Pasqua 2018

Pasqua 2018.pub


Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., (ud. 12-09-2017) 21-03-2018, n. 7066

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5702/2016 proposto da:

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE IZZO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONELLA FRASCHINI, PAOLA MARIA CECCOLI, ANTONELLO MANDARANO;

– ricorrente –

contro

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 82, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO SUSTER, rappresentato e difeso dall’avvocato MARINA ALBERTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 12578/2015 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 10/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/09/2017 dal Consigliere Dott. Elisa Picaroni.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che il Tribunale di Milano, con sentenza depositata il 10 novembre 2015, ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Milano avverso la sentenza del Giudice di pace di Milano n. 1612 del 2015, e nei confronti di L.E., e per l’effetto ha confermato l’annullamento del verbale di accertamento della violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8;

che la violazione era stata registrata dal sistema di rilevamento automatico in data 25 maggio 2014, e il verbale di accertamento è stato notificato in data 1 dicembre 2014;

che il Tribunale ha condiviso il rilievo del Giudice di pace, che aveva accolto l’eccezione di tardività della notifica del verbale di accertamento;

che per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Milano, sulla base di un motivo anche illustrato da memoria;

che resiste con controricorso L.E.;

che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso;

che con l’unico motivo il Comune di Milano denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 201 C.d.S., e contesta che, nel caso di rilevamento automatico dell’infrazione, l’accertamento dell’illecito avviene necessariamente in un momento successivo e richiede un’attività istruttoria complessa – a mezzo dell’esame dei fotogrammi e l’incrocio dei dati – finalizzata a riscontrare il nesso tra il veicolo di cui è stato registrato il transito e la proprietà dello stesso;

che, pertanto, il momento dal quale decorre il termine per la notifica del verbale non può che coincidere con quello dell’effettivo accertamento dell’infrazione, che nel caso in esame avvenuto entro il termine di novanta giorni;

che, in ogni caso, doveva ritenersi congruo il termine intercorso tra il rilevamento automatico dell’infrazione e la notifica del verbale di accertamento, in quanto proporzionato alla quantità di violazioni commesse nei luoghi nei quali il Comune ha predisposto il sistema di rilevamento automatico della velocità dei veicoli in transito;

che la doglianza è manifestamente infondata;

che il Tribunale ha escluso la congruità del periodo di cinque mesi che l’Amministrazione comunale ha impiegato per verificare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della violazione e notificare il verbale al trasgressore;

che l’affermazione, argomentata sul rilievo della relativa semplicità del riscontro dei dati (dalla targa dell’autovettura memorizzata dall’apparecchiatura di rilevamento automatico, all’identificazione del titolare), e dall’assenza di allegazioni circa la particolare difficoltà dell’accertamento, risulta immune da vizi;

che, in tema di sanzioni amministrative derivanti da infrazione del codice della strada, questa Corte regolatrice ha già chiarito che, qualora sia impossibile procedere alla contestazione immediata, il verbale deve essere notificato al trasgressore entro il termine fissato dall’art. 201 C.d.S., (novanta giorni, a seguito della modifica apportata con la L. n. 120 del 2010, art. 36, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), salvo che ricorra l’ipotesi prevista dall’ultima parte del citato art. 201, e cioè che non sia individuabile il luogo dove la notifica deve essere eseguita per mancanza dei relativi dati nel Pubblico registro automobilistico o nell’Archivio nazionale dei veicoli o negli atti dello stato civile (per tutte, Cass. 25/03/2011, n. 6971; Cass. Sez. U. 09/12/2010, n. 24851);

che la ratio che sorregge l’ipotesi residuale, e giustifica la decorrenza del termine dal momento in cui l’Amministrazione sia posta in condizione di identificare il trasgressore o il suo luogo di residenza, è invocabile soltanto in presenza di situazioni di difficoltà di accertamento addebitabili al trasgressore (tardiva trascrizione trasferimento della proprietà del veicolo; omissione di comunicazione del mutamento di residenza), ma non quando, come nella specie, la difficoltà è connessa all’attività dell’Amministrazione, chiamata a gestire un numero elevato di violazioni registrate dai rilevatori di velocità, posto che l’effettività dell’azione dell’Amministrazione non può mai realizzarsi attraverso la compressione del diritto di difesa del trasgressore;

che la questione attiene al bilanciamento tra le esigenze dell’Amministrazione e il diritto di difesa del trasgressore, ed è stata oggetto a più riprese di interventi della Corte costituzionale;

che già con la sentenza n. 255 del 1994 il Giudice delle leggi osservò che il termine di notificazione, all’epoca di centocinquanta giorni, doveva ritenersi “contenuto in limiti tollerabili nel bilanciamento delle contrapposte esigenze, anche se ciò non può significare in futuro una illimitata libertà del legislatore. Questi non potrebbe non tener conto dei profili prospettati nell’ordinanza di rinvio, che avverte le difficoltà cui va certamente incontro il destinatario della contestazione, ai fini della predisposizione della propria difesa, quanto più remota è la data in cui si è svolto il fatto rispetto alla contestazione stessa. Un ulteriore prolungamento del termine non potrebbe, perciò, non porre dubbi di costituzionalità in termini di ragionevolezza”;

che, nella stessa pronuncia, si rilevava che “ad eventuali difficoltà di ordine organizzativo, cui finora si è ritenuto di far fronte con il prolungamento dei termini, ben potrebbe ovviarsi con misure tali da assicurare un più equo contemperamento fra le contrapposte esigenze, realizzando cioè, in armonia con l’art. 97 della Costituzione, una migliore efficienza degli uffici amministrativi che oggi è più facile ottenere con l’ausilio dei mezzi offerti dalla più avanzata tecnologia, certamente in grado di soddisfare le esigenze dell’amministrazione, senza creare ulteriori difficoltà ai soggetti destinatari della contestazione”;

che successivamente, con la sentenza n. 198 del 1996, la Corte costituzionale, muovendo nel solco dei principi enunciati dal precedente dictum, ha dichiarato l’illegittimità, per violazione dell’art. 24 Cost., del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201, comma 1, (Nuovo codice della strada), “nella parte in cui, nell’ipotesi di identificazione dell’effettivo trasgressore o degli altri responsabili avvenuta successivamente alla commissione della violazione, fa decorrere il termine di centocinquanta giorni per la notifica della contestazione dalla data dell’avvenuta identificazione, anzichè dalla data in cui risultino dai pubblici registri l’intestazione o le altre qualifiche dei soggetti responsabili o comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione”;

che, sulla scorta dei principi richiamati, tenuto conto della evoluzione dei sistemi di rilevamento dei dati utilizzabili ai fini della identificazione del trasgressore e del luogo utile per la notifica, il legislatore del 2010 ha ridotto il termine da centocinquanta a novanta giorni, così attuando un ragionevole bilanciamento tra opposte esigenze di rango costituzionale (artt. 97 e 24 Cost.), e la giurisprudenza di questa Corte è pervenuta all’interpretazione dell’art. 201 C.d.S., già i richiamata, a cui va dato seguito;

che il ricorso è rigettato e il ricorrente è condannato alle spese, nella misura liquidata in dispositivo;

che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 2 Civile, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2018


Bilancio 2017

Bilancio 5Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2017 approvato dalla Giunta Esecutiva del 03.02.2018  e su delega dell’Assemblea Generale del 28.01.2017 al Consiglio Generale.

