158. Nullità derivante dalla costituzione del giudice

La nullità derivante da vizi relativi alla costituzione del giudice [c.p.c. 276; disp. att. c.p.c. 114] o all’intervento del pubblico ministero [c.p.c. 70, 221, 397, n. 1, 709] è insanabile e deve essere rilevata d’ufficio [c.p.c. 156], salva la disposizione dell’articolo 161.


159. Estensione della nullità

La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti [c.p.c. 162, 336].

La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti.

Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo [c.p.c. 121].


160. Nullità della notificazione

La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia [c.p.c. 137, 138, 139, 146], o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data [c.p.c. 148] salva l’applicazione degli articoli 156 e 157 [c.p.c. 291, 354] (1).

———————–

(1) Per quanto riguarda le notificazioni alle amministrazioni dello Stato e l’errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto deve essere notificato, vedi la L. 25 marzo 1958, n. 260.


161. Nullità della sentenza

La nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione [c.p.c. 156, 339, 360, n. 4].

Questa disposizione non si applica quando la sentenza manca della sottoscrizione del giudice [c.p.c. 132, n. 5; disp. att. c.p.c. 119].


162. Pronuncia sulla nullità

Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende [c.p.c. 159, 291, 350, 354].

Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa [c.p.c. 277] può condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità a norma dell’articolo 60, n. 2.


Non basta l’iscrizione all’Aire per evitare la tassazione in Italia

La sola registrazione nell’anagrafe dei residenti all’estero non è determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ciò che conta è il fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente esclude la residenza fiscale in Italia.
Ad affermare il principio, confermando le pretese dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione con la sentenza n. 14434 del 15 giugno 2010.

L’ufficio di Arezzo, con avviso di accertamento, sulla base dei risultati delle indagini della Guardia di finanza, accertava redditi di capitale non dichiarati, derivanti da interessi che il contribuente aveva percepito a fronte di denaro dato a mutuo a vari soggetti. Sulla base, inoltre, di documenti risultanti da informative di polizia, emergevano anche documenti che evidenziavano consistenti incrementi patrimoniali, rilevanti ai fini di accertamento sintetico.
In particolare, infatti, in un testamento olografo del contribuente venivano citate le sue proprietà sia in Italia che all’estero.
Da schede personali intestate ai figli risultava inoltre che lo stesso contribuente aveva loro erogato denaro e metalli preziosi, considerati anche questi incrementi patrimoniali.

Avverso tale contestazione, in particolare, il contribuente sosteneva allora che le imposte, essendo egli iscritto all’Aire dal 1978, si potevano applicare soltanto sui redditi eventualmente prodotti all’estero.
A tal proposito, però, l’Amministrazione finanziaria evidenziava che, a norma dell’articolo 2, comma 2, del Dpr 917/86, per individuare le persone fisiche soggette alle imposte sui redditi occorre guardare non solo all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, ma anche, in alternativa, al domicilio o alla residenza nel territorio dello Stato, secondo la nozione dell’articolo 43 c.c.
Il legislatore fiscale, considerata la difficoltà di accertare il requisito della residenza come desunta dal codice civile, ha infatti affiancato a questo anche il requisito del domicilio, inteso come “luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi”.

L’ufficio evidenziava poi come, dal dettato testuale della norma, emergesse peraltro, chiaramente, che i predetti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti e come, affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia, fosse pertanto sufficiente il verificarsi di uno solo di essi.
Al riguardo, sottolineava poi che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.

L’ufficio, infine, metteva in risalto che, affinché sussistesse il requisito della abitualità e della dimora, non era necessaria la continuità o la definitività, permanendo l’abitualità anche qualora il contribuente lavori o svolga altre attività all’estero, purché conservi in Italia l’abitazione, vi torni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

Il domicilio, infatti, è una situazione giuridica caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri affari e interessi, laddove la locuzione “affari ed interessi” deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari.

A tal proposito, del resto, poteva essere d’ausilio anche il modello Ocse, il quale stabilisce una serie di criteri di collegamento della persona fisica allo Stato, quali, per esempio:
l’abitazione permanente (cioè la disponibilità materiale di un’abitazione, non rilevando il titolo di possesso, ma piuttosto il fatto che la stessa sia usufruibile su base permanente e non occasionalmente) il centro di interessi vitali (si tratta del luogo in cui il cittadino ha le più strette relazioni personali ed economiche, incluso il luogo di direzione degli affari e quello in cui amministra i suoi interessi) il soggiorno abituale (si tratta del luogo in cui il soggetto, in termini temporali, prevalentemente abita) la nazionalità (determinata in base ai dati anagrafici di cittadinanza).

Si sottolineava inoltre che, considerato che l’articolo 10 della legge 448/1998 aveva provveduto a integrare i criteri fissati dall’articolo 2 del Dpr 917/1986, introducendo il comma 2-bis (“si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati in Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con Decreto del Ministero delle Finanze da pubblicare in G.U.”), e visto che nell’elenco del Dm 4 maggio 1999, in materia di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato, all’articolo 1, era citato, per l’appunto, anche l’Uruguay (paese dove il contribuente sosteneva di aver trasferito la propria residenza), era chiaro che il contribuente aveva trasferito la propria residenza in quel Paese al solo fine di godere di un trattamento fiscale a lui più favorevole.

La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, quindi, con la sentenza n. 14434 del 15 giugno, ha confermato la legittimità delle pretese dell’ufficio, stabilendo che la sola iscrizione nell’anagrafe dei residenti all’estero non è determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ciò che conta è il fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente “vale a dire in modo riconoscibile da terzi”.

Ciò che rileva, evidenzia ancora la Corte suprema, è il principio di effettività e non la volontà individuale del contribuente.

In particolare, secondo i giudici di legittimità, “il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato rileva principalmente quanto alla libertà dell’effettuazione della stessa (l’ordinamento deve riconoscere e garantire l’effettivo esercizio della libertà di stabilimento del centro principale dei propri interessi), ma allorché si deve rilevare quale sia il risultato di quella scelta la volontà individuale va contemperata con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi”.

Leggi: Cassazione 14434-2010 Imposte sui redditi – come determinare la residenza fiscale


Codice della partecipazione dei lavoratori ai risultati di impresa

Presentato dal ministro del lavoro il 7 luglio 2010  il “Codice della partecipazione”, un documento aperto che contiene una raccolta ragionata della normativa vigente, non solo italiana, e alcune delle buone prassi che presentano le caratteristiche virtuose della partecipazione. Partecipazione intesa in termini generali, ricomprendendo perciò le due tipologie che la ordinano:

  1. i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori
  2. la partecipazione finanziaria, a sua volta dettagliabile in partecipazione agli utili o ai profitti e partecipazione azionaria.

Il Codice è il primo frutto dell`Avviso comune sulla partecipazione firmato il 9 dicembre dell’anno scorso da tutte le associazioni datoriali e sindacali. Per la prima volta le parti hanno convenuto su una piattaforma valoriale comune che valuta, come si legge nell’Avviso comune, l`economia della partecipazione una soluzione in grado «di conciliare la solidarietà tipica del modello sociale europeo con l`efficienza richiesta dalla competizione globale».

Il Codice si divide in cinque macro-aree:

  • normativa comunitaria;
  • normativa nazionale;
  • disegni e progetti di legge;
  • accordi sindacali;
  • buone pratiche.

Obiettivo del documento è fornire alle parti sociali un strumento che consenta di individuare, attraverso il monitoraggio delle pratiche partecipative in atto, le criticità della normativa legale e contrattuale vigente e gli ostacoli, di vario ordine, che impediscono una diffusione degli istituti partecipativi così come avviene negli altri Paesi europei.

Trattandosi di un documento aperto, il Codice sarà costantemente aggiornato attraverso i contributi che giungeranno dalle parti sociali e dagli esperti della materia.

Il ricorso a tale strumento di “soft law” esalta il ruolo delle parti sociali e si pone come una sorta di nuova frontiera delle tecniche regolatorie del diritto del lavoro, segnalando una apertura del nostro sistema a istanze presenti nel Paese, ora recepite nel Libro Bianco sul futuro del modello sociale italiano dopo ampia consultazione pubblica.

Tutto ciò si basa nella consapevolezza che l’economia della partecipazione presuppone al tempo stesso, un modello d’impresa sempre più attento al valore della persona e un modello di sindacato quale soggetto attivo dello sviluppo e della diffusione del benessere. In sostanza le parti riconoscono che sussistono “obiettivi comuni condivisibili”, fra cui tutti la solidità competitiva della impresa e il rispetto e della valorizzazione del lavoro.

Il codice si riferisce alla partecipazione in senso lato, intendendo per essa sia i diritti di informazione consultazione dei lavoratori sia la partecipazione finanziaria e quindi al capitale o agli utili.

Codice della partecipazione 2010


Impugnabile la “comunicazione di iscrizione a ruolo” spedita a mezzo posta

La Corte Suprema di Cassazione è tornata ad occuparsi del problema relativo all’identificazione degli atti impugnabili in sede di accertamento e processo tributario, pronunciandosi a favore dell’impugnabilità della “comunicazione di iscrizione a ruolo”, che viene equiparata alla cartella esattoriale.

Il D.Lgs. n. 546/1992 all’art. 19 elenca gli atti emanati dall’Amministrazione finanziaria o da un altro Ente che possono essere impugnati dal contribuente.

In particolare, è possibile presentare ricorso avverso il ruolo o la cartella esattoriale notificati al debitore sottoposto ad accertamento fiscale.

Nel ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dal contribuente se l’accertamento è divenuto definitivo; ovvero, la metà delle imposte contestate nel caso in cui venga impugnato l’atto dell’Ufficio.
La disposizione di cui al citato art. 19 sancisce inoltre che gli atti “diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente”.

Pertanto la legge non prevede espressamente la possibilità di impugnare la comunicazione di iscrizione a ruolo in quanto atto non citato nel D.Lgs. n. 546/1992.

Il fatto

Un contribuente impugna l’atto con il quale il proprio Comune gli richiedeva il pagamento di una somma a titolo di Tarsu, avendo in realtà già provveduto al pagamento di tale tributo.

Contestualmente viene impugnata la relativa delibera della Giunta dell’Ente locale, il ruolo e la comunicazione di iscrizione a ruolo.

I giudici di primo grado hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal contribuente, rilevando che la sola comunicazione di iscrizione a ruolo non è atto autonomamente impugnabile, non avendo né le caratteristiche della cartella esattoriale, né del ruolo.

Anche i giudici di secondo grado hanno sostenuto la stessa tesi, sottolineando che la comunicazione di iscrizione a ruolo non è un atto idoneo a produrre effetti giuridici e pertanto il contribuente non ha alcun interesse a proporne ricorso.

La pronuncia della Cassazione
I giudici della Suprema Corte, adita avverso la decisione dei giudici di merito, hanno accolto il ricorso del contribuente, ribaltando di fatto il giudizio espresso sia in primo che in secondo grado.
Secondo la Corte, l’atto qualificato come “comunicazione di iscrizione a ruolo” spedito a mezzo posta ordinaria e non tramite notifica, è da ritenersi atto autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 32, co 1, lett. a) del D.Lgs. n. 46/1999. Tale decreto disciplina la fattispecie relativa alla c.d. riscossione spontanea delle imposte dovute a mezzo ruolo, prevedendo che si considera tale la riscossione da effettuare a “seguito di iscrizione a ruolo non derivante da inadempimento”. Questa fattispecie è da applicarsi al caso in esame in quanto il contribuente ha provveduto spontaneamente al pagamento del tributo richiesto dal proprio Comune.
In subordine, i giudici di legittimità sostengono che la comunicazione di iscrizione a ruolo non è atto privo di effetti giuridici e quindi il contribuente ha l’interesse a impugnarlo a tutela della propria situazione giuridica.
Nel caso concreto l’interesse del contribuente scaturisce proprio dalla comunicazione ricevuta a mezzo posta poiché contiene “la determinazione dell’esatta somma dovuta […]” e la specifica che “in mancanza del suo pagamento seguirà l’iscrizione a ruolo […]”. Pertanto, tale atto si qualifica come una vera e propria liquidazione dell’imposta e quindi è da giudicare equipollente alla cartella esattoriale, impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546/1992.
Considerazioni conclusive
La Corte fissa un importante principio con la pronuncia n. 14373 del 2010, perché sembra ormai chiaro che un atto emanato dall’Amministrazione finanziaria o da altro Ente, avente tutte le caratteristiche intrinseche di quelli considerati dalla legge come autonomamente impugnabili in sede di ricorso, deve essere a questi equiparato, anche nel caso in cui non sia espressamente citato nell’elenco di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
Infatti la Cassazione, richiamando peraltro una precedente sentenza del luglio del 2007, ribadisce che “nel processo tributario sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs n. 546/1992, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda in una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla progettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto non assumendo alcun rilevo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione”.

leggi:  Cassazione civile, Sez. Trib., Sentenza 15/06/2010, n. 14373


T.A.R. Lazio n. 23772 del 8.07.2010

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1551 del 2008, proposto da:

Di Gregorio Simona, rappresentato e difeso dall’avv. Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso Lodovico Visone in Roma, via degli Avignonesi, 5;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, costituito in giudizio presso il TAR Campania a mezzo della Avvocatura distrettuale;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

– del bando di concorso del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il “passaggio tra le aree ex art. 15 CCNL 1998/2001”, con il quale è stata indetta una procedura di selezione del personale ministeriale appartenente all’area B per il passaggio alla posizione economica C1 per il profilo professionale di Restauratore e Conservatore, nella parte in cui ha previsto tra i requisiti di ammissione “l’essere dipendenti a tempo indeterminato del Ministero”;

– ove occorra, della circolare n. 183 del 24 luglio 2007 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nella parte in cui ha previsto la notifica del bando di cui al punto sub a) esclusivamente al personale “a tempo indeterminato”, in tal modo confermando la contestata limitazione;

– ove e per quanto occorra, della circolare n. 248 del 16 ottobre 2007 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, avente ad oggetto “provvedimenti integrativi ai bandi per il passaggio dall’area B alla posizione economica C1; attuazione accordo Amministrazione/OO.SS. del 10 ottobre 2007”;

– di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali;

nonché

– per il risarcimento, ai sensi degli artt. 35 D.Lgs. n. 80/98 e 7 L. n. 1034/1971, così come modificati dall’art. 7 L. n. 205/2000.

nonché, con motivi aggiunti

– del provvedimento, di estremi sconosciuti, con il quale il Ministero per i Beni Culturali ha escluso la ricorrente dalla procedura di selezione indetta con il bando impugnato con ricorso introduttivo;

– della nota della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Salerno ed Avellino, prot. n. 1152 del 3 ottobre 2008, in uno al relativo elenco allegato nella parte in cui non ha inserito la ricorrente tra i candidati ammessi al corso di formazione;

– ove e per quanto occorra, dell’accordo sottoscritto tra l’Amministrazione e le OO.SS. in data 17 settembre 2008, recante l’indicazione delle modalità e criteri di attuazione dei percorsi formativi per il passaggio dall’area “B” alla posizione economica “C1”;

– ove e per quanto occorra, della circolare n. 223 del 29 settembre 2008, recante la indicazione delle modalità di espletamento dei predetti corsi formativi.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Avvocatura dello Stato presso il TAR Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010 il dott. Alessandro Tomassetti;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

FATTO

Con ricorso notificato in data 14 novembre 2007 e depositato il 26 novembre 2007, l’odierna ricorrente impugna i provvedimenti di cui in epigrafe deducendo i seguenti fatti:

La ricorrente è stata assunta nel 1999 con contratto a tempo determinato presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Province di Salerno, Avellino e Benevento – Ufficio Scavi di Paestum.

Dal 1999 ad oggi, tale contratto è stato rinnovato di anno in anno e, ad oggi, la ricorrente vanta una anzianità di ben 6 anni, in posizione economica B3.

Atteso il reiterato ricorso da parte delle Pubbliche Amministrazioni al suddetto strumento contrattuale, a seguito di un lungo dibattito parlamentare, con la legge finanziaria del 27 dicembre 2006, n. 296, all’art. 1, comma 558, è stata prevista la cd. “stabilizzazione”.

In tale ottica, il Ministero intimato, con nota dell’11 luglio 2007, ha provveduto a comunicare che “in applicazione dell’art. 1, comma 519 della L. 27 dicembre 2006 (finanziaria 2007) richiamata nella dichiarazione congiunta sottoscritta dalla Amministrazione e le OO.SS. in data 21 giugno 2007, il contratto in oggetto ha validità fino alla conclusione delle procedure di immissione in ruolo della S.V.”.

La ricorrente, pertanto, in possesso di tutti i previsti richiesti per la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro, era in attesa del provvedimento ministeriale preordinato alla immissione in ruolo, con la conseguente trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

Senonchè il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel pubblicare il bando per la procedura selettiva del personale appartenente all’area B per il passaggio alla posizione economica C1, ha indicato tra i requisiti per l’ammissione alla procedura concorsuale, all’art. 2, comma 1, lett. a), “l’essere dipendente a tempo indeterminato del Ministero, anche se in posizione di comando o di fuori ruolo presso le Amministrazioni, nell’area B”.

In tal modo, dunque, inibendo alla ricorrente l’ambita trasformazione del rapporto di lavoro con la conseguente modifica della posizione economica.

La ricorrente, in possesso dei requisiti previsti dalla norma per il passaggio dall’area B alla posizione economica C1, ha prodotto regolare domanda di partecipazione alla suddetta procedura concorsuale.

Nel contempo, tuttavia, impugna il bando nella parte in cui limita il suo diritto di partecipazione.

Deduce la ricorrente la illegittimità dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:

– violazione di legge (artt. 3, 35, 51 e 97 Cost.; art. 1 L. n. 241/1990 in relazione all’art. 2 del bando del 24 luglio 2007 del Ministro per i Beni e le Attività Culturali); eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria; disparità di trattamento; erroneità; sviamento);

– violazione di legge (artt. 3, 35, 51 e 97 Cost.; art. 1 L. n. 241/1990 in relazione all’art. 2 del bando del 24 luglio 2007 del Ministro per i Beni e le Attività Culturali); eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria; disparità di trattamento; erroneità; sviamento);

– violazione di legge (artt. 3, 35, 51 e 97 Cost.; art. 1 L. n. 241/1990 in relazione all’art. 2 del bando del 24 luglio 2007 del Ministro per i Beni e le Attività Culturali); eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria; disparità di trattamento; erroneità; sviamento).

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione resistente deducendo l’incompetenza del TAR adito e chiedendo il trasferimento del ricorso al TAR Lazio.

A seguito della adesione della ricorrente, il TAR per la Campania – Salerno, disponeva la trasmissione del ricorso al TAR Lazio.

Con ordinanza n. 5084/2008, il Tribunale respingeva l’istanza cautelare avanzata dal difensore della ricorrente.

Con motivi aggiunti ritualmente notificati e depositati la ricorrente impugnava gli ulteriori atti indicati in epigrafe.

Con ordinanza n. 1531/2009, il il Tribunale respingeva l’istanza cautelare avanzata dal difensore della ricorrente in relazione ai motivi aggiunti.

All’udienza pubblica del 27 aprile 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente lamenta la illegittimità del bando di concorso – e delle circolari attuative – con cui il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha indetto una procedura di selezione del personale ministeriale per il passaggio dall’area B alla posizione economica C1 per il profilo professionale di Restauratore e Conservatore, nella parte in cui ha previsto tra i requisiti di ammissione “l’essere dipendenti a tempo indeterminato del Ministero”.

