D.P.R. n. 223 del 30.05.1989 – Regolamento anagrafico

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 maggio 1989, n. 223(1).

Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente .

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 1989, n. 132.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l’art. 87 della Costituzione;

Visto l’art. 13 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1958, n. 136, con il quale è stato emanato il regolamento di esecuzione della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sull’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente;

Ritenuta la necessità di procedere, sotto il profilo giuridico, economico, sociale ed organizzativo, all’aggiornamento della disciplina regolamentare in materia di servizi anagrafici;

Udito il parere del Consiglio di Stato;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1988, con il quale veniva approvato il regolamento anagrafico della popolazione residente;

Considerato che la Corte dei conti ha formulato osservazioni in merito ad alcune disposizioni del predetto regolamento;

Ritenuta pertanto l’opportunità di sopprimere, in adesione ai rilievi predetti gli articoli da 27 a 33 ed il comma 3 dell’art. 57, concernenti la tenuta delle anagrafi degli italiani residenti all’estero, in quanto la materia risulta disciplinata dalla sopravvenuta legge 27 ottobre 1988, n. 470;

Ritenuto altresì di procedere alla modifica della rubrica del capo IV;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 maggio 1989;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell’interno, di grazia e giustizia, delle finanze e del tesoro;

Emana il seguente decreto:

1. È approvato l’unito regolamento, vistato dal proponente, sul nuovo ordinamento anagrafico, in sostituzione dell’analogo regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1958, n. 136.

Regolamento anagrafico della popolazione residente

Capo I

Anagrafe della popolazione residente, ufficiale di anagrafe delegato, famiglie e convivenze anagrafiche

1.  Anagrafe della popolazione residente.

1. L’anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.

2. L’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza.

3. Nelle schede di cui al comma 2 sono registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d’ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile.

2.  Delega delle funzioni di ufficiale di anagrafe.

1. Il sindaco può delegare e revocare in tutto o in parte le funzioni di ufficiale di anagrafe ad un assessore, al segretario comunale o ad impiegati di ruolo del comune ritenuti idonei.

1-bis. In caso di esigenze straordinarie e temporalmente limitate è consentita la delega a impiegati non di ruolo del comune ritenuti idonei e che abbiano ricevuto apposita formazione (2).

2. In caso di assenza del sindaco, la funzione di ufficiale di anagrafe può essere esercitata dall’assessore delegato o dall’assessore anziano ed, in mancanza degli assessori, dal consigliere anziano.

3. Ogni delega o revoca deve essere approvata dal prefetto come previsto dall’ultimo comma dell’art. 3 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.

(2) Comma aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 5 maggio 2009, n. 79.

3.  Popolazione residente.

1. Per persone residenti nel comune s’intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune.

2. Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altri comuni o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata.

4.  Famiglia anagrafica.

1. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

2. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona.

5.  Convivenza anagrafica.

1. Agli effetti anagrafici per convivenza s’intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune.

2. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a se stanti.

3. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica.

6.  Responsabili delle dichiarazioni anagrafiche.

1. Ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui all’art. 13. Ciascun componente può rendere inoltre le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni degli altri componenti della famiglia.

2. Agli effetti degli stessi adempimenti la convivenza ha un suo responsabile da individuare nella persona che normalmente dirige la convivenza stessa.

3. Le persone che rendono le dichiarazioni anagrafiche debbono comprovare la propria identità mediante l’esibizione di un documento di riconoscimento.

Capo II

Iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche

7.  Iscrizioni anagrafiche.

1. L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente viene effettuata:

a) per nascita, nell’anagrafe del comune ove sono iscritti i genitori o nel comune ove è iscritta la madre qualora i genitori siano iscritti in anagrafi diverse, ovvero, quando siano ignoti i genitori, nell’anagrafe ove è iscritta la persona o la convivenza cui il nato è stato affidato;

b) per esistenza giudizialmente dichiarata;

c) per trasferimento di residenza da altro comune o dall’estero dichiarato dall’interessato oppure accertato secondo quanto è disposto dall’art. 15, comma 1, del presente regolamento, tenuto conto delle particolari disposizioni relative alle persone senza fissa dimora di cui all’art. 2, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, nonché per mancata iscrizione nell’anagrafe di alcun comune.

2. Per le persone già cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse devesi procedere a nuova iscrizione anagrafica.

3. Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l’obbligo di rinnovare all’ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo e, comunque, non decadono dall’iscrizione nella fase di rinnovo del permesso di soggiorno. Per gli stranieri muniti di carta di soggiorno, il rinnovo della dichiarazione di dimora abituale è effettuato entro sessanta giorni dal rinnovo della carta di soggiorno. L’ufficiale di anagrafe aggiornerà la scheda anagrafica dello straniero, dandone comunicazione al questore (3).

4. Il registro di cui all’art. 2, comma quarto, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, è tenuto dal Ministero dell’interno presso la prefettura di Roma. Il funzionario incaricato della tenuta di tale registro ha i poteri e i doveri dell’ufficiale di anagrafe.

(3) Comma così sostituito prima dall’art. 15, comma 2, D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e poi dall’art. 14, D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.).

8.  Posizioni che non comportano l’iscrizione anagrafica.

1. Non deve essere effettuata, né d’ufficio, né a richiesta dell’interessato, l’iscrizione anagrafica nel comune, per trasferimento di residenza, delle seguenti categorie di persone:

a) militari di leva, nonché pubblici dipendenti e militari di carriera (compresi i carabinieri, il personale di polizia di Stato, le guardie di finanza ed i militari che abbiano, comunque, contratto una ferma) distaccati presso scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento;

b) ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purché la permanenza nel comune non superi i due anni; tale periodo di tempo decorre dal giorno dell’allontanamento dal comune di iscrizione anagrafica;

c) detenuti in attesa di giudizio.

9.  Trasferimento di residenza della famiglia.

1. Il trasferimento di residenza della famiglia in altro comune comporta, di regola, anche il trasferimento di residenza dei componenti della famiglia stessa eventualmente assenti perché appartenenti ad una delle categorie indicate nell’art. 8.

10.  Mutazioni anagrafiche.

1. La registrazione nell’anagrafe della popolazione residente delle mutazioni relative alle posizioni anagrafiche degli iscritti viene effettuata:

a) ad istanza dei responsabili di cui all’art. 6 del presente regolamento;

b) d’ufficio, per le mutazioni conseguenti alle comunicazioni di stato civile e per movimenti nell’ambito del comune, non dichiarati dall’interessato ed accertati secondo quanto è disposto dall’art. 4 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dall’art. 15, comma 1, del presente regolamento.

11.  Cancellazioni anagrafiche.

1. La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente viene effettuata:

a) per morte, compresa la morte presunta giudizialmente dichiarata;

b) per trasferimento della residenza in altro comune o all’estero, nonché per trasferimento del domicilio in altro comune per le persone senza fissa dimora;

c) per irreperibilità accertata a seguito delle risultanze delle operazioni del censimento generale della popolazione, ovvero, quando, a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona sia risultata irreperibile, nonché, per i cittadini stranieri, per irreperibilità accertata, ovvero per effetto del mancato rinnovo della dichiarazione di cui all’art. 7, comma 3, trascorsi sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno, previo avviso da parte dell’ufficio, con invito a provvedere nei successivi 30 giorni (4).

2. I nominativi delle persone risultate irreperibili devono essere comunicati, a cura dell’ufficiale di anagrafe, al prefetto entro trenta giorni dall’avvenuta cancellazione per irreperibilità; entro pari termine devono essere segnalate anche le eventuali reiscrizioni. Per le cancellazioni dei cittadini stranieri la comunicazione è effettuata al questore (5).

(4) Lettera prima sostituita dall’art. 15, comma 3, D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e poi così modificata dal comma 28 dell’art. 1, L. 15 luglio 2009, n. 94.

(5) Periodo aggiunto dall’art. 15, comma 4 D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

Capo III

Adempimenti anagrafici

12.  Comunicazioni dello stato civile.

1. Devono essere effettuate dall’ufficiale di stato civile le comunicazioni concernenti le nascite, le morti e le celebrazioni di matrimonio, nonché le sentenze dell’autorità giudiziaria e gli altri provvedimenti relativi allo stato civile delle persone.

2. Le comunicazioni relative alle nascite, alle morti ed alle celebrazioni di matrimonio devono essere effettuate mediante modelli conformi agli appositi esemplari predisposti dall’Istituto centrale di statistica.

3. Nei comuni in cui l’ufficio di stato civile è organicamente distinto dall’ufficio di anagrafe, le comunicazioni a quest’ultimo ufficio devono essere effettuate nel termine di tre giorni dalla formazione dell’atto di stato civile, ovvero dalla trascrizione di atti o verbali formati da altra autorità competente, ovvero dall’annotazione in atti già esistenti di sentenze e provvedimenti emessi da altra autorità.

4. Nei comuni in cui l’ufficio di stato civile non è organicamente distinto da quello di anagrafe, la registrazione sugli atti anagrafici delle notizie relative agli eventi di cui al comma 1, deve essere effettuata nel termine stabilito all’art. 17 del presente regolamento.

5. Le comunicazioni concernenti lo stato civile riflettenti persone non residenti nel comune devono essere effettuate al competente ufficio del comune di residenza entro il termine di dieci giorni con l’osservanza delle disposizioni sull’ «ordinamento dello stato civile». Per le persone residenti all’estero le comunicazioni devono essere effettuate con le stesse modalità al competente ufficio del comune nella cui AIRE sono collocate le schede anagrafiche delle stesse persone.

13.  Dichiarazioni anagrafiche.

1. Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all’art. 6 del presente regolamento concernono i seguenti fatti:

a) trasferimento di residenza da altro comune o dall’estero ovvero trasferimento di residenza all’estero;

b) costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;

c) cambiamento di abitazione;

d) cambiamento dell’intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza;

e) cambiamento della qualifica professionale;

f) cambiamento del titolo di studio.

2. Le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti devono essere rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti. Le dichiarazioni di cui alla lettera a) devono essere rese mediante modello conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica; ai dichiaranti deve essere rilasciata ricevuta.

3. Le dichiarazioni di cui alle lettere b), c), d), e) ed f), possono essere rese anche a mezzo di lettera raccomandata; le dichiarazioni di cui alle lettere e) ed f) devono essere corredate dalla necessaria documentazione.

4. Le dichiarazioni anagrafiche sono esenti da qualsiasi tassa o diritto.

14.  Documentazione per l’iscrizione di persone trasferitesi dall’estero.

1. Chi trasferisce la residenza dall’estero deve comprovare all’atto della dichiarazione di cui all’art. 13, comma 1, lettera a), la propria identità mediante l’esibizione del passaporto o di altro documento equipollente. Se il trasferimento concerne anche la famiglia, deve esibire inoltre atti autentici che ne dimostrino la composizione, rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di provenienza se straniero o apolide, o dalle autorità consolari se cittadino italiano.

2. [Per ottenere l’iscrizione gli stranieri devono esibire anche il permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno o risultare iscritti nello schedario della popolazione temporanea di uno stesso comune da almeno un anno. Se l’iscrizione è effettuata per questo secondo motivo, l’ufficiale di anagrafe deve darne comunicazione alla competente autorità di polizia] (6).

(6) Comma abrogato dall’art. 13, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, riportato al n. Y/XIV.

15.  Accertamenti di ufficio in caso di omessa dichiarazione delle parti.

1. Qualora l’ufficiale di anagrafe accerti, a seguito delle indagini di cui all’art. 4 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, che non siano state rese, per fatti che comportino l’istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, le prescritte dichiarazioni di cui all’art. 13 del presente regolamento, deve invitare gli interessati a renderle.

2. Nel caso di mancata dichiarazione, l’ufficiale di anagrafe provvede ai conseguenti adempimenti e li notifica agli interessati entro dieci giorni.

16.  Segnalazioni particolari.

1. Quando risulti che una persona o una famiglia iscritta nell’anagrafe del comune abbia trasferito la residenza in altro comune dal quale non sia pervenuta la richiesta di cancellazione, l’ufficiale di anagrafe deve darne notizia all’ufficiale di anagrafe del comune nel quale la persona o la famiglia risulta di fatto trasferitasi, per i conseguenti provvedimenti.

2. Nel caso di persona che dichiari per sé e/o per i componenti della famiglia di provenire dall’estero, l’ufficiale di anagrafe del comune nel quale essa intende stabilire la residenza, prima di procedere all’iscrizione, deve segnalare tale fatto, mediante l’inoltro di una regolare pratica migratoria, all’ufficiale di anagrafe del comune di eventuale precedente iscrizione anagrafica affinché questo, qualora non sia stata a suo tempo effettuata la cancellazione per l’estero, provveda alla cancellazione per emigrazione nel comune che ha segnalato il fatto. L’iscrizione viene pertanto effettuata con provenienza dal comune di precedente iscrizione e non dall’estero; ove la cancellazione per l’estero sia stata invece a suo tempo effettuata, si procede ad una iscrizione con provenienza dall’estero.

17.  Termine per le registrazioni anagrafiche.

1. L’ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell’anagrafe entro tre giorni dalla data di ricezione delle comunicazioni dello stato civile o delle dichiarazioni rese dagli interessati, ovvero dagli accertamenti da lui disposti.

18.  Decorrenza dell’iscrizione e cancellazione anagrafica.

1. Le dichiarazioni rese dagli interessati, di cui all’art. 13, comma 1, lettera a), del presente regolamento, relative ai trasferimenti di residenza da altro comune o i provvedimenti che le sostituiscono, devono essere trasmessi, entro venti giorni, dall’ufficiale di anagrafe che li ha ricevuti o adottati al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. Le notizie anagrafiche rese dagli interessati all’atto delle dichiarazioni di cui all’art. 13 devono essere controllate, ed eventualmente rettificate, dal comune di precedente iscrizione anagrafica, sulla base degli atti anagrafici in suo possesso. Lo stesso comune, ove lo ritenga necessario, deve disporre gli opportuni accertamenti per appurare se sussistono i motivi per la cancellazione dall’anagrafe. I termini per la registrazione anagrafica di cui all’art. 17 decorrono dal giorno di ricezione della conferma di cancellazione.

2. La cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione e l’iscrizione nell’anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel comune di nuova residenza.

3. Il comune di precedente iscrizione, che per giustificati motivi non sia in grado di ottemperare alla richiesta di cancellazione nel termine di venti giorni, deve darne immediata comunicazione al comune richiedente, precisando le ragioni e fissando il termine entro il quale provvederà agli adempimenti richiesti.

4. Qualora, trascorso quest’ultimo termine, non si fosse fatto luogo agli adempimenti richiesti, il comune richiedente ne solleciterà l’attuazione, dando nel contempo comunicazione alla prefettura dell’avvenuta scadenza dei termini da parte del comune inadempiente.

5. Quando, a seguito degli accertamenti, l’ufficiale di anagrafe ritiene di non acccogliere la richiesta di iscrizione, deve darne immediata comunicazione all’interessato, specificandone i motivi.

6. Per le persone non iscritte in anagrafe e risultanti abitualmente dimoranti nel comune in base all’ultimo censimento della popolazione, l’iscrizione anagrafica decorre dalla data della dichiarazione resa dall’interessato di cui all’art. 13, comma 1, lettera a), del presente regolamento.

7. Le vertenze che sorgono tra uffici anagrafici in materia di trasferimento di residenza sono risolte dal prefetto se esse interessano comuni appartenenti alla stessa provincia e dal Ministero dell’interno, sentito l’Istituto centrale di statistica, se esse interessano comuni appartenenti a province diverse.

8. Le segnalazioni al Ministero dell’interno vengono effettuate dalle competenti prefetture, dopo aver disposto gli opportuni accertamenti il cui esito viene comunicato, corredato degli atti dei comuni interessati, con eventuale parere.

19.  Accertamenti richiesti dall’ufficiale di anagrafe.

1. Gli uffici di cui all’art. 4, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sono tenuti a fornire all’ufficiale di anagrafe le notizie da esso richieste per la regolare tenuta dell’anagrafe della popolazione residente.

2. L’ufficiale di anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica.

3. Ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa da chi richiede l’iscrizione anagrafica, l’ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.

Capo IV

Formazione ed ordinamento dello schedario anagrafico della popolazione residente. Schedario degli italiani residenti all’estero (AIRE)

20.  Schede individuali.

1. A ciascuna persona residente nel comune deve essere intestata una scheda individuale, conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica, sulla quale devono essere indicati il sesso, la data e il comune di nascita, lo stato civile, la professione, arte o mestiere abitualmente esercitato o la condizione non professionale, il titolo di studio, nonché l’indirizzo dell’abitazione.

2. L’inserimento nelle schede individuali di altre notizie, oltre a quelle già previste nella scheda stessa, può essere effettuato soltanto previa autorizzazione da parte del Ministero dell’interno, d’intesa con l’Istituto centrale di statistica, a norma dell’art. 12 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228. Nella scheda riguardante i cittadini stranieri sono comunque indicate la cittadinanza e la data di scadenza del permesso di soggiorno o il rilascio o rinnovo della carta di soggiorno (7).

3. Per le donne coniugate o vedove le schede devono essere intestate al cognome da nubile.

4. Le schede individuali debbono essere tenute costantemente aggiornate e devono essere archiviate quando le persone alle quali sono intestate cessino di far parte della popolazione residente del comune.

(7) Periodo aggiunto dall’art. 15, comma 6 D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

21.  Schede di famiglia.

1. Per ciascuna famiglia residente nel comune deve essere compilata una scheda di famiglia, conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono.

2. La scheda di famiglia deve essere intestata alla persona indicata all’atto della dichiarazione di costituzione della famiglia di cui al comma 1 dell’art. 6 del presente regolamento. Il cambiamento dell’intestatario avviene solo nei casi di decesso o di trasferimento.

3. In caso di mancata indicazione dell’intestatario o di disaccordo sulla sua designazione, sia al momento della costituzione della famiglia, sia all’atto del cambiamento dell’intestatario stesso, l’ufficiale di anagrafe provvederà d’ufficio intestando la scheda al componente più anziano e dandone comunicazione all’intestatario della scheda di famiglia.

4. Nella scheda di famiglia, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della famiglia e cancellate le persone che cessino di farne parte; in essa devono essere tempestivamente annotate altresì le mutazioni relative alle posizioni di cui al comma 1.

5. La scheda deve essere archiviata per scioglimento della famiglia o per trasferimento di essa in altro comune o all’estero.

22.  Schede di convivenza.

1. Per ciascuna convivenza residente nel comune deve essere compilata una scheda di convivenza, conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla medesima, nonché quelle dei conviventi residenti.

2. Sul frontespizio della scheda devono essere indicati la specie e la denominazione della convivenza ed il nominativo della persona che normalmente la dirige.

3. Nella scheda di convivenza, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della convivenza e cancellate le persone che cessano di farne parte.

4. La scheda di convivenza deve essere tenuta al corrente delle mutazioni relative alla denominazione o specie della convivenza, al responsabile di essa, alla sede della stessa ed alle posizioni anagrafiche dei conviventi.

5. La scheda di convivenza deve essere archiviata per cessazione della convivenza o per trasferimento di essa in altro comune o all’estero.

23.  Conservazione delle schede anagrafiche nelle anagrafi gestite con elaboratori elettronici.

1. Le schede individuali, di famiglia e di convivenza devono essere conservate e costantemente aggiornate anche se le anagrafi sono gestite con elaboratori elettronici, salvo in casi in cui una diversa gestione sia stata, a richiesta, autorizzata da parte del Ministero dell’interno, d’intesa con l’Istituto centrale di statistica.

2. Gli uffici anagrafici che utilizzano elaboratori elettronici devono adottare tutte le misure di sicurezza atte a garantire nel tempo la perfetta conservazione e la disponibilità dei supporti magnetici contenenti le posizioni anagrafiche dei cittadini.

24.  Ordinamento e collocazione delle schede individuali.

1. Le schede individuali devono essere collocate in ordine alfabetico di cognome e nome dell’intestatario. È data facoltà all’ufficiale di anagrafe di raccoglierle in schedari separati, per sesso.

2. Le schede degli stranieri devono essere collocate in uno schedario a parte.

25.  Ordinamento e collocazione delle schede di famiglia e di convivenza.

1. Le schede di famiglia e di convivenza devono essere collocate in ordine alfabetico di area di circolazione e, per ciascuna area di circolazione, in ordine crescente di numero civico, scala, corte ed interno.

26.  Archiviazione degli atti.

1. Le schede individuali e le schede di famiglia e di convivenza archiviate devono essere conservate a parte; le schede individuali devono essere collocate secondo l’ordine alfabetico del cognome e nome dell’intestatario e quelle di famiglia e di convivenza secondo il numero d’ordine progressivo che sarà loro assegnato all’atto dell’archiviazione; tale numero deve essere riportato sulle rispettive schede individuali, anche se archiviate precedentemente.

27.  Anagrafe degli italiani e residenti all’estero (AIRE).

1. La costituzione e la tenuta dell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) è disciplinata dalla legge 27 ottobre 1988, n. 470, e dal relativo regolamento di esecuzione.

Capo V

Uffici anagrafici periferici, anagrafi separate, schedario della popolazione temporanea

28.  Uffici anagrafici periferici.

1. Per una migliore funzionalità dei servizi anagrafici è consentita ai comuni che gestiscono le anagrafi con l’impiego di elaboratori elettronici l’istituzione di uffici periferici collegati con l’anagrafe centrale mediante mezzi tecnici idonei per la raccolta delle dichiarazioni anagrafiche ed il rilascio delle certificazioni.

29.  Istituzione delle anagrafi separate.

1. L’istituzione delle anagrafi separate di cui all’art. 7 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, può essere disposta dal prefetto qualora esista un separato ufficio di stato civile.

2. Delle istituzioni effettuate il prefetto dovrà dare notizia al Ministero dell’interno ed all’Istituto centrale di statistica.

30.  Attribuzioni delle anagrafi separate.

1. Le anagrafi separate funzionano da organi periferici dell’anagrafe comunale. Esse ricevono le comunicazioni dello stato civile e le dichiarazioni delle persone residenti o che intendono stabilire la residenza nelle circoscrizioni nelle quali sono istituite. Esse provvedono altresì al rilascio delle certificazioni anagrafiche.

31.  Corrispondenza delle anagrafi separate con l’anagrafe centrale.

1. L’originale delle schede di famiglia e di convivenza, nonché delle schede individuali che vengono formate presso le anagrafi separate viene trasmesso all’anagrafe centrale. Copia di dette schede viene custodita presso l’anagrafe separata per gli adempimenti di cui all’art. 30, con le modalità previste nel presente regolamento per l’ordinamento e la collocazione delle schede anagrafiche.

2. Ogni mutazione delle posizioni di cui all’art. 1 comma 3, del presente regolamento deve essere riportata con la stessa decorrenza tanto nell’originale quanto nella copia.

3. Qualora gli adempimenti di cui all’art. 29 possano essere più agevolmente assicurati con l’impiego di idonei mezzi tecnici, le anagrafi separate vengono dispensate dalla tenuta delle copie delle schede.

32.  Schedario della popolazione temporanea.

1. Lo schedario della popolazione temporanea concerne i cittadini italiani o gli stranieri che, essendo dimoranti nel comune da non meno di quattro mesi, non si trovano ancora in condizione di stabilirvi la residenza per qualsiasi motivo. Gli stranieri dimoranti nel comune da non meno di quattro mesi sono comunque iscritti nello schedario della popolazione temporanea quando non siano in possesso del permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno di cui al comma 2 dell’art. 14.

2. L’iscrizione viene effettuata a domanda dell’interessato o d’ufficio quando l’ufficiale di anagrafe venga a conoscenza della presenza della persona nel comune da non meno di quattro mesi.

3. L’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea esclude il rilascio di certificazioni anagrafiche.

4. La revisione dello schedario della popolazione temporanea deve essere effettuata periodicamente, almeno una volta l’anno, allo scopo di eliminare le schede relative a persone non più dimoranti temporaneamente nel comune:

a) perché se ne sono allontanate o sono decedute;

b) perché vi hanno stabilito la dimora abituale.

5. Ogni iscrizione o cancellazione dallo schedario deve essere comunicata all’ufficiale di anagrafe dell’eventuale comune di residenza.

Capo VI

Certificazioni anagrafiche

33.  Certificati anagrafici.

1. L’ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia.

2. Ogni altra posizione desumibile dagli atti anagrafici, ad eccezione delle posizioni previste dal comma 2 dell’art. 35, può essere attestata o certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di pubblico interesse, dall’ufficiale di anagrafe d’ordine del sindaco.

3. Le certificazioni anagrafiche hanno validità di tre mesi dalla data di rilascio (8).

(8) Per la validità delle certificazioni anagrafiche vedi, ora, l’art. 2, L. 15 maggio 1997, n. 127.

34.  Rilascio di elenchi degli iscritti nell’anagrafe della popolazione residente e di dati anagrafici per fini statistici e di ricerca.

1. Alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta, per esclusivo uso di pubblica utilità, l’ufficiale di anagrafe rilascia, anche periodicamente, elenchi degli iscritti nella anagrafe della popolazione residente (9).

2. Ove il comune disponga di idonee apparecchiature, l’ufficiale di anagrafe rilascia dati anagrafici, resi anonimi ed aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca.

3. Il comune può esigere dai richiedenti un rimborso spese per il materiale fornito.

(9) Vedi, anche, l’art. 177, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e il comma 6 dell’art. 1, D.L. 7 settembre 2007, n. 147.

35.  Contenuto dei certificati anagrafici.

1. I certificati anagrafici devono contenere l’indicazione del comune e della data di rilascio; l’oggetto della certificazione; le generalità delle persone cui la certificazione si riferisce, salvo le particolari disposizioni di cui alla legge 31 ottobre 1955, n. 1064; la firma dell’ufficiale di anagrafe ed il timbro dell’ufficio.

2. Non costituiscono materia di certificazione le notizie riportate nelle schede anagrafiche concernenti la professione, arte o mestiere, la condizione non professionale, il titolo di studio e le altre notizie il cui inserimento nelle schede individuali sia stato autorizzato ai sensi dell’art. 20, comma 2, del presente regolamento. Se in conseguenza dei mezzi meccanici che il comune utilizza per il rilascio dei certificati tali notizie risultino sui certificati stessi, esse vanno annullate prima della consegna del documento.

3. Il certificato di stato di famiglia deve rispecchiare la composizione familiare quale risulta dall’anagrafe all’atto del rilascio del certificato.

4. Previa motivata richiesta, l’ufficiale di anagrafe rilascia certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse.

36.  Ricorsi in materia di certificazioni anagrafiche.

1. Avverso il rifiuto opposto dall’ufficiale di anagrafe al rilascio dei certificati anagrafici e in caso di errori contenuti in essi, l’interessato può produrre ricorso al prefetto.

37.  Divieto di consultazione delle schede anagrafiche.

1. È vietato alle persone estranee all’ufficio di anagrafe l’accesso all’ufficio stesso e quindi la consultazione diretta degli atti anagrafici. Sono escluse da tale divieto le persone appositamente incaricate dall’autorità giudiziaria e gli appartenenti alle forze dell’ordine ed al Corpo della Guardia di finanza. I nominativi delle persone autorizzate ad effettuare la consultazione diretta degli atti anagrafici devono figurare in apposite richieste dell’ufficio o del comando di appartenenza; tale richiesta deve essere esibita all’ufficiale di anagrafe, unitamente ad un documento di riconoscimento. Resta salvo altresì il disposto dell’art. 33, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

2. [È consentita agli stessi la possibilità di collegarsi tramite terminali con le anagrafi dotate di elaboratori elettronici, ai soli fini di consultazione degli atti anagrafici] (10).

3. [Le richieste per la realizzazione di tali collegamenti devono essere sottoposte all’approvazione del Ministero dell’interno tramite le competenti prefetture] (11).

4. All’ufficiale di anagrafe devono essere comunicati i nomi e gli estremi dei documenti del personale abilitato alla consultazione, il quale opererà secondo modalità tecniche adottate d’intesa tra gli uffici anagrafici comunali e gli organi interessati.

(10) Il presente comma è stato abrogato dall’art. 77, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 444 e dall’art. 77, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

(11) Il presente comma è stato abrogato dall’art. 77, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 444 e dall’art. 77, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Capo VII

Adempimenti topografici ed ecografici

38.  Adempimenti topografici.

1. La ripartizione del territorio comunale in sezioni di censimento e le delimitazioni delle località abitate (centri e nuclei abitati), stabilite in occasione del censimento generale della popolazione sugli appositi piani topografici approvati dall’Istituto centrale di statistica, devono rimanere invariate sino al successivo censimento salvo quanto previsto nel comma 3 dell’art. 39.

2. La cartografia concernente le predette ripartizioni viene conservata presso l’ufficio statistica, ove esista, ovvero presso l’ufficio topografico od ecografico; nei comuni nei quali non esistono tali uffici la predetta cartografia viene custodita a cura dell’ufficio anagrafe.

3. Al fine di una migliore gestione dei dati topografici ed ecografici possono essere utilizzate le più avanzate metodologie e tecnologie cartografiche.

39.  Aggiornamento del piano topografico.

1. A cura degli uffici di cui all’art. 38 deve essere formata una copia del piano topografico stabilito in occasione dell’ultimo censimento.

2. In detta copia, devono essere riportate le mutazioni dipendenti dallo sviluppo edilizio, ivi comprese nuove opere pubbliche e simili.

3. Nel periodo intercensuario l’Istituto centrale di statistica impartisce le opportune istruzioni affinché vengano aggiornate periodicamente le delimitazioni delle località abitate in base all’intervenuto sviluppo edilizio.

4. Nello stesso periodo è fatto obbligo ai comuni di segnalare tempestivamente all’Istituto centrale di statistica, oltre che alle regioni competenti, l’insorgere di eventuali contestazioni territoriali.

40.  Formazione del piano topografico a seguito di variazioni territoriali.

1. I comuni costituiti dopo l’ultimo censimento generale della popolazione devono provvedere alla formazione del proprio piano topografico. Del pari devono provvedere alla formazione di un nuovo piano topografico i comuni che, a decorrere dalla data di tale censimento, hanno avuto modifiche territoriali.

2. La formazione di tali piani topografici deve essere effettuata al momento stesso della variazione territoriale, ma facendo riferimento, per quanto concerne la delimitazione delle località abitate, alla situazione rilevata all’ultimo censimento ed agli eventuali successivi aggiornamenti previsti dal comma 4 dell’art. 39.

41.  Adempimenti ecografici.

1. Ogni area di circolazione deve avere una propria distinta denominazione da indicarsi su targhe di materiale resistente.

2. Costituisce area di circolazione ogni spazio (piazza, piazzale, via, viale, vicolo, largo, calle e simili) del suolo pubblico o aperto al pubblico destinato alla viabilità.

3. L’attribuzione dei nomi deve essere effettuata secondo le norme di cui al regio decreto-legge 10 maggio 1923, n. 1158, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in quanto applicabili.

4. In caso di cambiamento di denominazione dell’area di circolazione deve essere indicata anche la precedente denominazione.

5. Nell’ambito del territorio comunale non può essere attribuita una stessa denominazione ad aree di circolazione dello stesso tipo, anche se comprese in frazioni amministrative diverse.

42.  Numerazione civica.

1. Le porte e gli altri accessi dall’area di circolazione all’interno dei fabbricati di qualsiasi genere devono essere provvisti di appositi numeri da indicarsi su targhe di materiale resistente.

2. L’obbligo della numerazione si estende anche internamente ai fabbricati per gli accessi che immettono nelle abitazioni o in ambienti destinati all’esercizio di attività professionali, commerciali e simili.

3. La numerazione degli accessi, sia esterni sia interni, deve essere effettuata in conformità alle norme stabilite dall’Istituto centrale di statistica in occasione dell’ultimo censimento generale della popolazione e alle successive eventuali determinazioni dell’Istituto stesso.

43.  Obblighi dei proprietari di fabbricati.

1. Gli obblighi di cui all’art. 42 devono essere adempiuti non appena ultimata la costruzione del fabbricato.

2. A costruzione ultimata e comunque prima che il fabbricato possa essere occupato, il proprietario deve presentare al comune apposita domanda per ottenere sia l’indicazione del numero civico, sia il permesso di abitabilità se trattasi di fabbricato ad uso di abitazione, ovvero di agibilità se trattasi di fabbricato destinato ad altro uso.

3. Con la domanda di cui al comma 2 il proprietario del fabbricato deve chiedere, occorrendo, anche la determinazione dei criteri per l’indicazione della numerazione interna da effettuarsi a cura del proprietario stesso. Qualora l’indicazione della numerazione interna non venga effettuata dal proprietario, vi provvede il comune addebitandogli la relativa spesa.

4. La domanda deve essere presentata mediante modello conforme all’apposito esemplare predisposto dall’Istituto centrale di statistica. In essa inoltre dovrà essere indicato il numero totale degli accessi, individuati secondo quanto prescritto nel comma 3 dell’art. 42.

44.  Comunicazioni da parte degli uffici topografico ed ecografico.

1. Nei comuni in cui gli adempimenti topografici ed ecografici sono esplicati da uffici organicamente distinti da quello di anagrafe, gli uffici predetti devono comunicare a quest’ultimo le disposizioni ed i provvedimenti, da essi presi, concernenti l’onomastica delle aree di circolazione e la numerazione civica.

2. Le comunicazioni predette devono essere effettuate entro lo stesso mese in cui i provvedimenti sono stati adottati; per i provvedimenti presi nell’ultima settimana del mese, la comunicazione può aver luogo nei primi sette giorni del mese successivo.