Leggi: Bilancio consuntivo 2017


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 24-01-2018) 09-03-2018, n. 5747

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24031-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente – contro

B.M., B.F., B.R., elettivamente domiciliate in ROMA V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI LAZZARA, che le rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

C.D., C.A., C.C., C.R.F.;

– intimati – avverso la decisione n. 4441/2011 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di ROMA, depositata il 21/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Svolgimento del processo

che la controversia promossa da F., C., A. e C.D., nonchè F., R. e B.M., quali eredi di B.B., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di liquidazione per INVIM e Registro, relativamente all’atto a rogito del notaio mandato, registrato il 16/10/1986, in seguito ad avviso di accertamento di valore non impugnato, è stata definita con la sentenza in epigrafe, recante il rigetto dell’appello erariale e, per l’effetto, la conferma della decisione della Commissione tributaria di secondo grado di Latina, la quale aveva dichiarato nulla la notifica del prodromico avviso di accertamento irritualmente eseguita, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 140 c.p.c., nei confronti di persona deceduta;

che la C.T.C. di Roma ha rilevato che l’avviso di accertamento, intestato alla de cuius dei contribuenti, è stato notificato dal messo notificatore, appresa la notizia del decesso della B. e non avendo reperito nel domicilio della destinataria persone idonee a ricevere l’atto, mediante deposito dell’atto medesimo presso la casa comunale e dandone notizia mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento spedita nel domicilio della de cuius, impersonalmente agli eredi, e che questi ultimi avevano fondatamente impugnato l’avviso di liquidazione successivamente notificato, assumendo di non aver avuto tempestiva cognizione dell’atto presupposto;

che l’Agenzia delle Entrate ricorre per ottenere la cassazione della sentenza con un motivo, cui le intimate F., R. e B.M., resistono con controricorso e memoria.

Motivi della decisione

che con il motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, u.c., art. 140 c.p.c., D.P.R. n. 634 del 1972, art. 49, D.P.R. n. 643 del 1972, art. 20 giacché la CTC ha dichiarato la nullità dell’impugnato avviso di liquidazione delle imposte, in quanto atto consequenziale ad avviso di accertamento irritualmente notificato agli eredi di B.B., senza considerare che il richiamato art. 65 non riguarda l’ipotesi in cui l’Ufficio non abbia alcuna conoscenza della morte del soggetto passivo di imposta, e quindi dell’esistenza di eredi, cui indirizzare o notificare atti, cosicchè legittimamente la notifica dell’atto impositivo è eseguita al contribuente defunto nel domicilio fiscale dello stesso;

che la censura è infondata per le ragioni di seguito riportate;

che, ai fini della corretta soluzione della questione sottoposta all’esame del Collegio, va ricordato che l’obbligo di comunicazione previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, è volto a consentire agli uffici finanziari di azionare direttamente nei confronti degli eredi le obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del contribuente e, pertanto, se la comunicazione viene effettuata, l’avviso di accertamento va notificato personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da loro indicato, mentre, se essa non viene effettuata, gli uffici possono intestare l’atto al dante causa e notificarlo presso l’ultimo domicilio dello stesso, nei confronti degli eredi collettivamente ed impersonalmente, sempre che “l’Amministrazione abbia comunque acquisito la notizia della morte del contribuente, non sussistendo altrimenti la giuridica possibilità di procedere alla notifica impersonale prevista dalla legge” (Cass. n. 12886/2007);

che il richiamato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, , non considera invece l’ipotesi in cui l’ufficio non abbia alcuna conoscenza della morte del soggetto passivo di imposta, ed a maggior ragione nemmeno dell’esistenza di eredi, per cui non potrebbe indirizzare loro alcun atto, nè notificazione di atti eventualmente destinati ad altri soggetti, nel caso di specie, la dante causa delle odierne intimate;

che nel caso di specie manca la comunicazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, la quale non ha equipollenti (Cass. n. 23416/2015, n. 27284/2014), e neppure v’è prova che l’Agenzia delle Entrate fosse in possesso delle necessarie informazioni circa il decesso, in data (OMISSIS), di B.B., con conseguente inapplicabilità della disposizione;

che, pertanto, vale il principio secondo cui gli atti intestati ad un soggetto che, per quanto è a conoscenza dell’Ufficio, sia ancora in vita, deve essere non solo a lui destinato, ma a lui notificato nel suo domicilio fiscale o nel luogo da lui indicato nell’atto avente per oggetto il bene immobile sottoposto ad INVIM (Cass. n. 13504/2003);

che, tuttavia, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, “Nel caso in cui il destinatario di un avviso di accertamento tributario sia deceduto, e gli eredi non abbiano provveduto alla comunicazione prescritta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2 e u.c., è nulla la notificazione nei confronti del defunto eseguita ai sensi dell’art. 140 c. p. c. “perchè sconosciuto all’indirizzo”, previo tentativo di consegna dell’atto presso il suo domicilio, non essendo la morte del destinatario equiparabile alla sua irreperibilità o al rifiuto di ricevere copia dell’atto.”;

che, infatti, un tentativo di notifica nei confronti di persona che risulti deceduta è, in realtà, un tentativo non riuscito e costituisce una ipotesi che non può essere equiparata a quella, contemplata dall’art. 140 c.p.c., d’irreperibilità del destinatario o di rifiuto di ricevere la copia, con la conseguenza che, ove il destinatario risulti deceduto, e non siano reperite nel suo ex domicilio persone idonee e disponibili a ricevere l’atto notificando, il notificatore non può procedere col rito degli irreperibili, nel senso indicato dalla norma suddetta, ma deve restituire l’atto con l’indicazione del motivo per cui la notificazione non ha potuto aver luogo, consentendo all’Ufficio, venuto così a conoscenza del decesso del contribuente, di disporre che l’atto sia notificato nei modi indicati dal citato art. 65;

che il messo notificatore, dopo aver appreso del decesso della B., e non avendo reperito nel domicilio della destinataria dell’atto persone idonee a riceverlo, non poteva validamente procedere alla notificazione secondo le modalità di cui all’art. 140 c.p.c. mancandone i relativi presupposti, come anche evidenziato dalle intimate nella memoria difensiva;

che le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della soccombente e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 7.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2018


Nuovo regolamento privacy (GDPR): cos’è e cosa cambia

Ne sentiamo parlare ormai da diverse settimane sui media, sui social e negli ambienti professionali in modo tamburellante; alcuni si spingono a dipingere scenari foschi per le imprese che devono aggiornarsi ed adeguarsi alle nuove regole.

La prossima entrata in vigore, prevista per il 25 maggio 2018, del Regolamento Europeo della Privacy n. 2016/679, comunemente detto GDPR, pone la necessità di evidenziare le principali differenze tra tale normativa e quella attualmente in vigore in Italia, in modo da avere presente quali devono essere i punti di attenzione per  risultare in linea con la disciplina europea.