La ricorrente, infatti, risulta “stabilizzata” soltanto a far data dal 18 gennaio 2008 a seguito della stipula del relativo contratto in applicazione del disposto di cui all’art. 1, comma 519 L. n. 296/2006.

In particolare, con circolare n. 243 dell’11 ottobre 2007, il Direttore del Servizio II del Ministero resistente, in applicazione dei commi 519 e 521 della L. n. 296/2006, ha disposto l’accertamento dei requisiti da parte dei dipendenti destinatari delle procedure di stabilizzazione, con termine al 30 novembre per la presentazione della relativa documentazione. Con successiva circolare n. 295 del 20 dicembre 2007, all’esito della presentazione dei documenti richiesti, l’Amministrazione ha provveduto ad impartire ai Direttori degli Uffici ed Istituti Centrali e periferici interessati le disposizioni volte alla procedura di nomina per la qualifica di “Assistenza alla Vigilanza, Sicurezza, Accoglienza, Comunicazioni e Servizi al Pubblico (ex Assistenti Tecnici Museali)” ed alla conseguente stipula del contratto che è avvenuta – con riferimento alla posizione della ricorrente – in data 3 gennaio 2008.

Deduce la ricorrente – nei primi tre motivi di ricorso principale – la illegittimità del decreto di esclusione in considerazione del fatto che la limitazione della partecipazione al concorso per il passaggio dall’area B all’are C1 ai soli lavoratori a tempo indeterminato determinerebbe una ingiustificata discriminazione non fondata su ragioni logiche ovvero giuridiche.

Gli assunti sono infondati.

Rileva il Collegio come l’art. 2 del bando relativo al passaggio di area funzionale di cui all’odierno ricorso espressamente dispone che “possono produrre domanda di partecipazione alla selezione i dipendenti del Ministero per i beni e le attività culturali che siano in possesso dei seguenti requisiti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione: a) essere dipendenti a tempo indeterminato del Ministero, anche se in posizione di comando o di fuori ruolo presso altre Amministrazioni, nell’area B; b) essere in possesso del diploma di laurea afferente alla professionalità di cui al presente bando e del relativo anno integrativo. I requisiti di cui ai punti a) e b) devono essere posseduti alla data del 30 settembre 2007 e devono sussistere anche alla data dell’inquadramento nella posizione economica conseguita a seguito della procedura di selezione. I candidati privi di uno dei requisiti di cui al presente articolo sono esclusi dalla selezione con provvedimento motivato. Tale esclusione, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 487/1994 citato nelle premesse, può avvenire in qualunque momento”.

L’espressa indicazione del bando esclude, quindi, la partecipazione alla procedura di quei soggetti – quali la odierna ricorrente – che al tempo della scadenza per la presentazione della domanda non fossero dipendenti a tempo indeterminato.

Né può ritenersi fondata la interpretazione tesa ad individuare nella volizione della Amministrazione una irragionevole disparità di trattamento tra posizioni di eguale natura.

Non v’è dubbio, infatti, che la posizione del lavoratore a tempo determinato non può essere equiparata a quella del lavoratore a tempo indeterminato in considerazione della diversa natura del rapporto e della differente posizione assunta dagli stessi nell’ambito della organizzazione funzionale del rapporto di servizio alle dipendenze della P.A.

La natura delle procedure selettive di stabilizzazione, del resto, è equipollente ad una vera e propria assunzione – senza espletamento di concorso pubblico – e, dunque, deve essere ricondotta ad una fattispecie di costituzione del rapporto lavorativo tra il singolo lavoratore e l’Amministrazione Pubblica datoriale (sul punto, seppure ai fini della risoluzione di una questione di giurisdizione, si veda T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 02 dicembre 2009 , n. 8253).

Alcuna discriminazione, dunque, ha posto in essere l’Amministrazione nel limitare la partecipazione al concorso in oggetto al solo personale assunto a tempo indeterminato.

Né può sostenersi che il requisito in esame doveva ritenersi sussistente qualora posseduto al momento della presentazione della domanda ovvero al momento dell’avvio della procedura. Appare, infatti, evidente come tale interpretazione stravolga completamente l’assetto delineato dal bando importando, peraltro, effetti distorsivi anche sotto il profilo della spesa pubblica in contrasto con i principi di contenimento e razionalizzazione della spesa per il costo del lavoro pubblico.

Ancora, non può nemmeno imputarsi alla Amministrazione un ritardo nella attuazione dei provvedimenti di stabilizzazione. Sotto tale profilo, infatti, è sufficiente osservare come la norma di cui all’art. 1, comma 519 L. n. 296/2006 non faccia riferimento ad alcun limite temporale di applicazione disponendo, nella sua prima parte, soltanto che “Per l’anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive”; né, del resto, la stabilizzazione del precariato costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento giuridico in grado di derogare “ex se” alle disposizioni normative in tema di procedure selettive.

D’altra parte occorre anche osservare come i “tempi” della procedura di stabilizzazione risultano necessariamente parametrati alla complessità della riorganizzazione delle risorse umane che ha implicato una previa rideterminazione delle piante organiche distinte per posizioni economiche ed una successiva individuazione dei criteri e delle modalità per la presentazione della documentazione necessaria al completamento della procedura di stabilizzazione.

Allo stesso modo infondati appaiono i motivi aggiunti.

Con il primo motivo, in particolare, la ricorrente deduce la illegittimità dei provvedimenti impugnati per la assenza di alcun provvedimento di esclusione.

L’assunto è infondato.

Rileva il Collegio come l’assenza del formale provvedimento di esclusione della ricorrente dalla procedura selettiva di cui all’odierno ricorso non rileva ai fini della dedotta legittimità dei provvedimenti impugnati anche in considerazione della intervenuta nota n. 11552 del 3 ottobre 2008 con cui la Soprintendenza ai Beni Culturali ha disposto la convocazione dei soli ammessi al concorso con conseguente esclusione implicita di tutti i soggetti partecipanti non indicati nel provvedimento di ammissione.

Quanto, poi, alla seconda censura contenuta nei motivi aggiunti è sufficiente osservare come l’intervenuta trasformazione del rapporto di lavoro della ricorrente a tempo indeterminato (in data 18 gennaio 2008) non può incidere sulla fondatezza del ricorso in considerazione della assenza, al momento della scadenza del concorso, del necessario requisito posto dallo stesso bando (esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato).

Per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

L’infondatezza nel merito del ricorso importa il rigetto della domanda di risarcimento del danno.

Sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione II quater, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Lucia Tosti, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 Il 08/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

N. 23772/2010 REG.SEN.

N. 01551/2008 REG.RIC.


D.Lgs. n. 104 del 2.07.2010

DECRETO LEGISLATIVO 2 luglio 2010, n. 104 (1).

Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo.

(1) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 7 luglio 2010, n. 156, S.O.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;

Vista la legge 18 giugno 2009, n. 69, ed in particolare l’articolo 44, recante delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, nel quale, al comma 4, è previsto che il Governo può avvalersi della facoltà di cui all’articolo 14, numero 2), del testo unico sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054;

Vista la nota in data 8 luglio 2009 con la quale il Governo, avvalendosi della facoltà di cui all’articolo 14, numero 2), del citato testo unico n. 1054 del 1924, ha commesso al Consiglio di Stato la formulazione del progetto del suddetto decreto legislativo;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato in data 23 luglio 2009, con il quale la formulazione di detto progetto è stata deferita ad una commissione speciale e ne è stata stabilita la composizione;

Visto il progetto del decreto legislativo recante il «codice del processo amministrativo» e le relative norme di attuazione, transitorie, di coordinamento e di abrogazione, redatto da detta commissione speciale e trasmesso al Governo con nota del Presidente del Consiglio di Stato in data 10 febbraio 2010;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 aprile 2010;

Acquisito il parere reso dalle competenti Commissioni parlamentari;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 24 giugno 2010;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Emana il seguente decreto legislativo:

——————————————————————————–

Art. 1 Approvazione del codice e delle disposizioni connesse

1. E’ approvato il codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 al presente decreto.

2. Sono altresì approvate le norme di attuazione di cui all’allegato 2, le norme transitorie di cui all’allegato 3 e le norme di coordinamento e le abrogazioni di cui all’allegato 4.

Art. 2 Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il 16 settembre 2010.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Allegato 1

Codice del processo amministrativo

Libro primo

DISPOSIZIONI GENERALI

Titolo I

Principi e organi della giurisdizione amministrativa

Capo I

Principi generali

Art. 1 Effettività

1. La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo.

Art. 2  Giusto processo

1. Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’articolo 111, primo comma, della Costituzione.

2. Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo.

Art. 3 Dovere di motivazione e sinteticità degli atti

1. Ogni provvedimento decisorio del giudice è motivato.

2. Il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica.

Capo II

Organi della giurisdizione amministrativa

Art. 4 Giurisdizione dei giudici amministrativi

1. La giurisdizione amministrativa è esercitata dai tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato secondo le norme del presente codice.

Art. 5 Tribunali amministrativi regionali

1. Sono organi di giurisdizione amministrativa di primo grado i tribunali amministrativi regionali e il Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino-Alto Adige.

2. Il tribunale amministrativo regionale decide con l’intervento di tre magistrati, compreso il presidente. In mancanza del presidente, il collegio è presieduto dal magistrato con maggiore anzianità nel ruolo.

3. Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino-Alto Adige resta disciplinato dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione.

Art. 6 Consiglio di Stato

1. Il Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa.

2. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale decide con l’intervento di cinque magistrati, di cui un presidente di sezione e quattro consiglieri. In caso di impedimento del presidente, il collegio è presieduto dal consigliere più anziano nella qualifica.

3. Salvo quanto previsto dalle norme di attuazione richiamate al comma 6, l’adunanza plenaria è composta dal presidente del Consiglio di Stato che la presiede e da dodici magistrati del Consiglio di Stato, assegnati alle sezioni giurisdizionali.

4. In caso di impedimento, il presidente del Consiglio di Stato è sostituito dal presidente di sezione giurisdizionale più anziano nel ruolo; gli altri componenti dell’adunanza plenaria, in caso di assenza o di impedimento, sono sostituiti dal magistrato più anziano nella stessa qualifica della rispettiva sezione.

5. Per gli appelli avverso le pronunce della sezione autonoma di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa si applicano anche le disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.

6. Gli appelli avverso le pronunce del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia sono proposti al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, nel rispetto delle disposizioni dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.

Capo III

Giurisdizione amministrativa

Art. 7 Giurisdizione amministrativa

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.

2. Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo.

3. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.

4. Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.

5. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.

6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge e dall’articolo 134. Nell’esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione.

7. Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.

8. Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.

Art. 8  Cognizione incidentale e questioni pregiudiziali

1. Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.

2. Restano riservate all’autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell’incidente di falso.

Art. 9 Difetto di giurisdizione

1. Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione.

Art. 10 Regolamento preventivo di giurisdizione

1. Nel giudizio davanti ai tribunali amministrativi regionali è ammesso il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall’articolo 41 del codice di procedura civile. Si applica il primo comma dell’articolo 367 dello stesso codice.

2. Nel giudizio sospeso possono essere chieste misure cautelari, ma il giudice non può disporle se non ritiene sussistente la propria giurisdizione.

1. Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito.

2. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.

3. Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice amministrativo, quest’ultimo, alla prima udienza, può sollevare anche d’ufficio il conflitto di giurisdizione.

4. Se in una controversia introdotta davanti ad altro giudice le sezioni unite della Corte di Cassazione, investite della questione di giurisdizione, attribuiscono quest’ultima al giudice amministrativo, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è riproposto dalla parte che vi ha interesse nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della decisione delle sezioni unite.

5. Nei giudizi riproposti, il giudice, con riguardo alle preclusioni e decadenze intervenute, può concedere la rimessione in termini per errore scusabile ove ne ricorrano i presupposti.

6. Nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.

7. Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate. Le parti possono riproporre le domande cautelari al giudice munito di giurisdizione.

Art. 12 Rapporti con l’arbitrato

1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.

Capo IV

Competenza

Art. 13 Competenza territoriale inderogabile

1. Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede. Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all’ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede.

2. Per le controversie riguardanti pubblici dipendenti è inderogabilmente competente il tribunale nella cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio.

3. Negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma e, per gli atti dei soggetti pubblici a carattere ultra regionale, il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il soggetto.

4. La competenza territoriale del tribunale amministrativo regionale non è derogabile.

Art. 14 Competenza funzionale inderogabile

1. Sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie indicate dall’articolo 135 e dalla legge.

2. Sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

3. La competenza è funzionalmente inderogabile altresì per i giudizi di cui agli articoli 113 e 119, nonché per ogni altro giudizio per il quale la legge o il presente codice individuino il giudice competente con criteri diversi da quelli di cui all’articolo 13.

Art. 15 Rilievo dell’incompetenza e regolamento preventivo di competenza

1. Il difetto di competenza è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione esso è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla competenza.

2. Finché la causa non è decisa in primo grado, ciascuna parte può chiedere al Consiglio di Stato di regolare la competenza. Non rilevano, a tal fine, le pronunce istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1, né quelle che respingono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza. Il regolamento è proposto con istanza notificata alle altre parti e depositata, unitamente a copia degli atti utili al fine del decidere, entro quindici giorni dall’ultima notificazione presso la segreteria del Consiglio di Stato.

3. Il Consiglio di Stato decide in camera di consiglio con ordinanza, con la quale provvede anche sulle spese del regolamento. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza. Al procedimento si applicano i termini di cui all’articolo 55, commi da 5 a 8.

4. La pronuncia del Consiglio di Stato vincola i tribunali amministrativi regionali. Se viene indicato come competente un tribunale diverso da quello adito, il giudizio deve essere riassunto nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza che pronuncia sul regolamento, ovvero entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

5. Quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi dell’articolo 16, comma 2, richiede d’ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza, indicando il tribunale che reputa competente.

6. L’ordinanza con cui è richiesto il regolamento è immediatamente trasmessa d’ufficio al Consiglio di Stato a cura della segreteria. Della camera di consiglio fissata per regolare la competenza ai sensi del comma 4 è dato avviso, almeno dieci giorni prima, ai difensori che si siano costituiti davanti al Consiglio di Stato. Fino a due giorni liberi prima è ammesso il deposito di memorie e documenti e sono sentiti in camera di consiglio i difensori che ne facciano richiesta.

7. Nelle more del procedimento di cui al comma 6, il ricorrente può riproporre le istanze cautelari al tribunale amministrativo regionale indicato nell’ordinanza di cui al comma 5 il quale decide in ogni caso sulla domanda cautelare, fermo quanto previsto dal comma 8.

8. Le pronunce sull’istanza cautelare rese dal giudice dichiarato incompetente perdono comunque efficacia dopo trenta giorni dalla data di pubblicazione dell’ordinanza che regola la competenza.

9. Le parti possono sempre riproporre le istanze cautelari al giudice dichiarato competente.

10. La disciplina dei commi 8 e 9 si applica anche alle pronunce sull’istanza cautelare rese dal giudice privato del potere di decidere il ricorso dall’ordinanza presidenziale di cui all’ articolo 47, comma 2.

Art. 16 Regime della competenza

1. La competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile anche in ordine alle misure cautelari.

2. Il difetto di competenza è rilevato, anche d’ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente. Se, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione di tale ordinanza, la causa è riassunta davanti al giudice dichiarato competente, il processo segue davanti al nuovo giudice.

3. L’ordinanza con cui il giudice adito dichiara la propria competenza o incompetenza è impugnabile nel termine di trenta giorni dalla notificazione, ovvero di sessanta giorni dalla sua pubblicazione, con il regolamento di competenza di cui all’articolo 15. Il regolamento può essere altresì richiesto d’ufficio, con ordinanza, dal giudice dinanzi al quale il giudizio è stato riassunto ai sensi del comma 2; in tale caso si procede ai sensi dell’articolo 15, comma 6.

4. Durante la pendenza del regolamento di competenza, il ricorrente può sempre proporre l’istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale indicato nell’ordinanza di cui al comma 2 o in quella di cui all’articolo 15, comma 5, il quale decide in ogni caso sulla domanda cautelare, fermo restando quanto previsto dall’articolo 15, comma 8.

Capo V

Astensione e ricusazione

Art. 17 Astensione

1. Al giudice amministrativo si applicano le cause e le modalità di astensione previste dal codice di procedura civile.

Art. 18 Ricusazione

1. Al giudice amministrativo si applicano le cause di ricusazione previste dal codice di procedura civile.

2. La ricusazione si propone, almeno tre giorni prima dell’udienza designata, con domanda diretta al presidente, quando sono noti i magistrati che devono prendere parte all’udienza; in caso contrario, può proporsi oralmente all’udienza medesima prima della discussione.

3. La domanda deve indicare i motivi ed i mezzi di prova ed essere firmata dalla parte o dall’avvocato munito di procura speciale.

4. Proposta la ricusazione, il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l’istanza inammissibile o manifestamente infondata.

5. In ogni caso la decisione definitiva sull’istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito.

6. I componenti del collegio chiamato a decidere sulla ricusazione non sono ricusabili.

7. Il giudice, con l’ordinanza con cui dichiara inammissibile o respinge l’istanza di ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l’ha proposta ad una sanzione pecuniaria non superiore ad euro cinquecento.

8. La ricusazione o l’astensione non hanno effetto sugli atti anteriori. L’accoglimento dell’istanza di ricusazione rende nulli gli atti compiuti ai sensi del comma 4 con la partecipazione del giudice ricusato.

Capo VI

Ausiliari del giudice

Art. 19 Verificatore e consulente tecnico

1. Il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più verificatori, ovvero, se indispensabile, da uno o più consulenti.

2. L’incarico di consulenza può essere affidato a dipendenti pubblici, professionisti iscritti negli albi di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, o altri soggetti aventi particolare competenza tecnica. Non possono essere nominati coloro che prestano attività in favore delle parti del giudizio. La verificazione è affidata a un organismo pubblico, estraneo alle parti del giudizio, munito di specifiche competenze tecniche.

3. Il verificatore e il consulente compiono le indagini che sono loro affidate dal giudice e forniscono anche oralmente i chiarimenti richiesti.

Art. 20 Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente

1. Il verificatore e il consulente, se scelto tra i dipendenti pubblici o tra gli iscritti negli albi di cui all’articolo 13 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, hanno l’obbligo di prestare il loro ufficio, tranne che il giudice riconosca l’esistenza di un giustificato motivo.

2. Il consulente, o il verificatore, può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’articolo 51 del codice di procedura civile. Della ricusazione conosce il giudice che l’ha nominato.

Art. 21 Commissario ad acta

1. Nell’ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all’amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta. Si applica l’articolo 20, comma 2.

Titolo II

Parti e difensori

Art. 22 Patrocinio

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 23, nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali è obbligatorio il patrocinio di avvocato.

2. Per i giudizi davanti al Consiglio di Stato è obbligatorio il ministero di avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori.

3. La parte o la persona che la rappresenta, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

Art. 23 Difesa personale delle parti

1. Le parti possono stare in giudizio personalmente senza l’assistenza del difensore nei giudizi in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Art. 24 Procura alle liti

1. La procura rilasciata per agire e contraddire davanti al giudice si intende conferita anche per proporre motivi aggiunti e ricorso incidentale, salvo che in essa sia diversamente disposto.

Art. 25 Domicilio

1. Nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata.

2. Nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato.

Art. 26 Spese di giudizio

1. Quando emette una decisione, il giudice provvede anche sulle spese del giudizio, secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile.

