbale.

5. Alle operazioni di scrutinio, spoglio e vidimazione delle schede si applicano le disposizioni recate dagli articoli 45, 67 e 68 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, in quanto non diversamente disposto dal presente articolo.

(10) Numero così modificato dall’art. 1, D.L. 15 febbraio 2008, n. 24.

Art. 15.

1. Concluse le operazioni di scrutinio, l’ufficio centrale per la circoscrizione Estero per ciascuna delle ripartizioni di cui all’articolo 6:

a) determina la cifra elettorale di ciascuna lista. La cifra elettorale della lista è data dalla somma dei voti di lista validi ottenuti nell’àmbito della ripartizione;

b) determina la cifra elettorale individuale di ciascun candidato. La cifra elettorale individuale è data dalla somma dei voti di preferenza riportati dal candidato nella ripartizione;

c) procede all’assegnazione dei seggi tra le liste di cui alla lettera a). A tale fine divide la somma delle cifre elettorali di tutte le liste presentate nella ripartizione per il numero dei seggi da assegnare in tale àmbito; nell’effettuare tale divisione, trascura la eventuale parte frazionaria del quoziente. Il risultato costituisce il quoziente elettorale della ripartizione. Divide, quindi, la cifra elettorale di ciascuna lista per tale quoziente. La parte intera del risultato di tale divisione rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascuna lista. I seggi che rimangono eventualmente ancora da attribuire sono assegnati alle liste per le quali le divisioni abbiano dato i maggiori resti e, in caso di parità di resti, alla lista con la più alta cifra elettorale;

d) proclama quindi eletti in corrispondenza dei seggi attribuiti a ciascuna lista, i candidati della lista stessa secondo l’ordine delle rispettive cifre elettorali. A parità di cifra sono proclamati eletti coloro che precedono nell’ordine della lista.

Art. 16.

1. Il seggio attribuito ai sensi dell’articolo 15 che rimanga vacante, per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito nell’àmbito della medesima ripartizione al candidato che nella lista segue immediatamente l’ultimo degli eletti nella graduatoria delle cifre elettorali individuali o, in assenza di questi, nell’ordine della lista.

Art. 17.

1. Lo svolgimento della campagna elettorale è regolato da apposite forme di collaborazione che lo Stato italiano conclude, ove possibile, con gli Stati nel cui territorio risiedono gli elettori di cittadinanza italiana.

2. I partiti, i gruppi politici e i candidati si attengono alle leggi vigenti nel territorio italiano sulla base delle forme di collaborazione di cui al comma 1.

3. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane adottano iniziative atte a promuovere la più ampia comunicazione politica sui giornali quotidiani e periodici italiani editi e diffusi all’estero e sugli altri mezzi di informazione in lingua italiana o comunque rivolti alle comunità italiane all’estero, in conformità ai princìpi recati dalla normativa vigente nel territorio italiano sulla parità di accesso e di trattamento e sull’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici.

Art. 18.

1. Chi commette in territorio estero taluno dei reati previsti dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è punito secondo la legge italiana. Le sanzioni previste all’articolo 100 del citato testo unico, in caso di voto per corrispondenza si intendono raddoppiate.

2. Chiunque, in occasione delle elezioni delle Camere e dei referendum, vota sia per corrispondenza che nel seggio di ultima iscrizione in Italia, ovvero vota più volte per corrispondenza è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 52 euro a 258 euro.

Art. 19.

1. Le rappresentanze diplomatiche italiane concludono intese in forma semplificata con i Governi degli Stati ove risiedono cittadini italiani per garantire:

a) che l’esercizio del voto per corrispondenza si svolga in condizioni di eguaglianza, di libertà e di segretezza;

b) che nessun pregiudizio possa derivare per il posto di lavoro e per i diritti individuali degli elettori e degli altri cittadini italiani in conseguenza della loro partecipazione a tutte le attività previste dalla presente legge.

2. Il Ministro degli affari esteri informa il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell’interno delle intese in forma semplificata concluse, che entrano in vigore, in accordo con la controparte, all’atto della firma.

3. Le disposizioni della presente legge riguardanti il voto per corrispondenza non si applicano ai cittadini italiani residenti negli Stati con i cui Governi non sia possibile concludere le intese in forma semplificata di cui al comma 1. Ad essi si applicano le disposizioni relative all’esercizio del voto in Italia.

4. Le disposizioni relative all’esercizio del voto in Italia si applicano anche agli elettori di cui all’articolo 1, comma 1, residenti in Stati la cui situazione politica o sociale non garantisce, anche temporaneamente, l’esercizio del diritto di voto secondo le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 del presente articolo. A tale fine, il Ministro degli affari esteri informa il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro dell’interno del verificarsi, nei diversi Stati, di tali situazioni affinché siano adottate le misure che consentano l’esercizio del diritto di voto in Italia.

Art. 20.

1. Sono abolite le agevolazioni di viaggio previste dall’articolo 117 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, e dall’articolo 26 del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, nonché, limitatamente alle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, quelle previste dall’articolo 2 della legge 26 maggio 1969, n. 241.

2. Gli elettori residenti negli Stati in cui non vi sono rappresentanze diplomatiche italiane ovvero con i cui Governi non sia stato possibile concludere le intese in forma semplificata di cui all’articolo 19, comma 1, nonché negli Stati che si trovino nelle situazioni di cui all’articolo 19, comma 4, hanno diritto al rimborso del 75 per cento del costo del biglietto di viaggio. A tale fine l’elettore deve presentare apposita istanza all’ufficio consolare della circoscrizione di residenza o, in assenza di tale ufficio nello Stato di residenza, all’ufficio consolare di uno degli Stati limitrofi, corredata del certificato elettorale e del biglietto di viaggio.

Art. 21.

1. … (11).

(11) Sostituisce il primo comma dell’art. 55, D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361.

Art. 22.

1. Al fine di individuare nelle circoscrizioni della Camera dei deputati i seggi da attribuire alla circoscrizione Estero, si applica l’articolo 56, quarto comma, della Costituzione, fermi restando i collegi uninominali di ciascuna circoscrizione già definiti in applicazione della legge elettorale vigente.

2. Al fine di individuare nelle regioni i seggi del Senato della Repubblica da attribuire alla circoscrizione Estero, si applicano i commi terzo e quarto dell’articolo 57 della Costituzione, fermi restando i collegi uninominali di ciascuna regione già definiti in applicazione della legge elettorale vigente.

Art. 23.

1. I cittadini italiani residenti all’estero di cui all’articolo 1, comma 1, partecipano alla richiesta di indizione dei referendum popolari previsti dagli articoli 75 e 138 della Costituzione.

2. Ai fini di cui al comma 1, alla legge 25 maggio 1970, n. 352, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 7, primo comma, dopo le parole: «di un comune della Repubblica», sono inserite le seguenti: «o nell’elenco dei cittadini italiani residenti all’estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero»;

b) all’articolo 8, secondo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero, per i cittadini italiani residenti all’estero, la loro iscrizione nelle liste elettorali dell’anagrafe unica dei cittadini italiani residenti all’estero»;

c)(12).

d) all’articolo 8, sesto comma, primo periodo, dopo le parole: «elettorali dei comuni medesimi», sono aggiunte le seguenti: «ovvero, per i cittadini italiani residenti all’estero, la loro iscrizione nell’elenco dei cittadini italiani residenti all’estero di cui alla legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero»;

e) all’articolo 50, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché, per i cittadini italiani residenti all’estero, le disposizioni della legge in materia di esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero».

(12) Aggiunge un periodo, dopo il primo, al terzo comma dell’art. 8, L. 25 maggio 1970, n. 352.

Art. 24.

1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge si provvede a carico del «Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalle elezioni politiche, amministrative, del Parlamento europeo e dall’attuazione dei referendum», iscritto nell’àmbito dell’unità previsionale di base 7.1.3.2 «Spese elettorali» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

Art. 25.

1. Per tutto ciò che non è disciplinato dalla presente legge, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni.

Art. 26.

1. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità di attuazione della presente legge.

2. Lo schema di regolamento di cui al comma 1 è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di esso sia espresso, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione, il parere delle Commissioni competenti per materia. Decorso inutilmente tale termine il regolamento è emanato anche in mancanza del parere parlamentare (13).

(13) In attuazione di quanto previsto dal presente articolo vedi il D.P.R. 2 aprile 2003, n. 104.

Art. 27.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Tabella A

(v. art. 11, comma 2)

Tabella B (14)

(v. art. 11, comma 2)

(14) Tabella così sostituita dall’allegato 1 al D.L. 15 febbraio 2008, n. 24, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 dello stesso decreto.

Tabella C

(v. art. 11, comma 2)

Tabella D (15)

(v. art. 11, comma 2)

(15) Tabella così sostituita dall’allegato 2 al D.L. 15 febbraio 2008, n. 24, ai sensi di quanto disposto dall’art. 1 dello stesso decreto.


Cass. civ. Sez. lavoro, 14-08-2001, n. 11105

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Antonio SAGGIO – Presidente –

Dott. Alberto SPANÒ – Consigliere –

Dott. Attilio CELENTANO – Rel. Consigliere –

Dott. Paolo STILE – Consigliere –

Dott. Aldo DE MATTEIS – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

LATTANZI BRUNO, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato ELIO VITALE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VLE DELLE MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato ALDO LUCIO LANIA, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 668/99 del Tribunale di MACERATA, depositata il 10/11/99 R.G.N. 10/97;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/01 dal Consigliere Dott. Attilio CELENTANO;

udito l’Avvocato VITALE;

udito l’Avvocato LANIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Renato FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso del 17 marzo 1989 il signor Bruno Lattanzi chiedeva al Pretore di Ancona la condanna della Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti a corrispondergli la pensione di vecchiaia, negata in sede amministrativa.

Costituitasi, la convenuta si opponeva alla domanda, sostenendo che dalla documentazione prodotta dal Lattanzi erano risultate solo sporadiche prestazioni professionali, per le quali il ricorrente non aveva ricevuto compensi.

Con sentenza del 23 maggio/27 novembre 1990 il Pretore rigettava la domanda, escludendo l’esercizio di un’attività qualificabile come libera professione.

Il Tribunale di Ancona, adito in sede di appello dal Lattanzi, riconosceva invece l’esistenza del diritto vantato dall’appellante e condannava la Cassa al pagamento della pensione. I giudici di secondo grado osservavano che il Lattanzi aveva maturato il diritto alla pensione prima dell’entrata in vigore della legge n. 21 del 29 gennaio 1986, che aveva sancito l’obbligo di iscrizione alla Cassa solo per i dottori commercialisti, iscritti all’albo professionale, che esercitassero la libera professione con carattere di continuità.

Secondo la previgente disciplina, applicabile alla posizione del Lattanzi, la iscrizione alla Cassa era obbligatoria a prescindere dalla continuità dell’esercizio dell’attività professionale, per cui era irrilevante l’entità di tale esercizio, spettando la pensione anche con il versamento della sola contribuzione minima obbligatoria.

Avverso tale sentenza la Cassa ricorreva per cassazione, sostenendo che fin dalla legge 3 febbraio 1983 n. 100 il libero professionista, per avere diritto alla pensione, doveva in ogni caso ricavare dalla sua attività un reddito, anche modesto; il che non era avvenuto nel caso del Lattanzi, il quale, per sua esplicita ammissione, negli anni dal 1972 al 1981 aveva lavorato, in regime di subordinazione, alle dipendenze del Consorzio nazionale obbligatorio tra gli esattori delle imposte dirette, mentre prima del 1972 aveva lavorato alle dipendenze dell’istituto Bancario, tanto da essere pensionato INPDAI.

Il ricorso veniva accolto “per quanto di ragione” da questa Corte con sentenza n. 3493 del 13 aprile 1996.

Ricordato che secondo l’art. 2 della legge 3 febbraio 1963 n. 100, applicabile alla fattispecie, il diritto alla pensione sorge pur sempre quando vi sia stata una effettiva pratica professionale, pur essendo irrilevante l’entità e la intensità del lavoro concretamente svolto e sussistendo, inoltre, una presunzione semplice di esercizio dell’attività professionale per chi fosse iscritto alla Cassa, la Corte rilevava che il Tribunale di Ancona non aveva affatto proceduto ad accertare se il Lattanzi avesse effettivamente esercitato la professione, sia pure senza il carattere della continuità (punto sul quale le circostanze di fatto non erano per nulla pacifiche).

Cassava, pertanto, la sentenza impugnata e rinviava la causa al Tribunale di Macerata, perché accertasse in fatto “la natura e la entità, sia pur minima dell’attività svolta dal Lattanzi nel corso di tutto il suo periodo di iscrizione alla Cassa, al fine del raggiungimento del periodo minimo di contribuzione”.

La Cassa riassumeva la causa davanti al giudice di rinvio, chiedendo rigettarsi la domanda del ricorrente; il Lattanzi si costituiva, chiedendo, invece, l’accoglimento del suo ricorso.

Con sentenza del 27 ottobre/10 novembre 1999 il Tribunale di Macerata rigettava l’appello, confermando quindi la sentenza del Pretore di Ancona.

Il giudice del rinvio osservava, da un lato, che il Lattanzi non aveva provato la prestazione da parte sua di attività libero professionale di dottore commercialista per il periodo necessario al maturare del diritto alla pensione e, dall’altro, che dalla istruttoria espletata in primo grado era risultato che per almeno tredici anni il Lattanzi aveva svolto attività di vice direttore del Consorzio nazionale per la meccanizzazione, di assorbente impegno, sicché veniva confermato anche il mancato compimento del periodo temporale necessario per il maturare del diritto alla prestazione previdenziale.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale di Macerata ricorre, formulando tre motivi di censura, illustrati con memoria, il dottor Bruno Lattanzi.

La Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti resiste con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo, denunciando “violazione delle norme di diritto relative alle presunzioni”, la difesa del dott. Lattanzi deduce che erroneamente il Tribunale ha rigettato la domanda per la mancata prova dell’esercizio dell’attività professionale. Assume che, sussistendo una presunzione semplice di esercizio, sia pur minimo, di attività professionale per gli iscritti alla Cassa, non competeva al ricorrente dimostrare l’esistenza di tale attività, ma alla Cassa dimostrare il mancato esercizio.

Aggiunge che, comunque, il Tribunale ha illegittimamente escluso che le prove addotte fossero idonee ad attivare una attività istruttoria di ufficio, non essendosi tenuto conto del fatto che la stessa controparte aveva riconosciuto che nel periodo considerato, 1972/1976, il Lattanzi aveva svolto attività libero professionale, contestando solo il requisito della continuità.

Con il secondo motivo la difesa del dottor Lattanzi denuncia violazione delle norme relative al procedimento di rinvio, con particolare riguardo all’art 112 in relazione all’art. 394 c.p.c..

Assume che il Tribunale di Macerata ha errato nel ritenere insufficienti gli elementi probatori prodotti dal Lattanzi, ed in particolare la dichiarazione della Consulmarche.

Rileva, poi, che il Lattanzi non poteva, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, chiedere di espletare nuova attività istruttoria, atteso il carattere chiuso del processo di rinvio.

Con il terzo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione delle norme di legge in ordine alla valutazione delle prove.

Si deduce che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata circa la carenza di elementi identificativi della Consulmarche (pag. 6, ultimo capoverso), erano depositai in atti, fin dal primo grado, “oltre alla dichiarazione del 3.7.87 del Presidente della succitata Società, anche diversi depliant pubblicitari relativi alla Consulmarche srl e relativi sia a convegni da essa organizzati, sia di presentazione della stessa, oltre a numerosi bollettini informativi predisposti dalla stessa Società la quale, sarà bene precisarlo è una società di consulenza aziendale che vanta tra i propri Clienti i maggiori Industriali delle Marche a cui fornisce vari servizi, tra i quali anche quelli tributari, commerciali, e di formazione”.

Il ricorso, i cui tre motivi si trattano congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione, non è fondato, anche se alcune censure appaiono esatte; si tratta però di erronee affermazioni, da parte del giudice di rinvio, che non hanno inciso sulla correttezza della decisione.

Va infatti sottolineato che la sentenza del Tribunale di Macerata si fonda su una doppia motivazione.

Da una parte il Tribunale ha affermato che il dottor Lattanzi, cui incombeva l’onere di dimostrare l’esercizio di attività professionale per il periodo necessario al maturare del diritto alla pensione, non aveva chiesto l’espletamento di alcuna nuova attività istruttoria in sede di rinvio, e che la dichiarazione in data 3.7.87 a firma illeggibile del presidente della srl Consulmarche (della quale non venivano forniti ulteriori elementi identificatori) si limitava ad attestare che il Lattanzi avrebbe collaborato “per diversi anni” al periodico “consulmarche informa”, che avrebbe avuto contenuto amministrativo e fiscale; per il resto la dichiarazione era generica e ricognitiva di giudizi piuttosto che di fatti inerenti l’attività professionali del Lattanzi. La domanda andava pertanto rigettata per il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del dottore commercialista.

Né il Tribunale riteneva che la documentazione prodotta, attesa la scarsa o nulla valenza probatoria in ordine allo svolgimento di attività professionale, giustificasse l’attivarsi istruttorio dell’Ufficio.

Dall’altra, il giudice di rinvio ha osservato che dalla istruttoria pretorile era risultato che per almeno tredici anni il Lattanzi aveva svolto attività di vice direttore del Consorzio per la meccanizzazione, di assorbente impegno per la importanza e molteplicità delle attività connesse, per cui veniva confermata la circostanza del mancato compimento del periodo temporale necessario per il maturare del diritto alla prestazione previdenziale.

La prima motivazione contiene, indubbiamente, alcune inesattezze.

Avendo la sentenza rescindente affermato che esiste, per chi sia iscritto alla Cassa, la presunzione semplice dell’effettivo esercizio di attività libero – professionale, il che sposta sulla Cassa l’onere di dimostrare la insussistenza dell’esercizio della libera professione (pag. 9 della sentenza n. 3493/96), erroneamente il Tribunale di Macerata ha addossato l’onere della prova al dottor Lattanzi (salvo per quanto concerne la prova di elementi atti a contrastare gli opposti elementi forniti dalla Cassa). Ed erroneamente ha ritenuto che nel giudizio di rinvio – nel quale non risultavano spostati i termini del contendere – avrebbero potuto essere richiesti, dalle parti, nuovi mezzi istruttori.

Questa seconda affermazione non tiene conto del fatto che l’art. 394 c.p.c. vieta alle parti di prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata (salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione), per cui nel giudizio di rinvio non possono essere articolate prove non dedotte nel primo giudizio di appello, a meno che dalla sentenza di annullamento non risulti modificato il thema decidendum (Cass., 12 ottobre 1994 n. 8334; 14 aprile 1999 n. 3680).

La seconda motivazione, invece, appare corretta ed è da sola idonea a fondare la decisione di rigetto della richiesta di prestazione previdenziale.

Il Tribunale di Macerata ha ritenuto, infatti, che dalla istruttoria pretorile era risultato che per almeno tredici anni il Lattanzi aveva svolto attività di vice direttore di un consorzio, attività di assorbente impegno, sicché veniva comunque a mancare il compimento del periodo temporale necessario per il maturare del diritto alla pensione.

Tale seconda motivazione non viene puntualmente censurata dal ricorrente, il quale si limita a criticare genericamente la valutazione che il Tribunale ha dato della dichiarazione 3.7.87 a firma del presidente della Consulmarche srl.

Va però ribadito che i documenti provenienti da terzi estranei alla lite possono offrire solo elementi indiziari che, in concorso con altre risultanze, sono suscettibili, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, di integrare il fondamento della decisione; e che tale apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass., 1° agosto 2000 n. 10041).

Nella fattispecie in esame il Tribunale dì Macerata ha ampiamente esposto le ragioni per le quali il contenuto della dichiarazione proveniente da un non identificato presidente della Consulmarche srl non fosse idoneo a dimostrare l’espletamento, “per il periodo necessario al maturare del diritto previdenziale”, di attività libero professionale di dottore commercialista: la estrema genericità della dichiarazione, priva di riferimenti precisi, temporali e spaziali, ricognitiva di giudizi piuttosto che di fatti.

Quanto poi al mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio, il Tribunale lo ha spiegato con la scarsa o nulla consistenza della documentazione prodotta (mentre l’istruttoria pretorile aveva dimostrato l’esercizio, per tredici anni, di una attività subordinata di assorbente impegno).

Si tratta di una motivazione congrua e non illogica, donde la sua insindacabilità in sede di legittimità.

Né è poi vero che la Cassa nei precedenti gradi di giudizio avesse ammesso, nella comparsa di costituzione o “negli altri atti del procedimento”, l’espletamento di attività libero professionale, negando solo la continuità.

Non vengono riportate le dedotte ammissioni, con violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione; e comunque la memoria difensiva in primo grado – l’unico “atto del procedimento” indicato specificamente – non contiene alcuna ammissione di espletamento di attività libero professionale, essendosi limitata la Cassa, dopo aver sottolineato che il ricorrente aveva svolto attività subordinata di dirigente amministrativo, tale da procurargli la pensione di vecchiaia INPDAI, a dichiarare di aver appreso dal medesimo dr. Lattanzi che lo stesso non aveva “mai esercitato se non saltuariamente e con incarichi di poco conto e senza remunerazione, la professione di dottore commercialista: tanto vero che non ha mai conseguito redditi soggetti ad IRPEF ed IVA!”.

Per tutto quanto esposto il ricorso va rigettato; nessun provvedimento va preso in ordine alle spese, atteso il carattere previdenziale della controversia e la carenza della temerarietà della pretesa (art. 152 disp att. c.p.c.).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso: nulla per le spese.

Così deciso in Roma il 6 giugno 2001.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 14 AGO. 2001.