45.  Stradario.

1. In ciascun comune l’ufficio preposto agli adempimenti ecografici deve curare la compilazione e l’aggiornamento dello stradario secondo le indicazioni fornite dall’Istituto centrale di statistica.

Capo VIII

Revisioni da effettuarsi in occasione dei censimenti; altri adempimenti statistici

46.  Revisione delle anagrafi.

1. A seguito di ogni censimento generale della popolazione, i comuni devono provvedere alla revisione dell’anagrafe al fine di accertare la corrispondenza quantitativa e qualitativa di essa con le risultanze del censimento.

2. La documentazione desunta dai censimenti per la revisione delle anagrafi è soggetta alle norme che tutelano la riservatezza dei dati censuari.

3. La revisione viene effettuata secondo modalità tecniche stabilite nell’occasione dall’Istituto centrale di statistica.

4. Nell’intervallo tra due censimenti l’anagrafe deve essere costantemente aggiornata, in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni momento, con la situazione di fatto relativa al numero delle famiglie, delle convivenze e delle persone residenti nel comune.

47.  Revisione dell’onomastica stradale e della numerazione civica.

1. Nel quadro dei lavori preparatori ai censimenti generali della popolazione, i comuni devono provvedere alla revisione dell’onomastica delle aree di circolazione e della numerazione civica, al fine di adeguarle alla situazione di fatto esistente, avendo particolare riguardo ai cambiamenti di denominazione, all’apertura di nuove strade, a nuove costruzioni, ampliamenti, demolizioni, ecc.

2. La revisione predetta viene effettuata d’ufficio, indipendentemente dalla richiesta dei proprietari dei fabbricati di cui all’art. 43 ed a prescindere dall’eventuale carattere abusivo delle abitazioni di nuova costruzione.

3. È fatto obbligo ai comuni di osservare le modalità tecniche stabilite nell’occasione dall’Istituto centrale di statistica.

48.  Rilevazioni statistiche concernenti il movimento della popolazione residente.

1. Le rilevazioni statistiche concernenti il movimento naturale della popolazione residente ed i trasferimenti di residenza vengono effettuate dall’ufficiale di anagrafe in conformità ai modelli predisposti ed alle istruzioni impartite dall’Istituto centrale di statistica.

2. Ai fini predetti l’ufficiale di anagrafe deve riportare su registri conformi agli appositi esemplari predisposti dall’Istituto centrale di statistica il numero delle iscrizioni e delle cancellazioni effettuate per fatti derivanti dal movimento naturale della popolazione residente e per trasferimenti di residenza.

49.  Rilevazioni statistiche concernenti le abitazioni.

1. I competenti uffici comunali provvedono, nei termini e secondo le istruzioni impartite dall’Istituto centrale di statistica, alle varie rilevazioni di carattere ecografico concernenti, in particolare, le abitazioni di nuova costruzione, gli ampliamenti e le demolizioni.

50.  Adempimenti dell’ufficio di statistica.

1. Nei comuni nei quali esista un ufficio di statistica organicamente distinto ai sensi della legge 16 novembre 1939, n. 1823, i modelli di rilevazione, debitamente compilati in ogni loro parte, devono essere trasmessi all’Istituto centrale di statistica tramite il predetto ufficio, il quale deve curare altresì il controllo tecnico dei dati in essi riportati.

Capo IX

Vigilanza, sanzioni e disposizioni generali

51.  Particolari compiti del sindaco.

1. Il sindaco è tenuto a provvedere alle attrezzature occorrenti per la conservazione e la sollecita consultazione degli atti anagrafici, tenendo presenti le metodologie e le tecnologie più avanzate per la gestione delle anagrafi.

2. Inoltre il sindaco assicura la regolare esecuzione degli adempimenti topografici ed ecografici.

52.  Vigilanza del prefetto.

1. Il prefetto vigila affinché le anagrafi della popolazione residente e gli ordinamenti topografici ed ecografici dei comuni della provincia siano tenuti in conformità alle norme del presente regolamento e che siano rigorosamente osservati le modalità ed i termini previsti per il costante e sistematico aggiornamento degli atti, ivi compresi gli adempimenti di carattere statistico.

2. La vigilanza viene esercitata a mezzo di ispezioni da effettuarsi, almeno una volta all’anno in tutti i comuni, da funzionari della prefettura appartenenti alle carriere direttiva e di concetto, competenti in materia anagrafica e statistica.

3. L’esito dell’ispezione deve essere comunicato all’Istituto centrale di statistica.

53.  Vigilanza nelle regioni a statuto speciale.

1. Le funzioni che in materia di ordinamento delle anagrafi della popolazione residente sono demandate ai prefetti, vengono esercitate, nelle regioni a statuto speciale nelle quali manchi l’organo prefettizio, dagli organi cui siano state devolute le attribuzioni dei prefetti attinenti a servizi statali svolti dai comuni.

54.  Vigilanza esercitata dal Ministero dell’interno e dall’Istituto centrale di statistica.

1. L’alta vigilanza sulla regolare tenuta delle anagrafi è esercitata dal Ministero dell’interno e dall’Istituto centrale di statistica per mezzo di propri funzionari ispettori.

2. L’Istituto centrale di statistica vigila, tra l’altro, affinché da parte di tutti i comuni siano adottati modelli conformi agli appositi esemplari predisposti dall’Istituto stesso e promuove da parte dei comuni l’adozione di sistemi organizzativi e funzionali dei servizi anagrafici rispondenti ai progressi della tecnica amministrativa ed alle esigenze dei servizi stessi.

55.  Irregolarità ed inadempienze anagrafiche da parte dei comuni.

1. Qualora, a seguito delle ispezioni di cui agli articoli precedenti, risultassero situazioni irregolari nella tenuta delle anagrafi e degli ordinamenti topografici ed ecografici, il prefetto o, rispettivamente, il Ministero dell’interno e l’Istituto centrale di statistica possono disporre ispezioni di carattere straordinario, il cui onere viene posto a carico dei comuni inadempienti, salvo rivalsa nei confronti degli eventuali responsabili.

56.  Procedura per l’applicazione delle sanzioni.

1. Le contravvenzioni alle disposizioni della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, ed a quelle del presente regolamento commesse dalle persone aventi obblighi anagrafici devono essere accertate, con apposito verbale, dall’ufficiale di anagrafe.

2. Il verbale deve espressamente indicare se al contravventore sia stata o meno personalmente contestata la contravvenzione.

3. Al contravventore ammesso a pagare all’atto della contestazione la somma stabilita dall’articolo 11, comma terzo, della citata legge l’ufficiale di anagrafe è tenuto a rilasciare ricevuta dell’eseguito pagamento sull’apposito modulo, da staccare da un bollettario a madre e figlia, vidimato dal sindaco o da un suo delegato.

57.  Termine per l’adeguamento delle anagrafi al regolamento.

1. Entro un anno dall’entrata in vigore del presente regolamento i comuni devono uniformare ad esso la tenuta delle anagrafi.

58.  Abrogazione di precedenti norme in materia anagrafica.

1. Sono abrogati il «Regolamento di esecuzione della legge 24 dicembre 1954, n. 1228 , sull’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente», approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1958, n. 136 , ed ogni altra disposizione regolamentare contraria al presente regolamento.


Corte cost., (ud. 09-02-1989) 23-02-1989, n. 57

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, primo comma, seconda parte, e secondo e terzo comma (Stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali), promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre 1987 dal T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania – sul ricorso proposto da Lo Bello Giuseppe contro l’Ente Ospedaliero Provinciale specializzato “Istituto di Oncologia S. Curro” di Catania, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1988.

Visto l’atto di costituzione di Lo Bello Giuseppe nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 25 gennaio 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. – Il primo e il terzo comma dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979, sullo stato giuridico del personale delle U.S.L., sono manifestamente estranei alla materia del giudizio “a quo”, onde per queste norme la sollevata questione di legittimità costituzionale appare priva di rilevanza e perciò inammissibile. Il primo comma preclude la pretesa, in effetti non avanzata dal ricorrente, del riconoscimento formale della qualifica di aiuto radiologo (cui si può accedere soltanto mediante le procedure previste dagli artt. 9 e segg., restando così esclusa l’applicabilità dell’art. 2103 cod. civ.), non anche la pretesa del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori di fatto svolte. Il terzo comma concerne il caso di brevi assenze del titolare di una posizione funzionale più elevata, dovute a malattia, ferie, congedi, missioni e simili, caso ben diverso dalla supplenza di un posto vacante.

2. – Ai fini della decisione del giudizio “a quo” può venire in considerazione soltanto il secondo comma dell’art. 29, in quanto interpretato, come intende il giudice remittente, quale norma preclusiva del diritto del ricorrente a un compenso differenziale per le mansioni superiori cui di fatto e stato assegnato, indipendentemente dalla durata dell’assegnazione. Ma tale interpretazione, secondo cui la norma in esame avrebbe innovato “in peius” per i prestatori di lavoro rispetto alla regola precedente dell’art. 45, ultimo comma, dell’accordo nazionale 17 febbraio 1979, non è sostenibile. Come questa Corte ha già avuto occasione di avvertire (ord. n. 908 del 1988), il secondo comma dell’art. 29, essendo norma eccezionale, deve essere interpretato rigorosamente nel senso che l’adibizione temporanea a mansioni superiori per esigenze di servizio non dà diritto a variazioni del trattamento economico (cioè rientra nei doveri d’ufficio del sanitario) solo entro il limite temporale massimo ivi indicato (non applicabile al caso controverso, per il quale vale il limite di trenta giorni prescritto dalla precedente disciplina collettiva), onde il suo prolungamento oltre tale limite produce al datore di lavoro un arricchimento ingiustificato, che alla stregua dell’art. 36 della Costituzione, direttamente applicabile, determina l’obbligo di integrare il trattamento economico del dipendente nella misura corrispondente alla qualità del lavoro effettivamente prestato.

L’accoglimento della domanda del ricorrente nel giudizio di merito non è ostacolato dall’art. 29, secondo comma, nemmeno sotto il profilo del difetto di un provvedimento formale di assegnazione interinale alle mansioni inerenti al posto vacante di aiuto. La mancanza di questa condizione formale è supplita dal principio della prestazione di fatto di cui all’art 2126 cod. civ., applicabile anche ai rapporti di pubblico impiego.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, secondo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Catania, con ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979 citato, primo e terzo comma, sollevata dal nominato Tribunale amministrativo con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 9 febbraio 1989.


Corte cost., Sent., (data ud. 12/10/1988) 14/10/1988, n. 971

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 236 delle norme della Regione siciliana di cui al D.Lgs.P.Reg. 29 ottobre 1955, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana) a) e art. 85 lett. a) D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso con ordinanza emessa l’8 novembre 1985 dal TAR per la Sicilia Sez. di Catania sul ricorso proposto da Iuvara Vincenzo contro Comune di Ispica, iscritta al n. 248 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 1988;

Udito nella Camera di Consiglio del 12 ottobre 1988 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Svolgimento del processo
1. – Con ordinanza dell’8 novembre 1985 pervenuta addì 18 maggio 1988 (R.O. n. 248/88) il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia – Sezione di Catania – rimetteva a questa Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 236 in allegato al decreto legislativo presidenziale (della Regione siciliana) 29 ottobre 1955, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana) e dell’art. 85 lett. a) D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato).

In punto di fatto, Iuvara Vincenzo, dipendente del Comune di Ispica, destituito “di diritto”, in forza delle precitate disposizioni, senza cioè procedimento disciplinare di sorta poiché già irrevocabilmente condannato in sede penale per il reato di peculato (art. 314 c.p.), aveva ricorso avverso il provvedimento deliberato dalla Giunta municipale.

2. – Il Collegio remittente sospetta di illegittimità costituzionale la normativa indicata che inciderebbe sul disposto dell’art. 3 Cost., per la irragionevolezza di una disciplina rigida, che contrasta col “principio generale di graduazione della sanzione alla gravità del fatto-reato”. Risulterebbero incisi anche i successivi artt. 4 e 35, poiché il provvedimento produrrebbe senz’altro “l’effetto della perdita del lavoro”, nonché, ancora, l’art. 97, impedendosi – si assume – “l’azione amministrativa adeguata”.

Motivi della decisione
1.1 – L’art. 85 lett. a) del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato), direttamente applicabile ai dipendenti degli enti locali della Sicilia per effetto dell’art. 236 dell’ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana (D.Lgs.P.Reg. 29 ottobre 1955, n. 6) dispone che l’impiegato incorre nella destituzione, escluso il procedimento disciplinare, a seguito di condanna per taluni delitti specificamente elencati, fra cui il peculato, così come dedotto in fattispecie.

1.2 – Il Collegio remittente dubita della legittimità costituzionale di tale normativa per la rigidità della massima sanzione espulsiva, senza cioè che attraverso il procedimento disciplinare sia possibile operare, nella misura della sanzione, alcuna graduazione riferita al caso concreto: in tal modo verrebbero a esser vulnerati, oltre la tutela del lavoro (artt. 4 e 35) e del buon andamento amministrativo (art. 97), i principi fondamentali di ragionevolezza chiaramente desumibili dall’art. 3 Cost.

2.1 – La questione è fondata.

La Corte ha già avuto modo di considerare, per identiche fattispecie, come l’ordinamento appaia vieppiù orientato, oggi, verso la esclusione di sanzioni rigide, avulse da un confacente rapporto di adeguatezza col caso concreto ed ha osservato esser ciò largamente tendenziale – in adempimento del principio di eguaglianza – nell’area punitiva penale e con identica incidenza anche nel campo disciplinare amministrativo (sent. n. 270 del 1986).

La necessità di razionalizzare il sistema, in atto stemperato nell’indistinto poiché diverse e difformi in parte le corrispondenti norme contenute nei vari ordinamenti per i pubblici dipendenti, rivelava, tuttavia, che i rimedi esaustivi andavano assunti dal Parlamento, dovendosi operare scelte globali a fini di omogeneizzazione, in punto, dell’intero comparto pubblico.

2.2 – Nuovamente investita della questione la Corte deve tener conto che, in conformità alle premesse affermazioni, un recente disegno di legge, volto a modificare talune norme del codice penale in materia di circostanze attenuanti e di sospensione condizionale della pena, contiene disposizioni in ordine all’oggetto dell’odierna fattispecie, diretta a rendere inoperante, infatti, la destituzione di diritto limitatamente ai casi di sospensione condizionale. Non rileva qui esame di sorta sui limiti subiettivi cui il legislatore intenderebbe circoscrivere – ma comunque mantenere – la menzionata sanzione rigida; va favorevolmente considerato, tuttavia, che si intende comunque perseguire, nella sede legislativa, la riferibilità univoca a tutti i pubblici dipendenti.

Sicché appare di certo tendenzialmente concretato quell’intento di adeguamento delle scelte ai criteri di omogeneizzazione emergenti dalla legge-quadro sul pubblico impiego (29 marzo 1983, n. 93) che operato da un ramo del Parlamento (il disegno ha ottenuto il voto della Camera e trovasi ora presso il Senato: doc. n. 1239) consente ora alla Corte – che ne aveva chiaramente avvertita la pressante esigenza – di dispiegare, senz’ulteriori remore, la propria verifica.

3. – L’indispensabile gradualità sanzionatoria, ivi compresa la misura massima destitutoria, importa – adunque – che le valutazioni relative siano ricondotte, ognora, alla naturale sede di valutazione: il procedimento disciplinare, in difetto di che ogni relativa norma risulta incoerente, per il suo automatismo, e conseguentemente irrazionale ex art. 3 Cost.

Assorbita ogni altra questione, va dichiarata pertanto l’illegittimità costituzionale dell’art. 85 lett. a) D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e dell’art. 236 delle norme per gli enti locali nella Regione siciliana di cui al D.Lgs.P.Reg. 29 ottobre 1955 n. 6, nella parte in cui in luogo del mero provvedimento di destituzione di diritto non prevedono l’esperimento del procedimento disciplinare.

In conseguenza di quanto sin qui considerato e in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87 va dichiarata, negli stessi termini, l’illegittimità costituzionale dell’art. 247 r.d. 3 marzo 1934, n. 383, nel testo sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851; dell’art. 66 lett. a) D.P.R. 15 dicembre 1969, n. 1229; dell’art. 1, secondo comma, della legge 13 maggio 1975, n. 157 (in relazione all’art. 85, lett. a), D.P.R. n. 3 del 1957); dell’art. 57 lett. a) D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761; dell’art. 8 lett. a) D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, tutti specificati in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 85 lett. a) D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Statuto degli impiegati civili dello Stato) e dell’art. 236 delle norme della regione siciliana di cui al D.Lgs.P.Reg. 29 ottobre 1955, n. 6 (Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana), nella parte in cui non prevedono, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, l’apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare;

Dichiara, in applicazione dell’art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, e negli stessi termini di cui al precedente punto, l’illegittimità costituzionale degli articoli:

247 r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (T.U. legge comunale e provinciale), nel testo sostituito con legge 27 giugno 1942, n. 851;

66 lett. a) D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229 (Ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari);

1, comma secondo, L. 13 maggio 1975, n. 157 (estensione delle norme dello Statuto degli impiegati civili dello Stato agli operai dello Stato);

57 lett. a) D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali);

8 lett. a) D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737D.P.R. 25/10/1981, n. 737 (Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti).

Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 1988.

 


Corte cost., Ord., (ud. 07-07-1988) 26-07-1988, n. 908

La Corte Costituzionale

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, primo secondo e terzo comma (Stato giuridico del personale delle unita sanitarie locali), promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1987 dal T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania – sul ricorso proposto da MINEO Biagio contro la U.S.L. n. 39, iscritta al n. 604 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46/la ss dell’anno 1987;

visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 22 giugno 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che nel corso del giudizio promosso dal dr. Mineo Biagio contro l’USL n. 39 di Bronte per l’annullamento della delibera del Comitato di gestione n. 406 del 1984 con cui gli sono state assegnate le mansioni superiori di aiuto radiologo per la durata di sessanta giorni senza diritto al corrispondente trattamento economico ai sensi dell’art. 29, secondo comma, del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Catania, con ordinanza del 27 gennaio 1987, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979, primo secondo e terzo comma, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost.;

che al dr. Mineo, in servizio con la qualifica di assistente radiologo presso il presidio Ospedaliero “Castiglione – Prestianni” di Bronte, nel cui organico non e previsto il posto di aiuto, le dette mansioni erano già state affidate dal Presidente dell’Ospedale con nota 2591 del 6 agosto 1982, “al fine di garantire continuità, direzione e responsabilità” del servizio, in attesa dell’espletamento del concorso per il posto di primario; che in esito alla domanda del dipendente, in data 15 giugno 1984, rivolta ad ottenere la corresponsione del trattamento corrispondente alle mansioni superiori effettivamente svolte, il Comitato di gestione, “in considerazione delle esigenze di servizio”, ha adottato la delibera sopra riferita, contro la quale l’interessato ha proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo;

che il Tribunale, pur ritenendo illegittima la delibera impugnata per difetto di logica correlazione con l’oggetto della domanda, ha soprasseduto alla pronuncia di annullamento, sul riflesso che essa “lascerebbe la situazione nei termini presistenti”, e quindi sarebbe “”inutiliter” data”, in quanto l’accoglimento della domanda di avanzamento del dipendente e precluso dal primo comma dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979, a mente del quale egli “non può essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori”, e, d’altro lato, non soccorrono ne il secondo comma, che per esigenze di servizio consente l’assegnazione temporanea a mansioni superiori per non più di sessanta giorni, senza diritto a variazioni del trattamento economico, ne il terzo comma (coordinato con l’art. 7 del D.P.R. n. 128 del 1969, quinto e settimo comma), secondo cui “non costituisce esercizio di mansioni superiori la sostituzione di personale di posizione funzionale più elevata, qualora la sostituzione rientri tra gli ordinari compiti della propria posizione funzionale”;

che le citate disposizioni dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979 sembrano al giudice remittente essere in contrasto con più norme della Costituzione: il primo comma con l’art. 97, perché “laddove non consente, nemmeno in via di fatto, l’adibizione del personale a mansioni superiori, confligge con le esigenze di ordine organizzativo, e pertanto col principio di buon andamento dell’amministrazione”; il secondo comma, “e di riflesso il terzo comma”, con gli artt. 3 e 36 Cost., perché a mansioni disuguali fa corrispondere uguale retribuzione, risultandone un diverso trattamento del personale addetto al servizio sanitario rispetto a quello di altri rami del pubblico impiego (per esempio, l’art. 14 del D.P.R. n. 509 del 1979 per il personale del parastato);

che nel giudizio davanti alla Corte non si è costituita la parte privata, mentre è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, domandando “che la questione in epigrafe sia dichiarata inammissibile o comunque infondata”;

che, per quanto attiene all’ammissibilità, l’Avvocatura osserva che la censura mossa dal giudice a quo riguarda più l’opportunità che la legittimità dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979, del quale si chiede alla Corte una riformulazione “meno rigida e più articolata”, mentre nel merito nessuna norma costituzionale appare violata: non gli artt. 3 e 36 Cost., perché lo svolgimento temporaneo di mansioni superiori per esigenze di servizio rientra nei normali doveri di ufficio di tutti i sanitari, e d’altra parte e esclusa la comparabilità con la disciplina del personale del parastato, “trattandosi di ordinamenti e di funzioni profondamente diversificati”; non l’art. 97 Cost., “atteso che e proprio nel l’interesse del buon andamento dei servizi che il legislatore, per quanto possibile, esclude che l’esercizio delle mansioni superiori possa condurre ad ottenere superiore qualifica”.

Considerato che il primo e il terzo comma dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979 sono estranei al caso di specie: il primo comma, perché il ricorrente ha in sostanza abbandonato l’originaria pretesa di riconoscimento formale della qualifica di aiuto radiologo (non essendo nella pianta organica istituito il posto corrispondente, e comunque l’applicabilità dell’art. 2103 c.c. essendo impedita dalla disciplina speciale di cui all’art. 9 del D.P.R. n. 761 del 1979 e segg.) e si è limitato a domandare un trattamento retributivo proporzionato alle mansioni effettivamente svolte; il terzo comma perché concernente un caso diverso da quello di cui si controverte; onde, rispetto a queste due norme, la sollevata questione di costituzionalità appare senz’altro priva di rilevanza, e perciò inammissibile;

che la pretesa del ricorrente, essendo fondata sull’argomento che nel suo caso “si versa in ipotesi diversa da quella contemplata nel secondo comma dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979”, implica che il detto trattamento economico e domandato con riferimento alla durata dell’incarico eccedente il periodo, non superiore a sessanta giorni nell’anno, per il quale l’assegnazione del prestatore di lavoro a mansioni superiori, senza maggiorazione di retribuzione, risulti giustificata da esigenze eccezionali di servizio;

che, pertanto, nemmeno il secondo comma dell’art. 29 del D.P.R. n. 761 del 1979, nella parte in cui esclude il diritto a variazioni del trattamento economico, e applicabile nella specie, così che, pure sotto questo profilo, la proposta questione di legittimità costituzionale non e rilevante: invero, l’eccezionalità della norma impone una interpretazione rigorosa del secondo comma, nel senso che l’assegnazione a mansioni superiori senza maggiorazione retributiva e consentita solo se giustificata dalla condizione indicata e contenuta nel detto limite massimo di tempo, trascorso il quale cessa l’efficacia del provvedimento, e quindi la prestazione ulteriore di lavoro in tali mansioni produce al datore un arricchimento senza causa, che alla stregua dell’art. 36, primo comma, Cost., direttamente applicabile, comporta l’obbligazione di adeguare il trattamento economico del dipendente alla natura del lavoro effettivamente prestato.

Visti l’art. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e l’art. 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

P.Q.M.
La Corte Costituzionale

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, primo secondo e terzo comma (“Stato giuridico del personale delle unita sanitarie locali”) sollevata, in riferimento agli artt. 3. 36 e 97 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1988.


Corte cost., Ord., 29-10-1987, n. 355

Corte cost., Ord., 29-10-1987, n. 355

CORTE COSTITUZIONALE

Eccezioni di legittimità costituzionale (giudizio sulla rilevanza)

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 169 del codice di procedura penale, commi primo e quinto, promosso con ordinanza emessa il 24 marzo 1980 dal Pretore di Piacenza, iscritta al n. 425 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 dell’anno 1980.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 30 settembre 1987 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che il Pretore di Piacenza, con ordinanza del 24 marzo 1980, ha denunciato, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della Costituzione, l’illegittimità dell’art. 169 c.p.p., primo e quinto comma, in quanto “le notifiche – come quella “de qua” – basate sul principio del rifiuto tacito a ricevere la raccomandata da parte dell’imputato assente dalla sua abitazione, contrastano in modo evidente con l’essenzialità della ricezione reale dell’avviso raccomandato in questione)”, ricollegandosi a tale premessa “la conseguenza di reputare come perfezionativo della notifica 6o” il solo periodo di giacenza” ovvero “assieme a quello l’avviso di giacenza”, “secondo quanto prescritto dalle norme dell’ordinamento postale”;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

considerato che, dopo la pronuncia dell’ordinanza di rimessione, è entrata in vigore la legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), il cui art. 15 ha sostituito il terzo ed il quinto comma del codice di procedura penale, che risultano ora, rispettivamente, del seguente tenore: “Il portiere o chi ne fa le veci deve sottoscrivere l’originale dell’atto notificato, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata” ( art. 169, terzo comma, del codice di procedura penale); “Se le persone indicate nella prima parte di questo articolo mancano o non sono idonee o si rifiutano di ricevere la copia dell’atto destinato all’imputato, questa è depositata nella casa del comune dove l’imputato ha l’abitazione o, in mancanza di questa, del comune dove egli abitualmente esercita la sua attività professionale. Avviso del deposito stesso è affisso alla porta della casa di abitazione dell’imputato ovvero alla porta del luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività professionale. L’ufficiale giudiziario deve, inoltre, dare all’imputato comunicazione dell’avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata” ( art. 169, quinto comma, del codice di procedura penale);

e che, quindi, spetta al giudice a quo verificare se, alla stregua della normativa sopravvenuta, la questione sollevata sia tuttora rilevante.

P.Q.M.

La Corte Costituzionale

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Piacenza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1987.


Cass. civ. Sez. lavoro, 21-08-1987, n. 6994

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Carlo NOCELLA Presidente

” Giorgio ONNIS Consigliere

” Domenico FARINARO “

” Romano PANZARANI “

” Fulvio ALIBERTI Rel. “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

MONTAGNANA Flaviana, MALASPINA Luciana, BARALDI Gloria, TOSI Luisa, TINTI Paolina, MONTAGNANA Valeria, RACCANELLI Deanna, FERRACIOLI Luciana, NANNINI Mirella, OLTRAMARI Fabio, TIOLI Liliana, LAMBORGHINI Roberta, elett.te dom.ti in Roma Via Montezebio, 43 presso lo studio dell’avv. Ettore Visciani, rapp.ti e difesi dall’avv. Mario Bacchiega per mandato a margine del ricorso

Ricorrenti

contro

DITTA BODAMER di Malek Mor, in persona del legale rapp.te pro-tempore, elett.te dom.ta in Roma Via G.B. Vico, 1 presso lo studio dell’avv. Mario Cassola che la rapp.ta e difende unitamente all’avv. Piero Gualtierotti come da mandato in calce al controricorso

Controricorrente

Per l’annullamento della sentenza del Tribunale di Rovigo dell’1.10.82, dep. il 16.11.82 n. 620-82;

udita, nella pubblica del 3.2.87, la relazione della causa svolta dal Cons. Rel. Dr. Aliberti;

udito l’avv. Cassola;

udito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dr. Tridico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Montagnana Flaviana, Malaspina Luciana, Baraldi Gloria, Tosi Luisa, Tinti Paolina, Montagnana Valeria, Raccanelli Deanna, Ferraccioli Luciana, Nannini Mirella, Oltremari Fabio. Titoli Liliana, Lamborghini Roberta adivano con separati ricorsi il Pretore di Ficarolo con il quale chiedevano la condanna di Malek Mor al pagamento di somme di danaro in loro favore a titolo di integrazione salariale.

Il Pretore dichiarava la contumacia del Malek, cui i ricorsi erano stati notificati ex art. 143 c.p.c.; riuniva, poi, tutti i procedimenti.

Quindi il Pretore con sentenza 13.7-10.8.81 condannava IL Malek al pagamento delle somme indicate in sentenza.

Proponeva appello il Malek, cui resistevano le appellate. Il Tribunale di Rovigo, con sentenza 1.10-16.11.1982, accoglieva l’appello e dichiarava la nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di I° grado nonché della sentenza impugnata. Rimetteva la causa al primo giudice.

Osservava che l’ufficiale giudiziario e la parte istante devono compiere tutte le possibili indagini al fine della ricerca dell’effettiva residenza del destinatario e l’ufficiale giudiziario deve, altresì, documentare la natura e l’esito di tali indagini nella relazione di notificazione, al fine di fornire al giudice gli elementi utili per il controllo sulla legittimità del ricorso alla forma di notifica di cui all’art. 143 c.p.c. Rilevato che dalla relazione di notificazione non emergeva la esistenza di indagini svolte per superare lo stato di ignoranza sulla residenza del Malek e che tali indagini non emergevano da altri atti di causa, riteneva che tale osservazione già di per sé sola sarebbe stata sufficiente per giungere alla conclusione della nullità della notificazione, ma che esigenze di completa esposizione dei fatti imponevano un ulteriore rilievo: da certificato 4.3.1982 del Comune di Bergantino, prodotto dal procuratore dell’appellante, risultava che in data 20.6.1979 il Malek aveva dichiarato di trasferire la propria residenza da quel Comune e che il nuovo domicilio era in Vienna; osservava che con la normale diligenza l’ufficiale giudiziario o le istanti avrebbero potuto conoscere l’esatto indirizzo del Malek e notificare i ricorsi con le procedure previste per i soggetti residenti all’estero ed ovviamente in caso di esito negativo di tale ulteriore indagine sarebbe stato lecito effettuare la notificazione ex art. 143 c.p.c. Riteneva, poi, che dall’accertata nullità della notificazione dei ricorsi introduttivi derivava anche la nullità dei procedimenti di I° grado, nonché dell’impugnata decisione, né tale nullità era coperta da giudicato dal momento che anche la notificazione della sentenza del Pretore era avvenuta facendo ricorso alla forma indicata dallo art. 143 c.p.c., non applicabile nel caso in esame.

I nominati in epigrafe ricorrono avverso detta sentenza formulando due motivi. Il Malek resiste con controricorso.

Motivi della decisione
I ricorrenti con il I° motivo (indicando con la lettera A) denunziano violazione ed omessa applicazione di norme di diritto, deducendo che l’appello avverso la sentenza pretorile non era stato proposto nei 30 giorni successivi alla notifica della medesima, per cui l’appello era inammissibile. L’appellante aveva eccepito solo la nullità della notificazione del ricorso introduttivo di I° grado, ma non quella della notificazione della sentenza: il Collegio avrebbe dovuto esaminare pregiudizialmente la questione inerente la validità dell’appello; tale questione era stata ignorata dal Tribunale.

Con il 2° motivo (lettera B) denunziano falsa applicazione della legge sulla notificazione (L. 6.4.1981, n. 42).

Deducono che la notificazione del ricorso era avvenuta ai sensi dell’art. 143 c.p.c. perché Malek Mor risultava all’epoca emigrato o trasferito a Vienna senza indicazione alcuna di un indirizzo costituente residenza, dimora o domicilio.

Rilevano, poi, che, all’epoca vigeva l’art. 142 c.p.c., modificato dalla L. 6.2.1981, artt. 8 e 9, ma che non poteva essere applicata tale norma non essendo conosciuto l’indirizzo del destinatario; spettava a chi si trasferisce l’onere di lasciare il proprio esatto indirizzo ai fini della propria reperibilità, né si poteva invocare la normale diligenza dei ricorrenti o dell’ufficiale giudiziario per l’esecuzione di altre indagini essendo irrilevanti all’estero i poteri riconosciuti agli ufficiali giudiziari. Deducono, poi, che l’art. 160 c.p.c. non prevede, tra le nullità indicate, la nullità come conseguenza di mancanza di “normale diligenza” nelle indagini.

La Corte rileva che va, anzitutto, esaminata quanto prospettato dal resistente con riferimento allo art. 329 c.p.c. Assume il predetto che i ricorrenti avrebbero riproposto al Pretore di Ficarolo la domanda dallo stesso precedentemente accolta ed avrebbero richiamato nel ricorso la sentenza del Tribunale di Rovigo precisando che con la stessa era stata dichiarata la nullità della notificazione dell’atto introduttivo di I° grado nonché della sentenza, con riemissione della causa al medesimo Pretore di Ficarolo.

La Corte rileva che agli effetti della valutazione in tema di acquiescenza ex art. 329 c.p.c. è indispensabile l’esame dell’atto con il quale sarebbe stato adito il Pretore di Ficarolo a seguito della sentenza del Tribunale di Rovigo in quanto solo dal ricorso è dato cogliere quanto interessa ai fini “de quibus”. Ma nel fascicolo del resistente non esiste copia di tale ricorso: quindi dalle deduzioni del resistente non possono essere tratte le conseguenze derivanti dall’applicazione del citato art. 329.

