Quale applicazione dell’art. 213 del Codice della Strada?

sequestro-veicolo-autoQuesito su circolare n. 300/A/5721/14/101/20/21/4 del 01 agosto 2014 emanata dal Ministero degli Interni.

Al Garante

per la Protezione dei dati Personali

Piazza di Monte Citorio n. 121

00186 ROMA

urp@pec.gpdp.it

e p. c.: Al Ministero dell’Interno

Piazza del Viminale n. 1

00184 ROMA

dait@pec.interno.it

 La circolare n. 300/A/5721/14/101/20/21/4 del 01 agosto 2014 emanata dal Ministero degli Interni avente ad oggetto “Nuove procedure per l’applicazione della misura cautelare del sequestro amministrativo e della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo,” nel prendere in esame le operazioni di notificazione previste dall’art. 213 comma 2 quater del Codice della Strada, inerenti i verbali di sequestro ed i relativi avvisi, dirama ai vari organi chiamati alla sua applicazione disposizioni che, a giudizio della scrivente associazione, vanno ben oltre il dettato normativo vigente, in particolare se si tiene presente che con l’art. 174 del D. Lgs. 196/2003 era stato eliminato dal nostro ordinamento la pubblicazione di una copia dell’atto da notificare all’Albo Pretorio (all’epoca non esisteva l’Albo on Line) nel caso necessitasse notificare lo stesso a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 CPC).

In particolare:

a)      nel corpo di pagina 8 della circolare in oggetto si afferma che è opportuno effettuare la pubblicazione all’Albo del Comune del verbale di sequestro e del relativo avviso contestualmente (quindi, nei fatti, aprioristicamente in ogni caso) al tentativo di notifica ordinario (di solito effettuato a mezzo posta);

b)  nella nota (10) a piè pagina 8 della circolare in oggetto viene precisato che “l’irreperibilità del destinatario all’indirizzo quale risulta dai pubblici registri non dovrà dar luogo a ulteriori accertamenti e tentativi di notifica, salvo l’affissione dell’atto nell’Albo del Comune in cui è situata la depositeria. Anche in questo caso, trattandosi di procedura speciale, ci si dovrà limitare alla sola affissione dell’atto all’albo.”

Relativamente a quanto evidenziato al punto a) si segnala che:

–          l’art. 213 comma 2 quater ultimo periodo del C.d.S. prevede che la notificazione sia effettuata ordinariamente ai sensi dell’art. 201 del C.d.S. e solo qualora la notifica risulti impossibile, per comprovate difficoltà oggettive, si procede mediante affissione dell’atto nell’Albo (on Line – ndr) del Comune dov’è situata la depositeria e la notifica si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello di detta affissione (a margine si ritiene che l’atto debba rimanere ivi affisso, o per meglio dire pubblicato sul WEB, continuativamente per 20 giorni alla fine dei quali dovrà essere defisso) – è immediatamente percepibile la potenziale diffusione nella rete WEB di tutti i dati contenuti nell’atto (cioè nel verbale di sequestro e nel relativo avviso), diffusione non prevista dalla legge in questi termini, viste le condizioni peculiari dalla stessa indicate per la pubblicazione.

Relativamente a quanto evidenziato al punto b) si segnala che:

–          il Ministero dell’Interno utilizzando il termine irreperibilità del destinatario (in questo contesto si ritiene volesse intendere quella cosiddetta “irreperibilità assoluta”, cioè quella ordinariamente individuata nell’art. 143 CPC) ha, nei fatti, dilatato a dismisura quella che lo stesso definisce una “procedura speciale”, cioè l’affissione dell’atto (nella fattispecie il verbale di sequestro ed il relativo avviso) all’Albo del Comune in cui è situata la depositeria – la norma di Legge, cioè l’art. 213 comma 2 quater ultimo periodo del C.d.S., prevede, invece, la pubblicazione all’Albo del Comune come possibilità residuale e solo a fronte di comprovate difficoltà oggettive nella notifica dell’atto (ad esempio se i dati anagrafici del trasgressore/obbligato in solido sono incompleti) e non se tale atto è comunque validamente notificabile (anche se sostanzialmente in modo “virtuale”) con una delle procedure previste esplicitamente dal nostro CPC (artt. 140 o 143 CPC);

–          indipendentemente da quanto sopra (cioè del quando) si chiede di sapere se sia o meno da ritenere conforme (nel come) alle indicazioni del Garante la circostanza che gli organi di Polizia Stradale chiedono ai Comuni di affiggere all’Albo gli atti in questione (cioè i verbali di sequestro ed il relativo avviso) in quanto tali, cioè in modo integrale, pubblicando, di conseguenza, in rete tutti i dati anagrafici del trasgressore, dell’eventuale obbligato in solido, eventuali estremi di documenti per la guida o di identità nonché il luogo e la data ove tale persona/veicolo è stato fermato/rinvenuto e quindi si ritiene anche essere stato ivi presente, pro tempore, il trasgressore/obbligato in solido.

Ad avviso della scrivente Associazione, invece, si ritiene corretto e rispettoso della riservatezza delle persone potenzialmente coinvolte che al citato Albo del Comune siano affissi solo ed esclusivamente i seguenti dati che si valutano sufficienti (in conformità alle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati” approvate dal Garante il 15/05/2014) a dare una appropriata “pubblicità legale” di un fatto/documento che potrà produrre degli effetti rilevanti sul bene sequestrato ma che non è stato possibile notificare con le procedure ordinarie al trasgressore/obbligato in solido:

–          identificazione sintetica del destinatario dell’atto (attraverso il Nome, Cognome, luogo e data di nascita);

–          identificazione dell’organo di Polizia Stradale procedente, il numero, la data del verbale di sequestro, nonché il luogo ove lo stesso è avvenuto,

–          il numero di targa del veicolo in questione,

–          l’identificazione completa del luogo ove il veicolo è depositato ma non i dati del custode se persona fisica, nonché un documento generico anonimo allegato che facendo solo riferimento all’organo procedente, al numero del verbale di sequestro ed alla sua data espliciti gli elementi essenziali contenuti nell’avviso previsto dall’art. 213 comma 2 quater, primo periodo del C.d.S..

Nell’occasione si chiede di sapere quali responsabilità possano nascere in capo al dipendente del Comune dall’affissione all’albo direttamente del verbale di sequestro e del relativo avviso nella loro forma integrale, riportanti pertanto i dati personali del trasgressore/obbligato in solido come richiedono gli Organi di Polizia Stradale in ossequio alla circolare ministeriale citata e se, dell’eventuale danno conseguente alla violazione delle norme sulla Privacy, debba essere imputato solo al responsabile dell’Ufficio di Polizia Stradale richiedente la pubblicazione od anche il dipendente comunale responsabile della pubblicazione all’Albo.

Questo sopra in quanto la scrivente Associazione ha, al momento, consigliato ai propri associati di dare pedissequa esecuzione a quanto richiedono gli Organi di Polizia Stradale che agiscono in conformità alla circolare in oggetto.

In attesa di un cortese riscontro alla presente si inviano distinti saluti.

Il Presidente Nazionale

Pietro Tacchini

Firmata digitalmente

Risposte:

Garante – applicazione dell’art. 213 del Codice della Strada

Leggi:

Circolare Ministero interno del 01 08 2014


Riunione Giunta Esecutiva del 15.11.2014

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 15 novembre 2014 alle ore 7:30 presso il Comune di Cesena – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 9:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:
1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2014;
2. Attività formativa 2014;
3. Attività formativa 2015;
4. Attività Istituzionale 2014/2015;
5. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale GE 15 11 2014


Riunione Consiglio Generale del 15.11.2014

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione del Consiglio Generale che si svolgerà sabato 15 novembre 2014 alle ore 8:00 presso il Comune di Cesena – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 10:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:
1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2014;
2. Attività formativa 2014;
3. Attività formativa 2015;
4. Attività Istituzionale 2014/2015;
5. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale CG del 15 11 2014


Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 19/06/2014) 23/10/2014, n. 22510

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29571/2008 proposto da:

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 34, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PETRUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato PARACCIANI Enrico giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

VIVAI DELLA MOLINOLA DI PIERA’ SERINALDI SNC (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 515/2008 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il 21/10/2008 R.G.N. 1011/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2014 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato FRANCESCO PETRUCCI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo
A.A. intimava alla società Vivai della Molinella di Pierà Serinaldi s.n.c. precetto di pagamento di Euro 16.610,02, fondato sul Decreto Ingiuntivo n. 95 del 2004, del Tribunale di Fermo, definitivamente esecutivo, oltre interessi moratori e accessori.

La società proponeva opposizione, lamentando che il precetto non contenesse la trascrizione integrale del titolo esecutivo e che esso riportasse illegittimamente anche l’intimazione a pagare spese, interessi ed onorari di un precedente atto di precetto, divenuto inefficace ex art. 481 c.p.c. e spese generali non dovute.

Il Tribunale dell’Aquila, con sentenza n. 515/2008 depositata il 21.10.2008 e notificata il 6.11.2008, accoglieva l’opposizione e dichiarava la nullità del precetto per mancata indicazione della data di notificazione del titolo esecutivo, condannando l’ A. al pagamento delle spese di lite.

A.A. propone ricorso per la cassazione della predetta sentenza articolato in tre motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Il ricorrente non ha depositato memoria.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 140 e 617 c.p.c.; evidenzia che l’opposizione a precetto proposta dalla società Vivai La Molinella è stata esattamente qualificata dal giudice adito come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e che pertanto la stessa avrebbe dovuto esser ritenuta tardiva, in quanto il precetto era stato notificato il 16.6.2005 e l’opposizione soltanto il 22.6.2005 (pertanto oltre il termine di cinque giorni pro tempore vigente). Sostiene che al fine del perfezionamento della notifica dell’atto di precetto – e quindi ai fini della decorrenza del termine per proporre opposizione – effettuata con le modalità previste dall’art. 140 c.p.c. – occorreva aver riguardo al completamento delle predette formalità da parte dell’ufficiale giudiziario incaricato (esecuzione del deposito presso la casa comunale, affissione dell’avviso del deposito alla porta dell’abitazione del destinatario e spedizione della raccomandata contenente l’avviso) e non al ricevimento della raccomandata contenente l’avviso di cui all’art. 140 c.p.c., da parte del destinatario, come ha ritenuto il giudice di merito, traendone la conclusione che, essendo stato ricevuta la raccomandata il 17 giugno 2005, l’opposizione agli atti esecutivi depositata il 22.6.2005 dovesse ritenersi tempestiva.

Sottopone alla Corte il seguente quesito: “Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 140 c.p.c., la notificazione si perfeziona solo al momento del ricevimento da parte del destinatario dell’atto contenente l’avviso prescritto dall’art. 140 c.p.c.?”.

Il quesito di diritto, per come è formulato, è totalmente astratto dalla fattispecie concreta ed è pertanto inammissibile. Esso non contiene infatti alcun elemento di raccordo con la fattispecie sottoposta all’esame della Corte ma propone una formulazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (v. Cass. S.U. n. 6420 del 2008).

Esso inoltre, così come è formulato non è idoneo a sindacare efficacemente la sentenza di merito che, molto sinteticamente, sul punto indicato dice soltanto: “Tale vizio non è stato fatto valere tardivamente, essendo stato il precetto notificato il 17.6.2005 (non v’è prova che sia stato notificato prima; il 16 è avvenuto il deposito presso la casa comunale) e l’opposizione il 22.6.2005”.

