REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25810/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
C.P.E., rappresentata e difesa dagli avv. Emanuele Coglitore e Luigi Manzi, elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma alla via Confalonieri n.5;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 76/36/10 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione 36, del 10/5/2010, depositata il 23/7/2010 e non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 maggio 2018 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.
Svolgimento del processo
CHE:
1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro C.P.E. per la cassazione della sentenza n. 76/36/10 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione 36, del 10/5/2010, depositata il 23/7/2010 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia concernente l’impugnativa della cartella di pagamento per IRPEF ed ILOR dell’anno 1995, oltre interessi e sanzioni;
2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Lombardia confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che la cartella di pagamento fosse nulla, perché emessa a seguito di avviso di accertamento che non risultava ritualmente notificato;
in ordine alla notifica dell’avviso di accertamento, quale atto prodromico rispetto alla cartella di pagamento, riteneva la C.T.R. che l’Ufficio avesse depositato “un atto recante una incompleta relata di notifica, dalla quale non risultano in alcun modo compiute le formalità imposte dalla legge processuale nel caso di notifica ex art. 140 c.p.c.”;
3. a seguito del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la contribuente si costituisce, resistendo con controricorso;
4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 17 maggio 2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
Motivi della decisione
CHE:
1.1. preliminarmente va affrontata la questione relativa alla nullità dell’intero giudizio per la violazione del litisconsorzio necessario nei confronti del coniuge (non evocato in giudizio), eccepita dalla controricorrente per la prima volta in questa sede, ma rilevabile anche d’ufficio, ove sussistente;
in caso di dichiarazione congiunta dei coniugi si è detto che la “moglie codichiarante è legittimata ad impugnare autonomamente l’avviso di accertamento notificato al marito, ancorché divenuto definitivo nei confronti di quest’ultimo (anche per intervenuto giudicato), proponendo ricorso avverso la cartella di pagamento, atteso che, pur non essendo necessario, affinché ne insorga la responsabilità, che le sia notificato l’avviso di accertamento, il suo diritto di difesa non può essere pregiudicato ed, in virtù della regola generale di cui all’art. 1306 c.c., il giudicato intervenuto tra l’Amministrazione finanziaria ed uno dei debitori solidali non ha effetto contro l’altro debitore solidale” (Cass. ord. n. 462/18; cfr. anche Sez. 5, Sentenza n. 23553 del 18/11/2015, Rv. 637429 – 01);
non vi è, quindi, ab origine una situazione di litisconsorzio necessario tra i coniugi, che, in quanto coobbligati solidali nei confronti del fisco, hanno singolarmente la legittimazione ad agire per la contestazione della pretesa tributaria;
inoltre, si è anche chiarito che il giudizio “si riferisce a soggetti diversi ed a rapporti tributari che, seppur distinti, e pertanto concettualmente non indissolubili, sono coinvolti in un titolo impositivo unico… Ne discende che, tra le cause concernenti i diversi contribuenti va riscontrato quel vincolo di collegamento determinato dalla dipendenza di comune fattore, che, in presenza di “simulaneus processus” nel pregresso grado del giudizio, comporta, in applicazione della previsione dell’art. 331 c.p.c., l’obbligo dell’integrazione del contraddittorio nel giudizio di impugnazione” (Cass. sent. n. 1225/07);
dai principi sopra richiamati, si evince che, nel caso di dichiarazione congiunta, si determina tra i coniugi una situazione di litisconsorzio processuale necessario nei giudizi di impugnazione, solo nel caso in cui l’atto impositivo sia stato impugnato congiuntamente da entrambi;
nel caso di specie, in cui la sig. C. ha proposto un’autonoma impugnativa avverso gli atti di accertamento tributario, non si ravvisa neanche una violazione del litisconsorzio processuale;
1.2. passando all’esame del primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e) e dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine all’individuazione dei presupposti per il ricorso all’una o all’altra modalità di notifica;
secondo la ricorrente, il giudice di appello avrebbe errato nel ritenere necessario il ricorso alla notifica nelle modalità di cui all’art. 140 c.p.c., previste in caso di temporanea assenza del destinatario, in quanto la notifica dell’atto impositivo era stata correttamente eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e);
con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, perché il giudice di appello non avrebbe adeguatamente spiegato le ragioni per le quali non ha tenuto conto degli accertamenti effettuati dal messo notificatore, come risultanti dalle attestazioni apposte sull’avviso di accertamento;
1.3. i motivi sono connessi e vanno esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti;
ed invero, “in tema di notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, la notificazione deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. solo quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, mentre deve essere effettuata applicando la disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e) quando il messo notificatore non reperisca il contribuente, che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto. Con riferimento alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento delle ricerche, va evidenziato che nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame” (Cass. sent n. 20425/07);
secondo la Corte, quindi, la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto, mentre va effettuata D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e) quando il notificatore non reperisca il contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che il trasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune del domicilio fiscale (cfr. Cass. n. 6788/2017);
la questione assume particolare rilievo in relazione alla circostanza che, per le ipotesi di c.d. irreperibilità relativa, la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall’art. 140 c.p.c., occorrendo, oltre al deposito di copia dell’atto nella casa del comune in cui la notificazione deve eseguirsi ed all’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione o ufficio o azienda del destinatario, anche la comunicazione con raccomandata A.R. dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto e il ricevimento della raccomandata informativa, ovvero il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione della detta raccomandata;
per converso, alle ipotesi di c.d. irreperibilità assoluta, relative al trasferimento del contribuente in comune diverso da quello in cui il contribuente aveva il domicilio fiscale, la medesima disposizione sopra ricordata richiede, accanto al deposito dell’atto nella casa comunale, l’affissione dell’avviso nell’albo e il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione;
questa Corte, affrontando il tema delle modalità che il messo notificatore o ufficiale giudiziario devono seguire per attivare in modo rituale il meccanismo notificatorio di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e) in caso di irreperibilità assoluta, ha ritenuto che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio, onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto (Cass. n. 6911/2017, Cass. n. 4502/201);
con riferimento alla previa acquisizione di notizie, e/o al previo espletamento delle ricerche, va evidenziato che “nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute, né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame (cfr. Cass. sent n. 20425/07 citata);
a tali principi non si è conformato il giudice di appello, che non ha adeguatamente spiegato le ragioni per le quali non ha tenuto conto degli accertamenti effettuati dal messo notificatore (le informazioni raccolte dal custode dello stabile ove era ubicato il domicilio fiscale del contribuente circa il trasferimento di quest’ultimo in una località non nota e le indagini anagrafiche, dalle quali non risultava il trasferimento in altro indirizzo del comune), al fine di verificare la correttezza del ricorso alla notifica di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e);
in particolare, le attestazioni del pubblico ufficiale apposte sull’avviso di accertamento, costituiscono atto pubblico ai sensi degli artt. 2699 c.c. e ss. e fanno piena prova (fino a querela di falso) della ricezione delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza;
tale prova non è inficiata dai certificati anagrafici che, attestando formalmente la persistente residenza in loco del destinatario della notifica, palesano solo la divergenza tra i formali dati anagrafici e quanto constato in loco ed in punto di fatto dal pubblico ufficiale;
1.4. sulla base di tali considerazioni, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per l’esame delle ulteriori questioni di merito oggetto dell’impugnativa della contribuente ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2018