Passando all’esame del ricorso, la Corte osserva che i due motivi vanno esaminati congiuntamente, stante la loro evidente connessione, Rileva, quindi, che il tema in discussione è se le notificazioni a Malek Mor siano avvenute ricorrendo le condizioni che legittimano il ricorso alla forma prevista dall’art. 143 c.p.c. Il Tribunale di Rovigo ha rilevato “che dalle relazioni di notificazione di cui si discute non emerge affatto l’esistenza di indagini svolte per superare lo stato di ignoranza sulla residenza del Malek, né tali indagini emergono da altri atti di causa”.

Orbene è evidente che mancava l’accertamento delle condizioni per ricorrere alla formula di notifica in questione, che era necessario in quanto non è sufficiente che l’ufficiale giudiziario o il richiedente non conoscano i luoghi (dimora, residenza o domicilio), occorrendo invece che l’ufficiale giudiziario compia tutte le possibili indagini volte alla ricerca del destinatario, documentando il relativo risultato (nella notifica) di guisa possa essere espletato il controllo sulla legittimità della forma di notificazione adottata.

Il rilievo di tale carenza è già sufficiente per affermare che la notifica ex art. 143 c.p.c. non poteva essere adottata nella fattispecie, con la conseguenza della nullità delle notificazioni stesse.

Il Tribunale ha anche osservato che le istanti o l’ufficiale giudiziario avrebbero potuto usare la normale diligenza (ovvero consultare gli atti dell’anagrafe di Bergantino) ed avrebbero così conosciuto il nuovo comune di residenza del Malek, per cui occorreva eseguire altre indagini al fine di conoscere l’esatto indirizzo.

La Corte osserva che nel ricorso non viene dedotto che siano state svolte, in concreto indagini e che esse, malgrado la normale diligenza impiegatavi, non abbiano dato esito (delle deduzioni appare che, in sostanza, non è ritenuto utilizzabile il criterio della normale diligenza per poter conoscere l’esatto indirizzo di una persona non residente nella Repubblica: non appare, però, idonea deduzione o dimostrazione perché a priori debba ritenersi che sempre ed in concreto è impossibile tale conoscenza).

Non appaiono, quindi, utili le deduzioni dei ricorrenti (né il richiamo alla sentenza 1201-81 di questa Corte) con le quali, in buona sostanza, si assume che poteva essere adottata che la forma di notificazione ex art. 143 c.p.c. stante la mancanza dello indirizzo del Malek a Vienna. Tali considerazioni non superano il rilievo che non appare provato che tale (completo) indirizzo non avrebbe potuto in concreto essere conosciuto con l’uso di normale diligenza.

In ordine alla deduzione secondo cui la mancanza della “normale diligenza” nelle indagini non è prevista come causa di nullità della notificazione, è agevole osservare che tale carenza comporta il venir meno delle condizioni per l’applicabilità della forma di cui all’art. 143 c.p.c.: il che inficia l’eseguita notificazione.

Alla nullità della notificazione del ricorso di I° grado consegue quella del procedimento e della sentenza di I° grado per il principio dell’estensione della nullità, essendo evidente che questi non sono indipendenti da quella. Va rilevato inoltre che il Malek ha dedotto che neppure era a conoscenza dell’avvenuta notifica che la inficiava di nullità e che l’aveva impugnata nel momento in cui ne era venuto a conoscenza e comunque entro l’anno dalla pubblicazione.

Il ricorso va, quindi, rigettato.

Concorrono giusti motivi per la totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 1987.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 AGOSTO 1987


Corte Suprema di Cassazione civ. Sez. III, 02-12-1985, n. 5636

NOTIFICAZIONE (MATERIA CIVILE) – Relazione di notifica – Copia consegnata al destinatario – Omessa indicazione della data – Conseguenze – Distinzioni

Cass. civ. Sez. III, 02-12-1985 n. 5636


Corte Suprema di Cassazione, Sez. Civ., n. 3316 del 14.05.1983

Quando la notificazione di un atto di citazione a militare in servizio non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli art. 139 segg. c.p.c., la formalità della consegna di una copia al p. m. per l’invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene, secondo le modalità stabilite nell’art. 49 disp. att. c.p.c., espressamente richieste dal successivo art. 146 c.p.c. costituisce un adempimento necessario, la cui omissione importa la nullità della notificazione, senza che sia consentita alcuna distinzione fra militari di carriera e militari in servizio di leva o richiamati alle armi ed indipendentemente dalla conoscenza che di tale particolare stato abbia potuto avere colui su istanza del quale la notifica viene effettuata; tale adempimento è infatti, posto a tutela del destinatario della notificazione, in considerazione degli imprevedibili, improvvisi e più frequenti spostamenti a cui possono essere soggetti gli appartenenti ai corpi militari, indipendentemente dalla circostanza che essi siano o meno militari di carriera, le cui destinazioni debbono talvolta essere mantenute segrete per motivi di sicurezza connessi alla più efficiente realizzazione dei compiti loro affidati.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9363/2014 proposto da:
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso l’avvocato DANIELE MANCA BITTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNAMARIA RAMIREZ, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso l’avvocato ANDREA DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CLAUDIO FERRARI, RACHELE GERVASONI, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 324/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 05/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato DANIELE MANCA BITTI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato CLAUDIO FERRARI che ha chiesto l’inammissibilità o rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del primo motivo; inammissibilità dei motivi secondo e terzo.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 1 luglio 2003, B.G., coniugato con M.F., chiedeva che il Tribunale di Brescia pronunciasse sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, vivendo egli separato dalla moglie fin da epoca anteriore alla separazione giudiziale, per la quale era intervenuta pronuncia della Corte di appello di Brescia in data 23 ottobre 2002; domandava l’assegnazione in proprio favore della casa coniugale e la revoca o, in subordine, la riduzione a somma non superiore a Euro 1.000,00 mensili dell’assegno per il concorso nel mantenimento della moglie: assegno che era stato fissato in sede di separazione nell’ammontare di Euro 2.582,30.
Si costituiva M.F., rimettendosi alla decisione del Tribunale per quanto riguardava la cessazione degli effetti civili del matrimonio. In relazione alla domanda di riduzione dell’assegno di mantenimento assumeva che non si era verificato un mutamento, in senso peggiorativo, delle condizioni patrimoniali del marito a far data dalla pronuncia di separazione, nè alcuna modificazione, in termini migliorativi, di quelle di essa convenuta, che era casalinga priva di redditi propri.
Il Tribunale rendeva sentenza non definitiva con cui dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio e, con successiva pronuncia, determinava in Euro 8.000,00 mensili l’assegno di mantenimento a carico di B.;
condannava l’attore alla restituzione della somma di Euro 88.055,00, maggiorata degli interessi, importo che affermava dovesse essere rimborsato alla convenuta, essendo stato prelevato dal conto corrente a lei intestato; condannava infine lo stesso B. al pagamento della somma di 71.084,44, oltre interessi, quale quota dell’indennità di fine rapporto percepita dal marito, giusta la L. n. 898 del 1970, art. 12 bis.
Proposto gravame da parte di entrambi gli odierni contendenti, la Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata il 5 marzo 2014, quantificava l’assegno che B.G. doveva corrispondere a M.F. in ragione di Euro 6.000,00 mensili, da rivalutarsi annualmente, e stabiliva che l’obbligo avesse decorrenza dal 18 settembre 2003; determinava, poi, la somma che B. avrebbe dovuto versare quale quota del trattamento di fine rapporto in Euro 47.389,62;
la stessa Corte respingeva infine l’appello incidentale di M.F..
B.G. ricorre contro la sentenza della Corte bresciana con una impugnazione che si articola in tre motivi.
Resiste con controricorso M.F..
Motivi della decisione
È anzitutto non concludente l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, sollevata dalla controricorrente. Infatti, il ricorso scrutinato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, deve essere comunque rigettato per manifesta infondatezza, e non dichiarato inammissibile, se la sentenza impugnata si presenta conforme alla giurisprudenza di legittimità e non vengono prospettati argomenti per modificarla (Cass. S.U. 6 settembre 2010, n. 19051; Cass. 18 marzo 2016, n. 5442).
Le restanti eccezioni di inammissibilità – con cui è lamentata la carente autosufficienza del ricorso e il dirigersi di questo verso una censura dell’accertamento di fatto demandato al giudice del merito – prospettano vizi che investono l’atto di impugnazione nella sua interezza: ma è escluso che il ricorso proposto sia totalmente privo della necessaria autosufficienza, così come deve negarsi che lo stesso veicoli solo censure che investono l’accertamento di fatto posto in essere nei precedenti gradi del giudizio. Il problema dell’inammissibilità può porsi, semmai, con riferimento ai singoli motivi: deve infatti escludersi che il ricorso possa essere dichiarato in toto inammissibile, ove la mancanza di autosufficienza sia propria solo di uno o di alcuni dei motivi proposti (Cass. S.U. 5 luglio 2013, n. 16887); allo stesso modo, è il singolo motivo e non il ricorso a poter risultare inammissibile in quanto miri a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte (di inammissibilità del motivo, in tale ipotesi, parla Cass. 26 marzo 2010, n. 7394).
Si procede, dunque, allo scrutinio delle singole censure.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 40 c.p.c., commi 2 e 3, e ciò avendo riguardo alla ritenuta tardività e infondatezza dell’eccezione dell’appellante vertente sulla inammissibilità della domanda di restituzione della somma di 88.055,00 proposta dalla controparte.
L’istante rileva, in proposito, che ricorreva un’ipotesi di connessione tra cause soggette a riti diversi, non rientrante tra le ipotesi tassative di cui all’art. 40 c.p.c., comma 3, sicché le parti e il giudice non potevano legittimamente derogare alle norme processuali che imponevano, per la trattazione della causa avente ad oggetto il rimborso, il rito ordinario. In conseguenza l’eccezione di inammissibilità della domanda restitutoria ben poteva essere proposta per la prima volta in fase di appello. Non aveva poi fondamento l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la necessità che l’eccezione spiegata dal ricorrente fosse supportata dalla rappresentazione del pregiudizio da lui risentito a causa della trattazione della domanda col rito speciale.
Il motivo non è fondato.
La sentenza impugnata si basa su di una doppia ratio decidendi: per un verso B. aveva accettato il contraddittorio sulla domanda di restituzione, onde aveva prestato acquiescenza allo spostamento di competenza; per altro verso, nella fattispecie non vi poteva comunque essere regressione del giudizio in primo grado, essendo tassative le ipotesi previste, a tal fine, dall’art. 354 c.p.c.: la Corte di appello ha quindi ritenuto di poter esaminare nel merito la domanda, ma ha osservato che l’odierno ricorrente, con riferimento allo specifico oggetto della pretesa azionata, non aveva dedotto alcunché.
Entrambe le argomentazioni spese dalla Corte distrettuale sono corrette, anche se la prima ha naturalmente valore assorbente. Al riguardo, come questa Corte ha avuto modo di rilevare, proposta nei confronti del coniuge, nell’ambito di un giudizio di separazione personale, soggetto al rito camerale, una domanda di restituzione di somme di danaro o di beni mobili al di fuori delle ipotesi di connessione qualificata di cui agli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c., la mancanza di una ragione di connessione idonea a consentire, ai sensi dell’art. 40 c.p.c., comma 3, la trattazione unitaria delle cause, può essere eccepita dalle parti o rilevata dal giudice non oltre la prima udienza, in analogia a quanto disposto dal medesimo art. 40, comma 2, di talché essa non può essere rilevata d’ufficio per la prima volta in appello al fine di dichiarare l’inammissibilità della domanda di restituzione, esaminata e decisa nel merito in primo grado (Cass. 24 aprile 2007, n. 9915). Ebbene, nella fattispecie, come è stato osservato dalla Corte territoriale, nessuna eccezione fu sollevata in primo grado con riguardo alla ritenuta connessione.
È poi appena il caso di ribadire come anche la seconda ratio decidendi sia corretta. Infatti, la nullità conseguente all’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale si converte in motivo di impugnazione, senza però produrre l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice
ove quello dell’impugnazione sia anche giudice del merito (da ultimo: Cass. 18 giugno 2014, n. 13907).
Giustamente, pertanto, la Corte distrettuale ha preso in esame il merito della pretesa, per poi riconoscere che la stessa non era stata contrastata dal ricorrente.
Il secondo motivo lamenta l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 2727 e 2729 c.c., con conseguente violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5.
Anzitutto l’istante prospetta dubbi di costituzionalità quanto al criterio del “medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” cui fa riferimento lo stesso art. 5: e ciò avendo riguardo a un’interpretazione costante, secondo la quale l’assegno predetto dovrebbe appunto garantire al coniuge economicamente più debole il detto tenore di vita. Deduce, poi, che la Corte di merito non avrebbe fatto corretta applicazione delle norme che presiedono alla valutazione degli elementi istruttori: e ciò con riferimento, anzitutto, al comportamento tenuto dalla controricorrente in costanza del matrimonio (essendosi M.F. gradualmente distaccata dalla famiglia a causa dell’adesione un gruppo religioso: condotta che era stata del resto presa in considerazione nel corso del giudizio di separazione); l’istante sottolinea, in proposito, che avendo la controparte posto in atto, già nel corso del matrimonio, un comportamento in conflitto con i doveri derivanti dal vincolo coniugale, non le si poteva assicurare, per il futuro, il precedente tenore di vita. Nel motivo si afferma, poi, che l’importo dell’assegno di mantenimento risultava essere eccessivo rispetto alla reale, attuale capacità economica di esso ricorrente: in proposito, l’istante contesta in modo diffuso e articolato quanto ritenuto dal giudice del gravame in ordine al tenore di vita della famiglia B., al suo reddito personale e al suo patrimonio, nonché alla capacità economica della controricorrente.
Nemmeno tale motivo merita accoglimento.
Il ricorrente prospetta un dubbio di costituzionalità con riguardo alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6.
Peraltro, la Corte costituzionale si è pronunciata sul punto, ritenendo non fondata la questione di costituzionalità del cit. art. 5, comma 6, “nell’interpretazione di diritto vivente per cui (…) l’assegno divorzile deve necessariamente garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” (Corte cost. 27 gennaio 2015, n. 11).
Per il resto, il motivo veicola censure che non investono l’erronea applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5. Infatti, la violazione di tale norma – di cui pure si legge nella rubrica del motivo – è prospettata quale conseguenza dell’incongruo apprezzamento delle prove: ed è ben noto che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa questione non riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3, la quale ha ad oggetto l’erronea individuazione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge (ex plurimis: Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110).
Ma le revisione critica della sentenza che sollecitata col secondo motivo non può farsi nemmeno rientrare nell’area applicativa dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo vigente. Infatti, nella nuova formulazione del cit. n. 5, attuata con il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, scompare ogni riferimento letterale
alla “motivazione” della sentenza impugnata; è stato osservato, sul punto dalle Sezioni Unite di questa Corte, che volontà del legislatore e scopo della legge convergono senza equivoci nella esplicita scelta di ridurre al “minimo costituzionale” il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Al contempo, la fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, per come riformulata, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e art. 369 c.p.c., n. 4, il ricorrente debba indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053).
Ora, il ricorrente orienta le proprie censure verso lo scorretto apprezzamento delle prove. Ma il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non è inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nell’odierna versione (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).
L’istante, invece di porsi su di un piano di prospettazione critica delle risultanze di causa, avrebbe dovuto piuttosto indicare, nei termini che si sono esposti, il fatto storico oggetto di discussione delle parti, e decisivo per il giudizio, che il giudice del merito aveva mancato di esaminare. Ed è il caso di sottolineare, al riguardo, che la norma richiamata fa riferimento al “fatto” e quest’ultimo non può considerarsi equivalente a “questione” o “argomentazione”, dovendo piuttosto identificarsi in un preciso accadimento ovvero in una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico (così Cass. 8 ottobre 2014, n. 21152, con riferimento al testo dell’art. 360, n. 5, nella precedente formulazione, risultante dal D.Lgs. n. 40 del 2006).
Il terzo ed ultimo motivo ha ad oggetto sia la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 12 bis, che l’omessa o insufficiente motivazione quanto al calcolo della quota del trattamento di fine rapporto spettante a M.F..
Rileva il ricorrente che la Corte di appello era incorsa in violazione di legge laddove aveva quantificato l’importo dovuto per il titolo indicato nella somma di Euro 47.389,62; deduce, altresì, che sul punto la sentenza era carente di motivazione, non avendo essa esplicitato le ragioni della decisione e i criteri di calcolo impiegati per arrivare al risultato ottenuto; evidenzia, infine, che la liquidazione della quota dell’indennità di fine rapporto doveva essere ragguagliata alla somma effettivamente percepita dal coniuge beneficiario e che la Corte distrettuale aveva mancato di prendere in considerazione la documentazione prodotta dallo stesso ricorrente, da cui risultava che l’importo quietanzato di Euro 177.711,09 era stato assoggettato a tassazione per Euro 36.460,00.
Nemmeno sul punto la sentenza merita cassazione.
La Corte bresciana ha spiegato che la base su cui calcolare la percentuale di cui all’art. 12 bis cit. era costituita dall’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto stesso, onde la somma dovuta andava determinata in ragione del 40% dell’indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, assumendo come riferimento gli anni in cui il rapporto di lavoro era coinciso con il matrimonio.
È da escludere, dunque, che la Corte territoriale abbia mancato di esporre il procedimento di calcolo dell’importo spettante. Il criterio adottato, poi, è pienamente rispondente a quanto prescritto dall’art. 12 bis cit..
Per quanto attiene alla tassazione, la Corte di appello ha tenuto specificamente conto di essa, come risulta confermato dal fatto che il calcolo dell’indennità è stato operato partendo dalla somma di Euro 177.711,09, “già detratte le ritenute fiscali” (pag. 21 della sentenza). La denunciata mancata valutazione della prova documentale indicata, del resto – e come si visto – non è sufficiente ad integrare l’omesso esame del fatto decisivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Oltretutto, la censura è carente di autosufficienza, dal momento che la quietanza di cui è parola a pag. 32 del ricorso non è trascritta nel corpo del motivo.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Si dà atto dell’obbligo della parte ricorrente di procedere, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali e oneri di legge; dà atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, parte ricorrente è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017


Legge n. 890 del 20.11.1982

LEGGE 20 novembre 1982, n. 890

Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari .

Leggi: Legge 890-1982

Vedi anche:


Legge n. 681 del 24.11.1981

LEGGE 24 novembre 1981, n. 689(1).

Modifiche al sistema penale (2).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 novembre 1981, n. 329, S.O.

(2) La presente legge reca molteplici modificazioni al codice penale ed a quello di procedura penale.

Capo I

Le sanzioni amministrative.

Sezione I

Princìpi generali.

1. Principio di legalità.

Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.

2. Capacità di intendere e di volere.

Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa, chi al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.

Fuori dei casi previsti dall’ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

3. Elemento soggettivo.

Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa.

4. Cause di esclusione della responsabilità.

Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa.

Se la violazione è commessa per ordine dell’autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine.

I comuni, le province, le comunità montane e i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale ed i loro amministratori non rispondono delle sanzioni amministrative e civili che riguardano l’assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti, relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d’opera e successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordinato, purché esaurite alla data del 31 dicembre 1997 (3).

(3)  Comma aggiunto dall’art. 31, comma 36, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

5. Concorso di persone.

Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.

6. Solidarietà.

Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all’altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell’autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto, impedire il fatto.

Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione.

7. Non trasmissibilità dell’obbligazione.

La obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.

8. Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative.

Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono, sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo .

Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (4).

La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 2 dicembre 1985, n. 688, per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato (5).

(4)  Comma aggiunto dall’art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

(5)  Comma aggiunto dall’art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

8-bis. Reiterazione delle violazioni.

Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un’altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.

Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.

Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.

La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.

Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall’autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.

Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato (6).

(6)  Articolo aggiunto dall’art. 94, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

9. Principio di specialità.

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.

Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni, si applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande (7).

(7)  Comma così sostituito dall’art. 95, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

10. Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e limite massimo.

La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 10 e non superiore a euro 15.000. Le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo (8).

Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo.

(8)  Comma così modificato prima dall’art. 96, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 e poi dal comma 63 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.

11. Criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.

12. Ambito di applicazione.

Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari.

Sezione II

Applicazione.

13. Atti di accertamento.

Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

È sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall’assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.

All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’ articolo 333 e del primo e secondo comma dell’ articolo 334 del codice di procedura penale.

È fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti (9).

(9) Vedi, anche, il comma 6 dell’art. 4, L. 3 agosto 2007, n. 123.

14. Contestazione e notificazione.

La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.

Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall’articolo 137, terzo comma, del medesimo codice (10).

Per i residenti all’estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell’articolo 22 per il giudizio di opposizione.

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto (11).

(10)  Periodo aggiunto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dal comma 11 dell’art. 174, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(11)  Per le controversie in materia di lavoro vedi gli artt. 11, 13 e 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

15. Accertamenti mediante analisi di campioni.

Se per l’accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio deve comunicare all’interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l’esito dell’analisi.

L’interessato può chiedere la revisione dell’analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all’organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione dell’esito della prima analisi, che deve essere allegato all’istanza medesima (12).

Delle operazioni di revisione dell’analisi è data comunicazione all’interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.

I risultati della revisione dell’analisi sono comunicati all’interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell’analisi.

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell’articolo 14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all’articolo 16 decorre dalla comunicazione dell’esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell’analisi, dalla comunicazione dell’esito della stessa.

Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all’interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell’articolo 14.

Con il decreto o con la legge regionale indicati nell’ultimo comma dell’art. 17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell’analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi (13).

(12)  Vedi, anche, l’art. 20, D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571.

(13)  L’importo da versare per ogni richiesta di revisione di analisi alla competente tesoreria provinciale dello Stato è stato elevato a L. 80.500 dal D.M. 1° agosto 1984 (Gazz. Uff. 24 agosto 1984, n. 233); a L. 89.000 dal D.M. 30 marzo 1985 (Gazz. Uff. 23 aprile 1985, n. 96); a L. 96.700 dal D.M. 30 giugno 1986 (Gazz. Uff. 15 luglio 1986, n. 162); a L. 102.600 dal D.M. 10 luglio 1987 (Gazz. Uff. 28 luglio 1987, n. 174); a L. 107.300 dal D.M. 1° settembre 1988 (Gazz. Uff. 16 settembre 1988, n. 218); a lire 112.700 dal D.M. 6 giugno 1989 (Gazz. Uff. 29 giugno 1989, n. 150); a lire 120.200 dal D.M. 26 maggio 1990 (Gazz. Uff. 20 settembre 1990, n. 220); a lire 127.530 dal D.M. 6 agosto 1991 (Gazz. Uff. 7 settembre 1991, n. 210); a lire 135.690 dal D.M. 18 giugno 1992 (Gazz. Uff. 26 novembre 1992, n. 279); a lire 143.020 dal D.M. 4 novembre 1993 (Gazz. Uff. 29 novembre 1993, n. 280); a lire 149.030 dal D.M. 20 dicembre 1994 (Gazz. Uff. 24 gennaio 1995, n. 19); a lire 154.840 dal D.M. 16 aprile 1996 (Gazz. Uff. 30 aprile 1996, n. 100); a lire 163.200 dal D.M. 16 maggio 1997 (Gazz. Uff. 3 giugno 1997, n. 127); a lire 169.600 dal D.M. 23 gennaio 1998 (Gazz. Uff. 19 febbraio 1998, n. 41); a lire 175.600 dal D.M. 17 aprile 2000 (Gazz. Uff. 19 giugno 2000, n. 141); a lire 178.400 dal D.M. 13 marzo 2001 (Gazz. Uff. 12 aprile 2001, n. 86); ad euro 94,53 dal D.M. 4 marzo 2002 (Gazz. Uff. 13 aprile 2002, n. 87); ad euro 97,08 dal D.M. 31 marzo 2003 (Gazz. Uff. 24 aprile 2003, n. 95); ad euro 99,40 dal Decr. 27 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 23 marzo 2004, n. 69); ad euro 101,88 dal Decr. 16 marzo 2005 (Gazz. Uff. 29 marzo 2005, n. 72); ad euro 103,92 dal Decr. 28 febbraio 2006 (Gazz. Uff. 13 marzo 2006, n. 60); ad euro 105,69 dal D.M. 26 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 20 febbraio 2007, n. 42); ad euro 107,80 dal Decr. 7 febbraio 2008 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2008, n. 48); ad euro 109,63 dal Decr. 23 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2009, n. 17); ad euro 113,14 dal Decr. 16 dicembre 2009 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2010, n. 17).

16. Pagamento in misura ridotta.

È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione (14).

Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma (15).

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all’entrata in vigore della presente legge non consentivano l’oblazione (16).

(14)  Comma così modificato dall’art. 52, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213.

(15)  Comma prima modificato a decorrere dal 1° gennaio 1993, dall’art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e poi così sostituito dall’art. 6-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(16)  Vedi, anche, l’art. 56, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, l’art. 8, D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, l’art. 11-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e l’art. 19-quater, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 28.

17. Obbligo del rapporto.

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l’ipotesi prevista nell’art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto (17).

Deve essere presentato al prefetto il rapporto (18) relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 , e dalla L. 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all’ufficio regionale competente.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L’ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l’agente che ha proceduto al sequestro previsto dall’articolo 13 deve immediatamente informare l’autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto dall’articolo 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente (19).

(17)  Vedi il D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571, l’art. 1, D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 252 e l’art. 6, comma 6, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(18)  Vedi, anche, l’art. 9, D.Lgs. 26 maggio 2004, n. 153.

(19)  Vedi, anche, gli articoli 12 e 62, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

18. Ordinanza-ingiunzione.

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto.

Con l’ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l’ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.

Il pagamento è effettuato all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’articolo 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza.

Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero.

La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 (20).

L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l’opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione, o quando l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa (21).

(20)  Comma aggiunto dall’art. 10, L. 3 agosto 1999, n. 265.

(21)  Vedi, anche, il comma 14-ter dell’art. 39, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per le controversie in materia di lavoro vedi l’art. 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Vedi, inoltre, l’art. 5, D.M. 1° dicembre 2005.

19. Sequestro.

Quando si è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente, proporre opposizione all’autorità indicata nel primo comma dell’articolo 18, con atto esente da bollo. Sull’opposizione la decisione è adottata con ordinanza motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non è rigettata entro questo termine, l’opposizione si intende accolta.

Anche prima che sia concluso il procedimento amministrativo, l’autorità competente può disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti di cose soggette a confisca obbligatoria.

Quando l’opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro.

20. Sanzioni amministrative accessorie.

L’autorità amministrativa con l’ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall’articolo 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà, e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione.

Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all’articolo 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.

Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.

È sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento.

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

21. Casi speciali di sanzioni amministrative accessorie.

Quando è accertata la violazione del primo comma dell’articolo 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, è sempre disposta la confisca del veicolo a motore o del natante che appartiene alla persona a cui è ingiunto il pagamento, se entro il termine fissato con l’ordinanza-ingiunzione non viene pagato, oltre alla sanzione pecuniaria applicata, anche il premio di assicurazione per almeno sei mesi.

Nel caso in cui sia proposta opposizione ovvero l’ordinanza-ingiunzione, il termine di cui al primo comma decorre dal passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione ovvero dal momento in cui diventa inoppugnabile l’ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l’opposizione o convalidato il provvedimento opposto ovvero viene dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.

Quando è accertata la violazione dell’ottavo comma dell’articolo 58 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, è sempre disposta la confisca del veicolo (22).

Quando è accertata la violazione del secondo comma dell’articolo 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283 , è sempre disposta la sospensione della licenza per un periodo non superiore a dieci giorni.

(22)  La Corte costituzionale, con sentenza 24-27 ottobre 1994, n. 371 (Gazz. Uff. 2 novembre 1994, n. 45 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 21, nella parte in cui prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se già immatricolato.

22. Opposizione all’ordinanza-ingiunzione.

Contro l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l’ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione individuato a norma dell’articolo 22-bis, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento (23).

Il termine è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’estero.

L’opposizione si propone mediante ricorso, al quale è allegata l’ordinanza notificata.

Il ricorso deve contenere altresì, quando l’opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito (24).

Se manca l’indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria .

Quando è stato nominato un procuratore, le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento sono effettuate nei suoi confronti secondo le modalità stabilite dal codice di procedura civile.

L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza inoppugnabile (25) (26) (27).

(23)  Comma così modificato dall’art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(24)  Comma così modificato dall’art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(25)  Comma così modificato dall’art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(26)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-24 febbraio 1992, n. 62 (Gazz. Uff. 4 marzo 1992, n. 10 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 22 e 23, L. 24 novembre 1981, n. 689, in combinato disposto con l’art. 122 c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonché di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell’autorità giudiziaria e le risposte della controparte. La stessa Corte, con sentenza 10-18 marzo 2004, n. 98 (Gazz. Uff. 24 marzo 2004, n. 12 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non consente l’utilizzo del servizio postale per la proposizione dell’opposizione.

(27)  Per le controversie in materia di lavoro vedi gli artt. 16 e 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

22-bis. Competenza per il giudizio di opposizione.

Salvo quanto previsto dai commi seguenti, l’opposizione di cui all’articolo 22 si propone davanti al giudice di pace.

L’opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

b) di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) urbanistica ed edilizia;

d) di tutela dell’ambiente dall’inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette;

e) di igiene degli alimenti e delle bevande;

f) di società e di intermediari finanziari;

g) tributaria e valutaria;

g-bis) antiriciclaggio (28).

L’opposizione si propone altresì davanti al tribunale:

a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a euro 15.493;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a euro 15.493;

c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Restano salve le competenze stabilite da diverse disposizioni di legge (29).

(28) Lettera aggiunta dall’art. 66, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

(29)  Articolo aggiunto dall’art. 98, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

23. Giudizio di opposizione (30).

Il giudice, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal primo comma dell’articolo 22, ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza ricorribile per cassazione.

Se il ricorso è tempestivamente proposto, il giudice fissa l’udienza di comparizione con decreto, steso in calce al ricorso, ordinando all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima della udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all’opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e all’autorità che ha emesso l’ordinanza. La prova scritta della conoscenza del ricorso e del decreto equivale alla notifica degli stessi (31).

Tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione devono intercorrere i termini previsti dall’articolo 163-bis del codice di procedura civile (32).

L’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati.

Se alla prima udienza l’opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell’opponente anche le spese successive all’opposizione (33).

Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d’ufficio, i mezzi di prova che ritiene necessari e può disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione di capitoli.

Appena terminata l’istruttoria il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella stessa udienza alla discussione della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Tuttavia, dopo la precisazione delle conclusioni, il giudice, se necessario, concede alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinvia la causa all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza.

Il giudice può anche redigere e leggere, unitamente al dispositivo, la motivazione della sentenza, che è subito dopo depositata in cancelleria.

A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti si provvede d’ufficio.

Gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

Con la sentenza il giudice può rigettare l’opposizione, ponendo a carico dell’opponente le spese del procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l’ordinanza o modificandola anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta. Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile (34) .

Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente.

[La sentenza è inappellabile ma è ricorribile per cassazione] (35) (36) (37) .

(30) Vedi, anche, il comma 6-bis dell’art. 10, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 aggiunto dal n. 2) della lettera b) del comma 212 dell’art. 2, L. 23 dicembre 2009, n. 191.

(31) Comma così modificato dal comma 1 dell’art. 56, L. 18 giugno 2009, n. 69.

(32)  Comma così sostituito dall’art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(33)  Comma così modificato dall’art. 26, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Vedi, anche, l’art. 27 dello stesso decreto. La Corte costituzionale, con sentenza 28 novembre – 5 dicembre 1990, n. 534 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1990, n. 49 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 23, comma 5, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l’illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall’opponente. Con sentenza 11-18 dicembre 1995, n. 507 (Gazz. Uff. 27 dicembre 1995, n. 53 – Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma quinto, dell’art. 23, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell’opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l’amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma dello stesso art. 23.

(34)  Periodo aggiunto dall’art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(35)  Comma abrogato dall’art. 26, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Vedi, anche, l’art. 27 dello stesso decreto.

(36)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-24 febbraio 1992, n. 62 (Gazz. Uff. 4 marzo 1992, n. 10 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità degli artt. 22 e 23, L. 24 novembre 1981, n. 689, in combinato disposto con l’art. 122 c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonché di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell’autorità giudiziaria e le risposte della controparte.

(37)  Nel presente articolo la parola «pretore» è stata sostituita con la parola «giudice», ai sensi dell’art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

24. Connessione obiettiva con un reato.

Qualora l’esistenza di un reato dipenda dall’accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa.

Se ricorre l’ipotesi prevista dal precedente comma, il rapporto di cui all’articolo 17 è trasmesso, anche senza che si sia proceduto alla notificazione prevista dal secondo comma dell’articolo 14, alla autorità giudiziaria competente per il reato, la quale, quando invia la comunicazione giudiziaria, dispone la notifica degli estremi della violazione amministrativa agli obbligati per i quali essa non è avvenuta. Dalla notifica decorre il termine per il pagamento in misura ridotta.

Se l’autorità giudiziaria non procede ad istruzione, il pagamento in misura ridotta può essere effettuato prima dell’apertura del dibattimento.

La persona obbligata in solido con l’autore della violazione deve essere citata nella istruzione o nel giudizio penale su richiesta del pubblico ministero. Il pretore ne dispone di ufficio la citazione. Alla predetta persona, per la difesa dei propri interessi, spettano i diritti e le garanzie riconosciuti all’imputato, esclusa la nomina del difensore d’ufficio.