Nella sentenza non c’è alcun riferimento espresso alla data in cui sarebbe stata effettuata la spedizione della raccomandata nè c’è una opzione in favore della ricezione piuttosto che alla spedizione della raccomandata contenente l’avviso di notifica del precetto come momento di perfezionamento della notifica stessa. Il giudice di merito quindi non prende alcuna posizione e non affronta neppure ex professo la questione giuridica posta dal ricorrente.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 479, 480 e 654 c.p.c., anche in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto l’opponente avrebbe denunciato che nel precetto mancasse la trascrizione integrale del provvedimento che disponeva l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, mentre il Tribunale dell’Aquila aveva dichiarato la nullità del precetto perchè non recante l’indicazione della data della notifica del titolo esecutivo.

Quindi, in primo luogo, sembrerebbe che egli denunci una mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato piuttosto che una violazione di legge, senza alcun formale riferimento alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorrente riporta a sostegno della sua tesi vari precedenti di legittimità che affermano, in conformità con l’art. 654 c.p.c., che se il titolo esecutivo è costituito da un decreto ingiuntivo non è necessaria una sua seconda notifica per metterlo in esecuzione (purchè l’atto di precetto rechi alcune indicazioni essenziali) e poi chiede alla Corte se: “Ai fini dell’esecuzione, in caso di notifica di atto di precetto fondato su decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo, nell’atto di precetto si deve indicare la data della notificazione del titolo esecutivo e/o si deve trascrivere il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo”.

Con il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3 e art. 480 c.p.c., anche in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e sostiene che l’opposizione non poteva essere accolta nè poteva esser dichiarata la nullità del precetto avendo esso raggiunto il suo scopo, che era quello di assegnare al debitore un termine per adempiere l’obbligo risultante dal titolo e scongiurare l’esecuzione ovvero di preannunciare il prossimo inizio dell’azione esecutiva in caso di mancato adempimento. Sostiene inoltre che il precetto conteneva tutti gli elementi idonei a consentire al debitore l’esatta identificazione del titolo posto in esecuzione, come risultava poi anche dal contesto dell’opposizione.

Entrambi i motivi, che possono essere trattati congiuntamente perchè relativi ad una stessa questione, sono infondati.

L’art. 654 c.p.c., consente effettivamente, nel caso che il precetto si riferisca ad un decreto ingiuntivo, di fare a meno di una nuova notificazione del medesimo, essendo sufficiente che nel precetto si indichino le parti e la data della notifica dell’ingiunzione e si menzioni il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e l’apposizione della formula esecutiva, il tutto per semplificare e velocizzare l’inizio del procedimento esecutivo, evitando una inutile duplicazione della notifica del titolo – già necessariamente avvenuta in precedenza ai fini della decorrenza del termine per la proposizione dell’opposizione – ed integrandola se il titolo al momento della notifica non era ancora munito di esecutività (Cass. n. 12731 del 2007).

A fronte di questa esenzione dall’onere di effettuare una seconda notificazione dello stesso titolo esecutivo, l’indicazione sul precetto della data della notifica del titolo, prevista in ogni caso a pena di nullità dall’art. 480 c.p.c., comma 2, acquista particolare valenza al fine della completa identificazione del titolo in quanto tiene luogo della notificazione del titolo esecutivo stesso. Se essa, come nel caso di specie, non è riportata, si produce una nullità che non può ritenersi sanata per il raggiungimento dello scopo a mezzo della semplice proposizione della opposizione agli atti esecutivi, in quanto equivalente alla nullità del precetto non preceduto dalla notificazione del titolo esecutivo.

A questo proposito, la Corte ha già avuto modo di affermare, infatti, che non è sanabile per raggiungimento dello scopo la nullità del precetto conseguente all’omissione della notificazione del titolo esecutivo a mezzo della proposizione di opposizione: e ciò sia quando venga proposta opposizione ex art. 617 c.p.c., per far valere il vizio della mancata osservanza dell’art. 479 c.p.c., comma 1; sia quando, unitamente a quest’ultima, vengano proposti motivi di opposizione ex art. 615 c.p.c. (in questo senso Cass. 23894/2012).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di costituzione dell’intimata.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 19 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2014


Precisazioni sul rientro anticipato dalla malattia del dipendente pubblico

L’INPS indica che il dipendente può essere riammesso in servizio solo in presenza di un nuovo certificato.
L’INPS con il messaggio n. 6973 del 12.9.2014 ha fornito chiarimenti a numerosi quesiti formulati in materia di assenza per malattia e alla casistica del rientro anticipato nel luogo di lavoro.
Il decreto legislativo 165/2001 prevede che l’assenza per malattia dei dipendenti pubblici sia attestata mediante certificato medico inoltrato per via telematica. Gli stessi medici possono inviare – durante tutto il periodo di prognosi – certificati che annullano i precedenti o li rettificano. Tale eventualità si verifica nell’ipotesi in cui i medici abbiano modo di riscontrare nel paziente un decorso più favorevole della malattia.
Il datore di lavoro (nella PA è il dirigente) nella prassi dispone soltanto dell’attestato di malattia non essendo legittimato a raccogliere certificati recanti l’indicazione della diagnosi oltre a quella dei giorni di assenza accordati dal medico.
Pertanto, non potendo conoscere l’effettivo contenuto incapacitante della malattia, lo stesso datore non è in grado di valutare se – e in che misura – il dipendente abbia effettivamente recuperato le proprie energie psicofisiche, tali da garantire sé stesso e l’ambiente di lavoro da qualsivoglia evento nocivo.
Ne deriverebbe, diversamente, l’impossibilità di fatto per il datore di assolvere agli obblighi imposti dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’INPS pertanto chiarisce che ogni dipendente assente per malattia che – consideratosi guarito – intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica dell’originaria prognosi.


Costituzione di Internet: testo ufficiale della bozza online!

La Costituzione di Internet è realtà: sul sito della Camera è disponibile il testo (bozza) composto da 14 punti che sono disponibili alla consultazione su un’apposita piattaforma online nell’intento di raccogliere nei prossimi quattro mesi pareri e suggerimenti.

Nella bozza, denominata Dichiarazione dei diritti in Internet, si afferma l’importanza di un’adeguata tutela dei dati personali in Rete; si riconosce come fondamentale il diritto di accesso a Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate, e il diritto alla neutralità della Rete.

Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.

Dal 27 ottobre, sulla piattaforma ad hoc della Camera voluta da Stefano Rodotà e Laura Boldrini, partirà ufficialmente la consultazione pubblica dei cittadini che potranno intervenire con proposte di modifica e integrazione.

I punti salienti della Costituzione di Internet

Neutralità della rete. La Costituzione stabilisce che i dati trasmessi e ricevuti da ogni persona in rete non subiscano discriminazioni.

Tutela dati personali. La Carta sancisce che i dati possano essere raccolti e trattati solo con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge.

Anonimato. Sì del trattato all’anonimato in rete come libero esercizio delle libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure.

Diritto all’oblio. Diritto inviolabile di ciascuno a ottenere la cancellazione dai motori di ricerca dei dati o informazioni che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza.

Sicurezza. E’ un bene da tutelare, di interesse pubblico, è scritto nella bozza. NO a limitazioni di manifestazione del pensiero, ma garanzia della tutela della dignità delle persone.

Governo della rete. Il difficile tema della regolamentazione internazionale. Nella Carta è scritto: “La gestione della Rete deve assicurare il rispetto del principio di trasparenza, la responsabilità delle decisioni, l’accessibilità alle informazioni pubbliche, la rappresentanza dei soggetti interessati“.

 DICHIARAZIONE DEI DIRITTI IN INTERNET

Testo elaborato dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet costituita presso la Camera dei deputati

(Bozza)

PREAMBOLO

Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità.

L’Unione europea è oggi la regione del mondo dove è più elevata la tutela costituzionale dei dati personali, esplicitamente riconosciuta dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, che costituisce il riferimento necessario per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet, anche in una prospettiva globale.

Questa Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona. La garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale.

Internet si configura come uno spazio sempre più importante per l’autorganizzazione delle persone e dei gruppi e come uno strumento essenziale per promuovere la partecipazione individuale e collettiva ai processi democratici e l’eguaglianza sostanziale.

I principi riguardanti Internet tengono conto anche del suo configurarsi come uno spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico.

Una Dichiarazione dei diritti di Internet è strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale.

1.RICONOSCIMENTO E GARANZIA DEI DIRITTI

Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi.

Tali diritti devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della Rete.

Il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i principi in base ai quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.

2. DIRITTO DI ACCESSO

Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.

L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni.

L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità.

3. NEUTRALITÀ DELLA RETE

Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.

La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione di innovazione. Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le loro funzioni.

4. TUTELA DEI DATI PERSONALI

Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, per garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza.

I dati personali sono quelli che consentono di risalire all’identità di una persona e comprendono anche i dati identificativi dei dispositivi e le loro ulteriori elaborazioni, come quelle legate alla produzione di profili.

I dati devono essere trattati rispettando i principi di necessità, finalità, pertinenza, proporzionalità e, in ogni caso, prevale il diritto di ogni persona all’autodeterminazione informativa.

I dati possono essere raccolti e trattati solo con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Il consenso è in via di principio revocabile. Per il trattamento di dati sensibili la legge può prevedere che il consenso della persona interessata debba essere accompagnato da specifiche autorizzazioni.

Il consenso non può costituire una base legale per il trattamento quando vi sia un significativo squilibrio di potere tra la persona interessata e il soggetto che effettua il trattamento.

Sono vietati l’accesso e il trattamento dei dati personali con finalità anche indirettamente discriminatorie.

5. DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE INFORMATIVA

Ogni persona ha diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge. Ogni persona ha diritto di conoscere le modalità tecniche di trattamento dei dati che la riguardano.

Le raccolte di massa di dati personali possono essere effettuate solo nel rispetto dei principi e dei diritti fondamentali.

La conservazione dei dati deve essere limitata al tempo necessario, tenendo conto del principio di finalità e del diritto all’autodeterminazione della persona interessata.

6. INVIOLABILITÀ DEI SISTEMI E DOMICILI INFORMATICI

Senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nei soli casi e modi previsti dalla legge, è vietato l’accesso ai dati della persona che si trovino su dispositivi personali, su elaboratori remoti accessibili tramite credenziali da qualsiasi elaboratore connesso a Internet o simultaneamente su dispositivi personali e, in copia, su elaboratori remoti, nonché l’intercettazione di qualsiasi forma di comunicazione elettronica.

7. TRATTAMENTI AUTOMATIZZATI

Nessun atto, provvedimento giudiziario o amministrativo, decisione comunque destinata ad incidere in maniera significativa nella sfera delle persone possono essere fondati unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.