2. Il giudice, nel pronunciare sulle spese, può altresì condannare, anche d’ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell’altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati.

Titolo III

Azioni e domande

Capo I

Contraddittorio e intervento

Art. 27 Contraddittorio

1. Il contraddittorio è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati.

2. Se il giudizio è promosso solo contro alcune delle parti e non si è verificata alcuna decadenza, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre entro un termine perentorio. Nelle more dell’integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali.

Art. 28 Intervento

1. Se il giudizio non è stato promosso contro alcuna delle parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata, queste possono intervenirvi, senza pregiudizio del diritto di difesa.

2. Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

3. Il giudice, anche su istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo, ne ordina l’intervento.

Capo II

Azioni di cognizione

Art. 29 Azione di annullamento

1. L’azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni.

Art. 30 Azione di condanna

1. L’azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma.

2. Può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall’articolo 2058 del codice civile, può essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.

3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti.

4. Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l’inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.

5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo.

Art. 31 Azione avverso il silenzio e declaratoria di nullità

1. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

2. L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.

3. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.

4. La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all’articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV.

Art. 32 Pluralità delle domande e conversione delle azioni

1. E’ sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale. Se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica quello ordinario, salvo quanto previsto dai Capi I e II del Titolo V del Libro IV.

2. Il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni.

Titolo IV

Pronunce giurisdizionali

Art. 33 Provvedimenti del giudice

1. Il giudice pronuncia:

a) sentenza quando definisce in tutto o in parte il giudizio;

b) ordinanza quando assume misure cautelari o interlocutorie, ovvero decide sulla competenza;

c) decreto nei casi previsti dalla legge.

2. Le sentenze di primo grado sono esecutive.

3. Le ordinanze e i decreti, se non pronunciati in udienza o in camera di consiglio e inseriti nel relativo verbale, sono comunicati alle parti dalla segreteria nel termine di cui all’articolo 89, comma 3.

4. L’ordinanza che dichiara l’incompetenza indica in ogni caso il giudice competente.

Art. 34 Sentenze di merito

1. In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda:

a) annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato;

b) ordina all’amministrazione, rimasta inerte, di provvedere entro un termine;

c) condanna al pagamento di una somma di denaro, anche a titolo di risarcimento del danno, all’adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell’articolo 2058 del codice civile;

d) nei casi di giurisdizione di merito, adotta un nuovo atto, ovvero modifica o riforma quello impugnato;

e) dispone le misure idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l’ottemperanza.

2. In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 30, comma 3, il giudice non può conoscere della legittimità degli atti che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare con l’azione di annullamento di cui all’articolo 29.

3. Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori.

4. In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti.

5. Qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere.

Art. 35 Pronunce di rito

1. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:

a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;

b) inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;

c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito.

2. Il giudice dichiara estinto il giudizio:

a) se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice;

b) per perenzione;

c) per rinuncia.

Art. 36 Pronunce interlocutorie

1. Salvo che il presente codice disponga diversamente, il giudice provvede con ordinanza in tutti i casi in cui non definisce nemmeno in parte il giudizio.

2. Il giudice pronuncia sentenza non definitiva quando decide solo su alcune delle questioni, anche se adotta provvedimenti istruttori per l’ulteriore trattazione della causa.

Art. 37 Errore scusabile

1. Il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto.

Titolo V

Disposizioni di rinvio

Art. 38  Rinvio interno

1. Il processo amministrativo si svolge secondo le disposizioni del Libro II che, se non espressamente derogate, si applicano anche alle impugnazioni e ai riti speciali.

Art. 39 Rinvio esterno

1. Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.

2. Le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile.

Libro secondo

PROCESSO AMMINISTRATIVO DI PRIMO GRADO

Titolo I

Disposizioni generali

Capo I

Ricorso

Sezione I

Ricorso e costituzione delle parti

Art. 40 Contenuto del ricorso

1. Il ricorso deve contenere:

a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto;

b) l’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza;

c) l’esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, l’indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice;

d) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.

Art. 41 Notificazione del ricorso e suoi destinatari

1. Le domande si introducono con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.

2. Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge. Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell’atto illegittimo, ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’ articolo 49.

3. La notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse.

4. Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia particolarmente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio il presidente del tribunale o della sezione cui è assegnato il ricorso può disporre, su richiesta di parte, che la notificazione sia effettuata per pubblici proclami prescrivendone le modalità.

5. Il termine per la notificazione del ricorso è aumentato di trenta giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d’Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d’Europa.

Art. 42 Ricorso incidentale e domanda riconvenzionale

1. Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale. Il ricorso si propone nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. Per i soggetti intervenuti il termine decorre dall’effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale.

2. Il ricorso incidentale, notificato ai sensi dell’articolo 41 alle controparti personalmente o, se costituite, ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile, ha i contenuti di cui all’ articolo 40 ed è depositato nei termini e secondo le modalità previste dall’ articolo 45.

3. Le altre parti possono presentare memorie e produrre documenti nei termini e secondo le modalità previsti dall’articolo 46.

4. La cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per quello principale, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza funzionale di un tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell’articolo 14; in tal caso la competenza a conoscere dell’intero giudizio spetta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero al tribunale amministrativo regionale avente competenza funzionale ai sensi dell’articolo 14.

5. Nelle controversie in cui si faccia questione di diritti soggettivi le domande riconvenzionali dipendenti da titoli già dedotti in giudizio sono proposte nei termini e con le modalità di cui al presente articolo.

Art. 43 Motivi aggiunti

1. I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte. Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini.

2. Le notifiche alle controparti costituite avvengono ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile

3. Se la domanda nuova di cui al comma 1 è stata proposta con ricorso separato davanti allo stesso tribunale, il giudice provvede alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70.

Art. 44 Vizi del ricorso e della notificazione

1. Il ricorso è nullo:

a) se manca la sottoscrizione;

b) se, per l’inosservanza delle altre norme prescritte nell’articolo 40, vi è incertezza assoluta sulle persone o sull’oggetto della domanda.

2. Se il ricorso contiene irregolarità, il collegio può ordinare che sia rinnovato entro un termine a tal fine fissato.

3. La costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, nonché le irregolarità di cui al comma 2.

4. Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.

Art. 45 Deposito del ricorso e degli altri atti processuali

1. Il ricorso e gli altri atti processuali soggetti a preventiva notificazione sono depositati nella segreteria del giudice nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario. I termini di cui al presente comma sono aumentati nei casi e nella misura di cui all’articolo 41, comma 5.

2. E’ fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell’atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante.

3. La parte che si avvale della facoltà di cui al comma 2 è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l’atto non possono essere esaminate.

4. La mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza.

Art. 46 Costituzione delle parti intimate

1. Nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti.

2. L’amministrazione, nel termine di cui al comma 1, deve produrre l’eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio.

3. Della produzione di cui al comma 2 è data comunicazione alle parti costituite a cura della segreteria.

4. I termini di cui al presente articolo sono aumentati nei casi e nella misura di cui all’articolo 41, comma 5.

Art. 47 Ripartizione delle controversie tra tribunali amministrativi regionali e sezioni staccate

1. Nei ricorsi devoluti alle sezioni staccate in base ai criteri di cui all’articolo 13, il deposito del ricorso è effettuato presso la segreteria della sezione staccata. Fuori dei casi di cui all’articolo 14, non è considerata questione di competenza la ripartizione delle controversie tra tribunale amministrativo regionale con sede nel capoluogo e sezione staccata.

2. Se una parte, diversa dal ricorrente, ritiene che il ricorso debba essere deciso dal tribunale amministrativo regionale con sede nel capoluogo anziché dalla sezione staccata, o viceversa, deve eccepirlo nell’atto di costituzione o, comunque, con atto depositato non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine di cui articolo 46, comma 1. Il presidente del tribunale amministrativo regionale provvede sulla eccezione con ordinanza motivata non impugnabile, udite le parti che ne facciano richiesta. Se sono state disposte misure cautelari, si applica l’articolo 15, commi 8 e 9.

3. Salvo quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 2, alla ripartizione di cui al presente articolo non si applica l’ articolo 15.

Art. 48  Giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario

1. Qualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario ai sensi degli articoli 8 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l’atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti.

2. Le pronunce sull’istanza cautelare rese in sede straordinaria perdono efficacia alla scadenza del sessantesimo giorno successivo alla data di deposito dell’atto di costituzione in giudizio previsto dal comma 1. Il ricorrente può comunque riproporre l’istanza cautelare al tribunale amministrativo regionale.

3. Qualora l’opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria.

Art. 49 Integrazione del contraddittorio

1. Quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati, il presidente o il collegio ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri.

2. L’integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato; in tali casi il collegio provvede con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’articolo 74.

3. Il giudice, nell’ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità. Se l’atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 35.

4. I soggetti nei cui confronti è integrato il contraddittorio ai sensi del comma 1 non sono pregiudicati dagli atti processuali anteriormente compiuti.

Art. 50  Intervento volontario in causa

1. L’intervento è proposto con atto diretto al giudice adito, recante l’indicazione delle generalità dell’interveniente. L’atto deve contenere le ragioni su cui si fonda, con la produzione dei documenti giustificativi, e deve essere sottoscritto ai sensi dell’articolo 40, comma 1, lettera d).

2. L’atto di intervento è notificato alle altre parti ed è depositato nei termini di cui all’articolo 45; nei confronti di quelle costituite è notificato ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile.

3. Il deposito dell’atto di intervento di cui all’articolo 28, comma 2, è ammesso fino a trenta giorni prima dell’udienza.

Art. 51 Intervento per ordine del giudice

1.  Il giudice, ove disponga l’intervento di cui all’ articolo 28, comma 3, ordina alla parte di chiamare il terzo in giudizio, indicando gli atti da notificare e il termine della notificazione.

2. La costituzione dell’interventore avviene secondo le modalità di cui all’articolo 46. Si applica l’articolo 49, comma 3, terzo periodo.

Sezione II

Abbreviazione, proroga e sospensione dei termini

Art. 52 Termini e forme speciali di notificazione

1. I termini assegnati dal giudice, salva diversa previsione, sono perentori.

2. Il presidente può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile.

3. Se il giorno di scadenza è festivo il termine fissato dalla legge o dal giudice per l’adempimento è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo.

4. Per i termini computati a ritroso, la scadenza è anticipata al giorno antecedente non festivo.

5. La proroga di cui al comma 3 si applica anche ai termini che scadono nella giornata del sabato.

Art. 53 Abbreviazione dei termini

1. Nei casi d’urgenza, il presidente del tribunale può, su istanza di parte, abbreviare fino alla metà i termini previsti dal presente codice per la fissazione di udienze o di camere di consiglio. Conseguentemente sono ridotti proporzionalmente i termini per le difese della relativa fase.

2. Il decreto di abbreviazione del termine, redatto in calce alla domanda, è notificato, a cura della parte che lo ha richiesto, all’amministrazione intimata e ai controinteressati; il termine abbreviato comincia a decorrere dall’avvenuta notificazione del decreto.

Art. 54 Deposito tardivo di memorie e documenti e sospensione dei termini

1. La presentazione tardiva di memorie o documenti, su richiesta di parte, può essere eccezionalmente autorizzata dal collegio, assicurando comunque il pieno rispetto del diritto delle controparti al contraddittorio su tali atti, quando la produzione nel termine di legge risulta estremamente difficile.

2. I termini processuali sono sospesi dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno.

3. La sospensione dei termini prevista dal comma 2 non si applica al procedimento cautelare.

Titolo II

Procedimento cautelare

Art. 55 Misure cautelari collegiali

1. Se il ricorrente, allegando di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione sul ricorso, chiede l’emanazione di misure cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio.

2. Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il collegio può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare. La concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale. Il provvedimento che impone la cauzione ne indica l’oggetto, il modo di prestarla e il termine entro cui la prestazione va eseguita.

3. La domanda cautelare può essere proposta con il ricorso di merito o con distinto ricorso notificato alle altre parti.

4. La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l’istanza di fissazione dell’udienza di merito, salvo che essa debba essere fissata d’ufficio.

5.  Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso. Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

6. Ai fini del giudizio cautelare, se la notificazione è effettuata a mezzo del servizio postale, il ricorrente, se non è ancora in possesso dell’avviso di ricevimento, può provare la data di perfezionamento della notificazione producendo copia dell’attestazione di consegna del servizio di monitoraggio della corrispondenza nel sito internet delle poste. E’ fatta salva la prova contraria.

7. Nella camera di consiglio le parti possono costituirsi e i difensori sono sentiti ove ne facciano richiesta. La trattazione si svolge oralmente e in modo sintetico.

8. Il collegio, per gravi ed eccezionali ragioni, può autorizzare la produzione in camera di consiglio di documenti, con consegna di copia alle altre parti fino all’inizio di discussione.

9. L’ordinanza cautelare motiva in ordine alla valutazione del pregiudizio allegato e indica i profili che, ad un sommario esame, inducono ad una ragionevole previsione sull’esito del ricorso.

10. Il tribunale amministrativo regionale, in sede cautelare, se ritiene che le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, fissa con ordinanza collegiale la data di discussione del ricorso nel merito. Nello stesso senso può provvedere il Consiglio di Stato, motivando sulle ragioni per cui ritiene di riformare l’ordinanza cautelare di primo grado; in tal caso, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la sollecita fissazione dell’udienza di merito.

11. L’ordinanza con cui è disposta una misura cautelare fissa la data di discussione del ricorso nel merito. In caso di mancata fissazione dell’udienza, il Consiglio di Stato, se conferma in appello la misura cautelare, dispone che il tribunale amministrativo regionale provveda alla fissazione della stessa con priorità. A tal fine l’ordinanza è trasmessa a cura della segreteria al primo giudice.

12. In sede di esame della domanda cautelare il collegio adotta, su istanza di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria e l’integrità del contraddittorio.

13. Il giudice adito può disporre misure cautelari solo se ritiene sussistente la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14; altrimenti provvede ai sensi dell’ articolo 15, commi 5 e 6.

Art. 56 Misure cautelari monocratiche

1. Prima della trattazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. La domanda cautelare è improcedibile finché non è presentata l’istanza di fissazione d’udienza per il merito, salvo che essa debba essere fissata d’ufficio. Il presidente provvede sulla domanda solo se ritiene la competenza del tribunale amministrativo regionale, altrimenti rimette le parti al collegio per i provvedimenti di cui all’articolo 55, comma 13.

2. Il presidente o un magistrato da lui delegato verifica che la notificazione del ricorso si sia perfezionata nei confronti dei destinatari o almeno della parte pubblica e di uno dei controinteressati e provvede con decreto motivato non impugnabile. La notificazione può avvenire da parte del difensore anche a mezzo fax. Si applica l’articolo 55, comma 6. Qualora l’esigenza cautelare non consenta l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca. Ove ritenuto necessario il presidente, fuori udienza e senza formalità, sente, anche separatamente, le parti che si siano rese disponibili prima dell’emanazione del decreto.

3. Qualora dalla decisione sulla domanda cautelare derivino effetti irreversibili, il presidente può subordinare la concessione o il diniego della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, determinata con riguardo all’entità degli effetti irreversibili che possono prodursi per le parti e i terzi.

4. Il decreto, nel quale deve essere comunque indicata la camera di consiglio di cui all’articolo 55, comma 5, in caso di accoglimento è efficace sino a detta camera di consiglio. Il decreto perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio di cui al periodo precedente. Fino a quando conserva efficacia, il decreto è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte notificata. A quest’ultima si applica il comma 2.

5. Se la parte si avvale della facoltà di cui al secondo periodo del comma 2 le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Art. 57 Spese del procedimento cautelare

1. Con l’ordinanza che decide sulla domanda il giudice provvede sulle spese della fase cautelare. La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo la sentenza che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza.

Art. 58 Revoca o modifica delle misure cautelari collegiali e riproposizione della domanda cautelare respinta

1. Le parti possono riproporre la domanda cautelare al collegio o chiedere la revoca o la modifica del provvedimento cautelare collegiale se si verificano mutamenti nelle circostanze o se allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza.

2. La revoca può essere altresì richiesta nei casi di cui all’articolo 395 del codice di procedura civile.

Art. 59 Esecuzione delle misure cautelari

1. Qualora i provvedimenti cautelari non siano eseguiti, in tutto o in parte, l’interessato, con istanza motivata e notificata alle altre parti, può chiedere al tribunale amministrativo regionale le opportune misure attuative. Il tribunale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza di cui al Titolo I del Libro IV e provvede sulle spese. La liquidazione delle spese operata ai sensi del presente comma prescinde da quella conseguente al giudizio di merito, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza.

Art. 60 Definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare

1. In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione. Se la parte dichiara che intende proporre regolamento di competenza o di giurisdizione, il giudice assegna un termine non superiore a trenta giorni. Ove ne ricorrano i presupposti, il collegio dispone l’integrazione del contraddittorio o il rinvio per consentire la proposizione di motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o di giurisdizione e fissa contestualmente la data per il prosieguo della trattazione.

Art. 61 Misure cautelari anteriori alla causa

1. In caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale, il soggetto legittimato al ricorso può proporre istanza per l’adozione delle misure interinali e provvisorie che appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda cautelare in corso di causa.

2. L’istanza, notificata con le forme prescritte per la notificazione del ricorso, si propone al presidente del tribunale amministrativo regionale competente per il giudizio. Il presidente o un magistrato da lui delegato, accertato il perfezionamento della notificazione per i destinatari, provvede sull’istanza, sentite, ove necessario, le parti e omessa ogni altra formalità. La notificazione può essere effettuata dal difensore a mezzo fax. Qualora l’esigenza cautelare non consenta l’accertamento del perfezionamento delle notificazioni, per cause non imputabili al ricorrente, il presidente può comunque provvedere, fatto salvo il potere di revoca da esercitare nelle forme di cui all’articolo 56, comma 4, terzo e quarto periodo.

3. L’incompetenza del giudice è rilevabile d’ufficio.

4. Il decreto che rigetta l’istanza non è impugnabile; tuttavia la stessa può essere riproposta dopo l’inizio del giudizio di merito con le forme delle domande cautelari in corso di causa.

5. Il provvedimento di accoglimento è notificato dal richiedente alle altre parti entro il termine perentorio fissato dal giudice, non superiore a cinque giorni. Qualora dall’esecuzione del provvedimento cautelare emanato ai sensi del presente articolo derivino effetti irreversibili il presidente può disporre la prestazione di una cauzione, anche mediante fideiussione, cui subordinare la concessione della misura cautelare. Il provvedimento di accoglimento perde comunque effetto ove entro quindici giorni dalla sua emanazione non venga notificato il ricorso con la domanda cautelare ed esso non sia depositato nei successivi cinque giorni corredato da istanza di fissazione di udienza; in ogni caso la misura concessa ai sensi del presente articolo perde effetto con il decorso di sessanta giorni dalla sua emissione, dopo di che restano efficaci le sole misure cautelari che siano confermate o disposte in corso di causa. Il provvedimento di accoglimento non è appellabile ma, fino a quando conserva efficacia, è sempre revocabile o modificabile su istanza di parte previamente notificata. A quest’ultima si applica il comma 2.

6. Per l’attuazione del provvedimento cautelare e per la pronuncia in ordine alle spese si applicano le disposizioni sui provvedimenti cautelari in corso di causa.

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai giudizi in grado di appello.

