Buon 1° MAGGIO


BUON 25 APRILE


Notifiche atti fiscali: cosa cambia con le notifiche digitali?

A partire dal 30 aprile 2024, è stata introdotta una nuova modalità di notifica per gli atti fiscali tramite i domicili digitali. La notifica dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate potrà avvenire presso il domicilio digitale.
Con l’introduzione delle nuove regole riguardanti le notifiche digitali, ogni atto, provvedimento, avviso o comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate potrà essere inviato ai cittadini attraverso la posta elettronica certificata (PEC) direttamente agli indirizzi digitali registrati. Questo cambio procedurale è stato reso possibile grazie all’aggiunta dell’articolo 60-ter al Dpr 600/1973, che prevede una specifica regolamentazione per le comunicazioni al domicilio digitale, già precedentemente previste nel 7° comma dell’art. 60 emendato nella parte in questione e riformulato con l’introduzione dell’art. 60-ter.
Come vengono inviate le notifiche digitali dall’Agenzia delle Entrate?
Le notifiche, comprese quelle che per legge richiedono una notifica formale, potranno essere inviate direttamente dall’ufficio delle imposte competente tramite PEC. Gli indirizzi utilizzati per queste comunicazioni provengono dagli elenchi Ipa (per le pubbliche amministrazioni), Ini-Pec (per imprese e professionisti) e Inad (per chi non è tenuto ad avere un indirizzo digitale) o è il domicilio speciale comunicato dal cittadino per la notifica di atti relativi ad un determinato procedimento.
Cosa accade se l’indirizzo PEC è saturo o non funzionante?
All’atto del primo tentativo di invio la casella PEC risulta piena o non funzionante, l’ufficio fiscale effettuerà un secondo tentativo dopo almeno sette giorni. Se anche questo secondo tentativo dovesse fallire, le modalità di notifica cambieranno a seconda della categoria del destinatario:
• per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i professionisti senza obbligo di indirizzo digitale e per chi ha un domicilio speciale, si procederà con i tradizionali metodi cartacei;
• invece, per imprese e professionisti con obbligo di indirizzo digitale, la notifica verrà effettuata tramite deposito telematico presso l’area riservata di Info Camere Scpa e annunciata sul loro sito internet.
Quando si considera perfezionata la notifica per il mittente e per il destinatario?
Per il mittente, la notifica si considera completata nel momento in cui riceve dal proprio gestore di posta elettronica certificata o di servizio di recapito certificato una ricevuta di accettazione, con attestazione temporale, che conferma l’invio del messaggio.
Per il destinatario, invece, la notifica è considerata perfezionata alla data in cui viene effettivamente consegnata, come attestato dalla ricevuta inviata dal gestore della PEC o del servizio di recapito elettronico certificato al mittente.
Come si perfeziona la notifica in caso di casella PEC satura?
Quando la casella di posta elettronica certificata (PEC) del destinatario è piena e non può ricevere nuovi messaggi, la notifica si considera legalmente perfezionata il quindicesimo giorno dopo la pubblicazione di un avviso sul sito web di InfoCamere Scpa.
Questo meccanismo assicura che il destinatario abbia un periodo definito entro cui prendere atto della notifica, anche in assenza di ricezione diretta.
Le cartelle di pagamento possono essere notificate digitalmente?
Sì, anche le cartelle di pagamento possono essere notificate in modo digitale seguendo le stesse procedure previste per le altre comunicazioni fiscali, in quanto l’art. 26 DPR 602/1973 recepisce le modalità di notificazione introdotte con l’adozione dell’art. 60-ter DPR 600/1973. Questo amplia l’ambito di applicazione delle notifiche digitali, includendo anche gli atti relativi alla riscossione dei tributi.
Quali comunicazioni possono essere inviate digitalmente?
Gli atti e le comunicazioni dell’agente della riscossione che non richiedono per legge una notifica formale potranno essere comunicati ai destinatari utilizzando le nuove modalità digitali previste dall’articolo 60-ter del Dpr 600/1973. Questo include una vasta gamma di comunicazioni che precedentemente potevano richiedere l’invio cartaceo.
Quali sono i vantaggi delle notifiche digitali?
Le notifiche digitali sono viste positivamente, soprattutto perché possono ridurre i problemi frequentemente associati alle notifiche cartacee, come ritardi e smarrimenti. La digitalizzazione delle comunicazioni promette quindi maggiore efficienza e affidabilità.
È prevista l’introduzione della firma digitale per i verbali di verifica?
Sarà introdotta la possibilità di apporre la firma digitale sui verbali redatti a seguito di controlli fiscali. Questa opzione sarà disponibile non appena l’Agenzia delle Entrate pubblicherà un provvedimento specifico. I verificatori potranno firmare digitalmente i verbali, anche se il contribuente li ha già firmati in forma cartacea, attestando così la conformità della versione digitale con quella cartacea.


Omessa sottoscrizione digitale dell’atto redatto in originale informatico

Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 6477 del 12 marzo 2024 si sono pronunciate in merito alle conseguenze derivanti dalla mancata sottoscrizione digitale da parte del difensore del ricorso redatto in originale informatico (c.d. nativo digitale).

L’Agenzia delle Entrate impugnava avanti alla Corte Suprema di Cassazione la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) del Lazio, sezione staccata di Latina, che, in riforma della decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone, aveva accolto l’appello della Alfa s.r.l. e annullava, di conseguenza, l’avviso di accertamento emesso nei confronti di detta società.

La società Alfa resisteva con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità per “inesistenza” del ricorso, redatto in originale informatico, in quanto privo di sottoscrizione digitale del difensore.

La Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria, reputando sussistente una questione di massima di particolare importanza in ordine al vizio ravvisabile nel ricorso per cassazione nativo digitale privo della firma digitale del difensore (nella specie, dell’avvocato dello Stato) trasmetteva gli atti al Primo Presidente ai sensi dell’art. 374 c.p.c., il quale ha assegnato la causa a queste Sezioni Unite, che dichiarano ammissibile l’impugnazione sulla base delle seguenti motivazioni:

a) i rilievi della Alfa s.r.l., si concentrano sull’assenza di firma digitale sull’originale del documento informatico, contestandosi, altresì, che l’apposta asseverazione ex art. 9 della legge n. 53/1994 sulla copia in formato analogico possa assolvere allo scopo di riferire l’atto al suo autore e cioè all’Avvocato dello Stato Tizio, anche perché in essa è attestato “un fatto non vero: ovverosia il fatto che il ricorso fosse stato sottoscritto digitalmente”;

b) invero, pur essendo pacifica la circostanza della mancanza di sottoscrizione del ricorso nativo digitale notificato via p.e.c., non è, anzitutto, in discussione (neppure da parte della società controricorrente) la riferibilità del ricorso stesso alla difesa erariale dell’Avvocatura generale dello Stato in quanto tale, essendo ciò comprovato, comunque, dalla relativa notificazione eseguita dall’indirizzo p.e.c. censito nei pubblici registri e riferibile alla medesima Avvocatura;

c) l’asseverazione contestata, nonostante attesti, in contrasto con la realtà fenomenica, che l’originale informatico dell’atto sia “sottoscritto con firma digitale dall’Avvocato dello stato Avv. Tizio”, risulta comunque chiaramente riferita al ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la Alfa s.r.l. e agli allegati messaggi di p.e.c. relativi alla notificazione del ricorso medesimo in data 27 gennaio 2020;

d) detta asseverazione esprime la paternità certa dell’atto, proveniente dall’Avvocatura generale dello Stato, in capo allo stesso avvocato dello Stato Tizio, operando in termini che, nello specifico contesto dato, possono ben essere assimilati alla certificazione dell’autografia della sottoscrizione della procura alle liti, palesando anzi, in maniera anche più evidente di quest’ultima (che si riferisce indirettamente all’atto cui accede), il nesso tra l’atto e il suo autore;

e) pertanto, nella peculiarità della delineata situazione processuale ‘ibrida’ e in continuità con l’indirizzo, ribadito anche da Cass., S.U., n. 22438/2018, per cui è possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la paternità certa dell’atto processuale, va ritenuto che la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell’Avvocatura generale dello Stato censita nel REGINDE e il deposito della copia di esso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato, rappresentano elementi univoci da cui desumere la paternità dell’atto, rimanendo così superato l’eccepito vizio in ordine alla mancata sottoscrizione digitale dell’originale informatico del ricorso.


Buona Pasqua !!!


Cass. civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 16/01/2024) 12/03/2024, n. 6477

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente Aggiunto

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente di Sezione

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere-Rel.

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5062/2020 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

Unicar Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via XX Settembre 1, presso lo studio dell’avvocato Paolo Vitali, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3852/2019 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Sezione Staccata di Latina, depositata il 25/06/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/01/2024 dal Consigliere Enzo Vincenti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Roberto Mucci, che ha concluso per l’ammissibilità del ricorso, con restituzione alla Sezione Tributaria, e, in subordine, per l’accoglimento;

uditi l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis e l’avvocato Paolo Vitali.

Svolgimento del processo
1. – Con ricorso affidato a due motivi, l’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) del Lazio, sezione staccata di Latina, resa pubblica in data 25 giugno 2019, che, in riforma della decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone del 7 novembre 2017, accoglieva l’appello della Unicar Srl e annullava, di conseguenza, l’avviso di accertamento emesso nei confronti di detta società con il quale, per l’anno di imposta 2013, era contestata la detrazione di I.V.A. per l’acquisto di n. 12 autovetture usate, giacché attinente ad operazioni soggettivamente inesistenti in ragione dell’interposizione fittizia della società “cartiera” Blue Eagle di A.A. M. & C. Sas

2. – La C.T.R. del Lazio, con la sentenza impugnata in questa sede, accoglieva l’appello del contribuente reputando che il comportamento da esso tenuto non dimostrasse “la sua consapevolezza nella partecipazione ad un meccanismo di frode”, non essendo egli “nella possibilità di sapere o di dover sapere” e ciò in forza di una pluralità di elementi, ossia: l’acquisto di veicoli che, al momento della consegna, sono soggetti a registrazione; il mancato coinvolgimento (desumibile dalle “intercettazioni telefoniche”) del legale rappresentante della Unicar Srl “nel meccanismo criminoso”; il numero esiguo di autoveicoli acquistati, “pari ad una irrisoria percentuale del totale”; l’incidenza sull’acquisto “ad un prezzo inferiore” delle “politiche aziendali, che mirano ad ottenere un maggior profitto”.