Cons. Stato, Sez. IV, Sent., (data ud. 17/06/2014) 13/10/2014, n. 5046

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6109 del 2013, proposto da:

Ba Service Spa, in persona del rappresentante legale, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Zironi, Giorgio Borelli, Valentino Capece Minutolo, con domicilio eletto presso Valentino Capece Minutolo in Roma, via dei Pontefici N. 3;

contro

A.D., rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovan Ludovico Della Fontana, Guglielmo Della Fontana, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

Comune di Modena, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Villani, Adriano Giuffre’, con domicilio eletto presso Adriano Giuffrè in Roma, via De Gracchi N.39;

Regione Emilia Romagna;

sul ricorso numero di registro generale 6350 del 2013, proposto da:

Comune di Modena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Vincenzo Villani, Adriano Giuffre’, con domicilio eletto presso Adriano Giuffre’ in Roma, via dei Gracchi N. 39;

contro

A.D. ed altri., rappresentati e difesi dagli avv.ti Guglielmo Della Fontana, Giovan Ludovico Della Fontana, con domicilio eletto presso A. Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

nei confronti di

Regione Emilia Romagna;

Ba Service S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Valentino Capece Minutolo, Giorgio Borelli, Stefano Zironi, con domicilio eletto presso Valentino Capece Minutolo in Roma, via dei Pontefici 3;

entrambi per la riforma

quanto al ricorso n. 6109 del 2013:

della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna – Bologna: Sezione I n. 00342/2013, resa tra le parti, concernente adozione ed approvazione nuovo PRG del Comune di Modena;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A.D., del Comune di Modena, di A.D. e di A.D. e di G.D. e di A.M.V. e di M.P. e di Ba Service S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Borelli, Zironi, Della Fontana, Francesca Giuffrè, per delega dell’Avv. Adriano Giuffrè;

Svolgimento del processo
Si deve premettere che, su ricorso dei vicini confinanti (odierni controinteressati), il TAR Bologna con una precedenza sentenza n. 298 del lontano 1990 aveva annullato:

— la delibera consiliare n. 807 in data 16 luglio 1987 con cui il Comune di Modena aveva approvato una variante urbanistica al PRG;

— la concessione edilizia n. 617/88 in data 1 aprile 1988 assentita alla Fiorano Due S.p.A. per la costruzione di un edificio ad uso garage con annessa attività commerciale in viale Trento e Trieste n. 31.

Con i separati appelli di cui in epigrafe, rispettivamente la Soc. BA Service S.p.a. ed il Comune di Modena, impugnano la successiva sentenza n. 342/2013 con cui è stato accolto in parte il ricorso e, assorbite le censure dirette avverso l’adozione e l’approvazione del nuovo PRG del Comune di Modena (di cui rispettivamente alla Delib. n. 310 in data 3 marzo 1989 del Consiglio comunale di Modena ed alla Delib. n. 5353 in data 26 novembre 1991 della Giunta Regionale dell’Emilia-Romagna) è stato annullato il provvedimento prot. gen. n. 28176/93 del 18 novembre 1994 con cui il Comune ha disposto il rinnovo della concessione edilizia già annullata nel 1990, per la violazione dei limiti volumetrici di cui all’art. 7 del D.M. n. 1444 del 1968 per le Zone B).

Con il primo appello n. 6109/2013 la BA Service spa chiede l’annullamento di quest’ultima sentenza deducendo il difetto di contraddittorio, in violazione degli articoli 27 e 41 del c.p.a. per la mancata evocazione in giudizio della medesima società (nonostante il fatto che questa che avesse acquistato gli immobili 6 anni dopo il provvedimento di rinnovo del 1994); e per la mancata interruzione del processo dopo lo scioglimento della Fiorano Due S.p.A., in violazione dell’art. 49 c.p.a. e dell’articolo 300 c.p.c. .

Il Comune di Modena, con l’appello n. 6350/2013, chiede l’annullamento della medesima decisione deducendo:

— in linea preliminare: la tardività del ricorso di primo grado; l’inammissibilità per omessa notifica alla controinteressata Fiorano Due spa; la mancata dichiarazione dell’interruzione del processo fin dal 1 febbraio 2006 conseguente alla dichiarazione di estinzione che sarebbe stata dimostrata in giudizio con il deposito del bilancio finale di liquidazione;

– nel merito: l’errata applicazione dell’articolo 7 del D.M. n. 1444 del 1968 il quale non si applicherebbe ad un’opera di urbanizzazione non frazionabile, ad uso “a pubblico parcheggio” ai sensi dell’articolo 81 delle NTA, localizzata dal PRG del 1991 all’interno della “zona elementare n. 443” proprio per sopperire alla carenza di standard di parcheggi delle zone A e B.

In entrambi i giudizi si è costituita la controinteressata D. la quale, in linea preliminare ha eccepito specifici profili di inammissibilità dei due gravami per l’inesistenza e/o la nullità delle notifiche; nel merito ha confutato le censure degli appellanti insistendo per il rigetto.

Sul ricorso n. 6109 si è costituito in giudizio ad adjuvandum il Comune di Modena chiedendo in linea preliminare la riunione per connessione con il proprio gravame e nel merito l’accoglimento del ricorso.

Analogamente la BA Service si è costituita ad adjuvandum sul ricorso 6350.

Con le ulteriori memorie per la discussione e le relative repliche e controrepliche le parti, sui due diversi gravami hanno confutato le contrapposte eccezioni ed hanno sottolineato le proprie argomentazioni.

Con le ordinanze n. 288 e 289 del 2014, la Sezione ha respinto la richiesta di sospensione cautelare della decisione su entrambi due appelli.

Chiamata all’udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

Motivi della decisione
_ 1. Ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. deve disporsi la riunione degli appelli di cui in epigrafe, essendo evidente la connessione oggettiva e soggettiva di entrambi i gravami.

Nell’ordine logico delle questioni deve essere esaminata preliminarmente le due analoghe eccezioni di inammissibilità di entrambi i gravami per difetto di notifica sollevata dalla Difesa di D.A.;

_ 2. Per quanto concerne l’appello della BA Service n.6109, secondo la controinteressata vi sarebbe la nullità della notifica dell’appello sotto tre profili. L’art. 44 c.p.a. prevederebbe la nullità del ricorso se non vengono rispettate le formalità di cui all’articolo 40 c.p.a. in base al quale il ricorso deve contenere distintamente gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto.

Nel caso, la notifica effettuata a “D.A. + altri” lascerebbe nell’incertezza assoluta la reale identità dei destinatari nei cui confronti l’appello è proposto, in quanto:

_ I. mentre dalle relate di notifica in calce all’atto di appello risulterebbe che le notifiche sono state effettuate ai sensi della L. n. 53 del 1994 dal difensore della B.A. Service, il predetto atto non risulta spedito utilizzando le speciali singole buste previste dall’art. 2 L. n. 53 cit., ma in un unico plico, che risulta inviato dall’Ufficio Unico – Ufficiali Giudiziari presso il Tribunale di Modena, sul quale, oltre a ciò, non sarebbe stata apposta la sua sottoscrizione e la menzione dell’autorizzazione del Consiglio dell’ordine;

_ II. la notifica effettuata a “D.A. + altri” sarebbe inesistente e o comunque nulla in quanto non risulterebbe specificamente indirizzata ai domiciliatari avv.ti Guglielmo e Ludovico della Fontana, come sarebbe richiesto dall’articolo 330 c.p.c. a norma del quale la notificazione deve essere effettuata ai sensi dell’articolo 170 c.p.c. al difensore costituito nel domicilio eletto;

_ III. analogamente l’altra notifica effettuata a “D.A. + altri” effettuata al domicilio eletto in 1^ grado presso la Segreteria del T.A.R. sarebbe inesistente perché la busta non risulta intestata ai difensori.

Inoltre, la costituzione in giudizio del presente grado della signora A.D. non varrebbe a sanare la nullità della notifica in quanto sarebbe da tempo già scaduto il termine di impugnazione della sentenza decorrente dalla notifica del 22 maggio 2013.

_ 2. Con il medesimo ordine di considerazioni la controinteressata D. eccepisce in linea pregiudiziale la nullità dell’appello del Comune di Modena n.6350 che sarebbe stato notificato a mezzo posta mediante una busta indirizzata direttamente ai signori D., V. e P. nel loro domicilio eletto in primo grado presso la segreteria del Tar di Bologna e non indirizzata ai loro difensori costituiti, come richiesto dall’articolo 330 c.p.c. ai sensi della quale notificazione deve essere effettuata ex 170 c.p.c. al difensore costituito.

_ 3. Entrambe le eccezioni meritano adesione nei sensi che seguono.

In linea generale, ai sensi dell’art. 44, IV co. c.p.a. si configura la nullità sanabile — e non l’inesistenza — della notifica dell’appello solo quando la stessa non è andata buon fine per fatti non addebitabili al notificante (cfr.: Consiglio di Stato sez. VI 24/11/2011 n. 6207; Consiglio di Stato sez. V 12/02/2013 n.816; Cassazione civile sez. I 04/06/2014 n. 12539), la sanabilità è esclusa ove la nullità sia riconducibile a causa imputabile al notificante (Corte Cost. n. 18/2014).

Al contrario la notifica deve ritenersi “inesistente” quando manchi il collegamento fra il destinatario dell’atto e il luogo o la persona, irregolarmente indicati sul plico dell’atto come destinatari della notifica stessa (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI 18/04/2012 n. 2211).

Nelle fattispecie in esame le notifiche di entrambi gli appelli devono ritenersi inesistenti o, quantomeno, (ma le conclusioni non mutano) affette da radicale nullità per cause imputabili al notificante.

Quanto al primo appello n.6109/2014 l’appello avrebbe dovuto essere notificato ai sensi dell’art. 93, I co. del c.p.a., “…nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza”.

Tuttavia, come risulta dalle copie delle buste, dall’estratto delle notificazioni e dalle cartoline relative alla relativa relata (versate in atti in data 4.1.2014) la notifica è stata indirizzata unitariamente ai diversi controinteressati “D.A. + altri” in una busta unica per tutti gli “altri” controinteressati senza indicarne i nominativi, e, soprattutto, non risulta indirizzata all’avvocato che, nella sentenza risultava come domiciliatario.

In linea di principio, il Collegio ritiene che qualora il domicilio eletto in sentenza sia la Segreteria del Tar, la notifica debba necessariamente essere effettuata indirizzandola ai procuratori costituiti e non già alle parti del giudizio.

Facendo proprio in tal senso la ratio sostanziale posta a base dall’indirizzo della Cassazione ricordato dall’appellata (cfr. Cassazione 26 agosto 2013 n. 19556; 13 gennaio 2010 n. 384; 18 febbraio 2008 n. 3970), ritiene il Collegio che la notifica dell’appello indirizzata direttamente alla parte — qualora venga effettuata nella segreteria del giudice — si risolve in un espediente che impedisce, di fatto, alla parte cui la notifica dovrebbe essere diretta, di venire fisiologicamente a conoscenza dell’impugnativa della controparte.

Al riguardo infatti, non solo nessuna norma obbliga i privati ad effettuare continui accessi presso la segreteria del giudice al fine di verificare l’inesistenza di gravami relativi alle sentenze nelle quali sono risultati vittoriosi, ma, sopratutto, nella realtà delle cose, sono solo i difensori ed i loro incaricati, ad accedere normalmente agli uffici giudiziari per il ritiro degli atti di loro pertinenza e interesse e per i propri incombenti.

Pertanto la notifica fatta direttamente alla parte presso la segreteria del TAR è da ritenere inesistente in quanto, in tal caso, non sussiste nessuna astratta possibilità perché la parte stessa possa venire ordinariamente in possesso del plico.

Né come vorrebbe la BA Service sussisterebbe un differente regime normativo dell’appello (e delle relative sanzioni) per cui, ai sensi del 5º comma dell’articolo 95 c.p.a., non trattandosi di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza, il giudice avrebbe dovuto integrare il contraddittorio ai sensi del 2º comma del ricordato articolo, perché l’appello sarebbe stato ritualmente notificato ad almeno “una delle parti interessate a contraddire”, e cioè, al Comune di Modena, nei cui riguardi la notifica ritualmente effettuata sarebbe stata quindi idonea a incoare il processo di appello perché litisconsorte necessario.