Il pretore, quando provvede con decreto penale, con lo stesso decreto applica, nei confronti dei responsabili, la sanzione stabilita dalla legge per la violazione.

La competenza del giudice penale in ordine alla violazione non costituente reato cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato o per difetto di una condizione di procedibilità.

25. Impugnabilità del provvedimento del giudice penale.

La sentenza del giudice penale, relativamente al capo che, ai sensi dell’articolo precedente, decide sulla violazione non costituente reato, è impugnabile, oltre che dall’imputato e dal pubblico ministero, anche dalla persona che sia stata solidalmente condannata al pagamento della somma dovuta per la violazione.

Avverso il decreto penale, relativamente al capo che dichiara la responsabilità per la predetta violazione, può proporre opposizione anche la persona indicata nel comma precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice di procedura penale concernenti l’impugnazione per i soli interessi civili.

26. Pagamento rateale della sanzione pecuniaria.

L’autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall’autorità giudiziaria o amministrativa, l’obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un’unica soluzione.

27. Esecuzione forzata.

Salvo quanto disposto nell’ultimo comma dell’articolo 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per la esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all’intendenza di finanza che lo dà in carico all’esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l’obbligo del non riscosso come riscosso.

È competente l’intendenza di finanza del luogo ove ha sede l’autorità che ha emesso l’ordinanza-ingiunzione.

Gli esattori, dopo aver trattenuto l’aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi.

Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate.

Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell’articolo 24, si procede alla riscossione con l’osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali.

Salvo quanto previsto nell’articolo 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

Le disposizioni relative alla competenza dell’esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.

28. Prescrizione.

Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L’interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.

29. Devoluzione dei proventi.

I proventi delle sanzioni sono devoluti agli enti a cui era attribuito, secondo le leggi anteriori, l’ammontare della multa o dell’ammenda.

Il provento delle sanzioni per le violazioni previste dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349 , sui servizi di trasporto merci, è devoluto allo Stato.

Nei casi previsti dal terzo comma dell’articolo 17 i proventi spettano alle regioni.

Continuano ad applicarsi, se previsti, i criteri di ripartizione attualmente vigenti. Sono tuttavia escluse dalla ripartizione le autorità competenti ad emanare l’ordinanza-ingiunzione di pagamento e la quota loro spettante è ripartita tra gli altri aventi diritto, nella proporzione attribuita a ciascuno di essi.

30. Valutazione delle violazioni in materia di circolazione stradale.

Agli effetti della sospensione e della revoca della patente di guida e del documento di circolazione, si tiene conto anche delle violazioni non costituenti reato previste, rispettivamente, dalle norme del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 , e dalle norme della legge 20 giugno 1935, n. 1349 , sui servizi di trasporto merci.

Per le stesse violazioni, il prefetto dispone la sospensione della patente di guida o del documento di circolazione, quando ne ricorrono le condizioni, anche se è avvenuto il pagamento in misura ridotta. Il provvedimento di sospensione è revocato, qualora l’autorità giudiziaria, pronunziando ai sensi degli articoli 23, 24 e 25, abbia escluso la responsabilità per la violazione.

Nei casi sopra previsti e in ogni altro caso di revoca o sospensione del documento di circolazione da parte del prefetto o di altra autorità, il provvedimento è immediatamente comunicato al competente ufficio provinciale della motorizzazione civile.

31. Provvedimenti dell’autorità regionale.

I provvedimenti emessi dall’autorità regionale per l’applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro non sono soggetti al controllo della Commissione prevista dall’articolo 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

L’opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione è regolata dagli articoli 22 e 23.

Sezione III

Depenalizzazione di delitti e contravvenzioni.

32. Sostituzione della sanzione amministrativa pecuniaria alla multa o alla ammenda.

Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda, salvo quanto disposto, per le violazioni finanziarie, dall’articolo 39.

La disposizione del precedente comma non si applica ai reati in esso previsti che, nelle ipotesi aggravate, siano punibili con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria.

La disposizione del primo comma non si applica, infine, ai delitti in esso previsti che siano punibili a querela.

33. Altri casi di depenalizzazione.

Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro le contravvenzioni previste:

a) dagli articoli 669, 672, 687, 693 e 694 del codice penale;

b) dagli articoli 121 e 124 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, nella parte non abrogata dall’articolo 14 della legge 19 maggio 1976, n. 398;

c) dagli articoli 121, 180, 181 e 186 del regolamento di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635;

d) dagli articoli 8, 58, comma ottavo, 72, 83, comma sesto, 88, comma sesto, del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 , come modificati dalle leggi 14 febbraio 1974, n. 62, e 14 agosto 1974, n. 394, nonché dal decreto-legge 11 agosto 1975, n. 367, convertito, con modificazioni nella legge 10 ottobre 1975, n. 486;

e) dal primo comma dell’articolo 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, sull’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

34. Esclusione della depenalizzazione.

La disposizione del primo comma dell’articolo 32 non si applica ai reati previsti:

a) dal codice penale, salvo quanto disposto dall’articolo 33, lettera a);

b) dall’articolo 19, secondo comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194, sulla interruzione volontaria della gravidanza;

c) da disposizioni di legge concernenti le armi, le munizioni e gli esplosivi;

d) dall’articolo 221 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 ;

e) dalla legge 30 aprile 1962, n. 283 , modificata con legge 26 febbraio 1963, n. 441, sulla disciplina igienica degli alimenti, salvo che per le contravvenzioni previste dagli articoli 8 e 14 della stessa legge 30 aprile 1962, n. 283 ;

f) dalla legge 29 marzo 1951, n. 327 , sulla disciplina degli alimenti per la prima infanzia e dei prodotti dietetici;

g) dalla legge 10 maggio 1976, n. 319 , sulla tutela delle acque dall’inquinamento;

h) dalla legge 13 luglio 1966, n. 615, concernente provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico;

i) dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860 , e dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185 , relativi all’impiego pacifico dell’energia nucleare;

l) dalle leggi in materia urbanistica ed edilizia;

m) dalle leggi relative ai rapporti di lavoro, anche per quanto riguarda l’assunzione dei lavoratori e le assicurazioni sociali, salvo quanto previsto dal successivo articolo 35;

n) dalle leggi relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed all’igiene del lavoro (38);

o) dall’articolo 108 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall’articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 , in materia elettorale.

(38)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.

35. Violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni previste dalle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, punite con la sola ammenda.

Per le violazioni consistenti nell’omissione totale o parziale del versamento di contributi e premi, l’ordinanza-ingiunzione è emessa, ai sensi dell’articolo 18, dagli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza ed assistenza obbligatorie, che con lo stesso provvedimento ingiungono ai debitori anche il pagamento dei contributi e dei premi non versati e delle somme aggiuntive previste dalle leggi vigenti a titolo di sanzione civile.

Per le altre violazioni, quando viene accertato che da esse deriva l’omesso o parziale versamento di contributi e premi, la relativa sanzione amministrativa è applicata con la medesima ordinanza e dagli stessi enti ed istituti di cui al comma precedente.

Avverso l’ordinanza-ingiunzione può essere proposta, nel termine previsto dall’articolo 22, opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro. Si applicano i commi terzo e settimo dell’articolo 22 e il quarto comma dell’articolo 23 ed il giudizio di opposizione è regolato ai sensi degli articoli 442 e seguenti del codice di procedura civile.

Si osservano, in ogni caso, gli articoli 13, 14, 20, 24, 25, 26, 27, 28, 29 e 38 in quanto applicabili. [L’esecuzione forzata, quando non è diversamente stabilito, è regolata dalle disposizioni del codice di procedura civile] (39).

L’ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi del secondo comma costituisce titolo per iscrivere ipoteca legale sui beni del debitore, nei casi in cui essa è consentita, quando la opposizione non è stata proposta ovvero è stata dichiarata inammissibile o rigettata. In pendenza del giudizio di opposizione la iscrizione dell’ipoteca è autorizzata dal pretore se vi è pericolo nel ritardo.

Per le violazioni previste dal primo comma che non consistono nell’omesso o parziale versamento di contributi e premi e che non sono allo stesso connesse a norma del terzo comma si osservano le disposizioni delle sezioni I e II di questo Capo, in quanto applicabili.

La disposizione del primo comma non si applica alle violazioni previste dagli articoli 53, 54, 139, 157, 175 e 246 del testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 .

[Per la riscossione delle somme dovute ai sensi del presente articolo, nonché per la riscossione dei contributi e dei premi non versati e delle relative somme aggiuntive di cui alle leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, gli enti ed istituti gestori delle forme di previdenza ed assistenza obbligatorie, osservate in ogni caso le forme previste dal primo comma dell’articolo 18, possono avvalersi, ove opportuno, del procedimento ingiuntivo di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile] (40).

(39)  Comma così modificato dall’art. 27, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Il secondo periodo è stato abrogato dall’art. 37, dello stesso decreto.

(40)  Comma abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

36. Omissione o ritardo nel versamento di contributi e premi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

La sanzione amministrativa per l’omissione totale o parziale del versamento di contributi e premi in materia assistenziale e previdenziale non si applica se il pagamento delle somme dovute avviene entro trenta giorni dalla scadenza ovvero se, entro lo stesso termine, il datore di lavoro presenta domanda di dilazione all’ente o istituto di cui al secondo comma dell’articolo precedente. Tuttavia, quando è stata presentata domanda di dilazione, la sanzione amministrativa si applica se il datore di lavoro:

a) omette anche un solo versamento alla scadenza fissata dall’ente o istituto;

b) non provvede al pagamento delle somme dovute entro venti giorni dalla comunicazione del rigetto della domanda di dilazione.

Per gli effetti previsti dalla lettera b) del precedente comma la mancata comunicazione dell’accoglimento della domanda di dilazione entro novanta giorni dalla sua presentazione equivale a rigetto della medesima.

37. Omissione o falsità di registrazione o denuncia obbligatoria.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che, al fine di non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie, omette una o più registrazioni o denunce obbligatorie, ovvero esegue una o più denunce obbligatorie in tutto o in parte non conformi al vero, è punito con la reclusione fino a due anni quando dal fatto deriva l’omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie per un importo mensile non inferiore al maggiore importo fra euro 2582,28 mensili e il cinquanta per cento dei contributi complessivamente dovuti.

2. Fermo restando l’obbligo dell’organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, qualora l’evasione accertata formi oggetto di ricorso amministrativo o giudiziario il procedimento penale è sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale, fino al momento della decisione dell’organo amministrativo o giudiziario di primo grado.

3. La regolarizzazione dell’inadempienza accertata, anche attraverso dilazione, estingue il reato.

4. Entro novanta giorni l’ente impositore è tenuto a dare comunicazione all’autorità giudiziaria dell’avvenuta regolarizzazione o dell’esito del ricorso amministrativo o giudiziario (41).

(41) Articolo così sostituito dall’art. 116, comma 19, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Sull’estinzione del delitto di cui al presente articolo, vedi il comma 3 dell’art. 1, L. 18 ottobre 2001, n. 383.

38. Entità della somma dovuta.

La somma dovuta ai sensi del primo comma dell’articolo 32 è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda stabilita dalle disposizioni che prevedono le singole violazioni.

La somma dovuta come sanzione amministrativa è da euro 10 a euro 258 per la violazione dell’articolo 669 del codice penale e da euro 25 a euro 258 per la violazione dell’articolo 672 del codice penale.

[La somma dovuta è da lire duecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 121 e 124 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, da lire centomila a lire un milione per la violazione degli articoli 121, 180, 181 e 186 del regolamento di pubblica sicurezza] (42).

La somma dovuta è da lire duecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli 8, 58, comma ottavo, 72 e 83, comma sesto, da lire centomila a lire cinquecentomila per la violazione dell’articolo 88, comma sesto, del testo unico delle norme sulla circolazione stradale (43).

La somma dovuta è da euro 51 a euro 516 per la violazione dell’art. 8, L. 30 aprile 1962, n. 283, e da euro 25 a euro 103 per la violazione dell’ultimo comma dell’articolo 14 della stessa legge.

La somma dovuta è da euro 258 a euro 1.549 per la violazione del primo comma dell’articolo 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (44).

(42)  Comma abrogato dall’art. 13, D.Lgs. 13 luglio 1994, n. 480.

(43)  Comma da ritenere non più in vigore a seguito dell’abrogazione del testo unico delle norme sulla circolazione stradale disposta dall’art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada).

(44)  Comma da ritenenere non più in vigore a seguito dell’abrogazione della L. 24 dicembre 1969, n. 990.

39. Violazioni finanziarie.

Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro le violazioni previste dalle leggi in materia finanziaria punite con la sola multa o con l’ammenda (45).

Se le leggi in materia finanziaria prevedono, oltre all’ammenda o alla multa, una pena pecuniaria, l’ammontare di quest’ultima si aggiunge alla somma prevista nel comma precedente e la sanzione viene unificata a tutti gli effetti (46).

[Alle violazioni previste nel primo comma si applicano le disposizioni della L. 7 gennaio 1929, n. 4 , e successive modificazioni, salvo che sia diversamente disposto da leggi speciali] (47).

[In deroga a quanto previsto dall’articolo 15 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 , per le violazioni alle leggi in materia di dogane e di imposte di fabbricazione è consentito al trasgressore di estinguere l’obbligazione mediante il pagamento, entro trenta giorni dalla contestazione, presso l’ufficio incaricato della contabilità relativa alla violazione, dell’ammontare del tributo e di una somma pari ad un sesto del massimo della sanzione pecuniaria, o, se più favorevole, al limite minimo della sanzione medesima] (48).

[In caso di mancato pagamento della sanzione pecuniaria nel termine prescritto, l’ufficio finanziario incaricato della contabilità relativa alla violazione procede alla riscossione della somma dovuta mediante esecuzione forzata, con l’osservanza delle norme del testo unico sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con R.D. 14 aprile 1910, n. 639 ] (49).

Alle violazioni finanziarie, comprese quelle originariamente punite con la pena pecuniaria, si applicano, altresì, gli articoli [27, penultimo comma] 29 e 38, primo comma (50).

(45)  Comma così modificato dall’art. 2, L. 28 dicembre 1993, n. 562.

(46)  Comma così modificato dall’art. 2, L. 28 dicembre 1993, n. 562.

(47)  L’art. 29, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ha abrogato i commi terzo, quarto, quinto e sesto, limitatamente alle parole «27, penultimo comma».

(48)  L’art. 29, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ha abrogato i commi terzo, quarto, quinto e sesto, limitatamente alle parole «27, penultimo comma».

(49)  L’art. 29, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ha abrogato i commi terzo, quarto, quinto e sesto, limitatamente alle parole «27, penultimo comma».

(50)  L’art. 29, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ha abrogato i commi terzo, quarto, quinto e sesto, limitatamente alle parole «27, penultimo comma».

Sezione IV

Disposizioni transitorie e finali.

40. Violazioni commesse anteriormente alla legge di depenalizzazione.

Le disposizioni di questo Capo si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della presente legge che le ha depenalizzate, quando il relativo procedimento penale non sia stato definito.

41. Norme processuali transitorie.

L’autorità giudiziaria, in relazione ai procedimenti penali per le violazioni non costituenti più reato, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, se non deve pronunciare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti all’autorità competente. Da tale momento decorre il termine di cui al secondo comma dell’articolo 14 per la notifica delle violazioni, quando essa non è prevista dalle leggi vigenti.

Le multe e le ammende inflitte con sentenze divenute irrevocabili o con decreti divenuti esecutivi alla data di entrata in vigore della presente legge sono riscosse, insieme con le spese del procedimento, con l’osservanza delle norme sull’esecuzione delle pene pecuniarie.

Restano salve le pene accessorie e la confisca, nei casi in cui le stesse sono applicabili a norma dell’articolo 20. Restano salvi, altresì, i provvedimenti adottati in ordine alla patente di guida ed al documento di circolazione, ai sensi del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, e della legge 20 giugno 1935, n. 1349 , sui servizi di trasporto merci. Per ogni altro effetto si applica il secondo comma dell’articolo 2 del codice penale.

42. Disposizioni abrogate.

Sono abrogati la legge 3 maggio 1967, n. 317 , gli articoli 4 e 5 della legge 9 ottobre 1967, n. 950 , gli articoli 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1969, n. 1228 , l’articolo 13 della legge 29 ottobre 1971, n. 889, la legge 24 dicembre 1975, n. 706 , nonché ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

43. Entrata in vigore.

Le norme di questo Capo entrano in vigore il centottantesimo giorno dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Capo II

Aggravamento di pene e nuove disposizioni penali.

44. Pubblicazione di discussioni o deliberazioni segrete delle Camere.

… (51).

(51)  Sostituisce l’ art. 683 del codice penale.

45. Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale.

… (52).

(52)  Sostituisce l’ art. 684 del codice penale.

46. Indebita pubblicazione di notizie concernenti un procedimento penale.

… (53).

(53)  Sostituisce l’ art. 685 del codice penale.

47. Modifica all’articolo 697 del codice penale in materia di denuncia di armi all’autorità.

… (54).

(54)  Sostituisce il secondo comma dell’art. 697 del codice penale.

48. Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari.

… (55).

(55)  Sostituisce l’art. 235, R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

49. Modifica dell’articolo 3 delle disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari.

… (56).

(56)  Sostituisce l’ultimo comma dell’art. 3, D.L. 8 aprile 1974, n. 95.

50. Modifica dell’articolo 5 delle disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari.

… (57).

(57)  Sostituisce il sesto comma dell’art. 5, D.L. 8 aprile 1974, n. 95.

51. Modifica dell’articolo 17 delle disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari.

… (58).

(58)  Sostituisce l’ultimo comma dell’art. 17, D.L. 8 aprile 1974, n. 95.

52. Modifica dell’articolo 18 delle disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari.

… (59).

(59)  Sostituisce l’ultimo comma dell’art. 18, D.L. 8 aprile 1974, n. 95.

Capo III

Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi.

Sezione I

Applicazione delle sanzioni sostitutive.

53. Sostituzione di pene detentive brevi.

Il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente (60).

La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dall’articolo 57. Per determinare l’ammontare della pena pecuniaria il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell’ammontare di cui al precedente periodo il giudice tiene conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare. Il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall’articolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’ articolo 133-ter del codice penale (61).

Le norme del codice di procedura penale relative al giudizio per decreto si applicano anche quando il pretore, nei procedimenti per i reati perseguibili d’ufficio, ritiene di dover infliggere la multa o l’ammenda in sostituzione di una pena detentiva. Nel decreto devono essere indicati i motivi che determinano la sostituzione.

Nei casi previsti dall’articolo 81 del codice penale, quando per ciascun reato è consentita la sostituzione della pena detentiva, si tiene conto dei limiti indicati nel primo comma soltanto per la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave. Quando la sostituzione della pena detentiva è ammissibile soltanto per alcuni reati, il giudice, se ritiene di doverla disporre, determina, al solo fine della sostituzione, la parte di pena per i reati per i quali opera la sostituzione (62).

(60)  Comma prima modificato dall’art. 5, D.L. 14 giugno 1993, n. 187 e poi così sostituito dall’art. 4, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l’art. 5 della stessa legge n. 134 del 2003.

(61)  Comma così sostituito dall’art. 4, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l’art. 5 della stessa legge.

(62)  La Corte costituzionale, con sentenza 15-29 giugno 1995, n. 284 (Gazz. Uff. 5 luglio 1995, n. 28 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente art. 53 nella parte in cui non prevede l’applicabilità delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi ai reati militari, secondo i princìpi di cui in motivazione. Vedi, anche, gli artt. 56 e 62, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

54. Applicabilità delle pene sostitutive.

[La pena detentiva può essere sostituita con le pene indicate nell’articolo precedente quando si tratta di reati di competenza del pretore, anche se giudicati, per effetto della connessione, da un giudice superiore o commessi da persone minori degli anni diciotto] (63).

(63)  Articolo abrogato dall’art. 1, D.L. 14 giugno 1993, n. 187.

55. Semidetenzione.

La semidetenzione comporta in ogni caso l’obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno negli istituti o nelle sezioni indicati nel secondo comma dell’articolo 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354 , e situati nel comune di residenza del condannato o in un comune vicino. La determinazione delle ore e l’indicazione dell’istituto sono effettuate in relazione alle comprovate esigenze di lavoro o di studio del condannato.

La semidetenzione comporta altresì:

1) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

2) la sospensione della patente di guida;

3) il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai fini dell’espatrio, di ogni altro documento equipollente;

4) l’obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato l’ordinanza emessa a norma dell’articolo 62 e l’eventuale provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della pena, adottato a norma dell’articolo 64.

Durante il periodo di permanenza negli istituti o nelle sezioni indicate nel primo comma, il condannato è sottoposto alle norme della L. 26 luglio 1975, n. 354 , e D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431 , in quanto applicabili (64).

(64)  Vedi, anche, gli artt. 56 e 62, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

56. Libertà controllata.

La libertà controllata comporta in ogni caso:

1) il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, salvo autorizzazione concessa di volta in volta ed esclusivamente per motivi di lavoro, di studio, di famiglia o di salute;

2) l’obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno, nelle ore fissate compatibilmente con gli impegni di lavoro o di studio del condannato, presso il locale ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza di questo, presso il comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente;

3) il divieto di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

4) la sospensione della patente di guida;

5) il ritiro del passaporto, nonché la sospensione della validità, ai fini dell’espatrio, di ogni altro documento equipollente;

6) l’obbligo di conservare e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia e nel termine da essi fissato l’ordinanza emessa a norma dell’articolo 62 e l’eventuale provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della pena, adottato a norma dell’articolo 64.

Nei confronti del condannato il magistrato di sorveglianza può disporre che i centri di servizio sociale previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354 , svolgano gli interventi idonei al suo reinserimento sociale (65).

Nei confronti del condannato tossicodipendente che abbia in corso un programma terapeutico residenziale o semiresidenziale presso una delle strutture di cui all’articolo 94 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, e che ne faccia richiesta, l’obbligo di cui al numero 2) del primo comma può essere sostituito dalla attestazione di presenza da parte del responsabile della struttura (66).

(65)  Vedi, anche, gli artt. 56 e 62, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(66)  Comma aggiunto dall’art. 4-vicies bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato della relativa legge di conversione.

57. Effetti delle pene sostitutive e criteri di ragguaglio.

Per ogni effetto giuridico la semidetenzione e la libertà controllata si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena sostituita.

La pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva.

Per la determinazione della durata della pena sostitutiva anche nei casi in cui è concessa la sospensione condizionale della pena, e per qualsiasi altro effetto giuridico, un giorno di pena detentiva equivale a un giorno di semidetenzione o a due giorni di libertà controllata .

58. Potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva.

Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del condannato.

Non può tuttavia sostituire la pena detentiva quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

Deve in ogni caso specificamente indicare i motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata.

59. Condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva.

La pena detentiva non può essere sostituita nei confronti di coloro che, essendo stati condannati, con una o più sentenze, a pena detentiva complessivamente superiore a tre anni di reclusione, hanno commesso il reato nei cinque anni dalla condanna precedente (67).

La pena detentiva, se è stata comminata per un fatto commesso nell’ultimo decennio, non può essere sostituita:

a) nei confronti di coloro che sono stati condannati più di due volte per reati della stessa indole;

b) nei confronti di coloro ai quali la pena detentiva sostitutiva, inflitta con precedente condanna, è stata convertita, a norma del primo comma dell’articolo 66, ovvero nei confronti di coloro ai quali sia stata revocata la concessione del regime di semilibertà;

c) nei confronti di coloro che hanno commesso il reato mentre si trovavano sottoposti alla misura di sicurezza della libertà vigilata o alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, disposta con provvedimento definitivo ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, e della L. 31 maggio 1965, n. 575 (68) .

(67)  Comma così modificato dall’art. 4, L. 12 giugno 2003, n. 134.

(68)  La Corte costituzionale, con sentenza 12-18 febbraio 1998, n. 16 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1998, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 59, nella parte in cui non esclude che le condizioni soggettive in esso prevedute per l’applicazione delle sanzioni sostitutive si estendono agli imputati minorenni.

60. Esclusioni oggettive.

[Le pene sostitutive non si applicano ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

318 (corruzione per un atto d’ufficio);

319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio);

320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio);

321 (pene per il corruttore);

322 (istigazione alla corruzione);

355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpa;

371 (falso giuramento della parte);

372 (falsa testimonianza);

373 (falsa perizia o interpretazione);

385 (evasione);

391, primo comma (procurata inosservanza dolosa di misure di sicurezza detentive);

443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

444 (commercio di sostanze alimentari nocive) (69);

445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

452 (delitti colposi contro la salute pubblica);

501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

501-bis (manovre speculative su merci);

590, secondo e terzo comma (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2, o dal secondo comma dell’articolo 583 del codice penale;

644 (usura) .

Le pene sostitutive non si applicano, altresì, ai reati previsti dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge 13 luglio 1966, n. 615 , (provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico) e dagli articoli 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319 , (norme per la tutela delle acque dall’inquinamento) (70) .

Le pene sostitutive non si applicano ai reati previsti dalle leggi relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e all’igiene del lavoro, nonché dalle leggi in materia edilizia ed urbanistica e in materia di armi da sparo, munizioni ed esplosivi, quando per detti reati la pena detentiva non è alternativa a quella pecuniaria (71) ] (72) .

(69)  La Corte costituzionale, con sentenza 7-18 luglio 1998, n. 291 (Gazz. Uff. 22 luglio 1998, n. 29 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui esclude che le sanzioni sostitutive si applichino al reato di cui all’art. 444 del codice penale.

(70)  La Corte costituzionale, con sentenza 20-23 giugno 1994, n. 254 (Gazz. Uff. 29 giugno 1994, n. 27 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, secondo comma, nella parte in cui esclude che le pene sostitutive si applichino ai reati previsti dagli artt. 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319.

(71)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-19 maggio 1993, n. 249 (Gazz. Uff. 26 maggio 1993, n. 22 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente art. 60, nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicano al reato previsto dall’art. 590, secondo e terzo comma, del codice penale, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma dell’art. 583 del codice penale. Con altra sentenza 24 marzo-3 aprile 1997, n. 78 (Gazz. Uff. 9 aprile 1997, n. 15 – Serie speciale), la Corte costituzionale, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 60, nella parte in cui esclude che le sanzioni sostitutive si applichino ai reati previsti dall’art. 452, secondo comma, del codice penale.

(72)  Articolo abrogato dall’art. 4, L. 12 giugno 2003, n. 134.

61. Condanna alla pena sostitutiva.

Il giudice, nel dispositivo della sentenza di condanna o del decreto penale, deve indicare la specie e la durata della pena detentiva sostitutiva con la semidetenzione, la libertà controllata o la pena pecuniaria.

62. Determinazione delle modalità di esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata.

Il pubblico ministero o il pretore competente per l’esecuzione trasmette l’estratto della sentenza di condanna alla semidetenzione o alla libertà controllata al magistrato di sorveglianza del luogo di residenza del condannato, che determina le modalità di esecuzione della pena avvalendosi dei criteri indicati negli articoli 55 e 56 e osservando le norme del capo II-bis del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354 .

Quando il condannato svolge un lavoro per il quale la patente di guida costituisce indispensabile requisito, il magistrato di sorveglianza può disciplinare la sospensione in modo da non ostacolare il lavoro del condannato.

L’ordinanza con cui sono stabilite le modalità di esecuzione della pena è immediatamente trasmessa per l’esecuzione all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente, che procede a norma dell’articolo 63.

Nel caso di semidetenzione, l’ordinanza è trasmessa altresì al direttore, dell’istituto penitenziario cui il condannato è stato assegnato.

63. Esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata.

Appena ricevuta l’ordinanza prevista nel penultimo comma dell’articolo precedente, l’organo di polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi, a decorrere dal giorno successivo, alle prescrizioni in essa contenute. Provvede altresì al ritiro e alla custodia delle armi, munizioni ed esplosivi, della patente di guida e del passaporto ed alla apposizione sui documenti equipollenti dell’annotazione «documento non valido per l’espatrio», limitatamente alla durata della pena.

Nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo precedente, sulla patente di guida, o su un foglio aggiunto che deve costituirne parte integrante, sono annotate le modalità di utilizzazione stabilite dal magistrato di sorveglianza.

Cessata l’esecuzione della pena, le cose ritirate e custodite ai sensi del primo comma sono restituite a cura dello stesso organo di polizia; vengono inoltre annullate le annotazioni effettuate ai sensi dei commi precedenti.

Di tutti gli adempimenti espletati è redatto processo verbale ed è data notizia al questore e agli altri uffici interessati, nonché al direttore dell’istituto o della sezione presso cui si trova il condannato alla semidetenzione.

Se il condannato è detenuto o internato, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza è trasmessa anche al direttore dell’istituto penitenziario, il quale deve informare anticipatamente l’organo di polizia della dimissione del condannato: la pena inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della dimissione.

Quando la località designata per l’esecuzione della pena è diversa da quella in cui il condannato si trova, il termine per l’inizio dell’esecuzione è prolungato dei giorni necessari per il viaggio, secondo i criteri indicati nel primo comma dell’articolo 183 del codice di procedura penale.

64. Modifica delle modalità di esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata.

Le prescrizioni imposte con l’ordinanza prevista dall’articolo 62 possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza per sopravvenuti motivi di assoluta necessità, osservando le norme del capo II-bis del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354 .

La richiesta di modifica delle prescrizioni non sospende l’esecuzione della pena; tuttavia le prescrizioni, in caso di assoluta urgenza, possono essere modificate con provvedimento provvisorio revocabile in qualsiasi fase del procedimento.

L’ordinanza che conclude il procedimento è immediatamente trasmessa all’organo di polizia o al direttore dell’istituto o della sezione competenti per il controllo sull’adempimento delle prescrizioni. Agli stessi organi sono trasmessi immediatamente i provvedimenti provvisori emanati ai sensi del comma precedente.

Non possono essere modificate le prestazioni di cui ai numeri 1, 3 e 4 dell’articolo 55 e 3, 5 e 6 dell’articolo 56.

65. Controllo sull’adempimento delle prescrizioni imposte con la sentenza di condanna.

L’ufficio di pubblica sicurezza del luogo in cui il condannato sconta la semidetenzione o la libertà controllata o, in mancanza di questo, il comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente verifica periodicamente che il condannato adempia alle prescrizioni impostegli e tiene un registro nominativo ed un fascicolo per ogni condannato sottoposto a controllo.

Nel fascicolo individuale sono custoditi l’estratto della sentenza di condanna, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza con le eventuali successive modifiche delle modalità di esecuzione, copia della corrispondenza con l’autorità giudiziaria e con le altre autorità, una cartella biografica in cui sono riassunte le condanne riportate e ogni altro documento relativo all’esecuzione della pena. Si applicano al condannato alla semidetenzione le norme di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431 .

Il controllo sull’osservanza dell’obbligo prescritto dal primo comma dell’articolo 55 viene effettuato dal direttore dell’istituto o della sezione ivi indicata.

66. Inosservanza delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione e alla libertà controllata.

Quando è violata anche solo una delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione o alla libertà controllata, la restante parte della pena si converte nella pena detentiva sostitutiva.

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria o il direttore dell’istituto o della sezione a cui il condannato è assegnato devono informare, senza indugio, il magistrato di sorveglianza che ha emesso l’ordinanza prevista dall’articolo 62, di ogni violazione degli adempimenti sui quali gli organi medesimi esercitano i rispettivi controlli.

Il magistrato di sorveglianza trasmette gli atti alla sezione di sorveglianza, la quale, compiuti, ove occorra, sommari accertamenti, qualora ritenga doversi procedere alla conversione prevista dal primo comma, provvede con ordinanza, osservate le norme contenute nel capo II-bis del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354 . L’ordinanza è trasmessa al pubblico ministero competente, il quale provvede mediante ordine di carcerazione.

67. Inapplicabilità delle misure alternative alla detenzione.

L’affidamento in prova al servizio sociale e l’ammissione al regime di semilibertà sono esclusi per il condannato in espiazione di pena detentiva per conversione effettuata ai sensi del primo comma dell’articolo precedente (73) .

(73)  Con sentenza 9-22 aprile 1997, n. 109 (Gazz. Uff. 30 aprile 1997, n. 18 – Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 67, nella parte in cui si applica ai condannati minori di età al momento della condanna.

68. Sospensione dell’esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata.

L’esecuzione della semidetenzione o della libertà controllata è sospesa in caso di notifica di un ordine di carcerazione o di consegna; essa è altresì sospesa in caso di arresto in flagranza ai sensi degli articoli 235 e 236 del codice di procedura penale, di fermo o di cattura del condannato o di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza.

L’ingiunzione effettuata dall’organo di polizia ai sensi del primo comma dell’articolo 63 nei confronti dell’imputato detenuto o internato non sospende l’esecuzione di pene detentive o di misure di sicurezza detentive né il corso della carcerazione preventiva né l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza.

Nei casi previsti dal primo comma il magistrato di sorveglianza determina la durata residua della pena sostitutiva e trasmette il provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario; questi informa anticipatamente l’organo di polizia della data in cui riprenderà l’esecuzione della pena sostitutiva.

La semidetenzione o la libertà controllata riprendono a decorrere dal giorno successivo a quello della cessazione della esecuzione della pena detentiva; si applica la disposizione dell’ultimo comma dell’articolo 63.