2. – L’Agenzia delle Entrate, con il primo motivo di ricorso, ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 19 e 21 del D.P.R. n. 633/1972, per aver la C.T.R. utilizzato a sostegno della decisione argomentazioni “fuorvianti e ultronee”, nonché prove “inesistenti, inconsistenti, ininfluenti, non allegate dalle parti”, così da invertire lo stesso onere probatorio incombente su di esse, gravando sul contribuente la dimostrazione della propria buona fede, una volta provata dall’amministrazione (come nella specie) “la natura di cartiera della società a monte” dell’operazione in frode.

Con il secondo motivo è, quindi, censurata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 19 e 21, comma settimo, del D.P.R. n. 633/1972, per aver la C.T.R. infranto i principi dettati dalla giurisprudenza eurounitaria e nazionale sull’onere di “diligenza esigibile da un operatore accorto”, in assenza di dimostrazione, da parte della Unicar Srl, impresa con “esperienza pluriennale maturata nel settore del commercio degli autoveicoli”, di essersi comportata, nella vicenda, in conformità a detto parametro.

3. – Ha resistito con controricorso l’intimata Unicar Srl, la quale, oltre ad argomentare sull’infondatezza dell’impugnazione, ne ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità per “inesistenza” del ricorso, redatto in originale informatico, in quanto privo di sottoscrizione digitale del difensore.

4. – La trattazione del ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza della Sezione Tributaria con ordinanza interlocutoria n. 13879 del 2022 adottata, ai sensi del terzo comma dell’art. 380-bis c.p.c. (ratione temporis vigente), dalla Sezione Sesta Tributaria, dinanzi alla quale la controricorrente aveva depositato memoria, insistendo nell’anzidetta eccezione preliminare.

5. – All’esito dell’udienza pubblica, preceduta dal deposito delle conclusioni scritte del pubblico ministero (nel senso dell’accoglimento del ricorso) e delle memorie di entrambe le parti, la Sezione Tributaria, con ordinanza interlocutoria n. 16454 del 2023, reputando sussistente una questione di massima di particolare importanza in ordine al vizio ravvisabile nel ricorso per cassazione nativo digitale privo della firma digitale del difensore (nella specie, dell’avvocato dello Stato il cui nominativo è indicato in calce al ricorso stesso), ha trasmesso gli atti al Primo Presidente ai sensi dell’art. 374 c.p.c., il quale ha assegnato la causa a queste Sezioni Unite.

6. – La Unicar Srl ha depositato ulteriore memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione
1. – Queste Sezioni Unite, su sollecitazione della Sezione Tributaria, sono chiamate a pronunciarsi sulla questione di diritto, di massima di particolare importanza, che attiene ad un requisito di forma del ricorso per cassazione redatto in originale informatico, ossia, se mancando la sottoscrizione con firma digitale del difensore (come nel caso in esame, quale circostanza incontestata dalla stessa difesa erariale dell’Agenzia delle Entrate), un tale vizio sia da ricondursi alla categoria dell’inesistenza, in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 161, secondo comma, c.p.c., ovvero a quella della nullità suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156, terzo comma, c.p.c.

2. – La Sezione rimettente evidenzia che, nel caso, trova rilievo “un possibile deficit strutturale dell’atto processuale”, richiedendo l’art. 365 c.p.c. (in coerenza con la regola generale posta dall’art. 125 c.p.c.) che il ricorso per cassazione sia “sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto in apposito albo”, là dove la causa dell’inammissibilità – come ritenuto, segnatamente, da Cass. n. 18623/2016 – “non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo”.

L’ordinanza interlocutoria, richiamando la decisione di questa Corte evocata dalla controricorrente (Cass. n. 3379/2019), espressione di un orientamento consolidato in relazione a ricorso redatto in modalità analogica (tra le altre: Cass. n. 4078/1986; Cass. n. 2691/1994; Cass. n. 6111/1999; Cass. n. 4116/2001; Cass., S.U., n. 11632/2003; Cass. n. 1275/2011), cui si oppone soltanto una pronuncia “assolutamente isolata” (Cass. n. 9490/2007), ricorda che il difetto di sottoscrizione degli atti da parte del difensore (o della parte abilitata a stare in giudizio personalmente) è riconducibile alla categoria dell’inesistenza, in applicazione del “principio generale circa la sorte della sentenza priva di sottoscrizione del giudice, ex art. 161, comma 2, c.p.c.”, essendo la sottoscrizione “elemento indispensabile per la formazione” dell’atto processuale.

Quanto, poi, al caso di specie, di ricorso nativo digitale privo di sottoscrizione digitale, la giurisprudenza di questa Corte in medias res – dal Collegio rimettente richiamata – si concentra in due (sole) pronunce: Cass. n. 14338/2017 e Cass., S.U., n. 22438/2018.

Secondo Cass. n. 14338/2017, che “si muove senz’altro nell’egida dell’orientamento tradizionale”, la mancanza della firma digitale comporta la nullità del ricorso, essendo la stessa equiparata dal D.Lgs. n. 82/2005 alla sottoscrizione autografa, la quale, ai sensi dell’art. 125 c.p.c., costituisce “requisito dell’atto introduttivo (anche del processo di impugnazione) in formato analogico”.

Con Cass., S.U., n. 22438/2018 si e affermato (sebbene – come riconosce l’ordinanza n. 16454/2023 – quale “snodo logico-giuridico” dell’approdo nomofilattico ex art. 363 c.p.c. sulla questione, diversa, della improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c.) il principio secondo cui il ricorso predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica deve essere ritualmente sottoscritto con firma digitale, potendo la mancata sottoscrizione determinare la nullità dell’atto stesso, fatta salva la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo.

La Sezione rimettente, pur dando atto della specifica portata nomofilattica di quel principio, anche ai sensi del terzo comma dell’art. 374 c.p.c., ritiene meritevole di approfondimento la questione di diritto alla luce di una serie di argomentate considerazioni.

Anzitutto, l’inserirsi del precedente del 2018 in contesto giurisprudenziale in cui il vizio attinente al requisito della sottoscrizione del ricorso, dettato ai fini dell’ammissibilità dello stesso atto, è ricondotto alla categoria dell’inesistenza e non della nullità.

Ed ancora, l’ordinanza interlocutoria evidenzia che proprio attraverso il richiamo della nullità le citate Sezioni Unite ipotizzano “il ricorso alla sanatoria del vizio, ove sia possibile attribuire la paternità dell’atto”, pur non soffermandosi – per non essere nel caso allora esaminato necessario – ad approfondire se detta paternità “debba pur sempre ricollegarsi ad una sottoscrizione comunque apposta sull’atto, anche se ad altri fini” oppure “una simile indagine possa anche condursi in forza di altri elementi, esterni all’atto processuale”.

La Sezione rimettente sostiene, quindi, che, sebbene “diverse disposizioni normative esprimono il c.d. principio di non discriminazione del documento informatico, rispetto a quello analogico o tradizionale” (artt. 20 e 23, comma 2, del C.A.D.; art. 25, parr. 1 e 2, del Reg. UE n. 910/2014), il documento informatico, alla stregua di una sorta di “discriminazione al contrario”, “non può di per sé supplire al deficit strutturale da cui esso sia eventualmente affetto, rispetto ai requisiti di forma richiesti dalla norma, salvo che detti requisiti siano direttamente evincibili dal suo corredo informativo”.

E nel caso della mancanza della firma digitale – soggiunge l’ordinanza interlocutoria – è ben difficile che la paternità del ricorso possa desumersi aliunde dalle “proprietà” del documento stesso o “dall’utilizzo di una casella PEC inequivocabilmente riferibile all’avvocato che avrebbe apparentemente redatto il ricorso”. In quest’ultima ipotesi, non potrebbe “comunque escludersi un accesso alla medesima casella PEC del mittente da parte di soggetto diverso dal suo titolare”, là dove, poi, “è solo l’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale a determinare la presunzione (relativa) di riconducibilità della stessa al suo titolare, ex art. 20, comma 1-ter, del C.A.D., non anche l’uso della casella PEC del mittente, per quanto ovviamente personale”.

La Sezione Tributaria, infine, assume, con specifico riferimento all’Avvocatura dello Stato, che, sebbene la relativa difesa abbia carattere impersonale, è “imprescindibile”, tuttavia, “che l’atto processuale debba essere comunque riferibile con certezza ad avvocato dello Stato perfettamente identificabile”. Difatti, il patrocinio assunto dall’Avvocatura erariale esclude soltanto la necessità del rilascio della procura speciale ex art. 365 c.p.c., ma non “l’assunzione di paternità circa il contenuto dell’atto, riconducibile evidentemente alla sottoscrizione”, a tal fine non potendosi neppure ricorrere alla firma per autentica di detta procura, per l’appunto non necessaria nel caso in cui la parte sia abilitata ad avvalersi del suo patrocinio.

3. – L’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, contro la Unicar Srl per la cassazione della sentenza emessa il 25 giugno 2019 dalla C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, è ammissibile.

3.1. – Viene in rilievo un ricorso redatto in forma di documento informatico, privo di firma digitale, e, come tale, notificato a mezzo p.e.c. (dall’indirizzo del mittente: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) il 27 gennaio 2020, ma depositato in copia analogica l’11 febbraio 2020 (unitamente alle copie cartacee dei messaggi di p.e.c. e della relata di notificazione) e munito di attestazione di conformità, ex art. 9 della legge n. 53 del 1994, con sottoscrizione autografa dell’Avvocato dello Stato Salvatore Faraci.

Tale, dunque, è la fattispecie processuale che – nell’ottica di necessaria compenetrazione tra l’esercizio dei compiti di nomofilachia e la vicenda portata alla cognizione del giudice – segna il perimetro entro il quale si colloca la decisione di ammissibilità.

3.2. – Nella specie occorre tenere conto, pertanto, del regime precedente a quello che si è venuto a determinare, dapprima, con la facoltatività, dal 31 marzo 2021, del deposito telematico a valore legale degli atti di parte nel giudizio di cassazione (e ciò per effetto del decreto direttoriale DGSIA del 27 gennaio 2021, pubblicato sulla G.U. 28 gennaio 2021, n. 22 ed emanato ai sensi dell’art. 221, comma 5, del D.L. n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020) e, quindi, a definire con l’obbligatorietà di detto deposito a partire dal 1° gennaio 2023 (in virtù dell’art. 196-quater disp. att. cod. proc. civ., introdotto dall’art. 4 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149).