Al contrario il Collegio osserva come la notifica al comune di Modena sia del tutto inidonea al corretto radicamento del giudizio d’appello.

L’art. 95 c.p.a. nell’indicare le parti cui l’impugnazione va notificata dispone al secondo comma che questa, a pena di inammissibilità, va notificata almeno ad una delle parti interessate a contraddire. Pertanto è evidente il riferimento ai contraddittori necessari, vale a dire ai portatori di un interesse sostanziale contrario a quello delle parti che notificano l’appello.

Al riguardo è dunque evidente, nel caso di specie, che l’Amministrazione Comunale non è assolutamente un controinteressato in senso sostanziale (ma un cointeressato all’appello) come dimostrano sia le sue conclusioni “ad adiuvandum” dell’appello della Società e sia la proposizione di un autonomo appello sostanzialmente coincidente con le ragioni della BA Service.

Pertanto non può aderirsi alla richiesta della BA Service S.p.A. di assegnare un termine perentorio per la notifica dell’appello alle parti non costituite.

L’appello infatti doveva essere imprescindibilmente notificato nei modi di legge alle uniche parti interessate a contraddire, vale a dire ad almeno uno dei ricorrenti vittoriosi di primo grado, e non certo al Comune di Modena che era risultato soccombente in quel giudizio.

Di conseguenza, in difetto di rituale intimazione ad almeno un controinteressato in appello non è possibile disporre l’integrazione del contraddittorio ex art. 95 terzo comma c.p.a..

Sotto altro profilo ha ragione la Difesa della controinteressata D. anche quando afferma che la nullità non poteva essere stata successivamente sanata con la costituzione solo dell’intimata, dato che questa era intervenuta dopo la scadenza del termine di impugnazione.

Al riguardo il Collegio osserva che, anche prescindendo dalla radicale inesistenza, l’articolo 44, comma 3 c.p.a., infatti, stabilisce bensì che “la costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso ma tuttavia fa anche “salvi i diritti quesiti anteriormente alla comparizione”.

Quest’ultima locuzione va interpretata, sul piano processuale, nel senso che l’effetto di sanatoria derivante dalla costituzione in giudizio della parte intimata non opera se sono scaduti i termini di costituzione, dato che comunque restano ferme le eventuali decadenze già maturate, in danno del notificante, prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica (cfr. Consiglio di Stato, sezione IIIª 29 agosto 2012 n. 4651). Se così non fosse, la salvaguardia dei diritti quesiti non avrebbe infatti alcuna ricaduta pratica.

In definitiva, sul ricorso della B.A. Service, deve concludersi che, essendo del tutto inesistente la notifica a “D.A. + altri” e non potendo qualificarsi come controinteressato il Comune di Modena, la mancata notificazione dell’impugnazione ad almeno una delle parti necessariamente interessate a contraddire comporta l’inammissibilità dell’impugnazione a norma del citato comma 2 dell’art. 95 cod. proc. amm..

Analogamente deve concludersi poi relativamente all’appello n. 6350 del Comune di Modena la cui notifica effettuata direttamente alle parti evidenzia analogamente modalità del tutto irrituali.

In proposito, contrariamente a quanto afferma l’appellante Amministrazione, di nessun rilievo è la specifica tra parentesi (“già rappresentate dall’Avv. Guglielmo Della Fontana e Lodovico Della Fontana” ) che era riportata sulla relata di notifica apposta in calce al medesimo atto di appello.

Tale inciso, infatti, restava comunque un’annotazione posta all’interno della busta inaccessibile ab externo. Contrariamente a quanto auspica il Comune di Modena, quello che rilevava ai fini dell’esistenza della notifica era il rispetto delle formalità concernenti il plico postale recapitato in Segreteria.

Né la notifica poteva ritenersi esistente perché uno degli addetti della Segreteria del TAR aveva spontaneamente ritenuto di aprire il plico postale e, una volta verificato chi era l’avvocato difensore in prime cure, aveva ritenuto autonomamente di dover aggiungere l’annotazione del relativo nominativo sull’esterno del medesimo plico notificato.

Tale procedura extra ordinem infatti costituisce un elemento successivo alla notifica medesima, di carattere del tutto eventuale e comunque irrilevante in quanto integrazione postuma fatta da un terzo estraneo senza alcun potere o obbligo al riguardo. L’esistenza della notifica non può infatti assolutamente dipendere da un fattore casuale del tutto estraneo alla notificazione medesima.

In sostanza non vi sono dubbi dell’inesistenza della notifica dell’appello del Comune di Modena, in quanto l’unico plico — indirizzato cumulativamente e direttamente solo ai cinque i ricorrenti vittoriosi in primo grado e non ai loro difensori — era stato depositato presso la Segreteria del Tribunale come risulta anche dal prescritto registro delle notificazioni effettuate presso il TAR e dalla copia della busta (versate in atti il 14.1.2014).

Per tutti gli altri profili si rinvia alle precedenti ed analoghe considerazioni che precedono.

Pertanto deve concludersi che, essendo del tutto inesistente la notifica a “D.A. + altri” anche l’appello del Comune di Modena deve essere dichiarato inammissibile.

_ 4. In conclusione l’inesistenza delle notifiche nei sensi di cui sopra implica che entrambi gli appelli debbano essere dichiarati inammissibili a norma del comma 2 dell’art. 95 cod. proc. amm..

Resta assorbito ogni altro motivo od eccezione.

Le spese per entrambi i gravami seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

_ 1. Dispone, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. la riunione dei gravami di cui in epigrafe;

_ 2. Dichiara inammissibili entrambi gli appelli nei sensi di cui in motivazione;

_ 3. Condanna la BA Service al pagamento delle spese di giudizio relative all’appello n. 6109/2013 in favore di D.A. che vengono liquidate in Euro 3.000,00 oltre all’IVA e CPA;

_ 4. Condanna il Comune di Modena al pagamento delle spese di giudizio relative all’appello n. 6109/2013 in favore di D.A. che vengono liquidate in Euro 3.000,00 oltre all’IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore


DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 ottobre 2014

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 ottobre 2014
Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese. (14A09376) (GU Serie Generale n.285 del 9-12-2014)