69. Sospensione disposta a favore del condannato.

Per motivi di particolare rilievo, attinenti al lavoro, allo studio o alla famiglia, possono essere concesse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 52 della legge 26 luglio 1975, n. 354 , sospensioni della semidetenzione e della libertà controllata per la durata strettamente necessaria e comunque per non più di sette giorni per ciascun mese di pena.

Nel periodo della sospensione può essere imposto l’obbligo previsto dal secondo comma dell’ articolo 284 del codice di procedura penale. Se il condannato viola le prescrizioni o non si presenta all’ufficio di polizia indicato nell’articolo 65 nelle dodici ore successive alla scadenza del periodo di sospensione, la pena sostitutiva si converte in quella sostituita, a norma dell’articolo 66.

Nei casi previsti dai numeri 2 e 3 del primo comma dell’articolo 147 del codice penale, quando l’esecuzione della semidetenzione o della libertà controllata è già iniziata, la sospensione può essere ordinata dal magistrato di sorveglianza che ha determinato le modalità di esecuzione della pena.

Negli altri casi si applicano le disposizioni dell’articolo 589 del codice di procedura penale.

70. Esecuzione di pene concorrenti.

Quando contro la stessa persona sono state pronunziate, per più reati, una o più sentenze di condanna alla pena della semidetenzione o della libertà controllata, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli da 71 a 80 del codice civile e dell’ articolo 582 del codice di procedura penale.

Tuttavia, se la pena detentiva sostituita con la libertà controllata, eccede complessivamente la durata di sei mesi, si applica la semidetenzione per la parte che eccede tale limite e fino a un anno. Oltre questo limite si applica per intero la pena detentiva sostituita.

Le pene della semidetenzione e della libertà controllata sono sempre eseguite, nell’ordine, dopo le pene detentive; la libertà controllata è eseguita dopo la semidetenzione.

71. Esecuzione delle pene pecuniarie.

Alle pene pecuniarie sostitutive delle pene detentive si applicano le disposizioni dell’ articolo 586 del codice di procedura penale.

72. Revoca della pena sostitutiva.

Se sopravviene una delle condanne previste nell’articolo 59, commi primo e secondo, lettera a), ovvero la condanna a pena detentiva per un fatto commesso successivamente alla sostituzione della pena, questa viene revocata per la parte non ancora eseguita e convertita a norma dell’articolo 66.

A tali fini, il cancelliere del giudice dell’esecuzione informa senza indugio il giudice di sorveglianza competente.

73. Iscrizioni nel casellario giudiziale.

[Nei casi previsti dall’articolo 604 del codice di procedura penale i decreti e le sentenze di condanna alle pene sostitutive sono iscritti nel casellario giudiziale, anche con l’indicazione della pena sostitutiva.

Nel casellario giudiziale sono altresì iscritte le ordinanze previste dall’articolo 66, ultimo comma, e dall’articolo 108, ultimo comma] (74).

(74)  Articolo abrogato dall’art. 52 del testo unico di cui al D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell’art. 55 dello stesso decreto. Le norme di cui al presente articolo sono ora contenute nell’art. 3 del citato testo unico.

74. Iscrizione nel casellario giudiziale.

… (75).

(75)  Inserisce l’art. 58-bis nella L. 26 luglio 1975, n. 354.

75. Disposizioni relative ai minorenni.

Le disposizioni contenute nell’articolo 56 non si applicano al condannato il quale, al momento della trasmissione dell’estratto della sentenza di condanna prevista nell’articolo 62, non abbia compiuto gli anni diciotto.

In tal caso la libertà controllata è eseguita con le modalità stabilite dai commi dal quarto al decimo dell’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 , e le funzioni attribuite agli organi di polizia dagli articoli 62, 63, 64, 65, 66, 68 e 69 sono svolte dall’ufficio di servizio sociale per minorenni.

76. Norma transitoria.

Le norme previste da questo Capo si applicano anche ai procedimenti penali pendenti al momento dell’entrata in vigore della presente legge.

La Corte di cassazione decide ai sensi dell’ultimo comma dell’ articolo 538 del codice di procedura penale.

Sezione II

Applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell’imputato.

77. Ambito e modalità d’applicazione.

[Nel corso dell’istruzione e fino a quando non sono compiute per la prima volta le formalità di apertura del dibattimento, il giudice, quando ritiene, in seguito all’esame degli atti e agli accertamenti eventualmente disposti, che sussistono elementi per applicare per il reato per cui procede la sanzione sostitutiva della libertà controllata o della pena pecuniaria può disporre con sentenza, su richiesta dell’imputato e con il parere favorevole del pubblico ministero, l’applicazione della sanzione sostitutiva, con esclusione di ogni pena accessoria e misura di sicurezza, ad eccezione della confisca nei casi previsti dal secondo comma dell’ articolo 240 del codice penale. In tal caso, con la stessa sentenza, dichiara estinto il reato per intervenuta applicazione della sanzione sostitutiva su richiesta dell’imputato.

Nella determinazione e nell’applicazione della sanzione sostitutiva si osservano le disposizioni della Sezione I di questo Capo.

La sentenza produce i soli effetti espressamente previsti nella presente Sezione. Contro la sentenza è ammesso soltanto ricorso per cassazione] (76).

(76)  Abrogato dall’art. 234, D.Lgs 28 luglio 1989, n. 271.

78. Competenza.

[Sulla richiesta formulata dall’imputato prima dell’emissione del decreto di citazione a giudizio, della richiesta di citazione a giudizio o dell’ordinanza di rinvio a giudizio, provvede il pretore per i procedimenti dinanzi a lui pendenti ed il giudice istruttore negli altri casi; il parere del pubblico ministero è espresso dal procuratore della Repubblica.

Se la richiesta è formulata in un momento successivo, provvede il giudice del dibattimento ed il parere è espresso dal pubblico ministero di udienza] (77).

(77)  Abrogato dall’art. 234, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Salvo quanto disposto dall’art. 248 comma 4 dello stesso decreto.

79. Applicazione nell’ulteriore corso del procedimento.

[Il giudice può procedere ai sensi dell’articolo 77 in ogni stato e grado del procedimento, quando l’imputato ha formulato la richiesta di cui allo stesso articolo nel termine ivi previsto] (78).

(78)  Abrogato dall’art. 234, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Salvo quanto disposto dall’art. 248 comma 4 dello stesso decreto.

80. Esclusioni soggettive.

[Il provvedimento di cui all’articolo 77 non può essere emesso nei confronti di chi in precedenza ne ha già beneficiato o nei confronti di chi ha riportato condanna a pena detentiva] (79) (80).

(79)  Abrogato dall’art. 234, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271. Salvo quanto disposto dall’art. 248 comma 4 dello stesso decreto.

(80)  La Corte costituzionale, con sentenza 3 luglio 1987, n. 267 (Gazz. Uff. 22 luglio 1987, n. 30 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente art. 80, nella parte in cui esclude la reiterabilità del provvedimento previsto dall’art. 77 della stessa legge quando l’imputato debba rispondere di reati che si legano con il vincolo della continuazione a quelli per i quali egli già ha beneficiato del provvedimento.

81. Iscrizione nel casellario giudiziale.

[La sentenza, pronunciata a norma dell’articolo 77 è iscritta nel casellario giudiziale per i soli effetti di cui all’articolo precedente] (81).

(81)  Articolo abrogato dall’art. 52 del testo unico di cui al D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, con la decorrenza indicata nell’art. 55 dello stesso decreto.

82. Esecuzione delle sanzioni sostitutive.

Per l’esecuzione delle sanzioni sostitutive si applicano le disposizioni della Sezione I di questo Capo.

83. Violazione degli obblighi.

Colui il quale viola, in tutto o in parte, gli obblighi impostigli con la sentenza pronunciata a norma dell’articolo 77 è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

In caso di condanna la pena non può essere sostituita a norma di questo Capo.

84. Comunicazione all’imputato.

Quando per il reato per il quale si procede è ammessa l’oblazione o può trovare applicazione la disposizione prevista dall’articolo 77 ne va fatta menzione nella comunicazione giudiziaria.

85. Entrata in vigore.

Le disposizioni contenute nella presente Sezione si applicano anche ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della presente legge.

Capo IV

Estensione della perseguibilità a querela.

86. Nuovo testo degli articoli 334 e 335 del codice penale.

… (82).

(82)  Sostituisce gli artt. 334 e 335 del codice penale.

87. Sottrazione, distruzione o danneggiamento di cose sottoposte a pignoramento, sequestro giudiziario o conservativo.

… (83).

(83)  Sostituisce, con quattro commi, il terzo comma dell’ art. 388 del codice penale.

88. Violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento o sequestro giudiziario o conservativo.

… (84).

(84)  Inserisce l’ articolo 388-bis dopo l’art. 388 del codice penale.

89. Casi di perseguibilità a querela.

… (85).

(85)  Inserisce l’ articolo 493-bis dopo l’art. 493 del codice penale.

90. Modifica dell’articolo 570 del codice penale in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

… (86).

(86)  Inserisce un comma, dopo il secondo, nell’ art. 570 del codice penale.

91. Modifica dell’articolo 582 del codice penale in materia di lesione personale.

… (87).

(87)  Sostituisce il secondo comma dell’ art. 582 del codice penale.

92. Modifica dell’articolo 590 del codice penale in materia di lesioni personali colpose.

… (88).

(88)  Sostituisce l’ultimo comma dell’ art. 590 del codice penale.

93. Modifica dell’articolo 627 del codice penale in materia di sottrazione di cose comuni.

… (89).

(89)  Sostituisce il primo comma dell’ art. 627 del codice penale.

94. Usurpazione.

… (90).

(90)  Sostituisce l’ art. 631 del codice penale.

95. Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi.

… (91).

(91)  Sostituisce l’ art. 632 del codice penale.

96. Modifica dell’articolo 636 del codice penale in materia di introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo.

… (92).

(92)  Aggiunge un comma all’ art. 636 del codice penale.

97. Casi di esclusione della perseguibilità a querela.

… (93).

(93)  Inserisce l’ art. 639-bis dopo l’art. 639 del codice penale.

98. Modifica dell’articolo 640 del codice penale in materia di truffa.

… (94).

(94)  Aggiunge un comma all’ art. 640 del codice penale.

99. Norma transitoria.

Per i reati perseguibili a querela ai sensi delle disposizioni precedenti, commessi prima del giorno dell’entrata in vigore della presente legge, il termine per presentare la querela decorre dal giorno suddetto, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizie del fatto costituente reato.

Se è pendente il procedimento, il giudice informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona offesa è stata informata.

Capo V

Disposizioni in materia di pene pecuniarie.

100. Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria – Pagamento rateale della multa o della ammenda.

… (95).

(95)  Inserisce gli artt. 133-bis e 133-ter dopo l’art. 133 del codice penale.

101. Nuovo testo degli articoli 24, 26, 66, 78, 135 e 136 del codice penale.

… (96).

(96)  Sostituisce gli artt. 24, 26, 66, 78, 135 e 136 del codice penale.

102. Conversione di pene pecuniarie.

Le pene della multa e dell’ammenda non eseguite per insolvibilità del condannato si convertono nella libertà controllata per un periodo massimo, rispettivamente, di un anno e di sei mesi.

Nel caso in cui la pena pecuniaria da convertire non sia superiore a euro 516, la stessa può essere convertita, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo (97) .

Il ragguaglio ha luogo calcolando euro 12, o frazione di euro 12, di pena pecuniaria per un giorno di libertà controllata e euro 25, o frazione di euro 25, per un giorno di lavoro sostitutivo (98).

Il condannato può sempre far cessare la pena sostitutiva pagando la multa o l’ammenda, dedotta la somma corrispondente alla durata della libertà controllata scontata o del lavoro sostitutivo prestato.

(97)  La Corte costituzionale, con sentenza 14-21 giugno 1996, n. 206 (Gazz. Uff. 26 giugno 1996, n. 26 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 102, secondo comma, nella parte in cui non consente che il lavoro sostitutivo, a richiesta del condannato, sia concesso anche nel caso in cui la pena pecuniaria da convertire sia superiore ad un milione.

(98)  Con sentenza 12-23 dicembre 1994, n. 440 (Gazz. Uff. 28 dicembre 1994, n. 53 – Serie speciale) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del terzo comma, nella parte in cui stabilisce che, agli effetti della conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del condannato, il ragguaglio ha luogo calcolando venticinquemila lire, o frazione di venticinquemila lire, anziché settantacinquemila lire, o frazione di settantacinquemila lire, di pena pecuniaria per un giorno di libertà controllata.

103. Limite degli aumenti in caso di conversione delle pene pecuniarie.

Quando le pene pecuniarie debbono essere convertite per insolvibilità del condannato la durata complessiva della libertà controllata non può superare un anno e sei mesi, se la pena convertita è quella della multa, e nove mesi se la pena convertita è quella dell’ammenda.

La durata complessiva del lavoro sostitutivo non può superare in ogni caso i sessanta giorni.

104. Nuovo testo degli articoli 163, 175 e 237 del codice penale.

… (99).

(99)  Sostituisce gli artt. 163, 175 e 237 del codice penale.

105. Lavoro sostitutivo.

Il lavoro sostitutivo consiste nella prestazione di un’attività non retribuita, a favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, o presso enti, organizzazioni o corpi di assistenza, di istruzione, di protezione civile e di tutela dell’ambiente naturale o di incremento del patrimonio forestale, previa stipulazione, ove occorra, di speciali convenzioni da parte del Ministero di grazia e giustizia, che può delegare il magistrato di sorveglianza .

Tale attività si svolge nell’ambito della provincia in cui il condannato ha la residenza, per una giornata lavorativa per settimana, salvo che il condannato chieda di essere ammesso ad una maggiore frequenza settimanale.

106. Esecuzione di pene pecuniarie.

… (100).

(100)  Sostituisce l’art. 586 del codice di procedura penale.

107. Determinazione delle modalità di esecuzione delle pene conseguenti alla conversione della multa o dell’ammenda.

Il pubblico ministero o il pretore competente per l’esecuzione trasmette copia del provvedimento di conversione della pena pecuniaria al magistrato di sorveglianza del luogo di residenza del condannato.

Il magistrato di sorveglianza, sentito il condannato stesso, dispone l’applicazione della libertà controllata o lo ammette al lavoro sostitutivo; determina altresì le modalità di esecuzione della libertà controllata a norma dell’articolo 62.

Il magistrato di sorveglianza determina le modalità di esecuzione del lavoro sostitutivo e ne fissa il termine iniziale, sentito ove occorra il servizio sociale, tenuto conto delle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato ed osservando le disposizioni del capo II-bis del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354 .

L’ordinanza con cui sono stabilite le modalità di esecuzione del lavoro sostitutivo è immediatamente trasmessa all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente competente.

Si applicano al lavoro sostitutivo le disposizioni degli articoli 64, 65, 68 e 69.

108. Inosservanza delle prescrizioni inerenti alle pene conseguenti alla conversione della multa o della ammenda.

Quando è violata anche solo una delle prescrizioni inerenti alla libertà controllata, ivi comprese quelle inerenti al lavoro sostitutivo, conseguenti alla conversione di pene pecuniarie, la parte di libertà controllata o di lavoro sostitutivo non ancora eseguita si converte in un uguale periodo di reclusione o di arresto, a seconda della specie della pena pecuniaria originariamente inflitta. In tal caso non si applica il disposto dell’articolo 67.

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria devono informare, senza indugio, il magistrato di sorveglianza che ha emesso l’ordinanza prevista dall’articolo 107 di ogni violazione da parte del condannato delle prescrizioni impostegli.

Il magistrato di sorveglianza trasmette gli atti alla sezione di sorveglianza, la quale, compiuti ove occorra sommari accertamenti, provvede con ordinanza alla conversione prevista dal primo comma, osservate le disposizioni del capo II-bis del titolo II della legge 26 luglio 1975, n. 354 . L’ordinanza di conversione è trasmessa al pubblico ministero competente, il quale provvede mediante ordine di carcerazione.

109. Mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie.

… (101).

(101)  Inserisce l’ art. 388-ter dopo l’art. 388-bis del codice penale.

110. Abrogazione della norma.

È abrogato l’articolo 49 della legge 26 luglio 1975, n. 354 .

111. Disposizioni transitorie.

Le norme sulla conversione delle pene pecuniarie si applicano ai reati commessi successivamente all’entrata in vigore della presente legge.

In deroga a quanto disposto dall’articolo 172 del codice penale, la pena della multa inflitta, anche congiuntamente a quella della reclusione, per reati commessi prima della entrata in vigore della presente legge, si estingue col decorso del termine di dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge; tuttavia, se la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, la pena della multa si estingue col decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.

112. Perdono giudiziale.

… (102).

(102)  Sostituisce l’art. 19, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404.

113. Aumento delle pene pecuniarie.

Le pene pecuniarie comminate per i reati previsti dal codice penale o dalle leggi speciali, nonché le sanzioni pecuniarie comminate per le infrazioni previste dal codice di procedura penale, aumentate per effetto della legge 12 luglio 1961, n. 603 , sono moltiplicate per cinque.

Sono altresì moltiplicate per cinque le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore dopo il 21 ottobre 1947 e prima della legge 12 luglio 1961, n. 603 .

Le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore dopo la legge 12 luglio 1961, n. 603 , e fino al 31 dicembre 1970 sono moltiplicate per tre.

Quelle comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore dopo il 31 dicembre 1970 e fino al 31 dicembre 1975, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate per due.

Quando, tenuto conto degli aumenti previsti nei commi precedenti, la legge stabilisce la pena dell’ammenda inferiore nel minimo a euro 2 o nel massimo a euro 5, i limiti edittali sono elevati rispettivamente a euro 5 e a euro 12 (103).

(103) Ai sensi di quanto disposto dal primo comma dell’art. 26 del codice penale, come modificato, da ultimo, dal comma 61 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94, la pena dell’ammenda consiste nel pagamento di una somma non inferiore a 20 euro e non superiore a euro 10.000.

114. Aumento delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano a tutte le sanzioni amministrative pecuniarie originariamente previste come sanzioni penali.

Le altre sanzioni amministrative pecuniarie inferiori nel minimo a euro 20 o nel massimo a euro 50 sono elevate, rispettivamente, a euro 20 e a euro 50 (104).

Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche alle violazioni finanziarie (105).

(104) Comma così modificato dal comma 64 dell’art. 3, L. 15 luglio 2009, n. 94.

(105)  Vedi, anche, l’art. 20, L. 24 marzo 1989, n. 122.

115. Pene proporzionali.

Le disposizioni degli articoli 113 e 114 non si applicano alle pene e sanzioni amministrative pecuniarie quando l’ammontare delle stesse o della pena base che viene assunta per la loro determinazione non è fissato direttamente dalla legge ma è diversamente stabilito.

116. Nuovo testo degli articoli 196 e 197 del codice penale.

… (106).

(106)  Sostituisce gli artt. 196 e 197 del codice penale.

117. Persona civilmente obbligata per l’ammenda e per la multa.

Tutte le disposizioni processuali relative alla persona civilmente obbligata per l’ammenda si intendono riferite anche alla persona civilmente obbligata per la multa.

Capo VI

Disposizioni in materia di pene accessorie, prescrizione, oblazione, sospensione condizionale della pena e confisca.

118. Modifiche dell’articolo 19 del codice penale, in materia di pene accessorie – Specie.

… (107).

(107)  Sostituisce i primi due commi dell’ art. 19 del codice penale.

119. Modifiche dell’articolo 32 del codice penale in materia di interdizione legale.

… (108).

(108)  Sostituisce il secondo e terzo comma dell’ art. 32 del codice penale.

120. Nuove norme in materia di interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e di incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

… (109).

(109)  Inserisce gli artt. 32-bis, 32-ter e 32-quater dopo l’art. 32 del codice penale.

121. Modifica dell’articolo 33 del codice penale in materia di condanna per delitto colposo.

… (110).

(110)  Sostituisce il primo comma dell’ art. 33 del codice penale.

122. Decadenza dalla potestà dei genitori e sospensione dal suo esercizio.

… (111).

(111)  Sostituisce l’ art. 34 del codice penale.

123. Sospensione dall’esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

… (112).

(112)  Inserisce l’ art. 35-bis dopo l’art. 35 del codice penale.

124. Applicazione provvisoria di pene accessorie.

… (113).

(113)  Sostituisce l’ art. 140 del codice penale.

125. Modifica dell’articolo 157 del codice penale in materia di prescrizione e tempo necessario a prescrivere.

… (114).

(114)  Sostituisce il n. 6) del primo comma dell’ art. 157 del codice penale.

126. Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative.

… (115).

(115)  Inserisce l’ art. 162-bis dopo l’art. 162 del codice penale.

127. Applicazione di norme.

Le disposizioni dell’articolo 162-bis del codice penale si applicano anche ai reati indicati nelle lettere f), h), i), n) del primo comma dell’articolo 34.

128. Obblighi del condannato.

… (116).

(116)  Sostituisce l’ art. 165 del codice penale.

129. Inosservanza di pene accessorie.

… (117).

(117)  Sostituisce l’ art. 389 del codice penale.

130. Modifiche dell’articolo 200 del codice di procedura penale in materia di impugnazione di ordinanze emesse in giudizio.

… (118).

(118)  Aggiunge un comma, dopo il primo, nell’art. 200 del codice di procedura penale.

131. Applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza.

… (119).

(119)  Sostituisce l’art. 301 del codice di procedura penale.

132. Modificazioni dell’articolo 400 del codice di procedura penale in materia di provvedimenti per l’applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza.

… (120).

(120)  Aggiunge due commi all’art. 400 del codice di procedura penale.

133. Esecuzione provvisoria di misure di sicurezza.

… (121).

(121)  Sostituisce l’art. 485 del codice di procedura penale.

134. Appello contro sentenze del pretore.

… (122).

(122)  Sostituisce l’art. 512 del codice di procedura penale.

135. Appello contro sentenze del tribunale e della corte d’assise.

… (123).

(123)  Sostituisce l’art. 513 del codice di procedura penale.

136. Modifiche dell’articolo 522 del codice di procedura penale in materia di questioni di nullità.

… (124).

(124)  Aggiunge un comma all’art. 522 del codice di procedura penale.

137. Modifiche dell’articolo 604 del codice di procedura penale in materia di provvedimenti da iscrivere nel casellario.

… (125).

(125)  Modifica l’art. 604 del codice di procedura penale.

138. Modifiche alle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

… (126).

(126)  Inserisce gli artt. 48-bis e 48-ter dopo l’art. 48 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

139. Modifica dell’articolo 116 delle norme sugli assegni bancari, circolari e su titoli speciali dell’istituto di emissione, e dei Banchi di Napoli e di Sicilia.

… (127).

(127)  Inserisce un comma dopo il primo all’art. 116, R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.

140. Disposizioni aggiuntive alle norme in materia di assegni bancari, circolari e su titoli speciali dell’istituto di emissione, e dei Banchi di Napoli e di Sicilia.

… (128).

(128)  Aggiunge l’art. 116-bis al R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.

141. Ulteriori disposizioni aggiuntive alle norme in materia di assegni bancari, circolari e su titoli speciali dell’istituto di emissione, e dei Banchi di Napoli, e di Sicilia.

… (129).

(129)  Aggiunge gli artt. 124 e 125 al R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.

142. Modifiche nel testo unico delle norme sulla circolazione stradale.

… (130).

(130)  Aggiunge gli artt. 80-bis e 80-ter al D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, .

143. Disposizioni aggiuntive alla legge sulla disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.

… (131).

(131)  Aggiunge l’art. 80-bis alla L. 22 dicembre 1975, n. 685.

144. Modifica alla legge recante norme per la tutela delle acque dall’inquinamento.

… (132).

(132)  Aggiunge un periodo all’art. 21, L. 10 maggio 1976, n. 319.

145. Norma aggiuntiva alla legge recante disposizioni penali in materia di infrazioni valutarie.

… (133).

(133)  Aggiunge un periodo all’art. 1, quarto comma, D.L. 4 marzo 1976, n. 31. Peraltro, l’art. 145 stato abrogato, con decorrenza dal 1° gennaio 1989, dall’art. 42, D.P.R. 31 marzo 1988, n. 148.

146. Norma di coordinamento.

Ogni qualvolta nel codice penale o in altre leggi ricorre l’espressione «patria potestà» la medesima è sostituita dalla espressione «potestà dei genitori».

147. Modifica dell’articolo 2638 del codice civile in materia di accettazione di retribuzione non dovuta da parte di amministratore giudiziario o commissario governativo.

… (134).

(134)  Sostituisce il secondo comma dell’ art. 2638 del codice civile.

148. Disposizioni abrogative e di coordinamento.

L’ articolo 2641 del codice civile è abrogato.

Quando nelle leggi speciali è richiamato l’ articolo 2641 del codice civile tale richiamo si intende operato all’ articolo 32-bis del codice penale (135).

(135)  Il suddetto articolo 2641 è stato sostituito dall’art. 1, D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61.


LEGGE 23 dicembre 1978, n. 833(1)

LEGGE 23 dicembre 1978, n. 833 (1)

Istituzione del servizio sanitario nazionale (2) (3) (4)

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 dicembre 1978, n. 360, S.O.
(2)  Per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, vedi la L. 30 novembre 1998, n. 419.
(3)  Per il riordino del settore termale, vedi la L. 24 ottobre 2000, n. 323.
(4) Vedi, anche, le disposizioni contenute nel D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Titolo I
IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Capo I
PRINCIPI ED OBIETTIVI
Art. 1 (I principi)

Art. 2 (Gli obiettivi)

Capo II
COMPETENZE E STRUTTURE
Art. 3 (Programmazione di obiettivi e di prestazioni sanitarie)

Art. 4 (Uniformità delle condizioni di salute sul territorio nazionale)

Art. 5 (Indirizzo e coordinamento delle attività amministrative regionali)

Art. 6 (Competenze dello Stato)

Art. 7 (Funzioni delegate alle regioni)

Art. 8 (Consiglio sanitario nazionale)

Art. 9 (Istituto superiore di sanità)

Art. 10 (L’organizzazione territoriale)

Art. 11 (Competenze regionali)

Art. 12 (Attribuzione delle province)

Art. 13 (Attribuzione dei comuni)

Art. 14 (Unità sanitarie locali)

Art. 15 (Struttura e funzionamento delle unità sanitarie locali)

Art. 16 (Servizi veterinari)

Art. 17 (Requisiti e struttura interna degli ospedali)

Art. 18 (Presidi e servizi multizonali)

Capo III
PRESTAZIONI E FUNZIONI
Art. 19 (Prestazioni delle unità sanitarie locali)

Art. 20 (Attività di prevenzione)

Art. 21 (Organizzazione dei servizi di prevenzione)

Art. 22 (Presidi e servizi multizonali di prevenzione)

Art. 23 (Delega per la istituzione dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro)

Art. 24 (Norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita e di omologazioni)

Art. 25 (Prestazioni di cura)

Art. 26 (Prestazioni di riabilitazione)

Art. 27 (Strumenti informativi)

Art. 28 (Assistenza farmaceutica)

Art. 29 (Disciplina dei farmaci)

Art. 30 (Prontuario farmaceutico)

Art. 31 (Pubblicità ed informazione scientifica sui farmaci)

Art. 32 (Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria)

Art. 33 (Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori)

Art. 34 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale)

Art. 35 (Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale)

Art. 36 (Termalismo terapeutico)

Art. 37 (Delega per la disciplina dell’assistenza sanitaria agli italiani all’estero, ai cittadini del comune di Campione d’Italia ed al personale navigante)

Art. 38 (Servizio di assistenza religiosa)

Art. 39 (Cliniche universitarie e relative convenzioni)

Art. 40 (Enti di ricerca e relative convenzioni)

Art. 41 (Convenzioni con istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica)

Art. 42 (Istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico)

Art. 43 (Autorizzazione e vigilanza su istituzioni sanitarie)

Art. 44 (Convenzioni con istituzioni sanitarie)

Art. 45 (Associazioni di volontariato)

Art. 46 (Mutualità volontaria)

Capo IV
PERSONALE
Art. 47 (Personale dipendente)

Art. 48 (Personale a rapporto convenzionale)

Capo V
CONTROLLI, CONTABILITA’ E FINANZIAMENTO
Art. 49 (Controlli sulle unità sanitarie locali)

Art. 50 (Norme di contabilità)

Art. 51 (Finanziamento del servizio sanitario nazionale)

Art. 52 (Finanziamento per l’esercizio finanziario 1979)

Titolo II
PROCEDURE DI PROGRAMMAZIONE E DI ATTUAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Art. 53 (Piano sanitario nazionale)

Art. 54 (Primo piano sanitario nazionale)

Art. 55 (Piani sanitari regionali)

Art. 56 (Primi piani sanitari regionali)

Art. 57 (Unificazione dei livelli delle prestazioni sanitarie)

Art. 58 (Servizio epidemiologico e statistico)

Art. 59 (Riordinamento del Ministero della sanità)

Art. 60 (Costituzione del Consiglio sanitario nazionale)

Art. 61 (Costituzione delle unità sanitarie locali)

Art. 62 (Riordinamento delle norme in materia di profilassi internazionalie di malattie infettive e diffusive)

Art. 63 (Assicurazione obbligatoria)

Titolo III
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 64 (Norme transitorie per l’assistenza psichiatrica)

Art. 65 (Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppressi)

Art. 66 (Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza di enti locali)

Art. 67 (Norme per il trasferimento del personale degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppresse)

Art. 68 (Norme per il trasferimento del personale di enti locali)

Art. 69 (Entrate del fondo sanitario nazionale)

Art. 70 (Scorporo dei servizi sanitari della Croce rossa Italiana – CRI – e riordinamento dell’Associazione)

Art. 71 (Compiti delle Associazioni di volontariato)

Art. 72 (Soppressione dell’Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni – ENPI – e dell’Associazione nazionale per il controllo della combustione – ANCC -)

Art. 73 (Trasferimento di personale statale addetto alle attività di prevenzione e di sicurezza del lavoro)

Art. 74 (Indennità economiche temporanee)

Art. 75 (Rapporto con gli enti previdenziali)

Art. 76 (Modalità transitorie per la riscossione dei contributi obbligatori di malattia)

Art. 77 (Liquidazione degli enti soppressi e ripiano delle loro passività)

Art. 78 (Norme fiscali)

Art. 79 (Esercizio delle deleghe legislative)

Art. 80 (Regioni a statuto speciale)

Art. 81 (Assistenza ai mutilati e agli invalidi civili)

Art. 82 (Variazioni al bilancio dello Stato)

Art. 83 (Entrata in vigore della legge)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:

Titolo I

IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Capo I

PRINCIPI ED OBIETTIVI

Art. 1 (I principi)

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.
La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini.
Nel servizio sanitario nazionale è assicurato il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività.
Le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge.

Art. 2 (Gli obiettivi)

Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante:
1) la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un’adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità;
2) la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro;
3) la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata;
4) la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica;
5) la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro;
6) l’igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo, nonché la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali ed il controllo della loro alimentazione integrata e medicata;
7) una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell’informazione scientifica sugli stessi diretta ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e la economicità del prodotto;
8) la formazione professionale e permanente nonché l’aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale.
Il servizio sanitario nazionale nell’ambito delle sue competenze persegue:
a) il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese;
b) la sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari;
c) le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità e dell’infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalità perinatale ed infantile;
d) la promozione della salute nell’età evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l’integrazione dei soggetti handicappati;
e) la tutela sanitaria delle attività sportive;
f) la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione;
g) la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione, pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici;
[h) la identificazione e la eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo. (5) ]
__________________

(5) Lettera abrogata dall’art. 1, comma 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177; tale abrogazione ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto nella G.U., ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. 177/1993.

Capo II

COMPETENZE E STRUTTURE

Art. 3 (Programmazione di obiettivi e di prestazioni sanitarie)

Lo Stato, nell’ambito della programmazione economica nazionale, determina, con il concorso delle regioni, gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale.
La legge dello Stato, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale di cui all’articolo 53, fissa i livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere, comunque, garantite a tutti i cittadini.

Art. 4 (Uniformità delle condizioni di salute sul territorio nazionale)

Con legge dello Stato sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi per tutto il territorio nazionale e stabilite le relative sanzioni penali, particolarmente in materia di:
1) inquinamento dell’atmosfera, delle acque e del suolo;
2) igiene e sicurezza in ambienti di vita e di lavoro;
3) omologazione, per fini prevenzionali, di macchine, di impianti, di attrezzature e di mezzi personali di protezione;
4) tutela igienica degli alimenti e delle bevande;
5) ricerca e sperimentazione clinica e sperimentazione sugli animali;
6) raccolta, frazionamento, conservazione e distribuzione del sangue umano (6) .
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono fissati e periodicamente sottoposti a revisione i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti di natura chimica, fisica e biologica e delle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno.
__________________

(6) La disciplina relativa alle attività trasfusionali di sangue umano e suoi componenti è regolata dalla L. 4 maggio 1990, n. 107.