Invero, il D. Lgs. n. 196/2003, Codice del trattamento dei dati personali, non viene del tutto abrogato, ma alcune disposizioni in esso contenute devono essere modificate o integrate alla luce delle disposizioni del GDPR, il cui scopo è fornire a tutti gli Stati membri della UE regole comuni in materia di trattamento dei dati personali, in modo da eliminare le disparità di trattamento tra i soggetti dell’Unione.

Fin dalla sua pubblicazione nella gazzetta Ufficiale della UE, nel 2016, il GDPR ha posto questioni interpretative, alcune delle quali ancora da risolvere da parte principalmente del Garante Privacy (non solo italiano, ma di qualunque Stato membro) e di coordinamento con la disciplina nazionale già in vigore. A tal fine, il Garante Privacy ha attivato non solo una serie di tavoli di lavoro con i rappresentanti delle maggiori realtà associative italiane, private e pubbliche, ma sta anche svolgendo un lavoro interpretativo e coordinativo, in modo da fornire agli interessati le indicazioni chiare e necessarie per poter adeguarsi alla nuova normativa.

Tra le varie iniziative finora intraprese, lo stesso Garante ha pubblicato una Guida in cui illustra le principali modifiche che il GDPR apporta al D. Lgs. n. 196/2003, rilevando le differenze tra le due leggi. Scopo del presente articolo è, quindi, riassumere in maniera sintetica le più rilevanti tra tali modifiche.

  • Fondamenti di liceità del trattamento: sono indicati nell’art. 6 del GDPR e, in linea di massima, coincidono con quelli del D. Lgs. n. 196/2003 (consenso, adempimento obblighi contrattuali, interessi vitali della persona interessata o di terzi, doveri del titolare, interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri, interesse legittimo prevalente del titolare o di terzi cui i dati sono comunicati), con alcuni cambiamenti:
    • Consenso: (i) deve essere esplicito per i dati sensibili e in caso di trattamenti automatizzati, compresa la profilazione. “Esplicito” non è sinonimo di forma scritta, benché questa è la modalità idonea per configurare l’inequivocabilità del consenso e, in ogni caso, il titolare deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il consenso a uno specifico trattamento; (ii) il consenso dei minori è valido a partire dai 16 anni.
    • Interesse vitale di un terzo: è invocabile a condizione che, nella fattispecie concreta, nessuna delle altre condizioni di liceità può trovare applicazione.
    • Interesse legittimo prevalente di un titolare o di un terzo: il bilanciamento tra tale interesse e i diritti e la libertà dell’interessato spetta allo stesso titolare (estensione del principio di “responsabilizzazione”, uno dei cardini del GDPR).
    • Informativa: i contenuti dell’Informativa sono tassativamente indicati negli artt. 13, par. 1, e 14, par. 1, del GDPR. In particolare, essa deve contenere: (i) i dati di contatto del RDP-DPO (Responsabile della protezione dati – Data Protection Officer), ove esistente; (ii) la base giuridica del trattamento; (iii) l’interesse legittimo, se costituisce la base legittima del trattamento; (iv) se i dati sono trasferiti in Paesi terzi e, in caso affermativo, attraverso quali strumenti; (v) periodo di conservazione dei dati o i criteri per stabilire tale periodo; (vi) diritto di presentare un reclamo all’autorità di controllo; (vi) in caso di processi decisionali automatizzati, compresa la profilazione, indicazione della logica di tali processi e delle conseguenze previste per l’interessato.
      Nell’ipotesi di dati personali non raccolti direttamente presso l’interessato, l’Informativa deve essere fornita entro un tempo non superiore a un mese dalla raccolta, oppure al momento della comunicazione dei dati.