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, recante il Codice dell’amministrazione digitale;
Visto, in particolare, l’art. 64 del decreto legislativo n. 82 del 2005, come modificato dall’art. 17-ter del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 69 che, «per favorire la diffusione di servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, anche in mobilità, è istituito, a cura dell’Agenzia per l’Italia digitale, il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese» (SPID) e demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione delle caratteristiche del sistema SPID, nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle modalità attraverso cui le imprese possono avvalersi del sistema SPID per la gestione dell’identità digitale dei propri utenti;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali;
Visti gli articoli da 19 a 22 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni, con cui è stata istituita l’Agenzia per l’Italia digitale;
Visto il Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia d’identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea – serie L. 257 del 28 agosto 2014;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio 2014 con cui l’onorevole dott.ssa Maria Anna Madia è stato nominata Ministro senza portafoglio;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 febbraio 2014 con cui al Ministro senza portafoglio onorevole dottoressa Maria Anna Madia è stato conferito l’incarico per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2014 recante Delega di funzioni al Ministro senza portafoglio onorevole dott.ssa Maria Anna Madia per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;
Espletata la procedura di notifica alla Commissione europea di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998, recepita con legge 21 giugno 1986, n. 317, modificata dal decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427;
Di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
Decreta:
Art. 1
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) Agenzia: l’Agenzia per l’Italia Digitale;
b) attributi: informazioni o qualità di un utente utilizzate per rappresentare la sua identità, il suo stato, la sua forma giuridica o altre caratteristiche peculiari;
c) attributi identificativi: nome, cognome, luogo e data di nascita, sesso, ovvero ragione o denominazione sociale, sede legale, nonché il codice fiscale o la partita IVA e gli estremi del documento d’identità utilizzato ai fini dell’identificazione;
d) attributi secondari: il numero di telefonia fissa o mobile, l’indirizzo di posta elettronica, il domicilio fisico e digitale, nonché eventuali altri attributi individuati dall’Agenzia, funzionali alle comunicazioni;
e) attributi qualificati: le qualifiche, le abilitazioni professionali e i poteri di rappresentanza e qualsiasi altro tipo di attributo attestato da un gestore di attributi qualificati;
f) autenticazione informatica: verifica effettuata dal gestore dell’identità digitale, su richiesta del fornitore di servizi, della validità delle credenziali di accesso presentate dall’utente allo stesso gestore, al fine di convalidarne l’identificazione informatica;
g) codice identificativo: il particolare attributo assegnato dal gestore dell’identità digitale che consente di individuare univocamente un’identità digitale nell’ambito dello SPID;
h) credenziale di accesso: il particolare attributo di cui l’utente si avvale, unitamente al codice identificativo, per accedere in modo sicuro, tramite autenticazione informatica, ai servizi qualificati erogati in rete dai fornitori di servizi che aderiscono allo SPID;
i) fornitore di servizi: il fornitore dei servizi della società dell’informazione definiti dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, o dei servizi di un’amministrazione o di un ente pubblico erogati agli utenti attraverso sistemi informativi accessibili in rete. I fornitori di servizi inoltrano le richieste di identificazione informatica dell’utente ai gestori dell’identità digitale e ne ricevono l’esito. I fornitori di servizi, nell’accettare l’identità digitale, non discriminano gli utenti in base al gestore dell’identità digitale che l’ha fornita;
l) gestori dell’identità digitale: le persone giuridiche accreditate allo SPID che, in qualità di gestori di servizio pubblico, previa identificazione certa dell’utente, assegnano, rendono disponibili e gestiscono gli attributi utilizzati dal medesimo utente al fine della sua identificazione informatica. Essi inoltre, forniscono i servizi necessari a gestire l’attribuzione dell’identità digitale degli utenti, la distribuzione e l’interoperabilità delle credenziali di accesso, la riservatezza delle informazioni gestite e l’autenticazione informatica degli utenti;
m) gestori di attributi qualificati: i soggetti accreditati ai sensi dell’art. 16 che hanno il potere di attestare il possesso e la validità di attributi qualificati, su richiesta dei fornitori di servizi;
n) identificazione informatica: l’identificazione di cui all’art. 1, comma 1, lettera u-ter) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (di seguito «CAD»);
o) identità digitale: la rappresentazione informatica della corrispondenza biunivoca tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l’insieme dei dati raccolti e registrati in forma digitale secondo le modalità di cui al presente decreto e dei suoi regolamenti attuativi;
p) revoca dell’identità digitale: disattivazione definitiva dell’identità digitale;
q) sospensione dell’identità digitale: disattivazione temporanea dell’identità digitale;
r) registrazione: l’insieme delle procedure informatiche, organizzative e logistiche mediante le quali, con adeguati criteri di gestione e protezione previsti dal presente decreto e dai suoi regolamenti attuativi, è attribuita un’identità digitale a un utente, previa raccolta, verifica e certificazione degli attributi da parte del gestore dell’identità digitale, garantendo l’assegnazione e la consegna delle credenziali di accesso prescelte in modalità sicura;
s) registro SPID: registro, tenuto dall’Agenzia, accessibile al pubblico, contenente l’elenco dei soggetti abilitati a operare in qualità di gestori dell’identità digitale, di gestori degli attributi qualificati e di fornitori di servizi;
t) servizio qualificato: servizio per la cui erogazione è necessaria l’identificazione informatica dell’utente;
u) SPID: il Sistema pubblico dell’identità digitale, istituito ai sensi dell’art. 64 del CAD, modificato dall’art. 17-ter del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
v) utente: persona fisica o giuridica, titolare di un’identità digitale SPID, che utilizza i servizi erogati in rete da un fornitore di servizi, previa identificazione informatica.
Art. 2
Oggetto e finalità
1. Il presente decreto stabilisce le caratteristiche dello SPID ai sensi dell’art. 64 del CAD, come modificato dall’art. 17-ter del decreto-legge n. 69 del 2013.
2. Ai sensi di tali disposizioni lo SPID consente agli utenti di avvalersi di gestori dell’identità digitale e di gestori di attributi qualificati, per consentire ai fornitori di servizi l’immediata verifica della propria identità e di eventuali attributi qualificati che li riguardano.
Art. 3
Soggetti partecipanti allo SPID
1. I soggetti pubblici o privati che partecipano allo SPID sono:
a) i gestori dell’identità digitale;
b) i gestori degli attributi qualificati;
c) i fornitori di servizi;
d) l’Agenzia;
e) gli utenti.
2. I soggetti di cui al comma 1, esclusi gli utenti, costituiscono un sistema aperto e cooperante che consente loro di comunicare utilizzando meccanismi di interazione, standard tecnologici e protocolli indicati nel presente decreto e precisati nelle regole tecniche definite dall’Agenzia nell’ambito dei regolamenti di cui all’art. 4.
Art. 4
Ruolo dell’Agenzia
1. L’Agenzia cura l’attivazione dello SPID, svolgendo, in particolare, le seguenti attività:
a) gestisce l’accreditamento dei gestori dell’identità digitale e dei gestori di attributi qualificati, stipulando con essi apposite convenzioni. Con i regolamenti di cui al presente articolo sono disciplinate le convenzioni per l’adesione allo SPID da parte dei fornitori di servizi ed è regolato il contributo che i gestori dell’identità digitale accreditati allo SPID riconoscono all’Agenzia, da determinarsi nella misura necessaria alla copertura dei costi sostenuti da quest’ultima;
b) cura l’aggiornamento del registro SPID e vigila sull’operato dei soggetti che partecipano allo SPID, anche con possibilità di conoscere, tramite il gestore dell’identità digitale, i dati identificativi dell’utente e verificare le modalità con cui le identità digitali sono state rilasciate e utilizzate;
c) stipula apposite convenzioni con i soggetti che attestano la validità degli attributi identificativi e consentono la verifica dei documenti di identità. A tali convenzioni i gestori dell’identità digitale e i gestori degli attributi qualificati sono tenuti ad aderire secondo le modalità indicate nei regolamenti di cui al presente articolo.
2. Entro trenta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, l’Agenzia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce con proprio regolamento le regole tecniche e le modalità attuative per la realizzazione dello SPID.
3. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, l’Agenzia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce con proprio regolamento le modalità di accreditamento dei soggetti SPID.
4. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto, l’Agenzia, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definisce con proprio regolamento le procedure necessarie a consentire ai gestori dell’identità digitale, tramite l’utilizzo di altri sistemi di identificazione informatica conformi ai requisiti dello SPID, il rilascio dell’identità digitale.
Art. 5
Attributi dell’identità digitale
1. Le identità digitali rilasciate all’utente contengono obbligatoriamente il codice identificativo, gli attributi identificativi e almeno un attributo secondario, funzionale alle comunicazioni tra il gestore dell’identità digitale e l’utente.
2. Al momento della richiesta di rilascio dell’identità digitale, l’utente può chiedere che siano registrati ulteriori attributi secondari.
3. L’Agenzia stabilisce, nell’ambito dei regolamenti di cui all’art. 4, le modalità e le regole tecniche con le quali i gestori dell’identità digitale e i gestori degli attributi qualificati curano e rendono disponibile la verifica degli attributi stessi ai fornitori di servizi. Gli attributi qualificati sono verificati dal fornitore di servizi presso il gestore di attributi qualificati.
Art. 6
Livelli di sicurezza delle identità digitali
1. Lo SPID è basato su tre livelli di sicurezza di autenticazione informatica:
a) nel primo livello, corrispondente al Level of Assurance LoA2 dello standard ISO/IEC DIS 29115, il gestore dell’identità digitale rende disponibili sistemi di autenticazione informatica a un fattore, quale la password, secondo quanto previsto dal presente decreto e dai regolamenti di cui all’art. 4;
b) nel secondo livello, corrispondente al Level of Assurance LoA3 dello standard ISO/IEC DIS 29115, il gestore dell’identità digitale rende disponibili sistemi di autenticazione informatica a due fattori, non basati necessariamente su certificati digitali, le cui chiavi private siano custodite su dispositivi che soddisfano i requisiti di cui all’Allegato 3 della Direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo, secondo quanto previsto dal presente decreto e dai regolamenti di cui all’art. 4;
c) nel terzo livello, corrispondente al Level of Assurance LoA4 dello standard ISO/IEC DIS 29115, il gestore dell’identità digitale rende disponibili sistemi di autenticazione informatica a due fattori basati su certificati digitali, le cui chiavi private siano custodite su dispositivi che soddisfano i requisiti di cui all’Allegato 3 della Direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo, secondo quanto previsto dal presente decreto e dai regolamenti di cui all’art. 4.
2. L’Agenzia valuta e autorizza l’uso degli strumenti e delle tecnologie di autenticazione informatica consentiti per ciascun livello, nonché i criteri per la valutazione dei sistemi di autenticazione informatica e la loro assegnazione al relativo livello di sicurezza. In tale ambito, i gestori dell’identità digitale rendono pubbliche le decisioni dell’Agenzia con le modalità indicate dalla stessa.
3. I gestori dell’identità digitale garantiscono che l’autenticazione informatica avvenga attraverso software e soluzioni tecniche che non richiedono ai fornitori di servizi di dotarsi di dispositivi, fissi o mobili, proprietari. Sono consentite soluzioni tecniche che prevedono il caricamento del software necessario per effettuare l’autenticazione informatica.
4. I fornitori di servizi non possono discriminare l’accesso ai propri servizi sulla base del gestore di identità che l’ha fornita.
5. I fornitori di servizi scelgono il livello di sicurezza necessario per accedere ai propri servizi.
Art. 7
Rilascio delle identità digitali
1. Le identità digitali sono rilasciate, a domanda dell’interessato, dal gestore dell’identità digitale, previa verifica dell’identità del soggetto richiedente e mediante consegna in modalità sicura delle credenziali di accesso. Nell’ambito della propria struttura organizzativa, i gestori delle identità digitali individuano il responsabile delle attività di verifica dell’identità del soggetto richiedente.
2. La verifica dell’identità del soggetto richiedente e la richiesta di adesione avvengono in uno dei seguenti modi:
a) identificazione del soggetto richiedente che sottoscrive il modulo di adesione allo SPID, tramite esibizione a vista di un valido documento d’identità e, nel caso di persone giuridiche, della procura attestante i poteri di rappresentanza;
b) identificazione informatica tramite documenti digitali di identità, validi ai sensi di legge, che prevedono il riconoscimento a vista del richiedente all’atto dell’attivazione, fra cui la tessera sanitaria-carta nazionale dei servizi (TS-CNS), CNS o carte ad essa conformi;
c) identificazione informatica tramite altra identità digitale SPID di livello di sicurezza pari o superiore a quella oggetto della richiesta;
d) acquisizione del modulo di adesione allo SPID sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale;
e) identificazione informatica fornita da sistemi informatici preesistenti all’introduzione dello SPID che risultino aver adottato, a seguito di apposita istruttoria dell’Agenzia, regole di identificazione informatica caratterizzate da livelli di sicurezza uguali o superiori a quelli definiti nel presente decreto.
3. Con i regolamenti di cui all’art. 4, l’Agenzia definisce le modalità con le quali la verifica dell’identità di cui al comma 2 è effettuata secondo i più alti livelli di controllo disponibili, anche in relazione ai livelli di sicurezza di cui all’art. 6.
4. Nei casi di cui alle lettere b), c) ed e) del comma 2 i dati di adesione vengono forniti direttamente, utilizzando i moduli informatici posti a disposizione in rete dal gestore dell’identità digitale.
5. I gestori dell’identità digitale, al fine di poter documentare la corretta attribuzione della stessa, conservano per il periodo prescritto dal comma 8, in relazione alle modalità di identificazione di cui al comma 2, copia per immagine del documento di identità esibito e del modulo di cui alla lettera a), copia del log della transazione di cui alle lettere b), c) ed e) o il modulo firmato digitalmente di cui alla lettera d), nonché i documenti e i dati utilizzati per l’associazione e la verifica degli attributi.
6. I gestori dell’identità digitale, ricevuta la richiesta di adesione, effettuano la verifica degli attributi identificativi del richiedente utilizzando prioritariamente i servizi convenzionali di cui all’art. 4, comma 1, lettera c).
7. Nei casi in cui le informazioni necessarie per la verifica degli attributi identificativi non siano accessibili tramite i servizi convenzionali di cui al comma 6, i gestori dell’identità digitale effettuano tali verifiche sulla base di documenti, dati o informazioni ottenibili da archivi delle amministrazioni certificanti, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, secondo i criteri e le modalità stabilite dall’Agenzia con i regolamenti di cui all’art. 4, fatto salvo il caso di cui al comma 2, lettera e).
8. I gestori dell’identità digitale conservano la documentazione inerente al processo di adesione per un periodo pari a venti anni decorrenti dalla scadenza o dalla revoca dell’identità digitale.
Alla scadenza del predetto termine, i gestori cancellano la suddetta documentazione. Salvo il subentro ai sensi dell’art. 12, il gestore che cessa l’attività prima della scadenza del termine di cui al presente comma trasmette la medesima documentazione all’Agenzia, che la conserva fino alla scadenza del suddetto periodo.
9. I dati personali raccolti ai sensi del presente decreto sono trattati e conservati nel rispetto della normativa in materia di tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Art. 8
Gestione delle identità digitali
1. Fatto salvo il caso in cui l’aggiornamento degli attributi identificativi avvenga in modalità automatica tramite le convenzioni previste all’art. 4, comma 1, lettera c), gli utenti sono obbligati a informare tempestivamente il gestore dell’identità digitale di ogni variazione degli attributi previamente comunicati. Il gestore dell’identità digitale provvede tempestivamente ai necessari aggiornamenti, avendo verificato le informazioni fornite secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 7.
2. Fatti salvi i casi previsti dall’art. 9, l’utente può chiedere al gestore dell’identità digitale, in qualsiasi momento e a titolo gratuito, la sospensione o revoca della propria identità digitale ovvero la modifica dei propri attributi secondari e delle proprie credenziali di accesso. A tali richieste il gestore dell’identità digitale provvede tempestivamente. L’Agenzia, con i regolamenti di cui all’art. 4, stabilisce le procedure per consentire agli utenti la rimozione dei dati contenuti nell’identità digitale.
3. Il gestore dell’identità digitale revoca l’identità digitale se riscontra l’inattività della stessa per un periodo superiore a ventiquattro mesi o in caso di decesso della persona fisica o di estinzione della persona giuridica, utilizzando i servizi messi a disposizione dalle convenzioni di cui all’art. 4, comma 1, lettera c), ovvero, laddove l’informazione non sia disponibile in tali ambiti, attivando opportune e documentate verifiche delle informazioni ricevute.
4. Il gestore dell’identità digitale, su richiesta dell’utente, gli segnala ogni avvenuto utilizzo delle credenziali di accesso, inviandone gli estremi ad uno degli attributi secondari a tale scopo indicato dall’utente stesso, secondo le regole tecniche definite con i regolamenti di cui all’art. 4.
5. I gestori di identità SPID possono stipulare accordi con pubbliche amministrazioni al fine di importare nel sistema SPID identità digitali rilasciate dalle pubbliche amministrazioni conformemente a quanto previsto dall’art. 7.
Art. 9
Uso illecito delle identità digitali
1. Nel caso in cui l’utente ritenga, anche a seguito della segnalazione di cui all’art. 8, comma 4, che la propria identità digitale sia stata utilizzata abusivamente o fraudolentemente da un terzo, può chiedere, con le modalità indicate nei regolamenti di cui all’art. 4, la sospensione immediata dell’identità digitale al gestore della stessa e, se conosciuto, al fornitore di servizi presso il quale essa risulta essere stata utilizzata. Salvo il caso in cui la richiesta sia inviata tramite posta elettronica certificata, o sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata, il gestore dell’identità digitale e il fornitore di servizi eventualmente contattato verificano, anche attraverso uno o più attributi secondari, la provenienza della richiesta di sospensione da parte del soggetto titolare dell’identità digitale e forniscono la conferma della ricezione della medesima richiesta.
2. Nel caso previsto dal comma 1, il gestore dell’identità digitale sospende tempestivamente l’identità digitale per un periodo massimo di trenta giorni informandone il richiedente. Scaduto tale periodo, l’identità digitale è ripristinata o revocata ai sensi del comma 3.
3. Il gestore revoca l’identità digitale se, nei termini previsti dal comma 2, riceve dall’interessato copia della denuncia presentata all’autorità giudiziaria per gli stessi fatti su cui è basata la richiesta di sospensione.
Art. 10
Accreditamento dei gestori dell’identità digitale
1. Le modalità di richiesta di accreditamento sono definite nei regolamenti attuativi adottati dall’Agenzia ai sensi dell’art. 4, che possono contenere ulteriori criteri per l’accreditamento delle pubbliche amministrazioni.
2. A seguito dell’accoglimento della richiesta, l’Agenzia stipula apposita convenzione secondo lo schema definito nell’ambito dei regolamenti di cui all’art. 4 e dispone l’iscrizione del richiedente nel registro SPID, consultabile in via telematica.
3. Al fine di ottenere l’accreditamento gli interessati devono:
a) avere forma giuridica di società di capitali e un capitale sociale non inferiore a cinque milioni di euro;
b) garantire il possesso, da parte dei rappresentanti legali, dei soggetti preposti all’amministrazione e dei componenti degli organi preposti al controllo, dei requisiti di onorabilità richiesti ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso banche ai sensi dell’art. 26 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;
c) dimostrare la capacità organizzativa e tecnica necessaria per svolgere l’attività di gestione dell’identità digitale;
d) utilizzare personale dotato delle conoscenze specifiche, dell’esperienza e delle competenze necessarie per i servizi da fornire. In particolare, il personale addetto alla realizzazione e gestione del sistema informatico deve possedere, in relazione alle attività da svolgere, la competenza gestionale, l’appropriata conoscenza e padronanza delle procedure operative e di sicurezza, nonché delle regole tecniche da applicare. Il gestore provvede al periodico aggiornamento professionale del personale;
e) comunicare all’Agenzia i nominativi e il profilo professionale dei soggetti responsabili delle specifiche funzioni individuate nei regolamenti attuativi adottati dall’Agenzia ai sensi dell’art. 4;
f) essere in possesso della certificazione di conformità del proprio sistema di gestione per la sicurezza delle informazioni ad essi relative, alla norma ISO/IEC 27001, rilasciata da un terzo indipendente a tal fine autorizzato secondo le norme vigenti in materia;
g) trattare i dati personali nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
h) essere in possesso della certificazione di qualità ISO 9001, successive modifiche o norme equivalenti.
4. Le lettere a) e b) del comma 3 non si applicano alle pubbliche amministrazioni che chiedono l’accreditamento al fine di svolgere l’attività di gestore dell’identità digitale.
5. L’Agenzia procede, d’ufficio o su segnalazione motivata di soggetti pubblici o privati, a controlli volti ad accertare la permanenza della sussistenza dei requisiti previsti dal presente decreto. Se, all’esito dei controlli, accerta la mancanza dei requisiti richiesti per l’iscrizione nel registro SPID, decorso il termine fissato per consentire il ripristino degli stessi, l’Agenzia, con provvedimento motivato notificato all’interessato, può adottare le azioni previste dall’art. 12.
Art. 11
Obblighi dei gestori dell’identità digitale
1. I gestori dell’identità digitale, nel rispetto dei regolamenti di cui all’art. 4:
a) utilizzano sistemi affidabili che garantiscono la sicurezza tecnica e crittografica dei procedimenti, in conformità a criteri di sicurezza riconosciuti in ambito europeo o internazionale;
b) adottano adeguate misure contro la contraffazione, idonee anche a garantire la riservatezza, l’integrità e la sicurezza nella generazione delle credenziali di accesso;
c) effettuano un monitoraggio continuo al fine rilevare usi impropri o tentativi di violazione delle credenziali di accesso dell’identità digitale di ciascun utente, procedendo alla sospensione dell’identità digitale in caso di attività sospetta;
d) effettuano, con cadenza almeno annuale, un’analisi dei rischi;
e) definiscono il piano per la sicurezza dei servizi SPID, da trasmettere all’Agenzia, e ne garantiscono l’aggiornamento;
f) allineano le procedure di sicurezza agli standard internazionali, la cui conformità è certificata da un terzo abilitato;
g) conducono, con cadenza almeno semestrale, il «Penetration Test»;
h) garantiscono la continuità operativa dei servizi afferenti allo SPID;
i) effettuano ininterrottamente l’attività di monitoraggio della sicurezza dei sistemi, garantendo la gestione degli incidenti da parte di un’apposita struttura interna;
l) garantiscono la gestione sicura delle componenti riservate delle identità digitali degli utenti, assicurando che le stesse non siano rese disponibili a terzi, ivi compresi i fornitori di servizi stessi, neppure in forma cifrata;
m) garantiscono la disponibilità delle funzioni, l’applicazione dei modelli architetturali e il rispetto delle disposizioni previste dal presente decreto e dai regolamenti attuativi adottati dall’Agenzia ai sensi dell’art. 4;
n) si sottopongono, con cadenza almeno biennale, ad una verifica di conformità alle disposizioni vigenti da parte di un organismo di valutazione accreditato ai sensi del Regolamento CE 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008. Inviano all’Agenzia l’esito della verifica, redatto dall’organismo di valutazione in lingua inglese, entro tre giorni lavorativi dalla sua ricezione;
o) informano tempestivamente l’Agenzia e il Garante per la protezione dei dati personali su eventuali violazioni di dati personali, secondo le modalità individuate nei regolamenti adottati ai sensi dell’art. 4;
p) adeguano i propri sistemi a seguito degli aggiornamenti emanati dall’Agenzia;
q) inviano all’Agenzia, in forma aggregata, i dati da questa richiesti a fini statistici, che potranno essere resi pubblici.
Art. 12
Cessazione, subentro, sospensione e revoca dell’attività dei gestori dell’identità digitale
1. Il gestore dell’identità digitale comunica all’Agenzia e agli utenti a cui ha attribuito l’identità digitale l’intenzione di cessare la propria attività almeno trenta giorni prima della data di cessazione, indicando gli eventuali gestori sostitutivi, ovvero segnalando la necessità di revocare le identità digitali dallo stesso rilasciate.
2. Il gestore sostitutivo, previo invio all’Agenzia della dichiarazione di accettazione e previa acquisizione del consenso degli utenti, subentra nella gestione delle identità digitali rilasciate dal gestore cessato e nella conservazione delle informazioni di cui all’art. 7, comma 8.
3. Salvo quanto disposto al comma 2, il gestore dell’identità digitale che cessa la propria attività, scaduto il termine del periodo previsto al comma 1, revoca le identità digitali rilasciate.
4. L’Agenzia, previo accertamento della violazione delle disposizioni di cui al presente decreto e dei regolamenti attuativi adottati ai sensi dell’art. 4, può disporre la sospensione dell’attività di attribuzione di identità digitali per un periodo minimo di un mese e massimo di un anno o, nei casi più gravi, la revoca dell’accreditamento del gestore dell’identità digitale.
5. In caso di revoca dell’accreditamento del gestore dell’identità digitale si applicano le disposizioni relative alle cessazioni di cui al presente articolo.
Art. 13
Adesione ed obblighi dei fornitori di servizi
1. I fornitori di servizi possono aderire allo SPID stipulando apposita convenzione con l’Agenzia il cui schema è definito nell’ambito dei regolamenti attuativi di cui all’art. 4.
2. I fornitori di servizi conservano per ventiquattro mesi le informazioni necessarie a imputare, alle singole identità digitali, le operazioni effettuate sui propri sistemi tramite SPID.
3. Nel caso in cui i fornitori di servizi rilevino un uso anomalo di un’identità digitale, informano immediatamente l’Agenzia e il gestore dell’identità digitale che l’ha rilasciata.
4. I fornitori di servizi trattano i dati personali nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Nell’ambito dell’informativa di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 196 del 2003, i fornitori di servizi informano l’utente che l’identità digitale e gli eventuali attributi qualificati saranno verificati, rispettivamente, presso i gestori dell’identità digitale e i gestori degli attributi qualificati.
5. I fornitori di servizi, fatto salvo quanto previsto dall’art. 14 per le pubbliche amministrazioni, possono affidare la gestione delle interfacce di autenticazione informatica ai propri servizi in rete ai gestori di identità SPID.
Art. 14
Adesione allo SPID da parte delle pubbliche amministrazioni in qualità di fornitori di servizi
1. Nel rispetto dell’art. 64, comma 2, del CAD, le pubbliche amministrazioni che erogano in rete servizi qualificati, direttamente o tramite altro fornitore di servizi, consentono l’identificazione informatica degli utenti attraverso l’uso dello SPID.
2. Ai fini del comma 1, le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 2, comma 2, del CAD aderiscono allo SPID, secondo le modalità stabilite dall’Agenzia ai sensi dell’art. 4, entro i ventiquattro mesi successivi all’accreditamento del primo gestore dell’identità digitale.
3. Le pubbliche amministrazioni possono affidare ai gestori di identità dello SPID le funzioni di autenticazione informatica previste dalla normativa vigente in materia.
4. Le pubbliche amministrazioni possono affidare ai gestori di identità SPID le funzioni di autenticazione informatica basate sugli strumenti per i quali il diritto dell’Unione europea prevede il mutuo riconoscimento.
5. Le pubbliche amministrazioni, in qualità di fornitori dei servizi, usufruiscono gratuitamente delle verifiche rese disponibili dai gestori di identità digitali e dai gestori di attributi qualificati. Per l’adeguamento allo SPID dei propri sistemi informatici, le amministrazioni utilizzano le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 15
Adesione allo SPID da parte di soggetti privati fornitori di servizi
1. Non possono aderire allo SPID i soggetti privati fornitori di servizi il cui rappresentante legale, soggetto preposto all’amministrazione o componente di organo preposto al controllo risulta condannato con sentenza passata in giudicato per reati commessi a mezzo di sistemi informatici.
2. Ai sensi dell’art. 64, comma 2-quinquies, del CAD, i soggetti privati che aderiscono allo SPID per la verifica dell’accesso ai servizi erogati in rete, nel rispetto del presente decreto e dei regolamenti attuativi adottati dall’Agenzia ai sensi dell’art. 4, soddisfano gli obblighi di cui all’art. 17, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 con la comunicazione del codice identificativo dell’identità digitale utilizzata dall’utente.
3. Nella convenzione che i fornitori di servizi privati stipulano con l’Agenzia, nell’ambito dei regolamenti attuativi di cui all’art.
4, possono essere regolati i corrispettivi dovuti dai fornitori di servizi ai gestori dell’identità digitale e ai gestori degli attributi qualificati per i servizi di verifica.