Art. 62 Appello cautelare

1. Contro le ordinanze cautelari è ammesso appello al Consiglio di Stato, da proporre nel termine di trenta giorni dalla notificazione dell’ordinanza, ovvero di sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

2. L’appello, depositato nel termine di cui all’articolo 45, è deciso in camera di consiglio con ordinanza. Al giudizio si applicano gli articoli 55, comma 2 e commi da 5 a 10, 56 e 57.

3. L’ordinanza di accoglimento che dispone misure cautelari è trasmessa a cura della segreteria al primo giudice, anche agli effetti dell’articolo 55, comma 11.

4. Nel giudizio di cui al presente articolo è rilevata anche d’ufficio la violazione, in primo grado, degli articoli 10, comma 2, 13, 14, 15, comma 5, 42, comma 4, e 55, comma 13. Se rileva la violazione degli articoli 13, 14, 15, comma 5, 42, comma 4, e 55, comma 13, il giudice competente per l’appello cautelare sottopone la questione al contraddittorio delle parti ai sensi dell’articolo 73, comma 3, e regola d’ufficio la competenza ai sensi dell’articolo 15, comma 4. Quando dichiara l’incompetenza del tribunale amministrativo regionale adito, con la stessa ordinanza annulla le misure cautelari emanate da un giudice diverso da quello di cui all’articolo 15, comma 7. Per la definizione della fase cautelare si applica l’articolo 15, comma 9.

Titolo III

Mezzi di prova e attività istruttoria

Capo I

Mezzi di prova

Art. 63 Mezzi di prova

1. Fermo restando l’onere della prova a loro carico, il giudice può chiedere alle parti anche d’ufficio chiarimenti o documenti.

2. Il giudice, anche d’ufficio, può ordinare anche a terzi di esibire in giudizio i documenti o quanto altro ritenga necessario, secondo il disposto degli articoli 210 e seguenti del codice di procedura civile; può altresì disporre l’ispezione ai sensi dell’articolo 118 dello stesso codice.

3. Su istanza di parte il giudice può ammettere la prova testimoniale, che è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile.

4. Qualora reputi necessario l’accertamento di fatti o l’acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l’esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica.

5. Il giudice può disporre anche l’assunzione degli altri mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento.

Capo II

Ammissione e assunzione delle prove

Art. 64 Disponibilità, onere e valutazione della prova

1. Spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.

2. Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite.

3. Il giudice amministrativo può disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.

4. Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo.

Art. 65 Istruttoria presidenziale e collegiale

1. Il presidente della sezione o un magistrato da lui delegato adotta, su istanza motivata di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell’istruttoria.

2. Quando l’istruttoria è disposta dal collegio, questo provvede con ordinanza con la quale è contestualmente fissata la data della successiva udienza di trattazione del ricorso. La decisione sulla consulenza tecnica e sulla verificazione è sempre adottata dal collegio.

3. Ove l’amministrazione non provveda al deposito del provvedimento impugnato e degli altri atti ai sensi dell’articolo 46, il presidente o un magistrato da lui delegato ovvero il collegio ordina, anche su istanza di parte, l’esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni.

Art. 66 Verificazione

1. Il collegio, quando dispone la verificazione, con ordinanza individua l’organismo che deve provvedervi, formula i quesiti e fissa un termine per il suo compimento e per il deposito della relazione conclusiva. Il capo dell’organismo verificatore, o il suo delegato se il giudice ha autorizzato la delega, è responsabile del compimento di tutte le operazioni.

2. L’ordinanza è comunicata dalla segreteria all’organismo verificatore.

3. Con l’ordinanza di cui al comma 1 il collegio può disporre che venga corrisposto all’organismo verificatore, o al suo delegato, un anticipo sul compenso.

4. Terminata la verificazione, su istanza dell’organismo o del suo delegato, il presidente liquida con decreto il compenso complessivamente spettante al verificatore, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti. Si applicano le tariffe stabilite dalle disposizioni in materia di spese di giustizia, ovvero, se inferiori, quelle eventualmente stabilite per i servizi resi dall’organismo verificatore. Con la sentenza che definisce il giudizio il Collegio regola definitivamente il relativo onere.

Art. 67 Consulenza tecnica d’ufficio

1. Con l’ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d’ufficio, il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro cui il consulente incaricato deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine delegato per assumere l’incarico e prestare giuramento ai sensi del comma 4. L’ordinanza è comunicata al consulente tecnico a cura della segreteria.

2. Le eventuali istanze di astensione e ricusazione del consulente sono proposte, a pena di decadenza, entro il termine di cui al comma 1 e sono decise dal presidente o dal magistrato delegato con decreto non impugnabile.

3. Il collegio, con la stessa ordinanza di cui al comma 1, assegna termini successivi, prorogabili ai sensi dell’articolo 154 del codice di procedura civile, per:

a) la corresponsione al consulente tecnico di un anticipo sul suo compenso;

b) l’eventuale nomina, con dichiarazione ricevuta dal segretario, di consulenti tecnici delle parti, i quali, oltre a poter assistere alle operazioni del consulente del giudice e a interloquire con questo, possono partecipare all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che è presente il consulente del giudice per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le loro osservazioni sui risultati delle indagini tecniche;

c) la trasmissione, ad opera del consulente tecnico d’ufficio, di uno schema della propria relazione alle parti ovvero, se nominati, ai loro consulenti tecnici;

d) la trasmissione al consulente tecnico d’ufficio delle eventuali osservazioni e conclusioni dei consulenti tecnici di parte;

e) il deposito in segreteria della relazione finale, in cui il consulente tecnico d’ufficio dà altresì conto delle osservazioni e delle conclusioni dei consulenti di parte e prende specificamente posizione su di esse.

4. Il giuramento del consulente è reso davanti al magistrato a tal fine delegato, secondo le modalità stabilite dall’articolo 193 del codice di procedura civile.

5. Il compenso complessivamente spettante al consulente d’ufficio è liquidato, al termine delle operazioni, ai sensi dell’articolo 66, comma 4, primo e terzo periodo.

Art. 68 Termini e modalità dell’istruttoria

1. Il presidente o il magistrato delegato, ovvero il collegio, nell’ammettere i mezzi istruttori stabiliscono i termini da osservare e ne determinano il luogo e il modo dell’assunzione applicando, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile.

2. Per l’assunzione fuori udienza dei mezzi di prova è delegato uno dei componenti del collegio, il quale procede con l’assistenza del segretario che redige i relativi verbali. Il segretario comunica alle parti almeno cinque giorni prima il giorno, l’ora e il luogo delle operazioni.

3. Se il mezzo istruttorio deve essere eseguito fuori dal territorio della Repubblica, la richiesta è formulata mediante rogatoria o per delega al console competente, ai sensi dell’articolo 204 del codice di procedura civile.

4. Il segretario comunica alle parti l’avviso che l’istruttoria disposta è stata eseguita e che i relativi atti sono presso la segreteria a loro disposizione.

Art. 69 Surrogazione del giudice delegato all’istruttoria

1. La surrogazione del magistrato delegato o la nomina di altro magistrato che debba sostituirlo in qualche atto relativo all’esecuzione della prova è disposta con provvedimento del presidente, ancorché la delega abbia avuto luogo con ordinanza collegiale.

Titolo IV

Riunione, discussione e decisione dei ricorsi

Capo I

Riunione dei ricorsi

Art. 70 Riunione dei ricorsi

1. Il collegio può, su istanza di parte o d’ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi.

Capo II

Discussione

Art. 71 Fissazione dell’udienza

1. La fissazione dell’udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza, non revocabile, da presentare entro il termine massimo di un anno dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal ruolo.

2. La parte può segnalare l’urgenza del ricorso depositando istanza di prelievo.

3. Il presidente, decorso il termine per la costituzione delle altre parti, fissa l’udienza per la discussione del ricorso.

4. La pendenza del termine di cui all’articolo 15, comma 2, e la proposizione del regolamento di competenza non precludono la fissazione dell’udienza di discussione né la decisione del ricorso, anche ai sensi degli articoli 60 e 74, salvo che nel termine di cui all’articolo 73, comma 1, la parte interessata depositi l’istanza di regolamento di competenza notificata ai sensi dello stesso articolo 15, comma 2. In tal caso, il giudice può differire la decisione fino alla decisione del regolamento di competenza.

5. Il decreto di fissazione è comunicato a cura dell’ufficio di segreteria, almeno sessanta giorni prima dell’udienza fissata, sia al ricorrente che alle parti costituite in giudizio. Tale termine è ridotto a quarantacinque giorni, su accordo delle parti, se l’udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda cautelare.

6. Il presidente designa il relatore almeno trenta giorni prima della data di udienza.

Art. 72 Priorità nella trattazione dei ricorsi vertenti su un’unica questione

1. Se al fine della decisione della controversia occorre risolvere una singola questione di diritto, anche a seguito di rinuncia a tutti i motivi o eccezioni, e se le parti concordano sui fatti di causa, il presidente fissa con priorità l’udienza di discussione.

2. Il collegio, se rileva l’insussistenza dei presupposti di cui al comma 1, dispone con ordinanza che la trattazione della causa prosegua con le modalità ordinarie.

Art. 73 Udienza di discussione

1. Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche fino a venti giorni liberi.

2. Nell’udienza le parti possono discutere sinteticamente.

3. Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest’ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie.

Art. 74 Sentenze in forma semplificata

1. Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme.

Capo III

Deliberazione

Art. 75  Deliberazione del collegio

1. Il collegio, dopo la discussione, decide la causa.

2. La decisione può essere differita a una delle successive camere di consiglio.

Art. 76 Modalità della votazione

1. Possono essere presenti in camera di consiglio i magistrati designati per l’udienza.

2. La decisione è assunta in camera di consiglio con il voto dei soli componenti del collegio.

3. Il presidente raccoglie i voti. La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, poi il secondo componente del collegio e, infine, il presidente. Nei giudizi davanti al Consiglio di Stato il primo a votare è il relatore, poi il meno anziano in ordine di ruolo, e così continuando sino al presidente.

4. Si applicano l’articolo 276, secondo, quarto e quinto comma 2, del codice di procedura civile e gli articoli 114, quarto comma, e 118, quarto comma, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.

Titolo V

Incidenti nel processo

Capo I

Incidente di falso

Art. 77 Querela di falso

1. Chi deduce la falsità di un documento deve provare che sia stata già proposta la querela di falso o domandare la fissazione di un termine entro cui possa proporla innanzi al tribunale ordinario competente.

2. Qualora la controversia possa essere decisa indipendentemente dal documento del quale è dedotta la falsità, il collegio pronuncia sulla controversia.

3. La prova dell’avvenuta proposizione della querela di falso è depositata agli atti di causa entro trenta giorni dalla scadenza del termine fissato ai sensi del comma 1. In difetto il presidente fissa l’udienza di discussione.

4. Proposta la querela, il collegio sospende la decisione fino alla definizione del giudizio di falso.

Art. 78 Deposito della sentenza resa sulla querela di falso

1. Definito il giudizio di falso, la parte che ha dedotto la falsità deposita copia autentica della sentenza in segreteria.

2. Il ricorso è dichiarato estinto se nessuna parte deposita la copia della sentenza nel termine di novanta giorni dal suo passaggio in giudicato.

Capo II

Sospensione e interruzione del processo

Art. 79 Sospensione e interruzione del processo

1. La sospensione del processo è disciplinata dal codice di procedura civile, dalle altre leggi e dal diritto dell’Unione europea.

2. L’interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile.

3. Le ordinanze di sospensione emesse ai sensi dell’articolo 295 del codice di procedura civile sono appellabili. L’appello è deciso in camera di consiglio.

Art. 80 Prosecuzione o riassunzione del processo sospeso o interrotto

1. In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione.

2. Il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza.

3. Se non avviene la prosecuzione ai sensi del comma 2, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione.

Titolo VI

Estinzione e improcedibilità

Art. 81 Perenzione

1. Il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non sia compiuto alcun atto di procedura. Il termine non decorre dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 71, comma 1, e finché non si sia provveduto su di essa, salvo quanto previsto dall’articolo 82.

Art. 82 Perenzione dei ricorsi ultraquinquennali

1. Dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, la segreteria comunica alle parti costituite apposito avviso in virtù del quale è fatto onere al ricorrente di presentare nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all’articolo 24 e dal suo difensore, entro centottanta giorni dalla data di ricezione dell’avviso. In difetto di tale nuova istanza, il ricorso è dichiarato perento.

2. Se, in assenza dell’avviso di cui al comma 1, è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel merito, il ricorso è deciso qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione; altrimenti è dichiarato perento dal presidente del collegio con decreto.

Art. 83 Effetti della perenzione

1. La perenzione opera di diritto e può essere rilevata anche d’ufficio. Ciascuna delle parti sopporta le proprie spese nel giudizio.

Art. 84 Rinuncia

1. La parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale.

2. Il rinunciante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti, salvo che il collegio, avuto riguardo a ogni circostanza, ritenga di compensarle.

3. La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue.

4. Anche in assenza delle formalità di cui ai commi precedenti il giudice può desumere dall’intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa.

Art. 85 Forma e rito per l’estinzione e per l’improcedibilità

1. L’estinzione e l’improcedibilità di cui all’articolo 35 possono essere pronunciate con decreto dal presidente o da un magistrato da lui delegato.

2. Il decreto è depositato in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite.

3. Nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione ciascuna delle parti costituite può proporre opposizione al collegio, con atto notificato a tutte le altre parti.

4. Il giudizio di opposizione si svolge ai sensi dell’articolo 87, comma 3, ed è deciso con ordinanza che, in caso di accoglimento dell’opposizione, fissa l’udienza di merito.

5. In caso di rigetto, le spese sono poste a carico dell’opponente e vengono liquidate dal collegio nella stessa ordinanza, esclusa la possibilità di compensazione anche parziale.

6. L’ordinanza è depositata in segreteria, che ne dà comunicazione alle parti costituite.

7. Avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione può essere proposto appello.

8. Il giudizio di appello procede secondo le regole ordinarie e l’udienza di discussione è fissata d’ufficio con priorità.

9. L’estinzione e l’improcedibilità sono dichiarate con sentenza se si verificano, o vengono accertate, all’udienza di discussione.

Titolo VII

Correzione di errore materiale dei provvedimenti del giudice

Art. 86 Procedimento di correzione

1. Ove occorra correggere omissioni o errori materiali, la domanda per la correzione deve essere proposta al giudice che ha emesso il provvedimento, il quale, se vi è il consenso delle parti, dispone con decreto, in camera di consiglio, la correzione.

2. In caso di dissenso delle parti, sulla domanda di correzione pronuncia il collegio con ordinanza in camera di consiglio.

3. La correzione si effettua a margine o in calce al provvedimento originale, con indicazione del decreto o dell’ordinanza che l’ha disposta.

Titolo VIII

Udienze

Art. 87 Udienze pubbliche e procedimenti in camera di consiglio

1. Le udienze sono pubbliche a pena di nullità, salvo quanto previsto dal comma 2.

2. Oltre agli altri casi espressamente previsti, si trattano in camera di consiglio:

a) i giudizi cautelari e quelli relativi all’esecuzione delle misure cautelari collegiali;

b) il giudizio in materia di silenzio;

c) il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi;

d) i giudizi di ottemperanza;

e) i giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l’estinzione o l’improcedibilità del giudizio.

3. Nei giudizi di cui al comma 2, con esclusione dell’ipotesi di cui alla lettera a), tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti. La camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate. Nella camera di consiglio sono sentiti i difensori che ne fanno richiesta.

4. La trattazione in pubblica udienza non costituisce motivo di nullità della decisione.

Titolo IX

Sentenza

Art. 88 Contenuto della sentenza

1. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano e reca l’intestazione «Repubblica italiana».

2. Essa deve contenere:

a) l’indicazione del giudice adito e del collegio che l’ha pronunciata;

b) l’indicazione delle parti e dei loro avvocati;

c) le domande;

d) la concisa esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione, anche con rinvio a precedenti cui intende conformarsi;

e) il dispositivo, ivi compresa la pronuncia sulle spese;

f) l’ordine che la decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa;

g) l’indicazione del giorno, mese, anno e luogo in cui la decisione è pronunciata;

h) la sottoscrizione del presidente e dell’estensore.

3. Si applica l’articolo 118, comma 3, delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.

4. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o altro impedimento, la sentenza è sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento; se l’estensore non può sottoscrivere la sentenza per morte o altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l’impedimento.

Art. 89 Pubblicazione e comunicazione della sentenza

1. La sentenza deve essere redatta non oltre il quarantacinquesimo giorno da quello della decisione della causa.

2. La sentenza, che non può più essere modificata dopo la sua sottoscrizione, è immediatamente resa pubblica mediante deposito nella segreteria del giudice che l’ha pronunciata.

3. Il segretario dà atto del deposito in calce alla sentenza, vi appone la data e la firma ed entro cinque giorni ne dà comunicazione alle parti costituite.

Art. 90 Pubblicità della sentenza

1. Qualora la pubblicità della sentenza possa contribuire a riparare il danno, compreso quello derivante per effetto di quanto previsto all’articolo 96 del codice di procedura civile, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione, nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche, radiofoniche o televisive e in siti internet da lui designati. Se l’inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice, può procedervi la parte a favore della quale è stata disposta, con diritto a ripetere le spese dall’obbligato.

Libro terzo

IMPUGNAZIONI

Titolo I

Impugnazioni in generale

Art. 91 Mezzi di impugnazione

1. I mezzi di impugnazione delle sentenze sono l’appello, la revocazione, l’opposizione di terzo e il ricorso per cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 92 Termini per le impugnazioni

1. Salvo quanto diversamente previsto da speciali disposizioni di legge, le impugnazioni si propongono con ricorso e devono essere notificate entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza.

2. Per i casi di revocazione previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell’articolo 395 del codice di procedura civile e di opposizione di terzo di cui all’articolo 108, comma 2, il termine di cui al comma 1 decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 del medesimo articolo 395.

3. In difetto della notificazione della sentenza, l’appello, la revocazione di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 del codice di procedura civile e il ricorso per cassazione devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

4. La disposizione di cui al comma 3 non si applica quando la parte che non si è costituita in giudizio dimostri di non aver avuto conoscenza del processo a causa della nullità del ricorso o della sua notificazione.

5. Fermo quanto previsto dall’articolo 16, comma 3, l’ordinanza cautelare che, in modo implicito o esplicito, ha deciso anche sulla competenza è appellabile ai sensi dell’articolo 62. Non costituiscono decisione implicita sulla competenza le ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all’articolo 36, comma 1, né quelle che disattendono l’istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza. La sentenza che, in modo implicito o esplicito, ha pronunciato sulla competenza insieme col merito è appellabile nei modi ordinari e nei termini di cui ai commi 1, 3 e 4.

Art. 93 Luogo di notificazione dell’impugnazione

1. L’impugnazione deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell’atto di notificazione della sentenza o, in difetto, presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza.

2. Qualora la notificazione abbia avuto esito negativo perché il domiciliatario si è trasferito senza notificare una formale comunicazione alle altre parti, la parte che intende proporre l’impugnazione può presentare al presidente del tribunale amministrativo regionale o al presidente del Consiglio di Stato, secondo il giudice adito con l’impugnazione, un’istanza, corredata dall’attestazione dell’omessa notificazione, per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione o per la rinnovazione dell’impugnazione.

Art. 94 Deposito delle impugnazioni

1. Nei giudizi di appello, di revocazione e di opposizione di terzo il ricorso deve essere depositato nella segreteria del giudice adito, a pena di decadenza, entro trenta giorni dall’ultima notificazione ai sensi dell’articolo 45, unitamente ad una copia della sentenza impugnata e alla prova delle eseguite notificazioni.