      • Caratteristiche dell’Informativa: concisa, trasparente, intellegibile per l’interessato e facilmente accessibile, uso di un linguaggio chiaro e semplice e previsione di idonee informative per i minori.
      • Forma dell’Informativa: date le imprescindibili caratteristiche sopra delineate, in linea di principio è data per iscritto e preferibilmente in formato elettronico, fermo restando che sono ammessi altri mezzi, compresa la forma orale. È ammesso l’uso di icone che ne riassumono i contenuti principali, ma solo in combinazione con l’Informativa estesa. Le icone devono essere uguali in tutti gli Stati membri e saranno definite dalla Commissione europea.
      • Tempi: l’Informativa deve essere fornita all’interessato prima di effettuare la raccolta dei dati o, se questi non sono raccolti direttamente presso l’interessato, deve comprendere anche le categorie dei dati personali oggetto di trattamento. Il titolare deve sempre comunque specificare la propria identità e quella dell’eventuale rappresentante nel territorio italiano, le finalità del trattamento, i diritti degli interessati e, se esiste un responsabile del trattamento, la sua identità e quali sono i destinatari dei dati.
  • Diritti degli interessati:
    • Modalità per l’esercizio dei diritti (artt. 11 e 12 GDPR): il termine per la risposta all’interessato è un mese, estendibile fino a tre mesi in casi di particolare complessità. Il titolare deve sempre dare un riscontro all’interessato entro un mese dalla richiesta, anche in caso di diniego. Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro all’interessato e l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere a quest’ultimo, ma solo se si tratta di richieste manifestamente infondate o eccessive o ripetitive, o se prevedono il rilascio di più copie dei dati personali nell’ipotesi di diritto di accesso. La risposta all’interessato deve essere data per iscritto (la forma orale è ammessa solo se espressamente richiesta dall’interessato), concisa, trasparente, facilmente accessibile ed espressa con un linguaggio semplice e chiaro.
    • Diritto di accesso (art. 15 GDPR): è il diritto a ricevere una copia dei dati personali oggetto di trattamento nonché l’indicazione del periodo di conservazione previsto o, se non è possibile prevederlo, dei criteri utilizzati per definire tale periodo e le garanzie applicate in caso di trasferimento dei dati in Paesi terzi.
    • Diritto di cancellazione – diritto all’oblio (art. 17 GDPR): è il diritto di cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. I titolari hanno l’obbligo, se hanno reso pubblici tali dati, ad esempio pubblicandoli su un sito web, di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione”. Rispetto al D. Lgs. n. 196/2003 l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati anche dopo la revoca del consenso al trattamento.
    • Diritto di limitazione del trattamento (art. 18 GDPR): è un diritto diverso e più esteso rispetto all’attuale “blocco” del trattamento previsto dall’art. 7, comma 3, lett. a) del D. Lgs. n.196/2003. Il GDPR prevede, infatti, che tale diritto possa essere esercitato non solo in caso di violazione dei presupposti di liceità del trattamento (quale alternativa alla cancellazione dei dati), bensì anche se l’interessato chiede la rettifica dei suoi dati o si oppone al trattamento, in attesa della valutazione di tale opposizione da parte del titolare.
    • Diritto alla portabilità dei dati (art. 20 GDPR): è uno dei nuovi diritti introdotti dalla normativa europea. Esso non si applica ai trattamenti non automatizzati (archivi o registri cartacei); sono portabili solo i dati trattati con il consenso dell’interessato o sulla base di un contratto stipulato con l’interessato e solo i dati che siano stati forniti dall’interessato al titolare. Quest’ultimo deve, inoltre, essere in grado di trasferire direttamente i dati portabili a un altro titolare indicato dall’interessato, se tecnicamente possibile.
  • Titolare, Responsabile, Incaricato del trattamento (artt. 26 e ss. GDPR):
    • Contitolarità del trattamento (art. 26 GDPR): i titolari devono definire specificamente con un atto giuridicamente valido il rispettivo ambito di responsabilità e i relativi compiti con particolare riguardo all’esercizio dei diritti degli interessati, che hanno la possibilità di rivolgersi indifferentemente a qualunque titolare operante congiuntamente. Con riferimento al predetto atto giuridicamente valido, l’art. 29 GDPR specifica che deve trattarsi di un contratto (o altro atto giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente le materie riportate all’art. 28, par. 3, al fine di dimostrare che il titolare offre garanzie sufficienti (natura, durata e finalità del trattamento, categorie di dati oggetto di trattamento, misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle istruzioni impartite dal titolare e delle disposizioni regolamentari). È consentita la nomina di sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (art. 28, par. 4 GDPR) per specifiche attività di trattamento. Il responsabile risponde davanti al titolare per eventuali inadempimenti del sub-responsabile, salvo che dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo imputabile”.
    • Obblighi specifici in capo ai responsabili del trattamento, distinti da quelli dei titolari: tenuta del registro dei trattamenti svolti (art. 30, par. 2 GDPR); adozione di misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei trattamenti (art. 32 GDPR); designazione di un RDP-DPO nei casi previsti dal Regolamento o dalla normativa nazionale (art. 37 GDPR).
      Importante, infine, la previsione dettata dall’art. 27, par. 3, GDPR relativa all’obbligo di nomina di un rappresentante in Italia da parte del responsabile non stabilito nella UE.
  • Approccio basato sul rischio e misure di accountability (i.e. responsabilizzazione) di titolari e responsabili: in generale, si tratta dell’adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del Regolamento. In pratica, viene affidato ai titolari il compito di stabilire autonomamente le modalità, le garanzie e i limiti del trattamento dei dati personali, sempre nel rispetto delle normative e dei criteri contenuti nel GDPR.
    • Data protection by default e by design (art. 25 GDPR): analisi preventiva per configurare il trattamento prevedendo a monte, ovvero prima di procedere al trattamento, le garanzie indispensabili al fine di soddisfare i requisiti del Regolamento e tutelare i diritti degli interessati. L’analisi preventiva deve attuarsi attraverso una serie di attività specifiche e dimostrabili, tra cui quelle connesse al rischio inerente al trattamento. Tale rischio è rappresentato da impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati, che devono essere analizzati attraverso un apposito processo di valutazione, al cui esito il titolare potrà autonomamente decidere se iniziare il trattamento (perché ha adottato misure idonee a mitigare sufficientemente il rischio) o a consultare l’autorità di controllo competente per avere informazioni su come gestire il rischio. Da notare che l’intervento dell’autorità è quindi successiva alle determinazioni del titolare e non è autorizzativa. Ciò spiega l’abolizione, a partire dal 25 maggio 2018, della notifica preventiva dei trattamenti e della verifica preliminare prevista dall’art. 17 del D. Lgs. n. 196/2003.
    • Registro dei trattamenti (art. 30, par. 5 GDPR): tutti i titolari e i responsabili del trattamento, eccettuati gli organismi con meno di 250 dipendenti, ma solo se non effettuano trattamenti a rischio, devono tenere un registro dei trattamenti effettuati, in forma scritta, anche elettronica, che dovrà essere esibito dietro richiesta del Garante.
    • Misure di sicurezza (art. 32 GDPR): il Regolamento prevede una lista aperta e non esaustiva delle misure tali da garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio del trattamento. Dopo il 25 maggio 2018 non potranno sussistere obblighi generalizzati di adozione di misure minime di sicurezza, la cui valutazione sarà rimessa, caso per caso, al titolare e al responsabile in rapporto ai rischi specificamente individuati.
    • Notifica delle violazioni di dati personali: prevede l’obbligo in capo a tutti i titolari di notificare all’autorità competente le violazioni di dati personali di cui vengano a conoscenza entro 72 ore e comunque senza giustificato ritardo, ma soltanto se ritengono probabile che da tale violazione derivino rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Ne deriva che la notifica all’autorità non è obbligatoria, essendo subordinata (e qui ritorna il principio di responsabilizzazione) alla valutazione da parte del titolare.
    • Responsabile della protezione dei dati (RDP-DPO): è finalizzata a facilitare l’attuazione del Regolamento da parte del titolare/responsabile. Tale figura (che deve rispondere ai requisiti di indipendenza, autorevolezza e competenza managariale), infatti, deve, tra l’altro, sensibilizzare e formare il personale in merito agli adempimenti privacy, nonché sorvegliare sulla valutazione di impatto del rischio. La sua designazione è obbligatoria nei casi previsti dall’art. 37. Si rimanda alle Linee Guida stabilite dal Gruppo art. 29 per le maggiori specifiche relative alla DPO.
  • Trasferimenti di dati verso Paesi terzi e organismi internazionali (artt. 45 ss. GDPR):
    Resta in vigore la necessità della previa autorizzazione del Garante solo nel caso in cui il titolare desidera utilizzare clausole contrattuali non riconosciute come adeguate dalla Commissione europea oppure accordi amministrativi stipulati tra autorità pubbliche. Il Regolamento consente di ricorrere anche a codici di condotta o schemi di certificazione per dimostrare le garanzie adeguate previste dall’art. 46 GDPR. Ne consegue che i titolari o i responsabili del trattamento dei Paesi terzi potranno far valere gli impegni sottoscritti attraverso l’adesione a codici di condotta o a schemi di certificazione, ove questi disciplino anche o esclusivamente i trasferimenti di dati verso Paesi terzi. In ogni caso, tali titolari dovranno assumere un impegno vincolante mediante uno specifico strumento contrattuale o altro strumento giuridicamente vincolabile o azionabile dagli interessati. È vietato il trasferimento verso Paesi terzi sulla base di decisioni giudiziarie o ordinanze amministrative emesse da autorità di tale Paese terzo in mancanza di accordi internazionali di mutua assistenza giudiziaria o simili. In deroga al principio generale, il Regolamento ammette il trasferimento di dati personali verso un Paese terzo non adeguato “per importanti motivi di interesse pubblico”, purché tale interesse sia riconosciuto dal diritto dello Stato membro del titolare o dal diritto dell’UE (quindi, non  rileva l’interesse pubblico riconosciuto dal solo Paese terzo).

Leggi: REGOLAMENTO (UE) 2016-679 privacy 2018


Agcom: emanato il regolamento per le multe e atti giudiziari notificati dai privati

Emanato il regolamento Agcom per il rilascio delle licenze individuali per lo svolgimento del servizio di notifica multe e atti giudiziari da parte dei privati

Venuto meno il monopolio di Poste Italiane sui servizi di notificazione e comunicazioni per atti giudiziari e multe la legge ha attribuito ad Agcom, sentito il Ministero della giustizia ed entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, la determinazione degli obblighi e dei requisiti per il rilascio delle licenze individuali per lo svolgimento del servizio.