Art. 16
Accreditamento dei gestori di attributi qualificati
1. I soggetti che hanno il potere, in base alle norme vigenti, di attestare gli attributi qualificati si accreditano indicando i dati che intendono rendere disponibili nello SPID, nel rispetto del presente decreto e secondo le modalità indicate nei regolamenti attuativi adottati ai sensi dell’art. 4.
2. L’Agenzia inserisce in un apposito registro, accessibile a parte dei fornitori di servizi, le tipologie di dati resi disponibili da ciascun gestore di attributi qualificati.
3. Su richiesta degli interessati, sono accreditati di diritto i seguenti gestori di attributi qualificati:
a) il Ministero dello sviluppo economico in relazione ai dati contenuti nell’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti di cui all’art. 6-bis del CAD;
b) i consigli, gli ordini e i collegi delle professioni regolamentate relativamente all’attestazione dell’iscrizione agli albi professionali;
c) le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per l’attestazione delle cariche e degli incarichi societari iscritti nel registro delle imprese;
d) l’Agenzia in relazione ai dati contenuti nell’indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi di cui all’art. 57-bis del CAD.
Art. 17
Disposizione finale
1. I soggetti interessati a ottenere l’accreditamento allo SPID possono presentare domanda all’Agenzia successivamente all’emanazione dei regolamenti attuativi di cui all’art. 4.
Il presente decreto è inviato ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 24 ottobre 2014
p. Il Presidente del Consiglio dei ministri
Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione
Madia
Il Ministro dell’economia e delle finanze
Padoan