Cass. civ., Sez. III, (data ud. 23/04/2001) 23/04/2001, n. 5963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ernesto LUPO – Presidente –

Dott. Vincenzo SALLUZZO – Rel. Consigliere –

Dott. Michele VARRONE – Consigliere –

Dott. Italo PURCARO – Consigliere –

Dott. Giuliano LUCENTINI – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ATZORI SILVANA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA LUCA SIGNORELLI 12, presso lo studio dell’avvocato ABATE ROSARIO, che la difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RENTMACCHINE SPA, in liquidazione – in persona del liquidatore, legale rappresentante della società, corrente in Bologna, elettivamente domiciliato in ROM VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato OZZOLA MASSIMO, che lo difende unitamente all’avvocato DI MARCO DANIELE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3404/97 della Corte d’Appello di ROMA, emessa il 22/10/1997, depositata il 20/11/97; RG. 3474/1995;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/10/00 dal Consigliere Dott. Vincenzo SALLUZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per preliminarmente inammissibilità del controricorso; nel merito: rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con istanza rivolta al Presidente del Tribunale di Viterbo la s.p.a. Rentmacchine (già Cimino Leasing spa), assumendo di avere concesso in locazione a Silvana Atzori, con contratto stipulato il 7.11.1989, una macchina lavasecco verso corrispettivo di pagamento, oltre l’anticipo, di 59 canoni mensili dell’importo di L. 569.400 ciascuno, determinando il valore del riscatto in L. 260.000 e pattuendo, per il caso di mora, la corresponsione di interessi al tasso mensile del 3%; che nel contratto era stato convenuto che, in caso di ritardato o mancato pagamento anche di una sola rata, il rapporto si sarebbe risolto di diritto, con obbligo per la locataria di restituire il bene e corrispondere una penale pari ai canoni insoluti, ai relativi interessi, al valore di riscatto e alla metà dei canoni non ancora scaduti; che la Atzori si era resa morosa nel pagamento di numerose rate onde essa società le aveva comunicato che intendeva valersi della clausola risolutiva; chiedeva emettersi contro la stessa ingiunzione per il pagamento del complessivo importo di L. 19.986.714, con interessi moratori dalla risoluzione al saldo.

Accordata, con decreto reso il 22.12.1992, l’invocata ingiunzione, la Atzori, con atto notificato il 29.1.1993, proponeva opposizione e conveniva la spa Rentmacchine dinanzi al Tribunale di Viterbo per sentirne dichiarare la nullità ed inefficacia.

Sosteneva che già con citazione notificata il 2.5.1990 aveva promosso un giudizio dinanzi al Tribunale di Roma al fine di ottenere la risoluzione del contratto per vizi della cosa ed eccepiva quindi la litispendenza e la continenza di cause dietro l’assunto che l’esistenza dello stesso aveva determinato l’incompetenza del Presidente del tribunale di Viterbo ad emanare il provvedimento monitorio.

Negava infine l’esistenza del preteso credito per esserle stata fornita una macchina inidonea all’uso.

La Rentmacchine, costituendosi, contestava la fondatezza dell’opposizione e ne chiedeva il rigetto.

Con sentenza in data 7.5.1995 l’adito Tribunale rigettava l’opposizione e condannava l’opponente alla rifusione delle spese.

Avverso tale decisione proponeva gravame la Atzori al quale resisteva la Rentmacchine.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 22.10-20.11.1997, rigettava l’impugnazione ed onerava l’appellante delle spese del grado.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Atzori affidandone l’accoglimento ad un solo motivo.

Resiste con controricorso la Rentmacchine.

Motivi della decisione
Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del controricorso per nullità della procura a margine che risulta rilasciata dal liquidatore – legale rappresentante della società intimata del quale, tuttavia, né nella procura medesima, né nell’epigrafe del controricorso vengono indicati il nome ed il cognome, mentre la firma apposta in calce alla procura non è leggibile.

Per costante, pacifica giurisprudenza di questa Suprema Corte, infatti (v. ex plurimis Cass. 23.5.1998 n. 5154, 20.5.1998 n. 5023, 4.10.1995 n. 10427 e 18.5.1995 n. 5455) “nel conferimento della procura alle liti ai sensi dell’art. 83 comma terzo cod. proc. civ.

la certificazione da parte del difensore dell’autografia della sottoscrizione del conferente postula che ne sia accertata l’identità ed esige perciò che ne sia indicato il nome. Pertanto, quando né dall’intestazione del ricorso per cassazione (o del controricorso) proposto da una società o da altro ente collettivo, né nella procura speciale ex art. 365 cod. proc. civ. risulti il nome della persona fisica che l’ha conferita, perché non vi è nominativamente indicata e la firma è illegibile (*), l’incertezza sulla persona del conferente, preclusiva della successiva indagine sulla esistenza in capo a lui dei necessari poteri rappresentativi, rende invalida la procura e inammissibile il ricorso (o il controricorso) a meno che, entro i limiti di cui all’art. 372 cod. proc. civ., e tanto non si è sicuramente verificato nel caso che ci occupa – sia idoneamente documentato, mediante la produzione di atti già esistenti al momento del conferimento, il riferimento della già indicata qualità di legale rappresentante ad una ben individuata persona fisica”.

Tanto non esonera però questa Corte dall’esame della dedotta questione di inammissibilità del ricorso che va verificato d’ufficio prescindendo da qualsiasi eccezione di controparte.

A tale specifico riguardo va affermata l’assoluta irrilevanza della effettuata notifica alla Rentmacchine s.p.a. (vecchia denominazione sociale) anziché alla Rentmacchine srl (nuova ragione sociale della resistente – per come è dato evincere dal prodotto certificato della CCIAA di Bologna) e cioé, almeno apparentemente, a soggetto diverso.

Come questo Supremo Collegio ha infatti già avuto modo di precisare (cfr. ex plurimis Cass. 4.11.1998 n. 1107 e 9 aprile 1987 n. 3481) la trasformazione di una società da uno ad altro dei tipi previsti dalla legge, ancorché dotato di personalità giuridica, non si traduce nell’estinzione di un soggetto e correlativa creazione di altro soggetto, in luogo di quello precedente, ma configura una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, la quale non incide sui rapporti sostanziali e processuali che ad esso fanno capo.

Quanto al merito del ricorso va osservato che con l’unico mezzo la ricorrente, deducendo “contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.) – violazione dell’art. 39 c.p.c.” si duole che il giudice dell’opposizione non abbia dichiarato la propria incompetenza nel dimostrato presupposto della pendenza tra le parti di causa anteriormente proposta davanti al Tribunale di Roma avente ad oggetto la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno e quindi della sussistenza di una situazione di continenza di tale causa rispetto a quella instaurata con il decreto monitorio.

Il ricorso è fondato.

É pacifico tra le parti, e risulta comunque dall’impugnata sentenza, che con citazione notificata il 2.5.1990 Silvana Atzori, adducendo l’inefficienza della macchina vendutale, ha convenuto in giudizio la srl IGEA, quale fornitrice, e la spa Barclays Cimino Leasing, quale locatrice, al fine di sentir dichiarare la risoluzione del contratto di vendita e la nullità, o la risoluzione, del contratto di locazione, nonché al fine di ottenere la restituzione degli acconti versati ed il risarcimento del danno.

Ed atteso quanto sopra deve riconoscersi l’esistenza tra le due cause – contrariamente all’assunto della corte territoriale – di un rapporto di continenza.

Al riguardo deve premettersi che la nozione di continenza ricomprende quelle situazioni caratterizzate dalla pendenza di cause in cui le questioni dedotte con la domanda anteriormente incardinata, e da risolvere con efficacia di giudicato, costituiscano il necessario presupposto della definizione del giudizio successivo, nel senso cioé della sussistenza tra le due cause di un nesso di pregiudizialità logico – giuridica, come avviene quando le contrapposte domande concernano il riconoscimento e la tutela di diritti che derivino dallo stesso rapporto negoziale ed il loro esito dipenda dalla soluzione di una o più questioni comuni (v. Cass. 95/10676, 95/10594, 94/2803 e 90/3146).

Ne consegue, alla stregua di tale principio, che si deve riconoscere che nella causa proposta anteriormente dalla attuale ricorrente davanti al Tribunale di Roma, avente ad oggetto la risoluzione del contratto di vendita, la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ed il risarcimento del danno, si era dedotta una questione la cui soluzione costituiva il necessario antecedente logico – giuridico della causa introdotta successivamente con la richiesta di decreto ingiuntivo da parte della Rentmacchine e con l’opposizione proposta dalla Atzori. E tanto considerato che la decisione sul diritto al pagamento delle rate di leasing, che costituiva l’oggetto della seconda causa, era condizionata dall’esito della prima e cioé dall’accoglimento o dal rigetto della domanda di risoluzione del contratto, in quanto fatto costitutivo del diritto azionato nell’altra.

Infatti, se la continenza di causa non è idonea a spostare la competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo, come questa Corte ha ripetutamente affermato anche a sezioni unite (v. al riguardo Cass. 8.2.92 n. 10985, 26.4.93 n. 4807, 19.6.93 n. 6838, 12.7.93 n. 7684 e 8.10.93 n. 9988) essa tuttavia determina, ai sensi dell’art. 39 comma 2° c.p.c., l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto e la competenza del giudice preventivamente adito, se competente anche per la causa successivamente proposta. E in conseguenza di ciò è il giudice dell’opposizione che in tale caso deve dichiarare l’incompetenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo e la nullità dello stesso (v. in termini Cass. 95/10676, 95/10594, 93/9988, 91/10484 e 90/12083).

Sulla scorta degli esposti principi va quindi pronunciato l’accoglimento del ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e con decisione nel merito accolta l’opposizione e dichiarata la nullità del decreto ingiuntivo.

Quanto alle spese dell’intero processo sussistono giusti motivi, ai sensi dell’art. 92, comma 2° cod. proc. civ., per disporre la compensazione tra le parti.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e pronunciando nel merito accoglie l’opposizione e, dichiara la nullità del decreto ingiuntivo e compensa le spese dell’intero processo.

Cosi deciso in Roma nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 30.10.2000.

(*) ndr: così nel testo.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 23 APR. 2001.


D.L. n. 165 del 30 marzo 2001 – Amministrazioni pubbliche

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165(1).

Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 maggio 2001, n. 106, S.O.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 ed 87 della Costituzione.

Vista la legge 23 ottobre 1992, n. 421, ed in particolare l’articolo 2;

Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59;

Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni;

Visto l’articolo 1, comma 8, della legge 24 novembre 2000, n. 340:

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella seduta del 7 febbraio 2001;

Acquisito il parere dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso in data 8 febbraio 2001;

Acquisito il parere delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, rispettivamente in data 27 e 28 febbraio 2001;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle sedute del 21 e 30 marzo 2001;

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministero per la funzione pubblica;

Emana il seguente decreto legislativo:

TITOLO I

Principi generali

1.  Finalità ed ambito di applicazione.

(Art. 1 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell’articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:

a) accrescere l’efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell’Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;

b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;

c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori nonché l’assenza di qualunque forma di discriminazione e di violenza morale o psichica (2).

2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (3).

3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I princìpi desumibili dall’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni, e dall’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono altresì, per le Regioni a statuto speciale e per le provincie autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

(2) Lettera così sostituita dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(3)  Comma così modificato dall’art. 1, L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, l’art. 9, D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, l’art. 1, D.L. 12 luglio 2004, n. 168 e l’art. 67, comma 8, l’art. 71, comma 1, l’art. 72, commi 5 e 11, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, anche, i commi da 10 a 13 dell’art. 17, D.L. 1° luglio 2009, n. 78. Sull’applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi il comma 2-bis dell’art. 18, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 aggiunto dal comma 1 dell’art. 19, D.L. 1° luglio 2009, n. 78.

2.  Fonti.

(Art. 2, commi da 1 a 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo princìpi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri:

a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all’atto della definizione dei programmi operativi e dell’assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione;

b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell’articolo 5, comma 2;

c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici;

d) garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso;

e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell’utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell’Unione europea.

1-bis. I criteri di organizzazione di cui al presente articolo sono attuati nel rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali (4).

2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge (5).

3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai princìpi di cui all’articolo 45, comma 2. L’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo i casi previsti dai commi 3-ter e 3-quater dell’articolo 40 e le ipotesi di tutela delle retribuzioni di cui all’articolo 47-bis, o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva (6).

3-bis. Nel caso di nullità delle disposizioni contrattuali per violazione di norme imperative o dei limiti fissati alla contrattazione collettiva, si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile (7).

(4)  Comma aggiunto dal comma 2 dell’art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004.

(5) Comma così modificato prima dal comma 1 dell’art. 1, L. 4 marzo 2009, n. 15 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 33, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, il comma 2 del citato articolo 1.

(6) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 33, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, la Dir.P.C.M. 1° marzo 2002 e il D.P.R. 14 maggio 2007, n. 99.

(7) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 33, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

3.  Personale in regime di diritto pubblico.

(Art. 2, comma 4 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall’art. 2, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.

1-bis. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 novembre 2000, n. 362, e il personale volontario di leva, è disciplinato in regime di diritto pubblico secondo autonome disposizioni ordinamentali (8).

1-ter. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, il personale della carriera dirigenziale penitenziaria è disciplinato dal rispettivo ordinamento (9).

2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai princìpi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei princìpi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (10).

(8)  Comma aggiunto dall’art. 1, L. 30 settembre 2004, n. 252.

(9)  Comma aggiunto dall’art. 2, L. 27 luglio 2005, n. 154.

(10)  Vedi, anche, l’art. 2-septies, D.L. 26 aprile 2005, n. 63, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, l’art. 40, comma 2, l’art. 66, comma 11 e l’art. 69, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

4.  Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità.

(Art. 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 2 del D.Lgs. n. 470 del 1993 poi dall’art. 3 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:

a) le decisioni in materia di atti normativi e l’adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;

b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione;

c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;

d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;

e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;

f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;

g) gli altri atti indicati dal presente decreto.

2. Ai dirigenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro. A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze dell’organo di vertice dell’ente (11) (12).

(11) Periodo aggiunto dal comma 632 dell’art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(12) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 2 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 90.

5.  Potere di Organizzazione.

(Art. 4 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 3 del D.Lgs. n. 546 del 1993, successivamente modificato dall’art. 9 del D.Lgs. n. 396 del 1997, e nuovamente sostituito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l’attuazione dei princìpi di cui all’articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.

2. Nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’articolo 2, comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti di cui all’articolo 9. Rientrano, in particolare, nell’esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane nel rispetto del principio di pari opportunità, nonché la direzione, l’organizzazione del lavoro nell’ambito degli uffici (13).

3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai princìpi indicati all’articolo 2, comma 1, anche al fine di proporre l’adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l’adozione delle misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.

3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle Autorità amministrative indipendenti (14).

(13) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 34, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(14) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 34, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

6.  Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche.

(Art. 6 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 4 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 5 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Nelle amministrazioni pubbliche l’organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all’articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 9. Nell’individuazione delle dotazioni organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico, situazioni di soprannumerarietà di personale, anche temporanea, nell’ambito dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale. Ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale. Le amministrazioni pubbliche curano l’ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale (15).

2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si applica l’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. La distribuzione del personale dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla dotazione organica può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ove comporti riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva riferita al personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell’anno precedente.

3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.

4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall’organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. Per le amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

4-bis. Il documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale ed i suoi aggiornamenti di cui al comma 4 sono elaborati su proposta dei competenti dirigenti che individuano i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti (16).

5. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri, nonché per le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono fatte salve le particolari disposizioni dettate dalle normative di settore. L’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, relativamente al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica l’articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per la determinazione delle dotazioni organiche del personale degli istituti e scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, relative a tutto il personale tecnico e amministrativo universitario, ivi compresi i dirigenti, sono devolute all’università di appartenenza. Parimenti sono attribuite agli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano tutte le attribuzioni del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in materia di personale, ad eccezione di quelle relative al reclutamento del personale di ricerca.

6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.

(15)  Comma così modificato dall’art. 11, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4.

(16) Comma aggiunto dal comma 1 dell’art. 35, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

6-bis.  Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni.

1. Le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.

2. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell’articolo 6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale.

3. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al comma 1 vigilano sull’applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall’adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (17).

(17) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 22, L. 18 giugno 2009, n. 69.

7.  Gestione delle risorse umane.

(Art. 7 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 5 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi modificato dall’art. 3 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Le pubbliche amministrazioni garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne e l’assenza di ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa al genere, all’età, all’orientamento sessuale, alla razza, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione o alla lingua, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro. Le pubbliche amministrazioni garantiscono altresì un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare, contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno (18).

2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca.

3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell’impiego flessibile del personale, purché compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.

4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l’adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.

5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.

6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;

b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso (19). Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 36, comma 3, del presente decreto (20).

6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione (21).

6-ter. I regolamenti di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6 (22).

6-quater. Le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-ter non si applicano ai componenti degli organismi di controllo interno e dei nuclei di valutazione, nonché degli organismi operanti per le finalità di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (23) (24).

(18) Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(19) L’originario comma 6 era stato sostituito con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter. Infine, il citato comma 6 è stato ulteriormente modificato dal comma 76 dell’art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244, sostituito dall’art. 46, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione, e così modificato dal comma 2 dell’art. 22, L. 18 giugno 2009, n. 69 e dall’art. 17, comma 27, D.L. 1° luglio 2009, n. 78. Sui termini di applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi il comma 1 dell’art. 35, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(20) Comma così modificato dall’art. 17, comma 26, lett. a), D.L. 1° luglio 2009, n. 78.

(21)  L’originario comma 6 era stato sostituito, con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha, nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter. Con Comunicato 28 novembre 2006 (Gazz. Uff. 28 novembre 2006, n. 277) e con Comunicato 11 novembre 2008 (Gazz. Uff. 11 novembre 2008, n. 264) il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione ha reso noto di aver pubblicato sul proprio sito internet l’avviso concernente l’aggiornamento e la disciplina della procedura comparativa prevista dal presente comma.

(22)  L’originario comma 6 era stato sostituito, con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha, nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter.

(23) Comma aggiunto dal comma 77 dell’art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(24) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l’art. 1, O.P.C.M. 10 giugno 2008, n. 3682 e il comma 11 dell’art. 1, D.L. 4 novembre 2009, n. 152.

7-bis.  Formazione del personale.

1. Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, con esclusione delle università e degli enti di ricerca, nell’àmbito delle attività di gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi, nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l’impiego delle risorse interne, di quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari.

2. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché gli enti pubblici non economici, predispongono entro il 30 gennaio di ogni anno il piano di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze. Decorso tale termine e, comunque, non oltre il 30 settembre, ulteriori interventi in materia di formazione del personale, dettati da esigenze sopravvenute o straordinarie, devono essere specificamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze indicando gli obiettivi e le risorse utilizzabili, interne, statali o comunitarie. Ai predetti interventi formativi si dà corso qualora, entro un mese dalla comunicazione, non intervenga il diniego della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Il Dipartimento della funzione pubblica assicura il raccordo con il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie relativamente agli interventi di formazione connessi all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (25).

(25)  Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 16 gennaio 2003, n. 3. Vedi, anche, la Dir.Min. 6 agosto 2004 e l’art. 13, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

8.  Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli.

(Art. 9 del D.Lgs. n. 29 del 1993)

1. Le amministrazioni pubbliche adottano tutte le misure affinché la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile nella evoluzione. Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono determinate in base alle compatibilità economico-finanziarie definite nei documenti di programmazione e di bilancio.

2. L’incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici e nelle aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilità, nonché negli enti di cui all’articolo 70, comma 4, è soggetto a limiti compatibili con gli obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.

9.  Partecipazione sindacale.

(Art. 10 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 5, comma 2, i contratti collettivi nazionali disciplinano le modalità e gli istituti della partecipazione (26).

(26) Articolo così sostituito dal comma 1 dell’art. 36, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

TITOLO II

Organizzazione

Capo I – Relazioni con il pubblico

10.  Trasparenza delle amministrazioni pubbliche.

(Art. 11 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall’art. 43, comma 9 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. L’organismo di cui all’articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del procedimento, definisce, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e i sistemi informativi utili alla interconnessione tra le amministrazioni pubbliche.

2. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all’articolo 18 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono, utilizzando il personale degli uffici di cui all’articolo 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche nell’àmbito dei progetti finalizzati di cui all’articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed integrazioni.

11.  Ufficio relazioni con il pubblico.

(Art. 12, commi da 1 a 5-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificati dall’art. 3 del decreto legge n. 163 del 1995, convertito con modificazioni della legge n. 273 del 1995)

1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni, individuano, nell’àmbito della propria struttura uffici per le relazioni con il pubblico.

2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante l’utilizzo di tecnologie informatiche:

a) al servizio all’utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni;

b) all’informazione all’utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti;

c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l’utenza.

3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell’àmbito delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita formazione.

4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per l’attuazione delle iniziative individuate nell’àmbito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da sottoporre all’approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri.

5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario.

6. Il responsabile dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure e all’incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell’amministrazione e ai documenti amministrativi.

7. L’organo di vertice della gestione dell’amministrazione o dell’ente verifica l’efficacia dell’applicazione delle iniziative di cui al comma 6, ai fini dell’inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione di carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un’adeguata pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme di pubblicazione.

12.  Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro.

(Art. 12-bis del D.Lgs. n. 29 del 1999, aggiunto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell’àmbito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l’efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune.

Capo II – Dirigenza

Sezione I – Qualifiche, uffici dirigenziali ed attribuzioni

13.  Amministrazioni destinatarie.

(Art. 13 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 3 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 8 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.

14.  Indirizzo politico-amministrativo.

(Art. 14 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 8 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 9 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all’articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni (27) dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all’articolo 16:

a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione;

b) effettua, ai fini dell’adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l’assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni e integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.

2. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. All’atto del giuramento del Ministro, tutte le assegnazioni di personale, ivi compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell’ambito degli uffici di cui al presente comma, decadono automaticamente ove non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle segretarie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto adottato dall’autorità di governo competente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è determinato, in attuazione dell’articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con effetto dall’entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segretarie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato (28).

3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l’inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente, che determinano pregiudizio per l’interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall’articolo 6 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed integrazioni, e dall’articolo 10 del relativo regolamento emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità (29).

(27)  Il termine era stato prorogato dal comma 8 dell’art. 1, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione.