Multe e atti giudiziari ai privati: il regolamento Agcom

Di questo tema si occupa la delibera n. 77/18/Cons (sotto allegata), con la quale l’Agcom ha approvato il regolamento in materia di rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada, dando attuazione alle modifiche introdotte dalla legge sulla concorrenza (n. 124/2017) per la liberalizzazione del servizio. In particolare gli obblighi riguardano il rispetto dei parametri attinenti «alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi», i requisiti, invece, dovranno essere delineati alla luce delle richiamate nozioni di affidabilità, professionalità e onorabilità dei richiedenti.

 Requisiti per il rilascio della licenza individuale speciale

La licenza individuale speciale può avere ad oggetto: l’abilitazione a svolgere l’attività di notificazione degli atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada; l’abilitazione a svolgere la sola attività di notificazione delle violazioni del codice della strada.

Il soggetto richiedente può essere anche l’operatore capogruppo per il servizio di notificazione svolto con il medesimo segno distintivo e con un’organizzazione unitaria composta dall’aggregazione di più operatori postali che siano titolari di licenza individuale in base al regolamento generale.

 Ai fini del rilascio della licenza è necessario possedere i requisiti di affidabilità; della professionalità, con effettiva esperienza nell’attività di notificazione dimostrata dal richiedente attraverso la produzione di dati di bilancio del biennio precedente da cui risulti: l’attività svolta nel settore postale relativa ad invii certificati e registrati per una percentuale del fatturato totale non inferiore al 10% nel biennio; ovvero, l’attività svolta attraverso messi notificatori, comprovata da almeno tre attestazioni positive qualificate, per un importo non inferiore al 10% del fatturato totale nel biennio; per attestazioni qualificate si intendono quelle relative ad affidamenti da parte di pubbliche amministrazioni, enti locali, compagnie di servizi di pubblica utilità e, più in generale, grandi utenti. Ed infine dell’onorabilità, in primis, dimostrando di non aver commesso violazioni definitivamente accertate, nel triennio anteriore alla data della domanda per il rilascio della licenza, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui risiedono.

Il regolamento stabilisce obblighi in materia di personale dipendente: in particolare quello di «sottoscrivere esclusivamente contratti di lavoro subordinato per l’assunzione del personale addetto alle fasi di accettazione e di recapito del servizio di notificazione a mezzo posta; impiegare un numero di dipendenti non inferiore ai limiti previsti nell’allegato 1, in relazione all’ambito geografico oggetto della licenza») e di qualità di servizio.

Leggi: AGCOM delibera 77-18-CONS 20 02 2018

Leggi: AGCOM delibera 77-18-CONS ALLEGATO A 20 02 2018


8 Marzo 2018 – Festa della donna

FESTA-DONNE-MONDO-2-554x420Ma perché proprio la mimosa per celebrare l’8 marzo? Perché proprio i rametti dai pallini gialli dal profumo intenso e delicato? La mimosa, appartenente alla famiglia delle Mimosaceae, è il simbolo per eccellenza della Festa delle Donne, per via di un avvenimento storico tutto italiano. Nel 1946, su iniziativa delle attiviste Rita Montagnana e Teresa Mattei, l’UDI (Unione Donne in Italia), giunse a scegliere la mimosa, dopo un percorso alquanto complesso. Le donne preferivano l’orchidea, ma la Mattei, che l’anno dopo avrebbe fatto parte dell’Assemblea Costituente, per evitare la scelta ricadesse su un fiore costoso come quello, si inventò una leggenda cinese, raccontando che la mimosa rappresentava per quel popolo il calore familiare e il simbolo della gentilezza femminile, convincendo così il gentil sesso a propendere per i rametti. Una pianta pioniera, spontanea, scelta come simbolo della rivendicazione dei diritti femminili, come emblema della lotta per farli valere; facilmente reperibile proprio in questo periodo, poco costosa, con fiori luminosi, solari, apparentemente delicati, ma forti e rigogliosi… caratteristiche che, a ben vedere, sono tipiche di tutte le donne!

Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai.
(Oriana Fallaci)

Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 08/02/2018) 28/02/2018, n. 4616

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28564/2011 proposto da:

COMUNE DI GATTATICO, elettivamente domiciliano in ROMA VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell’avvocato LORENZO DEL FEDERICO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHRISTIAN CALIFANO;

– ricorrente –

contro

FRANTOIO BERTOZZI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA 67, presso lo studio dell’avvocato RITA GRADARA, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO LEONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2010 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA, depositata il 13/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/02/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO DI GERONIMO.

Svolgimento del processo
che:

1. Il Frantoio Bertozzi s.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento con i quali il Comune di Gattatico procedeva al recupero dell’ICI dovuta per le annualità 2003-2007;

2. la CTR per l’Emilia Romagna, confermando la sentenza di primo grado, recepiva la tesi del contribuente, secondo cui i terreni di sua proprietà non erano assoggettabili ad ICI in quanto non edificabili;

3. il Comune di Gattatico propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, la società contribuente resiste eccependo l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza della CTR e, comunque, l’infondatezza del ricorso.

Motivi della decisione
che:

1. La preliminare eccezione di tardività del ricorso per cassazione è fondata. Sostiene la controricorrente che è decorso il termine breve per impugnare la sentenza della CTR, assumendo l’esistenza di una valida notifica della sentenza di secondo grado, secondo i modi previsti dal D.Lgs. n. 542 del 1992, novellato art. 38, in base al quale nel caso di specie la parte controricorrente ha documentato di avere proceduto alla notifica mediante consegna diretta della sentenza della CTR (depositata il 13/10/2010) al Comune di Gattatico in data 3/12/2010, sicchè il termine di 60 giorni per proporre ricorso in cassazione scadeva in data 3/2/2011, mentre il ricorso risulta notificato solo il 25/11/2011.

1.2 a fronte di tale deduzione, il Comune ricorrente ha eccepito che la consegna a mani della sentenza non integra una forma di notifica idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, richiamando a supporto l’orientamento di questa Corte secondo cui la conoscenza della sentenza da parte del soccombente non determina di per sè la decorrenza del termine breve. Pur condividendosi tale orientamento, deve rilevarsi la non applicabilità nell’ambito del processo tributario, stante la specialità della disciplina prevista per tale giudizio;

1.4 il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 2, è stato modificato dal D.L. n. 40 del 2010, art. 3 (conv. L. n. 73 del 2010), essendosi previsto che “al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 2, le parole: “a norma degli artt. 137 c.p.c. e segg.” sono sostituite dalle seguenti: “a norma dell’art. 16” e, dopo le parole: “dell’originale notificato”, sono inserite le seguenti: “ovvero copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata mezzo del servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento”. La modifica normativa appena ricordata ha consentito alle parti private di procedere alla notificazione della sentenza con consegna diretta ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, in base al quale le notificazioni all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale, possono essere effettuate “mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia”;