Art. 95 Parti del giudizio di impugnazione

1. L’impugnazione deve essere notificata, nelle cause inscindibili, a tutte le parti in causa e, negli altri casi, alle parti che hanno interesse a contraddire.

2. L’impugnazione deve essere notificata a pena di inammissibilità nei termini previsti dall’articolo 92 ad almeno una delle parti interessate a contraddire.

3. Se la sentenza non è stata impugnata nei confronti di tutte le parti di cui al comma 1, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio, fissando il termine entro cui la notificazione deve essere eseguita, nonché la successiva udienza di trattazione.

4. L’impugnazione è dichiarata improcedibile se nessuna delle parti provvede all’integrazione del contraddittorio nel termine fissato dal giudice.

5. Il Consiglio di Stato, se riconosce che l’impugnazione è manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, può non ordinare l’integrazione del contraddittorio, quando l’impugnazione di altre parti è preclusa o esclusa.

6. Ai giudizi di impugnazione non si applica l’articolo 23, comma 1.

Art. 96 Impugnazioni avverso la medesima sentenza

1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile.

3. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 333 del codice di procedura civile può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione.

4. Con l’impugnazione incidentale proposta ai sensi dell’articolo 334 del codice di procedura civile possono essere impugnati anche capi autonomi della sentenza; tuttavia, se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale perde ogni efficacia.

5. L’impugnazione incidentale di cui all’articolo 334 del codice di procedura civile deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla data in cui si è perfezionata nei suoi confronti la notificazione dell’impugnazione principale e depositata, unitamente alla prova dell’avvenuta notificazione, entro dieci giorni.

6. In caso di mancata riunione di più impugnazioni ritualmente proposte contro la stessa sentenza, la decisione di una delle impugnazioni non determina l’improcedibilità delle altre.

Art. 97 Intervento nel giudizio di impugnazione

1. Può intervenire nel giudizio di impugnazione, con atto notificato a tutte le parti, chi vi ha interesse.

Art. 98 Misure cautelari

1. Salvo quanto disposto dall’articolo 111, il giudice dell’impugnazione può, su istanza di parte, valutati i motivi proposti e qualora dall’esecuzione possa derivare un danno grave e irreparabile, disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, nonché le altre opportune misure cautelari, con ordinanza pronunciata in camera di consiglio.

2. Al procedimento si applicano gli articoli 55, commi da 2 a 10, 56 e 57.

Art. 99 Deferimento all’adunanza plenaria

1. La sezione cui è assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d’ufficio può rimettere il ricorso all’esame dell’adunanza plenaria.

2. Prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d’ufficio, può deferire all’adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

3. Se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall’adunanza plenaria, rimette a quest’ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

4. L’adunanza plenaria decide l’intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente.

5. Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l’adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l’estinzione del giudizio. In tali casi, la pronuncia dell’adunanza plenaria non ha effetto sulla sentenza impugnata.

Titolo II

Appello

Art. 100 Appellabilità delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali

1. Avverso le sentenze dei tribunali amministrativi regionali è ammesso appello al Consiglio di Stato, ferma restando la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana per gli appelli proposti contro le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia.

Art. 101 Contenuto del ricorso in appello

1. Il ricorso in appello deve contenere l’indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali è proposta l’impugnazione, della sentenza che si impugna, nonché l’esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, le conclusioni, la sottoscrizione del ricorrente se sta in giudizio personalmente oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado.

2. Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.

Art. 102 Legittimazione a proporre l’appello

1. Possono proporre appello le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado.

2. L’interventore può proporre appello soltanto se titolare di una posizione giuridica autonoma.

Art. 103 Riserva facoltativa di appello

1. Contro le sentenze non definitive è proponibile l’appello ovvero la riserva di appello, con atto notificato entro il termine per l’appello e depositato nei successivi trenta giorni presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale.

Art. 104 Nuove domande ed eccezioni

1. Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza stessa.

2. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile.

3. Possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati.

Art. 105 Rimessione al primo giudice

1. Il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado soltanto se è mancato il contraddittorio, oppure è stato leso il diritto di difesa di una delle parti, ovvero dichiara la nullità della sentenza, o riforma la sentenza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza o ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.

2. Nei giudizi di appello contro i provvedimenti dei tribunali amministrativi regionali che hanno declinato la giurisdizione o la competenza si segue il procedimento in camera di consiglio, di cui all’articolo 87, comma 3.

3. In ogni caso in cui il Consiglio di Stato annulla la sentenza o l’ordinanza con rinvio della causa al giudice di primo grado, si applica l’articolo 8, comma 2, delle norme di attuazione.

Titolo III

Revocazione

Art. 106 Casi di revocazione

1. Salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile.

2. La revocazione è proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

3. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello.

Art. 107 Impugnazione della sentenza emessa nel giudizio di revocazione

1. Contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.

2. La sentenza emessa nel giudizio di revocazione non può essere impugnata per revocazione.

Titolo IV

Opposizione di terzo

Art. 108 Casi di opposizione di terzo

1. Un terzo, titolare di una posizione autonoma e incompatibile, può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi.

2. Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando questa sia effetto di dolo o collusione a loro danno.

Art. 109 Competenza

1. L’opposizione di terzo è proposta davanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, salvo il caso di cui al comma 2.

2. Se è proposto appello contro la sentenza di primo grado, il terzo deve introdurre la domanda di cui all’articolo 108 intervenendo nel giudizio di appello. Se l’opposizione di terzo è già stata proposta al giudice di primo grado, questo la dichiara improcedibile e, se l’opponente non vi ha ancora provveduto, fissa un termine per l’intervento nel giudizio di appello, ai sensi del periodo precedente.

Titolo V

Ricorso per cassazione

Art. 110 Motivi di ricorso

1. Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 111 Sospensione della sentenza

1. Il Consiglio di Stato su istanza di parte, in caso di eccezionale gravità ed urgenza, può sospendere gli effetti della sentenza impugnata e disporre le altre opportune misure cautelari.

Libro quarto

OTTEMPERANZA E RITI SPECIALI

Titolo I

Giudizio di ottemperanza

Art. 112 Disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza

1. I provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti.

2. L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;

c) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato;

d) delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione;

e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

3. Può essere proposta anche azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato.

4. Nel processo di ottemperanza può essere altresì proposta la connessa domanda risarcitoria di cui all’articolo 30, comma 5, nel termine ivi stabilito. In tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario.

5. Il ricorso di cui al presente articolo può essere proposto anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza.

Art. 113 Giudice dell’ottemperanza

1. Il ricorso si propone, nel caso di cui all’articolo 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.

2. Nei casi di cui all’articolo 112, comma 2, lettere c), d) ed e), il ricorso si propone al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza.

Art. 114 Procedimento

1. L’azione si propone, anche senza previa diffida, con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta; l’azione si prescrive con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.

2. Al ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.

3. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata.

4. Il giudice, in caso di accoglimento del ricorso:

a) ordina l’ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione;

b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato;

c) nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano;

d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta;

e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

5. Se è chiesta l’esecuzione di un’ordinanza il giudice provvede con ordinanza.

6. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.

7. Nel caso di ricorso ai sensi del comma 5 dell’articolo 112, il giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza, anche su richiesta del commissario.

8. Le disposizioni di cui al presente Titolo si applicano anche alle impugnazioni avverso i provvedimenti giurisdizionali adottati dal giudice dell’ottemperanza.

9. I termini per la proposizione delle impugnazioni sono quelli previsti nel Libro III.

Art. 115 Titolo esecutivo e rilascio di estratto del provvedimento giurisdizionale con formula esecutiva

1. Le pronunce del giudice amministrativo che costituiscono titolo esecutivo sono spedite, su richiesta di parte, in forma esecutiva.

2. I provvedimenti emessi dal giudice amministrativo che dispongono il pagamento di somme di denaro costituiscono titolo anche per l’esecuzione nelle forme disciplinate dal Libro III del codice di procedura civile e per l’iscrizione di ipoteca.

3. Ai fini del giudizio di ottemperanza di cui al presente Titolo non è necessaria l’apposizione della formula esecutiva.

Titolo II

Rito in materia di accesso ai documenti amministrativi

Art. 116 Rito in materia di accesso ai documenti amministrativi

1. Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati. Si applica l’articolo 49.

2. In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all’amministrazione e agli eventuali controinteressati. L’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.

3. L’amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato.

4. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.

5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.

Titolo III

Tutela contro l’inerzia della pubblica amministrazione

Art. 117 Ricorsi avverso il silenzio

1. Il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all’articolo 31, comma 2.

2. Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni.

3. Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata.

4. Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.

5. Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito.

6. Se l’azione di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 30, comma 4, è proposta congiuntamente a quella di cui al presente articolo, il giudice può definire con il rito camerale l’azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria.

Titolo IV

Procedimento di ingiunzione

Art. 118 Decreto ingiuntivo

1. Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il Capo I del Titolo I del Libro IV del codice di procedura civile. Per l’ingiunzione è competente il presidente o un magistrato da lui delegato. L’opposizione si propone con ricorso.

Titolo V

Riti abbreviati relativi a speciali controversie

Art. 119 Rito abbreviato comune a determinate materie

1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a:

a) i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti;

b) i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti, con esclusione di quelli relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti;

c) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali;

d) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri;

e) i provvedimenti di scioglimento di enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi;

f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale;

g) i provvedimenti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive;

h) le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e i consequenziali provvedimenti commissariali;

i) il rapporto di lavoro del personale dei servizi di informazione per la sicurezza, ai sensi dell’ articolo 22, della legge 3 agosto 2007, n. 124;

l) le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2003, n. 55, comprese quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti;

m) i provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, recanti applicazione, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori e testimoni di giustizia.

2. Tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all’ articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo.

3. Salva l’applicazione dell’articolo 60, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l’integrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell’ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l’acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell’istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l’ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell’udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell’ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti.

4. Con l’ordinanza di cui al comma 3, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari. Al procedimento cautelare si applicano le disposizioni del Titolo II del Libro II, in quanto non derogate dal presente articolo.

5. Quando almeno una delle parti, nell’udienza discussione, dichiara di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza, il dispositivo è pubblicato mediante deposito in segreteria, non oltre sette giorni dalla decisione della causa. La dichiarazione della parte è attestata nel verbale d’udienza.

6. La parte può chiedere al Consiglio di Stato la sospensione dell’esecutività del dispositivo, proponendo appello entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione, con riserva dei motivi da proporre entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero entro tre mesi dalla sua pubblicazione. La mancata richiesta di sospensione dell’esecutività del dispositivo non preclude la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecutività della sentenza dopo la pubblicazione dei motivi.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo.

Art. 120 Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)

1. Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.

2. Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto.

3. Salvo quanto previsto dal presente articolo e dai successivi, si applica l’articolo 119.

4. Quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso è notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto.

5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto.

6. Quando il giudizio non è immediatamente definito ai sensi dell’articolo 60, l’udienza di merito, ove non indicata dal collegio ai sensi dell’articolo 119, comma 3, è immediatamente fissata d’ufficio con assoluta priorità.

7. I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti.

8. Il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti processuali.

9. Il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale amministrativo regionale definisce il giudizio è pubblicato entro sette giorni dalla data della sua deliberazione.

10. Tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza è redatta, ordinariamente, nelle forme di cui all’articolo 74.

11. Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10 si applicano anche nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato, proposto avverso la sentenza o avverso l’ordinanza cautelare, e nei giudizi di revocazione o opposizione di terzo. La parte può proporre appello avverso il dispositivo, al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della sentenza.

Art. 121 Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni

1. Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:

a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;

d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 11, comma 10-ter , del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.

2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.

3. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in applicazione del comma 2 sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche comunitarie.

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123.

5. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b) , non trova applicazione quando la stazione appaltante abbia posto in essere la seguente procedura:

a) abbia con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’ articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto;

c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla lettera b).

Art. 122 Inefficacia del contratto negli altri casi

1. Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.

Art. 123  Sanzioni alternative

1. Nei casi di cui all’articolo 121, comma 4, il giudice amministrativo individua le seguenti sanzioni alternative da applicare alternativamente o cumulativamente:

a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del valore del contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione, che è versata all’entrata del bilancio dello Stato – con imputazione al capitolo 2301, capo 8 «Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed amministrative, con esclusione di quelle aventi natura tributaria» – entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che irroga sanzione; decorso il termine per il versamento, si applica una maggiorazione pari ad un decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo. La sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura della segreteria, al Ministero dell’economia e delle finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione;

b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo.

2. Il giudice amministrativo applica le sanzioni assicurando il rispetto del principio del contraddittorio e ne determina la misura in modo che siano effettive, dissuasive, proporzionate al valore del contratto, alla gravità della condotta della stazione appaltante e all’opera svolta dalla stazione appaltante per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione. A tal fine si applica l’articolo 73, comma 3. In ogni caso l’eventuale condanna al risarcimento dei danni non costituisce sanzione alternativa e si cumula con le sanzioni alternative.

3. Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.

Art. 124 Tutela in forma specifica e per equivalente

1. L’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato.

2. La condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1, o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile.

Art. 125 Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche

1. Nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, oltre alle disposizioni del presente Capo, con esclusione dell’articolo 122, si applicano le seguenti previsioni.

2. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

3. Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. Si applica l’articolo 34, comma 3.

4. Le disposizioni del comma 3 si applicano anche alle controversie relative alle procedure di cui all’articolo 140 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Titolo VI

Contenzioso sulle operazioni elettorali

Capo I

Disposizioni comuni al contenzioso elettorale

Art. 126 Ambito della giurisdizione sul contenzioso elettorale

1. Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.

Art. 127 Esenzione dagli oneri fiscali

1. Gli atti sono esenti dal contributo unificato e da ogni altro onere fiscale.

Art. 128 Inammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica

1. Nella materia di cui al presente Titolo non è ammesso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Capo II

Tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali

Art. 129 Giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali

1. I provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l’esclusione di liste o candidati possono essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati.

2. Al di fuori di quanto previsto dal comma 1, ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni di cui al comma 1 è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti, ai sensi del Capo III del presente Titolo.

3. Il ricorso di cui al comma 1, nel termine ivi previsto, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all’uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione;

b) depositato presso la segreteria del tribunale adito, che provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico.

4. Le parti indicano, rispettivamente nel ricorso o negli atti di costituzione, l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax da valere per ogni eventuale comunicazione e notificazione.

5. L’udienza di discussione si celebra, senza possibilità di rinvio anche in presenza di ricorso incidentale, nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Alla notifica del ricorso incidentale si provvede con le forme previste per il ricorso principale.

6. Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.

7. La sentenza non appellata è comunicata senza indugio dalla segreteria del tribunale all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato.

8. Il ricorso di appello, nel termine di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente mediante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all’uopo destinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione; per le parti costituite nel giudizio di primo grado la trasmissione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronica certificata o il numero di fax indicato negli atti difensivi ai sensi del comma 4;

b) depositato in copia presso il tribunale amministrativo regionale che ha emesso la sentenza di primo grado, il quale provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico;

c) depositato presso la segreteria del Consiglio di Stato, che provvede ad affiggerlo in appositi spazi accessibili al pubblico.

9. Nel giudizio di appello si applicano le disposizioni del presente articolo.

10. Nei giudizi di cui al comma 1 non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, e 54, commi 1 e 2.

Capo III

Rito relativo alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo

Art. 130 Procedimento in primo grado in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province, regioni e Parlamento europeo

1. Salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’impugnazione dell’atto di proclamazione degli eletti:

a) quanto alle elezioni di comuni, province e regioni, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell’ente della cui elezione si tratta, al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il predetto ente territoriale, da depositare nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti;

b) quanto alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, da parte di qualsiasi candidato o elettore, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, da depositare nella relativa segreteria entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’elenco dei candidati proclamati eletti.

2. Il presidente, con decreto:

a) fissa l’udienza di discussione della causa in via di urgenza;

b) designa il relatore;

c) ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo;

d) ordina il deposito di documenti e l’acquisizione di ogni altra prova necessaria;

e) ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente.

3. Il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data della comunicazione del decreto di cui al comma 2:

a) all’ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni;

b) all’Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;

c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato.

4. Entro dieci giorni dall’ultima notificazione di cui al comma 3, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell’avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio.

5. L’amministrazione resistente e i controinteressati depositano nella segreteria le proprie controdeduzioni nei quindici giorni successivi a quello in cui la notificazione si è perfezionata nei loro confronti.

6. All’esito dell’udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza.

7. La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stesso termine di cui al periodo precedente è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi.

8. La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunale amministrativo regionale, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell’ufficio elettorale nazionale, a seconda dell’ente cui si riferisce l’elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggio in giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata la sua definitività.

9. Il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto.

10. Tutti i termini processuali diversi da quelli indicati nel presente articolo e nell’articolo 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario.

11. L’ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale. L’Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale agli interessati e alla segreteria del Parlamento europeo.

Art. 131 Procedimento in appello in relazione alle operazioni elettorali di comuni, province e regioni

1. L’appello avverso le sentenze di cui all’articolo 130 è proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri candidati o elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune.

2. Il presidente fissa in via d’urgenza l’udienza di discussione. Al giudizio si applicano le norme che regolano il processo di appello innanzi al Consiglio di Stato, e i relativi termini sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario.

3. La sentenza, quando, in riforma di quella di primo grado, accoglie il ricorso originario, provvede ai sensi dell’articolo 130, comma 9.

4. La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del Consiglio di Stato, ai soggetti di cui all’articolo 130, comma 8, i quali provvedono agli ulteriori incombenti ivi previsti e a quelli di cui al comma 11 dello stesso articolo 130.

Art. 132 Procedimento in appello in relazione alle operazioni elettorali del Parlamento europeo

1. Le parti del giudizio di primo grado possono proporre appello mediante dichiarazione da presentare presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale che ha pronunciato la sentenza, entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla pubblicazione della sentenza o, in mancanza, del dispositivo.

2. L’atto di appello contenente i motivi deve essere depositato entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione dell’avviso di pubblicazione della sentenza.

3. Per quanto non disposto dal presente articolo si applicano le norme dell’articolo 131.

Libro quinto

NORME FINALI

Art. 133 Materie di giurisdizione esclusiva

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:

a) le controversie in materia di:

1) risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo;

2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli accordi fra pubbliche amministrazioni;

3) dichiarazione di inizio attività;

4) determinazione e corresponsione dell’indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento amministrativo;

5) nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato;

6) diritto di accesso ai documenti amministrativi;

b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche;

c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità;

d) le controversie concernenti l’esercizio del diritto a chiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali;

e) le controversie:

1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative;

2) relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto;

f) le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa;

g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa;

h) le controversie aventi ad oggetto i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilità delle invenzioni industriali;

i) le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico;

l) le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d’Italia, dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e dalle altre Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza fondi pensione, dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione, dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, comprese le controversie relative ai ricorsi avverso gli atti che applicano le sanzioni ai sensi dell’ articolo 326 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;

m) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di comunicazioni elettroniche, compresi quelli relativi all’imposizione di servitù;

n) le controversie relative alle sanzioni amministrative ed ai provvedimenti adottati dall’organismo di regolazione competente in materia di infrastrutture ferroviarie ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188;

o) le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione concernenti la produzione di energia, ivi comprese quelle inerenti l’energia da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti;

p) le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati;

q) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d’igiene pubblica e dell’abitato;

r) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla disciplina o al divieto dell’esercizio d’industrie insalubri o pericolose;

s) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale;

t) le controversie relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;

u) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di passaporti;

v) le controversie tra lo Stato e i suoi creditori riguardanti l’interpretazione dei contratti aventi per oggetto i titoli di Stato o le leggi relative ad essi o comunque sul debito pubblico;

z) le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti.