(28)  Comma così modificato dal comma 24-bis dell’art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Per la decorrenza del termine di cui al presente comma vedi il comma 24-ter dello stesso articolo 1. Il regolamento di organizzazione degli uffici di cui al presente comma è stato adottato:

– con D.P.R. 22 settembre 2000, n. 451, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica;

– con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 216, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della sanità;

– con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 230, per gli uffici di diretta collaborazione dei Ministri;

– con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 243, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei lavori pubblici;

– con D.P.R. 6 marzo 2001, n. 245, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’ambiente;

– con D.P.R. 24 aprile 2001, n. 225, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dei trasporti e della navigazione;

– con D.P.R. 24 aprile 2001, n. 320, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

– con D.P.R. 3 maggio 2001, n. 291, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del commercio con l’estero;

– con D.P.R. 14 maggio 2001, n. 258, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle comunicazioni;

– con D.P.R. 14 maggio 2001, n. 303, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro delle politiche agricole e forestali;

– con D.P.R. 17 maggio 2001, n. 297, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro;

– con D.P.R. 24 maggio 2001, n. 233, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro degli affari esteri;

– con D.P.R. 6 luglio 2001, n. 307, corretto con Comunicato 4 agosto 2001 (Gazz. Uff. 4 agosto 2001, n. 180), per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro per i beni e le attività culturali;

– con D.P.R. 25 luglio 2001, n. 315, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della giustizia;

– con D.P.R. 7 settembre 2001, n. 398, per gli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell’interno;

– con D.P.R. 21 marzo 2002, n. 98, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’interno;

– con D.P.R. 26 marzo 2002, n. 128 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 154) e con D.P.R. 14 gennaio 2009, n. 16, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

– con D.P.R. 12 giugno 2003, n. 208, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della salute;

– con D.P.R. 3 luglio 2003, n. 227, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’economia e delle finanze;

– con D.P.R. 14 ottobre 2003, n. 316, per gli uffici di diretta collaborazione del vice Ministro delle attività produttive;

– con D.P.R. 24 febbraio 2006, n. 162, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa;

– con D.P.R. 13 febbraio 2007, n. 57, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’università e della ricerca;

– con D.P.R. 28 novembre 2008, n. 198, per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro dello sviluppo economico.

(29) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 2 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 90.

15.  Dirigenti.

(Art. 15 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 4 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e successivamente modificato dall’art. 10 del D.Lgs. n. 80 del 1998; Art. 27 del D.Lgs. n. 29 del 1993, commi 1 e 3, come sostituiti dall’art. 7 del D.Lgs. n. 470 del 1993)

1. Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente capo, la dirigenza è articolata nelle due fasce dei ruoli di cui all’articolo 23. Restano salve le particolari disposizioni concernenti le carriere diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia e delle Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6 (30) .

2. Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione, nonché negli altri istituti pubblici di cui al sesto comma dell’articolo 33 della Costituzione, le attribuzioni della dirigenza amministrativa non si estendono alla gestione della ricerca e dell’insegnamento.

3. Per ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, il dirigente preposto all’ufficio di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore.

4. Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni di coordinamento è sovraordinato, limitatamente alla durata dell’incarico, al restante personale dirigenziale.

5. Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, per la Corte dei conti e per l’Avvocatura generale dello Stato, le attribuzioni che il presente decreto demanda agli organi di Governo sono di competenza rispettivamente, del Presidente del Consiglio di Stato, del Presidente della Corte dei conti e dell’Avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il presente decreto demanda ai dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale sono di competenza dei segretari generali dei predetti istituti.

(30)  Comma così modificato dall’art. 3, comma 8, lettera a), L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il D.P.R. 23 aprile 2004, n. 108.

16.  Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali.

(Art. 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 9 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 11 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 4 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell’àmbito di quanto stabilito dall’articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:

a) formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro nelle materie di sua competenza;

a-bis) propongono le risorse e i profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell’ufficio cui sono preposti anche al fine dell’elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’articolo 6, comma 4 (31);

b) curano l’attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni; definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuiscono le conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali;

c) adottano gli atti relativi all’organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale;

d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;

d-bis) adottano i provvedimenti previsti dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni (32);

e) dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l’adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure previste dall’articolo 21;

f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere, fermo restando quanto disposto dall’articolo 12, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n. 103;

g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi dell’amministrazione e rispondono ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza;

h) svolgono le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;

i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti;

l) curano i rapporti con gli uffici dell’Unione europea e degli organismi internazionali nelle materie di competenza secondo le specifiche direttive dell’organo di direzione politica, sempreché tali rapporti non siano espressamente affidati ad apposito ufficio o organo;

l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell’ufficio cui sono preposti (33).

2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al Ministro sull’attività da essi svolta correntemente e in tutti i casi in cui il Ministro lo richieda o lo ritenga opportuno.

3. L’esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 può essere conferito anche a dirigenti preposti a strutture organizzative comuni a più amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di particolari programmi, progetti e gestioni.

4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell’amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui al presente articolo non sono suscettibili di ricorso gerarchico.

5. Gli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, ne definiscono i compiti ed i poteri (34).

(31) Lettera aggiunta dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 38, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(32) Lettera aggiunta dal comma 10 dell’art. 8, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

(33) Lettera aggiunta dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 38, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(34) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 2 dell’art. 1, D.L. 23 maggio 2008, n. 90.

17.  Funzioni dei dirigenti.

(Art. 17 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 10 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 12 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. I dirigenti, nell’àmbito di quanto stabilito dall’articolo 4, esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:

a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;

b) curano l’attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali;

d) dirigono, coordinano e controllano l’attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia;

d-bis) concorrono all’individuazione delle risorse e dei profili professionali necessari allo svolgimento dei compiti dell’ufficio cui sono preposti anche al fine dell’elaborazione del documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all’articolo 6, comma 4 (35);

e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici, anche ai sensi di quanto previsto all’articolo 16, comma 1, lettera l-bis (36);

e-bis) effettuano la valutazione del personale assegnato ai propri uffici, nel rispetto del principio del merito, ai fini della progressione economica e tra le aree, nonché della corresponsione di indennità e premi incentivanti (37).

1-bis. I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’àmbito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l’articolo 2103 del codice civile (38).

(35) Lettera aggiunta dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 39, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(36) Lettera così modificata dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 39, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(37) Lettera aggiunta dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 39, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(38)  Comma aggiunto dall’art. 2, L. 15 luglio 2002, n. 145.

17-bis.  Vicedirigenza.

1. La contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l’istituzione di un’apposita separata area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l’accesso alla ex carriera direttiva anche speciale. I dirigenti possono delegare ai vice dirigenti parte delle competenze di cui all’articolo 17 (39).

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri; l’equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo quanto stabilito dall’articolo 27 (40).

(39)  Comma così modificato dall’art. 14-octies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(40)  Articolo aggiunto dall’art. 7, comma 3, L. 15 luglio 2002, n. 145. Per l’interpretazione autentica del presente articolo vedi l’art. 8, L. 4 marzo 2009, n. 15.

18.  Criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei rendimenti.

(Art. 18 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 470 del 1993)

1. Sulla base delle indicazioni di cui all’articolo 59 del presente decreto, i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale adottano misure organizzative idonee a consentire la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative.

2. Il Dipartimento della funzione pubblica può chiedere all’Istituto nazionale di statistica-ISTAT l’elaborazione di norme tecniche e criteri per le rilevazioni ed analisi di cui al comma 1 e, all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione-AIPA (41), l’elaborazione di procedure informatiche standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e dei rendimenti rispetto a valori medi e standards.

(41)  La denominazione «Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione» è da intendersi sostituita da quella di «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione» ai sensi di quanto disposto dall’art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

19.  Incarichi di funzioni dirigenziali.

(Art. 19 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 11 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 13 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell’incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l’articolo 2103 del codice civile (42).

1-bis. L’amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta (43).

1-ter. Gli incarichi dirigenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalità di cui all’articolo 21, comma 1, secondo periodo (44).

2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell’incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. La durata dell’incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell’interessato. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell’incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei princìpi definiti dall’articolo 24. È sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto. In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata dell’incarico è pari a tre anni. Resta fermo che per i dipendenti statali titolari di incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi del presente articolo, ai fini dell’applicazione dell’articolo 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l’ultimo stipendio va individuato nell’ultima retribuzione percepita in relazione all’incarico svolto (45).

3. Gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste dal comma 6 (46).

4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 (47).

4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all’articolo 7 (48).

5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c).

5-bis. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e del 5 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purché dipendenti delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti (49).

5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all’articolo 7 (50).

6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell’incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio (51).

6-bis. Fermo restando il contingente complessivo dei dirigenti di prima o seconda fascia il quoziente derivante dall’applicazione delle percentuali previste dai commi 4, 5-bis e 6, è arrotondato all’unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all’unità superiore, se esso è uguale o superiore a cinque (52).

6-ter. Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 (53).

7. [Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall’articolo 21, ovvero nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui all’articolo 24, comma 2] (54).

8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo (55).

9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.

10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall’ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali (56).

11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il ministero degli affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.

12. Per il personale di cui all’articolo 3, comma 1, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n. 246 (57) .

12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi (58).

(42) Comma così sostituito prima dall’art. 3, comma 1, lettera a), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(43) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(44) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 e poi così modificato dal comma 32 dell’art. 9, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

(45) Comma prima sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera b), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dall’art. 14-sexies, comma 1, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, il comma 2 del citato articolo 14-sexies.

(46) Comma così modificato prima dall’art. 3, comma 1, lettera c), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(47)  Comma prima sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera d), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dall’art. 3, comma 147, L. 24 dicembre 2003, n. 350. Vedi, anche, le ulteriori disposizioni del citato comma 147.

(48)  Comma aggiunto dall’art. 3, comma 1, lettera e), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(49)  Comma aggiunto dall’art. 3, comma 1, lettera f), L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il comma 10-bis dell’art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181 e il comma 16-quaterdecies dell’art. 41, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, entrambi aggiunti dalle relative leggi di conversioni.

(50)  Comma aggiunto dall’art. 3, comma 1, lettera f), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(51) In deroga al presente comma vedi l’art. 5- bis, D.L. 7 settembre 2001, n. 343, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Successivamente il presente comma è stato sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera g), L. 15 luglio 2002, n. 145 e dall’art. 14-sexies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e così modificato dalla lettera e) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. L’art. 4, D.L. 29 novembre 2004, n. 280, non convertito in legge, aveva fornito l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui al presente comma. Inoltre, il presente comma era stato modificato dall’art. 15, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, il comma 10-bis dell’art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181 e il comma 16-quaterdecies dell’art. 41, D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, entrambi aggiunti dalle relative leggi di conversione, e il comma 359 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(52) Comma aggiunto dalla lettera f) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(53) Comma aggiunto dalla lettera f) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(54)  Comma abrogato dall’art. 3, comma 1, lettera h), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(55) Comma prima sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera i), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così modificato dal comma 159 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera g) del comma 1 dell’art. 40, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, i commi 160 e 161 del citato art. 2.

(56)  Comma così sostituito dall’art. 3, comma 1, lettera l), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(57)  Comma così modificato dall’art. 3, comma 1, lettera m), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(58)  Comma aggiunto dall’art. 3, comma 1, lettera n), L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il comma 7 dello stesso articolo.

20.  Verifica dei risultati.

(Art. 20 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e successivamente modificato prima dall’art. 43, comma 1 del D.Lgs. n. 80 del 1998 poi dall’art. 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998 e, infine, dagli artt. 5, comma 5 e 10, comma 2 del D.Lgs. n. 286 del 1999)

1. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di verifica sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal Consiglio dei ministri per i dirigenti preposti ad ufficio di livello dirigenziale generale. I termini e le modalità di attuazione del procedimento di verifica dei risultati da parte del Ministro competente e del Consiglio dei ministri sono stabiliti rispettivamente con regolamento ministeriale e con decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, provvedimenti dei singoli ministeri interessati.

21.  Responsabilità dirigenziale.

(Art. 21, commi 1, 2 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall’art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 14 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificati dall’art. 7 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ovvero l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l’amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l’incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all’articolo 23 ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo (59).

1-bis. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, al dirigente nei confronti del quale sia stata accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali, la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall’amministrazione, conformemente agli indirizzi deliberati dalla Commissione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, la retribuzione di risultato è decurtata, sentito il Comitato dei garanti, in relazione alla gravità della violazione di una quota fino all’ottanta per cento (60).

2. [Nel caso di grave inosservanza delle direttive impartite dall’organo competente o di ripetuta valutazione negativa, ai sensi del comma 1, il dirigente, previa contestazione e contraddittorio, può essere escluso dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni. Nei casi di maggiore gravità, l’amministrazione può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi] (61).

3. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e delle Forze armate nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (62) .

(59) Comma così sostituito prima dall’art. 3, comma 2, lettera a), L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 41, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(60) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 41, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(61)  Comma abrogato dall’art. 3, comma 2, lettera b), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(62)  Comma così modificato dall’art. 73, D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, con la decorrenza ed i limiti indicati nell’art. 175 dello stesso decreto.

22.  Comitato dei garanti.

(Art. 21, comma 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 14 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. I provvedimenti di cui all’articolo 21, commi 1 e 1-bis, sono adottati sentito il Comitato dei garanti, i cui componenti, nel rispetto del principio di genere, sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Comitato dura in carica tre anni e l’incarico non è rinnovabile.

2. Il Comitato dei garanti è composto da un consigliere della Corte dei conti, designato dal suo Presidente, e da quattro componenti designati rispettivamente, uno dal Presidente della Commissione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, uno dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, scelto tra un esperto scelto tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell’organizzazione amministrativa e del lavoro pubblico, e due scelti tra dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui almeno uno appartenente agli Organismi indipendenti di valutazione, estratti a sorte fra coloro che hanno presentato la propria candidatura. I componenti sono collocati fuori ruolo e il posto corrispondente nella dotazione organica dell’amministrazione di appartenenza è reso indisponibile per tutta la durata del mandato. Per la partecipazione al Comitato non è prevista la corresponsione di emolumenti o rimborsi spese.

3. Il parere del Comitato dei garanti viene reso entro il termine di quarantacinque giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere (63).

(63) Articolo prima modificato dall’art. 3, comma 3, L. 15 luglio 2002, n. 145 e poi così sostituito dal comma 1 dell’art. 42, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Per la costituzione del comitato di cui al presente articolo vedi il D.P.C.M. 10 giugno 2005.

23.  Ruolo dei dirigenti.

(Art. 23 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 15 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 8 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui àmbito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all’articolo 28. I dirigenti della seconda fascia transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai particolari ordinamenti di cui all’articolo 19, comma 11, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste dall’articolo 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale (64).

2. È assicurata la mobilità dei dirigenti, nei limiti dei posti disponibili, in base all’articolo 30 del presente decreto. I contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano, secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla mobilità in generale in ordine al mantenimento del rapporto assicurativo con l’ente di previdenza, al trattamento di fine rapporto e allo stato giuridico legato all’anzianità di servizio e al fondo di previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello Stato (65) (66) .

(64) Comma così modificato prima dall’art. 14-sexies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 1 dell’art. 43, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, il comma 2 del citato art. 43. Precedentemente il presente comma era stato modificato dall’art. 4, D.L. 29 novembre 2004, n. 280, non convertito in legge.

(65)  Comma così modificato dall’art. 3-bis, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(66)  Articolo così sostituito dall’art. 3, comma 4, L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il D.P.R. 23 aprile 2004, n. 108.

23-bis.  Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato.

1. In deroga all’articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché gli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale. Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta. È sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell’interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione. Quando l’incarico è espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi è a carico dell’interessato, salvo che l’ordinamento dell’amministrazione di destinazione non disponga altrimenti (67).

2. I dirigenti di cui all’articolo 19, comma 10, sono collocati a domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi incarichi di cui al comma 1 del presente articolo, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative (68).

3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli avvocati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano il collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare ragioni ostative all’accoglimento della domanda.

4. Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.

5. L’aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1 non può comunque essere disposta se:

a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l’attività. Ove l’attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile;

b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all’immagine dell’amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l’imparzialità.

6. Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l’esercizio delle funzioni individuate alla lettera a) del comma 5.

7. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell’amministrazione e con il consenso dell’interessato, l’assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l’onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione temporanea presso imprese private i predetti protocolli possono prevedere l’eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con oneri a carico delle imprese medesime (69).

8. Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di assegnazione temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera.

9. Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di polizia, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (70).

10. Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i soggetti privati e gli organismi internazionali di cui al comma 1 e sono definite le modalità e le procedure attuative del presente articolo (71).

(67) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 44, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Per l’interpretazione autentica del presente comma vedi il comma 578 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(68) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 44, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(69)  Comma così sostituito dall’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7.

(70) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi il comma 36 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(71)  Articolo aggiunto dall’art. 7, comma 1, L. 15 luglio 2002, n. 145. Vedi, anche, il comma 4-bis dell’art. 101, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 aggiunto dal comma 2 dell’art. 7 della citata legge n. 145 del 2002.

24.  Trattamento economico.

(Art. 24 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 13 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 16 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall’art. 9 del D.Lgs. n. 387 del 1998 e poi dall’art. 26, comma 6 della legge n. 448 del 1998)

1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite, alle connesse responsabilità e ai risultati conseguiti. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell’articolo 4, con decreto ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque l’osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (72).

1-bis. Il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensività (73).

1-ter. I contratti collettivi nazionali incrementano progressivamente la componente legata al risultato, in modo da adeguarsi a quanto disposto dal comma 1-bis, entro la tornata contrattuale successiva a quella decorrente dal 1° gennaio 2010, destinando comunque a tale componente tutti gli incrementi previsti per la parte accessoria della retribuzione. La disposizione di cui al comma 1-bis non si applica alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale e dall’attuazione del medesimo comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (74).

1-quater. La parte della retribuzione collegata al raggiungimento dei risultati della prestazione non può essere corrisposta al dirigente responsabile qualora l’amministrazione di appartenenza, decorso il periodo transitorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, non abbia predisposto il sistema di valutazione di cui al Titolo II del citato decreto legislativo (75).

2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dell’articolo 19, commi 3 e 4, con contratto individuale è stabilito il trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione, ed i relativi importi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi, secondo principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione (76) (77) .

3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza (78).

4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dall’articolo 3, comma 1, la retribuzione è determinata ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 7, della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonché dalle successive modifiche ed integrazioni della relativa disciplina.

5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell’àmbito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di cui all’articolo 3, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibro del trattamento economico del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque determinatesi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell’articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334.

6. I fondi per la perequazione di cui all’articolo 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334, destinati al personale di cui all’articolo 3, comma 2, sono assegnati alle università e da queste utilizzati per l’incentivazione dell’impegno didattico dei professori e ricercatori universitari, con particolare riferimento al sostegno dell’innovazione didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della diversificazione dell’offerta formativa. Le università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche le somme attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli affidamenti. Le università possono erogare, a valere sul proprio bilancio, appositi compensi incentivanti ai professori e ricercatori universitari che svolgono attività di ricerca nell’àmbito dei progetti e dei programmi dell’Unione europea e internazionali. L’incentivazione, a valere sui fondi di cui all’articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, è erogata come assegno aggiuntivo pensionabile.

7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti dei ruoli di cui all’articolo 23 o equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei commi precedenti (79).

8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del comma 7 confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi previsti dal presente articolo.

9. [Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in un apposito fondo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo criteri diretti ad armonizzare la quantità di risorse disponibili] (80) (81).

(72) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 45, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(73) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 45, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(74) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 45, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(75) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 45, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(76) Periodo aggiunto dall’art. 34, D.L. 4 luglio 2006, n. 223. Vedi, anche, la Dir.Min. 26 luglio 2006, n. 4/06.

(77) Vedi, anche, il comma 577 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(78)  Vedi, anche, il comma 1 dell’art. 16, L. 28 dicembre 2001, n. 448 e il comma 22-bis dell’art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, modificato dal comma 156 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(79)  Comma così modificato dall’art. 1-ter, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(80)  Comma abrogato dall’art. 1-ter, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(81) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi gli articoli 1 e 8, O.P.C.M. 10 giugno 2008, n. 3682 e l’art. 5, O.P.C.M. 2 luglio 2009. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 12 della stessa O.P.C.M. 2 luglio 2009.

25.  Dirigenti delle istituzioni scolastiche.

(Art. 25-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 59 del 1998; Art. 25-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 59 del 1998)

1. Nell’àmbito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell’articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa.

2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell’istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare, il dirigente scolastico, organizza l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni sindacali.

3. Nell’esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio, per l’esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l’esercizio della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli alunni.

4. Nell’àmbito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del personale.

5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’àmbito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale.

6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell’attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace raccordo per l’esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica.

7. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ivi compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali, le direttrici e vice direttrici degli educandati, assumono la qualifica di dirigente, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all’atto della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della personalità giuridica a norma dell’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, salvaguardando, per quanto possibile, la titolarità della sede di servizio.

8. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto, definisce gli obiettivi, i contenuti e la durata della formazione; determina le modalità di partecipazione ai diversi moduli formativi e delle connesse verifiche; definisce i criteri di valutazione e di certificazione della qualità di ciascun corso; individua gli organi dell’amministrazione scolastica responsabili dell’articolazione e del coordinamento dei corsi sul territori, definendone i criteri; stabilisce le modalità di svolgimento dei corsi con il loro affidamento ad università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro associati o consorziati.

9. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti, degli istituti superiori per le industrie artistiche e delle accademie nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata alla dirigenza dei capi d’istituto. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono disciplinate le modalità di designazione e di conferimento e la durata dell’incarico, facendo salve le posizioni degli attuali direttori di ruolo.

10. Contestualmente all’attribuzione della qualifica dirigenziale, ai vicerettori dei convitti nazionali e delle vicedirettrici degli educandati sono soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione delle operazioni sono soppressi i relativi ruoli.

11. I capi d’istituto che rivestano l’incarico di Ministro o Sottosegretario di Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo o siano in esonero sindacale, distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori ruolo possono assolvere all’obbligo di formazione mediante la frequenza di appositi moduli nell’àmbito della formazione prevista dal presente articolo, ovvero della formazione di cui all’articolo 29. In tale ultimo caso l’inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione degli inquadramenti di cui al comma 7 ed ai fini economici dalla data di assegnazione ad una istituzione scolastica autonoma.

26.  Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale.

(Art. 26, commi 1, 2-quinquies e 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, modificati prima dall’art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 45, comma 15 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni. Relativamente al personale del ruolo tecnico e professionale, l’ammissione è altresì consentita ai candidati in possesso di esperienze lavorative con rapporto di lavoro libero-professionale o di attività coordinata e continuata presso enti o pubbliche amministrazioni, ovvero di attività documentate presso studi professionali privati, società o istituti di ricerca, aventi contenuto analogo a quello previsto per corrispondenti profili del ruolo medesimo.

2. Nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali determinati in relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si deve tenere conto della posizione funzionale posseduta dal relativo personale all’atto dell’inquadramento nella qualifica di dirigente. È assicurata la corrispondenza di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del ruolo sanitario.

3. Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento dalle dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo.

27.  Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali.

(Art. 27-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 17 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell’articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.

2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti adottati in attuazione del medesimo comma alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la pubblicazione.

Sezione II – Accesso alla dirigenza e riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione

28.  Accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia (82).

(Art. 28 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 8 del D.Lgs. n. 470 del 1993, poi dall’art. 15 del D.Lgs. n. 546 del 1993, successivamente modificato dall’art. 5-bis del decreto legge n. 163 del 1995, convertito con modificazioni della legge n. 273 del 1995, e poi nuovamente sostituito dall’art. 10 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. L’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.

2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del dottorato di ricerca o del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del dottorato di ricerca o del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell’articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea (83).

3. Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Al corso-concorso possono essere ammessi dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono essere ammessi, altresì, dipendenti di strutture private, collocati in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici, secondo modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti devono essere muniti del diploma di laurea e avere maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa in tali posizioni professionali all’interno delle strutture stesse (84).

4. Il corso di cui al comma 3 ha la durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di esame, da un semestre di applicazione presso amministrazioni pubbliche o private. Al termine, i candidati sono sottoposti ad un esame-concorso finale. Ai partecipanti al corso e al periodo di applicazione è corrisposta una borsa di studio a carico della Scuola superiore della pubblica amministrazione (85).

5. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica sentita, per la parte relativa al corso-concorso, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, sono definiti:

a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili, riservate al concorso per esami e, in misura non inferiore al 30 per cento, al corso-concorso;

b) la percentuale di posti che possono essere riservati al personale di ciascuna amministrazione che indice i concorsi pubblici per esami;

c) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici;

d) le modalità di svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate nonché, nella fase di prima applicazione del concorso di cui al comma 2, una riserva di posti non superiore al 30 per cento per il personale appartenente da almeno quindici anni alla qualifica apicale, comunque denominata, della carriera direttiva;

e) l’ammontare delle borse di studio per i partecipanti al corso-concorso (86).

6. I vincitori dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287. Tale ciclo può comprendere anche l’applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Il medesimo ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi, può svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.

7. In coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le amministrazioni di cui al comma 1 comunicano, entro il 30 giugno di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri ruoli dei dirigenti. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 luglio di ciascun anno, comunica alla Scuola superiore della pubblica amministrazione i posti da coprire mediante corso-concorso di cui al comma 3. Il corso-concorso è bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione entro il 31 dicembre di ciascun anno (87).

7-bis. Le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici comunicano, altresì, entro il 30 giugno di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica i dati complessivi e riepilogativi relativi ai ruoli, alla dotazione organica, agli incarichi dirigenziali conferiti, anche ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, nonché alle posizioni di comando, fuori ruolo, aspettativa e mobilità, con indicazione della decorrenza e del termine di scadenza. Le informazioni sono comunicate e tempestivamente aggiornate per via telematica a cura delle amministrazioni interessate, con inserimento nella banca dati prevista dall’articolo 23, comma 2, secondo le modalità individuate con circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica (88).

8. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

9. Per le finalità di cui al presente articolo, è attribuito alla Scuola superiore della pubblica amministrazione un ulteriore contributo di 1.500 migliaia di euro a decorrere dall’anno 2002.

10. All’onere derivante dall’attuazione del comma 9, pari a 1.500 migliaia di euro a decorrere dall’anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’àmbito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero (89).

(82) Rubrica così sostituita dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 46, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(83) Comma così modificato prima dall’art. 14, L. 29 luglio 2003, n. 229 e poi dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 46, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Il presente comma era stato modificato anche dall’art. 25, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione.

(84)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 29 settembre 2004, n. 295.

(85)  Comma così modificato dall’art. 34, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(86)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272. Vedi, anche, il D.P.C.M. 18 maggio 2005.

(87)  Comma così sostituito dall’art. 34, comma 25, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(88)  Comma aggiunto dall’art. 3-bis, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(89)  Articolo così sostituito dall’art. 3, comma 5, L. 15 luglio 2002, n. 145. Il regolamento recante le modalità per l’ammissione al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale di cui al presente articolo è stato adottato con D.P.C.M. 11 febbraio 2004, n. 118.

28-bis.  Accesso alla qualifica di dirigente della prima fascia.

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 19, comma 4, l’accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene, per il cinquanta per cento dei posti, calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni anno per la cessazione dal servizio dei soggetti incaricati, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere della Scuola superiore della pubblica amministrazione.

2. Nei casi in cui lo svolgimento dei relativi incarichi richieda specifica esperienza e peculiare professionalità, alla copertura di singoli posti e comunque di una quota non superiore alla metà di quelli da mettere a concorso ai sensi del comma 1 si può provvedere, con contratti di diritto privato a tempo determinato, attraverso concorso pubblico aperto ai soggetti in possesso dei requisiti professionali e delle attitudini manageriali corrispondenti al posto di funzione da coprire. I contratti sono stipulati per un periodo non superiore a tre anni.

3. Al concorso per titoli ed esami di cui al comma 1 possono essere ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che abbiano maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso, con riferimento alle specifiche esigenze dell’Amministrazione e sulla base di criteri generali di equivalenza stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere della Scuola superiore della pubblica amministrazione, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. A tale fine le amministrazioni che bandiscono il concorso tengono in particolare conto del personale di ruolo che ha esercitato per almeno cinque anni funzioni di livello dirigenziale generale all’interno delle stesse ovvero del personale appartenente all’organico dell’Unione europea in virtù di un pubblico concorso organizzato da dette istituzioni.

4. I vincitori del concorso di cui al comma 1 sono assunti dall’amministrazione e, anteriormente al conferimento dell’incarico, sono tenuti all’espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell’Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale. In ogni caso il periodo di formazione è completato entro tre anni dalla conclusione del concorso.

5. La frequenza del periodo di formazione è obbligatoria ed è a tempo pieno, per una durata pari a sei mesi, anche non continuativi, e si svolge presso gli uffici di cui al comma 4, scelti dal vincitore tra quelli indicati dall’amministrazione.

6. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e sentita la Scuola superiore della pubblica amministrazione, sono disciplinate le modalità di compimento del periodo di formazione, tenuto anche conto di quanto previsto nell’articolo 32.

7. Al termine del periodo di formazione è prevista, da parte degli uffici di cui al comma 4, una valutazione del livello di professionalità acquisito che equivale al superamento del periodo di prova necessario per l’immissione in ruolo di cui all’articolo 70, comma 13.

8. Le spese sostenute per l’espletamento del periodo di formazione svolto presso le sedi estere di cui al comma 4 sono a carico delle singole amministrazioni nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente (90).

(90) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 47, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

29.  Reclutamento dei dirigenti scolastici.

(Art. 28-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 59 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 11, comma 15 della legge n. 124 del 1999)

1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante un corso concorso selettivo di formazione, indetto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, svolto in sede regionale con cadenza periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di moduli di formazione specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi. Al corso concorso è ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, dopo la nomina in ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno sette anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

2. Il numero di posti messi a concorso in sede regionale rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le istituzioni educative è calcolato sommando i posti già vacanti e disponibili per la nomina in ruolo alla data della sua indizione, residuati dopo gli inquadramenti di cui all’articolo 25, ovvero dopo la nomina di tutti i vincitori del precedente concorso, e i posti che si libereranno nel corso del triennio successivo per collocamento a riposo per limiti di età, maggiorati della percentuale media triennale di cessazione dal servizio per altri motivi e di un’ulteriore percentuale del 25 per cento, tenendo conto dei posti da riservare alla mobilità.

3. Il corso concorso, si articola in una selezione per titoli, in un concorso di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame finale. Al concorso di ammissione accedono coloro che superano la selezione per titoli disciplinata dal bando di concorso. Sono ammessi al periodo di formazione i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite del numero dei posti messi a concorso a norma del comma 2 rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le istituzioni educative, maggiorati del dieci per cento. Nel primo corso concorso, bandito per il numero di posti determinato ai sensi del comma 2 dopo l’avvio delle procedure di inquadramento di cui all’articolo 25, il 50 per cento dei posti così determinati è riservato a coloro che abbiano effettivamente ricoperto per almeno un triennio le funzioni di preside incaricato previo superamento di un esame di ammissione a loro riservato. Ai fini dell’accesso al corso di formazione il predetto personale viene graduato tenendo conto dell’esito del predetto esame di ammissione, dei titoli culturali e professionali posseduti e dell’anzianità di servizio maturata quale preside incaricato (91).

4. Il periodo di formazione, di durata non inferiore a quello previsto dal decreto di cui all’articolo 25, comma 2, comprende periodi di tirocinio ed esperienze presso enti e istituzioni; il numero dei moduli di formazione comune e specifica, i contenuti, la durata e le modalità di svolgimento sono disciplinati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d’intesa con il Ministro per la funzione pubblica, che individua anche i soggetti abilitati a realizzare la formazione. Con lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti e i limiti di partecipazione al corso concorso per posti non coerenti con la tipologia del servizio prestato.

5. In esito all’esame finale sono dichiarati vincitori coloro che l’hanno superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso, rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria e per le istituzioni educative. Nel primo corso concorso bandito dopo l’avvio delle procedure d’inquadramento di cui all’articolo 25, il 50 per cento dei posti messi a concorso è riservato al personale in possesso dei requisiti di servizio come preside incaricato indicati al comma 3. I vincitori sono assunti in ruolo nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili, nell’ordine delle graduatorie definitive. In caso di rifiuto della nomina sono depennati dalla graduatoria. L’assegnazione della sede è disposta sulla base dei princìpi del presente decreto, tenuto conto delle specifiche esperienze professionali. I vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l’attività docente. Essi possono essere temporaneamente utilizzati, per la sostituzione dei dirigenti assenti per almeno tre mesi. Dall’anno scolastico successivo alla data di approvazione della prima graduatoria non sono più conferiti incarichi di presidenza.

6. Alla frequenza dei moduli di formazione specifica sono ammessi, nel limite del contingente stabilito in sede di contrattazione collettiva, anche i dirigenti che facciano domanda di mobilità professionale tra i diversi settori. L’accoglimento della domanda è subordinato all’esito positivo dell’esame finale relativo ai moduli frequentati.

7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto col Ministro per la funzione pubblica sono definiti i criteri per la composizione delle commissioni esaminatrici (92) (93).

(91)  Vedi, anche, i commi da 8 a 11 dell’art. 22, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(92)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.P.C.M. 30 maggio 2001, n. 341. Vedi, anche, il D.Dirett. 20 gennaio 2003 e l’art. 8-bis, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(93) Per l’abrogazione parziale delle disposizioni di cui al presente articolo vedi l’art. 12, D.P.R. 10 luglio 2008, n. 140.

Capo III – Uffici, piante organiche, mobilità e accessi

29-bis.  Mobilità intercompartimentale

1. Al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle pubbliche amministrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, sentite le Organizzazioni sindacali è definita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione (94).

(94) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 48, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

30.  Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

(Art. 33 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 13 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 18 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 20, comma 2 della legge n. 488 del 1999)

1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Le amministrazioni devono in ogni caso rendere pubbliche le disponibilità dei posti in organico da ricoprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni, fissando preventivamente i criteri di scelta. Il trasferimento è disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità in possesso del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire (95).

1-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 2, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e previa intesa con la conferenza unificata, sentite le confederazioni sindacali rappresentative, sono disposte le misure per agevolare i processi di mobilità, anche volontaria, per garantire l’esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico (96).

2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dal comma 1. In ogni caso sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale (97).

2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all’espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all’immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza (98).

2-ter. L’immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli affari esteri, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili (99).

2-quater. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, per fronteggiare le situazioni di emergenza in atto, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti può procedere alla riserva di posti da destinare al personale assunto con ordinanza per le esigenze della Protezione civile e del servizio civile, nell’ambito delle procedure concorsuali di cui all’articolo 3, comma 59, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (100).

2-quinquies. Salvo diversa previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione (101).

2-sexies. Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all’articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali sulla materia, nonché il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto (102).

(95) Comma prima modificato dall’art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246 e poi così sostituito dal comma 1 dell’art. 49, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(96) Comma aggiunto dal comma 2 dell’art. 49, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(97)  Periodo aggiunto dall’art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246.

(98)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(99)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(100)  Comma aggiunto dal comma 1-quater dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(101)  Comma aggiunto dall’art. 16, L. 28 novembre 2005, n. 246.

(102) Comma aggiunto dal comma 2 dell’art. 13, L. 4 novembre 2010, n. 183.

31.  Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività.

(Art. 34 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 19 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

32.  Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all’estero.

(Art. 33-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 11 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d’intesa con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell’Unione europea, degli Stati candidati all’adesione e di altri Stati con cui l’Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell’Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l’Italia aderisce.

2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall’Unione europea o da una organizzazione o ente internazionale.

3. Il personale che presta temporaneo servizio all’estero resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione di appartenenza. L’esperienza maturata all’estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.

33.  Eccedenze di personale e mobilità collettiva.

(Art. 35 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 14 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e dall’art. 16 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 20 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare l’articolo 4, comma 11 e l’articolo 5, commi 1 e 2, e successive modificazioni ed integrazioni.

1-bis. La mancata individuazione da parte del dirigente responsabile delle eccedenze delle unità di personale, ai sensi del comma 1, è valutabile ai fini della responsabilità per danno erariale (103).

2. Il presente articolo trova applicazione quando l’eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in caso di dichiarazione di eccedenza distinte nell’arco di un anno. In caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.

3. La comunicazione preventiva di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La comunicazione deve contenere l’indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all’interno della medesima amministrazione; del numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime.

4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede all’esame delle cause che hanno contribuito a determinare l’eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L’esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente o nell’àmbito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell’àmbito della Provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all’esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall’amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.

5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l’assistenza dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – ARAN, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.

6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell’àmbito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell’articolo 30.

7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell’àmbito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.

8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennità pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell’indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il diritto all’assegno per il nucleo familiare di cui all’articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni (104).

(103) Comma aggiunto dal comma 1 dell’art. 50, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(104) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 25 dell’art. 9, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

34.  Gestione del personale in disponibilità.

(Art. 35-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 21 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro (105).

2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri forma e gestisce l’elenco, avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l’elenco di cui al comma 3.

3. Per le altre amministrazioni, l’elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai princìpi di cui al comma 2.

4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all’indennità di cui all’articolo 33, comma 8, per la durata massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell’indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell’articolo 33. Gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall’amministrazione di appartenenza all’ente previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.

5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell’articolo 33 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria.

6. Nell’àmbito della programmazione triennale del personale di cui all’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nell’apposito elenco.

7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione del personale nell’esercizio successivo.

8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, relative al collocamento in disponibilità presso gli enti che hanno dichiarato il dissesto.

(105)  Comma così sostituito dal comma 1-quinquies dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

34-bis.  Disposizioni in materia di mobilità del personale.

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall’articolo 3, comma 1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti di cui all’articolo 34, commi 2 e 3, l’area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all’articolo 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione, ad assegnare secondo l’anzianità di iscrizione nel relativo elenco il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33 e 34. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l’assenza negli appositi elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso il personale inserito nell’elenco previsto dall’articolo 34, comma 2. A seguito dell’assegnazione, l’amministrazione destinataria iscrive il dipendente in disponibilità nel proprio ruolo e il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso (106).

3. Le amministrazioni possono provvedere a organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.

4. Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 1 da parte del Dipartimento della funzione pubblica direttamente per le amministrazioni dello Stato e per gli enti pubblici non economici nazionali, comprese le università, e per conoscenza per le altre amministrazioni, possono procedere all’avvio della procedura concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l’assegnazione di personale ai sensi del comma 2 (107).

5. Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo sono nulle di diritto. Restano ferme le disposizioni previste dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni (108).

5-bis. Ove se ne ravvisi l’esigenza per una più tempestiva ricollocazione del personale in disponibilità iscritto nell’elenco di cui all’articolo 34, comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica effettua ricognizioni presso le amministrazioni pubbliche per verificare l’interesse all’acquisizione in mobilità dei medesimi dipendenti. Si applica l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 12 maggio 1995, n. 163, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1995, n. 273 (109) (110).

(106)  Comma così sostituito dal comma 1-sexies dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(107)  Comma così modificato dal comma 1-septies dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(108)  Articolo aggiunto dall’art. 7, L. 16 gennaio 2003, n. 3.

(109)  Comma aggiunto dal comma 1-octies dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(110)  In deroga alle disposizioni contenute nel presente articolo vedi il comma 247 dell’art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

35.  Reclutamento del personale.

(Art. 36, commi da 1 a 6 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall’art. 17 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 22 del D.Lgs. n. 80 del 1998, successivamente modificati dall’art. 2, comma 2-ter del decreto-legge 17 giugno 1999, n. 180 convertito con modificazioni dalla legge n. 269 del 1999; Art. 36-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 23 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 274, comma 1 lettera aa) del D.Lgs. n. 267 del 2000)

1. L’assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:

a) tramite procedure selettive, conformi ai princìpi del comma 3, volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno;

b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.

2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell’ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell’espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.

3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi:

a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori (111);

d) decentramento delle procedure di reclutamento;

e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.

4. Le determinazioni relative all’avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (112) (113).

4-bis. L’avvio delle procedure concorsuali mediante l’emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di cui al comma 4 si applica anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti finanziari, nonché dei criteri previsti dall’articolo 36 (114).

5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per l’accesso alle varie professionalità (115).

5-bis. I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi (116).

5-ter. Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali. Il principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato (117).

6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all’articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, e successive modificazioni ed integrazioni.

7. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei princìpi fissati dai commi precedenti (118).

(111) Vedi, anche, la Dir.Min. 23 maggio 2007.

(112)  Periodo così sostituito dal comma 104 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(113)  Le determinazioni relative all’avvio delle procedure di reclutamento di cui al presente comma sono state adottate:

– per il Ministero degli affari esteri, con D.P.R. 17 aprile 2002 (Gazz. Uff. 20 giugno 2002, n. 143), con D.P.R. 12 maggio 2003 (Gazz. Uff. 8 luglio 2003, n. 156), con D.P.R. 1° giugno 2004 (Gazz. Uff. 14 luglio 2004, n. 163) e con D.P.C.M. 26 luglio 2005.

– per il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con D.P.R. 21 ottobre 2002 (Gazz. Uff. 20 gennaio 2003, n. 15) e con D.P.R. 3 luglio 2004 (Gazz. Uff. 2 settembre 2004, n. 206);

– per il Ministero della giustizia, con D.P.R. 12 maggio 2003 (Gazz. Uff. 8 luglio 2003, n. 156);

– per il Ministero dell’interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso e della difesa civile, con D.P.R. 1° giugno 2004 (Gazz. Uff. 14 luglio 2004, n. 163);

– per i Ministeri, gli enti pubblici non economici, le agenzie e gli enti di ricerca con D.P.C.M. 4 agosto 2005;

– per i Ministeri, gli enti pubblici non economici e le agenzie con D.P.C.M. 16 gennaio 2007;

– per i Ministeri e gli enti pubblici non economici con D.P.C.M. 11 marzo 2008;

– per il Ministero dell’economia e delle finanze con D.P.C.M. 5 giugno 2009;

– per varie amministrazioni con D.P.C.M. 26 ottobre 2009.

Vedi, anche, la Dir.Min. 3 novembre 2005, n. 3/05.

(114)  Comma aggiunto dall’art. 4, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4.

(115)  Vedi, anche, la Dir.Min. 26 febbraio 2002.

(116)  Comma aggiunto dal comma 230 dell’art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(117) Comma aggiunto dal comma 87 dell’art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244 e poi così modificato dal comma 1 dell’art. 51, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. In deroga al presente comma vedi l’art. 24-quater, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(118) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 2 dell’art. 1, O.P.C.M. 19 giugno 2008, n. 3685.

36.  Utilizzo di contratti di lavoro flessibile.

1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.

2. Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla lettera d), del comma 1, dell’articolo 70 del decreto legislativo n. 276/2003, e successive modificazioni ed integrazioni, in applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dall’articolo 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall’articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 per quanto riguarda la somministrazione di lavoro ed il lavoro accessorio di cui alla lettera d), del comma 1, dell’articolo 70 del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile. Non è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali (119).

3. Al fine di combattere gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, le amministrazioni redigono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato (120).

4. Le amministrazioni pubbliche comunicano, nell’ambito del rapporto di cui al precedente comma 3, anche le informazioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili (121).

5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono responsabili anche ai sensi dell’articolo 21 del presente decreto. Di tali violazioni si terrà conto in sede di valutazione dell’operato del dirigente ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (122).

5-bis. Le disposizioni previste dall’articolo 5, commi 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 si applicano esclusivamente al personale reclutato secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b), del presente decreto (123) (124).

(119) Comma così modificato dall’art. 17, comma 26, lett. a), D.L. 1° luglio 2009, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(120) Comma così sostituito dall’art. 17, comma 26, lett. b), D.L. 1° luglio 2009, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(121) Comma così sostituito dall’art. 17, comma 26, lett. c), D.L. 1° luglio 2009, n. 78. Vedi, anche, la Dir.Stato 16 febbraio 2010, n. 2/2010.

(122) Articolo prima modificato dall’art. 4, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, come modificato dalla relativa legge di conversione, poi così sostituito dal comma 79 dell’art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244 ed infine così sostituito dall’art. 49, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, anche, i commi 345 e 346 dell’art. 1 della stessa legge n. 244 del 2007 e il comma 2 dell’art. 1, O.P.C.M. 19 giugno 2008, n. 3685.

(123) Comma aggiunto dall’art. 17, comma 26, lett. d), D.L. 1° luglio 2009, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(124) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi il comma 11 dell’art. 1, D.L. 4 novembre 2009, n. 152.

37.  Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei concorsi pubblici.

(Art. 36-ter del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 13 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, prevedono l’accertamento della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera.

2. Per i dirigenti il regolamento di cui all’articolo 28 definisce il livello di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo accertamento.