Il contesto è, dunque, quello in cui, non potendosi procedere in cassazione al deposito telematico del ricorso nativo digitale come tale notificato, era affidato alla parte l’onere di attestare, ai sensi dell’art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 (e successive modificazioni), la conformità al predetto atto processuale originale della copia analogica depositata.

Ed è in siffatto contesto che la sentenza n. 22438 del 2018 di queste Sezioni Unite ha avuto modo di affermare – nello sviluppo dell’iter argomentativo avente ad oggetto, segnatamente, la questione di procedibilità ex art. 369, primo comma, c.p.c. di ricorso nativo digitale notificato a mezzo p.e.c. e depositato in copia analogica priva di asseverazione ai sensi del citato art. 9 della legge n. 53/1994 – che la mancanza di sottoscrizione digitale del ricorso nativo digitale notificato (ossia, del documento informatico originale) costituisce un “vizio che potrebbe determinare la nullità dell’atto, se non fosse possibile aliunde ascriverne la paternità certa, in ragione del principio del raggiungimento dello scopo”.

3.3. – A tal riguardo varrà rammentare che la giurisprudenza di questa Corte (tra cui quella stessa indicata dall’ordinanza interlocutoria n. 16454/2023) assegna all’elemento formale della sottoscrizione la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, affinché possa dirsi certa la paternità dell’atto processuale.

A tal fine, dunque, la sottoscrizione si rivela elemento indispensabile per la formazione dell’atto stesso, il cui difetto ne comporta (come, per l’appunto, sovente affermato) l’inesistenza (in forza dell’estensione del principio della nullità insanabile stabilito dal secondo comma dell’art. 161 c.p.c.), qualora, però, non ne sia desumibile la paternità da altri elementi, come, in particolare, la sottoscrizione per autentica della firma della procura in calce o a margine dello stesso (tra le altre: Cass. n. 4078/1986; Cass. n. 6225/2005; Cass. n. 9490/2007; Cass. n. 1275/2011; Cass. n. 19434/2019; Cass. n. 32176/2022).

La funzione di rendere certa la paternità dell’atto processuale può, quindi, essere assolta tramite elementi, qualificanti, diversi dalla sottoscrizione dell’atto stesso, che consentano, tuttavia, di avere certezza su chi ne sia l’autore; uno scopo, dunque, che, in siffatti stretti termini, è conseguibile aliunde.

3.3.1. – Un orientamento, questo, che la citata Cass., S.U., n. 22438/2018, muovendosi nella ricordata realtà ‘ibrida’ del processo civile telematico di legittimità (in cui, come detto, il ricorso, nativo digitale e notificato a mezzo p.e.c., doveva necessariamente essere depositato in formato analogico corredato da attestazione di conformità), ha ribadito alla luce del principio di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24 e 111 Cost.; art. 47 della Carta di Nizza; art. 19 del Trattato sull’Unione europea; art. 6 CEDU) il quale, nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito, richiede che eventuali restrizioni del diritto della parte all’accesso ad un tribunale siano ponderate attentamente alla luce dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità (così anche: Cass., S.U., n. 25513/2016; Cass., S.U., n. 10648/2017; Cass., S.U., n. 8950/2022; Cass., S.U., n. 28403/2023; Cass., S.U., n. 2075/2024).

Di qui, pertanto, anche la rinnovata vitalità assegnata al principio cardine di “strumentalità delle forme” degli atti del processo, dalla legge prescritte non per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma in quanto strumento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come il traguardo che la norma disciplinante la forma dell’atto intende conseguire (tra le molte: Cass. n. 9772/2016; Cass., S.U., n. 14916/2016; Cass., S.U., n. 10937/2017; Cass. n. 8873/2020; Cass. n. 31085/2022; Cass. n. 14692/2023).

3.4. – L’atto su cui, pertanto, queste Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi è la copia cartacea del ricorso per cassazione depositata dall’Agenzia delle Entrate e asseverata, unitamente alle copie cartacee dei messaggi di p.e.c., dall’Avvocato dello Stato Salvatore Faraci.

3.4.1. – Nella specie, non è in discussione la conformità della copia al contenuto del ricorso nativo digitale, perché nulla è stato eccepito sul punto dal controricorrente.

I rilievi della Unicar Srl, infatti, si concentrano soltanto sull’assenza di firma digitale sull’originale del documento informatico, contestandosi, altresì, che l’apposta asseverazione ex art. 9 della legge n. 53/1994 sulla copia in formato analogico possa assolvere allo scopo di riferire l’atto al suo autore e cioè all’Avvocato dello Stato Faraci, anche perché in essa è attestato “un fatto non vero: ovverosia il fatto che il ricorso fosse stato sottoscritto digitalmente” (così a p. 9 della memoria depositata per l’udienza del 16 gennaio 2024; ma la contestazione era già presente a p. 3 della memoria depositata per l’udienza del 29 settembre 2022).

3.4.2. – Invero, pur essendo pacifica la circostanza della mancanza di sottoscrizione del ricorso nativo digitale notificato via p.e.c., non è, anzitutto, in discussione (neppure da parte della società controricorrente) la riferibilità del ricorso stesso alla difesa erariale dell’Avvocatura generale dello Stato in quanto tale, essendo ciò comprovato, comunque, dalla relativa notificazione eseguita dall’indirizzo p.e.c. (ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) censito nei pubblici registri e riferibile alla medesima Avvocatura, alla quale, in forza dell’art. 1, comma primo, del R.D. n. 1611 del 1933, spettano “(l)a rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo”.

E tanto è consentito ritenere proprio in forza della natura impersonale del relativo patrocinio dalla legge stabilita e che viene a configurare un “unicum” rispetto alla difesa in giudizio di tutti gli altri enti pubblici che si avvalgano di avvocati del libero foro o dei propri uffici legali, essendo in questi casi il mandato difensivo sempre conferito al singolo avvocato in rappresentanza dell’ente.

Di ciò se ne ha ora conferma esplicita in base alle modifiche recentemente apportate al D.M. 44/2011 dal D.M. n. 217/2023 (modifiche entrate in vigore il 14 gennaio 2024), per cui l’Avvocatura dello Stato è espressamente menzionata, anche nelle sue articolazioni distrettuali, all’art. 2, comma 1, lettera m), n. 4, tra i soggetti abilitati esterni pubblici. Pertanto, è l’Avvocatura dello Stato in quanto tale ad essere censita sul registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (c.d. Reginde: art. 7 del D.M. n. 44/2011), quale difensore abilitato a operare nell’ambito del p.c.t., non i singoli avvocati e procuratori dello Stato e tanto in ragione proprio della ricordata natura impersonale del relativo patrocinio.

Del resto, il carattere impersonale della difesa dell’Avvocatura dello Stato è profilo più volte rimarcato dalla giurisprudenza di questa Corte che, anche in riferimento alla rappresentanza e difesa in giudizio delle Agenzie fiscali, ha affermato che gli avvocati dello Stato sono pienamente fungibili nel compimento di atti processuali relativi ad un medesimo giudizio, per cui l’atto introduttivo di questo è valido anche se la sottoscrizione è apposta da avvocato diverso da quello che materialmente ha redatto l’atto, unica condizione richiesta essendo la spendita della qualità professionale abilitante alla difesa (tra le altre: Cass. n. 4950/2012; Cass. n. 13627/2018). E nella stessa prospettiva si è, altresì, precisato che, nel caso di ricorso proposto per conto di un’amministrazione dello Stato, se non si contesta che la sottoscrizione provenga da un legale dell’Avvocatura generale dello Stato, non rileva neanche se lo stesso si identifichi o meno con il nominativo indicato nell’epigrafe o in calce al ricorso (Cass., S.U., n. 59/1999; Cass. n. 21473/2007).

3.4.3. – Quanto, poi, alla necessità della sottoscrizione del ricorso nativo digitale depositato in modalità analogica da un determinato avvocato dello Stato, una siffatta esigenza è, nella specie, da ritenersi soddisfatta dall’attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato Faraci, di cui non è affatto contestata tale qualità.

L’asseverazione datata 29 gennaio 2020, nonostante attesti, in contrasto con la realtà fenomenica, che l’originale informatico dell’atto sia “sottoscritto con firma digitale dall’Avvocato dello stato Avv. Salvatore Faraci”, risulta comunque chiaramente riferita al ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la Unicar Srl e agli allegati messaggi di p.e.c. relativi alla notificazione del ricorso medesimo in data 27 gennaio 2020. E la inequivoca riferibilità dell’attestazione anzidetta al ricorso per cui è causa è circostanza che, invero, non è messa in discussione neppure dalla parte controricorrente, le cui difese, come detto, insistono sul profilo giuridico dell’inesistenza di ricorso nativo digitale privo di sottoscrizione e sulla inidoneità dell’attestazione ex lege n. 53/1994 a supplire a tale carenza.

Contrariamente, dunque, a quanto ritenuto dalla Unicar Srl, detta asseverazione esprime la paternità certa dell’atto, proveniente dall’Avvocatura generale dello Stato, in capo allo stesso avvocato dello Stato Faraci, operando in termini che, nello specifico contesto dato, possono ben essere assimilati alla certificazione dell’autografia della sottoscrizione della procura alle liti, palesando anzi, in maniera anche più evidente di quest’ultima (che si riferisce indirettamente all’atto cui accede), il nesso tra l’atto e il suo autore.

3.5. – Pertanto, nella peculiarità della delineata situazione processuale ‘ibrida’ e in continuità con l’indirizzo, ribadito anche da Cass., S.U., n. 22438/2018 (alla luce del principio di effettività della tutela giurisdizionale, cui si raccorda quello di strumentalità delle forme processuali), per cui è possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la paternità certa dell’atto processuale, va ritenuto che la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c. dell’Avvocatura generale dello Stato censita nel Reginde e il deposito della copia di esso in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato, rappresentano elementi univoci da cui desumere la paternità dell’atto, rimanendo così superato l’eccepito vizio in ordine alla mancata sottoscrizione digitale dell’originale informatico del ricorso.

4. – Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va, dunque, dichiarato ammissibile e il relativo esame rimesso alla Sezione Tributaria.

P.Q.M.
dichiara ammissibile il ricorso e ne rimette l’esame alla Sezione Tributaria.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della Corte Suprema di cassazione, in data 16 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2024.


Nulla la notifica della cartella irreperibilità, se le ricerche sono state insufficienti

Poiché, ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 c.p.c.) del destinatario, soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del Messo Comunale; se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti, la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c., non è valida. In questo modo si è espressa la Corte Suprema di Cassazione, Sez. civile con la sentenza n. 5987/2024.