1.5. non è dubitabile che la peculiarità del regime della notifica valida in ambito tributario è sicuramente applicabile anche in relazione alla notifica della sentenza, come implicitamente riconosciuto da questa Corte, allorchè si è affermato il principio secondo cui in tema di contenzioso tributario, ai fini del decorso del termine “breve” per impugnare le sentenze, fissato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, la modifica dell’art. 38 dello stesso D.Lgs. per effetto del D.L. n. 40 del 2010, art. 3, comma 1, lett. a), conv., con modif., dalla L. n. 73 del 2010 – opera solo a partire dall’entrata in vigore della disposizione novellatrice, sicchè, per l’epoca precedente, la notifica della sentenza deve effettuarsi ai sensi degli artt. 137 e ss. c.p.c. e non già del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 16 (Cass. n. 9108 del 2017, rv. 643952);

1.6. occorre, altresì, precisare che questa Corte si è già espressa in merito alla validità della notifica nelle forme previste dal D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 38, sia pur con riferimento alla diversa fattispecie della notifica mediante raccomandata A/R, affermando che nel processo tributario, ai fini del decorso del termine breve d’impugnazione la sentenza può essere notificata anche mediante servizio postale, in plico raccomandato, senza busta e con avviso di ricevimento, nel rispetto delle formalità previste dallo stesso art. 38 (Cass., ord. n. 26449 del 2017, rv. 646165);

1.7. analogo principi può, quindi, essere affermato anche nel caso in esame, dovendosi ritenere che nel processo tributario, la notifica della sentenza effettuata a mani della parte soccombente, è idonea a determinare il decorso del termine breve per proporre il ricorso per cassazione (in senso conforme, si veda Cass. n. 4222 del 2015, non massimata);

1.8. sulla base di tali principi, il ricorso per cassazione proposto dal Comune di Gattatico va dichiarato inammissibile, stante l’intervenuto decorso del termine per impugnare;

2. le spese di giudizio vanno compensate, atteso che la decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale successivo rispetto alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese di giudizio.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2018


Circolare 001/2018: La nuova modulistica di poste italiane per la notificazione postale e le comunicazioni connesse alla notificazione

Nel 2017 Poste Italiane aveva annunciato la predisposizione di una nuova modulistica per la notificazione postale e le comunicazioni connesse alla notificazione.

Dopo un anno in cui la vecchia e nuova modulistica hanno convissuto, Poste Italiane ha comunicato che dal prossimo 1° marzo 2018 accetterà solo le nuove buste e avvisi di ricevimento.

Poste ha inviato comunicazione che la data dalla quale dovrà essere utilizzata esclusivamente la nuova modulistica per la notifica postale e la RAG è prorogata al 2 maggio 2018.

Leggi: Circolare 2018-001 LA NUOVA MODULISTICA DI POSTE ITALIANE PER LA NOTIFICAZIONE POSTALE E LE COMUNICAZIONI CONNESSE ALLA NOTIFICAZIONE

Leggi anche: Raccomandata giudiziaria-scheda-tecnica 2018


Tesseramento anno 2019

La Giunta Esecutiva nella riunione del 03.02.2018 ha approvato le quote di iscrizione all’Associazione per l’anno 2019.
Le tipologie delle quote di adesione all’Associazione A.N.N.A. per l’anno 2019 sono:

Tipo

Descrizione/Qualifica

Importo

A Addetto all’Albo On Line €  70.00
B Addetto alla Casa Comunale €  70.00
C Altri Enti (IVA) €  323.00
D Altri Enti (TN) €  323.00
E Altro €  216.00
F Ausiliario del traffico €  70.00
G Avvocati/Commercialisti €  163.00
H Avvocato Comunale €  75.00
I Collaboratore Serv. Ausiliari €  70.00
L Comandante P.L. €  75.00
M Coordinatore Uff. Notifiche €  70.00
N Dirigente €  75.00
O Ditta €  323.00
P Ente Pubblico fino a 10.000 €  141.00
Q Ente Pubblico fino a 100.000 €  195.00
R Ente Pubblico oltre 100.000 €  270.00
S Ex Messo Comunale €  37.00
T Funzionario €  70.00
U Impiegato/Istruttore €  70.00
V Imprenditore €  270.00
Z Lavoratore Socialmente Utile €  70.00
AA Messo Comunale €  70.00
BB Messo Comunale e Notificatore €  70.00
CC Messo Comunale/Accertatore Anagrafico €  70.00
DD Messo del Giudice di Pace €  70.00
EE Messo Esattoriale €  70.00
FF Messo Notificatore €  70.00
GG Messo Notificatore Provinciale €  70.00
HH Messo Provinciale €  70.00
II Polizia Locale €  70.00
LL Portalettere/Messo Notificatore €  70.00
MM Privato €  268.00
NN Responsabile P.O. €  75.00
OO Responsabile Uff. Notifiche €  70.00
PP Segretario Comunale €  75.00
QQ Socio fondatore CA €  32.00
RR Ufficiale di Riscossione €  70.00
SS Ufficiale Giudiziario €  70.00
UC Unione dei Comuni € 323,00

L’iscrizione delle tipologie A, B, F, G, H, I, L, M, N, T, U, Z, AA, BB, CC, DD, EE, FF, GG, HH, II, LL, NN, OO, QQ, RR, SS, comprendono la copertura assicurativa oltre alle agevolazioni previste dalle convenzioni che l’Associazione ha già stipulato e che effettuerà.

Qualora venga richiesta la fattura elettronica, occorrerà aggiungere agli importi che superano €  77,47  l’imposta di bollo di € 2,00.

Le quote di adesione all’Associazione devono pervenire al netto delle spese bancarie, che sono a carico di chi effettua il versamento.

La Giunta Esecutiva dell’Associazione nella seduta del 3 febbraio 2018 ha deliberato, tra l’altro, il rinnovo delle opportunità, riconfermate in data 18.06.2016, al fine di favorire l’adesione dei Comuni o delle loro forme Associate (Unioni, Consorzi, etc …) che rinnovano l’iscrizione all’Associazione.

  • Tutti gli Enti che, già soci nell’anno precedente, rinnoveranno l’adesione ad A.N.N.A. entro il 31 gennaio dell’anno 2019, avranno diritto a:
    • Iscrizione gratuita ad A.N.N.A. di un proprio dipendente (preferibilmente che svolga le mansioni di Messo Comunale/Messo Notificatore);
    • Sconto del 15% sul costo dell’iscrizione dei propri dipendenti, fino ad un massimo di 10, ai corsi di formazione organizzati da A.N.N.A.. Tale sconto si applica su tutte le quote di partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Associazione A.N.N.A.. Lo sconto non si applica qualora siano presenti altre promozioni.

Scarica: Modulo adesione Messo Comunale 2019

Scarica: Modulo adesione Dirigente 2019

Scarica: Modulo adesione Ente 2019

Scarica: Riepilogo Quote Iscrizione 2019

Leggi: Perché iscriversi 2019


Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 28-09-2017) 16-02-2018, n. 3805

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29404/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PANAMA 68, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1450/2016 della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA, depositata il 18/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

Svolgimento del processo
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania, n. 1450/44/16 dep. 18.2.2016, emessa su riassunzione del giudizio originato dal silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso proposto da D.A.M., ex dirigente Enel, di cui alla sentenza della Cassazione n. 241/2014, che aveva accolto il ricorso del contribuente demandando alla C.T.R. di “quantificare la somma corrispondente al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato” su cui applicare l’aliquota del 12,50%.