Art. 134 Materie di giurisdizione estesa al merito

1. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto:

a) l’attuazione delle pronunce giurisdizionali esecutive o del giudicato nell’ambito del giudizio di cui al Titolo I del Libro IV;

b) gli atti e le operazioni in materia elettorale, attribuiti alla giurisdizione amministrativa;

c) le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti;

d) le contestazioni sui confini degli enti territoriali;

e) il diniego di rilascio di nulla osta cinematografico di cui all’articolo 8 della legge 21 novembre 1962, n. 161.

Art. 135 Competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma

1. Sono devolute alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, salvo ulteriori previsioni di legge:

a) le controversie relative ai provvedimenti riguardanti i magistrati ordinari adottati ai sensi dell’articolo 17, primo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195;

b) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e quelli dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

c) le controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lettera l), fatta eccezione per quelle di cui all’articolo 14, comma 2, nonché le controversie di cui all’articolo 104, comma 2, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

d) le controversie contro i provvedimenti ministeriali di cui all’articolo 133, comma 1, lettera m);

e) le controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lettera p);

f) le controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lettera o), limitatamente a quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti, salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 2;

g) le controversie di cui all’articolo 133, comma 1, lettera z) ;

h) le controversie relative al corretto esercizio dei poteri speciali dello Stato azionista di cui all’articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni;

i) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di espulsione di cittadini extracomunitari per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato;

l) le controversie avverso i provvedimenti di allontanamento di cittadini comunitari per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico di cui all’ articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, e successive modificazioni;

m) le controversie avverso i provvedimenti previsti dal decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109;

n) le controversie disciplinate dal presente codice relative alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;

o) le controversie relative al rapporto di lavoro del personale del DIS, dell’AISI e dell’AISE;

p) le controversie derivanti dall’applicazione del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, relativo all’Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;

q) le controversie relative ai provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 142 e 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. Restano esclusi dai casi di competenza inderogabile di cui al comma 1 le controversie sui rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti, salvo quelle di cui alla lettera o) dello stesso comma 1.

Art. 136 Disposizioni sulle comunicazioni e sui depositi informatici

1. I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito di fax dove intendono ricevervi le comunicazioni relative al processo. Una volta espressa tale indicazione si presumono conosciute le comunicazioni pervenute con i predetti mezzi nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. E’ onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione dei suddetti dati.

2. I difensori costituiti forniscono copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove non sia effettuato unitamente a quello cartaceo, è eseguito su richiesta della segreteria e nel termine da questa assegnato, esclusa ogni decadenza. In casi eccezionali il presidente può dispensare dall’osservanza di quanto previsto dal presente comma.

Art. 137 Norma finanziaria

1. Le amministrazioni competenti provvedono all’attuazione del codice nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Allegato 2

Norme di attuazione

Titolo I

REGISTRI – ORARIO DI SEGRETERIA

Art. 1 Registro generale dei ricorsi

1. Presso ciascun ufficio giudiziario è tenuto il registro di presentazione dei ricorsi, diviso per colonne, nel quale sono annotate tutte le informazioni occorrenti per accertare esattamente la presentazione del ricorso, del ricorso incidentale, della domanda riconvenzionale, dei motivi aggiunti, della domanda di intervento, degli atti e documenti prodotti, nonché le notificazioni effettuate, l’esecuzione del pagamento del contributo unificato, l’indicazione dei mezzi istruttori disposti o compiuti e i provvedimenti adottati.

2. I ricorsi sono iscritti giornalmente secondo l’ordine di presentazione.

3. Il registro è vistato e firmato in ciascun foglio dal segretario generale, con l’indicazione in fine del numero dei fogli di cui il registro si compone.

4. Il registro è chiuso ogni giorno con l’apposizione della firma del segretario generale.

Art. 2 Ruoli e registri particolari, collazione dei provvedimenti e forme di comunicazione

1. Le segreterie degli organi di giustizia amministrativa tengono i seguenti registri:

a) il registro delle istanze di fissazione di udienza, vistato e firmato in ciascun foglio dal segretario generale, con l’indicazione in fine del numero dei fogli di cui il registro si compone;

b) il registro delle istanze di prelievo;

c) il registro per i processi verbali di udienza;

d) il registro dei decreti e delle ordinanze del presidente;

e) il registro delle ordinanze cautelari;

f) il registro delle sentenze e degli altri provvedimenti collegiali;

g) il registro dei ricorsi trattati con il beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

2. Il segretario, ricevuta l’istanza di cui alle lettere a) e b) del comma 1, ne fa annotazione nei relativi registri e ne rilascia ricevuta, se richiesta.

3. Nei registri di cui alle lettere d) ed e) del comma 1 sono annotati gli estremi della trasmissione dei provvedimenti.

4. La segreteria cura la formazione dei ruoli secondo le disposizioni del presidente.

5. La segreteria cura la formazione dell’originale dei provvedimenti del giudice, raccogliendo le sottoscrizioni necessarie e apponendo il timbro e la firma di congiunzione tra i fogli che li compongono.

6. La segreteria effettua le comunicazioni alle parti ai sensi dell’articolo 136, comma 1, del codice, o, altrimenti, nelle forme di cui all’articolo 45 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.

Art. 3 Registrazioni in forma automatizzata

1. Le registrazioni di cui agli articoli 1 e 2 possono essere eseguite in forma automatizzata secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 gennaio 1999, n. 52, e dalla ulteriore normativa applicabile.

2. Il segretario, ove richiesto, rilascia all’interessato dichiarazione delle registrazioni effettuate.

Art. 4 Orario

1. Le segreterie sono aperte al pubblico nelle ore stabilite dal presidente del tribunale amministrativo regionale, della sezione staccata, del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

2. Nei casi in cui il codice prevede il deposito di atti o documenti sino al giorno precedente la trattazione di una domanda in camera di consiglio, il deposito deve avvenire entro le ore 12.00 dell’ultimo giorno consentito.

3. Nei casi in cui il codice prevede termini calcolati in ore le segreterie danno atto dell’ora di deposito degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali e adeguano gli orari di apertura degli uffici.

4. In ogni caso è assicurata la possibilità di depositare gli atti in scadenza sino alle ore 12.00 dell’ultimo giorno consentito.

Titolo II

FASCICOLI DI PARTE E D’UFFICIO

Art. 5 Formazione e tenuta dei fascicoli di parte e d’ufficio. Surrogazione di copie agli originali mancanti e ricostituzione di atti

1. Ciascuna parte, all’atto della propria costituzione in giudizio, consegna il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice.

2. Gli atti devono essere depositati in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Se il fascicolo di parte e i depositi successivi non contengono le copie degli atti di cui al presente comma gli atti depositati sono trattenuti in segreteria e il giudice non ne può tenere conto prima che la parte abbia provveduto all’integrazione del numero di copie richieste.

3. Allorché riceve il deposito dell’atto introduttivo del giudizio, il segretario forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce l’indice dei documenti depositati, le copie dell’atto introduttivo e dei documenti e, successivamente, degli altri atti delle parti, nonché, anche per estratto, del verbale d’udienza e di ogni atto e provvedimento del giudice o dei suoi ausiliari.

4. Il segretario, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti depositati da ciascuna parte, data e sottoscrive l’indice del fascicolo ogni qualvolta viene inserito in esso un atto o un documento.

5. In caso di smarrimento, furto o distruzione del fascicolo d’ufficio o di singoli atti il presidente del tribunale o della sezione, ovvero, se la questione sorge in udienza, il collegio, ne dà comunicazione al segretario e alle parti al fine, rispettivamente, di ricerca o deposito di copia autentica, che tiene luogo dell’originale. Qualora non si rinvenga copia autentica il presidente, con decreto, fissa una camera di consiglio, di cui è dato avviso alle parti, per la ricostruzione degli atti o del fascicolo. Il collegio, con ordinanza, accerta il contenuto dell’atto mancante e stabilisce se, e in quale tenore, esso debba essere ricostituito; se non è possibile accertare il contenuto dell’atto il collegio ne ordina la rinnovazione, se necessario e possibile, prescrivendone il modo.

Art. 6 Ritiro e trasmissione dei fascicoli di parte e del fascicolo d’ufficio

1. I documenti e gli atti prodotti davanti al tribunale amministrativo regionale non possono essere ritirati dalle parti prima che il giudizio sia definito con sentenza passata in giudicato.

2. In caso di appello, il segretario del giudice di appello richiede la trasmissione del fascicolo d’ufficio al segretario del giudice di primo grado.

3. Se è appellata una sentenza non definitiva, ovvero un’ordinanza cautelare, non si applica il comma 2. Tuttavia il giudice di appello, può, se lo ritiene necessario, chiedere la trasmissione del fascicolo d’ufficio, ovvero ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati atti.

4. Il presidente della sezione può autorizzare la sostituzione degli eventuali documenti e atti esibiti in originale con copia conforme degli stessi, predisposta a cura della segreteria su istanza motivata della parte interessata.

Art. 7 Rilascio di copie

1. Il segretario rilascia copia delle decisioni e di ogni altro provvedimento del giudice a richiesta degli interessati e a loro spese.

Titolo III

ORDINE DI FISSAZIONE DEI RICORSI – UDIENZE

Art. 8 Ordine di fissazione dei ricorsi

1. La fissazione del giorno dell’udienza per la trattazione dei ricorsi è effettuata secondo l’ordine di iscrizione delle istanze di fissazione d’udienza nell’apposito registro, salvi i casi di fissazione prioritaria previsti dal codice.

2. Il presidente può derogare al criterio cronologico per ragioni d’urgenza, anche tenendo conto delle istanze di prelievo, o per esigenze di funzionalità dell’ufficio, ovvero per connessione di materia, nonché in ogni caso in cui il Consiglio di Stato abbia annullato la sentenza o l’ordinanza e rinviato la causa al giudice di primo grado.

Art. 9 Calendario delle udienze

1. Il calendario delle udienze, con l’indicazione dei magistrati chiamati a parteciparvi, è fissato con cadenza annuale dai presidenti delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, dal presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e dai presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle sezioni staccate e interne.

Art. 10 Toghe e divise

1. I magistrati amministrativi, il personale di segreteria e il personale ausiliario indossano nelle pubbliche udienze la toga o la divisa stabilita dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.

2. Gli avvocati vestono nelle pubbliche udienze la toga.

Art. 11 Direzione dell’udienza

1. L’udienza è diretta dal presidente del collegio.

2. Il segretario redige il verbale dell’udienza.

Art. 12 Polizia dell’udienza

1. Chi assiste all’udienza deve stare in silenzio, non può fare segni di approvazione o di disapprovazione o cagionare disturbo.

2. Il presidente del collegio, ove lo ritenga necessario per il regolare svolgimento dell’udienza, può chiedere l’intervento della forza pubblica.

3. Per le riprese audiovisive delle trattazioni dei ricorsi in pubblica udienza si applica l’articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

Titolo IV

PROCESSO AMMINISTRATIVO TELEMATICO

Art. 13  Processo telematico

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali.

Titolo V

SPESE DI GIUSTIZIA

Art. 14 Commissione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato

1. Presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e ogni tribunale amministrativo regionale e relative sezioni staccate è istituita una commissione per l’ammissione anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, composta da due magistrati amministrativi, designati dal presidente, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente della commissione, e da un avvocato, designato dal presidente dell’Ordine degli avvocati del capoluogo in cui ha sede l’organo. Per ciascun componente sono designati uno o più membri supplenti. Esercita le funzioni di segretario un funzionario di segreteria, nominato dal presidente. Al presidente e ai componenti non spetta nessun compenso né rimborso spese.

Art. 15 Devoluzione del gettito delle sanzioni pecuniarie

1. Il gettito delle sanzioni pecuniarie previste dal codice è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per le spese di cui all’articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni.

Art. 16 Misure straordinarie per la riduzione dell’arretrato e per l’incentivazione della produttività

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del presidente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa previa delibera dello stesso Consiglio, sono adottate, nei limiti dei fondi disponibili nel relativo bilancio ed effettivamente non utilizzati, misure straordinarie per la riduzione dell’arretrato e per l’incentivazione della produttività.

Allegato 3

Norme transitorie

Titolo I

DEFINIZIONE DEI RICORSI PENDENTI DA PIÙ DI CINQUE ANNI ALLA DATA DI ENTRATA IN VIGORE DEL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Art. 1 Nuova istanza di fissazione d’udienza

1. Nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, le parti presentano una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all’articolo 24 del codice e dal suo difensore, relativamente ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni e per i quali non è stata ancora fissata l’udienza di discussione. In difetto, il ricorso è dichiarato perento con decreto del presidente.

2. Se tuttavia, nel termine di centottanta giorni dalla comunicazione del decreto, il ricorrente deposita un atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui dichiara di avere ancora interesse alla trattazione della causa, il presidente revoca il decreto disponendo la reiscrizione della causa sul ruolo di merito.

3. Se, nella pendenza del termine di cui al comma 1, è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 82, comma 2, del codice.

Titolo II

ULTERIORI DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Art. 2  Ultrattività della disciplina previgente

1. Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti.

Art. 3  Disposizione particolare per il giudizio di appello

1. La disposizione di cui all’articolo 101, comma 2, del codice non si applica agli appelli depositati prima dell’entrata in vigore del codice medesimo.

Allegato 4

Norme di coordinamento e abrogazioni

Art. 1 Norme di coordinamento e abrogazione in materia di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia

1. Alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 42 è sostituito dal seguente:

«Art. 42.

La tutela giurisdizionale contro gli atti di proclamazione degli eletti, per motivi inerenti alle operazioni elettorali successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.»;

b) sono abrogati gli articoli 43 e 46, secondo comma.

Art. 2 Norme di coordinamento e abrogazioni in materia di elezioni amministrative

1. Al testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 83 è sostituito dal seguente:

«Art. 83.

La tutela in materia di operazioni per l’elezione dei consiglieri comunali, successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.»;

b) sono abrogati gli articoli: 83/2; 83/3; 83/4; 83/5; 83/6, 83/7; 83/8; 83/9; 83/10; 83/11; 83/12;

c) all’articolo 84, primo comma, le parole: «, la Sezione per il contenzioso elettorale, il Consiglio di Stato» sono soppresse.

2. Alla legge 5 agosto 1962, n. 1257, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 21, primo comma, le parole: «sia in materia di eleggibilità sia in materia di operazioni elettorali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di eleggibilità»;

b) l’articolo 23 è sostituito dal seguente:

«Art. 23.

Ricorso giurisdizionale in materia di operazioni elettorali. La tutela in materia di operazioni per l’elezione dei consiglieri comunali, successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.»;

c) all’articolo 24, nella rubrica, le parole: «Consiglio regionale, della Corte di appello e del Consiglio di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «Consiglio regionale e della Corte di appello» e, al primo comma, le parole: «Consiglio regionale, la Corte d’appello di Torino ed il Consiglio di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «Consiglio regionale e la Corte d’appello di Torino»;

d) all’articolo 30 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma le parole: «al Consiglio di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «alla Corte di appello di Torino» e le parole: «, giudicando in sede di giurisdizione esclusiva» sono soppresse;

2) al secondo comma le parole: «al Consiglio di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «alla Corte di appello di Torino»;

e) all’articolo 31, primo comma, le parole: «il Consiglio regionale, la Corte d’appello di Torino ed il Consiglio di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «il Consiglio regionale e la Corte d’appello di Torino»;

f) all’articolo 33, terzo comma, le parole: «al Consiglio di Stato ed» sono soppresse.

3. Alla legge 23 dicembre 1966, n. 1147, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 3, primo comma, le parole: «, sia davanti agli organi di giurisdizione ordinaria, sia davanti agli organi di giurisdizione amministrativa,» sono sostituite dalle seguenti: «davanti agli organi di giurisdizione ordinaria»;

b) all’articolo 7:

1) al comma 2 le parole: «sia per quanto riguarda la materia relativa alle operazioni per l’elezione, sia» sono soppresse;

2) dopo il secondo comma è inserito il seguente: «La tutela contro le operazioni per l’elezione dei consiglieri provinciali, successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.».

c) sono abrogati gli articoli: 2 e 8.

4. Alla legge 17 febbraio 1968, n. 108, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 19 il primo comma è sostituito dal seguente: «Per i ricorsi in materia di eleggibilità e decadenza si osservano le norme di cui agli articoli 1, 3, 4 e 5 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147.»;

b) all’articolo 19, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente: «La tutela in materia di operazioni per l’elezione dei consiglieri regionali, successive all’emanazione del decreto di convocazione dei comizi, è disciplinata dalle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.».

5. Agli articoli 31, primo comma, e 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, nonché all’ articolo 17, primo comma, n.1), della legge 8 marzo 1951, n. 122, e all’ articolo 11, primo comma, n. 4), della legge 17 febbraio 1968, n. 108, le parole: «il quindicesimo giorno» sono sostituite dalle seguenti: «l’ottavo giorno».

Art. 3 Ulteriori norme di coordinamento

1. L’articolo 17, secondo comma, della legge 24 marzo 1958, n. 195, è sostituito dal seguente:

«La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

2. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 2, comma 8, è sostituito dal seguente:

«8. La tutela in materia di silenzio dell’amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

b) l’articolo 15, comma 2, le parole: «commi 2, 3 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2 e 3»;

c) l’articolo 25, comma 5, è sostituito dal seguente:

«5. Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono disciplinate dal codice del processo amministrativo.».

3. L’articolo 33, comma 1, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dal seguente: «1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

4. L’articolo 10, comma 2-quinquies , del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, è sostituito dal seguente:

«2 -quinquies . La tutela avverso i provvedimenti della commissione centrale con cui vengono applicate, modificate o revocate le speciali misure di protezione anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

5. All’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:

«6-bis. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi del comma 1 e avverso i consequenziali provvedimenti commissariali è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

6. L’ articolo 2, comma 25, della legge 14 novembre 1995, n. 481, è sostituito dal seguente:

«25. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

7. L’articolo 13, comma 11, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:

«11. Contro il decreto ministeriale di cui al comma 1 la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

8. L’articolo 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n. 249, è sostituito dal seguente: «26. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

9. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (2), l’articolo 53 è sostituito dal seguente:

«Art. 53 (L). Disposizioni processuali.

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. (L).

2. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.(L)».

10. Al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l’articolo 53 è sostituito dal seguente:

«Art. 53 (L). Disposizioni processuali.

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo (L).

Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa (L).».

11. All’articolo 13, comma 6-bis , del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese e di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «per i ricorsi previsti dall’ articolo 23-bis , comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nonché da altre disposizioni che richiamano il citato articolo 23-bis, il contributo dovuto è di euro 1.000; per i ricorsi» sono sostituite dalle seguenti: «per i ricorsi cui si applica il rito abbreviato comune a determinate materie previsto dal Libro IV, Titolo V, Capo I del codice del processo amministrativo, nonché da altre disposizioni che richiamino il citato rito, il contributo dovuto è di euro 1.000; per i ricorsi» e alla fine del comma è aggiunto il seguente periodo: «Per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove.».