Art. 5 (Indirizzo e coordinamento delle attività amministrative regionali)

La funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria, attinente ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione economica nazionale, ad esigenze di rigore e di efficacia della spesa sanitaria nonché agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari, spetta allo Stato e viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, mediante deliberazioni del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale.
Fuori dei casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge, l’esercizio della funzione di cui al precedente comma può essere delegato di volta in volta dal Consiglio dei ministri al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), per la determinazione dei criteri operativi nelle materie di sua competenza, oppure al Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il Ministro della sanità quando si tratti di affari particolari.
Il Ministro della sanità esercita le competenze attribuitegli dalla presente legge ed emana le direttive concernenti le attività delegate alle regioni.
In caso di persistente inattività degli organi regionali nell’esercizio delle funzioni delegate, qualora l’inattività relativa alle materie delegate riguardi adempimenti da svolgersi entro termini perentori previsti dalla legge o risultanti dalla natura degli interventi, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, dispone il compimento degli atti relativi in sostituzione dell’amministrazione regionale.
Il Ministro della sanità e le amministrazioni regionali sono tenuti a fornirsi reciprocamente ed a richiesta ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni.

Art. 6 (Competenze dello Stato)

Sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti:
a) i rapporti internazionali e la profilassi internazionale, marittima, aerea e di frontiera, anche in materia veterinaria; l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani all’estero e l’assistenza in Italia agli stranieri ed agli apolidi, nei limiti ed alle condizioni previste da impegni internazionali, avvalendosi dei presidi sanitari esistenti (10);
b) la profilassi delle malattie infettive e diffusive, per le quali siano imposte la vaccinazione obbligatoria o misure quarantenarie, nonché gli interventi contro le epidemie e le epizoozie;
c) la produzione, la registrazione, la ricerca, la sperimentazione, il commercio e l’informazione concernenti i prodotti chimici usati in medicina, i preparati farmaceutici, i preparati galenici, le specialità medicinali, i vaccini, gli immunomodulatori cellulari e virali, i sieri, le anatossine e i prodotti assimilati, gli emoderivati, i presidi sanitari e medico-chirurgici ed i prodotti assimilati anche per uso veterinario (9) ;
d) la coltivazione, la produzione, la fabbricazione, l’impiego, il commercio all’ingrosso, l’esportazione, l’importazione, il transito, l’acquisto, la vendita e la detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, salvo che per le attribuzioni già conferite alle regioni dalla legge 22 dicembre 1975, n. 685;
e) la produzione, la registrazione e il commercio dei prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi;
f) l’elencazione e la determinazione delle modalità di impiego degli additivi e dei coloranti permessi nella lavorazione degli alimenti e delle bevande e nella produzione degli oggetti d’uso personale e domestico; la determinazione delle caratteristiche igienico-sanitarie dei materiali e dei recipienti destinati a contenere e conservare sostanze alimentari e bevande, nonché degli oggetti destinati comunque a venire a contatto con sostanze alimentari;
g) gli standards dei prodotti industriali;
h) la determinazione di indici di qualità e di salubrità degli alimenti e delle bevande alimentari;
i) la produzione, la registrazione, il commercio e l’impiego delle sostanze chimiche e delle forme di energia capaci di alterare l’equilibrio biologico ed ecologico;
k) i controlli sanitari sulla produzione dell’energia termoelettrica e nucleare e sulla produzione, il commercio e l’impiego delle sostanze radioattive;
l) il prelievo di parti di cadavere, la loro utilizzazione e il trapianto di organi limitatamente alle funzioni di cui alla legge 2 dicembre 1975, n. 644;
m) la disciplina generale del lavoro e della produzione ai fini della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
n) l’omologazione di macchine, di impianti e di mezzi personali di protezione;
o) l’Istituto superiore di sanità, secondo le norme di cui alla legge 7 agosto 1973 , n. 519, ed alla presente legge;
p) l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro secondo le norme previste dalla presente legge;
q) la fissazione dei requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sanitari; le disposizioni generali per la durata e la conclusione dei corsi; la determinazione dei requisiti necessari per l’ammissione alle scuole, nonché dei requisiti per l’esercizio delle professioni mediche e sanitarie ausiliarie;
r) il riconoscimento e la equiparazione dei servizi sanitari prestati in Italia e all’estero dagli operatori sanitari ai fini dell’ammissione ai concorsi e come titolo nei concorsi stessi;
s) gli ordini e i collegi professionali;
t) il riconoscimento delle proprietà terapeutiche delle acque minerali e termali e la pubblicità relativa alla loro utilizzazione a scopo sanitario;
u) la individuazione delle malattie infettive e diffusive del bestiame per le quali, in tutto il territorio nazionale, sono disposti l’obbligo di abbattimento e, se del caso, la distruzione degli animali infetti o sospetti di infezione o di contaminazione; la determinazione degli interventi obbligatori in materia di zooprofilassi; le prescrizioni inerenti all’impiego dei principi attivi, degli additivi e delle sostanze minerali e chimico-industriali nei prodotti destinati all’alimentazione zootecnica, nonché quelle relative alla produzione e alla commercializzazione di questi ultimi prodotti;
[v) l’organizzazione sanitaria militare; (7)]
z) i servizi sanitari istituiti per i Corpi di polizia, per il Corpo degli agenti di custodia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché i servizi dell’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato relativi all’accertamento tecnico-sanitario delle condizioni del personale dipendente (8).
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(7) Lettera abrogata dall’ art. 2268, comma 1, n. 748), D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’ art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs. 66/2010.

(8) Lettera così modificata dall’ art. 2268, comma 1, n. 748), D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’ art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs. 66/2010.

(9) La disciplina relativa alle attività trasfusionali di sangue umano e suoi componenti è regolata dallaL. 4 maggio 1990, n. 107

(10) Vedi, anche, l’ art. 1, comma 81, L. 24 dicembre 2012, n. 228.

Art. 7 (Funzioni delegate alle regioni) (11)

E’ delegato alle regioni l’esercizio delle funzioni amministrative concernenti:
a) la profilassi delle malattie infettive e diffusive, di cui al precedente articolo 6 lettera b);
b) l’attuazione degli adempimenti disposti dall’autorità sanitaria statale ai sensi della lettera u) del precedente articolo 6;
c) i controlli sulla produzione, detenzione, commercio e impiego dei gas tossici e delle altre sostanze pericolose;
d) il controllo dell’idoneità dei locali ed attrezzature per il commercio e il deposito delle sostanze radioattive naturali ed artificiali e di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti; il controllo sulla radioattività ambientale;
e) i controlli sulla produzione e sul commercio dei prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi.
Le regioni provvedono all’approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie e in base ad un programma concordato con il Ministero della sanità.
Il Ministero della sanità provvede, se necessario, alla costituzione ed alla conservazione di scorte di sieri, di vaccini, di presidi profilattici e di medicinali di uso non ricorrente, da destinare alle regioni per esigenze particolari di profilassi e cura delle malattie infettive, diffusive e parassitarie.
Le regioni esercitano le funzioni delegate di cui al presente articolo mediante sub-delega ai comuni.
In relazione alle funzioni esercitate dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e dagli uffici veterinari di confine, di porto e di aeroporto, il Governo è delegato ad emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti per ristrutturare e potenziare i relativi uffici nel rispetto dei seguenti criteri:
a) si procederà ad una nuova distribuzione degli uffici nel territorio, anche attraverso la costituzione di nuovi uffici, in modo da attuare il più efficiente ed ampio decentramento delle funzioni;
b) in conseguenza, saranno rideterminate le dotazioni organiche dei posti previsti dallaTabella XIX, quadri B, C e D, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, nonché le dotazioni organiche dei ruoli delle carriere direttive, di concetto, esecutive, ausiliarie e degli operatori, prevedendo, per la copertura dei posti vacanti, concorsi a base regionale (12) .
L’esercizio della delega alle regioni, per le funzioni indicate nel quarto comma, in deroga all’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, si attua a partire dal 1° gennaio 1981.
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(11) Per il rinnovo fino al 31 luglio 1980 delle deleghe di cui al presente articolo, vedi l’art. 2, comma 1, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(12) Per la ristrutturazione e il potenziamento degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e degli uffici veterinari di confine, di porto, di aeroporto e di dogana interna, vedi il D.P.R. 31 luglio 1980, n. 614.

Art. 8 (Consiglio sanitario nazionale)

E’ istituito il Consiglio sanitario nazionale con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria nazionale e per l’elaborazione e l’attuazione del piano sanitario nazionale.
Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla determinazione dei livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al secondo comma dell’articolo 3 e alla ripartizione degli stanziamenti di cui all’articolo 51, nonché alle fasi di attuazione del servizio sanitario nazionale e alla programmazione del fabbisogno di personale sanitario necessaria alle esigenze del servizio sanitario nazionale.
Esso predispone una relazione annuale sullo stato sanitario del paese, sulla quale il Ministro della sanità riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno.
Il Consiglio sanitario nazionale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della sanità, per la durata di un quinquennio, è presieduto dal Ministro della sanità ed è composto:
a) da un rappresentante per ciascuna regione e, per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da un rappresentante della provincia di Trento e da un rappresentante della provincia di Bolzano;
b) da tre rappresentanti del Ministero della sanità e da un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; difesa; tesoro; bilancio e programmazione economica; agricoltura e foreste; industria, commercio e artigianato; marina mercantile; da un rappresentante designato dal Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica;
c) dal direttore dell’Istituto superiore di sanità, dal direttore dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche e da dieci esperti in materia sanitaria designati dal CNEL, tenendo presenti i criteri di rappresentatività e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale.
Per ogni membro effettivo deve essere nominato, con le stesse modalità sopra previste, un membro supplente che subentra in caso di assistenza o impedimento del titolare.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un vicepresidente.
L’articolazione in sezioni, le modalità di funzionamento e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio stesso.

Art. 9 (Istituto superiore di sanità)

L’Istituto superiore di sanità è organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale dotato di strutture e ordinamenti particolari e di autonomia scientifica. Esso dipende dal Ministro della sanità e collabora con le unità sanitarie locali, tramite le regioni, e con le regioni stesse, su richiesta di queste ultime, fornendo nell’ambito dei propri compiti istituzionali le informazioni e le consulenze eventualmente necessarie. Esso esplica attività di consulenza nelle materie di competenza dello Stato, di cui al precedente articolo 6 della presente legge, ad eccezione di quelle previste dalle lettere g), k), m) e n). Le modalità della collaborazione delle regioni con l’Istituto superiore di sanità sono disciplinate nell’ambito dell’attività governativa di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 5.
L’Istituto, per l’assolvimento dei propri compiti istituzionali, ha facoltà di accedere agli impianti produttivi nonché ai presidi e servizi sanitari per compiervi gli accertamenti e i controlli previsti dall’articolo 1 della legge 7 agosto 1973, n. 519. Tale facoltà è inoltre consentita all’Istituto su richiesta delle regioni.
L’Istituto, in attuazione di un programma predisposto dal Ministro della sanità, organizza, in collaborazione con le regioni, le università e le altre istituzioni pubbliche a carattere scientifico, corsi di specializzazione ed aggiornamento in materia di sanità pubblica per gli operatori sanitari con esclusione del personale tecnico-infermieristico; esso inoltre appronta ed aggiorna periodicamente l’Inventario nazionale delle sostanze chimiche corredato dalle caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche necessarie per la valutazione del rischio sanitario connesso alla loro presenza nell’ambiente; predispone i propri programmi di ricerca tenendo conto degli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e delle proposte avanzate dalle regioni. Tali programmi sono approvati dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale.
L’Istituto svolge l’attività di ricerca avvalendosi degli istituti pubblici a carattere scientifico e delle altre istituzioni pubbliche operanti nel settore; possono inoltre essere chiamati a collaborare istituti privati di riconosciuto valore scientifico.
[ Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, verranno determinati gli organici e i contingenti dell’Istituto superiore di sanità. (13) ]

Il secondo comma dell’articolo 4 della legge 7 agosto 1973, n. 519, è sostituito dal seguente: “La suddivisione dell’Istituto in laboratori, il loro numero e le loro competenze sono stabilite con decreto del Ministro della sanità, su proposta del Comitato scientifico e del Comitato amministrativo secondo le modalità previste dall’articolo 62 della legge 7 agosto 1973, n. 519.
La lettera b), primo comma, dell’articolo 13 della legge 7 agosto 1973, n. 519, è sostituita dalla seguente:
“b) da dieci esperti nominati per tre anni con decreto del Ministro della sanità tra personalità operanti nell’ambito di università e istituti a carattere scientifico, italiani ed eventualmente stranieri, o nell’ambito del Consiglio nazionale delle ricerche, e da dieci esperti di nazionalità italiana nominati per tre anni, con decreto del Ministro della sanità, tra personalità operanti nell’ambito delle università e dei presidi igienico-sanitari regionali. Tali esperti sono nominati su proposta del Consiglio sanitario nazionale”.
__________________

(13) Comma abrogato dall’art. 24-bis, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 10 (L’organizzazione territoriale)

Alla gestione unitaria della tutela della salute si provvede in modo uniforme sull’intero territorio nazionale mediante una rete completa di unità sanitarie locali.
L’unità sanitaria locale è il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane i quali in un ambito territoriale determinato assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale di cui alla presente legge.
Sulla base dei criteri stabiliti con legge regionale i comuni, singoli o associati, o le comunità montane articolano le unità sanitarie locali in distretti sanitari di base, quali strutture tecnico-funzionali per l’erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento.

Art. 11 (Competenze regionali)

Le regioni esercitano le funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato ed esercitano le funzioni amministrative proprie o loro delegate.
Le leggi regionali devono in particolare conformarsi ai seguenti principi:
a) coordinare l’intervento sanitario con gli interventi negli altri settori economici, sociali e di organizzazione del territorio di competenza delle regioni;
b) unificare l’organizzazione sanitaria su base territoriale e funzionale adeguando la normativa alle esigenze delle singole situazioni regionali;
c) assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici.
Le regioni svolgono la loro attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e della più ampia partecipazione democratica, in armonia con le rispettive norme statutarie. A tal fine, nell’ambito dei programmi regionali di sviluppo, predispongono piani sanitari regionali, previa consultazione degli enti locali, delle università presenti nel territorio regionale, delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle forze sociali e degli operatori della sanità, nonché degli organi della sanità militare territoriale competenti.
Con questi ultimi le regioni possono concordare:
a) l’uso delle strutture ospedaliere militari in favore delle popolazioni civili nei casi di calamità, epidemie e per altri scopi che si ritengano necessari;
b) l’uso dei servizi di prevenzione delle unità sanitarie locali al fine di contribuire al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie dei militari.
Le regioni, sentiti i comuni interessati, determinano gli ambiti territoriali delle unità sanitarie locali, che debbono coincidere con gli ambiti territoriali di gestione dei servizi sociali.
All’atto della determinazione degli ambiti di cui al comma precedente, le regioni provvedono altresì ad adeguare la delimitazione dei distretti scolastici e di altre unità di servizio in modo che essi, di regola, coincidano.

Art. 12 (Attribuzione delle province)

Fino all’entrata in vigore della legge di riforma delle autonomie locali spetta alle province approvare, nell’ambito dei piani sanitari regionali, la localizzazione dei presidi e servizi sanitari ed esprimere parere sulle delimitazioni territoriali di cui al quinto comma del precedente articolo 11.

Art. 13 (Attribuzione dei comuni)

Sono attribuite ai comuni tutte le funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera che non siano espressamente riservate allo Stato ed alle regioni.
I comuni esercitano le funzioni di cui alla presente legge in forma singola o associata mediante le unità sanitarie locali, ferme restando le attribuzioni di ciascun sindaco quale autorità sanitaria locale.
I comuni, singoli o associati, assicurano, anche con riferimento alla L. 8 aprile 1976, n. 278, e alle leggi regionali, la più ampia partecipazione degli operatori della sanità, delle formazioni sociali esistenti sul territorio, dei rappresentanti degli interessi originari definiti ai sensi della L. 12 febbraio 1968, n. 132, e dei cittadini, a tutte le fasi della programmazione dell’attività delle unità sanitarie locali e alla gestione sociale dei servizi sanitari, nonché al controllo della loro funzionalità e rispondenza alle finalità del servizio sanitario nazionale agli obiettivi dei piani sanitari triennali delle regioni di cui all’art. 55. Disciplinano inoltre, anche ai fini dei compiti di educazione sanitaria propri dell’unità sanitaria locale, la partecipazione degli utenti direttamente interessati all’attuazione dei singoli servizi.

Art. 14 (Unità sanitarie locali)

L’ambito territoriale di attività di ciascuna unità sanitaria locale è delimitato in base a gruppi di popolazione di regola compresi tra 50.000 e 200.000 abitanti, tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche della zona.
Nel caso di aree a popolazione particolarmente concentrata o sparsa e anche al fine di consentire la coincidenza con un territorio comunale adeguato, sono consentiti limiti più elevati o, in casi particolari, più ristretti.
Nell’ambito delle proprie competenze, l’unità sanitaria locale provvede in particolare:
a) all’educazione sanitaria;
[b) all’igiene dell’ambiente; (14)]
c) alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;
d) alla protezione sanitaria materno-infantile, all’assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;
e) all’igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado;
f) all’igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
g) alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;
h) all’assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale;
i) all’assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche;
l) all’assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
m) alla riabilitazione;
n) all’assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;
o) all’igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;
p) alla profilassi e alla polizia veterinaria; alla ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull’alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario;
q) agli accertamenti, alle certificazioni ed a ogni altra prestazione medico-legale spettanti al servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle relative ai servizi di cui alla lettera z) dell’articolo 6 (15) .
__________________

(14) Lettera abrogata dall’art. 1, comma 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177; tale abrogazione ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto nella G.U., ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. 177/1993.

(15) In deroga alla presente lettera, vedi l’art. 12, comma 1, L. 11 marzo 1988, n. 67.

Art. 15 (Struttura e funzionamento delle unità sanitarie locali)

L’unità sanitaria locale, di cui all’articolo 10, secondo comma, della presente legge, è una struttura operativa dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane.
Organi della unità sanitaria locale sono:
1) l’assemblea generale; (19)
2) il comitato di gestione e il suo presidente; (19)
3) il collegio dei revisori, composto di tre membri, uno dei quali designato dal Ministro del tesoro e uno dalla regione. (16)
La legge regionale disciplina i compiti e le modalità di funzionamento del collegio. (17)
Il collegio dei revisori è tenuto a sottoscrivere i rendiconti di cui all’art. 50, secondo comma, e a redigere una relazione trimestrale sulla gestione amministrativo-contabile delle unità sanitarie locali da trasmettere alla regione e ai Ministeri della sanità e del tesoro (17) .
L’assemblea generale è costituita:
a) dal consiglio comunale se l’ambito territoriale dell’unità sanitaria locale coincide con quello del comune o di parte di esso;
b) dall’assemblea generale dell’associazione dei comuni, costituita ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1977, n. 616, se l’ambito territoriale dell’unità sanitaria locale corrisponde a quello complessivo dei comuni associati;
c) dall’assemblea generale della comunità montana se il suo ambito territoriale coincide con quello dell’unità sanitaria locale. Qualora il territorio della unità sanitaria locale comprenda anche comuni non facenti parte della comunità montana, l’assemblea sarà integrata da rappresentanti di tali comuni.
In armonia con la legge 8 aprile 1976, n. 278, il comune può stabilire forme di partecipazione dei consigli circoscrizionali all’attività delle unità sanitarie locali e quando il territorio di queste coincide con quello delle circoscrizioni può attribuire ai consigli circoscrizionali poteri che gli sono conferiti dalla presente legge.
L’assemblea generale dell’associazione dei comuni di cui alla lettera b) del presente articolo è formata dai rappresentanti dei comuni associati, eletti con criteri di proporzionalità. Il numero dei rappresentanti viene determinato con legge regionale.
La legge regionale detta norme per assicurare forme di preventiva consultazione dei singoli comuni sulle decisioni di particolare rilievo dell’associazione dei comuni.
L’assemblea generale elegge, con voto limitato, il comitato di gestione, il quale nomina il proprio presidente.
Il comitato di gestione compie tutti gli atti di amministrazione dell’unità sanitaria locale. Gli atti relativi all’approvazione dei bilanci e dei conti consuntivi, dei piani e programmi che impegnino più esercizi, della pianta organica del personale, dei regolamenti, delle convenzioni, sono predisposti dal comitato di gestione e vengono approvati dalle competenti assemblee generali.
Le competenze del comitato di gestione e del suo presidente sono attribuite rispettivamente, alla giunta e al presidente della comunità montana, quando il territorio di questa coincida con l’ambito territoriale dell’unità sanitaria locale. La legge regionale detta norme per l’organizzazione, la gestione e il funzionamento delle unità sanitarie locali e dei loro servizi e, in particolare, per:
1) assicurare l’autonomia tecnico-funzionale dei servizi dell’unità sanitaria locale, il loro coordinamento e la partecipazione degli operatori, anche mediante l’istituzione di specifici organi di consultazione tecnica;
2) prevedere un ufficio di direzione dell’unità sanitaria locale, articolato distintamente per la responsabilità sanitaria ed amministrativa e collegialmente preposto all’organizzazione, al coordinamento e al funzionamento di tutti i servizi e alla direzione del personale. Per il personale preposto all’ufficio di direzione dell’unità sanitaria locale le nome delegate di cui al terzo comma del successivo articolo 47, devono prevedere specifici requisiti di professionalità e di esperienza in materia di tutela della salute e di organizzazione sanitaria;
3) predisporre bilanci e conti consuntivi da parte dell’unità sanitaria locale, secondo quanto previsto dal primo comma dell’articolo 50;
4) emanare il regolamento organico del personale dell’unità sanitaria locale e le piante organiche dei diversi presidi e servizi, anche con riferimento alle norme di cui all’articolo 47;
5) predisporre l’organizzazione e la gestione dei presidi e dei servizi multizonali di cui al successivo articolo 18, fermo il principio dell’intesa con i comuni interessati. Il segretario della comunità montana assolve anche alle funzioni di segretario per gli atti svolti dalla comunità montana in funzione di unità sanitaria locale ai sensi del terzo comma, punto c), del presente articolo (18) .
La legge regionale stabilisce altresì norme per la gestione coordinata ed integrata dei servizi dell’unità sanitaria locale con i servizi sociali esistenti nel territorio.
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(16) Comma così sostituito dall’art. 13, L. 26 aprile 1982, n. 181.

(17) Comma inserito dall’art. 13, L. 26 aprile 1982, n. 181.

(18) Numero così modificato dall’art. 8, L. 23 marzo 1981, n. 93.

(19) Vedi, anche, la L. 15 gennaio 1986, n. 4.

Art. 16 (Servizi veterinari)

La legge regionale stabilisce norme per il riordino dei servizi veterinari a livello regionale nell’ambito di ciascuna unità sanitaria locale o in un ambito territoriale più ampio, tenendo conto della distribuzione e delle attitudini produttive del patrimonio zootecnico, della riproduzione animale, della dislocazione e del potenziale degli impianti di macellazione, di lavorazione e di conservazione delle carni e degli altri prodotti di origine animale, della produzione dei mangimi e degli integratori, delle esigenze della zooprofilassi, della lotta contro le zoonosi e della vigilanza sugli alimenti di origine animale. La legge regionale individua anche le relative strutture multizonali e ne regola il funzionamento ai sensi dell’articolo 18.

Art. 17 (Requisiti e struttura interna degli ospedali)

Gli stabilimenti ospedalieri sono strutture delle unità sanitarie locali, dotate dei requisiti minimi di cui all’articolo 19, primo comma, della L. 12 febbraio 1968, n. 132.
Le Regioni nell’ambito della programmazione sanitaria disciplinano con legge l’articolazione dell’ordinamento degli ospedali in dipartimenti, in base al principio dell’integrazione tra le divisioni, sezioni e servizi affini e complementari, a quello del collegamento tra servizi ospedalieri ed extra ospedalieri in rapporto alle esigenze di definiti ambiti territoriali, nonché a quello della gestione dei dipartimenti stessi sulla base della integrazione delle competenze in modo da valorizzare anche il lavoro di gruppo. Tale disciplina tiene conto di quanto previsto all’articolo 34 della presente legge.

Art. 18 (Presidi e servizi multizonali)

La legge regionale individua, nell’ambito della programmazione sanitaria, i presidi e i servizi sanitari ospedalieri ed extra-ospedalieri che, per le finalità specifiche perseguite e per le caratteristiche tecniche e specialistiche, svolgono attività prevalentemente rivolte a territori la cui estensione includa più di una unità sanitaria locale e ne disciplina l’organizzazione.
La stessa legge attribuisce la gestione dei presidi e dei servizi di cui al precedente comma alla unità sanitaria locale nel cui territorio sono ubicati e stabilisce norme particolari per definire:
a) il collegamento funzionale ed il coordinamento di tali presidi e servizi con quelli delle unità sanitarie locali interessate, attraverso idonee forme di consultazione dei rispettivi organi di gestione;
b) gli indirizzi di gestione dei predetti presidi e servizi e le procedure per l’acquisizione degli elementi idonei ad accertarne l’efficienza operativa;
c) la tenuta di uno specifico conto di gestione allegato al conto di gestione generale dell’unità sanitaria locale competente per territorio;
d) la composizione dell’organo di gestione dell’unità sanitaria locale competente per territorio e la sua eventuale articolazione in riferimento alle specifiche esigenze della gestione.

Capo III

PRESTAZIONI E FUNZIONI

Art. 19 (Prestazioni delle unità sanitarie locali)

Le unità sanitarie locali provvedono ad erogare le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale, assicurando a tutta la popolazione i livelli di prestazioni sanitarie stabiliti ai sensi del secondo comma dell’articolo 3.
Ai cittadini è assicurato il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura nei limiti oggettivi dell’organizzazione dei servizi sanitari.
Gli utenti del servizio sanitario nazionale sono iscritti in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l’unità sanitaria locale nel cui territorio hanno la residenza.
Gli utenti hanno diritto di accedere, per motivate ragioni o in casi di urgenza o di temporanea dimora in luogo diverso da quello abituale, ai servizi di assistenza di qualsiasi unità sanitaria locale. (20)
I militari hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza delle località ove prestano servizio con le modalità stabilite nei regolamenti di sanità militare.
Gli emigrati, che rientrano temporaneamente in patria, hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza della località in cui si trovano.
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(20) Vedi, anche, l’Accordo 8 maggio 2003.

Art. 20 (Attività di prevenzione) (22)

Le attività di prevenzione comprendono:
a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia e al fine di garantire il rispetto dei limiti massimi inderogabili di cui all’ultimo comma dell’articolo 4, nonché al fine della tenuta dei registri di cui al penultimo comma dell’articolo 27; i predetti compiti sono realizzati anche mediante collaudi e verifiche di macchine, impianti e mezzi di protezione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell’unità sanitaria locale in attuazione delle funzioni definite dall’articolo 14 (21) ;
b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza, sia direttamente che tramite gli organi del decentramento comunale, ai fini anche di una corretta gestione degli strumenti informativi di cui al successivo articolo 27, e le rappresentanze sindacali;
c) la indicazione delle misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia, e l’esercizio delle attività delegate ai sensi del primo comma, lettere a), b), c), d) ed e) dell’articolo 7 (21) ;
d) la formulazione di mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente;
e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a prevenirne l’insorgenza;
f) la verifica, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di tutela dell’ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati.
Nell’esercizio delle funzioni ad esse attribuite per l’attività di prevenzione le unità sanitarie locali, garantendo per quanto alla lettera d) del precedente comma la tutela del segreto industriale, si avvalgono degli operatori sia dei propri servizi di igiene, sia dei presidi specialistici multizonali di cui al successivo articolo 22, sia degli operatori che, nell’ambito delle loro competenze tecniche e funzionali, erogano le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione.
Gli interventi di prevenzione all’interno degli ambienti di lavoro, concernenti la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di misure necessarie ed idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, connesse alla particolarità del lavoro e non previste da specifiche norme di legge, sono effettuati sulla base di esigenze verificate congiuntamente con le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti o accordi collettivi applicati nell’unità produttiva.
__________________

(21) Lettera così modificata dall’art. 1, comma 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177; tale modifica ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto nella G.U., ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. 177/1993.

(22) Per i dipartimenti di prevenzione, vedi il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

Art. 21 (Organizzazione dei servizi di prevenzione) (24) (25)

In relazione agli standards fissati in sede nazionale, all’unità sanitaria locale sono attribuiti, con decorrenza 1° gennaio 1980, i compiti attualmente svolti dall’Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Per la tutela della salute dei lavoratori le unità sanitarie locali organizzano propri servizi di medicina del lavoro anche prevedendo, ove essi non esistano, presidi all’interno delle unità produttive. (23)
In applicazione di quanto disposto nell’ultimo comma dell’articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, spetta al prefetto stabilire, su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo articolo 22 assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all’applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro.
Al personale di cui al comma precedente è esteso il potere d’accesso attribuito agli ispettori del lavoro dall’articolo 8, secondo comma, nonché la facoltà di diffida prevista dall’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520.
Contro i provvedimenti adottati dal personale ispettivo, nell’esercizio delle funzioni di cui al terzo comma, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale che decide, sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Il presidente della giunta può sospendere l’esecuzione dell’atto impugnato.
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(23) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177; tale modifica ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto nella G.U., ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. 177/1993

(24) Vedi, anche, l’art. 5, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(25) Per i dipartimenti di prevenzione, vedi il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

Art. 22 (Presidi e servizi multizonali di prevenzione) (26)

La legge regionale, in relazione alla ubicazione ed alla consistenza degli impianti industriali ed alle peculiarità dei processi produttivi agricoli, artigianali e di lavoro a domicilio:
a) individua le unità sanitarie locali in cui sono istituiti presidi e servizi multizonali per il controllo e la tutela dell’igiene ambientale e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
b) definisce le caratteristiche funzionali e interdisciplinari di tali presidi e servizi multizonali;
c) prevede le forme di coordinamento degli stessi con i servizi di igiene ambientale e di igiene e medicina del lavoro di ciascuna unità sanitaria locale.
I presidi e i servizi multizonali di cui al comma precedente sono gestiti dall’unità sanitaria locale nel cui territorio sono ubicati, secondo le modalità di cui all’articolo 18.
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(26) Per i dipartimenti di prevenzione, vedi il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.

Art. 23 (Delega per la istituzione dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) (27)

Il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 dicembre 1979, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, commercio e artigianato e dell’agricoltura e foreste, un decreto avente valore di legge ordinaria per la istituzione dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da porre alle dipendenze del Ministro della sanità. Nel suo organo di amministrazione sono rappresentati i Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria, commercio e artigianato e dell’agricoltura e foreste ed i suoi programmi di attività sono approvati dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (28)
L’esercizio della delega deve uniformarsi ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) assicurare la collocazione dell’Istituto nel servizio sanitario nazionale per tutte le attività tecnico-scientifiche e tutte le funzioni consultive che riguardano la prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro;
b) prevedere le attività di consulenza tecnico-scientifica che competono all’Istituto nei confronti degli organi centrali dello Stato preposti ai settori del lavoro e della produzione.
All’Istituto sono affidati compiti di ricerca, di studio, di sperimentazione e di elaborazione delle tecniche per la prevenzione e la sicurezza del lavoro in stretta connessione con l’evoluzione tecnologica degli impianti, dei materiali, delle attrezzature e dei processi produttivi, nonché di determinazione dei criteri di sicurezza e dei relativi metodi di rilevazione ai fini della omologazione di macchine, di impianti, di apparecchi, di strumenti e di mezzi personali di protezione e dei prototipi.
L’Istituto svolge, nell’ambito delle proprie attribuzioni istituzionali, attività di consulenza nelle materie di competenza dello Stato di cui all’articolo 6, lettere g), i), k), m), n), della presente legge, e in tutte le materie di competenza dello Stato e collabora con le unità sanitarie locali tramite le regioni e con le regioni stesse, su richiesta di queste ultime, fornendo le informazioni e le consulenze necessarie per l’attività dei servizi di cui agli articoli 21 e 22.
Le modalità della collaborazione delle regioni con l’Istituto sono disciplinate nell’ambito dell’attività governativa di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 5.
L’Istituto ha facoltà di accedere nei luoghi di lavoro per compiervi rilevamenti e sperimentazioni per l’assolvimento dei propri compiti istituzionali. L’accesso nei luoghi di lavoro è inoltre consentito, su richiesta delle regioni, per l’espletamento dei compiti previsti dal precedente comma.
L’Istituto organizza la propria attività secondo criteri di programmazione. I programmi di ricerca dell’Istituto relativi alla prevenzione delle malattie e degli infortuni sul lavoro sono predisposti tenendo conto degli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e delle proposte delle regioni.
L’Istituto, anche ai fini dei programmi di ricerca e di sperimentazione, opera in stretto collegamento con l’Istituto superiore di sanità e coordina le sue attività con il Consiglio nazionale delle ricerche e con il Comitato nazionale per l’energia nucleare. Esso si avvale inoltre della collaborazione degli istituti di ricerca delle università e di altre istituzioni pubbliche. Possono essere chiamati a collaborare all’attuazione dei suddetti programmi istituti privati di riconosciuto valore scientifico. L’Istituto cura altresì i collegamenti con istituzioni estere che operano nel medesimo settore.
Le qualifiche professionali del corpo dei tecnici e ricercatori dell’Istituto e la sua organizzazione interna, devono mirare a realizzare l’obiettivo della unitarietà della azione di prevenzione nei suoi aspetti interdisciplinari. L’Istituto collabora alla formazione ed all’aggiornamento degli operatori dei servizi di prevenzione delle unità sanitarie locali.
L’Istituto provvede altresì ad elaborare i criteri per le norme di prevenzione degli incendi interessanti le macchine, gli impianti e le attrezzature soggette ad omologazione, di concerto con i servizi di protezione civile del Ministero dell’interno.
Nulla è innovato per quanto concerne le disposizioni riguardanti le attività connesse con l’impiego pacifico dell’energia nucleare.
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(27) Per il rinnovo fino al 31 luglio 1980 delle deleghe di cui al presente articolo, vedi l’art. 2, comma 1, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(28) Vedi, anche, il D.P.R. 31 luglio 1980, n. 619, il D.L. 30 aprile 1981, n. 169 e l’art. 14, L. 10 febbraio 1982, n. 38. Per l’attribuzione al Ministro della sanità delle funzioni già spettanti al CIPE di cui al presente comma, vedi l’art. 4, Deliberazione 6 agosto 1999.