Alla Srl L’A. veniva notificata la cartella esattoriale n. 29 2010 0005718188, riportante le pretese tributarie avanzate mediante quattro avvisi di accertamento ed avente ad oggetto i tributi Irpef ed Iva in relazione all’anno 2004, per un valore complessivo dichiarato pari ad Euro 236.518,70.

La contribuente impugnava l’atto esattivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento contestando, innanzitutto, la radicale invalidità della cartella di pagamento opposta, perché non preceduta dalla necessaria notificazione degli atti prodromici, gli avvisi di accertamento. La CTP riteneva che la procedura di notificazione degli atti presupposti seguita dall’Agenzia risultasse incompleta, e pertanto accoglieva l’impugnazione della contribuente ed annullava l’atto di riscossione.

L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sostenendo la regolarità della notificazione degli atti prodromici.

La CTR confermava la decisione adottata dalla CTP.

L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia ancora sfavorevole conseguita dal giudice del gravame, affidandosi ad un unico, articolato, strumento di impugnazione.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che, in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il Messo Comunale o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale.

Inoltre, la notificazione di cui all’art. 60 comma primo, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile anche in tema di I.N.V.I.M., in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 20, comma terzo del d.P.R. n. 643 del 1972, e 49, comma terzo del d.P.R. n. 634 del 1972) è ritualmente eseguita solo nella ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il Messo Comunale deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non si rinvengano l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. La notificazione, in questi casi è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune.

Più di recente, si è ribadito che, in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento.

Infine, poiché ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 c.p.c.) del destinatario, soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del Messo Comunale; se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti … la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 c.p.c., non è valida.

L’Amministrazione finanziaria non si è confrontata con la decisione adottata dalla CTR, che ha ritenuto indimostrata l’irreperibilità assoluta della società, e, pertanto, illegittima la notificazione degli avvisi di accertamento eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e) del Dpr n. 600 del 1973.

L’Ente impositore, proponendo critiche generiche, ha insistito nel ribadire di avere indirizzato un gran numero di raccomandate alla società ed al suo legale rappresentante, e rappresenta che le stesse non sono state ricevute, ma non trascrive quale esito del recapito abbia annotato il notificatore, su ciascuna raccomandata (temporaneamente assente, irreperibile, sconosciuto, trasferito, altro?), contravvenendo all’obbligo di proposizione di censure specifiche nel giudizio di legittimità.

Orientamenti giurisprudenziali

Cass. sez. VI-V, 7.2.2018, n. 2877

Cass. sez. I, 9.6.1997, n. 5100

Cass. sez. I, 13.12.1996, n. 11152


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 22/02/2024) 06/03/2024, n. 5987

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere

Dott. MACAGNO Gian Paolo – Consigliere

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere Rel.

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

L’Arte Povera del Principe Srl;

– intimata –

avverso

la sentenza n. 127, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia il 20.9.2016, e pubblicata il 18.1.2017;

ascoltata la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva:

Svolgimento del processo
1. Alla Srl L’Arte Povera del Principe, di cui era legale rappresentante A.A., veniva notificata la cartella esattoriale n. (Omissis), riportante le pretese tributarie avanzate mediante quattro avvisi di accertamento ed avente ad oggetto i tributi Irpef ed Iva in relazione all’anno 2004, per un valore complessivo dichiarato pari ad Euro 236.518,70.

2. La contribuente impugnava l’atto esattivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento contestando, innanzitutto, la radicale invalidità della cartella di pagamento opposta, perché non preceduta dalla necessaria notificazione degli atti prodromici, gli avvisi di accertamento. La CTP riteneva che la procedura di notificazione degli atti presupposti seguita dall’Agenzia risultasse incompleta, e pertanto accoglieva l’impugnazione della contribuente ed annullava l’atto di riscossione.

3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sostenendo la regolarità della notificazione degli atti prodromici. La CTR confermava la decisione adottata dalla CTP.

4. L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia ancora sfavorevole conseguita dal giudice del gravame, affidandosi ad un unico, articolato, strumento di impugnazione. La società riceveva la notifica del riscorso presso il difensore il 18/19.7.2017, ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 60, comma 1, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, e degli artt. 137 e 140 cod. proc. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che la produzione documentale offerta non assicurasse prova della piena regolarità della notificazione dei prodromici avvisi di accertamento alla contribuente.

2. In sostanza afferma l’Agenzia delle Entrate che il giudice del gravame è incorso in errore ritenendo che, in sede di notificazione degli avvisi di accertamento, si sia verificato un fenomeno di irreperibilità relativa della contribuente, per cui avrebbero dovuto applicarsi le regole di cui all’art. 140 cod. proc. civ., tra l’altro provvedendosi all’invio di raccomandata informativa, mentre in realtà ricorreva un’ipotesi di c.d. “irreperibilità assoluta”, con la conseguenza che la notificazione è stata correttamente eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 602 del 1973, liddove si prevede una procedura semplificata che, ad esempio, non richiede l’invio della raccomandata informativa.

2.1. L’AdE evidenzia che, in relazione a tutti e quattro gli avvisi di accertamento, la notificazione è stata effettuata sia nei confronti della società, a S (Ag), sia nei confronti del legale rappresentante A.A., che risultava residente ad A (Na).

In tutti i casi la notifica postale non ha raggiunto i destinatari, società e legale rappresentante, e l’Amministrazione finanziaria ha ritentato la notificazione, avvalendosi dei messi comunali. Neanche queste procedure hanno permesso di consegnare gli atti impositivi ai destinatari. In conseguenza, ritenuta accertata l’irreperibilità assoluta della società, la notificazione degli avvisi di accertamento, nella prospettazione della ricorrente, si è perfezionata con deposito presso la Casa comunale ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, che non prevede gli adempimenti ulteriori (affissione alla porta, invio di raccomandata informativa, etc.), propri di altre discipline di notificazione.

2.2. La CTR osserva che “correttamente i giudici di prime cure hanno ravvisato la nullità delle notifiche degli atti prodromici effettuate senza il rispetto dell’art. 140 c.p.c.” perché la notificazione, seguendosi la Suprema Corte, “nel sistema delineato dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 cod. proc. civ. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune… nel caso che ci occupa, … non è stata seguita la procedura prevista per la notificazione degli atti prodromici, in quanto l’ufficio ha proceduto alla immediata affissione all’albo comunale, senza completare le formalità di notificazione, cosicché gli atti successivi devono intendersi travolti” (sent. CTR, p. 2 s.).

La valutazione del giudice dell’appello è quindi chiaramente intellegibile. La procedura di notificazione semplificata di cui all’art. 60, primo comma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973 può essere seguita in caso di irreperibilità assoluta del destinatario, che sia accertato essersi trasferito in località sconosciuta, a seguito di ricerche del messo notificatore nel Comune di residenza. Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate ha dimostrato solo di avere tentato la notifica e di non aver rinvenuto il destinatario, quindi la validità della notificazione richiedeva l’adempimento delle formalità di cui all’art. 140 cod. proc. civ., cui però l’Amministrazione finanziaria non ha provveduto.

2.3. Nel suo ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate insiste nel sottolineare di aver spedito, al fine di notificare gli avvisi di accertamento, ben otto raccomandate, quattro alla società in Sicilia e quattro alla legale rappresentante in Campania, che tutte hanno avuto quale esito la mancata consegna per irreperibilità dei destinatari. Successivamente ha inviato tramite messi notificatori comunali altre otto raccomandate, quattro alla società in Sicilia e quattro alla legale rappresentante in Campania, che tutte hanno avuto quale esito la mancata consegna per irreperibilità dei destinatari. Inoltre specifica l’Ente impositore che “la relata compilata dal messo di A … per ogni atto dichiarava di aver proceduto a tale modalità di notifica (di cui all’art. 60, primo comma, lett. e), Dpr n. 600 del 1973) “poiché nello stesso Comune non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente”. In conseguenza ritiene l’Amministrazione finanziaria che sia stata accertata l’irreperibilità assoluta dei destinatari, e che la notificazione ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), Dpr n. 600 del 1973 sia risultata regolare.

2.4. Questa Corte regolatrice ha avuto occasione di occuparsi ripetutamente della questione dibattuta in questo giudizio, quando ricorra un’ipotesi di irreperibilità assoluta del contribuente che consenta di accedere alla indicata procedura di notificazione semplificata nei suoi confronti, e si è condivisibilmente chiarito che “in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione impugnata ritenendo insufficienti, per l’effettuazione della notifica ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, le generiche informazioni fornite dal custode dello stabile)”, Cass. sez. VI-V, 7.2.2018, n. 2877; non mancandosi di specificare che “la notificazione di cui all’art. 60 comma primo, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile anche in tema di I.N.V.I.M., in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 20, comma terzo del d.P.R. n. 643 del 1972, e 49, comma terzo del d.P.R. n. 634 del 1972) è ritualmente eseguita solo nella ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non si rinvengano l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. La notificazione, in questi casi è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune”, Cass. sez. I, 13.12.1996, n. 11152.

2.4.1. Inoltre, questa Corte di legittimità ha più di recente ribadito che “in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento”, Cass. sez. V, 27.7.2018, n. 19958 (evidenza aggiunta) e, già da tempo, è stato specificato: “poiché ai sensi dell’art. 60 primo comma lett. e) d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 l’affissione nell’albo municipale dell’avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento I.R.P.E.F. è modalità sostitutiva idonea dell’affissione alla porta dell’abitazione, ufficio o azienda (art. 140 cod. proc. civ.) del destinatario soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del messo notificatore, se queste – secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità – sono state insufficienti… la notifica dell’avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 140 cod. proc. civ., non è valida”, Cass. sez. I, 9.6.1997, n. 5100.

2.5. L’Amministrazione finanziaria non si confronta con la decisione adottata dalla CTR, che ha ritenuto indimostrata l’irreperibilità assoluta della società, e pertanto illegittima la notificazione degli avvisi di accertamento eseguita ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e) del Dpr n. 600 del 1973. L’Ente impositore, proponendo critiche generiche, insiste nel ribadire di avere indirizzato un gran numero di raccomandate alla società ed al suo legale rappresentante, e rappresenta che le stesse non sono state ricevute, ma non trascrive quale esito del recapito abbia annotato il notificatore, su ciascuna raccomandata (temporaneamente assente, irreperibile, sconosciuto, trasferito, altro?), contravvenendo all’obbligo di proposizione di censure specifiche nel giudizio di legittimità. Allega che nei confronti del legale rappresentante sarebbero state svolte dal messo notificatore le ricerche ai fini della reperibilità nel Comune, ma neppure illustra quali ricerche siano state effettuate, mentre neanche prospetta che simili ricerche siano state effettuate con riferimento alla società.