3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti i livelli di conoscenza, anche in relazione alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità per l’accertamento della conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica.

38.  Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea.

(Art. 37 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificato dall’art. 24 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti indispensabili all’accesso dei cittadini di cui al comma 1.

3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, all’equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si stabilisce l’equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell’ammissione al concorso e della nomina.

39.  Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per portatori di handicap.

(Art. 42 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificato prima dall’art. 43, comma 1 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall’art. 22, comma 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Le amministrazioni pubbliche promuovono o propongono programmi di assunzione per portatori di handicap ai sensi dell’articolo 11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sulla base delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 45, comma 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 con le decorrenze previste dall’articolo 10, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (125).

(125) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Provv. 16 novembre 2006, n. 992/CU.

TITOLO III

Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale

40.  Contratti collettivi nazionali e integrativi.

(Art. 45 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 15 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 1 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall’art. 43, comma 1 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell’articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonché quelle di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421. Nelle materie relative alle sanzioni disciplinari, alla valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio, della mobilità e delle progressioni economiche, la contrattazione collettiva è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di legge (126).

2. Tramite appositi accordi tra l’ARAN e le Confederazioni rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41, comma 5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono definiti fino a un massimo di quattro comparti di contrattazione collettiva nazionale, cui corrispondono non più di quattro separate aree per la dirigenza. Una apposita sezione contrattuale di un’area dirigenziale riguarda la dirigenza del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per gli effetti di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Nell’ambito dei comparti di contrattazione possono essere costituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalità (127).

3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica (128).

3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dell’articolo 7, comma 5, e dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance ai sensi dell’articolo 45, comma 3. A tale fine destina al trattamento economico accessorio collegato alla performance individuale una quota prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato. Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. I contratti collettivi nazionali definiscono il termine delle sessioni negoziali in sede decentrata. Alla scadenza del termine le parti riassumono le rispettive prerogative e libertà di iniziativa e decisione (129).

3-ter. Al fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, qualora non si raggiunga l’accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, l’amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione. Agli atti adottati unilateralmente si applicano le procedure di controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall’articolo 40-bis (130).

3-quater. La Commissione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, fornisce, entro il 31 maggio di ogni anno, all’ARAN una graduatoria di performance delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali. Tale graduatoria raggruppa le singole amministrazioni, per settori, su almeno tre livelli di merito, in funzione dei risultati di performance ottenuti. La contrattazione nazionale definisce le modalità di ripartizione delle risorse per la contrattazione decentrata tra i diversi livelli di merito assicurando l’invarianza complessiva dei relativi oneri nel comparto o nell’area di contrattazione (131).

3-quinquies. La contrattazione collettiva nazionale dispone, per le amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 41, le modalità di utilizzo delle risorse indicate all’articolo 45, comma 3-bis, individuando i criteri e i limiti finanziari entro i quali si deve svolgere la contrattazione integrativa. Le regioni, per quanto concerne le proprie amministrazioni, e gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di analoghi strumenti del contenimento della spesa. Lo stanziamento delle risorse aggiuntive per la contrattazione integrativa è correlato all’effettivo rispetto dei principi in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance e in materia di merito e premi applicabili alle regioni e agli enti locali secondo quanto previsto dagli articoli 16 e 31 del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva. Le disposizioni del presente comma trovano applicazione a decorrere dai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni (132).

3-sexies. A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell’economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui all’articolo 40-bis, comma 1 (133).

4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti (134).

(126) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(127) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Precedentemente, il comma 2 era stato modificato dall’art. 7, comma 4, L. 15 luglio 2002, n. 145, dall’art. 14, L. 29 luglio 2003, n. 229 e dal comma 125 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(128) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(129) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(130) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(131) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(132) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(133) Gli attuali commi da 1 a 3-sexies così sostituiscono gli originari commi da 1 a 3 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 54, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(134) Il presente articolo era stato modificato, con l’aggiunta del comma 2-bis, dall’art. 10, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione.

40-bis.  Controlli in materia di contrattazione integrativa.

1. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori è effettuato dal collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti. Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo.

2. Per le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché per gli enti pubblici non economici e per gli enti e le istituzioni di ricerca con organico superiore a duecento unità, i contratti integrativi sottoscritti, corredati da una apposita relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa certificate dai competenti organi di controllo previsti dal comma 1, sono trasmessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che, entro trenta giorni dalla data di ricevimento, ne accertano, congiuntamente, la compatibilità economico-finanziaria, ai sensi del presente articolo e dell’articolo 40, comma 3-quinquies. Decorso tale termine, che può essere sospeso in caso di richiesta di elementi istruttori, la delegazione di parte pubblica può procedere alla stipula del contratto integrativo. Nel caso in cui il riscontro abbia esito negativo, le parti riprendono le trattative.

3. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, inviano entro il 31 maggio di ogni anno, specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa, certificate dagli organi di controllo interno, al Ministero dell’economia e delle finanze, che predispone, allo scopo, uno specifico modello di rilevazione, d’intesa con la Corte dei conti e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica. Tali informazioni sono volte ad accertare, oltre il rispetto dei vincoli finanziari in ordine sia alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa sia all’evoluzione della consistenza dei fondi e della spesa derivante dai contratti integrativi applicati, anche la concreta definizione ed applicazione di criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell’impegno e della qualità della performance individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche. Le informazioni sono trasmesse alla Corte dei conti che, ferme restando le ipotesi di responsabilità eventualmente ravvisabili le utilizza, unitamente a quelle trasmesse ai sensi del Titolo V, anche ai fini del referto sul costo del lavoro.

4. Le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di pubblicare in modo permanente sul proprio sito istituzionale, con modalità che garantiscano la piena visibilità e accessibilità delle informazioni ai cittadini, i contratti integrativi stipulati con la relazione tecnico-finanziaria e quella illustrativa certificate dagli organi di controllo di cui al comma 1, nonché le informazioni trasmesse annualmente ai sensi del comma 3. La relazione illustrativa, fra l’altro, evidenzia gli effetti attesi in esito alla sottoscrizione del contratto integrativo in materia di produttività ed efficienza dei servizi erogati, anche in relazione alle richieste dei cittadini. Il Dipartimento per la funzione pubblica di intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze e in sede di Conferenza unificata predispone un modello per la valutazione, da parte dell’utenza, dell’impatto della contrattazione integrativa sul funzionamento dei servizi pubblici, evidenziando le richieste e le previsioni di interesse per la collettività. Tale modello e gli esiti della valutazione vengono pubblicati sul sito istituzionale delle amministrazioni pubbliche interessate dalla contrattazione integrativa.

5. Ai fini dell’articolo 46, comma 4, le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all’ARAN, per via telematica, entro cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale con l’allegata relazione tecnico-finanziaria ed illustrativa e con l’indicazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio. I predetti testi contrattuali sono altresì trasmessi al CNEL.

6. Il Dipartimento della funzione pubblica, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell’economia e delle finanze e la Corte dei conti possono avvalersi ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, di personale in posizione di fuori ruolo o di comando per l’esercizio delle funzioni di controllo sulla contrattazione integrativa.

7. In caso di mancato adempimento delle prescrizioni del presente articolo, oltre alle sanzioni previste dall’articolo 60, comma 2, è fatto divieto alle amministrazioni di procedere a qualsiasi adeguamento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa. Gli organi di controllo previsti dal comma 1 vigilano sulla corretta applicazione delle disposizioni del presente articolo (135).

(135) Articolo aggiunto dal comma 2 dell’art. 17, L. 28 dicembre 2001, n. 448, modificato dall’art. 14, L. 16 gennaio 2003, n. 3 e così sostituito dal comma 1 dell’art. 55, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

41.  Poteri di indirizzo nei confronti dell’ARAN.

(Art. 46 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato prima dall’art. 44, comma 3 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall’art. 55 del D.Lgs. n. 300 del 1999; Art. 44, comma 8 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Il potere di indirizzo nei confronti dell’ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale sono esercitati dalle pubbliche amministrazioni attraverso le proprie istanze associative o rappresentative, le quali costituiscono comitati di settore che regolano autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all’ARAN o di parere sull’ipotesi di accordo nell’ambito della procedura di contrattazione collettiva di cui all’articolo 47, si considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.

2. È costituito un comitato di settore nell’ambito della Conferenza delle Regioni, che esercita, per uno dei comparti di cui all’articolo 40, comma 2, le competenze di cui al comma 1, per le regioni, i relativi enti dipendenti, e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale; a tale comitato partecipa un rappresentante del Governo, designato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali per le competenze delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale. È costituito un comitato di settore nell’ambito dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (ANCI), dell’Unione delle province d’Italia (UPI) e dell’Unioncamere che esercita, per uno dei comparti di cui all’articolo 40, comma 2, le competenze di cui al comma 1, per i dipendenti degli enti locali, delle Camere di commercio e dei segretari comunali e provinciali.

3. Per tutte le altre amministrazioni opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Al fine di assicurare la salvaguardia delle specificità delle diverse amministrazioni e delle categorie di personale ivi comprese, gli indirizzi sono emanati per il sistema scolastico, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché, per i rispettivi ambiti di competenza, sentiti i direttori delle Agenzie fiscali, la Conferenza dei rettori delle università italiane; le istanze rappresentative promosse dai presidenti degli enti di ricerca e degli enti pubblici non economici ed il presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

4. Rappresentanti designati dai Comitati di settore possono assistere l’ARAN nello svolgimento delle trattative. I comitati di settore possono stipulare con l’ARAN specifici accordi per i reciproci rapporti in materia di contrattazione e per eventuali attività in comune. Nell’ambito del regolamento di organizzazione dell’ARAN per assicurare il miglior raccordo tra i Comitati di settore delle Regioni e degli enti locali e l’ARAN, a ciascun comitato corrisponde una specifica struttura, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

5. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o le aree di contrattazione collettiva di cui all’articolo 40, comma 2, o che regolano istituti comuni a più comparti le funzioni di indirizzo e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitate collegialmente dai comitati di settore (136).

(136) Articolo prima modificato dall’art. 3, D.Lgs. 3 luglio 2003, n. 173 e poi così sostituito dal comma 1 dell’art. 56, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

42.  Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro.

(Art. 47 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. n. 396 del 1997)

1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l’attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei criteri di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell’attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell’esercizio della contrattazione collettiva.

2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell’articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell’articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Ad esse spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge n. 300 del 1970, e le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi.

3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.

4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l’ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 43, sono definite la composizione dell’organismo di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con esclusione della prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri dell’articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano costituite in associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l’elezione e il funzionamento dell’organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori (137).

5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi possono altresì prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.

6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e del presente decreto. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l’elezione e il funzionamento dell’organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.

7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall’articolo 9 o da altre disposizioni della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresì prevedere che, ai fini dell’esercizio della contrattazione collettiva integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto.

8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con pluralità di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.

9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, per la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti o strutture amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni, agli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa area contrattuale.

10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell’articolo 40, comma 2, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l’istituzione. tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti dell’organismo, di specifici collegi elettorali.

11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell’àmbito della provincia di Bolzano e della regione Valle d’Aosta, si applica quanto previsto dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989 n. 430.

(137) In deroga a quanto previsto dal presente comma vedi il comma 3 dell’art. 65, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

43.  Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva.

(Art. 47-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 396 del 1997, modificato dall’art. 44, comma 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998; Art. 44 comma 7 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 22, comma 4 del D.Lgs n. 387 del 1998)

1. L’ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell’area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell’àmbito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell’àmbito considerato.

2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.

3. L’ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l’ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all’ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell’area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo àmbito.

4. L’ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi del comma 1.

5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all’articolo 40, commi 3-bis e seguenti, dai contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall’articolo 42, comma 7, per gli organismi di rappresentanza unitaria del personale (138).

6. Agli effetti dell’accordo tra l’ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dall’articolo 50, comma 1, e dei contratti collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell’area.

7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall’ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell’anno considerato sono rilevati e trasmessi all’ARAN non oltre il 31 marzo dell’anno successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell’organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe l’ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni.

8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è istituito presso l’ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale.

9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell’area.

10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro – CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque giorni dalla ricezione.

11. Ai fini delle deliberazioni, l’ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.

12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed integrative.

13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle regioni Valle D’Aosta e Friuli-Venezia Giulia, riconosciuti rappresentativi agli effetti di speciali disposizioni di legge regionale e provinciale o di attuazione degli Statuti, spettano, eventualmente anche con forme di rappresentanza in comune, i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti per le organizzazioni sindacali considerate rappresentative in base al presente decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano anche lavoratori delle minoranze linguistiche della provincia di Bolzano e della regione della Val d’Aosta, i criteri per la determinazione della rappresentatività si riferiscono esclusivamente ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati.

(138) Comma così modificato dal comma 1 dell’art. 64, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

44.  Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro.

(Art. 48 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 16 del D.Lgs n. 470 del 1993)

1. In attuazione dell’articolo 2, comma 1 lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la contrattazione collettiva nazionale definisce nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini dell’organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2. Sono abrogate le norme che prevedono ogni forma di rappresentanza, anche elettiva, del personale nei consigli di amministrazione delle predette amministrazioni pubbliche, nonché nelle commissioni di concorso. La contrattazione collettiva nazionale indicherà forme e procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del personale e organismi di gestione, comunque denominati.

45.  Trattamento economico.

(Art. 49 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 23 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto all’articolo 40, commi 3-ter e 3-quater, e all’articolo 47-bis, comma 1, è definito dai contratti collettivi (139).

2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.

3. I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le disposizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori collegati:

a) alla performance individuale;

b) alla performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo complesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’amministrazione;

c) all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute (140).

3-bis. Per premiare il merito e il miglioramento della performance dei dipendenti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sono destinate, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, apposite risorse nell’ambito di quelle previste per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro (141).

4. I dirigenti sono responsabili dell’attribuzione dei trattamenti economici accessori.

5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano all’estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri.

(139) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 57, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(140) Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 57, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(141) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 57, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

46.  Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.

(Art. 50, commi da 1 a 12 e 16 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti prima dall’art. 17 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 2 del D.Lgs. n. 396 del 1997)

1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni – ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva nazionale. L’ARAN esercita a livello nazionale, in base agli indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 41 e 47, ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Sottopone alla valutazione della commissione di garanzia dell’attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni e integrazioni, gli accordi nazionali sulle prestazioni indispensabili ai sensi dell’articolo 2 della legge citata.

2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell’assistenza dell’ARAN ai fini della contrattazione integrativa. Sulla base di apposite intese, l’assistenza può essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello stesso àmbito territoriale. Su richiesta dei comitati di settore, in relazione all’articolazione della contrattazione collettiva integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi determinati, delegazioni dell’ARAN su base regionale o pluriregionale.

3. L’ARAN cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione necessarie all’esercizio della contrattazione collettiva. Predispone a cadenza semestrale, ed invia al Governo, ai comitati di settore dei comparti regioni e autonomie locali e sanità e alle commissioni parlamentari competenti, un rapporto sull’evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti. A tale fine l’ARAN si avvale della collaborazione dell’ISTAT per l’acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione di modelli statistici di rilevazione. L’ARAN si avvale, altresì, della collaborazione del Ministero dell’economia e delle finanze che garantisce l’accesso ai dati raccolti in sede di predisposizione del bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo del lavoro pubblico (142).

4. L’ARAN effettua il monitoraggio sull’applicazione dei contratti collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa e presenta annualmente al Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero dell’economia e delle finanze nonché ai comitati di settore, un rapporto in cui verifica l’effettività e la congruenza della ripartizione fra le materie regolate dalla legge, quelle di competenza della contrattazione nazionale e quelle di competenza dei contratti integrativi nonché le principali criticità emerse in sede di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa (143).

5. Sono organi dell’ARAN:

a) il Presidente;

b) il Collegio di indirizzo e controllo (144).

6. Il Presidente dell’ARAN è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione previo parere della Conferenza unificata. Il Presidente rappresenta l’agenzia ed è scelto fra esperti in materia di economia del lavoro, diritto del lavoro, politiche del personale e strategia aziendale, anche estranei alla pubblica amministrazione, nel rispetto delle disposizioni riguardanti le incompatibilità di cui al comma 7-bis. Il Presidente dura in carica quattro anni e può essere riconfermato per una sola volta. La carica di Presidente è incompatibile con qualsiasi altra attività professionale a carattere continuativo; se dipendente pubblico, è collocato in aspettativa o in posizione di fuori ruolo secondo l’ordinamento dell’amministrazione di appartenenza (145).

7. Il collegio di indirizzo e controllo è costituito da quattro componenti scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla pubblica amministrazione e dal presidente dell’Agenzia che lo presiede; due di essi sono designati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta, rispettivamente, del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri due, rispettivamente, dall’ANCI e dall’UPI e dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome. Il collegio coordina la strategia negoziale e ne assicura l’omogeneità, assumendo la responsabilità per la contrattazione collettiva e verificando che le trattative si svolgano in coerenza con le direttive contenute negli atti di indirizzo. Nell’esercizio delle sue funzioni il collegio delibera a maggioranza, su proposta del presidente. Il collegio dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono essere riconfermati per una sola volta (146).

7-bis. Non possono far parte del collegio di indirizzo e controllo né ricoprire funzioni di presidente, persone che rivestano incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici ovvero che ricoprano o abbiano ricoperto nei cinque anni precedenti alla nomina cariche in organizzazioni sindacali. L’incompatibilità si intende estesa a qualsiasi rapporto di carattere professionale o di consulenza con le predette organizzazioni sindacali o politiche. L’assenza delle predette cause di incompatibilità costituisce presupposto necessario per l’affidamento degli incarichi dirigenziali nell’agenzia (147).

8. Per la sua attività, l’ARAN si avvale:

a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle singole amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio. La misura annua del contributo individuale è definita, sentita l’ARAN, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione, d’intesa con la Conferenza unificata ed è riferita a ciascun triennio contrattuale (148) (149);

b) di quote per l’assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne avvalgano.

9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata:

a) per le amministrazioni dello Stato mediante l’assegnazione di risorse pari all’ammontare dei contributi che si prevedono dovuti nell’esercizio di riferimento. L’assegnazione è effettuata annualmente sulla base della quota definita al comma 8, lettera a), con la legge annuale di bilancio, con imputazione alla pertinente unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze (150);

b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante un sistema di trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, a seconda del comparto, dei Ministri competenti, nonché, per gli aspetti di interesse regionale e locale, previa intesa espressa dalla Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città.

10. L’ARAN ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio. Affluiscono direttamente al bilancio dell’ARAN i contributi di cui al comma 8. L’ARAN definisce con propri regolamenti le norme concernenti l’organizzazione interna, il funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al controllo del Dipartimento della funzione pubblica e del Ministero dell’economia e delle finanze, adottati d’intesa con la Conferenza unificata, da esercitarsi entro quarantacinque giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è soggetta al controllo consuntivo della Corte dei conti (151).

11. Il ruolo del personale dipendente dell’ARAN è definito in base ai regolamenti di cui al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si provvede nell’àmbito delle disponibilità di bilancio tramite concorsi pubblici, ovvero mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, regolati dalle norme di diritto privato (152).

12. L’ARAN può altresì avvalersi di un contingente di personale, anche di qualifica dirigenziale, proveniente dalle pubbliche amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o fuori ruolo in base ai regolamenti di cui al comma 10. I dipendenti comandati o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed il trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono attribuite dall’ARAN, secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci retributive accessorie, ivi compresa la produttività per il personale non dirigente e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo è disposto secondo le disposizioni vigenti nonché ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. L’ARAN può utilizzare, sulla base di apposite intese, anche personale direttamente messo a disposizione dalle amministrazioni e dagli enti rappresentati, con oneri a carico di questi. L’ARAN può avvalersi di esperti e collaboratori esterni con modalità di rapporto stabilite con i regolamenti adottati ai sensi del comma 10, nel rispetto dell’articolo 7, commi 6 e seguenti (153).

13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero dell’assistenza dell’ARAN ai sensi del comma 2.

(142) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(143) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(144) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(145) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(146) Comma così sostituito dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(147) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(148) Lettera così modificata dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(149)  All’individuazione dei contributi annuali che le regioni sono tenute a versare all’ARAN si è provveduto, per l’anno 2002, con D.M. 13 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2002, n. 39); per l’anno 2003, con D.M. 12 novembre 2002 (Gazz. Uff. 10 dicembre 2002, n. 289); per l’anno 2004, con D.M. 21 novembre 2003 (Gazz. Uff. 5 dicembre 2003, n. 283); per l’anno 2005, con D.M. 6 dicembre 2004 (Gazz. Uff. 14 dicembre 2004, n. 292); per l’anno 2006, con D.M. 3 febbraio 2006 (Gazz. Uff. 7 marzo 2006, n. 55); per l’anno 2007, con D.M. 11 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 31 ottobre 2006, n. 254); per l’anno 2008, con D.M. 17 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2007, n. 301); per l’anno 2009, con D.M. 11 novembre 2008 (Gazz. Uff. 19 novembre 2008, n. 271); per l’anno 2010, con D.M. 28 ottobre 2009 (Gazz. Uff. 9 dicembre 2009, n. 286).

(150) Lettera così sostituita dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(151) Comma così modificato dalla lettera e) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(152) Comma così modificato dalla lettera f) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(153) Comma così modificato dalla lettera g) del comma 1 dell’art. 58, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

47.  Procedimento di contrattazione collettiva.

(Art. 51 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 18 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 4 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall’art. 14, comma 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998; Art. 44, comma 6 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono emanati dai Comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale.

2. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni di cui all’articolo 41, comma 2, emanati dai rispettivi comitati di settore, sono sottoposti al Governo che, nei successivi venti giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Trascorso inutilmente tale termine l’atto di indirizzo può essere inviato all’ARAN.

3. Sono altresì inviati appositi atti di indirizzo all’ARAN in tutti gli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale. L’ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative.

4. L’ipotesi di accordo è trasmessa dall’ARAN, corredata dalla prescritta relazione tecnica, ai comitati di settore ed al Governo entro 10 giorni dalla data di sottoscrizione. Per le amministrazioni di cui all’articolo 41, comma 2, il comitato di settore esprime il parere sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e indiretti a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate. Fino alla data di entrata in vigore dei decreti di attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Consiglio dei Ministri può esprimere osservazioni entro 20 giorni dall’invio del contratto da parte dell’ARAN. Per le amministrazioni di cui al comma 3 del medesimo articolo 41, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

5. Acquisito il parere favorevole sull’ipotesi di accordo, nonché la verifica da parte delle amministrazioni interessate sulla copertura degli oneri contrattuali, il giorno successivo l’ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all’articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. La Corte dei conti certifica l’attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. L’esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all’ARAN, al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il presidente dell’ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.