12. L’articolo 9 del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, è sostituito dal seguente: «Art. 9. Ricorsi avverso provvedimenti del Ministero e dell’Autorità

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

13. Nell’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, le parole: «è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo» sono sostituite dalle seguenti: «è disciplinata dal codice del processo amministrativo».

14. L’articolo 81 del decreto legislativo 30 dicembre 2003, n. 396, è sostituito dal seguente: «Art. 81. Tutela giurisdizionale

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.( L)».

15. L’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, è sostituito dal seguente: «Art. 81(L) Tutela giurisdizionale.

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. (L).».

16. L’articolo 142, comma 5, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«5. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

17. L’articolo 3, comma 1-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è così sostituito:

«1-ter. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

18. L’articolo 326, comma 7, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è sostituito dal seguente:

«7. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo. I ricorsi sono notificati anche all’ISVAP, che provvede alla difesa in giudizio con propri legali.».

19. Nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 11, comma 10-ter, le parole: «dell’articolo 245, comma 2-quater, primo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 14, comma 4, del codice del processo amministrativo»;

b) l’articolo 243 bis, comma 6, è così sostituito:

«6. Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti.»;

c) l’articolo 244 è sostituito dal seguente:

«Art. 244. Giurisdizione.

1. Il codice del processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici.»;

d) l’ articolo 245 è sostituito dal seguente:

«Art. 245. Strumenti di tutela.

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

e) l’articolo 245-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 245-bis. Inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni.

1. L’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

f) l’articolo 245-ter è sostituito dal seguente:

«Art. 245-ter. Inefficacia dei contratti negli altri casi.

1. L’inefficacia del contratto nei casi diversi da quelli previsti dall’articolo 245-bis è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

g) l’articolo 245-quater è sostituito dal seguente:

«Art. 245-quater. Sanzioni alternative.

1. Le sanzioni alternative applicate dal giudice amministrativo alternativamente o cumulativamente sono disciplinate dal codice del processo amministrativo.»;

h) l’articolo 245-quinquies è sostituito dal seguente:

«Art. 245-quinquies. Tutela in forma specifica e per equivalente.

1. La tutela in forma specifica e per equivalente è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

i) l’articolo 246 è sostituito dal seguente:

«Art. 246. Norme processuali ulteriori per le controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi.

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo nelle controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

20. L’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è sostituito dal seguente: «1. Avverso i provvedimenti di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico di cui all’articolo 20, comma 1, la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

21. L’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, è sostituito dal seguente:

«1. Avverso i provvedimenti previsti dal presente decreto la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

22. L’articolo 22 della legge 3 agosto 2007, n. 124, è sostituito dal seguente:

«Art. 22. Tutela giurisdizionale

1. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, avente ad oggetto controversie relative al rapporto di lavoro, è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

23. All’articolo 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «un’istanza ai sensi del secondo comma dell’articolo 51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642» sono sostituite dalle seguenti: «l’istanza di prelievo di cui all’articolo 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione.».

24. L’articolo 9, comma 1, decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, è sostituito dal seguente:

«1. Avverso i provvedimenti previsti dal presente decreto la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

25. Al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (3), sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’articolo 441 è così sostituito: «Art. 441. Tutela giurisdizionale.

1. La cognizione delle controversie in ordine ai requisiti di cui al presente Capo è devoluta al giudice ordinario per quanto attiene alla liquidazione delle indennità; la tutela davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.»;

b) l’articolo 1940, comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Avverso i provvedimenti in materia di leva e contro quelli di decisione dei ricorsi gerarchici di cui al comma 1 la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo.».

(2) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto «decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 325».

(3) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto «decreto legislativo 16 marzo 2010, n. 66».

Art. 4 Ulteriori abrogazioni

1. A decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo sono o restano abrogati i seguenti atti normativi:

1) regio decreto 17 agosto 1907, n. 638;

2) regio decreto 17 agosto 1907, n. 642;

3) regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2840;

4) regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054: articoli da 1 a 4 compresi; da 6 a 10 compresi; da 26 a 32 compresi; 33, secondo comma; da 34 a 47; da 49 a 56 compresi;

5) regio decreto 26 giugno 1924, n. 1058;

6) regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148: articolo 58, secondo comma;

7) decreto legislativo 5 maggio 1948, n. 642;

8) legge 21 dicembre 1950, n. 1018: articoli 5; 6; 9; 10;

9) legge 21 novembre 1967, n. 1185: articolo 11;

10) legge 6 dicembre 1971, n. 1034: articoli da 2 a 8 compresi; 10; da 19 a 39 compresi; 40, primo comma; da 42 a 52 compresi;

11) decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1973, n. 214: articoli 3; 4; 5; 12; 13; 30; 34; da 37 a 40 compresi;

12) legge 20 marzo 1980, n. 75: articolo 6;

13) legge 27 aprile 1982, n. 186 (4): articoli 1, quarto comma , dalle parole: «le sezioni giurisdizionali» fino alla fine; 5; 55;

14) legge 7 agosto 1990, n. 241: articoli 2-bis, comma 2; 11, comma 5; 19, comma 5; 21-quinquies, comma 1, ultimo periodo; 21-septies, comma 2; 25, commi 5-bis e 6;

15) decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82: articolo 10, commi 2-sexies , 2-septies , 2-octies;

16) legge 11 agosto 1991, n. 266: articolo 6, comma 5;

17) decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385: articolo 145, commi da 4 a 8;

18) legge 15 maggio 1997, n. 127: articolo 17, comma 26, secondo periodo;

19) decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58: articoli 187-septies, commi da 4 a 8; 195, commi da 4 a 8;

20) decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80: articoli 33, 34 e 35;

21) legge 4 maggio 1998, n. 133: articolo 4, comma 3;

22) legge 22 febbraio 2000, n. 28: articoli 10, comma 10; 11-quinquies, comma 4;

23) legge 21 luglio 2000, n. 205: articoli 1; 2; 3, commi 1, 2, 3; 4; 6, comma 2; 7; 8; 11; 12;

24) legge 7 dicembre 2000, n. 383: articolo 10, comma 2;

25) decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 378: articolo 45, comma 2;

26) decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380: articolo 45, comma 2;

27) decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188: articolo 37, comma 7;

28) decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259: articolo 92, comma 9;

29) decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280: articolo 3, commi 2, 3 e 4;

30) legge 30 dicembre 2004, n. 311: articolo 1, comma 552;

31) decreto-legge 26 aprile 2005, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2005, n. 109: articolo 2-sexies, comma 1;

32) decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155: articolo 3, comma 4-bis ;

33) decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206: articolo 27, comma 13, primo periodo;

34) decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21: articolo 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater ;

35) legge 28 dicembre 2005, n. 262: articolo 24, commi 5 e 6;

36) decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152: articoli 310, comma 2, limitatamente alle parole: «, in sede di giurisdizione esclusiva,»; 316, comma 1, limitatamente alle parole: «, in sede di giurisdizione esclusiva,»;

37) legge 27 dicembre 2006, n. 296; articolo 1, comma 1308;

38) decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145: articolo 8, comma 13, primo periodo;

39) decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123: articolo 4;

40) decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: articolo 54, comma 3, lettere c) e d);

41) decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2: articolo 20, comma 8, fermo quanto previsto dall’ articolo 15, comma 4, del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53;

42) legge 18 giugno 2009, n. 69: articolo 46, comma 24, limitatamente alle parole: «amministrativi e»;

43) legge 23 luglio 2009, n. 99: articoli 41; 53, comma 2.

(4) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto «legge 27 febbraio 1982, n. 186».


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E’ un grande piacere averti ospite in questo sito interamente dedicato ad illustrare il mondo della notificazione. Qualunque sia la tua professionalità è possibile che tu voglia accrescere le tue conoscenze. Se è così, noi di A.N.N.A. possiamo aiutarti.

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Cassazione Civile Sez. Trib., Sent. n. 14434 del 15-06-2010

Non basta l’iscrizione all’Aire per evitare la tassazione in Italia

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13965/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE, depositata il 07/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BELLIS GIANNI, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. della Toscana.

Svolgimento del processo e motivi della decisione

G.L., ha impugnato l’avviso di accertamento con cui è stato rettificato l’imponibile IRPEF, ILOR e CSSN per il periodo in contestazione, a seguito di accertamento analitico del reddito per interessi percepiti su prestiti a favore di terzi, rilevati da schede personali del contribuente, e di accertamento sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, sulla base della capacità economica rilevata da elementi emersi da un testamento olografo del 1998 e da schede separate del contribuente, rettificandosi in aumento l’imponibile per redditi da disponibilità degli immobili e per quote di risparmio di 1/6, per il periodo in contestazione, relativamente alle regalie in favore di familiari ed ai redditi da altri prestiti a terzi.

La C.T.R. accoglieva parzialmente il ricorso, confermando la rettifica da accertamento analitico e limitando quella da incrementi patrimoniali a L. 5.109.895; pur riconoscendo un reddito per possessi immobiliari in Italia, non si pronunciava in dispositivo. La C.T.R., con la sentenza indicata in epigrafe, riformava la sentenza di primo grado e limitava il reddito imponibile a quello attribuibile alla disponibilità (peraltro in locazione e non a titolo di proprietà) della villa in (OMISSIS).

L’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, basato su quattro motivi. Il contribuente non ha svolto attività difensiva.

Con il primo motivo, l’Agenzia, denunziando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi da 4 a 6, e D.M. 10 settembre 1979, art. 2, comma 1, lamenta che la C.T.R. avrebbe illegittimamente ritenuto, quanto all’utilizzo di immobili abitativi quale indice di capacità contributiva, che all’Ufficio incomberebbe anche l’onere di accertare che essi siano nella disponibilità del contribuente, essendo, invece, sufficiente a far sorgere la presunzione di reddito non dichiarato la sola proprietà degli stessi (“indiscussa” nella specie).

Con il secondo motivo, l’Agenzia denunzia illogicità e contraddittorietà della motivazione, perché la C.T.R.: a. affermando “l’Ufficio si è basato su un c.d. testamento, che tale non appare nel testo prodotto in giudizio e su schede di provenienza incerta (nel testo prodotto in giudizio”, non ha considerato che era irrilevante che il testamento non potesse essere considerato tale e che il G. ne avesse contestato solo l’utilizzabilità, giammai la provenienza né la sottoscrizione, cosi come non aveva disconosciuto la provenienza delle schede, nè la veridicità del loro contenuto; b. ritenendo che l’Ufficio avesse presunto le superfici degli immobili sulla base del valore degli stessi indicato nel c.d. testamento e che, nel determinare il reddito attribuibile al possesso di immobili, si fosse basato su una serie di presunzioni, anziché su di un fatto certo, non ha considerato che il reddito presunto derivava da elementi certi (dichiarazione sostanzialmente confessoria del G. circa gli immobili nella sua disponibilità), che nessuna rilevanza poteva avere il dato della superficie desunto dal valore dichiarato e che la disponibilità nel periodo in contestazione derivava dalla presunzione di accumulo per quote costanti di cui all’art. 38, comma 5, D.P.R. cit..

Con il terzo motivo, la parte erariale deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, comma 2, nonché motivazione insufficiente illogica e contraddittoria. Lamenta che la C.T.R. avrebbe illegittimamente: a. escluso che potessero assumere rilievo gli immobili situati all’estero, trattandosi di contribuente fiscalmente residente all’estero, per il quale rileva unicamente la capacità contributiva in Italia; b. ritenuto che rispetto alla dichiarazione e documentazione dell’iscrizione all’A.I.R.E. fin dal 1978 non avrebbe mai provato il contrario, limitandosi a presunzioni e deduzioni soggettive ed al riferimento a circostanze di cui non si conosce la collocazione temporale, nè il soggiorno obbligato in Italia poteva considerarsi residenza fiscale e, comunque, non era provato per il 1993; e. ritenuto che la stipula di un contratto di locazione non potesse significare necessariamente una presenza abituale nell’immobile locato. In particolare, erroneamente la C.T.R. avrebbe attribuito rilievo decisivo all’iscrizione all’A.I.R.E. e ritenuto non provato il contrario in aperto contrasto con gli atti di causa, da cui risultava almeno la “dimora abituale” in Italia. Ripercorre alcuni di tali elementi e deduce che l’omessa valutazione degli stessi configura il vizio di motivazione insufficiente su punto decisivo. La C.T.R. infine non avrebbe precisato la durata del soggiorno obbligato nè lo avrebbe adeguatamente valutato insieme alla locazione dell’immobile come idoneo ad accertare l’oggettiva situazione di residenza di fatto in Italia (indipendentemente dall’iscrizione anagrafica altrove).

Con il quarto motivo, l’Agenzia deducendo violazione dell’art. 38, commi da 4 a 6, e motivazione illogica, insufficiente e contraddittoria, censura la decisione della C.T.R. nella parte in cui ha ritenuto infondato l’accertamento basato sulla disponibilità d’ingenti prestiti e regalie, solo perché il contribuente avrebbe fornito la prova di “essere beneficiario di una enorme fortuna economica”, senza pretendere che il medesimo fornisse, invece, la prova che detta ingente disponibilità economica fosse giustificata dal possesso di somme derivanti “in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta” (art. 38, comma 6, D.P.R. cit.).

Il ricorso si rivela fondato.

Secondo l’ordine logico delle questioni, va anzitutto esaminato il terzo motivo, riguardante l’accertamento della residenza fiscale. La censura è fondata e va accolta. Infatti, sussistono sia la violazione di legge che il vizio motivazionale dedotti dalla parte erariale.

In tema d’imposte sui redditi, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, comma 2, individua, perché sussista la residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via del tutto alternativa : il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile; ne consegue che – diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata – l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali (Cass. n. 13803/01; 10179/03). Al riguardo, utili elementi interpretativi possono desumersi dalla giurisprudenza comunitaria, perché, pure in riferimento ad un rapporto non caratterizzato dalla rilevanza delle relative norme e benché la materia delle imposte dirette non rientri nelle competenze dell’Unione, non può negarsi che l’esercizio di tale competenza da parte degli Stati membri non può prescindere dal diritto UE. Orbene, l’interpretazione qui accolta del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2, è in armonia con l’affermazione della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui “ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell’interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l’art. 7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali. Nell’ambito della valutazione dei legami personali e professionali dell’interessato, tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultimo nonchè quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali (v., in tal senso, sentenza 12 luglio 2001 in causa C-262/99, Louloudakis, punti 52, 53 e 55, i cui principi sono stati ribaditi da Corte giust. 7 giugno 2007, in causa C-156/04, Commissione c. Grecia).

La sentenza impugnata, invece, si è posta in netto contrasto con tali principi: non ha considerato che i presupposti indicati nell’art. 2, D.P.R. cit. sono alternativi, con la conseguenza che illegittimamente ha ritenuto che l’iscrizione del soggetto all’A.I.R.E. potesse essere elemento determinante per escluderne la residenza (fiscale) in Italia, dovendosi, invece, verificare se sussistessero le condizioni della terza ipotesi prevista dalla norma in questione: l’avere il soggetto avuto il proprio domicilio in Italia, inteso come sede principale degli affari e degli interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali. Al riguardo, va affermato che il carattere soggettivo ed elettivo della “scelta” dell’interessato rileva principalmente quanto alla libertà dell’effettuazione della stessa (l’ordinamento deve riconoscere e garantire l’effettivo esercizio della libertà di stabilimento del centro principale dei propri interessi), ma, allorchè si deve rilevare quale sia il risultato di quella scelta, la volontà individuale va contemperata con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi, di modo che il centro principale degli interessi vitali del soggetto va individuato nel luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, vale a dire in modo riconoscibile dai terzi. Ne deriva che deve prevalere un criterio di effettività (come in tema di individuazione del giudice competente per la dichiarazione di fallimento: Cass. 12285/05; 9753/01), non un elemento meramente soggettivo.

Sussiste anche il correlato vizio motivazionale, in quanto gli elementi dedotti dalle parti a sostegno delle rispettive posizioni in ordine al domicilio fiscale del soggetto avrebbero dovuto essere adeguatamente valutati proprio al fine della verifica della sussistenza anche della terza (alternativa) ipotesi prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 2.

Possono essere trattate congiuntamente le violazioni del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, lamentate nel primo e nella prima parte del quarto motivo, nonché i vizi motivazionali dedotti nel secondo e nella seconda parte del quarto motivo, in quanto tutte attinenti all’assetto dell’onere probatorio ed alla valutazione delle relative allegazioni.

Anche tali censure si rivelano fondate.

L’accertamento sintetico, con metodo induttivo, consentito all’amministrazione finanziaria dalle norme contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4 e 5, (disposizioni introdotte dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1), consiste nell’applicazione di presunzioni, in virtù delle quali l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto (nel caso di specie, per un verso, la disponibilità d’immobili, per l’altro le elargizioni e le “regalie”) a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva). La suddetta presunzione genera peraltro l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà (Cass. n. 14778/2000; 327/2006; 5991/2006, nonché per il carattere legale di detta presunzione, Cass. n. 16284/07).

Nel caso di specie, rispetto alle puntuali contestazioni dell’atto di accertamento (riportante il “testamento olografo”, che indicava le proprietà immobiliari in Italia e all’estero, e le schede personali, che specificavano il denaro ed i preziosi donati ai familiari), il thema decidendum era perciò circoscritto alla questione della sufficienza della prova, che il contribuente doveva offrire, sul fatto che gli elementi posti dal fisco a base della presunzione di reddito non fossero invece dimostrativi di capacità contributiva.

A questo percorso argomentativo, conforme a legge, non è improntata la sentenza impugnata, per cui non resiste alle censure mosse. La C.T.R., in particolare, ha genericamente ed acriticamente svalutato la “certezza” degli elementi contestati, senza tenere conto che essi provenivano da documentazione redatta proprio dal contribuente. Il “testamento” conteneva l’indicazione d’immobili in Italia ed all’estero che il soggetto intendeva attribuire ai beneficiari dei lasciti, con ciò dimostrando che il medesimo riteneva di averne la “disponibilità” in senso tecnico-giuridico (a prescindere, in questa sede, dalla qualificabilità, o meno, dell’atto come testamento). La disponibilità è uno degli elementi caratterizzanti il diritto di proprietà, che, salvo diverso assetto (non dedotto nella specie) compete proprio al titolare dello stesso (art. 832 c.c.). Nè la C.T.R. ha fornito adeguata spiegazione della generica mancata conoscenza della disponibilità, delle caratteristiche e della consistenza dei beni indicati in detto documento, riportato nell’atto impositivo, in quanto tali affermazioni non tengono conto del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’ufficio finanziario che procede ad accertamento con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, non ha l’onere di indicare i singoli cespiti dai quali derivi il maggior reddito accertato, essendo invece sufficiente che sia indicato un reddito globale, traendo tale determinazione o da manifestazioni di spesa non coordinabili con un minor reddito dichiarato ovvero da situazioni indicative di una capacità di spesa di natura reddituale (Cass. 24 ottobre 2005 n. 20588; 22 dicembre 1995 n. 13089; 27 luglio 1993, n. 8392; 13 novembre 2000, n. 14691; 17 giugno 2002, n. 8665).

Così, rispetto al denaro ed ai preziosi oggetto di regalie, la C.T.R. ne ha erroneamente escluso la rilevanza, quali indici di capacità contributiva, sulla base della semplice deduzione del contribuente di “essere beneficiario di una enorme fortuna economica”, mentre il medesimo avrebbe dovuto puntualmente provare che l’enorme disponibilità economica fosse giustificata dal possesso di somme derivanti da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta.