La C.T.R., sulla base della certificazione rilasciata dall’Enel, su cui è stata applicata l’aliquota TFR del 32,46%, ha ritenuto applicabile l’aliquota del 12,50% sul rendimento certificato dall’Enel, disponendone il rimborso.

D.A.M. si costituisce con controricorso e deposita successiva memoria.

L’Agenzia delle entrate deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per cassazione proposta dal controricorrente per carenza della prescritta sottoscrizione digitale del ricorso e della relata di notifica.

1.1.Va premesso che la notificazione telematica degli atti è disciplinata: dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, artt. 1, 3 bis, 6, 9 e 11; dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 septies, conv. L. n. 221 del 2012; dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18; dagli artt. 13 e 19 bis del Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16 aprile 2014, oltre che dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma della L. 16 gennaio 2003, n. 3, art. 27) e dal D.P.C.M. 2 novembre 2005 (Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata). In particolare la L. n. 53 del 1994, nel disciplinare le modalità di notifica tramite PEC, rimanda all’art. 19 bis cit. (Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati – art. 18 del regolamento), emanate in attuazione del codice dell’amministrazione digitale, che al comma 1, e al comma 2, prevede solo che l’atto sia in formato PDF; ciò anche nell’ipotesi di notifica tramite PEC da eseguirsi in un procedimento dinanzi alla Corte di cassazione.

1.2.Ciò premesso l’Avvocatura di stato ha regolarmente depositato l’attestazione di conformità – del ricorso, delle relazioni di notifica e di tutta la documentazione – all’originale informatico dell’atto, sottoscritto con firma digitale e notificato come allegato ai messaggi di posta elettronica certificata, ai sensi della L. n. 53 del 1994, artt. 6 e 9, e del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 23. Non è quindi esatto quanto afferma il controricorrente, sia con riferimento alla mancanza della firma digitale nel ricorso notificato via PEC, data la presenza di attestato di conformità all’originale informatico, sia circa la successiva modificabilità del documento sottoscritto con firma digitale PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures), poichè questa può essere verificata aprendo il file con l’idoneo programma (Acrobat Reader) opportunamente impostato, che non consente di inficiare la validità del documento firmato originariamente.

1.3.Peraltro le Sezioni Unite (con sentenza n. 7665 del 18 aprile 2016) hanno stabilito che anche alle notifiche PEC deve applicarsi il principio, sancito in via generale dall’art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato; principio che vale anche per le notificazioni, per le quali la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario, statuendo altresì, riguardo alla modalità con la quale l’eccezione di nullità viene sollevata, 11nammissibilità dell’”eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, “senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte”.

1.4.Quanto alla ulteriore deduzione di inammissibilità del ricorso per mancanza della firma nella relata di notifica, è anch’essa infondata, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di notificazione del ricorso per cassazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC), la mancanza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non è causa d’inesistenza dell’atto, potendo la stessa essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilità della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, essendosi comunque raggiunti la conoscenza dell’atto e, dunque, lo scopo legale della notifica (Cass. n. 6518 del 2017).

2. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione di legge (art. 383, 392 e 393 c.p.c., nonchè artt. 16 e 17, art. 41 comma 1, lett. g) quater, e art. 42, comma 4 del TUIR, in relazione al D.L. n. 669 del 1996, art. 1 comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997; al D.Lgs. 124 del 1993, art. 13, comma 9; alla L. n. 335 del 1995, art. 11, comma 3), per avere la C.T.R. erroneamente calcolato il rendimento come semplice differenza fra il capitale versato e il capitale liquidato, senza tener conto delle modalità contrattuali con le quali questo capitale veniva impiegato, alla luce del contratto che regola il Fondo.

3. Col secondo motivo si deduce error in procedendo ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 111 Cost., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e artt. 112 e 132 c.p.c., per nullità della sentenza, che si è limitata a rinviare ai conteggi provenienti dall’Enel e dal contribuente, con ciò mancando di motivazione.

4. Col terzo motivo del ricorso si deduce violazione di legge, D.Lgs. 124 del 1993, art. 13, comma 9; D.L. n. 669 del 1996, art. 1 comma 5, conv. in L. n. 30 del 1996; artt. 16, 17, 42 TUIR. 5. Col quarto motivo si lamenta violazione di legge art. 2697 c.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.

6. Col quinto motivo si censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo, inerente alla natura giuridica del rendimento sulla base della disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo Fondenel/Pia, e omesso esame dell’impiego sui mercati dal capitale affluito nel Fondo PIA. 7. Il ricorso va accolto nei termini di cui in prosieguo.

7.1. Sulla questione si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte (n. 13642 del 2011), che hanno affermato il seguente principio: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17″.

7.2.Alla stregua di tali principi, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica agli iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale (FONDENEL/P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993), sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi maturati entro il 31.12.2000 che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale.

7.3. Tali principi, non sono risultati però, di fatto, interamente risolutivi delle controversie pendenti, essendo emerse tra le parti in lite – nella presente come in altre controversie, come anche nei giudizi di rinvio dalla cassazione – contrapposte interpretazioni circa il concetto di “rendimento netto”, cui applicare la detta ritenuta del 12,5%.

7.4.Di recente questa Corte ha avuto modo di precisare ulteriormente i principi espressi dalla citata sentenza delle S.U., affermando il seguente principio di diritto, che si intende qui ribadire: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate” (Cass. 26/04/2017, n. 10285 e Cass. n. 12267 del 17/05/2017).

8. In tali termini il ricorso merita pertanto accoglimento e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per nuovo esame, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2018


Inquadramento contrattuale dei Messi Comunali

In occasione dell’attuale fase di rinnovo contrattuale del comparto autonomie Locali, l’Associazione ha ritenuto utile sottoporre all’attenzione delle Organizzazioni sindacali alcune considerazioni e proposte maturate nel dibattito interno e in occasioni pubbliche in merito alla attuale classificazione degli operatori nostri associati.

Leggi: CCNL rinnovo pro memoria inquadramento Messi Comunali 2018


Cass. civ., Sez. VI – 5, Ord., (data ud. 30/11/2017) 07/02/2018, n. 2877

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20224/2016 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, rappresentato e difeso dall’avvocato TIZIANO LUCCHESE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 661/6/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO, depositata il 04/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 30/11/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La CTR Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, in riforma della pronunzia di primo grado, ha ritenuto la legittimità della cartella di pagamento impugnata da B.S. ritenendo ben notificati, con le forme di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), gli atti prodromici, tenuto conto dell’irreperibilità assoluta del contribuente acclarata dal messo notificatore attraverso le notizie acquisite dal custode dello stabile ove era ubicato il di lui domicilio fiscale e pure confermata dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio dall’Ufficio.

Il B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con l’unico motivo proposto il ricorrente prospetta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e).