6. La Corte dei conti può acquisire elementi istruttori e valutazioni sul contratto collettivo da parte di tre esperti in materia di relazioni sindacali e costo del lavoro individuati dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, tramite il Capo del Dipartimento della funzione pubblica di intesa con il Capo del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nell’ambito di un elenco definito di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Nel caso delle amministrazioni di cui all’articolo 41, comma 2, la designazione di due esperti viene effettuata dall’ANCI, dall’UPI e dalla Conferenza delle Regioni e delle province autonome.

7. In caso di certificazione non positiva della Corte dei conti le parti contraenti non possono procedere alla sottoscrizione definitiva dell’ipotesi di accordo. Nella predetta ipotesi, il Presidente dell’ARAN, d’intesa con il competente comitato di settore, che può dettare indirizzi aggiuntivi, provvede alla riapertura delle trattative ed alla sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo adeguando i costi contrattuali ai fini delle certificazioni. In seguito alla sottoscrizione della nuova ipotesi di accordo si riapre la procedura di certificazione prevista dai commi precedenti. Nel caso in cui la certificazione non positiva sia limitata a singole clausole contrattuali l’ipotesi può essere sottoscritta definitivamente ferma restando l’inefficacia delle clausole contrattuali non positivamente certificate.

8. I contratti e accordi collettivi nazionali, nonché le eventuali interpretazioni autentiche sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana oltre che sul sito dell’ARAN e delle amministrazioni interessate.

9. Dal computo dei termini previsti dal presente articolo sono esclusi i giorni considerati festivi per legge, nonché il sabato (154).

(154) Articolo prima modificato dal comma 1 dell’art. 17, L. 28 dicembre 2001, n. 448, dal comma 548 dell’art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e dall’art. 67, comma 7, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e poi così sostituito dal comma 1 dell’art. 59, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

47-bis. Tutela retributiva per i dipendenti pubblici.

1. Decorsi sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria che dispone in materia di rinnovi dei contratti collettivi per il periodo di riferimento, gli incrementi previsti per il trattamento stipendiale possono essere erogati in via provvisoria previa deliberazione dei rispettivi comitati di settore, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative. salvo conguaglio all’atto della stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

2. In ogni caso a decorrere dal mese di aprile dell’anno successivo alla scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora lo stesso non sia ancora stato rinnovato e non sia stata disposta l’erogazione di cui al comma 1, è riconosciuta ai dipendenti dei rispettivi comparti di contrattazione, nella misura e con le modalità stabilite dai contratti nazionali, e comunque entro i limiti previsti dalla legge finanziaria in sede di definizione delle risorse contrattuali, una copertura economica che costituisce un’anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all’atto del rinnovo contrattuale (155).

(155) Articolo aggiunto dal comma 2 dell’art. 59, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

48.  Disponibilità destinate alla contrattazione collettiva nelle amministrazioni pubbliche e verifica.

(Art. 52 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 19 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 5 del D.Lgs. n. 396 del 1997 e successivamente modificato dall’art. 14, commi da 2 a 4 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all’articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni e integrazioni, l’onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato di cui all’articolo 40, comma 3-bis (156).

2. Per le amministrazioni di cui all’articolo 41, comma 2, nonché per le università italiane, gli enti pubblici non economici e gli enti e le istituzioni di ricerca, ivi compresi gli enti e le amministrazioni di cui all’articolo 70, comma 4, gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei rispettivi bilanci nel rispetto dell’articolo 40, comma 3-quinquies. Le risorse per gli incrementi retributivi per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali delle amministrazioni regionali, locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale sono definite dal Governo, nel rispetto dei vincoli di bilancio, del patto di stabilità e di analoghi strumenti di contenimento della spesa, previa consultazione con le rispettive rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie (157).

3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la quantificazione degli oneri nonché l’indicazione della copertura complessiva per l’intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilità di prorogare l’efficacia temporale del contratto ovvero di sospenderne l’esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa.

4. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato è iscritta in apposito fondo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in ragione dell’ammontare complessivo. In esito alla sottoscrizione dei singoli contratti di comparto, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato a ripartire, con propri decreti, le somme destinate a ciascun comparto mediante assegnazione diretta a favore dei competenti capitoli di bilancio, anche di nuova istituzione per il personale dell’amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai bilanci delle amministrazioni autonome e degli enti in favore dei quali sia previsto l’apporto finanziario dello Stato a copertura dei relativi oneri. Per le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato e per gli altri enti cui si applica il presente decreto, l’autorizzazione di spesa relativa al rinnovo dei contratti collettivi è disposta nelle stesse forme con cui vengono approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di copertura.

5. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 4 devono trovare specifica allocazione nelle entrate dei bilanci delle amministrazioni ed enti beneficiari, per essere assegnate ai pertinenti capitoli di spesa dei medesimi bilanci. I relativi stanziamenti sia in entrata che in uscita non possono essere incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.

6. [Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi dell’articolo 40, comma 3, è effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai sensi del D.Lgs 30 luglio 1999, n. 286] (158).

7. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del presente decreto, la Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali di controllo, verifica periodicamente gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, utilizzando, per ciascun comparto, insiemi significativi di amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti può avvalersi, oltre che dei servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, di esperti designati a sua richiesta da amministrazioni ed enti pubblici.

(156) Comma così modificato dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 60, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, il comma 88 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(157) Comma così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 60, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(158) Comma abrogato dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 60, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

49.  Interpretazione autentica dei contratti collettivi.

(Art. 53 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 24 del D.Lgs n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall’art. 43, comma 1 del D.Lgs n. 80 del 1998)

1. Quando insorgano controversie sull’interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato delle clausole controverse.

2. L’eventuale accordo di interpretazione autentica, stipulato con le procedure di cui all’articolo 47, sostituisce la clausola in questione sin dall’inizio della vigenza del contratto. Qualora tale accordo non comporti oneri aggiuntivi e non vi sia divergenza sulla valutazione degli stessi, il parere del Presidente del Consiglio dei Ministri è espresso tramite il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (159).

(159) Articolo così sostituito dal comma 1 dell’art. 61, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

50.  Aspettative e permessi sindacali.

(Art. 54, commi da 1 a 3 e 5 del D.Lgs n. 29 del 1993, come modificati prima dall’art. 20 del D.Lgs n. 470 del 1993 poi dall’art. 2 del decreto legge n. 254 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 365 del 1996, e, infine, dall’art. 44, comma 5 del D.Lgs n. 80 del 1998)

1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi in un apposito accordo, tra l’ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 43.

2. La gestione dell’accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo sulla base della loro rappresentatività e con riferimento a ciascun comparto e area separata di contrattazione, è demandata alla contrattazione collettiva, garantendo a decorrere dal 1° agosto 1996 in ogni caso l’applicazione della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Per la provincia autonoma di Bolzano si terrà conto di quanto previsto dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58.

3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – il numero complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali.

4. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del personale dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali. I dati riepilogativi dei predetti elenchi sono pubblicati in allegato alla relazione annuale da presentare al Parlamento ai sensi dell’articolo 16 della legge 29 marzo 1983, n. 93.

TITOLO IV

Rapporto di lavoro

51.  Disciplina del rapporto di lavoro.

(Art. 55 del D.Lgs n. 29 del 1993)

1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni degli articoli 2, commi 2 e 3, e 3, comma 1.

2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.

52.  Disciplina delle mansioni.

(Art. 56 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 25 del D.Lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 15 del D.Lgs n. 387 del 1998)

1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione (160).

1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore (161).

1-ter. Per l’accesso alle posizioni economiche apicali nell’ambito delle aree funzionali è definita una quota di accesso nel limite complessivo del 50 per cento da riservare a concorso pubblico sulla base di un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione (162).

2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:

a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.

3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.

4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazioni della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore.

(160) Gli attuali commi da 1 a 1-ter così sostituiscono l’originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 62, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(161) Gli attuali commi da 1 a 1-ter così sostituiscono l’originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 62, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(162) Gli attuali commi da 1 a 1-ter così sostituiscono l’originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 62, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

53.  Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi.

(Art. 58 del D.Lgs n. 29 del 1993, come modificato prima dall’art. 2 del decreto-legge n. 358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del 1993, poi dall’art. 1 del decreto-legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, e, infine, dall’art. 26 del D.Lgs n. 80 del 1998, nonché dall’art. 16 del D.Lgs n. 387 del 1998)

1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall’articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall’articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all’articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina (163).

1-bis. Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni (164).

2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati (165).

3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.

4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l’attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.

5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.

6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all’articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti:

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;

c) dalla partecipazione a convegni e seminari;

d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o fuori ruolo;

f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;

f-bis) da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione (166).

7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l’importo previsto come corrispettivo dell’incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell’amministrazione conferente, è trasferito all’amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell’articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni. All’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.

10. L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L’amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa.

Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l’autorizzazione è subordinata all’intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l’amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall’intesa se l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell’amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.

11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell’anno precedente.

12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l’elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell’anno precedente, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L’elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell’anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.

13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all’anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.

14. Al fine della verifica dell’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione, avente ad oggetto l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza (167).

15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9.

16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi (168) (169).

16-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica può disporre verifiche del rispetto delle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 1, commi 56 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il tramite dell’Ispettorato per la funzione pubblica. A tale fine quest’ultimo opera d’intesa con i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (170).

(163)  Comma prima rettificato con Comunicato 16 ottobre 2001 (Gazz. Uff. 16 ottobre 2001, n. 241) e successivamente così modificato dall’art. 3, comma 8, lettera b), L. 15 luglio 2002, n. 145.

(164) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 52, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(165)  Vedi, anche, il comma 67 dell’art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

(166)  Lettera aggiunta dall’art. 7-novies, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(167) Comma così modificato prima dall’art. 34, D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi dal comma 4 dell’art. 61, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(168) Comma così modificato dall’art. 34, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(169) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi gli articoli 1 e 8, O.P.C.M. 10 giugno 2008, n. 3682.

(170) Comma aggiunto dall’art. 47, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e poi così sostituito dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 52, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

54.  Codice di comportamento.

(Art. 58-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 26 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente sostituito dall’art. 27 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 43, definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.

2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta ufficiale e consegnato al dipendente all’atto dell’assunzione.

3. Le pubbliche amministrazioni formulano all’ARAN indirizzi, ai sensi dell’articolo 41, comma 1 e dell’articolo 70, comma 4, affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi princìpi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.

4. Per ciascuna magistratura e per l’Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico che viene sottoposto all’adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall’organo di autogoverno.

5. L’organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 43 e le associazioni di utenti e consumatori, l’applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell’adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.

6. Sull’applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.

7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo.

55.  Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative.

(Art. 59 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 27 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e successivamente modificato dall’art. 2 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, nonché dall’art. 27, comma 2 e dall’art. 45, comma 16 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all’articolo 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2.

2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.

3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente determinata all’esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l’inizio e la conclusione.

4. Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55-bis, comma 7, e 55-sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55-bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3 (171).

(171) Articolo così sostituito dal comma 1 dell’art. 68, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-bis. Forme e termini del procedimento disciplinare.

1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo.

2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.

3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato.

4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’articolo 55-ter. Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa.

5. Ogni comunicazione al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all’uso della posta elettronica certificata o del fax ed altresì della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo.

6. Nel corso dell’istruttoria, il capo della struttura o l’ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.

7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni.

8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento.

9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro (172).

(172) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-ter. Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale.

1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni di minore gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, primo periodo, non è ammessa la sospensione del procedimento. Per le infrazioni di maggiore gravità, di cui all’articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.

2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.

3. Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell’articolo 55-bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale (173).

(173) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-quater. Licenziamento disciplinare.

1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia;

b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione;

c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio;

d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;

e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;

f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro.

2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54.

3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso (174).

(174) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-quinquies. False attestazioni o certificazioni.

1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto.

2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.

3. La sentenza definitiva di condanna o di applicazione della pena per il delitto di cui al comma 1 comporta, per il medico, la sanzione disciplinare della radiazione dall’albo ed altresì, se dipendente di una struttura sanitaria pubblica o se convenzionato con il servizio sanitario nazionale, il licenziamento per giusta causa o la decadenza dalla convenzione. Le medesime sanzioni disciplinari si applicano se il medico, in relazione all’assenza dal servizio, rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati (175).

(175) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-sexies. Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione e limitazione della responsabilità per l’esercizio dell’azione disciplinare.

1. La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54, comporta l’applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.

2. Fuori dei casi previsti nel comma 1, il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall’amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni di cui all’articolo 33, comma 8, e all’articolo 34, commi 1, 2, 3 e 4. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.

3. Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo.

4. La responsabilità civile eventualmente configurabile a carico del dirigente in relazione a profili di illiceità nelle determinazioni concernenti lo svolgimento del procedimento disciplinare è limitata, in conformità ai principi generali, ai casi di dolo o colpa grave (176).

(176) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-septies. Controlli sulle assenze.

1. Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

2. In tutti i casi di assenza per malattia la certificazione medica è inviata per via telematica, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria che la rilascia, all’Istituto nazionale della previdenza sociale, secondo le modalità stabilite per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato dalla normativa vigente, e in particolare dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dall’articolo 50, comma 5-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, introdotto dall’articolo 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dal predetto Istituto è immediatamente inoltrata, con le medesime modalità, all’amministrazione interessata.

3. L’Istituto nazionale della previdenza sociale, gli enti del servizio sanitario nazionale e le altre amministrazioni interessate svolgono le attività di cui al comma 2 con le risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4. L’inosservanza degli obblighi di trasmissione per via telematica della certificazione medica concernente assenze di lavoratori per malattia di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare e, in caso di reiterazione, comporta l’applicazione della sanzione del licenziamento ovvero, per i medici in rapporto convenzionale con le aziende sanitarie locali, della decadenza dalla convenzione, in modo inderogabile dai contratti o accordi collettivi.

5. L’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, sono stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (177).

6. Il responsabile della struttura in cui il dipendente lavora nonché il dirigente eventualmente preposto all’amministrazione generale del personale, secondo le rispettive competenze, curano l’osservanza delle disposizioni del presente articolo, in particolare al fine di prevenire o contrastare, nell’interesse della funzionalità dell’ufficio, le condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli articoli 21 e 55-sexies, comma 3 (178).

(177) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 18 dicembre 2009, n. 206.

(178) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Sull’applicabilità delle disposizioni contenute nel presente articolo vedi il comma 1 dell’art. 25, L. 4 novembre 2010, n. 183.

55-octies. Permanente inidoneità psicofisica.

1. Nel caso di accertata permanente inidoneità psicofisica al servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 2, comma 2, l’amministrazione può risolvere il rapporto di lavoro. Con regolamento da emanarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati, per il personale delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, nonché degli enti pubblici non economici:

a) la procedura da adottare per la verifica dell’idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell’Amministrazione;

b) la possibilità per l’amministrazione, nei casi di pericolo per l’incolumità del dipendente interessato nonché per la sicurezza degli altri dipendenti e degli utenti, di adottare provvedimenti di sospensione cautelare dal servizio, in attesa dell’effettuazione della visita di idoneità, nonché nel caso di mancata presentazione del dipendente alla visita di idoneità, in assenza di giustificato motivo;

c) gli effetti sul trattamento giuridico ed economico della sospensione di cui alla lettera b), nonché il contenuto e gli effetti dei provvedimenti definitivi adottati dall’amministrazione in seguito all’effettuazione della visita di idoneità;

d) la possibilità, per l’amministrazione, di risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto, da parte del dipendente, di sottoporsi alla visita di idoneità (179).

(179) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

55-novies. Identificazione del personale a contatto con il pubblico.

1. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che svolgono attività a contatto con il pubblico sono tenuti a rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro.

2. Dall’obbligo di cui al comma 1 è escluso il personale individuato da ciascuna amministrazione sulla base di categorie determinate, in relazione ai compiti ad esse attribuiti, mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, su proposta del Ministro competente ovvero, in relazione al personale delle amministrazioni pubbliche non statali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza Stato-città ed autonomie locali (180) (181).

(180) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 28 luglio 2010.

(181) Articolo aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. Vedi, anche, il comma 2 dell’art. 73 dello stesso provvedimento.

56.  Impugnazione delle sanzioni disciplinari.

(Art. 59-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

[1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all’articolo 66, con le modalità e con gli effetti di cui all’articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio 1970, n. 300] (182).

(182) Articolo abrogato dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 72, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

57.  Pari opportunità.

(Art. 61 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 29 del D.Lgs. n. 546 del 1993, successivamente modificato prima dall’art. 43, comma 8 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall’art. 17 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

01. Le pubbliche amministrazioni costituiscono al proprio interno, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il “Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni“ che sostituisce, unificando le competenze in un solo organismo, i comitati per le pari opportunità e i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, costituiti in applicazione della contrattazione collettiva, dei quali assume tutte le funzioni previste dalla legge, dai contratti collettivi relativi al personale delle amministrazioni pubbliche o da altre disposizioni (183).

02. Il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni ha composizione paritetica ed è formato da un componente designato da ciascuna delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello di amministrazione e da un pari numero di rappresentanti dell’amministrazione in modo da assicurare nel complesso la presenza paritaria di entrambi i generi. Il presidente del Comitato unico di garanzia è designato dall’amministrazione (184).

03. Il Comitato unico di garanzia, all’interno dell’amministrazione pubblica, ha compiti propositivi, consultivi e di verifica e opera in collaborazione con la consigliera o il consigliere nazionale di parità. Contribuisce all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l’efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei princìpi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma di discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori (185).

04. Le modalità di funzionamento dei Comitati unici di garanzia sono disciplinate da linee guida contenute in una direttiva emanata di concerto dal Dipartimento della funzione pubblica e dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (186).

05. La mancata costituzione del Comitato unico di garanzia comporta responsabilità dei dirigenti incaricati della gestione del personale, da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi (187).

1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro:

a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio di cui all’articolo 35, comma 3, lettera e);

b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica;

c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;

d) possono finanziare programmi di azioni positive e l’attività dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, per la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio (188).

2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all’articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive dell’Unione europea in materia di pari opportunità, contrasto alle discriminazioni ed alla violenza morale o psichica, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica (189).

(183) Comma premesso dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(184) Comma premesso dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(185) Comma premesso dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(186) Comma premesso dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(187) Comma premesso dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(188) Lettera così sostituita dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

(189) Comma così sostituito dalla lettera e) del comma 1 dell’art. 21, L. 4 novembre 2010, n. 183.

TITOLO V

Controllo della spesa

58.  Finalità.

(Art. 63 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 30 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

1. Al fine di realizzare il più efficace controllo dei bilanci, anche articolati per funzioni e per programmi, e la rilevazione dei costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.

2. Per le finalità di cui al comma 1, tutte le amministrazioni pubbliche impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e statistici definiti o valutati dall’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (190) di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni ed integrazioni, sulla base delle indicazioni definite dal Ministero del tesoro, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica.

3. Per l’immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti economici e le spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni acquisite dal sistema informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni e gli enti interessati.

(190)  La denominazione «Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione» è da intendersi sostituita da quella di «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione» ai sensi di quanto disposto dall’art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

59.  Rilevazione dei costi.

(Art. 64 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 31 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

1. Le amministrazioni pubbliche individuano i singoli programmi di attività e trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica tutti gli elementi necessari alla rilevazione ed al controllo dei costi.

2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della spesa ed i relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica al fine di rappresentare i profili economici della spesa, previe intese con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, definisce procedure interne e tecniche di rilevazione e provvede, in coerenza con le funzioni di spesa riconducibili alle unità amministrative cui compete la gestione dei programmi, ad un’articolazione dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.

3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti pubblici diversi dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza ministeriale, la Presidenza del Consiglio dei ministri adotta apposito atto di indirizzo e coordinamento.

60.  Controllo del costo del lavoro.

(Art. 65 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, definisce un modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a preventivo e a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica elabora, altresì, un conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.

2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, per il tramite del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo il modello di cui al comma 1. Il conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto e della relativa relazione determina, per l’anno successivo a quello cui il conto si riferisce, l’applicazione delle misure di cui all’articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Le comunicazioni previste dal presente comma sono trasmesse, a cura del Ministero dell’economia e delle finanze, anche all’Unione delle province d’Italia (UPI), all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e all’Unione nazionale comuni, comunità, enti montani (UNCEM), per via telematica (191).

3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di cui all’articolo 70, comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero del tesoro, d’intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica.

4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in corso d’anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori ed interventi.

5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all’articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all’articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.

6. 6. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica è istituito l’Ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro delegato. L’Ispettorato vigila e svolge verifiche sulla conformità dell’azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, sull’efficacia della sua attività con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, sul corretto conferimento degli incarichi, sull’esercizio dei poteri disciplinari, sull’osservanza delle disposizioni vigenti in materia di controllo dei costi, dei rendimenti, dei risultati, di verifica dei carichi di lavoro. Collabora alle verifiche ispettive di cui al comma 5. Nell’ambito delle proprie verifiche, l’Ispettorato può avvalersi della Guardia di Finanza che opera nell’esercizio dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi vigenti. Per le predette finalità l’Ispettorato si avvale altresì di un numero complessivo di dieci funzionari scelti tra esperti del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero dell’interno, o comunque tra il personale di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando o fuori ruolo, per il quale si applicano l’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e l’articolo 56, comma 7, del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Per l’esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’articolo 53. L’Ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall’ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all’articolo 55, per l’amministrazione medesima. Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla Procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate (192).

(191) Periodo aggiunto dall’art. 34-quater, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(192) Comma prima modificato dall’art. 14-septies, D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dal comma 1 dell’art. 10-bis, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione, e poi così sostituito dal comma 1 dell’art. 71, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

61.  Interventi correttivi del costo del personale.

(Art. 66 del D.Lgs. n. 29 del 1993)

1. Fermo restando il disposto dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni, e salvi i casi di cui ai commi successivi, qualora si verifichino o siano prevedibili, per qualunque causa, scostamenti rispetto agli stanziamenti previsti per le spese destinate al personale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, informato dall’amministrazione competente, ne riferisce al Parlamento, proponendo l’adozione di misure correttive idonee a ripristinare l’equilibrio del bilancio. La relazione è trasmessa altresì al nucleo di valutazione della spesa relativa al pubblico impiego istituito presso il CNEL.