2.6. In definitiva la valutazione espressa dalla CTR, secondo cui l’Amministrazione finanziaria non ha provato la ricorrenza dell’irreperibilità assoluta della contribuente, e non era pertanto legittimata ad avvalersi della procedura semplificata di cui all’art. 60, primo coma, lett. e), del Dpr n. 600 del 1973, appare corretta e condivisibile.

In assenza di valida notificazione degli atti presupposti, risulta invalida pure la cartella di pagamento impugnata dalla contribuente, ed il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate deve perciò essere respinto.

3. Non vi è luogo a pronunciare in materia di spese di lite, non avendo la società svolto difese nel giudizio di legittimità.

3.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (c.d. doppio contributo).

La Corte di Cassazione,

P.Q.M.
rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Conclusione
Così deciso in Roma il 22 febbraio 2024.

Depositata in Cancelleria il 6 marzo 2024.


8 marzo Giornata internazionale della donna

 

La Giornata internazionale della donna (o Giornata internazionale dei diritti delle donne) è una ricorrenza internazionale che si celebra l’8 marzo di ogni anno e sottolinea l’importanza della lotta per i diritti delle donne, in particolare per la loro emancipazione, ricordando le conquiste sociali, economiche e politiche e portando l’attenzione su questioni come l’uguaglianza di genere, i diritti riproduttivi, le discriminazioni e le violenze contro le donne.

Viene associata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita il 17 dicembre 1999 e che cade ogni anno il 25 novembre. Viene celebrata negli Stati Uniti a partire dal 1909, in alcuni paesi europei dal 1911 e in Italia dal 1922.

Spesso, nell’accezione comune, nella stampa e in campo pubblicitario viene erroneamente definita come Festa della donna, anche se è più corretto definirla Giornata internazionale della donna, poiché la motivazione alla base della ricorrenza non è una festività, ma la riflessione.


NOTIFICA DELL’ATTO DI PRECETTO (Competenza del Messo Comunale?)

Cos’è l’atto di precetto

Il precetto è l’atto con il quale il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l’obbligo contenuto nel titolo esecutivo, dandogli avviso che in caso di mancato adempimento, procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Prima di ricevere un precetto, il debitore si è visto recapitare altre intimazioni di pagamento, contenute in atti stragiudiziali (come la raccomandata o la pec di messa in mora) e giudiziali, (come l’ordine di pagamento contenuto nel decreto ingiuntivo, nella sentenza di condanna etc..); talora ha provveduto dopo i primi avvisi, a pagamenti parziali del credito. Ma l’atto di precetto è l’ultima “chiamata”. Essa contiene l’attualizzazione del credito, ovvero precisa la somma esattamente dovuta, al netto di eventuali parziali pagamenti nel frattempo intervenuti, e comprensiva degli interessi sul credito nel frattempo maturati, e delle spese che il creditore ha sostenuto dopo l’emissione del titolo esecutivo. Il precetto specifica anche chi sono le parti attualmente interessate all’obbligo, creditore e debitore, che dopo l’emissione del titolo esecutivo, potrebbero essere mutate ad esempio in ragione di una successione nel diritto di credito.

La giurisprudenza è pressoché unanime nel qualificare il precetto come atto stragiudiziale, preliminare all’esecuzione, in quanto destinato esclusivamente al debitore e non ad un giudice e finalizzato a richiedere l’adempimento alla totalità dell’obbligo, prima che il creditore proceda all’esecuzione forzata. Parte prevalente della dottrina propende invece per la natura giudiziale del precetto, assimilandone la funzione a quella dell’atto di citazione, cioè di un atto introduttivo di un processo. Infatti, anche il precetto, come la citazione, individua esattamente l’azione che il creditore intende esercitare e l’oggetto della stessa, e la sua notifica produce l’effetto di dare inizio al processo esecutivo. A sostegno di questo secondo orientamento, propende anche la lettura dell’art. 2943 c.c., (che individua gli atti che producono l’interruzione della prescrizione del diritto), il quale fa espresso riferimento ad “ogni atto introduttivo di un giudizio”, compreso quello “esecutivo”: l’atto introduttivo del giudizio esecutivo, ad avviso della dottrina non può che essere individuato nell’atto di precetto.

Ill differente inquadramento non è solo una disquisizione teorica, ma ha delle conseguenze importanti di carattere pratico. Una prima differenza, per esempio, emerge a riguardo della necessità che l’atto di precetto sia redatto o meno da un avvocato. Secondo l’orientamento dottrinale che lo qualifica come atto processuale, è indispensabile l’assistenza tecnica del difensore, munito di procura. La giurisprudenza invece, qualificandolo come atto stragiudiziale, ritiene che il precetto possa essere validamente formato e notificato anche dal creditore interessato o da un suo rappresentante sostanziale. L’avvocato che ha ricevuto la procura per la presentazione del precetto agisce in virtù di rappresentanza sostanziale e non processuale, e comunque, la mancanza di procura nell’atto di precetto, non determina la nullità dello stesso, essendo sufficiente per la sua validità la sottoscrizione del creditore (Cass. 8213/2012)

Contenuto dell’atto di precetto

L’art. 480 c.p.c. definisce il precetto come “l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’art. 482, con l’avvertimento che, in mancanza si procederà ad esecuzione forzata”.

Pertanto, l’atto di precetto dovrà contenere necessariamente l’intimazione, l’indicazione del titolo esecutivo da cui scaturisce l’obbligo del debitore, la previsione di un termine entro il quale adempiere all’obbligo, e l’avvertimento della imminente esecuzione forzata in caso di mancato adempimento entro il termine.

L’obbligo da adempiere deve essere chiaramente indicato, proprio per consentire al debitore l’adempimento esatto. Generalmente l’adempimento consiste in un obbligo di fare (ad esempio, l’obbligo di demolire una costruzione illegittima), o in un obbligo di rilascio di un bene (si pensi all’immobile in locazione), o nella consegna di un bene, oppure nell’obbligo di pagare una determinata somma.

La somma dovuta deve essere esattamente indicata, comprendendo gli interessi, le spese successive, gli acconti eventualmente già corrisposti da scorporare dal totale dovuto, la rivalutazione monetaria. Se però il creditore indica una somma più alta di quella dovuta, il precetto non è nullo, ma il debitore potrà proporre atto di opposizione all’esecuzione (ai sensi dell’art. 615 c.p.c.) per far valere l’errore e determinare l’esatta somma dovuta. Se invece mancasse del tutto l’indicazione della somma, allora il precetto sarebbe affetto da un difetto di regolarità formale, ed il vizio andrebbe fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi (ai sensi dell’art. 617 c.p.c.).

L’avviso dell’imminente esecuzione forzata non deve necessariamente indicare che tipo di esecuzione il creditore intende intraprendere (esecuzione immobiliare, o presso terzi, oppure sui conti correnti o sui beni mobili del creditore). Se poi l’avvertimento dell’esecuzione mancasse del tutto, ciò non sarebbe comunque causa di nullità del precetto, perché la sua essenza ed i suoi effetti sono comunque previsti dalla legge.

L’art. 480 c.p.c. stabilisce invece dei contenuti dell’atto di precetto, la cui mancanza ne determina la nullità.

Indispensabile è l’indicazione “attualizzata” delle parti, ovvero del creditore o dei creditori intimanti e del debitore o dei debitori intimati, che possono mutare rispetto al momento in cui è stato emesso il titolo esecutivo, in caso di successione nel diritto azionato (si pensi agli eredi che subentrano nei diritti del de cuius, alla curatela fallimentare che subentra nei diritti della società fallita etc.). Tuttavia che in tema di nullità vige il principio del raggiungimento dello scopo, secondo il quale la nullità di un atto resta sanata se l’atto ha raggiunto lo scopo per il quale era preordinato. Pertanto, la mancata esatta individuazione del debitore rimane sanata se quest’ultimo propone l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, perché evidentemente ha avuto conoscenza del fatto che l’intimazione era a lui destinata.

È sanzionata con la nullità anche la mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, (a meno che il titolo, non sia notificato insieme allo stesso precetto). In modo estensivo la giurisprudenza ha ritenuto la nullità anche nel caso in cui non sia indicato nel precetto il provvedimento che ha reso esecutivo il titolo, (è il caso della mancata indicazione della formula di esecutività del decreto ingiuntivo, cass. 4649/2006). Si è altresì ritenuto che l’opposizione del debitore finalizzata a far valere la nullità per mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, non comporti la sanatoria della nullità stessa, trattandosi di requisito formale indispensabile (Cass. 22510/2014).

Ci sono casi in cui la legge prescrive l’integrale trascrizione del titolo esecutivo nell’atto di precetto. In tali casi, l’omessa trascrizione costituisce causa di nullità del precetto. È per esempio il caso dell’accordo raggiunto mediante negoziazione assistita, o a seguito di mediazione civile e commerciale (D.l. 132/2014 art. 5 comma 2 bis e art. 12 comma 1), i quali hanno natura di titoli esecutivi, ma devono essere integralmente riportati nell’atto di precetto. Non è sufficiente trascrivere interamente il titolo esecutivo all’interno dell’atto di precetto, ma è necessario anche che l’ufficiale giudiziario certifichi la conformità della trascrizione al titolo esecutivo originale.

Il D.l. 83/2015 ha introdotto un altro contenuto del precetto, la cui mancanza è sanzionata espressamente dalla nullità. Esso consiste nell’avviso al debitore che può porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento, avvalendosi dell’ausilio di un organismo di composizione della crisi, o di un professionista nominato dal giudice, e concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

La norma inoltre prevede che sia indicata la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, nel comune in cui ha sede il giudice competente l’esecuzione. Per individuare il giudice competente si fa riferimento all’art. 26 c.p.c.: quando l’esecuzione ha ad oggetto beni immobili, o beni mobili del debitore, è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni; se l’esecuzione ha ad oggetto obblighi di fare o di non fare, sarà competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto, se invece l’espropriazione ha ad oggetto crediti, è competente il giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Pertanto, come ha chiarito la Corte Costituzionale, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio non sono una scelta libera del creditore, ma sono ancorati ad uno dei comuni in cui si trovano i beni del debitore o dove va adempiuto l’obbligo, o dove si trova il debitore. La mancanza di tale indicazione, non è prevista a pena di nullità, ma ha la conseguenza di spostare la competenza del giudice dell’opposizione al precetto davanti al giudice del luogo in cui il precetto sarà notificato, e la parte istante che non ha dichiarato la residenza o il domicilio, riceverà le notificazioni della fase esecutiva presso la cancelleria del giudice del luogo in cui ha notificato il precetto.