La CTR avrebbe dovuto rilevare l’assenza dei presupposti per ritenere l’irreperibilità assoluta dal contribuente, non avendo il messo notificatore compiuto alcuna ricerca circa l’esistenza di un ufficio o azienda del contribuente. Ricerche che, ove compiute, avrebbe agevolmente consentito all’amministrazione di individuare il luogo di lavoro in Milano ed in mancanza delle quali non poteva dirsi regolare il compimento della notifica con le modalità di cui all’art. 60, lett. e) cit.

Il ricorso è fondato.

E’ noto, in linea generale, che secondo questa Corte la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.c., solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto, mentre va effettuata del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e), quando il notificatore non reperisca il contribuente perchè trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che il trasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune del domicilio fiscale – cfr. Cass. n. 6788/2017.

Orbene, la questione assume particolare rilievo in relazione alla circostanza che per le ipotesi di c.d. irreperibilità relativa correlata al trasferimento nell’ambito dello stesso Comune disciplinate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e) – la notifica si perfeziona con il compimento delle attività stabilite dall’art. 140 c.p.c., richiamato dalla disposizione appena citata, occorrendo oltre al deposito di copia dell’atto nella casa del comune in cui la notificazione deve eseguirsi, all’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione o ufficio o azienda del destinatario anche la comunicazione con raccomandata A.R. dell’avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto e il ricevimento della raccomandata informativa – ovvero il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione della detta raccomandata -.

Per converso, alle ipotesi di c.d. irreperibilità assoluta – agganciata al trasferimento del contribuente in diverso comune da quello in cui il contribuente aveva il domicilio fiscale la medesima disposizione sopra ricordata richiede, accanto al deposito dell’atto nella casa comunale, l’affissione dell’avviso nell’albo e il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione.

Ciò posto, questa Corte, affrontando il tema delle modalità che il messo notificatore o ufficiale giudiziario devono seguire per attivare in modo rituale il meccanismo notificatorio di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), in caso di irreperibilità assoluta, ha ritenuto che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più nè abitazione, nè ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto – Cass. n. 6911/2017, Cass. n. 4502/2017-.

Questa Corte (Cass. n. 12509/2016) ha perciò ritenuto che il messo deve pervenire all’accertamento del trasferimento del destinatario in luogo sconosciuto dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune; con riferimento proprio alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento delle ricerche, va evidenziato che “nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute nè con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purchè emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame” – conf. Cass. n. 2884/2017-.

Orbene, a tali principi non si è attenuto il giudice di merito ritenendo sufficiente le attività di ricerca del contribuente eseguite presso il custode, la genericità delle quali, peraltro, proprio in relazione alla loro vaghezza, avrebbe reso vieppiù necessaria un’ulteriore attività di verifica volta ad acclarare se il trasferimento del contribuente fosse avvenuto all’interno del comune o presso altro comune, attraverso la verifiche delle risultanze anagrafiche.

Non pare decisivo, per ritenere il contrario, evocare, come invece ha fatto la CTR, altro precedente di questa Corte – Cass. n. 12526/2014 – in tema di notificazione compiuta alla stregua dell’art. 143, allorchè si è ritenuto che “…l’ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l’ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall’art. 143 c.p.c., va valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’art. 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l’adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, portiere della casa in cui il notificando risulti aver avuto la sua ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l’attuale suo domicilio (residenza o dimora)”.

Ed infatti, è evidente la specialità del sistema notificatorio previsto dal ricordato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, rispetto alla disciplina codicistica oggetto del precedente di questa Corte da ultimo ricordato che, per l’un verso, non consente l’estensione dei principi giurisprudenziali evocati dalla CTR e, per altro verso, rende dovuta da parte del messo notificatore un’attività di verifica volta a stabilire se il mancato rinvenimento del destinatario della notifica fosse stato riconducibile ad un trasferimento all’interno dello stesso comune ove risulta essere domiciliato ovvero al di fuori di esso.

Ne consegue che proprio rispetto al caso di specie, la verifica operata dal messo in ordine al fatto che il contribuente, in relazione alle generiche notizie fornite dal custode, risultava trasferito in località “non nota”, avrebbe dovuto indurre l’ufficiale notificante a compiere le verifiche necessarie al fine di acclarare se il trasferimento fosse avvenuto nel comune ovvero al di fuori del comune di domicilio. Verifiche che avrebbero ineludibilmente richiesto l’esame dei registri anagrafici che, per converso, il messo notificante non ha minimamente compulsato.

Nè a sopperire tale mancanza può risultare utile la verifica “ex post” che la CTR inteso valorizzare tenendo in considerazione elementi acquisiti aliunde, essendo sul punto sufficiente rammentare che secondo questa Corte (Cass. n. 24260/2014) deve escludersi che l’attestazione circa l’irreperibilità o il trasferimento in altro comune possa essere fornita dalla parte, nel corso del giudizio, laddove il messo notificatore abbia attestato la sola irreperibilità, senza ulteriore attestazione in ordine alle ricerche compiute “per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune”.

Orbene, a tali principi non si è conformato il giudice di appello, considerando idonee a giustificare il ricorso alla notifica di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), unicamente le informazioni raccolte dal custode dello stabile ove era ubicato il domicilio fiscale del contribuente circa il di lui trasferimento in località non nota.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2018


Modulistica aggiornata: anno 2018 al 20.03.2018

«Ai fini della ritualità e validità della relazione di notifica si rivela del tutto irrilevante l’uso di un timbro anziché della scrittura al fine di descrivere le operazioni svolte, dovendo tenersi conto delle operazioni indicate dal pubblico ufficiale, indipendentemente dallo strumento utilizzato per indicarle» (Cass. civ., sez. I, 12.5.1998, n. 4762). Le relate di notifica devono essere correttamente compilate (complete del Cognome e Nome del notificatore e della sua qualifica, possibilmente a stampa o con timbro, oltre che della di lui sottoscrizione) sia sull’originale che sulla copia che è consegnata al destinatario o chi per lui o depositata nella Casa Comunale.

Si ricorda che la relata di notifica deve essere apposta in calce all’atto, cioè in fondo (od al limite dietro l’ultima pagina) e non davanti o dove vi è spazio nel corpo dell’atto.

Leggi/scarica: MODULISTICA 2018 al 20 03 2018


Giornata di Studio Lainate (MI) – 23.04.2018

Locandina GdS Lainate 2018LA NOTIFICA ON LINE

Lunedi 23 aprile 2018

Comune di Lainate (MI)

Ariston Urban Center

Biblioteca

Largo Vittorio Veneto, 17/21

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Lainate (MI)
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2017 con rinnovo anno 2018 già pagato al 31.12.2017. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2018 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Lainate 2018 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 170,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • €  80,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2018 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 200,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 4Asirelli Corrado

Coord. Servizio Notifiche del Comune di Cesena FC

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2018

Scarica: Depliant Giornata di Studio Lainate 2018

Vedi: Piantina stradale Ariston Urban Center

Vedi: Fotografie della Giornata di Studio a Lainate MI

Vedi: Video della Giornata di Studio a Lainate MI

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE G.d.S. Lainate MI 2018

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2018

  1. Comunicazione Associazione Senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000)
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  6. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  7. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  8. Documento di identità  personale del Legale Rappresentante pro tempore