1-bis. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze l’esistenza di controversie relative ai rapporti di lavoro dalla cui soccombenza potrebbero derivare oneri aggiuntivi significativamente rilevanti per il numero dei soggetti direttamente o indirettamente interessati o comunque per gli effetti sulla finanza pubblica. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, può intervenire nel processo ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile (193).

2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a conoscenza di decisioni giurisdizionali che comportino oneri a carico del bilancio, ne danno immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Ove tali decisioni producano nuovi o maggiori oneri rispetto alle spese autorizzate, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica presenta, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale o dalla conoscenza delle decisioni esecutive di altre autorità giurisdizionali, una relazione al Parlamento, impegnando Governo e Parlamento a definire con procedura d’urgenza una nuova disciplina legislativa idonea a ripristinare i limiti della spesa globale.

3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, con la stessa procedura di cui al comma 2, a seguito di richieste pervenute alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica per la estensione generalizzata di decisioni giurisdizionali divenute esecutive, atte a produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2 sulla entità della spesa autorizzata.

(193)  Comma aggiunto dal comma 133 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

62.  Commissario del Governo.

(Art. 67 del D.Lgs. n. 29 del 1993)

1. Il Commissario del Governo, fino all’entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300, rappresenta lo Stato nel territorio regionale. Egli è responsabile, nei confronti del Governo, del flusso di informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio, in particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci e il conto annuale di cui all’articolo 60, comma 1. Ogni comunicazione del Governo alla regione avviene tramite il Commissario del Governo.

TITOLO VI

Giurisdizione

63.  Controversie relative ai rapporti di lavoro.

(Art. 68 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 33 del D.Lgs. n. 546 del 1993, e poi dall’art. 29 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo .

2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.

3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall’ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’articolo 40 e seguenti del presente decreto .

4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi .

5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui all’articolo 64, comma 3, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all’articolo 40.

63-bis.  Intervento dell’ARAN nelle controversie relative ai rapporti di lavoro.

1. L’ARAN può intervenire nei giudizi innanzi al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, aventi ad oggetto le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, al fine di garantire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Per le controversie relative al personale di cui all’articolo 3, derivanti dalle specifiche discipline ordinamentali e retributive, l’intervento in giudizio può essere assicurato attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze (194).

(194)  Articolo aggiunto dal comma 134 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

64.  Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi.

(Art. 68-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 30 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 19, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all’articolo 63, è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall’ARAN ai sensi dell’articolo 40 e seguenti, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della cancelleria, dell’ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all’ARAN .

2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l’ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell’articolo 49. Il testo dell’accordo è trasmesso, a cura dell’ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo, la procedura si intende conclusa .

3. Se non interviene l’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo .

4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell’articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi effetti.

5. L’ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall’articolo 419 del codice di procedura civile e sono legittimate, a seguito dell’intervento alla proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.

6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d’ufficio, l’udienza per la prosecuzione del processo.

7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto del comma 3.

8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell’articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte.

65.  Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali.

(Art. 69 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 34 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 31 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato prima dall’art. 19, commi da 3 a 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998 e poi dall’art. 45, comma 22 della legge n. 448 del 1998)

[1. Per le controversie individuali di cui all’articolo 63, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all’articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.

2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.

3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all’articolo 66, commi 2 e 3, o che la domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applica l’articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la domanda in violazione dell’articolo 410 del codice di procedura civile, con l’atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d’ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’articolo 308 del codice di procedura civile.

4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le Commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato] (195).

(195) Articolo abrogato dal comma 9 dell’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

66.  Collegio di conciliazione.

(Art. 69-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, aggiunto dall’art. 32 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 19, comma 7 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

[1. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’articolo 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova l’ufficio cui il lavoratore è addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore della Direzione o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell’amministrazione.

2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata alla Direzione presso la quale è istituito il collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all’amministrazione di appartenenza.

3. La richiesta deve precisare:

a) l’amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto;

b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura;

c) l’esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa;

d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad un’organizzazione sindacale.

4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l’amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita presso la Direzione osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per l’amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.

5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le disposizioni dell’articolo 2113, commi, primo, secondo e terzo del codice civile.

6. Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.

7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.

8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell’articolo 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a responsabilità amministrativa] (196).

(196) Articolo abrogato dal comma 9 dell’art. 31, L. 4 novembre 2010, n. 183.

TITOLO VII

Disposizioni diverse e norme transitorie finali

Capo I – Disposizioni diverse

67.  Integrazione funzionale del Dipartimento della funzione pubblica con la Ragioneria generale dello Stato.

(Art. 70 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 35 del D.Lgs. n. 546 del 1993)

1. Il più efficace perseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 48, commi da 1 a 3, ed agli articoli da 58 a 60 è realizzato attraverso l’integrazione funzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, da conseguirsi mediante apposite conferenze di servizi presiedute dal Ministro per la funzione pubblica o da un suo delegato.

2. L’applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nazionali e decentrati, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, è oggetto di verifica del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica, con riguardo, rispettivamente, al rispetto dei costi prestabiliti ed agli effetti degli istituti contrattuali sull’efficiente organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sulla efficacia della loro azione.

3. Gli schemi di provvedimenti legislativi e i progetti di legge, comunque sottoposti alla valutazione del Governo, contenenti disposizioni relative alle amministrazioni pubbliche richiedono il necessario concerto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del Dipartimento della funzione pubblica. I provvedimenti delle singole amministrazioni dello Stato incidenti nella medesima materia sono adottati d’intesa con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica in apposite conferenze di servizi da indire ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni.

68.  Aspettativa per mandato parlamentare.

(Art. 71, commi da 1 a 3 e 5 del D.Lgs. n. 29 del 1993)

1. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato. Essi possono optare per la conservazione, in luogo dell’indennità parlamentare e dell’analoga indennità corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso l’amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima.

2. Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell’anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza.

3. Il collocamento in aspettativa ha luogo all’atto della proclamazione degli eletti; di questa le Camere ed i Consigli regionali danno comunicazione alle amministrazioni di appartenenza degli eletti per i conseguenti provvedimenti.

4. Le regioni adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e 3.

Capo II – Norme transitorie e finali

69.  Norme transitorie.

(Art. 25, comma 4 del D.Lgs. n. 29 del 1993; art. 50, comma 14 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 17 del D.Lgs. n. 470 del 1993 e poi dall’art. 2 del D.Lgs. n. 396 del 1997; art. 72, commi 1 e 4 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituiti dall’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1993, art. 73, comma 2 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 37 del D.Lgs. n. 546 del 1993; art. 28, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998; art. 45, commi 5, 9, 17 e 25 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall’art. 22, comma 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 24, comma 3 del D.Lgs. n. 387 del 1998)

1. Salvo che per le materie di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali recepiti in decreti del Presidente della Repubblica in base alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate, costituiscono, limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui all’articolo 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, in relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Tali disposizioni cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della sottoscrizione, per ciascun àmbito di riferimento, dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001 (197).

2. In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, la disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto.

3. Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli articoli 60 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, e quello di cui all’articolo 15 della legge 9 marzo 1989, n. 88, i cui ruoli sono contestualmente soppressi dalla data del 21 febbraio 1993, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento economico è definito tramite il relativo contratto collettivo (198).

4. La disposizione di cui all’articolo 56, comma 1, si applica, per ciascun àmbito di riferimento, a far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio contrattuale 1998-2001.

5. Le disposizioni di cui all’articolo 22, commi 17 e 18, della legge 29 dicembre 1994, n. 724, continuano ad applicarsi alle amministrazioni che non hanno ancora provveduto alla determinazione delle dotazioni organiche previa rilevazione dei carichi di lavoro.

6. Con riferimento ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 3, del presente decreto, non si applica l’articolo 199 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

7. Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000 (199) (200).

8. Fino all’entrata in vigore della nuova disciplina derivante dal contratto collettivo per il comparto scuola, relativo al quadriennio 1998-2001, continuano ad applicarsi al personale della scuola le procedure di cui all’articolo 484 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

9. Per i primi due bandi successivi alla data del 22 novembre 1998, relativi alla copertura di posti riservati ai concorsi di cui all’articolo 28, comma 2, lettera b, del presente decreto, con il regolamento governativo di cui al comma 3, del medesimo articolo è determinata la quota di posti per i quali sono ammessi soggetti anche se non in possesso del previsto titolo di specializzazione.

10. Sino all’applicazione dell’articolo 46, comma 12, l’ARAN utilizza personale in posizione di comando e fuori ruolo nei limiti massimi delle tabelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1994, n. 144, come modificato dall’articolo 8, comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

11. In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l’esercizio delle professioni per le quali sono richieste l’abilitazione o l’iscrizione ad ordini o albi professionali. Il personale di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.

(197)  Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 16 gennaio 2003, n. 3. Vedi, anche, la Dir.Min. 6 agosto 2004 e l’art. 13, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

(198)  Vedi, anche, l’art. 5, L. 15 luglio 2002, n. 145.

(199) La stessa Corte, con successiva ordinanza 28 settembre-7 ottobre 2005, n. 382 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24, 113 e 76 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 113 della Costituzione.

(200) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-11 maggio 2006, n. 197 (Gazz. Uff. 17 maggio 2006, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 36 della Costituzione.

70.  Norme finali.

(Art. 73, commi 1, 3, 4, 5 e 6-bis del D.Lgs. n. 29 del 1993, come modificati dall’art. 21 del D.Lgs. n. 470 del 1993, successivamente sostituiti dall’art. 37 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificati dall’art. 9, comma 2 del D.Lgs. n. 396 del 1997, dall’art. 45, comma 4 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e dall’art. 20 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 45, commi 1, 2, 7, 10, 11, 21, 22 e 23 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall’art. 22, comma 6 del D.Lgs. n. 387 del 1998, dall’art. 89 della legge n. 342 del 2000 e dall’art. 51, comma 13, della legge n. 388 del 2000)

1. Restano salve per la regione Valle d’Aosta le competenze in materia, le norme di attuazione e la disciplina sul bilinguismo. Restano comunque salve, per la provincia autonoma di Bolzano, le competenze in materia, le norme di attuazione, la disciplina vigente sul bilinguismo e la riserva proporzionale di posti nel pubblico impiego.

2. Restano ferme le disposizioni di cui al titolo IV, capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, riguardanti i segretari comunali e provinciali, e alla legge 7 marzo 1986, n. 65 – esclusi gli articoli 10 e 13 – sull’ordinamento della Polizia municipale. Per il personale disciplinato dalla stessa legge 7 marzo 1986, n. 65 il trattamento economico e normativo è definito nei contratti collettivi previsti dal presente decreto, nonché, per i segretari comunali e provinciali, dall’art. 11, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.

3. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali è disciplinato dai contratti collettivi previsti dal presente decreto nonché dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

4. Le aziende e gli enti di cui alle L. 26 dicembre 1936, n. 2174, e successive modificazioni ed integrazioni, L. 13 luglio 1984, n. 312, L. 30 maggio 1988, n. 186, L. 11 luglio 1988, n. 266, L. 31 gennaio 1992, n. 138, L. 30 dicembre 1986, n. 936, decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui al titolo I. I rapporti di lavoro dei dipendenti dei predetti enti ed aziende nonché della Cassa depositi e prestiti sono regolati da contratti collettivi ed individuali in base alle disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, all’articolo 8, comma 2, ed all’articolo 60, comma 3 (201) (202).

5. Le disposizioni di cui all’articolo 7 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, vanno interpretate nel senso che le medesime, salvo quelle di cui al comma 7, non si riferiscono al personale di cui al decreto legislativo 26 agosto 1998, n. 319.

6. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni che conferiscono agli organi di governo l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi di cui all’articolo 4, comma 2, del presente decreto, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti.

7. A decorrere dal 23 aprile 1998, le disposizioni vigenti a tale data, contenute in leggi, regolamenti, contratti collettivi o provvedimenti amministrativi riferite ai dirigenti generali si intendono riferite ai dirigenti di uffici dirigenziali generali.

8. Le disposizioni del presente decreto si applicano al personale della scuola. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35. Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni.

9. Per il personale della carriera prefettizia di cui all’articolo 3, comma 1 del presente decreto, gli istituti della partecipazione sindacale di cui all’articolo 9 del medesimo decreto sono disciplinati attraverso apposito regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni (203).

10. I limiti di cui all’articolo 19, comma 6, del presente decreto non si applicano per la nomina dei direttori degli Enti parco nazionale.

11. Le disposizioni in materia di mobilità di cui agli articoli 30 e seguenti del presente decreto non si applicano al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

12. In tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l’amministrazione che utilizza il personale rimborsa all’amministrazione di appartenenza l’onere relativo al trattamento fondamentale. La disposizione di cui al presente comma si applica al personale comandato, fuori ruolo o in analoga posizione presso l’ARAN a decorrere dalla completa attuazione del sistema di finanziamento previsto dall’articolo 46, commi 8 e 9, del presente decreto, accertata dall’organismo di coordinamento di cui all’articolo 41, comma 6 del medesimo decreto. Il trattamento economico complessivo del personale inserito nel ruolo provvisorio ad esaurimento del Ministero delle finanze istituito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, in posizione di comando, di fuori ruolo o in altra analoga posizione, presso enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche dotate di autonomia finanziaria, rimane a carico dell’amministrazione di appartenenza.

13. In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i princìpi ivi previsti, nell’àmbito dei rispettivi ordinamenti.

(201) Comma così modificato prima dal comma 5 dell’art. 47, L. 28 dicembre 2001, n. 448, poi dal comma 1-bis dell’art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e, infine, dal comma 3 dell’art. 66, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(202) Vedi, anche, l’art. 1, comma 189, L. 23 dicembre 2005. n. 266, sostituito dall’art. 67, comma 5, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, altresì, l’art. 72, comma 1 e l’art. 74 del suddetto decreto.

(203)  Con D.P.R. 20 settembre 2002, n. 247 è stato emanato il regolamento di cui al presente comma.

71.  Disposizioni inapplicabili a seguito della sottoscrizione di contratti collettivi.

1. Ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, cessano di produrre effetti per ciascun àmbito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) al presente decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi. Rimangono salvi gli effetti di quanto previsto dallo stesso comma 1 dell’articolo 69, con riferimento all’inapplicabilità delle norme incompatibili con quanto disposto dalla contrattazione collettiva nazionale.

2. Per il personale delle Regioni ed autonomie locali, cessano di produrre effetti, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi della tornata 1998-2001, le norme contenute nell’allegato C), con le decorrenze ivi previste.

3. Alla fine della tornata contrattuale 1998-2001 per tutti i comparti ed aree di contrattazione verranno aggiornati gli allegati del presente decreto, ai sensi dell’articolo 69, comma 1, ultimo periodo. La contrattazione relativa alla tornata contrattuale 1998-2001, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, provvederà alla disapplicazione espressa delle disposizioni generali o speciali del pubblico impiego, legislative o recepite in decreto del Presidente della Repubblica, che risulteranno incompatibili con la stipula dei contratti collettivi nazionali o dei contratti quadro.

72.  Abrogazioni di norme.

(Art. 74 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 38 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e modificato prima dall’art. 43, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e poi dall’art. 21 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 43, commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7 del D.Lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall’art. 22, commi da 1 a 3 del D.Lgs. n. 387 del 1998; art. 28, comma 2 del D.Lgs. n. 80 del 1998)

1. Sono abrogate o rimangono abrogate le seguenti norme:

a) articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) capo I, titolo I, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive modificazioni ed integrazioni, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli da 4 a 12, nonché 15, 19, 21, 24 e 25, che, nei limiti di rispettiva applicazione, continuano ad applicarsi al personale dirigenziale delle carriere previste dall’articolo 15, comma 1, secondo periodo del presente decreto, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto del Presidente delle Repubblica n. 748 del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto;

c) articolo 5, commi secondo e terzo della legge 11 agosto 1973, n. 533;

d) articoli 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo e 6 della legge 11 luglio 1980, n. 312;

e) articolo 2 del decreto legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;

f) articoli da 2 a 15, da 17 a 21, 22, a far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997; 23, 26, comma quarto, 27, comma primo, n. 5, 28 e 30, comma terzo della legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) legge 10 luglio 1984, n. 301, ad esclusione delle disposizioni che riguardano l’accesso alla qualifica di primo dirigente del Corpo forestale dello Stato;

h) articolo 2 della legge 8 marzo 1985, n. 72;

i) articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266, come integrato dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

j) decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;

k) articoli 4, commi 3 e 4, e articolo 5 della legge 7 luglio 1988, n. 254;

l) articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400;

m) articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;

n) articoli 4, comma 9, limitatamente alla disciplina sui contratti di lavoro riguardanti i dipendenti delle amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale; e 10, comma 2 della legge 30 dicembre 1991, n. 412;

o) articolo 2, comma 8, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, limitatamente al personale disciplinato dalla legge 4 giugno 1985, n. 281;

p) articolo 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, limitatamente al personale disciplinato dalla legge 4 giugno 1985, n. 281 e dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287;

q) articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 533;

r) articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534;

s) articolo 6-bis del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67;

t) decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;

u) articolo 3, commi 5, 6, 23, 27, 31 ultimo periodo e da 47 a 52 della legge 24 dicembre 1993, n. 537;

v) articolo 3, comma 1, lettera e), della legge 14 gennaio 1994, n. 20;

w) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 settembre 1994, n. 716;

x) articolo 2, lettere b), d) ed e) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 1994, n. 692, a decorrere dalla data di attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 19 del presente decreto;

y) articolo 22, comma 15, della legge 23 dicembre 1994, n. 724;

z) decreto ministeriale 27 febbraio 1995, n. 112 del Ministro per la funzione pubblica;

aa) decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396;

bb) decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 ad eccezione degli articoli da 33 a 42 e 45, comma 18;

cc) decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387 ad eccezione degli articoli 19, commi da 8 a 18 e 23 .

2. Agli adempimenti e alle procedure già previsti dall’articolo 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, continuano ad essere tenute le amministrazioni che non vi hanno ancora provveduto alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, per ciascun àmbito di riferimento, sono abrogate tutte le disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni del presente decreto.

4. A far data dalla stipulazione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997, per ciascun àmbito di riferimento, ai dipendenti di cui all’articolo 2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e le disposizioni ad essi collegate.

5. A far data dalla entrata in vigore dei contratti collettivi del quadriennio 1998-2001, per ciascun àmbito di riferimento, cessano di produrre effetti i commi 7, 8 e 9 dell’articolo 55 del presente decreto.

6. Contestualmente alla definizione della normativa contenente la disciplina di cui all’articolo 50, sono abrogate le disposizioni che regolano la gestione e la fruizione delle aspettative e dei permessi sindacali nelle amministrazioni pubbliche.

73.  Norma di rinvio.

1. Quando leggi, regolamenti, decreti, contratti collettivi od altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a norme del D.Lgs. n. 29 del 1993 ovvero del D.Lgs. n. 396 del 1997, del D.Lgs. n. 80 del 1998 e del D.Lgs. n. 387 del 1998, e fuori dai casi di abrogazione per incompatibilità, il riferimento si intende effettuato alle corrispondenti disposizioni del presente decreto, come riportate da ciascun articolo.

Allegato A

(Art. 71, comma 1)

Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell’art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il personale non dirigenziale ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo del presente decreto.

I. Ministeri

1. Dal 17 maggio 1995 (art. 43 CCNL 1994-1997):

a) articoli da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 134, 146, commi 1, lettera d) e parte successiva, e 2, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;

d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

e) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;

f) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con legge 17 febbraio 1985, n. 17;

g) art. 4, da 11 a 14, 18, 20 e 21, comma 1, lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

h) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 1986;

i) art. 19, comma 8, legge 1° dicembre 1986, n. 870;

j) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;

k) articoli 13, 15, 16, 18, 19, 32 e 50, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266;

l) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito con legge 27 ottobre 1987, n. 436;

m) articoli da 5 a 7, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;

o) articoli 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

p) legge 22 giugno 1988, n. 221;

q) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

r) art. 3, comma 1, lettera i) punto 2, legge 10 ottobre 1989, n. 349;

s) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;

t) articoli 7, 8, commi da 12 a 14; 10, 14, decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1990, n. 44;

u) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;

v) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito con legge 1° giugno 1991, n. 169;

w) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;

x) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469, convertito con legge 2 febbraio 1993, n. 23;

y) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 13 gennaio 1996 (art. 10, CCNL integrativo del 12 gennaio 1996):

a) articoli 9, commi 7 e 8; da 10 a 12, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266.

3. Dal 23 ottobre 1997 (art. 8, CCNL integrativo del 22 ottobre 1997):

a) articoli 10, 67, 69, 70 e 124, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;

c) articoli 29 e 31, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 266;

d) articoli da 14 a 16, decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1987, n. 269;

e) articoli 15 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1990, n. 335;

f) art. 1, legge 15 gennaio 1991, n. 14.

4. Dal 27 febbraio 1998 (art 7 CCNL integrativo del 26 febbraio 1998, relativo al personale dell’amministrazione civile dell’interno):

a) articoli 9, 10 e 11, fatto salvo il disposto della legge 27 ottobre 1977, n. 801; 13, 17, 18, limitatamente al personale della carriera di ragioneria; da 20 a 27 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 340.