Infine, il contenuto dell’atto di precetto non può prescindere dalla sottoscrizione del creditore intimante, sia dell’originale del precetto che delle copie da notificare. La mancanza della sottoscrizione determina l’inesistenza dell’atto o la nullità insanabile.

Nessuna conseguenza è prevista per il caso in cui il precetto non indichi il termine di giorni dieci per l’adempimento, non essendo considerato un requisito per la validità dello stesso. Però in ogni caso il creditore non potrà validamente instaurare l’esecuzione, mediante notifica del pignoramento, prima che il già menzionato termine sia interamente decorso.

Notifica dell’atto di precetto

Il precetto, completo dei contenuti sopra descritti, deve essere notificato al debitore, insieme al titolo esecutivo.

Il creditore, anche personalmente, consegna all’ufficiale giudiziario copia autentica del precetto e del titolo esecutivo, salvo i casi in cui il titolo esecutivo sia stato notificato prima del precetto. Se i debitori sono più di uno, andranno consegnati tanti precetti e tante copie autentiche del titolo esecutivo, quanti sono i debitori.

La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario “a mani proprie” del destinatario (art. 138 c.p.c.), presso la sua abitazione o dovunque lo trovi, all’interno della circoscrizione di competenza dell’ufficiale giudiziario. Se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, l’ufficiale giudiziario dà atto del rifiuto nella relazione, ma la notifica si intende comunque eseguita a mani proprie, dando luogo ad una presunzione legale di conoscenza dell’atto. La presunzione è finalizzata ad evitare che un rifiuto privo di valida giustificazione possa impedire il perfezionamento della notifica ed il prodursi dei suoi effetti.

La notifica può anche essere effettuata dall’ufficiale giudiziario, consegnando l’atto presso la residenza del debitore (art. 139 c.p.c.), o presso la sede dell’impresa o il luogo di lavoro dello stesso, ed è validamente perfezionata anche se l’atto viene ricevuto da persona di famiglia del debitore, dall’addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, oppure in mancanza, al portiere o al vicino di casa. L’ordine delle persone che possono validamente ricevere l’atto deve essere rispettato, pena la nullità della notifica, per cui non è possibile consegnare l’atto al portiere senza aver prima verificato la presenza di persona di casa che avrebbe potuto riceverlo. Quando la notifica avviene nelle mani del portiere o del vicino di casa, l’ufficiale giudiziario deve inviare all’interessato raccomandata dell’avvenuta consegna, e la notifica si perfeziona per il creditore notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario. In caso di incertezza sul luogo dell’effettivo domicilio del debitore, è valida la notifica effettuata all’ultima residenza anagrafica.

Nel caso, infine, in cui il luogo di residenza domicilio o dimora del debitore sia noto, ma non sia stato possibile consegnare il precetto ad alcuna delle persone sopra indicate, l’ufficiale giudiziario fa ricorso alla procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., affiggendo avviso alla porta del debitore dell’avvenuto deposito della notifica in Comune, ed inviando avviso al debitore del deposito presso la casa comunale anche mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Per il creditore notificante, la notifica del precetto si perfeziona al momento della consegna all’ufficiale giudiziario, invece per il debitore si perfeziona dal momento del ricevimento della raccomandata informativa, e comunque trascorsi dieci giorni dalla stessa (Corte Cost sent. 3 del 2010).

La notifica alla persona giuridica, ad esempio una società, deve essere eseguita presso la sede della stessa (art. 145 c.p.c.). Un quesito che si è posto nella pratica è se sia sufficiente la notifica del precetto e del titolo esecutivo all’amministratore di condominio, quando il creditore intenda procedere al pignoramento solo nei confronti di un condomino, e analogamente se sia sufficiente la notifica al legale rappresentante della società quando il creditore intenda procedere contro il singolo socio. La giurisprudenza ha ritenuto necessario che il singolo condomino (e lo stesso vale per il singolo socio) sia portato a conoscenza personalmente del precetto e del titolo esecutivo, previa notifica degli stessi a lui personalmente indirizzata, in modo da consentirgli la conoscenza effettiva del debito e la possibilità di contestare con l’opposizione all’esecuzione, la sua qualità di condomino, o la sua responsabilità per l’obbligazione del condominio (Cass. 8150/2017).

Il destinatario della notifica del precetto non coincide sempre con il debitore identificato nel titolo esecutivo. Si possono avere infatti casi in cui, dopo l’emissione del titolo esecutivo si sia verificata una successione nel diritto. È il caso, ad esempio, in cui il debitore contro cui si è formato il titolo esecutivo, sia deceduto prima dell’inizio dell’esecuzione, ed al suo posto siano subentrati gli eredi. In questo caso, non sarà possibile notificare agli eredi il precetto insieme al titolo esecutivo, ma si dovrà procedere prima alla notifica del titolo esecutivo, e dopo un congruo lasso di tempo, del precetto. L’art. 477 c.p.c. prevede che, se la notifica del precetto agli eredi avviene entro un anno dalla morte del decuis, sia possibile eseguirla nel domicilio di quest’ultimo, anche se non sono compiutamente identificati i singoli eredi e non sono conosciute le loro generalità. Trascorso l’anno dalla morte, (e decorso l’obbligo di presentare la denuncia di successione), i nomi degli eredi sono conoscibili ai terzi; pertanto, la notifica del precetto dovrà avvenire presso gli eredi, nuovi debitori, compiutamente identificati.

In ogni caso la notifica deve sempre essere indirizzata personalmente alla parte interessata, non essendo valida ad esempio la notifica nelle mani del difensore che ha assistito il debitore nel giudizio di cognizione. Questa precisazione è da tenere presente soprattutto a seguito dell’abrogazione dell’art. 479 comma 2 (avvenuta con D.l. 14.05.2005 n. 80), che ha escluso la possibilità di notificare la sentenza come titolo esecutivo al procuratore costituito della parte.

Generalmente la notifica del solo atto di precetto, senza che sia stato notificato il titolo esecutivo, costituisce causa di nullità della notifica, da far valere tramite opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Fa eccezione a questa regola la previsione di cui all’art. 654 comma 2 c.p.c. La norma si riferisce ai decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi, ma che lo divengono in seguito al decorso del termine di quaranta giorni per presentare opposizione, e che pertanto vengono muniti di formula esecutiva, non al momento della loro emissione, ma solo dopo il decorso del termine per l’opposizione. In questo caso, il debitore ha già avuto conoscenza del decreto ingiuntivo che gli è stato notificato proprio al fine di consentirgli di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni; per questo motivo, non è necessario che il decreto sia notificato nuovamente insieme al precetto, ma è necessario e sufficiente che nel corpo del precetto siano chiaramente indicate: la data ed il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo e la menzione della formula esecutiva.

La previa notifica del precetto e del titolo esecutivo non è necessaria nei casi previsti espressamente dalla legge, fra i quali ad esempio il caso della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686 c.p.c.).

In tema di notifica, occorre inoltre soffermarsi brevemente sulla possibilità per l’avvocato di notificare in proprio il precetto ed il titolo esecutivo, mediante la notifica telematica. La notifica telematica, disciplinata dalla L. 183/2011, è una estensione della facoltà, già prevista dalla L. 53/1994, di effettuare notifiche in proprio mediante servizio postale. La notifica telematica avviene attraverso l’utilizzo del servizio di posta elettronica certificata, ed equivale alla notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario. Il grande vantaggio della notifica telematica, è che essa non è soggetta ai limiti territoriali di competenza dell’ufficiale notificatore. Il limite invece è costituito dal fatto che anche il debitore intimato deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata dove recapitare la notifica.

L’avvocato che intende effettuare la notifica telematica del precetto e del titolo esecutivo:

  • deve essere in possesso di una casella pec comunicata al consiglio dell’ordine e iscritta nei pubblici registri, nonché di un dispositivo di firma digitale non scaduto e funzionante;
  • deve essere munito di procura ex art. 83 c.p.c., che va allegata all’atto di precetto nel caso in cui la procura non sia già contenuta nel fascicolo del processo e conoscibile al debitore dagli atti del precedente giudizio (come, ad esempio, nel caso di precetto su sentenza). La procura firmata dal cliente e autenticata dal difensore, deve essere scansionata, e firmata digitalmente dal difensore. Poiché non è più redatta in calce o a margine del precetto, ma su foglio separato, essa deve contenere esplicito e chiaro riferimento al procedimento per il quale viene conferita. L’avvocato domiciliatario della causa non può invece notificare in proprio, in quanto appunto sprovvisto di procura ex art. 83 c.p.c.;
  • deve verificare che l’indirizzo pec del destinatario sia contenuto in uno dei registri pubblici (registro imprese, reG.In.dE, Ini-pec, registro PP.AA.

Il precetto viene creato in formato nativo digitale (word, openoffice, libreoffice) e convertito in pdf; (sulle specifiche tecniche si veda D.M. 16.04.2014. Inoltre, il precetto dovrà essere firmato digitalmente, con firma Cades-bes o Pades-bes. Essendo un documento nativo digitale, non è necessaria alcuna attestazione di conformità dello stesso.

Deve essere predisposta la relata di notifica, (con tutti i contenuti espressamente indicati all’art. 3 bis della L. 53/1994) anch’essa come documento nativo digitale, convertito in pdf e sottoscritto digitalmente.

Se all’atto di precetto si deve unire anche il titolo esecutivo (decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo munito di formula esecutiva, o sentenza munita di formula esecutiva etc..), occorre scansionare il documento cartaceo in formato pdf immagine e attestarne la conformità all’originale analogico. L’attestazione di conformità del titolo (art. 16 undecies D.L. 179/2012 e Art. 19 ter, comma 3 Provv. 16/4/2014 come introdotto dall’art. 1 decreto 28/12/2015 in vigore dal 09.01.2016, deve essere contenuta nella relata di notifica;

Si procederà, quindi, ad inviare la pec allegando: il precetto nativo digitale, sottoscritto; la relata di notifica con attestazione di conformità del titolo esecutivo, anch’essa nativa digitale e sottoscritta; la procura scansionata per immagini in formato pdf; infine, il titolo esecutivo scansionato in formato pdf.

Nell’oggetto della pec deve essere inserita la dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”.