Si deve, infatti, ribadire, che “il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” connessa alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma” (Cass. n. 14665/06; 19252/05).

A seguito dell’accoglimento del ricorso, la causa va pertanto rinviata per nuovo motivato esame della pretesa erariale, alla luce dei descritti principi in tema d’individuazione del domicilio fiscale e di ripartizione dell’onere probatorio in tema di accertamento a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nonchè per la determinazione in ordine alle spese anche del presente giudizio, ad altra Sezione della medesima C.T.R..


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 05-05-2010) 15-06-2010, n. 14366

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16550/2007 proposto da:

COMUNE DI GENOVA in persona del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7, presso lo studio dell’avvocato COGLIATI DEZZA Alessandro, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato UCKMAR VICTOR, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

T.F.;

– intimata –

sul ricorso 18216/2007 proposto da:

T.F., in qualità di erede di L.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LOVISOLO ANTONIO, giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI GENOVA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 11/2 006 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA, depositata il 24/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/05/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato COGLIATI DEZZA, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato D’AYALA VALVA, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

La contribuente sopra indicata ha impugnato l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Genova per il pagamento dell’ICI per il periodo d’imposta in contestazione e relative sanzioni.

La C.T.P. accoglieva il ricorso, ritenendo applicabile, anche in presenza d’intervento di recupero edilizio, la norma agevolativa prevista per gli immobili d’interesse storico e artistico di cui al D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, conv. con L. n. 75 del 1993, dato il suo carattere di specialità rispetto alla norma generale di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5. Con la sentenza indicata in epigrafe, la C.T.R. respingeva l’appello principale del Comune e quello incidentale della contribuente, affermando che nella specie, come pacifico tra le parti, si trattava di lavori non di ristrutturazione, ma di “recupero abitativo del patrimonio esistente di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 31 lett. b e c” (i soli autorizzabili dal Comune in relazione ad edificio storico), con conseguente inapplicabilità della L. n. 504 del 1992, posta a fondamento dell’atto impositivo.

Ricorre per cassazione il Comune con due motivi; resiste la contribuente con controricorso, nel quale propone anche ricorso incidentale, basato su due motivi.

A seguito di rimessione da parte della C.T.P. di Genova, la Corte costituzionale, con ordinanza n. 6 del 2003, resa in causa avente ad oggetto la medesima questione, ha osservato che il giudizio verte sulla determinazione della base imponibile ai fini ICI relativamente ad un immobile, sottoposto a vincolo storico-artistico, interessato da lavori di riattamento interno, debitamente autorizzati. Ha aggiunto che la rilevanza della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6, si fondava sull’implicito presupposto dell’applicabilità di tale norma alla fattispecie considerata e che, tuttavia il rimettente non dava conto dell’esistenza di altra norma – D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5 (convertito, con modificazioni, nella L. 24 marzo 1993, n. 75) – specificamente riguardante la determinazione della base imponibile per i fabbricati di interesse storico o artistico, ispirata ad una ratio di evidente favore per tali immobili la cui tassazione risulta, pertanto, inferiore a quella degli altri fabbricati. Secondo il Giudice delle leggi, la mancata indicazione delle ragioni per le quali il rimettente riteneva applicabile alla fattispecie sottoposta al suo esame la norma censurata anzichè quella relativa agli immobili di interesse storico o artistico, si traduceva in un difetto di motivazione sulla rilevanza della questione, che andava perciò dichiarata manifestamente inammissibile.

Nella presente controversia, a seguito del monito emergente da detta ordinanza della Corte costituzionale, la C.T.P. ha espressamente ritenuto la norma agevolativa per i beni artistici “speciale” rispetto a quella relativa alla determinazione della base imponibile ICI di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6; tale impostazione risulta confermata dalla sentenza impugnata in questa sede, seppure non si sia esplicitamente pronunziata sul punto.

Rileva la Sezione che la sussistenza, o meno, del rapporto di specialità tra le norme in esame – che, come emerso nella discussione orale, possono reputarsi entrambe “speciali” rispetto al regime generale d’imponibilità ai fini ICI, ma ciascuna ad un precipuo fine – è alla base della soluzione delle questioni coinvolte dai motivi di diritto proposti nel presente giudizio.

In presenza dell’indicato monito del Giudice delle Leggi, potrebbe profilarsi una questione di massima di particolare importanza (art. 374 c.p.c.), riguardante la verifica in via interpretativa della sussistenza di detto rapporto di specialità, dato che, ad avviso di questo Collegio, la norma agevolativa di cui al D.L. 23 gennaio 1993, n. 16 (convertito, con modificazioni, nella L. 24 marzo 1993, n. 75), art. 2, comma 5, non appare necessariamente inquadrabile tra le norme che determinano la base imponibile, qual è, invece, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 6.

P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo, disponendo la rimessione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 29-04-2010) 15-06-2010, n. 14423

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere

Dott. MARIGLIANO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30445/2006 proposto da:

COMUNE DI GERMIGNAGA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NAPOLI MARCO con studio in LUINO VIA B. LUINI 17 (avviso postale), giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

B.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 98/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 29/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/04/2010 dal Consigliere Dott. EUGENIA MARIGLIANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PIO CORTI per delega Avv. NAPOLI MARCO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo
In data 28.10.1991, l’U.T.E. di Varese revisionava gli estimi relativi ad un immobile, sito nel comune di Germignana, già destinato ad opificio e di proprietà di B.L.. Tali estimi venivano impugnati dalla contribuente innanzi alla C.T.P. di quella città.

Nelle more, il 6.12.1991, presentava denuncia di variazione di destinazione dello stesso immobile.

Con sentenza n. 207/12/99 del 29.10.1999 la C.T.P. annullava gli estimi impugnati, disponendo che l’U.T.E. di Varese rideterminasse la rendita; la sentenza diveniva definitiva l’8.7.2000.

L’U.T.E. non ottemperava a tale disposto in quanto, a seguito della denuncia di variazione della B., aveva già attribuito, in data 28.4.1999, una nuova rendita, non notificata alla contribuente nè pubblicata sull’albo pretorio.

In data 11.1.2001 la contribuente, venuta a conoscenza dei nuovi dati catastali, li impugnava innanzi alla C.T.P. Nel giudizio non si costituiva l’Agenzia del territorio, interveniva però il Comune di Germignana ad adiuvandum, eccependo l’inammissibilità del ricorso.

La C.T.P. dichiarava inammissibile il ricorso perchè proposto contro un atto inefficace. Proponeva gravame la contribuente, si costituivano sia l’Agenzia del territorio che il Comune di Germignana, che eccepiva l’inammissibilità dell’appello per omessa indicazione delle parti nei cui confronti era stata proposta l’impugnazione.

La C.T.R. respinta l’eccezione processuale, affermava che, poichè l’attribuzione della nuova rendita era stata effettuata il 28.4.1999 quindi anteriormente al 31.12.1999, la ricorrente era legittimata all’impugnativa entro i sessanta giorni dall’entrata in vigore della L. n. 342 del 2000, e, richiamata la sentenza definitiva n. 207/12/99, che aveva annullato le precedenti rendite e che aveva imposto all’U.T.E. di rideterminare le rendite, l’immobile non poteva essere considerato opificio per cui andava classificato come categoria C. Avverso detta decisione il Comune di Germignana propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, integrati da memoria. Le altre parti non risultano costituite.

Motivi della decisione
Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per non avere la C.T.R. dichiarato inammissibile l’appello, malgrado che quell’atto fosse privo dell’indicazione delle parti nei cui confronti era stata proposta l’impugnazione ed, in particolare, dell’indicazione del Comune di Germignana, pur intervenuto in quel procedimento.

La C.T.R. aveva deciso ritenendo che dal contesto dell’impugnazione si deduceva chiaramente che la controparte fosse l’Agenzia de territorio e che la contribuente non fosse tenuta a notificare l’appello a pena di inammissibilità anche al Comune.

Con la seconda censura si deduce la falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, nonchè insufficiente motivazione, per avere la C.T.R. affermato che l’U.T.E. aveva rideterminato la rendita a seguito della pronuncia definitiva della C.T.P. n. 207/12/99 del 29.10.1999 – 7.3.2000, mentre la messa in atti era stata eseguita in epoca precedente al 31.12.1999 e, quindi prima del passaggio in giudicato di detta sentenza.

Si sostiene, inoltre, che la rendita attribuita non poteva essere impugnata in quanto non era stata nè notificata alla parte, nè affissa sull’albo pretorio, per cui non poteva essere divenuta definitiva e, conseguentemente, non era applicabile la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, ultima parte, ma solo il comma 3, che non prevede la riapertura dei termini per l’impugnazione, ma solo la possibilità per gli enti impositori di procedere alla liquidazione o all’accertamento delle imposte entro i termini di decadenza o prescrizione. Poichè nella specie, nessun atto impositivo era stato notificato alla contribuente, il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per mancanza dell’atto.

Il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

Lamenta sostanzialmente il Comune la mancata notifica dell’appello nei suoi confronti pur essendo state parte nel giudizio di primo grado.

Nella specie la C.T.R. ha ritenuto che, pur non essendo state espressamente indicate le parti nell’atto di appello, tuttavia questo fosse ammissibile, dato che dall’epigrafe e dal contesto dello stesso si evinceva in modo inequivocabile che la parte appellata fosse l’Agenzia del territorio; riteneva peraltro irrilevante la mancata indicazione anche del Comune, interventore ad adiuvandum in primo grado.

Tale ultima considerazione è errata, infatti, in tema di contenzioso tributario ed in ipotesi di litisconsorzio, per l’esistenza di una situazione che comporti l’obbligo di chiamare in causa anche in appello, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., tutte le parti presenti nella prima fase del processo, è necessario che i rapporti dedotti in causa siano inscindibili, non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio, o che due (o più) rapporti dipendano logicamente l’uno dall’altro, o da un presupposto di fatto comune, in modo tale da non consentire razionalmente l’adozione nei confronti delle diverse parti di soluzioni non conformi perchè comporterebbero capi di decisione logicamente in contraddizione tra loro.

Anche nel processo tributario, che espressamente ammette l’istituto dell’intervento D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 14, – nei limiti ivi indicati -, l’intervento adesivo dipendente determina un’ipotesi di causa inscindibile, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., con conseguente configurabilità di un litisconsorzio necessario processuale in grado di appello. L’omessa notifica dell’impugnazione al litisconsorte necessario non comporta però l’inammissibilità del gravame (tempestivamente proposto nei confronti dell’altra parte), ma soltanto l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice e, in mancanza di questo, la nullità dell’intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità. Pertanto la mancata notifica dell’impugnazione all’interventore non comporta l’inammissibilità dell’appello, dovendo il giudice nell’ambito del suo dovere di verificare la regolarità della costituzione del contraddittorio, ordinarne l’integrazione.

Tuttavia,nella specie, pur in assenza da parte del giudice di tale ordine, poichè la parte, pur non intimata, era presente nel giudizio di secondo grado, con la propria costituzione ha sanato la nullità del giudizio, anche perchè dal disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, – secondo il quale “il ricorso in appello è proposto… nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado…” non si deduce che l’inosservanza di questa prescrizione sia sanzionata con la nullità, sia perchè comunque, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., nessuna nullità può essere comminata se non espressamente prevista o quando comunque l’atto ha raggiunto il suo scopo.

Anche il secondo motivo è infondato.

E’ pur vero che la C.T.R. ha errato nel affermare che l’U.T.E. aveva rideterminato la rendita a seguito della pronuncia definitiva della C.T.P. n. 207/12/99 del 29.10.1999 – 7.3.2000, mentre la messa in atti della rendita impugnata in questo procedimento non poteva essere eseguita in ottemperanza di quel comando giudiziario in quanto era stata effettuata in epoca precedente alla data della pronuncia e del passaggio in giudicato di quella sentenza. Tuttavia la mancata inottemperanza di quel giudicato è assolutamente irrilevante, in quanto a seguito dell’istanza di attribuzione di una nuova rendita per variazione della consistenza dell’immobile, l’adeguamento della vecchia rendita sarebbe stata del tutto inutile e priva di efficacia, stante la necessità di adeguare la stessa alla nuova situazione di fatto.

E’, invece, conforme a diritto la pronuncia della C.T.R. relativa alla legittimità e tempestività dell’impugnativa della rendita messa in atti il 28.4.1999 e, quindi, anteriormente al 31.12.1999; infatti ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, ultimo periodo, la ricorrente era legittimata all’impugnativa entro i sessanta giorni dall’entrata in vigore di tale normativa, non potendosi dedurre, nel silenzio della legge, come, invece, sostenuto dal Comune ricorrente, che fosse necessario che la rendita fosse stata notificata al contribuente o che fosse stata recepita in un atto impositivo.

Tutto ciò premesso e dichiarata assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere respinto. Non si fa luogo alla liquidazione delle spese, poichè le parti intimate non hanno svolto alcuna attività difensiva in questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010


Corte Suprema di Cassazione, Sez. V Trib., n. 14373 del 15.06.2010

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.M., elettivamente domiciliata in Torino, in via XX Settembre n. 62, presso l’avv. GENTILLI GIORGIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASALBORGONE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. CAPIROSSI MASSIMO ed elettivamente domiciliato in Roma al Lungotevere dei Mellini n. 44, presso l’avv. Salvatore Mileto;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 25/32/03, depositata il 30 ottobre 2003;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 febbraio 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

Uditi l’avv. Salvatore Mileto per la ricorrente ed il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del primo e del sesto motivo del ricorso e per l’accoglimento dei restanti.

Svolgimento del processo

E.M. impugnò l’atto con il quale il Comune di Casalborgone le richiedeva il pagamento, per L. 163.000, della t.a.r.s.u. dell’anno 2000, dopo aver provveduto al pagamento del tributo, ed impugnò assieme ad esso la delibera della Giunta comunale, il ruolo, e la comunicazione di iscrizione a ruolo, considerata equipollente alla cartella esattoriale, e perciò compresa nell’elenco degli atti impugnabili di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19. Chiese in via preliminare di dichiarare l’inesistenza dell’iscrizione a ruolo, ed in via principale di annullarla per carenza di potere del soggetto sottoscrittore.

Il Comune si costituì chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso in quanto l’atto, una semplice comunicazione, non iscritta a ruolo, non era impugnabile.

In primo grado il ricorso era dichiarato inammissibile perchè l’atto impugnato, non avente le caratteristiche nè di avviso di liquidazione nè di cartella esattoriale e neppure di ruolo, non era compreso nell’elenco, da ritenersi tassativo, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.

La Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello della E., ritenendo non impugnabile l’atto contestato: non essendo questo di per sè destinato a produrre alcun effetto giuridico, il contribuente non aveva alcun interesse a proporre ricorso avverso di esso.

Nei confronti della decisione la contribuente propone ricorso per cassazione articolato in sette motivi.

Il Comune di Casalborgone resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.

Motivi della decisione

Col primo motivo la ricorrente censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per la mancata integrazione del contraddittorio al concessionario per la riscossione, trattandosi di causa inscindibile.

Il motivo è infondato, in quanto “il fatto che il contribuente venga a conoscenza del ruolo, formato dall’ente locale, soltanto tramite la notificazione dello stesso ad opera del concessionario della riscossione, non determina nel processo tributario, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 1, una situazione di litisconsorzio necessario, nè sostanziale nè processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso, atteso che quest’ultimo (a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo), nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così corre (salva l’ipotesi di errore materiale) formato dall’ente e, pertanto, non è passivamente legittimato a rispondere di vizi propri del ruolo, come trasfuso nella cartella” (Cass. n. 933 del 2009, n. 10580 del 2007).

Con il secondo motivo censura la sentenza, per violazione di legge e vizio di motivazione, per aver considerato non autonomamente impugnabile il ruolo, atto di natura impositiva e come tale impugnabile secondo la previsione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. d), prima parte.

Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, deduce che l’atto, qualificato “comunicazione di iscrizione a ruolo” – e non notificazione di iscrizione a ruolo, per essere stato “recapitato per posta ordinaria e non tramite notifica” -, è comunque atto autonomamente impugnabile, in base al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 32, comma 1, lett. a).

Con il quarto motivo critica la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver affermato come nella specie il contribuente non avesse interesse ad impugnare l’atto in quanto destinato di per sè a non produrre alcun effetto giuridico, evidenziando le ragioni di interesse a promuovere azione a tutela della propria situazione giuridica.

Con il quinto motivo lamenta la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, lett. c), e art. 10, nonchè vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata affermato che la comunicazione impugnata indicava espressamente che “contro di essa non è ammesso ricorso giurisdizionale”, negando così “l’esistenza di un organo giurisdizionale da adire per la tutela della propria situazione giuridicamente rilevante”, e per aver fatto proprie le considerazioni dell’ente impositore secondo cui, una volta effettuato spontaneamente il pagamento, non vi sarebbe alcuna cartella esattoriale, e quindi la possibilità di tutelarsi in sede giurisdizionale, se non presentando istanza di rimborso ed impugnando il provvedimento, tacito o espresso, di rifiuto.

Col sesto motivo lamenta, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, che in primo grado la procura ad litem dell’ente impositore sia stata rilasciata nei confronti di ” G.R.”, e non di E.M., attuale ricorrente. La circostanza che con unica delibera la Giunta comunale abbia autorizzato il Sindaco a resistere in diciotto procedimenti nei confronti di altrettanti contribuenti non toglierebbe che mentre l’atto di giunta è atto generale, la procura ad litem risulterebbe essere un atto specifico. Non essendosi espresso il giudice d’appello sul punto, la sentenza dovrebbe essere cassata per omessa pronuncia.

Con il settimo motivo censura per ultra petizione il regolamento delle spese tanto in primo che in secondo grado.

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono fondati.

Le sezioni unite di questa Corte hanno affermato – in un giudizio analogo, nel quale era parte il Comune qui controricorrente – che nel processo tributario sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile (Cass. sez. unite, 24 luglio 2007, n. 16293).

Nell’ambito di questa impostazione di diritto, che l’ente impostore non può riedificare a suo piacimento dichiarando “non impugnabili” atti che impugnabili sono, spetta al giudice di merito sceverare con congrua motivazione gli atti impositivi dagli atti che impositivi non sono, esaminando gli aspetti sostanziali dell’atto, che possono non trovare compiuta corrispondenza nei suoi aspetti formali.

Nella presente controversia è sufficiente rilevare come la sentenza impugnata sottolinei che “la comunicazione” impugnata contiene la determinazione della esatta somma dovuta dal contribuente, indicando che “in mancanza del suo pagamento seguirà l’iscrizione a ruolo” e che per chiarimenti, “richieste di sgravio o di rimborso il contribuente può rivolgersi all’ente impositore”, elementi dai quali è ragionevole dedurre che ci si trovi di fronte alla comunicazione di una pretesa impositiva, di guisa che l’atto si atteggia come una vera e propria liquidazione dell’imposta, che incide sulla posizione patrimoniale del contribuente.

L’accoglimento dei detti motivi comporta l’assorbimento dell’esame del quinto e del settimo motivo.

Il sesto motivo, concernente l’erronea indicazione del contribuente ricorrente in primo grado nei confronti del quale l’ente impositore avrebbe conferito la procura ad litem, è invece infondato, atteso che non risulta che il rilievo sia stato riproposto in appello con specifico riferimento alla contribuente appellante E.M. nè che sia stato dibattuto nel merito.

In conclusione, vanno accolti il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbito l’esame del quinto e del settimo motivo, e vanno rigettati il primo ed il settimo motivo; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, assorbiti il quinto ed il settimo, rigetta il primo ed il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.