Registrato alla Corte dei conti il 24 novembre 2014
Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri
Reg.ne – Prev. n. 3020


Corso formazione/aggiornamento Cesena (FC) – 28.11.2014

 Locandina Cesena 2014LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 28 Novembre 2014

Comune di Cesena

Sala del Consiglio Comunale

Piazza del Popolo 10

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con la collaborazione del Comune di Cesena

Quote di partecipazione al corso:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Cesena 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Fontana Lazzaro

  • Comandante Polizia Locale dell’Unione Colline Matildiche (RE)
  • Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Cesena 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

 


Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 04/06/2014) 19/09/2014, n. 19738

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21399-2008 proposto da:

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato DE MARCO ADA, rappresentato e difeso dall’avvocato ARIGLIANI PIERLUIGI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SGA S.P.A. (OMISSIS) Società per la Gestione di Attività – in persona del suo Amministratore Delegato e legale rappresentante Avv. V.M. in questo atto rappresentato dal Dott. RAPALLINO LUCA MATTEO – in qualità di Cessionaria dei crediti in blocco della ISV.E.I.MER. S.P.A. in liquidazione, tra i quali quello nei confronti di OFFICINE MECCANICHE SANNITE S.R.L. – Benevento, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA DE CURTIS, rappresentata e difesa dall’avvocato PAGLIA Antonino giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 893/2008 del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 27/05/2008, R.G.N. 2817/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato ANTONIO PAGLIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
P.R. propose opposizione avverso il precetto notificatogli il 7.10.2003 dalla S.G.A. spa, quale cessionaria di un credito Isveimer, con il quale gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro 21.865,77.

La convenuta contestò il fondamento dell’opposizione.

Il tribunale, con sentenza del 27.5.2008, accolse l’opposizione limitatamente alla rideterminazione del tasso d’interesse.

P.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la S.G.A. spa..

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: error in iudicando – falsa applicazione dell’art. 2945 c.c. intervenuta prescrizione del credito.

Il motivo non è fondato.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la domanda di ammissione al passivo fallimentare attua l’interruzione permanente della prescrizione fino alla data del provvedimento di chiusura del processo esecutivo concorsuale e tale effetto si produce anche nei confronti dei coobbligati solidali del fallito, ai sensi dell’art. 1310 c.c., comma 1 (Cass. 8.4.1992 n. 4304 e successive conformi).

L’interruzione della prescrizione, nel caso in esame, si è realizzata a seguito della domanda di ammissione al passivo della cooobbligata O.M. Officine Meccaniche Sannite srl da parte dell’Isveimer valendo, quindi, anche nei confronti dei condebitori solidali e, quindi, ai sensi dell’art. 1957 c.c., anche nei confronti del fideiussore.

Con il secondo motivo si denuncia violazione norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3: error in iudicando – falsa applicazione dell’art. 1310 c.c.. Il motivo non è fondato.

La disciplina dell’art. 1310 c.c., comma 2, sull’estensibilità dell’interruzione della prescrizione agli altri condebitori solidali, va completata con la disciplina degli effetti della durata dell’interruzione contenuta nell’art. 2945 cod. civ., con la conseguenza che l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determinano l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio (da ultimo Cass. 21.1.2011 n. 1406).

Inoltre, poichè il precetto è atto non diretto alla instaurazione di un giudizio, nè del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione.

Ma, se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dall’art. 2943 cod. civ., comma 2 sicchè, ai sensi dell’art. 2945 cod. civ., comma 2 la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (Cass. 29.3.2007 n. 7737; v. anche Cass. 29.5.2013 n. 13438).

Ora, nel caso in esame, nell’ambito dell’azione proposta da due dei condebitori I. ed Officine Meccaniche Sannite srl (di cui alla sentenza n. 272/96), la SGA (cessionaria del credito Isveimer) assunse una posizione attiva, in ordine alla quale il tribunale – pur riducendo l’efficacia del precetto opposto – riconobbe l’esistenza del credito vantato. Con il terzo motivo si denuncia violazione norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3: error in iudicando – violazione del combinato disposto dell’art. 479 e dell’art. 480, comma 2 – omessa notifica titolo esecutivo. Il motivo non è fondato.

Invero, la sentenza impugnata sul punto, da atto che ” Per quanto concerne, invece, la contestata notifica del titolo esecutivo, deve rilevarsi come questo sia costituito dall’allegato contratto di mutuo per notar De Napoli del 27.02.1980 n. 8537/983, seguito dall’atto di quietanza a saldo del 30.04.1982, restando in conferenti le sollevate eccezioni riguardanti la mancanza del timbro di congiuntura e di quello attestante la conformità”.

Ora, in tema di esecuzione forzata, il riconoscimento della qualità di titolo esecutivo all’atto ricevuto da notaio, relativamente all’obbligazione di somma di denaro generata dal negozio nello stesso documentato, presuppone che esso contenga l’indicazione degli elementi strutturali essenziali dell’obbligazione, indispensabili per la funzione esecutiva, e non dipende dalla particolare efficacia probatoria dell’atto, ma dalla pubblica fede che il notaio vi attribuisce (Cass. 19.7.2005 n. 15219).

Elementi tutti ricorrenti nella specie senza che alcuna influenza acquisti la mancanza del timbro di congiuntura al quale alcun rilievo riconosce la normativa in materia.

Nè il precedente indicato dal ricorrente (Cass. n. 4738/1992) è predicabile nel caso in esame, posto che si tratta di fattispecie del tutto diversa in cui la copia del titolo esecutivo era stata rilasciata da notaio diverso da quello che aveva rogato l’atto.

Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 4 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2014


Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., (ud. 02-07-2014) 19-09-2014, n. 19834

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 13169-2012 proposto da:

M.R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 2/A, presso lo studio dell’avvocato VULPETTI VALENTINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SAVIA ORAZIO SALVATORE, giusta procura speciale apposta sul retro della prima pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

H.D.I. ASSICURAZIONI SPA in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato GELLI PAOLO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.S., D.V.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1089/2011 della CORTE DAPPELLO di NAPOLI del 22.3.2011, depositata il 05/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Enzo Giardiello (per delega avv. Paolo Gelli) che si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva:

1. Con citazione notificata il 21 aprile 2004 H.D.I. Assicurazioni s.p.a. convenne innanzi al Tribunale di Napoli M.R.A. chiedendo che venisse accertato che nessun indennizzo era dovuto alla convenuta, con conseguente declaratoria della inammissibilità e improponibilità della procedura dalla stessa instaurata a mezzo di richiesta di nomina di un medico con funzioni di arbitro.

Costituitasi in giudizio, M.R.A. chiese il rigetto delle avverse pretese, instando affinchè la controparte venisse condannata al pagamento delle spese di lite nonchè al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata e per danno esistenziale.

2. Con sentenza del 25 settembre 2006 il giudice adito dichiarò cessata la materia del contendere e compensò integralmente tra le parti le spese di causa.

Proposto dalla M. gravame, la Corte d’appello, in data 5 aprile 2011, lo ha respinto.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte M. R.A., formulando un solo motivo.

Resiste con controricorso H.D.I. Assicurazioni s.p.a..

3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a). Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi dichiarato inammissibile.

4. Nell’unico motivo l’impugnante lamenta violazione dell’art. 1965 cod. civ. nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene che erroneamente il giudice di merito avrebbe dichiarato cessata la materia del contendere, omettendo qualsivoglia pronuncia sulle domande riconvenzionali da essa svolte. Contesta segnatamente che nei verbali di causa fosse ravvisabile l’esplicitazione della intenzione di entrambe le parti di addivenire a un’unica, complessiva transazione.

5. Osserva preliminarmente il relatore che non è fondata l’eccezione di inesistenza della notifica del ricorso, proposta dalla resistente.

Essa è radicata sul rilievo che l’istanza che ha dato avvio al procedimento notificatorio risulta presentata dal difensore all’UNEP di Milano, che avrebbe quindi dovuto provvedervi a mezzo posta, laddove la notifica è stata materialmente eseguita l’ultimo giorno utile dall’UNEP di Napoli.

Il rilievo è tuttavia privo di pregio alla luce del principio, dal quale non Ve ragione di discostarsi, secondo cui la notificazione è giuridicamente inesistente solo nell’ipotesi in cui l’atto esorbiti completamente dallo schema legale degli atti di notificazione, per mancanza degli elementi caratteristici del modello delineato dalla legge, mentre nel caso in cui sussistano violazioni di tassative prescrizioni del procedimento, comprese, in particolare, quelle relative alla competenza dell’organo notificante, l’atto è nullo e suscettibile di sanatoria mediante la costituzione in giudizio della parte destinataria della notificazione (confr. Cass. civ. 9 settembre 1997, n. 8804).

6. Le proposte censure sono peraltro inammissibili per altre ragioni.

In disparte il rilievo che esse sono gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, non avendo l’impugnante nè riportato l’esatto contenuto dei verbali di causa nei quali il decidente ha ravvisato il contestato venir meno di ogni posizione di contrasto tra le parti, nè indicato la loro esatta allocazione nel fascicolo processuale, la Corte territoriale ha motivato il suo convincimento sia perchè la raggiunta transazione doveva intendersi comprensiva di tutti gli aspetti della vertenza in corso, fatta eccezione per il regolamento delle spese di lite, sia perchè le due domande – di risarcimento del danno esistenziale e del danno da responsabilità per lite temeraria – erano, in ogni caso, infondate e da rigettare.