Dopo l’invio va conservata copia informatica della ricevuta di consegna completa.

La notifica si perfeziona per il creditore notificante con il messaggio di “ricevuta di accettazione” della pec; per il debitore notificato con il ricevimento del messaggio di “ricevuta di consegna” (art.  3 bis comma 3 L. 53/94).

(Prima di procedere alla notifica a mezzo pec è sempre opportuno che il legale verifichi le ultime evoluzioni normative, in merito alle modalità o alle specifiche tecniche, trattandosi di materia in rapida evoluzione).

Effetti della notifica del precetto

Il precetto è un atto recettizio, e la produzione dei suoi effetti si verifica solo al momento del perfezionamento della notifica, quando l’atto entra nella sfera di conoscenza del debitore.

Da quel momento decorrono i dieci giorni di tempo per consentire l’adempimento spontaneo del debitore. Decorso inutilmente tale termine, il creditore è libero di introdurre la procedura esecutiva.

Ulteriore importante effetto dell’atto di precetto è quello di interrompere la prescrizione del diritto di credito. L’art. 2943 c.c. stabilisce che l’interruzione della prescrizione del diritto avviene a seguito di un’iniziativa del titolare del diritto, manifestata attraverso l’atto di introduzione di un giudizio (di cognizione, conservativo o esecutivo), oppure attraverso la proposizione dell’arbitrato o infine mediante l’atto di costituzione in mora del debitore.

L’interruzione della prescrizione può essere a carattere istantaneo o permanente. L’art. 2945 c.c. prevede che gli atti introduttivi di un giudizio, determinino l’interruzione permanente della prescrizione, che resta sospesa per tutta la durata del giudizio, fino alla pronuncia della sentenza. Viceversa, gli atti stragiudiziali, come ad esempio l’atto di messa in mora, interrompono la prescrizione con effetto istantaneo; quindi, dopo la notifica dell’atto interruttivo della prescrizione inizia subito a decorrere un nuovo periodo di prescrizione.

Il diverso inquadramento sulla natura giuridica dell’atto di precetto, che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato, esercita importanti conseguenze anche in tema di prescrizione del diritto.

Se infatti si aderisce all’orientamento dottrinale, che qualifica l’atto di precetto come atto introduttivo del processo esecutivo, la notifica del precetto interrompe la prescrizione con effetti permanenti fino all’esito del giudizio esecutivo. Al contrario, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che considera il precetto quale atto di carattere stragiudiziale, la notifica del precetto interrompe il decorso della prescrizione del diritto con effetto istantaneo, e subito dopo la notifica del precetto inizia a decorrere immediatamente un nuovo periodo di prescrizione del diritto. (Cass. 7737/2007, Cass. 19738/2014, Cass. 10308/2020).

Per quanto concerne, infine, l’aspetto relativo alla competenza del Messo Comunale a notificare l’atto di precetto, qualora noi ci attenessimo alle considerazioni espresse dalla giurisprudenza, dovremmo esprimerci in senso positivo, ritenendo lo stesso un atto stragiudiziale.

In caso contrario, ovvero tenendo in considerazione la dottrina prevalente che parla di atto giudiziale, sarebbe invece necessariamente l’Ufficiale Giudiziario la figura di notificatore competente.

Va inoltre sottolineato come, in questi casi, la Pubblica Amministrazione, agisce a seguito di una sentenza dell’Autorità Giudiziaria, che costituisce il titolo ad agire nei confronti del debitore, non esercitando pertanto la potestà  d’imperio che è uno degli elementi caratterizzanti la P.A. come tale.

Ciononostante, la norma generale che abilita il Messo Comunale alla notificazione, cioè l’art. 10 della legge 265/1999, consente alla P.A. di rivolgersi al Messo Comunale per la notifica dei propri atti, senza specificare la natura degli stessi, per cui un eventuale limite alla sua competenza dovrebbe ragionevolmente derivare da una specifica previsione di legge da parte del Legislatore in favore di soggetti distinti, quali ad esempio l’Ufficiale Giudiziario o l’avvocato patrocinatore.

In conclusione, rimane sicuramente spazio per una interpretazione allargativa della competenza del Messo Comunale alla notifica degli atti di precetto emessi dalla pubblica amministrazione a seguito sentenza dell’Autorità Giudiziaria.

Si consiglia, ad ogni buon conto, di rendere consapevole il soggetto richiedente in merito alle divergenti tesi interpretative esistenti.


Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale

Decreto Presidente della Repubblica 29/09/1973, n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O.

Art. 60-ter (Notificazioni e comunicazioni al domicilio digitale) (1)

In vigore dal 22 febbraio 2024

Testo introdotto dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13
Testo applicabile con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.

1. Tutti gli atti, i provvedimenti, gli avvisi e le comunicazioni, compresi quelli che per legge devono essere notificati, possono essere inviati direttamente dal competente ufficio, con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, anche in deroga all’articolo 149-bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente articolo:
a) se destinati a pubbliche amministrazioni e a gestori di pubblici servizi, al domicilio digitale risultante dall’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA), di cui all’articolo 6-ter del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82;
b) se destinati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e a tutti i professionisti i cui indirizzi digitali sono inseriti nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), di cui all’articolo 6-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, al domicilio digitale risultante da tale Indice, anche nel caso in cui per lo stesso soggetto è presente un diverso indirizzo nell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD), di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, ovvero nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA);
c) se destinati alle persone fisiche, ai professionisti e agli altri enti di diritto privato di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 al domicilio digitale professionale risultante dall’Indice di cui all’articolo 6-quater di cui al medesimo codice o, in mancanza, all’unico domicilio digitale ivi presente;
d) se destinati ai soggetti che hanno eletto il domicilio digitale speciale di cui al comma 5 del presente articolo, a tale domicilio speciale.
2. All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione degli indirizzi di cui al comma 1.
3. Relativamente agli atti, agli avvisi e ai provvedimenti che per legge devono essere notificati, se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio risulta saturo, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito del secondo tentativo, la casella di posta elettronica o il servizio di recapito certificato qualificato risultano saturi, oppure se il domicilio digitale al quale è stato effettuato l’invio non risulta valido o attivo:
a) nei casi previsti dal comma 1, lettere a), c) e d), si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni dell’articolo 60 del presente decreto e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149-bis del codice di procedura civile;
b) nel caso previsto dal comma 1, lettera b), la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società Info Camere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico.
4. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito certificato qualificato gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata o del servizio di recapito elettronico certificato qualificato del destinatario trasmette all’ufficio o, nel caso di cui al comma 3, lettera b), nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa.
5. I soggetti di cui all’articolo 6-quater del codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, possono eleggere il domicilio digitale speciale presso il quale ricevere sia la notificazione degli atti, degli avvisi e dei provvedimenti che per legge devono essere notificati, sia gli atti e le comunicazioni dei quali la legge non prescrive la notificazione, comunicando tale domicilio, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le modalità con le quali i soggetti di cui al primo periodo possono confermare o revocare gli indirizzi digitali comunicati secondo le modalità stabilite dai provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate emanati nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente.
6. Ai fini della notificazione e dell’invio di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni, anche ai sensi dell’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, l’Agenzia delle entrate provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali speciali di cui al comma 5 nell’elenco dei domicili di piattaforma diversificati di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 8 febbraio 2022, n. 58. Il gestore della piattaforma di cui all’articolo 26 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, provvede costantemente all’aggiornamento e al trasferimento dei domicili digitali di piattaforma diversificati in relazione all’Agenzia delle entrate e all’Agenzia delle entrate- Riscossione, nell’elenco dei domicili digitali speciali istituito con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Dipartimento per la trasformazione digitale, sono stabiliti termini e modalità dell’aggiornamento e del trasferimento delle informazioni di cui al presente comma.

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(1) Articolo inserito dall’art. 1, comma 2, lett. d), D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, a decorrere dal 22 febbraio 2024, ai sensi di quanto disposto dall’art. 41, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 13/2024; a norma dell’art. 41, comma 2, del citato D.Lgs. n. 13/2024, tale disposizione si applica con riferimento agli atti emessi dal 30 aprile 2024.


SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Dallo SPID a IT Wallet, portafoglio elettronico che oltre alle funzionalità dell’identità digitale consentirà di avere a disposizione i principali documenti di riconoscimento sul proprio smartphone. Il lancio è atteso entro la metà del 2024, ma la migrazione al nuovo sistema sarà graduale

Entro la metà del 2024 è attesa la prima fase di operatività del nuovo portafoglio digitale che racchiuderà al suo interno anche i principali documenti di identità dei cittadini.

Dalla patente alla tessera sanitaria, fino alla carta INPS della disabilità, IT Wallet consentirà di avere a portata di mano e in modalità digitale i documenti utilizzati in ambito amministrativo e sanitario, ma non solo.

Dal nuovo servizio in fase di messa a punto si attende un’ulteriore semplificazione nell’utilizzo del sistema dell’identità digitale, con il progressivo superamento delle credenziali SPID per l’autenticazione ai servizi della Pubblica Amministrazione.

SPID verso l’addio, atteso il lancio di IT Wallet entro la metà del 2024

Nel 2020 e in maniera più corposa nel corso dei primi mesi del 2021, le credenziali SPID sono diventate di fatto obbligatorie per l’accesso ad un’ampia gamma di servizi pubblici online.

Dai servizi INPS, a quelli dell’Agenzia delle Entrate e, successivamente, anche nell’ambito di numerosi Enti Privati, il Sistema Pubblico di Identità Digitale è ormai diventato parte integrante della quotidianità di cittadini e imprese.

Ora però si punta ad una svolta, con il superamento del sistema ad oggi vigente e in vista del passaggio ad un nuovo portale centralizzato.

Questo l’effetto del progetto IT Wallet, che si inserisce nel più ampio capitolo del digital identity wallet europeo, e per il quale entro il mese di giugno 2024 è atteso un primo lancio della versione Beta.

Dal punto di vista pratico saranno destinate ad andare in soffitta le credenziali SPID, in via graduale e in favore di un utilizzo più capillare della CIE, la Carta di Identità Elettronica.

Alla base della scelta questioni legate alla maggior sicurezza garantita dalla CIE, ma anche ai costi della gestione del sistema SPID, per il quale il Governo ha stanziato con l’articolo 18-bis del decreto-legge n. 13/2023 una somma pari a 40 milioni di euro al fine del rinnovo delle convenzioni con gli Identity Provider.

Percorso graduale per l’addio alle credenziali SPID

Cosa cambierà a livello pratico per i cittadini che utilizzano le credenziali SPID?