II. Enti pubblici non economici

1. Dal 7 luglio 1995 (art. 50, CCNL 1994 -1997):

a) articoli 8, comma 1; 9, comma 1 e 2, salvo quanto previsto dall’art. 3, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411, e comma 3, per la parte relativa alle assenze per gravidanza e puerperio e per infermità; 11, 12, 23, 27 e 28, legge 20 marzo 1975, n. 70;

b) articoli 7 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;

c) articoli 6, 17 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;

d) articoli 2 e 5, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 346;

e) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

f) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, 18, 20 e 21 lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

g) articoli 5, commi da 1 a 7, 7, da 10 a 16 e 24, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;

h) art. 7, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

i) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

j) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

k) articoli 5 e 13, decreto del Presidente della Repubblica 13 gennaio 1990, n. 43;

l) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 12 ottobre 1996 (art. 96 CCNL 1994-97 per il personale con qualifica dirigenziale – sezione II):

a) articoli 9 e 10, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 8, comma 1; 9, comma 1; commi 1, 2 e 3, per la parte relativa alle assenze per gravidanza e puerperio e per infermità; 11, 12, 23, 27 e 28, legge 20 marzo 1975, n. 70;

c) articoli 17 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;

d) articoli 6, 17, 21, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;

e) articoli 2 e 7, con le decorrenze di cui all’art. 66 ultimo periodo del contratto collettivo nazionale del lavoro per il personale con qualifica dirigenziale, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 346;

f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) articoli da 11 a 14 e da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

h) articoli 4, 5, commi da 1 a 7; 7, 9, con le decorrenze di cui all’art. 66, ultimo periodo del Contratto collettivo nazionale del lavoro, per il personale con qualifica dirigenziale; da 10 a 16 e 24, decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n. 267;

i) articoli 7 e 10, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

j) articoli 2, 4 e 15, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

k) articoli 1, da 3 a 5, 12 e 13, decreto del Presidente della Repubblica 13 gennaio 1990, n. 43;

l) art. 17, decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487;

m) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

III. Regioni ed autonomie locali

1. Dal 7 luglio 1995 (art. 47 CCNL 1994-1997):

a) articoli da 12 a 17, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 7 novembre 1980, n. 810;

d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

e) articoli 7, 8, da 17 a 19, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;

f) articoli 4, 11 e da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

g) articoli 2, 4, lettera a) comma 1 e lettera b) commi 6 e 7; 11, commi da 1 a 11, 14, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettere a) e b); 56 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;

h) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

i) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554, disapplicato fino al 13 maggio 1996;

j) articoli 1, comma 1, 2 comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

k) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;

l) articoli 3, 4 e 5, con effetto dal 1° gennaio 1996; 6, con effetto dal 1° gennaio 1996; 16, da 30 a 32, da 43 a 47, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;

m) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990, n. 142;

n) art. 3, comma 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 14 maggio 1996 (art. 10 del CCNL integrativo del 13 maggio 1996):

a) art. 124, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) art. 25, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;

c) art. 18, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333.

IV. Sanità

1. Dal 2 settembre 1995 (art. 56 CCNL 1994-1997):

a) articoli da 12 a 17; da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a 71, da 78 a 123, 129 e 130, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi 30 giorni di permessi retribuiti fruibili nel primo triennio di vita del bambino;

d) articoli 9, comma 4; 14, 27, comma 1, limitatamente alla parola «doveri»; 27, comma 4, 32, 33, 37, 38, da 39 a 42, 47, 51, 52 da 54 a 58, 60, 61 e 63, ultimo comma, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;

e) articoli 18, commi 3 e 4, 19 e 20, decreto ministeriale 30 gennaio 1982 del Ministro della sanità;

f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348;

h) articoli 4, 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

i) articoli da 2 a 4, 11, 16, 26, 28, 29, 31, 38, 40, 55, 57 e 112, decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;

j) art. 46, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

k) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;

l) art. 7, comma 6, ultimi due periodi, legge 29 dicembre 1988, n. 554;

m) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

n) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

o) articoli 1, da 3 a 7; 23, commi 1, 4 e 5; 34, da 41 a 43, 46, comma 1, relativamente all’indennità di bilinguismo e comma 2, ultimo periodo; 49, comma 1, primo periodo e comma 2, per la parte riferita al medesimo periodo del comma 1 nonché commi da 3 a 7; da 50 a 52 e da 57 a 67, con effetto dal 1° gennaio 1996, fatto salvo quanto disposto dall’art. 47, comma 8 del contratto collettivo nazionale del lavoro per il quale la disapplicazione dell’art. 57, lettera b) dello stesso decreto del Presidente della Repubblica decorre dal 1° gennaio 1997; 68, commi da 4 a 7, decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;

p) art. 3, commi 23 e da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 2 settembre 1995 (art. 14, comma 2, e art. 18, comma 1 CCNL del 22 maggio 1997):

a) art. 87, del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270.

V. Istituzioni ed enti di ricerca

1. Dall’8 ottobre 1996 (art. 55 CCNL 1994-1997):

a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, 68 commi da 1 a 7, e 8 ad esclusione della parte relativa all’equo indennizzo; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 124, 126, 127, 129, 130, 131, 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) art. 14, 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) articoli 8, comma 1, 9, commi 1 e 3, per la parte relativa alle assenze per gravidanza, puerperio e infermità; 11, 12, 23, 36, 39, legge 20 marzo 1975, n. 70;

d) articoli 7, 18, 52, 53 e 65, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;

e) articoli 11, commi 3 e 4; 21, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;

f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) articoli 4, 7, 8, 11, 18, 20 commi 1, 2, 4; 21 lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

h) articoli da 3 a 6, da 9 a 11, 29 e 36, decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 568;

i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

j) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;

k) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

l) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;

m) articoli 11, 15, 16, 17, comma 15; 21, con esclusione del comma 5; 23, fatti salvi gli effetti delle assunzioni già avvenute alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale del lavoro; 34 37, 38, comma 3, 39, decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171;

n) art. 3, commi da 37 a 41, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

VI. Scuola

1. Dal 5 agosto 1995 (art. 82 CCNL 1994-97):

a) art. 39, regio decreto 30 aprile 1924, n. 965;

b) art. 350, regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297;

c) art. 2, comma 1, decreto legislativo n. 576 del 1948;

d) articoli 12, da 13 a 17, solo con riferimento al personale ATA, da 14 a 17, 37, 39, 40, comma 1; 68, comma 7; 70, 71, solo con riferimento al personale ATA; da 78 a 87, da 91 a 99, da 100 a 123 e 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

e) articoli da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

f) art. 28, legge 15 novembre 1973, n. 734;

g) articoli 60, commi da 1 a 10; 88, commi 1 e 3, decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417;

h) art. 50, legge 11 luglio 1980, n. 312;

i) art. 19, legge 20 maggio 1982, n. 270;

j) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

k) art. 7, comma 15, legge 22 dicembre 1984, n. 887;

l) decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1985, n. 588;

m) articoli 4, da 18 a 20, 21, lett. b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

n) articoli 2, comma 7; 5, con esclusione del comma 2; 7, 9, 11, 12, commi 1, 5, 6 e 8; da 13 a 21, 23 e 30, decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 209;

o) art. 67, decreto del Presidente della Repubblica n. 494 del 1987;

p) articoli 4, 11 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

q) articoli 2, 3, commi da 1 a 5, 8 e 9; 4, commi 1, 2 e 12; da 6 a 13, 14, commi da 1 a 6, 7, primo periodo, da 8 a 11, 14, 18, 19 e 21; 15, 16, 18, 20, da 23 a 26, 28 e 29, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399;

r) articoli 1, commi 1 e 3; da 2 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

s) articoli 3, commi 37, 38, 39, 40, 41; 4, comma 20, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 2 maggio 1996 (art. 9 dell’accordo successivo, con riguardo al personale in servizio presso le istituzioni educative):

a) articoli da 92 a 102, regio decreto 1° settembre 1925, n. 2009;

b) art. 14, comma 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399.

VII. Università

1. Dal 22 maggio 1996 (art. 56 del CCNL 1994-1997):

a) articoli 9, 10, da 12 a 17, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99, 124, 126, 127, da 129 a 131 e 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 14, 18, da 30 a 34 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;

d) art. 5, legge 25 ottobre 1977, n. 808;

e) articoli 15 e 170, legge 11 luglio 1980, n. 312;

f) art. 26, decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382;

g) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

h) articoli 4, 7, 8, da 11 a 14, da 18 a 20 e 21 lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

i) articoli 2, 23, commi da 1 a 3; 24, comma 3, legge 29 gennaio 1986, n. 23;

j) articoli da 2 a 7; 8, con la decorrenza prevista nello stesso art. 56 del Contratto collettivo nazionale del lavoro, 9, 12, 13, 20, comma 5; 23 comma 2; da 24 a 28, decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567;

k) articoli 2, 4, 15 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

l) art. 7, commi da 2 a 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;

m) articoli 1, comma 1; 2, commi 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

n) art. 1, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;

o) articoli 5, 7, 10, 13, commi 1 e 2; 14, 16, 18, commi 2 e 3, 27, commi 3 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 319;

p) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

VIII. Aziende autonome

1. Dal 6 aprile 1996 (art. 73 CCNL 1994-1997):

a) articoli 10, da 12 a 17, 36, 37, 39, 40, 41, comma 1, 68, commi da 1 a 8; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 134, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 18, da 30 a 34 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 50, legge 18 marzo 1968, n. 249;

d) art. 15, legge 11 luglio 1980, n. 312;

e) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

f) articoli 4, 11, 18, 20 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

g) art. 10, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 giugno 1986;

h) art. 53, decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;

i) articoli da 2 a 5, 11, da 14 a 16, 27, 37 e 105 lett. d), decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 1987, n. 269;

j) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;

k) articoli 4 e 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

l) art. 32, commi da 1 a 5, legge 5 dicembre 1988, n. 521;

m) articoli 1, comma 1; 2, comma 1; da 3 a 6, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989, n. 117;

n) articoli 5, 15 e 21, decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1990, n. 335;

o) articoli 3, commi 23, 37, 38, 39, 40, 4; 4, comma 20, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

IX. Enea

1. Dal 4 agosto 1997 (art. 79 CCNL 1994-1997):

a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;

b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 19, 19-bis, 19-ter, 20, 20-bis 22, da 24 a 27, da 29 a 33, da 35 a 39, 41, 42, comma 1, da 44 a 55, 57, 59, 60, da 63 a 79 del C.C.L. ENEA 31 dicembre 1988 – 30 dicembre 1991;

c) Parte generale, allegati, appendici e codici di autoregolamentazione del diritto di sciopero afferenti al previgente C.C.L. ENEA 31 dicembre 1988-30 dicembre 1991.

Allegato B

(Art 71, comma 1)

Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell’art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 per il personale dirigenziale ai sensi dell’art. 69, comma 1, secondo periodo del presente decreto.

I. Ministeri

1. Dal 10 gennaio 1997 (art. 45 CCNL 1994-1997):

a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8; 70, 71 da 78 a 87, da 91 a 99 e 200, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 20, da 47 a 50, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;

d) decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1977, n. 422;

e) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;

f) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con legge 20 novembre 1982, n. 869;

g) legge 17 aprile 1984, n. 79;

h) art. 8, legge 8 agosto 1985, n. 455;

i) art. 4, comma 4, decreto-legge 19 dicembre 1984, n. 853, convertito con legge 17 febbraio 1985, n. 17;

j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

k) art. 19, comma 8, legge 1° dicembre 1986, n. 870;

l) art. 23, comma 8, legge 30 dicembre 1986, n. 936;

m) art. 4, decreto-legge 28 agosto 1987, n. 356, convertito con legge 27 ottobre 1987, n. 436;

n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;

o) legge 22 giugno 1988, n. 221;

p) art. 3, comma 1, lettera i) parte 2, legge 10 ottobre 1989, n. 349;

q) articoli 2 e 3, legge 29 dicembre 1989, n. 412;

r) art. 14, legge 7 agosto 1990, n. 245;

s) art. 10, commi 1 e 2, decreto-legge 29 marzo 1991, n. 108, convertito con legge 1° giugno 1991, n. 169;

t) art. 1, legge 25 febbraio 1992, n. 209;

u) art. 3, comma 3, decreto-legge 4 dicembre 1992, n. 469, convertito con legge 2 febbraio 1993, n. 23;

v) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 30 settembre 1997 (art. 15 CCNL integrativo 30 settembre 1997):

a) art. 18, comma 2-bis, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

II. Enti pubblici non economici

1. Dal 12 ottobre 1996 (art. 50 CCNL 1994-1997):

a) articoli 9, 10, 37, 66, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;

c) articoli 9, comma 2; 23, legge 20 marzo 1975, n. 70;

d) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;

e) articoli 2, 3, commi 1 e 2, decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito, con modificazioni, con legge 8 marzo 1985, n. 72;

f) articoli 5, 6, 12, commi 1 e 2, 14, 15 e 16, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 5 dicembre 1987, n. 551;

g) art. 13, comma 4, legge 9 marzo 1989, n. 88;

h) art. 5, comma 3, decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito con legge 23 gennaio 1991, n. 21;

i) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

III. Regioni ed autonomie locali

1. Dall’11 aprile 1996 (art. 48 CCNL 1994-1997):

a) articoli 12, 37, 68, commi da 1 a 7; 70 e 71, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 9, decreto del Presidente della Repubblica 7 novembre 1980 n. 810;

d) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

e) art. 7, da 17 a 19, 25, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;

f) articoli 11, da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

g) art. 2, 15, da 25 a 29, 34, comma 1, lettera d); da 40 a 42, 56, 61 e 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;

h) articoli 4, 16, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

i) art. 51, commi 9 e 10, legge 8 giugno 1990, n. 142, salvo che per i limitati casi di cui all’art. 46;

j) articoli 3, 4, 16, da 30 a 32, da 37 a 40, 43, 44, 46, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;

k) articoli 3, commi dal 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

IV. Sanità

1. Per il personale con qualifica dirigenziale medica e veterinaria, dal 6 dicembre 1996 (articoli 14, comma 6, 72, comma 7 e 75 CCNL 1994-1997):

a) articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7; da 69 a 71, da 78 a 123, con l’avvertenza che i procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale del lavoro vengono portati a termine secondo le norme e le procedure vigenti alla data del loro inizio, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi 30 giorni di assenza retribuita in ciascun anno di vita del bambino fino al compimento del terzo anno;

d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 35, 37, 38, 47, 51, 52, 54, 55, 56, comma a punti 1) e 2); 57, 60, 61, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;

e) articoli 18 e 20, decreto 30 gennaio 1982, del Ministro della sanità;

f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348;

h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;

j) articoli 28, 29, 38, 53, 54, da 73 a 78, 80, da 82 a 90, 92, comma 8; 112, decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;

k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333;

m) articoli 7; da 73 a 76; 79; 86; 102; 104; 108; 109, 110, commi 1, 5 e 6; da 111 a 114, 116, 118, 119, 123, fatto salvo quanto previsto dall’art. 65, comma 9, del Contratto collettivo nazionale del lavoro 1994-1997 per il quale la disapplicazione della lettera b) del sesto comma decorre dal 1° gennaio 1997; da 124 a 132; 134, commi da 4 a 6, decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;

n) art. 18, commi 1 lettera f) e 2-bis, eccetto l’ultimo periodo del secondo capoverso, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502;

o) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

2. Dal 6 agosto 1997 (art. 1 comma 14 del CCNL del 5 agosto 1997):

a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;

b) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207, limitatamente alla durata dell’incarico;

c) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

3. Per il personale con qualifica dirigenziale sanitaria professionale, tecnica, amministrativa, dal 6 dicembre 1996 (articoli 14, comma 6 e 72 CCNL 1994-1997):

a) articoli 12, da 37 a 41, 67, 68, commi da 1 a 7, da 69 a 71, da 78 a 123, con l’avvertenza che i procedimenti disciplinari in corso alla data di stipulazione del Contratto collettivo nazionale del lavoro vengono portati a termine secondo le norme e le procedure vigenti alla data del loro inizio, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 7, comma 3, legge 30 dicembre 1971, n. 1204, limitatamente ai primi trenta giorni di assenza retribuita in ciascun anno di vita del bambino fino al compimento del terzo anno;

d) articoli 14, 16, 27, comma 4; 32, 33, 37, 38, 47, 51, 52, 54, 55, 56, comma 1, punto 1) e 2); 57, 60 e 61, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;

e) articoli 18 e 20, decreto 30 gennaio 1982, del Ministro della sanità;

f) art. 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 348;

h) articoli da 18 a 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

i) art. 69, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;

j) articoli da 2 a 4, 16, 18, 26, 28, 29, 38 e 112, decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270;

k) art. 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

l) articoli 38 e 43, decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333:

m) articoli da 3 a 7, 9, 10 nei limiti definiti dall’art. 72 del Contratto collettivo nazionale del lavoro; 16, 34, 41, da 44 a 47, 53, da 57 a 67, nei limiti definiti dall’art. 72 del contratto collettivo nazionale del lavoro: 68, commi 4, 5 e 9; 76, decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990, n. 384;

n) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;

o) art. 18, commi 1 p.to f) e 2-bis, eccetto l’ultimo periodo del secondo capoverso, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

4. Dal 6 agosto 1997 (articolo 1 comma 14 del CCNL del 5 agosto 1997):

a) art. 9, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761;

b) art. 7, comma 6, legge 29 dicembre 1988, n. 554;

c) art. 9, comma 17, legge 20 maggio 1985, n. 207, limitatamente alla durata dell’incarico;

d) articoli 1 e 5, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 marzo 1989, n. 127;

e) art. 3, comma 23, legge 24 dicembre 1993. n. 537.

V. Istituzioni ed enti di ricerca

1. Dal 6 Marzo 1998 (art. 80 CCNL 1994-1997):

a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 7 e comma 8, con esclusione del riferimento all’equo indennizzo; 70, 71, da 78 a 122, 124, 126, 127, da 129 a 131, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 14 e 18, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) articoli 8, comma 1, relativamente all’obbligo di residenza; 9, commi 1 e 3; 11, 12, 23 e 39, legge 20 marzo 1975, n. 70:

d) articoli 52, 53 e 65, decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1976, n. 411;

e) articoli 11, commi 3 e 4, 17, decreto del Presidente della Repubblica 16 ottobre 1979, n. 509;

f) articoli 22 e 25, legge 29 marzo 1983, n. 93;

g) articoli 7, 8, 18, 20, commi 1, 2 e 4; 21, lettera b), decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

h) articoli 1, da 3 a 6, 9, 10, 36, decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 568;

i) articoli 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 395;

l) articoli 1, 11, 17, commi 1 e da 5 a 13, con la decorrenza prevista dall’art. 80 del contratto collettivo nazionale del lavoro; 18, commi 1, 2 e 5, con la decorrenza prevista dall’art. 80 del contratto collettivo nazionale del lavoro e 6; 19, commi 1 e 2; 34, 38, comma 3; 39, decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171;

m) art. 3, commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

VI. Università

1. Dal 6 febbraio 1997 (art. 50 CCNL 1994-1997):

a) articoli 9, 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 66, 68, commi da 1 a 7; 70, 71, da 78 a 87, da 91 a 122, 124, 126, 127; 129 e 131, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 18, 30, da 31 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) art. 20, decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748;

d) articoli 15, da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;

e) art. 4, legge 17 aprile 1984, n. 79;

f) art. 4, legge 10 luglio 1984, n. 301;

g) art. 2, 3 comma 2, decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito con legge 8 marzo 1985, n. 72;

h) art. 21, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

i) art. 1, decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con legge 28 febbraio 1990, n. 37;

j) art. 3, commi da 37 a 42, legge 24 dicembre 1993, n. 537;

k) art. 13, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 aprile 1994, n. 439.

VII. Aziende autonome

1. Dall’11 novembre 1997 (art. 53 CCNL 1994-1997):

a) articoli 10, 12, 36, 37, da 39 a 41, 68, commi da 1 a 8, da 69 a 71, da 78 a 87, da 91 a 99 e 200, con le decorrenze previste dall’art. 53 lett. h, del contratto collettivo nazionale del lavoro, decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3;

b) articoli 18, da 30 a 34, decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686;

c) legge 3 luglio 1970, n. 483, per la parte relativa al personale con qualifica dirigenziale;

d) articoli 20, da 47 a 50, decreto del Presidente della Repubblica, 30 giugno 1972, n. 748;

e) decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1977, n. 422;

f) articoli da 133 a 135, legge 11 luglio 1980, n. 312;

g) decreto-legge 27 settembre 1982, n. 681, convertito con legge 20 novembre 1982, n. 869;

h) articolo 11, comma 3, legge 13 maggio 1983, n. 197;

i) legge 17 aprile 1984, n. 79;

j) articoli da 12 a 14, decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1986, n. 13;

k) decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154, convertito con legge 11 luglio 1986, n. 341;

l) art. 13 decreto-legge 4 agosto 1987, n. 325, convertito con legge 3 ottobre 1987, n. 402;

m) art. 6, decreto-legge 7 settembre 1987, n. 370, convertito con legge 4 novembre 1987, n. 460;

n) art. 9, comma 4, decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito con legge 20 maggio 1988, n. 160;

o) art. 6, legge 10 agosto 1988, n. 357;

p) art. 3 commi da 37 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537.

VIII. Enea

1. Dal 4 agosto 1997 (art. 90 CCNL 4 agosto 1997):

a) art. 3, commi da 39 a 41, legge 24 dicembre 1993, n. 537;

b) articoli 1, 1-bis, 1-ter, da 2 a 16, 16-bis, 17, 18, 19, 19-bis, 19-ter, 20, 20-bis, 22, da 24 a 27, da 29 a 39, 41, 42, da 44 a 55, 57, 59, 60, 63, 64, 67, 69, 70, 75, da 77 a 79 del previgente CCL ENEA 31 dicembre 1988 – 30 dicembre 1991;

c) Parte generale, gli allegati, e le appendici ed i Codici di autoregolamentazione del diritto di sciopero afferenti al previgente CCL ENEA 31 dicembre 1988-30 dicembre 1991.

Allegato C

(Art. 71, comma 2)

Norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e dei relativi decreti correttivi emanati ai sensi dell’art. 2, comma 5 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, che cessano di produrre effetti a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali per il quadriennio 1998-2001 per il personale delle Regioni ed autonomie locali (ai sensi dell’art. 69, comma 1, terzo periodo del presente decreto).

I. Personale non dirigenziale

1. Dal 1° aprile 1999 (art. 28 CCNL 1998-2001):

a) articoli 10, 27, e allegato A, decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347;

b) allegato A, decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1984, n. 665;

c) articoli 10, 21, escluso comma 4, da 57 a 59, 62, comma 1; 69, comma 1; 71 e 73, del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268;

d) articoli 22, comma 1, 33, escluso comma 5; da 34 a 36, del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333 e tabelle 1, 2 e 3 allegate;

e) articoli 16, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 253, dalla data di effettiva attuazione del comma 3, art. 21 del Contratto collettivo nazionale del lavoro.