Art. 24 (Norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita e di omologazioni) (29)

Il Governo è delegato ad emanare, entro il 31 dicembre 1979, su proposta del Ministro della sanità, con il concerto dei Ministri competenti, un testo unico in materia di sicurezza del lavoro, che riordini la disciplina generale del lavoro e della produzione al fine della prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché in materia di omologazioni, unificando e innovando la legislazione vigente tenendo conto delle caratteristiche della produzione al fine di garantire la salute e l’integrità fisica dei lavoratori, secondo i principi generali indicati nella presente legge.
L’esercizio della delega deve uniformarsi ai seguenti criteri direttivi:
1) assicurare l’unitarietà degli obiettivi della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita, tenendo conto anche delle indicazioni della CEE e degli altri organismi internazionali riconosciuti;
2) prevedere l’emanazione di norme per assicurare il tempestivo e costante aggiornamento della normativa ai progressi tecnologici e alle conoscenze derivanti dalla esperienza diretta dei lavoratori;
3) prevedere l’istituzione di specifici corsi, anche obbligatori, di formazione antinfortunistica e prevenzionale;
4) prevedere la determinazione dei requisiti fisici e di età per attività e lavorazioni che presentino particolare rischio, nonché le cautele alle quali occorre attenersi e le relative misure di controllo;
5) definire le procedure per il controllo delle condizioni ambientali, per gli accertamenti preventivi e periodici sullo stato di sicurezza nonché di salute dei lavoratori esposti a rischio e per l’acquisizione delle informazioni epidemiologiche al fine di seguire sistematicamente l’evoluzione del rapporto salute-ambiente di lavoro;
6) stabilire:
a) gli obblighi e le responsabilità per la progettazione, la realizzazione, la vendita, il noleggio, la concessione in uso e l’impiego di macchine, componenti e parti di macchine, utensili, apparecchiature varie, attrezzature di lavoro e di sicurezza, dispositivi di sicurezza, mezzi personali di protezione, apparecchiature, prodotti e mezzi protettivi per uso lavorativo ed extra lavorativo, anche domestico;
b) i criteri e le modalità per i collaudi e per le verifiche periodiche dei prodotti di cui alla precedente lettera a);
7) stabilire i requisiti ai quali devono corrispondere gli ambienti di lavoro al fine di consentirne l’agibilità, nonché l’obbligo di notifica all’autorità competente dei progetti di costruzione, di ampliamento, di trasformazione e di modifica di destinazione di impianti e di edifici destinati ad attività lavorative, per controllarne la rispondenza alle condizioni di sicurezza;
8) prevedere l’obbligo del datore di lavoro di programmare il processo produttivo in modo che esso risulti rispondente alle esigenze della sicurezza del lavoro, in particolare per quanto riguarda la dislocazione degli impianti e la determinazione dei rischi e dei mezzi per diminuirli;
9) stabilire le procedure di vigilanza allo scopo di garantire la osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro;
10) stabilire le precauzioni e le cautele da adottare per evitare l’inquinamento, sia interno che esterno, derivante da fattori di nocività chimici, fisici e biologici;
11) indicare i criteri e le modalità per procedere, in presenza di rischio grave ed imminente, alla sospensione dell’attività in stabilimenti, cantieri o reparti o al divieto d’uso di impianti, macchine, utensili, apparecchiature varie, attrezzature e prodotti, sino alla eliminazione delle condizioni di nocività o di rischio accertate;
12) determinare le modalità per la produzione, l’immissione sul mercato e l’impiego di sostanze e di prodotti pericolosi;
13) prevedere disposizioni particolari per settori lavorativi o per singole lavorazioni che comportino rischi specifici;
14) stabilire le modalità per la determinazione e per l’aggiornamento dei valori-limite dei fattori di nocività di origine chimica, fisica e biologica di cui all’ultimo comma dell’articolo 4, anche in relazione alla localizzazione degli impianti;
15) prevedere le norme transitorie per conseguire condizioni di sicurezza negli ambienti di lavoro esistenti e le provvidenze da adottare nei confronti delle piccole e medie aziende per facilitare l’adeguamento degli impianti ai requisiti di sicurezza e di igiene previsti dal testo unico;
16) prevedere il riordinamento degli uffici e servizi della pubblica amministrazione preposti all’esercizio delle funzioni riservate allo Stato in materia di sicurezza del lavoro;
17) garantire il necessario coordinamento fra le funzioni esercitate dallo Stato e quelle esercitate nella materia dalle regioni e dai comuni, al fine di assicurare unità di indirizzi ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro;
18) definire per quanto concerne le omologazioni:
a) i criteri direttivi, le modalità e le forme per l’omologazione dei prototipi di serie e degli esemplari unici non di serie dei prodotti di cui al precedente numero 6), lettera a), sulla base di specifiche tecniche predeterminate, al fine di garantire le necessarie caratteristiche di sicurezza;
b) i requisiti costruttivi dei prodotti da omologare;
c) le procedure e le metodologie per i controlli di conformità dei prodotti al tipo omologato.
Le norme delegate determinano le sanzioni per i casi di inosservanza delle disposizioni contenute nel testo unico, da graduare in relazione alla gravità delle violazioni e comportanti comunque, nei casi più gravi, l’arresto fino a sei mesi e l’ammenda fino a lire 10 milioni.
Sono escluse dalla delega le norme in materia di prevenzione contro gli infortuni relative: all’esercizio di servizi ed impianti gestiti dalle ferrovie dello Stato, all’esercizio di servizi ed impianti gestiti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, all’esercizio dei trasporti terrestri pubblici e all’esercizio della navigazione marittima, aerea ed interna; nonché le norme in materia di igiene del lavoro relative al lavoro a bordo delle navi mercantili e degli aeromobili.
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(29) Per il rinnovo fino al 31 dicembre 1980 delle deleghe di cui al presente articolo, vedi l’art. 2, comma 2, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 25 (Prestazioni di cura)

Le prestazioni curative comprendono l’assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica.
Le prestazioni medico-generiche, pediatriche, specialistiche e infermieristiche vengono erogate sia in forma ambulatoriale che domiciliare.
L’assistenza medico-generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unità sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino.
La scelta del medico di fiducia deve avvenire fra i sanitari di cui al comma precedente.
Il rapporto fiduciario può cessare in ogni momento, a richiesta dell’assistito o del medico; in quest’ultimo caso la richiesta deve essere motivata.
Le prestazioni medico-specialistiche, ivi comprese quelle di diagnostica strumentale e di laboratorio, sono fornite, di norma, presso gli ambulatori e i presidi delle unità sanitarie locali di cui l’utente fa parte, ivi compresi gli istituti di cui agli articoli 39, 41 e 42 della presente legge. (30)
Le stesse prestazioni possono essere fornite da gabinetti specialistici, da ambulatori e da presidi convenzionati ai sensi della presente legge. (30)
L’utente può accedere agli ambulatori e strutture convenzionati per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio per le quali, nel termine di tre giorni, le strutture pubbliche non siano in grado di soddisfare la richiesta di accesso alle prestazioni stesse. In tal caso l’unità sanitaria locale rilascia immediatamente l’autorizzazione con apposita annotazione sulla richiesta stessa. L’autorizzazione non è dovuta per le prescrizioni, relative a prestazioni il cui costo, in base alla normativa vigente, è a totale carico dell’ assistito. (31)
Nei casi di richiesta urgente motivata da parte del medico in relazione a particolari condizioni di salute del paziente, il mancato immediato soddisfacimento della richiesta presso le strutture pubbliche di cui al sesto comma equivale ad autorizzazione ad accedere agli ambulatori o strutture convenzionati. In tal caso l’unità sanitaria locale appone sulla richiesta la relativa annotazione. (32)
Le unità sanitarie locali attuano misure idonee a garantire che le prestazioni urgenti siano erogate con priorità nell’ambito delle loro strutture. (32)
Le prestazioni specialistiche possono essere erogate anche al domicilio dell’utente in forme che consentano la riduzione dei ricoveri ospedalieri. (32)
I presidi di diagnostica strumentale e di laboratorio devono rispondere ai requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale e qualificazione funzionale del personale, aventi caratteristiche uniformi per tutto il territorio nazionale secondo uno schema tipo emanato ai sensi del primo comma dell’art. 5 della presente legge. (32)
L’assistenza ospedaliera è prestata di norma attraverso gli ospedali pubblici e gli altri istituti convenzionati esistenti nel territorio della regione di residenza dell’utente.
Nell’osservanza del principio della libera scelta del cittadino al ricovero presso gli ospedali pubblici e gli altri istituti convenzionati, la legge regionale, in rapporto ai criteri di programmazione stabiliti nel piano sanitario nazionale, disciplina i casi in cui è ammesso il ricovero in ospedali pubblici, in istituti convenzionati o in strutture ospedaliere ad alta specializzazione ubicate fuori del proprio territorio, nonché i casi nei quali potranno essere consentite forme straordinarie di assistenza indiretta.
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(30) Comma così sostituito dall’art. 3, D.L. 26 novembre 1981, n. 678, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 gennaio 1982, n. 12.

(31) Comma inserito dall’art. 3, D.L. 26 novembre 1981, n. 678, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 gennaio 1982, n. 12, come modificato dall’art. 1, comma 5, D.L. 30 maggio 1994, n. 325, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 467.

(32) Comma inserito dall’art. 3, D.L. 26 novembre 1981, n. 678, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 gennaio 1982, n. 12.

Art. 26 (Prestazioni di riabilitazione) (34) (35)

Le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, sono erogate dalle unità sanitarie locali attraverso i propri servizi. L’unità sanitaria locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvede mediante convenzioni con istituti esistenti nella regione in cui abita l’utente o anche in altre regioni, aventi requisiti indicati dalla legge, stipulate in conformità ad uno schema tipo approvato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (33)
Sono altresì garantite le prestazioni protesiche nei limiti e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell’art. 3.
Con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono approvati un nomenclatore-tariffario delle protesi ed i criteri per la sua revisione periodica.
__________________

(33) Lo schema-tipo è stato approvato prima con D.M. 23 novembre 1982 e poi con D.M. 18 maggio 1984, modificato dal D.M. 14 settembre 1985. Successivamente, il D.M. 31 luglio 1986, ha così disposto: «L’art. 1, D.M. 14 settembre 1985, pubblicato nella G.U. n. 226 del 25 settembre 1985, è sospeso per l’anno 1986. Alla compensazione tra le regioni e le province autonome, ove sia stata data applicazione al citato D.M. 14 settembre 1985, si provvederà a livello centrale, sentito il Consiglio sanitario nazionale, in sede di eventuali conguagli, sulla base dei dati informativi relativi ai ricoveri nelle strutture di riabilitazione». Infine, il D.M. 22 febbraio 1988, ha stabilito la sospensione dell’art. 1, D.M. 14 settembre 1985, per l’anno 1988.

(34) Vedi, ora, il D.M. 27 agosto 1999, n. 332.

(35) Vedi, al riguardo, il D.M. 31 dicembre 1980 e il D.M. 23 luglio 1982, modificato dal D.M. 3 novembre 1983. Con D.M. 30 maggio 1984 è stato approvato il nomenclatore-tariffario delle protesi dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa. Ulteriori nomenclatori-tariffari sono stati approvati con D.M. 11 luglio 1986, aggiornato con il D.M. 28 agosto 1987, con D.M. 20 dicembre 1988, con D.M. 30 aprile 1990, con D.M. 30 luglio 1991, modificato dal D.M. 18 dicembre 1991, con D.M. 28 dicembre 1992, modificato con D.M. 29 luglio 1994.

Art. 27 (Strumenti informativi)

Le unità sanitarie locali forniscono gratuitamente i cittadini di un libretto sanitario personale. Il libretto sanitario riporta i dati caratteristici principali sulla salute dell’assistito esclusi i provvedimenti relativi a trattamenti sanitari obbligatori di cui al successivo articolo 33. L’unità sanitaria locale provvede alla compilazione ed all’aggiornamento del libretto sanitario personale, i cui dati sono rigorosamente coperti dal segreto professionale. Tali dati conservano valore ai fini dell’anamnesi richiesta dalla visita di leva. Nel libretto sanitario sono riportati, a cura della sanità militare, gli accertamenti e le cure praticate durante il servizio di leva.
Il libretto è custodito dall’interessato o da chi esercita la potestà o la tutela e può essere richiesto solo dal medico, nell’esclusivo interesse della protezione della salute dell’intestatario.
Con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale e il Garante per la protezione dei dati personali, è approvato il modello del libretto sanitario personale comprendente le indicazioni relative all’eventuale esposizione a rischi in relazione alle condizioni di vita e di lavoro. (36)
Con lo stesso provvedimento sono determinate le modalità per la graduale distribuzione a tutti i cittadini del libretto sanitario, a partire dai nuovi nati.
Con decreto del Ministro della sanità, sentiti il Consiglio sanitario nazionale e il Garante per la protezione dei dati personali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti ed autonomi maggiormente rappresentative e le associazioni dei datori di lavoro, vengono stabiliti i criteri in base ai quali, con le modalità di adozione e di gestione previste dalla contrattazione collettiva, saranno costituiti i registri dei dati ambientali e biostatici, allo scopo di pervenire a modelli uniformi per tutto il territorio nazionale. (36)
I dati complessivi derivanti dai suindicati strumenti informativi, facendo comunque salvo il segreto professionale, vengono utilizzati a scopo epidemiologico dall’Istituto superiore di sanità oltre che per l’aggiornamento ed il miglioramento dell’attività sanitaria da parte delle unità sanitarie locali, delle regioni e del Ministero della sanità.
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(36) Comma così modificato dall’art. 178, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004. Peraltro, il citato art. 178, D.Lgs. n. 196/2003 è stato abrogato dall’ art. 27, comma 1, lett. c), n. 3), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.

Art. 28 (Assistenza farmaceutica)

L’unità sanitaria locale eroga l’assistenza farmaceutica attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate secondo i criteri e le modalità di cui agli articoli 43 e 48.
Gli assistiti possono ottenere dalle farmacie di cui al precedente comma, su presentazione di ricetta compilata dal medico curante, la fornitura di preparati galenici e di specialità medicinali compresi nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale.
L’unità sanitaria locale, i suoi presidi e servizi, compresi quelli di cui all’articolo 18, e gli istituti ed enti convenzionati di cui ai successivi articoli 41, 42, 43, possono acquistare direttamente le preparazioni farmaceutiche di cui al secondo comma per la distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l’impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari. La legge regionale disciplina l’acquisto di detti medicinali e del restante materiale sanitario da parte delle unità sanitarie locali e dei loro presidi e servizi, nonché il coordinamento dell’attività delle farmacie comunali con i servizi dell’unità sanitaria locale.

Art. 29 (Disciplina dei farmaci) (37)

La produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere regolate secondo criteri coerenti con gli obiettivi del servizio sanitario nazionale, con la funzione sociale del farmaco e con la prevalente finalità pubblica della produzione.
Con legge dello Stato sono dettate norme:
a) per la disciplina dell’autorizzazione alla produzione e alla immissione in commercio dei farmaci, per i controlli di qualità e per indirizzare la produzione farmaceutica alle finalità del servizio sanitario nazionale;
b) per la revisione programmata delle autorizzazioni già concesse per le specialità medicinali in armonia con le norme a tal fine previste dalle direttive della Comunità economica europea;
c) per la disciplina dei prezzi dei farmaci, mediante una corretta metodologia per la valutazione dei costi;
d) per la individuazione dei presidi autorizzati e per la definizione delle modalità della sperimentazione clinica precedente l’autorizzazione alla immissione in commercio;
e) per la brevettabilità dei farmaci;
f) per definire le caratteristiche e disciplinare la immissione in commercio dei farmaci da banco;
g) per la regolamentazione del servizio d’informazione scientifica sui farmaci e dell’attività degli informatori scientifici;
h) per la revisione e la pubblicazione periodica della farmocopea ufficiale della Repubblica italiana, in armonia con le norme previste dalla farmocopea europea di cui alla legge del 22 ottobre 1973, n. 752.
__________________

(37) In ottemperanza alle indicazioni contenute nel presente articolo, con D.M. 10 giugno 1983, modificato dal D.M. 7 maggio 1984, e con D.M. 29 febbraio 1988, modificato dal D.M. 6 dicembre 1994, è stata approvata la disciplina per l’impiego nelle confezioni delle specialità medicinali di bollini autoadesivi a lettura automatica. Con D.M. 31 luglio 1986 sono state dettate disposizioni per la lettura automatica delle confezioni delle specialità medicinali. Successivamente, l’art. 10, D.M. 2 agosto 2001 ha abrogato i citati D.M. 10 giugno 1983 e D.M. 29 febbraio 1988, ridisciplinando l’intera materia. Vedi, ora, il D.M. 30 maggio 2014.

Art. 30 (Prontuario farmaceutico) (38) (39)

Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, approva con proprio decreto il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale, previa proposta di un comitato composto:
dal Ministro della sanità, che lo presiede;
dal direttore generale del servizio farmaceutico del Ministero della sanità;
dal direttore dell’Istituto superiore di sanità;
dai direttori dei laboratori di farmacologia e di chimica del farmaco dell’Istituto superiore di sanità;
da sette esperti designati dal Ministro della sanità, scelti fra docenti universitari di farmacologia, di chimica farmaceutica o materie affini, di patologia o clinica medica e fra medici e farmacisti dipendenti o convenzionati con le strutture del servizio sanitario nazionale;
da un rappresentante del Ministero dell’industria, commercio e artigianato;
da due esperti di economia sanitaria designati dal Ministro della sanità, su proposta del Consiglio nazionale delle ricerche;
da cinque esperti della materia designati dalle regioni. Essi vengono scelti dal Presidente del Consiglio dei Ministri tra gli esperti designati uno ciascuno dalle regioni, e per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, uno dalla provincia di Trento e uno dalla provincia di Bolzano.
Il comitato di cui al precedente comma è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, ed è rinnovato ogni tre anni.
Il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale deve uniformarsi ai principi dell’efficacia terapeutica, dell’economicità del prodotto, della semplicità e chiarezza nella classificazione dell’esclusione dei prodotti da banco.
Il Ministro della sanità provvede entro il 31 dicembre di ogni anno ad aggiornare il prontuario terapeutico con la procedura di cui al primo comma.
Fino all’approvazione del prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale di cui al presente articolo, resta in vigore il prontuario di cui all’articolo 9 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386.
__________________

(38) L’art. 8, L. 24 dicembre 1993, n. 537, ha abolito, a decorrere dal 1° gennaio 1994, il Prontuario farmaceutico di cui al presente articolo.

(39) Vedi, anche, l’art. 10, D.L. 12 settembre 1983, n. 463.

Art. 31 (Pubblicità ed informazione scientifica sui farmaci)

Al servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull’attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci.
E’ vietata ogni forma di propaganda e di pubblicità presso il pubblico dei farmaci sottoposti all’obbligo della presentazione di ricetta medica e comunque di quelli contenuti nel prontuario terapeutico approvato ai sensi dell’articolo 30.
Sino all’entrata in vigore della nuova disciplina generale dei farmaci di cui all’articolo 29, il Ministro della sanità determina con proprio decreto i limiti e le modalità per la propaganda e la pubblicità presso il pubblico dei farmaci diversi da quelli indicati nel precedente comma, tenuto conto degli obiettivi di educazione sanitaria di cui al comma successivo e delle direttive in materia della Comunità economica europea.
Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, viste le proposte delle regioni, tenuto conto delle direttive comunitarie e valutate le osservazioni e proposte che perverranno dall’Istituto superiore di sanità e dagli istituti universitari e di ricerca, nonché dall’industria farmaceutica, predispone un programma pluriennale per l’informazione scientifica sui farmaci, finalizzato anche ad iniziative di educazione sanitaria e detta norme per la regolamentazione del predetto servizio e dell’attività degli informatori scientifici.
Nell’ambito del programma di cui al precedente comma, le unità sanitarie locali e le imprese di cui al primo comma, nel rispetto delle proprie competenze, svolgono informazione scientifica sotto il controllo del Ministero della sanità.
Il programma per l’informazione scientifica deve, altresì, prevedere i limiti e le modalità per la fornitura ai medici chirurghi di campioni gratuiti di farmaci.

Art. 32 (Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria)

Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni.
La legge regionale stabilisce norme per l’esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi.
Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.
[Sono fatte salve in materia di ordinanze, di accertamenti preventivi, di istruttoria o di esecuzione dei relativi provvedimenti le attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità. (40) ]

Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell’ordine pubblico.
__________________

(40) Comma abrogato dall’ art. 2268, comma 1, n. 748), D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’ art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs. 66/2010.

Art. 33 (Norme per gli accertamenti ed i trattamenti sanitari volontari e obbligatori)

Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari.
Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l’articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono disposti con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria, su proposta motivata di un medico.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati dai presidi e servizi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunità.
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio, l’infermo ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Chiunque può rivolgere al sindaco richiesta di revoca o di modifica del provvedimento con il quale è stato disposto o prolungato il trattamento sanitario obbligatorio.
Sulle richieste di revoca o di modifica il sindaco decide entro dieci giorni. I provvedimenti di revoca o di modifica sono adottati con lo stesso procedimento del provvedimento revocato o modificato.

Art. 34 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori per malattia mentale)

La legge regionale, nell’ambito della unità sanitaria locale e nel complesso dei servizi generali per la tutela della salute, disciplina l’istituzione di servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
Le misure di cui al secondo comma dell’articolo precedente possono essere disposte nei confronti di persone affette da malattia mentale.
Gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle malattie mentali sono attuati di norma dai servizi e presidi territoriali extraospedalieri di cui al primo comma.
Il trattamento sanitario obbligatorio per malattia mentale può prevedere che le cure vengano prestate in condizioni di degenza ospedaliera solo se esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengano accettati dall’infermo e se non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere. Il provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera deve essere preceduto dalla convalida della proposta di cui al terzo comma dell’articolo 33 da parte di un medico della unità sanitaria locale e deve essere motivato in relazione a quanto previsto nel presente comma.
Nei casi di cui al precedente comma il ricovero deve essere attuato presso gli ospedali generali, in specifici servizi psichiatrici di diagnosi e cura all’interno delle strutture dipartimentali per la salute mentale comprendenti anche i presidi e i servizi extraospedalieri, al fine di garantire la continuità terapeutica. I servizi ospedalieri di cui al presente comma sono dotati di posti letto nel numero fissato dal piano sanitario regionale.

Art. 35 (Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale)

Il provvedimento con il quale il sindaco dispone il trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera, da emanarsi entro 48 ore dalla convalida di cui all’articolo 34, quarto comma, corredato dalla proposta medica motivata di cui all’articolo 33, terzo comma, e dalla suddetta convalida deve essere notificato, entro 48 ore dal ricovero, tramite messo comunale, al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune.
Il giudice tutelare, entro le successive 48 ore, assunte le informazioni e disposti gli eventuali accertamenti, provvede con decreto motivato a convalidare o non convalidare il provvedimento e ne dà comunicazione al sindaco. In caso di mancata convalida il sindaco dispone la cessazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera.
Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è disposto dal sindaco di un comune diverso da quello di residenza dell’infermo, ne va data comunicazione al sindaco di questo ultimo comune, nonché al giudice tutelare nella cui circoscrizione rientra il comune di residenza. Se il provvedimento di cui al primo comma del presente articolo è adottato nei confronti dei cittadini stranieri o di apolidi, ne va data comunicazione al Ministero dell’interno, e al consolato competente, tramite il prefetto.
Nei casi in cui il trattamento sanitario obbligatorio debba protrarsi oltre il settimo giorno, ed in quelli di ulteriore prolungamento, il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso.
Il sanitario di cui al comma precedente è tenuto a comunicare al sindaco, sia in caso di dimissione del ricoverato che in continuità di degenza, la cessazione delle condizioni che richiedono l’obbligo del trattamento sanitario; comunica altresì la eventuale sopravvenuta impossibilità a proseguire il trattamento stesso. Il sindaco, entro 48 ore dal ricevimento della comunicazione del sanitario, ne dà notizia al giudice tutelare.
Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo.
La omissione delle comunicazioni di cui al primo, quarto e quinto comma del presente articolo determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento e configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio.
Chi è sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio, e chiunque vi abbia interesse, può proporre al tribunale competente per territorio ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare.
Entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla scadenza del termine di cui al secondo comma del presente articolo, il sindaco può proporre analogo ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il trattamento sanitario obbligatorio.
Nel processo davanti al tribunale le parti possono stare in giudizio senza ministero di difensore e farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce al ricorso o in atto separato. Il ricorso può essere presentato al tribunale mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Il presidente del tribunale fissa l’udienza di comparizione delle parti con decreto in calce al ricorso che, a cura del cancelliere, è notificato alle parti nonché al pubblico ministero.
Il presidente del tribunale, acquisito il provvedimento che ha disposto il trattamento sanitario obbligatorio e sentito il pubblico ministero, può sospendere il trattamento medesimo anche prima che sia tenuta l’udienza di comparizione.
Sulla richiesta di sospensiva il presidente del tribunale provvede entro dieci giorni.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, dopo avere assunto le informazioni e raccolto le prove disposte di ufficio o richieste dalle parti.
I ricorsi ed i successivi procedimenti sono esenti da imposta di bollo. La decisione del processo non è soggetta a registrazione.

Art. 36 (Termalismo terapeutico)

Le prestazioni idrotermali, limitate al solo aspetto terapeutico, da erogarsi presso gli appositi presidi di servizi di cui al presente articolo, nonché presso aziende termali di enti pubblici e privati, riconosciute ai sensi dell’art. 6, lett. t), e convenzionate ai sensi dell’art. 44 sono garantite nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale di cui all’art. 53 e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell’art. 3. (42)
La legge regionale promuove la integrazione e la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali pubblici, in particolare nel settore della riabilitazione, e favorisce altresì la valorizzazione sotto il profilo sanitario delle altre aziende termali.
[Gli stabilimenti termali gestiti dall’INPS ai sensi dell’art. 83 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, per la cura e la prevenzione della invalidità pensionabile in base agli articoli 45 e 81 del citato regio decreto-legge, sono costituiti in presidi e servizi sanitari delle unità sanitarie locali in cui sono ubicati e sono disciplinati a norma dell’art. 18. (41) . ]

Le aziende termali già facenti capo all’EAGT e che saranno assegnate alle regioni, per l’ulteriore destinazione agli enti locali, in base alla procedura prevista dall’art. 113 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall’art. 1-quinquies della L. 21 ottobre 1978, n. 641, sono dichiarate presidi e servizi multizonali delle unità sanitarie locali nel cui territorio sono ubicate.
La destinazione agli enti locali delle attività, patrimoni, pertinenze e personale delle suddette aziende dovrà avvenire entro il 31 dicembre 1979, adottando, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai successivi articoli 65 e 67.
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(41) Comma abrogato dall’art. 15, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 412.

(42) Con D.M. 19 maggio 1986 è stato approvato lo schema-tipo di convenzione tra le U.S.L. e le aziende termali.

Art. 37 (Delega per la disciplina dell’assistenza sanitaria agli italiani all’estero, ai cittadini del comune di Campione d’Italia ed al personale navigante) (43) (44)

Il Governo è delegato ad emanare entro il 31 dicembre 1979, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri degli affari esteri, del lavoro e della previdenza sociale, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per disciplinare l’erogazione dell’assistenza sanitaria ai cittadini italiani all’estero, secondo i principi generali della presente legge e con l’osservanza dei seguenti criteri direttivi:
a) dovrà essere assicurata attraverso forme di assistenza diretta o indiretta, la tutela della salute dei lavoratori e dei loro familiari aventi diritto, ivi compresi, per i casi d’urgenza, i lavoratori frontalieri, per tutto il periodo di permanenza all’estero connesso alla prestazione di attività lavorativa, qualora tali soggetti non godano di prestazioni assistenziali garantite da leggi locali o tali prestazioni siano palesemente inferiori ai livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al secondo comma dell’articolo 3;
b) dovranno essere previste particolari forme e procedure, anche attraverso convenzioni dirette, per l’erogazione dell’assistenza ai dipendenti dello Stato e di enti pubblici, ai loro familiari aventi diritto, nonché ai contrattisti stranieri, che prestino la loro opera presso rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni scolastiche e culturali ovvero in delegazioni o uffici di enti pubblici oppure in servizio di assistenza tecnica;
c) dovranno essere previste specifiche norme per disciplinare l’assistenza sanitaria ai cittadini italiani residenti nel comune di Campione d’Italia per gli interventi che, pur compresi fra quelli previsti dal secondo comma dell’articolo 3, non possono essere erogati dall’unità sanitaria locale di cui fa parte il comune, a causa della sua eccezionale collocazione geografica.
Restano salve le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria dovuta alle persone aventi diritto all’assistenza stessa in virtù di trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall’Italia, nonché in attuazione della legge 2 maggio 1969, n. 302.
Entro il termine di cui al primo comma il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri della marina mercantile, dei trasporti, degli affari esteri, un decreto avente valore di legge ordinaria per disciplinare l’erogazione dell’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile, secondo i principi generali e con l’osservanza dei criteri direttivi indicati nella presente legge, tenuto conto delle condizioni specifiche di detto personale.
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(43) La Corte costituzionale, con sentenza 16 luglio 1999, n. 309, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui, a favore dei cittadini italiani che si trovano temporaneamente all’estero, non appartengono alle categorie indicate nell’art. 2, D.P.R. 31 luglio 1980, n. 618 e versano in disagiate condizioni economiche, non prevede forme di assistenza sanitaria gratuita da stabilirsi dal legislatore.
(44) Per il rinnovo fino al 31 luglio 1980 delle deleghe di cui al presente articolo, vedi l’art. 2, comma 1, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 38 (Servizio di assistenza religiosa)

Presso le strutture di ricovero del servizio sanitario nazionale è assicurata l’assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del cittadino.
A tal fine l’unità sanitaria locale provvede per l’ordinamento del servizio di assistenza religiosa cattolica d’intesa con gli ordinari diocesani competenti per territorio; per gli altri culti d’intesa con le rispettive autorità religiose competenti per territorio.

Art. 39 (Cliniche universitarie e relative convenzioni) (45)

Fino alla riforma dell’ordinamento universitario e della facoltà di medicina, per i rapporti tra regioni ed università relativamente alle attività del servizio sanitario nazionale, si applicano le disposizioni di cui ai successivi commi.
Al fine di realizzare un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali, le regioni e l’università stipulano convenzioni per disciplinare, anche sotto l’aspetto finanziario:
1) l’apporto nel settore assistenziale delle facoltà di medicina alla realizzazione degli obiettivi della programmazione sanitaria regionale;
2) l’utilizzazione da parte delle facoltà di medicina, per esigenze di ricerca e di insegnamento, di idonee strutture delle unità sanitarie locali e l’apporto di queste ultime ai compiti didattici e di ricerca dell’università.
Tali convenzioni una volta definite fanno parte dei piani sanitari regionali di cui al terzo comma dell’articolo 11.
Con tali convenzioni:
a) saranno indicate le strutture delle unità sanitarie locali da utilizzare ai fini didattici e di ricerca, in quanto rispondano ai requisiti di idoneità fissati con decreto interministeriale adottato di concerto tra i Ministri della pubblica istruzione e della sanità;
b) al fine di assicurare il miglior funzionamento dell’attività didattica e di ricerca mediante la completa utilizzazione del personale docente delle facoltà di medicina e l’apporto all’insegnamento di personale ospedaliero laureato e di altro personale laureato e qualificato sul piano didattico, saranno indicate le strutture a direzione universitaria e quelle a direzione ospedaliera alle quali affidare funzioni didattiche integrative di quelle universitarie. Le strutture a direzione ospedaliera cui vengono affidate le suddette funzioni didattiche non possono superare il numero di quelle a direzione universitaria.
Le indicazioni previste nelle lettere a) e b) del precedente comma sono formulate previo parere espresso da una commissione di esperti composta da tre rappresentanti della università e tre rappresentanti della regione.
Le convenzioni devono altresì prevedere:
1) che le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura che sono attualmente gestiti direttamente dall’università, fermo restando il loro autonomo ordinamento, rientrino, per quanto concerne l’attività di assistenza sanitaria, nei piani sanitari nazionali e regionali;
2) che l’istituzione di nuove divisioni, sezioni e servizi per sopravvenute esigenze didattiche e di ricerca che comportino nuovi oneri connessi all’assistenza a carico delle regioni debba essere attuata d’intesa tra regioni ed università.
In caso di mancato accordo tra regioni ed università in ordine alla stipula della convenzione o in ordine alla istituzione di nuove divisioni, sezioni e servizi di cui al comma precedente si applica la procedura di cui all’art. 50, L. 12 febbraio 1968, n. 132, sentiti il Consiglio sanitario nazionale e la 1 ª sezione del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
Le convenzioni di cui al secondo comma vanno attuate, per quanto concerne la utilizzazione delle strutture assistenziali delle unità sanitarie locali, con specifiche convenzioni, da stipulare tra l’università e l’unità sanitaria locale, che disciplineranno sulla base della legislazione vigente le materie indicate nell’art. 4 del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 129.
Le convenzioni previste dal presente articolo sono stipulate sulla base di schemi tipo da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, approvati di concerto tra i Ministri della pubblica istruzione e della sanità, sentite le regioni, il Consiglio sanitario nazionale e la 1 ª sezione del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
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(45) Con D.M. 12 maggio 1986 è stato approvato lo schema tipo di convenzioni tra regioni e università che gestiscono direttamente policlinici universitari e/o strutture assistenziali afferenti a istituti o dipartimenti universitari.