A fornire alcuni dettagli operativi è stato il Sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti, che nel corso dell’Audizione alla Camera del 20 dicembre 2023 ha evidenziato come il sistema SPID abbia rappresentato “un importante strumento per consentire ai cittadini l’uso di servizi digitali erogati dalle PA e da diversi soggetti privati.”

Esistono tuttavia alcune criticità di sicurezza e in particolare sono numerose le frodi realizzate mediante la generazione di false identità digitali, motivo alla base:

“della scelta del Governo di realizzare un’unica identità digitale nazionale, basata sulla CIE, che è emessa dallo Stato.”

Con la carta di identità elettronica è infatti già ad oggi possibile accedere ai servizi pubblici online, seppur con un percorso più complesso rispetto alle credenziali SPID. A differenza di queste però, la CIE ha standard di sicurezza più elevati e consente di evitare il rischio di truffe legate all’utilizzo dell’Identità Digitale (si pensi alla questione del bonus 18 anni).

Un percorso che sarà in ogni caso strutturato per fasi: in un primo momento coesisteranno le modalità di autenticazione così come previste attualmente e l’IT Wallet basato sulla CIE, ma nel piano nelle mani del Dipartimento per l’Innovazione vi è la progressiva migrazione verso il nuovo sistema entro la fine del 2025.

Un percorso graduale e che, salvo rinvii, dovrebbe partire già entro la metà dell’anno in corso.


Bilancio 2023

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2023 approvato dalla Giunta Esecutiva del 27.01.2024 e del Consiglio Generale del 27.01.2024 su delega dell’Assemblea Generale del 13.03.2021 al Consiglio Generale.

Leggi: Bilancio consuntivo 2023

Leggi: Grafici Bilancio consuntivo 2023


Notifiche digitali ai contribuenti anche per gli atti non obbligatori

Comunicazioni al domicilio digitale regolate dal decreto sull’accertamento. Nuovo invio se l’indirizzo è saturo: poi invio cartaceo o deposito su sito Infocamere

Al via le notifiche digitali generalizzate: con l’entrata in vigore delle nuove norme in materia di accertamento, gli atti giungeranno ai contribuenti via Pec agli indirizzi digitali. Il decreto delegato per la riforma delle procedure accertative ha introdotto il nuovo articolo 60-ter al Dpr 600/1973 che disciplinerà le comunicazioni al domicilio digitale.

Dispositivo dell’art. 60 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguiti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:

1) a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio;
2) b) il messo deve fare sottoscrivere dal consegnatario l’atto o l’avviso ovvero indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
3) b-bis) se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata;
4) c) salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
5) d) in facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. In tal caso l’elezione di domicilio deve risultare espressamente da apposita comunicazione effettuata al competente ufficio a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero in via telematica con modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate;
6) e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune, e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;
7) e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio ai sensi della lettera d), o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, con le modalità di cui alla stessa lettera d), l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
8) f) le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile non si applicano.

L’elezione di domicilio ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) ed alla lettera e-bis) del comma precedente.

Le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA.

Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e).

La notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione.

Qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto.

In deroga all’articolo 149 bis del codice di procedura civile e alle modalità di notificazione previste dalle norme relative alle singole leggi d’imposta non compatibili con quelle di cui al presente comma, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato può essere effettuata direttamente dal competente ufficio con le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo di posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’ufficio sono consentite la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Se la casella di posta elettronica risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido o attivo, la notificazione deve essere eseguita mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società InfoCamere Scpa e pubblicazione, entro il secondo giorno successivo a quello di deposito, del relativo avviso nello stesso sito, per la durata di quindici giorni; l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella di posta elettronica certificata gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio o, nei casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa. Nelle more della piena operatività dell’anagrafe nazionale della popolazione residente, per i soggetti diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, la notificazione può essere eseguita a coloro che ne facciano richiesta, all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui sono intestatari, all’indirizzo di posta elettronica certificata di uno dei soggetti di cui all’articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ovvero del coniuge, di un parente o affine entro il quarto grado di cui all’articolo 63, secondo comma, secondo periodo, del presente decreto, specificamente incaricati di ricevere le notifiche per conto degli interessati, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. Nelle ipotesi di cui al periodo precedente, l’indirizzo dichiarato nella richiesta ha effetto, ai fini delle notificazioni, dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa. Se la casella di posta elettronica del contribuente che ha effettuato la richiesta risulta satura, l’ufficio effettua un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio. Se anche a seguito di tale tentativo la casella di posta elettronica risulta satura oppure nei casi in cui l’indirizzo di posta elettronica del contribuente non risulta valido o attivo, si applicano le disposizioni in materia di notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, comprese le disposizioni del presente articolo diverse da quelle del presente comma e quelle del codice di procedura civile dalle stesse non modificate, con esclusione dell’articolo 149 bis del codice di procedura civile. (1) (2)

Note

(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 – 19 dicembre 2003, n. 360 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente, non risultanti dalla dichiarazione annuale, hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello della avvenuta variazione anagrafica”.

(2) La Corte Costituzionale, con sentenza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 366 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano”.


Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego

A fissare le nuove regole è il testo della direttiva “madre” elaborata dal Dipartimento per la Funzione Pubblica: le nuove disposizioni ci fanno capire come cambiano adesso i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego.

Nell’ambito dei rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024, il Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, ha delineato un approccio innovativo volto a migliorare le condizioni di lavoro e a consolidare il senso di appartenenza alle istituzioni.

Tra tutti i punti, in un contesto in cui le dinamiche organizzative e lavorative rivestono un ruolo sempre più centrale, è il welfare integrativo che emerge come chiave strategica per il rafforzamento del benessere del personale pubblico.

Scopriamo dunque quali saranno le nuove leve su cui si agirà nella formulazione e nelle trattative dei prossimi CCNL per tutti i dipendenti pubblici.

Come cambiano i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego?

Il nuovo approccio pone al centro dell’attenzione la consapevolezza che la motivazione del dipendente pubblico non è limitata solo agli aspetti economici, ma è influenzata da una serie di fattori. La costruzione di condizioni organizzative adeguate, che abbraccino il benessere organizzativo e il senso di appartenenza, è vista come un catalizzatore straordinario per la motivazione del personale.

Welfare integrativo

In questo contesto, il welfare integrativo emerge come uno strumento cruciale per rendere il lavoro nella pubblica amministrazione altamente attraente, allineandolo alle condizioni offerte dal settore privato.

L’approccio innovativo è supportato dai risultati di studi di settore, che evidenziano come il welfare integrativo, orientato al benessere organizzativo e lavorativo, contribuisca in modo significativo all’aumento delle performance e alla creazione di un ambiente lavorativo positivo.

Questa direzione è stata delineata già nel rinnovo contrattuale 2016/2018, con l’introduzione graduale del welfare nella Pubblica Amministrazione, seguita dalla riformulazione dell’istituto nelle direttive successive.

Il Ministro Zangrillo ha ribadito l’importanza del welfare integrativo come leva strategica per rafforzare la Pubblica Amministrazione. Il documento sottolinea che la contrattazione nazionale dovrebbe promuovere il benessere del personale, prendendo in considerazione le diverse esigenze demografiche e familiari. Le possibili aree di intervento spaziano dal sostegno alla genitorialità alle prestazioni sanitarie, dall’istruzione alla mobilità sostenibile.

Sostegno alla genitorialità

In primo luogo, il documento fa riferimento al sostegno alla genitorialità come un’area chiave di intervento. Questo potrebbe includere politiche e iniziative che facilitano la conciliazione tra vita professionale e familiare, come orari di lavoro flessibili, servizi di assistenza all’infanzia o congedi parentali retribuiti. Riconoscere e sostenere le esigenze specifiche dei dipendenti genitori contribuisce a creare un ambiente lavorativo più favorevole e inclusivo.

Prestazioni sanitarie

Le prestazioni sanitarie rappresentano un altro settore di intervento cruciale. L’implementazione di programmi che coprono aspetti quali assicurazione sanitaria integrativa, accesso a servizi medici specializzati e iniziative di promozione della salute può contribuire significativamente al benessere fisico e mentale dei dipendenti pubblici. Questo tipo di supporto non solo influisce positivamente sulla salute individuale, ma può anche ridurre l’assenteismo e migliorare le performance lavorative complessive.

Istruzione

L’istruzione è identificata come un’altra area di intervento, suggerendo la possibilità di promuovere la formazione continua e lo sviluppo delle competenze tra i dipendenti pubblici. Questo potrebbe essere realizzato attraverso corsi di formazione, workshop o altre iniziative educative che migliorano le competenze professionali e personali dei lavoratori.

Agevolazioni fiscali e contributive

L’Artefice della contrattazione nazionale è chiamato a valorizzare gli istituti del welfare aziendale con agevolazioni fiscali e contributive. Inoltre, è prevista un’ampia contrattazione integrativa, considerata il livello più adatto per affrontare le specifiche esigenze e destinare una percentuale dei fondi per il trattamento accessorio al welfare.

Mobilità sostenibile

Infine, la mobilità sostenibile emerge come un obiettivo importante. Incentivare l’uso di mezzi di trasporto sostenibili non solo riduce l’impatto ambientale ma può anche migliorare la qualità della vita dei dipendenti, contribuendo a ridurre lo stress legato agli spostamenti.

Dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria per i contratti 2022/24 raggiunge i 9,95 miliardi l’anno, rappresentando un aumento significativo rispetto alle tornate precedenti. Tuttavia, nonostante questo incremento, molto probabilmente potrebbe non essere sufficiente a coprire l’inflazione del triennio di riferimento, segnalando la complessità delle sfide economiche.

Formazione

Infine, la direttiva sottolinea anche l’importanza della formazione, richiedendo contratti che garantiscano almeno 24 ore annue di formazione per ogni dipendente. Questa enfasi sulla formazione è considerata un diritto-dovere del dipendente, un elemento cruciale per migliorare le performance e affrontare le sfide del mondo moderno del lavoro.

La promozione della formazione è, inoltre, indicata come un obiettivo di performance per i dirigenti, sottolineando l’importanza di un coinvolgimento attivo dei dipendenti e l’uso di strumenti a distanza per ottimizzare i costi.

L’accento sulla crescita delle capacità digitali e sulle competenze trasversali e manageriali riflette l’impegno per un adeguato esercizio della leadership da parte dei dirigenti.

Leggi: Atto di indirizzo quadro per i rinnovi contrattuali 2022-2024 per la PA