Ne deriva che la scelta decisoria adottata era sorretta da una duplice ratio decidendi.

Vale allora il criterio per cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una delle stesse, posto che la decisione resta fondata in modo autonomo sulla ragione non censurata (confr. Cass. civ. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. civ. 5 febbraio 2013, n. 2736). Nella fattispecie, la mancata contestazione dell’infondatezza, nel merito, delle proposte domande, ha comportato il passaggio in giudicato della relativa statuizione”.

A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali e accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2014


Viola la privacy il Comune che non utilizza il plico chiuso per notificare la sanzione “particolare”

Se il Comune non assume i dovuti accorgimenti, è tenuto a risarcire il danno per violazione del diritto alla privacy del destinatario di provvedimento sanzionatorio inerente violazione amministrativa legata al fenomeno della prostituzione, nel caso in cui la notifica avvenga non in plico sigillato. E’ quanto ha confermato la Suprema corte avallando la decisione del giudice del merito, dichiarando in parte inammissibile il ricorso proposto da un Comune italiano.
L’ordinanza ingiunzione, dopo un primo tentativo (fallito) di notifica a mezzo servizio postale presso il domicilio eletto dal resistente, era stata affidata per la notifica ai Messi Comunali, i quali provvedevano alla stessa a mezzo plico, non in busta chiusa, alla residenza del destinatario, dunque a mani alla madre dello stesso.
Il destinatario della sanzione lamentava che sua madre era venuta in questo modo a conoscenza della vicenda.
L’uomo si trovava in una particolare situazione dato che era in corso una causa di separazione e la conoscenza da parte di terzi di una simile sanzione sarebbe stata idonea a provocargli serio pregiudizio.
La Suprema corte, pur disconoscendo l’esistenza di un vero e proprio obbligo a carico della pubblica amministrazione di procedere in ogni caso alla notifica presso il domicilio eletto dal destinatario – e non, come nel caso di specie, eseguirla presso la residenza – fa riferimento ai principi generali di trasparenza, lealtà e imparzialità della pubblica amministrazione, data l’evidente manifestazione di preferenza del destinatario ad interloquire con l’ente pubblico in modalità particolare.
La Corte Suprema di Cassazione conferma come sia applicabile al caso di specie l’art. 15 del d.lgs. 196/2003 (codice privacy) il quale afferma che “sussiste responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento illegittimo dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose“. In questo senso, la pubblica amministrazione procedente avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo risarcitorio solo provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; circostanza non dimostrata in grado di merito.
Infatti, il Comune avrebbe dovuto provare di non aver potuto ricorrere a nessun’altra forma di notifica, che, “seppur non imposta dalle leggi in materia, avrebbe consentito, più adeguatamente rispetto alla notifica a mezzo dei messi comunali, di evitare il danno derivante dal trattamento dei dati sensibili, ricollegabile alla propagazione del contenuto dell’oggetto della violazione sanzionata con l’ordinanza ingiunzione“. Di conseguenza, il comportamento dell’ente comunale “non si è affatto concretato nell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto“.


Corso formazione/aggiornamento Zola Predosa (BO) – 28.10.2014

Locandina Zola 2014LA NOTIFICA ON LINE

Martedì 28 ottobre 2014

Comune di Zola Predosa

Sala Corsi

presso Municipio

Piazza della Repubblica 1

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Zola Predosa

Quote di partecipazione al corso:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2015 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Zola 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Asirelli Corrado

Asirelli Corrado 6

  • Coordinatore Messi Comunali del Comune di Cesena (FC)
  • Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Zola Predosa 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

AGENZIA PER L’ITALIA DIGITALE: Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN»

COMUNICATO

Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN» (14A07133)

(GU n.216 del 17-9-2014)

 L’Agenzia per l’Italia digitale informa le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, che sul proprio sito istituzionale è pubblicata la circolare n. 66/2014 recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN».

Con tale circolare l’Agenzia informa le amministrazioni che mette a loro disposizione a titolo gratuito i codici GS1 GLN per il biennio 2015/2016, in forza di un contratto sottoscritto con la Indicod-ECR-GS1 Italy.

Tali codici potranno essere utilizzati dalla pubbliche amministrazioni, centrali o locali, per la codifica dei relativi pagamenti in incasso.

Per la procedura di rilascio dei codici GS1 GLN si rinvia a quanto indicato nella stessa circolare.


DIRITTO DI ACCESSO

Nella sentenza del Consiglio di Stato – sez. IV n. 1768 del 11.4.2014 una ricca rassegna di massime, in tema di accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni, è contenuta.

La decisione ha confermato il giudizio di primo grado (TAR Lazio -sentenza 10152/2013) nella controversia insorta tra il Comune di Montalto di Castro, la Società Autostrada Tirrenica e l’ANAS. Il giudice di appello ha riconosciuto al Comune il diritto di accesso agli atti inerenti la concessione per la realizzazione di una infrastruttura, condannando le società a consentire l’accesso – mediante presa visione ed estrazione di copia -ai documenti richiesti. Nelle motivazioni della sentenza viene riaffermato il diritto di accesso a tutte le tipologie di attività del soggetto pubblico, anche quando tale attività sia disciplinata dalle norme del diritto privato. Ed viene ribadito che il diritto di accesso compete, non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi. Il diritto di accesso riconosciuto all’ente comune trova fondamento nella specialità di quello riconosciuto dal TUEL ai consiglieri comunali.

La sentenza, attraverso i vari richiami giurisprudenziali:

1. Accesso ai documenti per curare o difendere interessi giuridicamente tutelati

Il diritto di accesso è consentito non solo al fine di esercitare una azione giurisdizionale, ma in tutti i casi in cui la conoscenza dei documenti sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridicamente tutelati. In questo caso: “la posizione giuridica è riconosciuta come diritto soggettivo a un’informazione qualificata … essendo sufficiente che l’istanza di accesso sia sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso”.

2. Diritto di accesso degli enti esponenziali di interessi collettivi

“E’ giurisprudenza consolidata quella per cui il diritto di accesso – oltre che alle persone fisiche – spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza”.

3. Il diritto di accesso dei consiglieri comunali

L’art. 43 del d.lgs 267/2000 prevede una forma “speciale” di accesso da parte del consigliere comunale, che la giurisprudenza ha interpretato nella massima ampiezza, ricollegandolo alla funzione esponenziale esercitata.

“In tema di diritto di accesso agli atti da parte di consiglieri l’orientamento giurisprudenziale è consolidato nel senso di riconoscerne il fondamento nell’art. 43 comma 2 del TUEL e di qualificarlo come espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, direttamente funzionale non tanto a un interesse personale del consigliere medesimo, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito; in tale quadro i consiglieri risultano titolari di un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità per l’espletamento del loro mandato e in ciò il diritto di accesso riconosciuto ai rappresentanti del corpo elettorale locale ha una ratio diversa e più ampia di quella che contraddistingue il diritto di accesso riconosciuto a tutti i cittadini dal medesimo TUEL (art. 10), nonché dagli artt. 22 ss. della legge 241/1990”. “Per cui da un lato il consigliere può accedere non solo ai “documenti” ma, in genere, a qualsiasi “notizia” o “informazione” utili all’esercizio delle funzioni consiliari, ma non è neppure tenuto a motivare la sua richiesta, né l’ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l’esercizio del mandato, perché altrimenti gli organi dell’amministrazione sarebbero arbitri di stabilire l’ambito del controllo consiliare sul proprio operato; ed è per questo che il diritto non incontra neppure limiti derivanti dalla natura riservata agli atti richiesti, in quanto il consigliere è vincolato all’osservanza del segreto”.

Elementari ragioni di coerenza sistematica impediscono, ovviamente, anche soltanto di ipotizzare che la funzione “esponenziale” propria del singolo consigliere comunale non componga, come parte del tutto, quella a propria volta esercitata dall’ente rispetto alla comunità dei cittadini dallo stesso amministrata. Ma se così è, non può negarsi che tra i poteri/doveri del comune rientri anche quello di fornire dettagliata informazione ai propri amministrati delle attività destinate a svolgersi sul proprio territorio; che tale potestà sussiste e prescinde dalla possibile futura intrapresa di azioni giurisdizionali; che anche indipendentemente dalla detta esigenza, il comune ha il diritto di conoscere in che modo si andrà in concreto a strutturare un’attività in corso di svolgimento sul proprio territorio, al fine di potere organizzare e modulare -rispetto a quest’ultima – le attività proprie.

4. Accesso come regola e tassatività delle eccezioni

La disciplina legale della estensibilità dei documenti amministrativi pone anzitutto, sul piano oggettivo, un rapporto di regola/eccezione, nel senso che la regola è data dall’accesso mentre le specifiche eccezioni -analiticamente indicate -costituiscono ipotesi derogatorie (preordinate alla protezione di dati riservati in possesso, capaci, se divulgati, di recare pregiudizio alla tutela di interessi super individuali, ovvero alla protezione della riservatezza di soggetti terzi). Il Consiglio di Stato ha affermato che “la ditta subappaltatrice dell’impresa titolare di un contratto di appalto di opere pubbliche ha diritto di accesso, ai sensi dell’art. 22 legge 241, alla copia del registro di contabilità, trattandosi di documentazione che -pure se afferente a rapporti interni tra stazione appaltante e appaltatore, e quindi formalmente privatistica – ciò nondimeno attiene al contratto e all’esecuzione dei lavori, e quindi ad un ambito di rilevanza pubblicistica, giacché attraverso l’esecuzione delle opere l’amministrazione mira essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali”.

5. Accesso agli atti disciplinati dal diritto privato dell’attività amministrativa

Può quindi affermarsi che, in via generale, in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. legge 241, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica (Adunanza Plenaria CdS, 22.4.1999 n. 4, dove si è ritenuto che “ai sensi del citato art. 22 sono soggette all’accesso tutte le tipologie di attività delle PA e quindi anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso che essi rientrano nell’attività di amministrazione in senso stretto degli interessi della collettività e che la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operatività dei principi della trasparenza e dell’imparzialità e non ha garantito alcuna “zona franca” nei confronti dell’attività disciplinata dal diritto privato”), purché concernenti attività di pubblico interesse; la risposta che in passato la giurisprudenza ha specificamente fornito è quella per cui tale sia l’attività esecutiva di un appalto.

D’altro canto l’attività amministrativa soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando la PA esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati.

6. Accesso c.d. defensionale

Ai fini dell’accesso cd. defensionale ai documenti amministrativi, cioè propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio, non rileva che quest’ultimo sia già pendente o da introdurre: la parte titolare di un interesse che la legittimerebbe a proporre una impugnazione ha il diritto (senza che neppure debba chiarire od anticipare, in concreto, la tipologia di azione che intende intentare) di acquisire la documentazione che in astratto la legittimerebbe ad intraprendere le dette azioni. Le eventuali preclusioni decadenziali, ove effettivamente sussistenti, saranno rilevate dal Giudice adito; la parte potrebbe comunque avere interesse ad acquisire la documentazione suddetta anche ai fini di far valere fattispecie di remissione in termini per errore scusabile, possibili “riaperture dei termini” ascrivibili a determinazioni novative, etc..