Art. 40 (Enti di ricerca e relative convenzioni)

Convenzioni analoghe a quelle previste per le cliniche universitarie, e di cui all’articolo 39 della presente legge, potranno essere stipulate tra le regioni e gli enti di ricerca i cui organi svolgano attività finalizzata agli obiettivi del servizio sanitario nazionale, al fine di disciplinare la erogazione da parte di tali organi di prestazioni sanitarie a livello preventivo, assistenziale e riabilitativo, nonché la utilizzazione del personale degli enti di ricerca secondo i fini della presente legge.

Art. 41 (Convenzioni con istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica)

Salva la vigilanza tecnico-sanitaria spettante all’unità sanitaria locale competente per territorio, nulla è innovato alle disposizioni vigenti per quanto concerne il regime giuridico-amministrativo degli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera, nonché degli ospedali di cui all’art. 1, L. 26 novembre 1973, n. 817.
Salva la vigilanza tecnico-sanitaria spettante all’unità sanitaria locale competente per territorio, nulla è innovato alla disciplina vigente per quanto concerne l’ospedale Galliera di Genova. Con legge dello Stato entro il 31 dicembre 1979, si provvede al nuovo ordinamento dell’Ordine mauriziano, ai sensi della XIV Disposizione transitoria e finale della Costituzione ed in conformità, sentite le regioni interessate, per quanto attiene all’assistenza ospedaliera, ai principi di cui alla presente legge.
I rapporti delle unità sanitarie locali competenti per territorio con gli istituti, enti ed ospedali di cui al primo comma che abbiano ottenuto la classificazione ai sensi della L. 12 febbraio 1968, n. 132, nonché l’ospedale Galliera di Genova e con il Sovrano Ordine militare di Malta, sono regolati da apposite convenzioni. (47)
Le convenzioni di cui al terzo comma del presente articolo devono essere stipulate in conformità a schemi tipo approvati dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (46)
Le regioni, nell’assicurare la dotazione finanziaria alle unità sanitarie locali, devono tener conto delle convenzioni di cui al presente articolo.
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(46) Con D.P.C.M. 18 luglio 1985 è stato approvato lo schema tipo di convenzione fra le unità sanitarie locali e gli istituti ed enti di cui all’art. 1, ultimo comma della L. 12 febbraio 1968, n. 132, ed alla L. 26 novembre 1973, n. 817, per gli ospedali classificati (enti ecclesiastici).

(47) Con D.P.C.M. 16 ottobre 1987 sono stati approvati gli schemi di convenzione che disciplinano i rapporti intercorrenti tra le unità sanitarie locali e lo SMOM e per esso l’ACISMOM e gli altri enti ed istituzioni pubbliche melitensi. Vedi, anche, l’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Sovrano Militare Ordine di Malta ratificato con L. 9 giugno 2003, n. 157.

Art. 42 (Istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico) (51)

Le disposizioni del presente articolo si applicano agli istituti che insieme a prestazioni sanitarie di ricovero e cura svolgono specifiche attività di ricerca scientifica biomedica.
Il riconoscimento del carattere scientifico di detti istituti è effettuato con decreto del Ministro della sanità di intesa con il Ministro della pubblica istruzione, sentite le regioni interessate e il Consiglio sanitario nazionale.
Detti istituti per la parte assistenziale sono considerati presidi ospedalieri multizonali delle unità sanitarie locali nel cui territorio sono ubicati.
Nei confronti di detti istituti, per la parte assistenziale, spettano alle regioni le funzioni che esse esercitano nei confronti dei presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali o delle case di cura private a seconda che si tratti di istituti aventi personalità giuridica di diritto pubblico o di istituti aventi personalità giuridica di diritto privato. Continuano ad essere esercitate dai competenti organi dello Stato le funzioni attinenti al regime giuridico-amministrativo degli istituti.
Per gli istituti aventi personalità giuridica di diritto privato sono stipulate dalle regioni convenzioni per assistenza sanitaria, sulla base di schemi tipo approvati dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, che tengano conto delle particolarità di detti istituti. I rapporti tra detti istituti e le regioni sono regolati secondo quanto previsto dagli articoli 41, 43 e 44 della presente legge. (49)
Il controllo sulle deliberazioni degli istituti aventi personalità giuridica di diritto pubblico, per quanto attiene alle attività assistenziali è esercitato nelle forme indicate dal primo comma dell’articolo 49. L’annullamento delle deliberazioni adottate in deroga alle disposizioni regionali non è consentito ove la deroga sia stata autorizzata con specifico riguardo alle finalità scientifiche dell’istituto, mediante decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro della ricerca scientifica.
[Il Governo è delegato ad emanare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge uno o più decreti aventi valore di legge, per disciplinare:

a) la composizione degli organi di amministrazione degli istituti con personalità giuridica di diritto pubblico, che dovrà prevedere la presenza di rappresentanti delle regioni e delle unità sanitarie locali competenti per territorio;
b) i sistemi di controllo sugli atti relativi all’attività non assistenziale, sia per gli istituti aventi personalità giuridica di diritto pubblico che per quelli aventi personalità giuridica di diritto privato, nel rispetto della loro autonomia;
c) le procedure per la formazione dei programmi di ricerca biomedica degli istituti di diritto pubblico e le modalità di finanziamento dei programmi stessi, prevedendo in particolare il loro inserimento in piani di ricerca, coordinati a livello nazionale e articolati per settore di ricerca, definiti di intesa tra i Ministri della sanità, della pubblica istruzione e per la ricerca scientifica, sentito il Consiglio sanitario nazionale, anche con riferimento agli obiettivi indicati nel piano sanitario nazionale; con riferimento a detti piani, il Ministro della sanità potrà stipulare apposite convenzioni con gli istituti di diritto privato per l’attuazione dei programmi di ricerca;
d) la disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico del personale degli istituti aventi personalità giuridica di diritto pubblico in coerenza con quello del personale del servizio sanitario nazionale. (48) (50)]
[Sino all’adozione dei decreti ministeriali di cui ai successivi commi non è consentito il riconoscimento di nuovi istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. (48) ]

[ Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, previa verifica dell’attività di ricerca scientifica svolta, sentiti il Consiglio sanitario nazionale e la Commissione composta da 10 deputati e 10 senatori prevista all’art. 79, provvede con proprio decreto al riordino degli istituti di cui al presente articolo in relazione alle finalità e agli obiettivi del servizio sanitario nazionale, confermando o meno gli attuali riconoscimenti. (48) ]

[ Gli istituti a carattere scientifico aventi personalità giuridica di diritto pubblico, ai quali non viene confermato il riconoscimento, perdono la personalità giuridica; con lo stesso decreto di cui al precedente comma i beni, le attrezzature ed il personale, nonché i rapporti giuridici in atto, sono trasferiti ai sensi degli articoli 66 e 68. Ove gli istituti ai quali non è confermato il riconoscimento abbiano personalità giuridica di diritto privato, gli stessi sono disciplinati ai sensi del successivo articolo 43. (48) ]
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(48) Comma abrogato dall’art. 8, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 269, con efficacia dalla entrata in vigore dei regolamenti previsti dal predetto decreto, in relazione alle materie di rispettiva competenza, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 8, D.Lgs. 269/1993.

(49) Con D.P.C.M. 12 dicembre 1986 è stato approvato lo schema-tipo di convenzione tra regioni ed istituti di ricovero e cura a carattere scientifico aventi personalità giuridica di diritto privato.

(50) Vedi il D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617.

(51) Per il rinnovo delle deleghe previste dal presente articolo, vedi l’art. 2, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 43 (Autorizzazione e vigilanza su istituzioni sanitarie) (52)

La legge regionale disciplina l’autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato, ivi comprese quelle di cui all’articolo 41, primo comma, che non hanno richiesto di essere classificate ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, su quelle convenzionate di cui all’articolo 26, e sulle aziende termali e definisce le caratteristiche funzionali cui tali istituzioni e aziende devono corrispondere onde assicurare livelli di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali. Restano ferme le funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 5.
Gli istituti, enti ed ospedali di cui all’articolo 41, primo comma, che non abbiano ottenuto la classificazione ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e le istituzioni a carattere privato che abbiano un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali, possono ottenere dalla regione, su domanda da presentarsi entro i termini stabiliti con legge regionale, che i loro ospedali, a seconda delle caratteristiche tecniche e specialistiche, siano considerati, ai fini dell’erogazione dell’assistenza sanitaria, presidi dell’unità sanitaria locale nel cui territorio sono ubicati, sempreché il piano regionale sanitario preveda i detti presidi. I rapporti dei predetti istituti, enti ed ospedali con le unità sanitarie locali sono regolati da apposite convenzioni.
Le convenzioni di cui al comma precedente devono essere stipulate in conformità a schemi tipo approvati dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale e devono prevedere fra l’altro forme e modalità per assicurare l’integrazione dei relativi presidi con quelli delle unità sanitarie locali.
Fino all’emanazione della legge regionale di cui al primo comma rimangono in vigore gli artt. 51, 52 e 53, primo e secondo comma, della L. 12 febbraio 1968, n. 132, e il decreto del Ministro della sanità in data 5 agosto 1977, adottato ai sensi del predetto art. 51 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 31 agosto 1977, n. 236, nonché gli artt. 194, 195, 196, 197 e 198 del T.U. delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, intendendosi sostituiti al Ministero della sanità la regione e al medico provinciale e al prefetto il presidente della giunta regionale.
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(52) Con D.P.C.M. 20 ottobre 1988 è stato approvato lo schema tipo di convenzione per la disciplina dei rapporti tra unità sanitarie locali e istituzioni sanitarie di carattere privato.

Art. 44 (Convenzioni con istituzioni sanitarie) (53)

Il piano sanitario regionale di cui all’articolo 55 accerta la necessità di convenzionare le istituzioni private di cui all’articolo precedente, tenendo conto prioritariamente di quelle già convenzionate.
La legge regionale stabilisce norme per:
a) le convenzioni tra le unità sanitarie locali e le istituzioni private di cui all’articolo precedente, da stipularsi in armonia col piano sanitario regionale e garantendo la erogazione di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali;
b) le convenzioni tra le unità sanitarie locali e le aziende termali di cui all’articolo 36.
Dette convenzioni sono stipulate dalle unità sanitarie locali in conformità a schemi tipo approvati dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale.
Le convenzioni stipulate a norma del presente articolo dalle unità sanitarie locali competenti per territorio hanno efficacia anche per tutte le altre unità sanitarie locali del territorio nazionale.
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(53) Con D.M. 22 luglio 1983 è stato approvato lo schema tipo di convenzione tra unità sanitarie locali e case di cura private di cui all’articolo 44, secondo comma, lettera a), della L. 23 dicembre 1978, n. 833. Con successivo D.M. 16 giugno 1990 si è provveduto all’aggiornamento dei criteri per la classificazione delle case di cura private convenzionate, ai fini della corresponsione della diaria di degenza. Il D.M. 1° febbraio 1991 ha così disposto: «Articolo unico. – Il termine fissato dalle norme transitorie finali contenute nel D.M. 16 giugno 1990 è subordinato all’emanazione della legge sul riordinamento del Servizio sanitario nazionale e misure di contenimento della spesa sanitaria. Pertanto l’adeguamento a dette norme è temporaneamente sospeso».

Art. 45 (Associazioni di volontariato) (54)

E’ riconosciuta la funzione delle associazioni di volontariato liberamente costituite aventi la finalità di concorrere al conseguimento dei fini istituzionali del servizio sanitario nazionale.
Tra le associazioni di volontariato di cui al comma precedente sono ricomprese anche le istituzioni a carattere associativo, le cui attività si fondano, a norma di statuto, su prestazioni volontarie e personali dei soci. Dette istituzioni, se attualmente riconosciute come istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), sono escluse dal trasferimento di cui all’art. 25 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
A tal fine le predette istituzioni avanzano documentata istanza al presidente della giunta regionale che con proprio decreto procede, sentito il consiglio comunale ove ha sede l’istituzione, a dichiarare l’esistenza delle condizioni previste nel comma precedente. Di tale decreto viene data notizia alla commissione di cui al sesto comma dell’art. 25 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Sino all’entrata in vigore della legge di riforma dell’assistenza pubblica dette istituzioni restano disciplinate dalla L. 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modifiche e integrazioni.
I rapporti tra le unità sanitarie locali e le associazioni del volontariato ai fini del loro concorso alle attività sanitarie pubbliche sono regolati da apposite convenzioni nell’ambito della programmazione e della legislazione sanitaria regionale.
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(54) Con D.M. 3 febbraio 1986 è stato approvato lo schema-tipo di convenzione tra unità sanitarie locali ed associazioni di volontariato o società cooperative che svolgono attività riabilitative a favore di soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti o psicotrope.

Art. 46 (Mutualità volontaria)

La mutualità volontaria è libera.
E’ vietato agli enti, imprese ed aziende pubbliche contribuire sotto qualsiasi forma al finanziamento di associazioni mutualistiche liberamente costituite aventi finalità di erogare prestazioni integrative dell’assistenza sanitaria prestata dal servizio sanitario nazionale.

Capo IV

PERSONALE

Art. 47 (Personale dipendente)

Lo stato giuridico ed economico del personale delle unità sanitarie locali è disciplinato, salvo quanto previsto espressamente dal presente articolo, secondo principi generali e comuni del rapporto di pubblico impiego.
In relazione a quanto disposto dal secondo comma dell’art. 13, la gestione amministrativa del personale delle unità sanitarie locali è demandata all’organo di gestione delle stesse, dal quale il suddetto personale dipende sotto il profilo funzionale, disciplinare e retributivo.
Il Governo è delegato ad emanare, entro il 30 giugno 1979 (55) , su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, previa consultazione delle associazioni sindacali delle categorie interessate uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per disciplinare, salvo quanto previsto dall’ottavo comma del presente articolo, lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
1) assicurare un unico ordinamento del personale in tutto il territorio nazionale;
2) disciplinare i ruoli del personale sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo;
3) definire le tabelle di equiparazione per il personale proveniente dagli enti e dalle amministrazioni le cui funzioni sono trasferite ai comuni per essere esercitate mediante le unità sanitarie locali e provvedere a regolare i trattamenti di previdenza e di quiescenza, compresi gli eventuali trattamenti integrativi di cui all’articolo 14 della legge 20 marzo 1975, n. 70;
4) garantire con criteri uniformi il diritto all’esercizio della libera attività professionale per i medici e veterinari dipendenti dalle unità sanitarie locali, degli istituti universitari e dei policlinici convenzionati e degli istituti scientifici di ricovero e cura di cui all’articolo 42. Con legge regionale sono stabiliti le modalità e i limiti per l’esercizio di tale attività;
5) prevedere misure rivolte a favorire, particolarmente per i medici a tempo pieno, l’esercizio delle attività didattiche e scientifiche e ad ottenere, su richiesta, il comando per ragioni di aggiornamento tecnico scientifico;
6) fissare le modalità per l’aggiornamento obbligatorio professionale del personale;
7) prevedere disposizioni per rendere omogeneo il trattamento economico complessivo e per equiparare gli istituti normativi aventi carattere economico del personale sanitario universitario operante nelle strutture convenzionate con quelli del personale delle unità sanitarie locali.
Ai fini di una efficace organizzazione dei servizi delle unità sanitarie locali, le norme delegate di cui al comma precedente, oltre a demandare alla regione il potere di emanare norme per la loro attuazione ai sensi dell’articolo 117, ultimo comma, della Costituzione, dovranno prevedere:
1) criteri generali per la istituzione e la gestione da parte di ogni regione di ruoli nominativi regionali del personale del servizio sanitario nazionale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali. Il personale in servizio presso le unità sanitarie locali sarà collocato nei diversi ruoli in rapporto a titoli e criteri fissati con decreto del Ministro della sanità. Tali ruoli hanno valore anche ai fini dei trasferimenti, delle promozioni e dei concorsi;
2) criteri generali per i comandi o per i trasferimenti nell’ambito del territorio regionale;
3) criteri generali per la regolamentazione, in sede di accordo nazionale unico, della mobilità del personale;
4) disposizioni per disciplinare i concorsi pubblici, che devono essere banditi dalla regione su richiesta delle unità sanitarie locali, e per la efficacia delle graduatorie da utilizzare anche ai fini del diritto di scelta tra i posti messi a concorso;
5) disposizioni volte a stabilire che nell’ambito delle singole unità sanitarie locali l’assunzione avviene nella qualifica funzionale e non nel posto.
I decreti delegati di cui al terzo comma del presente articolo prevedono altresì norme riguardanti:
a) i criteri per la valutazione, anche ai fini di pubblici concorsi, dei servizi e dei titoli di candidati che hanno svolto la loro attività o nelle strutture sanitarie degli enti di cui all’articolo 41 o in quelle convenzionate a norma dell’articolo 43 fatti salvi i diritti acquisiti ai sensi dell’articolo 129 del decreto del Presidente della Repubblica numero 130 del 27 marzo 1969;
b) la quota massima dei posti vacanti che le regioni possono riservare, per un tempo determinato, a personale in servizio a rapporto di impiego continuativo presso strutture convenzionate che cessino il rapporto convenzionale nonché le modalità ed i criteri per i relativi concorsi;
c) le modalità ed i criteri per l’immissione nei ruoli regionali di cui al n. 1) del precedente comma, previo concorso riservato, del personale non di ruolo addetto esclusivamente e, in modo continuativo, ai servizi sanitari in data non successiva al 30 giugno 1978 ed in servizio all’atto dell’entrata in vigore della presente legge presso regioni, comuni, province, loro consorzi e istituzioni ospedaliere pubbliche.
Le unità sanitarie locali, per l’attuazione del proprio programma di attività e in relazione a comprovate ed effettive esigenze assistenziali, didattiche e di ricerca, previa autorizzazione della regione, individuano le strutture, le divisioni ed i servizi cui devono essere addetti sanitari a tempo pieno e prescrivono, anche in carenza della specifica richiesta degli interessati, a singoli sanitari delle predette strutture, divisioni e servizi, la prestazione del servizio a tempo pieno.
In riferimento al comma precedente, i relativi bandi di concorso per posti vacanti prescrivono il rapporto di lavoro a tempo pieno.
Il trattamento economico e gli istituti normativi di carattere economico del rapporto di impiego di tutto il personale sono disciplinati mediante accordo nazionale unico, di durata triennale, stipulato tra il Governo, le regioni e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e la organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale delle categorie interessate. La delegazione del Governo, delle regioni e dell’ANCI per la stipula degli accordi anzidetti, è costituita rispettivamente: da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro; da cinque rappresentanti designati dalle regioni attraverso la commissione interregionale di cui all’articolo 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281; da sei rappresentanti designati dall’ANCI.
L’accordo nazionale di cui al comma precedente è reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. I competenti organi locali adottano entro trenta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto i necessari e dovuti atti deliberativi.
E’ fatto divieto di concedere al personale delle unità sanitarie locali compensi, indennità o assegni di qualsiasi genere in natura che modifichino direttamente o indirettamente il trattamento economico previsto dal decreto di cui al precedente comma. Allo scopo di garantire la parificazione delle lingue italiana e tedesca nel servizio sanitario, è fatta salva l’indennità di bilinguismo in provincia di Bolzano. Gli atti adottati in contrasto con la presente norma sono nulli di diritto e comportano la responsabilità personale degli amministratori.
[Il Ministero della difesa può stipulare convenzioni con le unità sanitarie locali per prestazioni professionali presso la organizzazione sanitaria militare da parte del personale delle unità sanitarie locali nei limiti di orario previsto per detto personale (57). (56) ]
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(55) La presente delega è rinnovata fino al 20 dicembre 1979 dall’art. 1, comma 1, L. 22 ottobre 1979, n. 510. Vedi, anche, il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.

(56) Comma abrogato dall’ art. 2268, comma 1, n. 748), D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con la decorrenza prevista dall’ art. 2272, comma 1 del medesimo D.Lgs. 66/2010.

(57) Vedi, anche, la L. 21 giugno 1986, n. 304.

Art. 48 (Personale a rapporto convenzionale) (58) (59) (60)

L’uniformità del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale è garantita sull’intero territorio nazionale da convenzioni, aventi durata triennale, del tutto conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati tra il Governo, le regioni e l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria. La delegazione del Governo, delle regioni e dell’ANCI per la stipula degli accordi anzidetti è costituita rispettivamente: dai Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro; da cinque rappresentanti designati dalle regioni attraverso la commissione interregionale di cui all’articolo 13 della legge 16 maggio 1970, n. 281; da sei rappresentanti designati dall’ANCI.
L’accordo nazionale di cui al comma precedente è reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri. I competenti organi locali adottano entro trenta giorni dalla pubblicazione del suddetto decreto i necessari e dovuti atti deliberativi.
Gli accordi collettivi nazionali di cui al primo comma devono prevedere:
1) il rapporto ottimale medico-assistibili per la medicina generale e quella pediatrica di libera scelta, al fine di determinare il numero dei medici generici e dei pediatri che hanno diritto di essere convenzionati di ogni unità sanitaria locale, fatto salvo il diritto di libera scelta del medico per ogni cittadino;
2) l’istituzione e i criteri di formazione di elenchi unici per i medici generici, per i pediatri, per gli specialisti convenzionati esterni e per gli specialisti e generici ambulatoriali;
3) l’accesso alla convenzione, che è consentito ai medici con rapporto di impiego continuativo a tempo definito;
4) la disciplina delle incompatibilità e delle limitazioni del rapporto convenzionale rispetto ad altre attività mediche, al fine di favorire la migliore distribuzione del lavoro medico e la qualificazione delle prestazioni;
5) il numero massimo degli assistiti per ciascun medico generico e pediatra di libera scelta a ciclo di fiducia ed il massimo delle ore per i medici ambulatoriali specialisti e generici, da determinare in rapporto ad altri impegni di lavoro compatibili; la regolamentazione degli obblighi che derivano al medico in dipendenza del numero degli assistiti o delle ore; il divieto di esercizio della libera professione nei confronti dei propri convenzionati; le attività libero-professionali incompatibili con gli impegni assunti nella convenzione. Eventuali deroghe in aumento al numero massimo degli assistiti e delle ore di servizio ambulatoriale potranno essere autorizzate in relazione a particolari situazioni locali e per un tempo determinato dalle regioni, previa domanda motivata alla unità sanitaria locale;
6) l’incompatibilità con qualsiasi forma di cointeressenza diretta o indiretta e con qualsiasi rapporto di interesse con case di cura private e industrie farmaceutiche. Per quanto invece attiene al rapporto di lavoro si applicano le norme previste dal precedente punto 4);
7) la differenziazione del trattamento economico a seconda della quantità e qualità del lavoro prestato in relazione alle funzioni esercitate nei settori della prevenzione, cura e riabilitazione. Saranno fissate a tal fine tariffe socio-sanitarie costituite, per i medici generici e per i pediatri di libera scelta, da un compenso globale annuo per assistito; e, per gli specialisti e generici ambulatoriali, da distinti compensi commisurati alle ore di lavoro prestato negli ambulatori pubblici e al tipo e numero delle prestazioni effettuate presso gli ambulatori convenzionati esterni. Per i pediatri di libera scelta potranno essere previste nell’interesse dell’assistenza forme integrative di remunerazione;
8) le forme di controllo sull’attività dei medici convenzionati, nonché le ipotesi di infrazione da parte dei medici degli obblighi derivanti dalla convenzione, le conseguenti sanzioni, compresa la risoluzione del rapporto convenzionale, e il procedimento per la loro irrogazione, salvaguardando il principio della contestazione degli addebiti e fissando la composizione di commissioni paritetiche di disciplina;
9) le forme di incentivazione in favore dei medici convenzionati residenti in zone particolarmente disagiate, anche allo scopo di realizzare una migliore distribuzione territoriale dei medici;
10) le modalità per assicurare l’aggiornamento obbligatorio professionale dei medici convenzionati;
11) le modalità per assicurare la continuità dell’assistenza anche in assenza o impedimento del medico tenuto alla prestazione;
12) le forme di collaborazione tra i medici, il lavoro medico di gruppo e integrato nelle strutture sanitarie e la partecipazione dei medici a programmi di prevenzione e di educazione sanitaria;
13) la collaborazione dei medici, per la parte di loro competenza, alla compilazione di libretti sanitari personali di rischio. (58)
I criteri di cui al comma precedente, in quanto applicabili, si estendono alle convenzioni con le altre categorie non mediche di operatori professionali, da stipularsi con le modalità di cui al primo e secondo comma del presente articolo.
Gli stessi criteri, per la parte compatibile, si estendono, altresì, ai sanitari che erogano le prestazioni specialistiche e di riabilitazione in ambulatori dipendenti da enti o istituti privati convenzionati con la regione.
Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle convenzioni da stipulare da parte delle unità sanitarie locali con tutte le farmacie di cui all’articolo 28.
E’ nullo qualsiasi atto, anche avente carattere integrativo, stipulato con organizzazioni professionali o sindacali per la disciplina dei rapporti convenzionali. Resta la facoltà degli organi di gestione delle unità sanitarie locali di stipulare convenzioni con ordini religiosi per l’espletamento di servizi nelle rispettive strutture.
E’ altresì nulla qualsiasi convenzione con singoli appartenenti alle categorie di cui al presente articolo. Gli atti adottati in contrasto con la presente norma comportano la responsabilità personale degli amministratori.
Le federazioni degli ordini nazionali, nonché i collegi professionali, nel corso delle trattative per la stipula degli accordi nazionali collettivi riguardanti le rispettive categorie, partecipano in modo consultivo e limitatamente agli aspetti di carattere deontologico e agli adempimenti che saranno ad essi affidati dalle convenzioni uniche.
Gli ordini e collegi professionali sono tenuti a dare esecuzione ai compiti che saranno ad essi demandati dalle convenzioni uniche. Sono altresì tenuti a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti agli albi professionali che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali, indipendentemente dalle sanzioni applicabili a norma di convenzione.
In caso di grave inosservanza delle disposizioni di cui al comma precedente, la regione interessata provvede a farne denuncia al Ministro della sanità e a darne informazione contemporaneamente alla competente federazione nazionale dell’ordine. Il Ministro della sanità, sentita la suddetta federazione, provvede alla nomina di un commissario, scelto tra gli iscritti nell’albo professionale della provincia, per il compimento degli atti di cui l’ordine provinciale non ha dato corso.
Sino a quando non sarà riordinato con legge il sistema previdenziale relativo alle categorie professionistiche convenzionate, le convenzioni di cui al presente articolo prevedono la determinazione della misura dei contributi previdenziali e le modalità del loro versamento a favore dei fondi di previdenza di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale in data 15 ottobre 1976, pubblicato nel supplemento alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 28 ottobre 1976, n. 289.
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(58) Per ulteriori criteri da prevedersi negli accordi collettivi di cui al presente articolo, in sede di rinnovo della parte normativa, vedi l’art. 24, L. 27 settembre 1983, n. 730.

(59) Con Decreto 7 ottobre 1989 è stata disposta l’approvazione della deliberazione dell’ENPAM del 1° aprile 1989 concernente la delegificazione della regolamentazione della materia relativa alle modalità e ai termini di versamento dei contributi ai fondi speciali di previdenza dei medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.

(60) Vedi, anche, il D.P.R. 15 settembre 1979. Vedi, inoltre, i seguenti decreti:

– D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 882. Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale;

– D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 883. Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta;

– D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 884. Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali;

– D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 885. Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici addetti ai servizi di guardia medica;

– D.P.R. 16 ottobre 1984, n. 886. Esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici addetti alle attività della medicina dei servizi.

(Gli accordi approvati con i DD.PP.RR. 16 ottobre 1984, nn. 882 e 883, sopra citati, sono stati integrati dall’accordo approvato con D.P.R. 5 maggio 1986, n. 278).

– D.P.R. 8 giugno 1987, n. 289. Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale;

– D.P.R. 8 giugno 1987, n. 290. Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta;

– D.P.R. 8 giugno 1987, n. 291. Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali;

– D.P.R. 8 giugno 1987, n. 292. Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti libero-professionali con i medici addetti ai servizi di guardia medica.

– D.P.R. 17 settembre 1987, n. 504. Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici addetti alle attività della medicina dei servizi, ai sensi dell’art. 48 della L. 23 dicembre 1978, n. 833. Nella Gazz. Uff. 16 aprile 1988, n. 89, S.O. sono stati pubblicati i seguenti decreti:

– D.P.R. 23 marzo 1988, n. 119. Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con professionisti convenzionati con il Servizio sanitario nazionale per l’erogazione di prestazioni specialistiche sanitarie nei loro studi privati, ai sensi dell’art. 48 della L. 23 dicembre 1978, n. 833;

– D.P.R. 23 marzo 1988, n. 120. Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti convenzionali in materia di prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio, compresa la diagnostica radioimmunologica, la medicina nucleare e di fisiokinesiterapia, nonché ogni altra prestazione specialistica effettuata in regime di autorizzazione sanitaria, ai sensi dell’art. 48 della L. 23 dicembre 1978, n. 833.

– D.P.R. 17 settembre 1987, n. 457, integrato dal successivo D.M. 6 aprile 1988, recante l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i biologi ambulatoriali.

Con D.P.R. 18 giugno 1988, n. 255 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i chimici ambulatoriali. Con D.M. 22 settembre 1988 è stato approvato l’elenco dei servizi specialistici istituibili nei presìdi extraospedalieri, dei titoli e dei criteri di valutazione per l’attribuzione dei punteggi ai fini della formazione delle graduatorie, nonché lo schema di domanda per l’ammissione alle graduatorie stesse, di cui alla dichiarazione a verbale n. 3 annessa all’Accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialistici ambulatoriali. Con D.P.R. 21 febbraio 1989, n. 94 e con D.P.R. 8 luglio 1998, n. 371, modificato dal D.P.R. 16 dicembre 1999, n. 516, è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie. Con D.P.R. 28 settembre 1990, n. 314 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale. Con D.P.R. 28 settembre 1990, n. 315 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta. Con D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali. Con D.P.R. 25 gennaio 1991, n. 41 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici addetti al servizio di guardia medica di emergenza territoriale. Con D.P.R. 14 febbraio 1992, n. 218 è stato adottato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici addetti alle attività della medicina dei servizi, sottoscritto in data 31 gennaio 1991 e perfezionato in data 9 gennaio 1992. Con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 258 è stato approvato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo integrativo dell’accordo collettivo nazionale recante la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta. Con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 259 è stato approvato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo integrativo dell’accordo collettivo nazionale recante la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali. Con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 260 è stato approvato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo integrativo dell’accordo collettivo nazionale recante la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. Con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 261 è stato approvato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con gli psicologi ambulatoriali, sottoscritto il 10 luglio 1991 e perfezionato il 28 gennaio 1992. Con D.P.R. 13 marzo 1992, n. 262 (Gazz. Uff. 16 aprile 1992, n. 90, S.O.) è stato approvato il regolamento per il recepimento delle norme risultanti dall’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i biologi ambulatoriali, sottoscritto il 17 maggio 1991 e perfezionato il 9 gennaio 1992. Con D.P.R. 22 luglio 1996, n. 484 è stato approvato l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale – ai sensi dell’art. 4, comma 9, della legge n. 412 del 1991 e dell’art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 517 del 1993 – sottoscritto il 25 gennaio 1996 e modificato in data 6 giugno 1996. Con D.P.R. 29 luglio 1996, n. 500 è stato approvato l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali, sottoscritto il 2 febbraio 1996. Con D.P.R. 21 ottobre 1996, n. 613 è stato approvato l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta. Con D.P.R. 16 dicembre 1999, n. 516 è stato reso esecutivo l’accordo integrativo dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private. Con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 24 gennaio 2001, n. 19 e modificato con D.P.R. 8 maggio 2002, n. 130 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale. Con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 271 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni. Con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 272, corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 6 novembre 2000, n. 259 e modificato dal D.P.R. 20 agosto 2001, n. 382 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti pediatri di libera scelta. Con D.P.R. 21 settembre 2001, n. 446 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i biologi, i chimici e gli psicologi ambulatoriali, relativo al 1998-2000. Con D.M. 23 luglio 2002, n. 206 è stato reso esecutivo il regolamento recante l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti tra il Ministero della salute ed i medici ambulatoriali, specialisti e generici, operanti negli ambulatori direttamente gestiti dal Ministero della salute per l’assistenza sanitaria e medico legale al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile. Con D.M. 24 dicembre 2003, n. 399 è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti libero-professionali tra il Ministero della salute ed i medici generici fiduciari dell’assistenza sanitaria e medico-legale al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile per il triennio 1998-2000.

Capo V

CONTROLLI, CONTABILITA’ E FINANZIAMENTO

Art. 49 (Controlli sulle unità sanitarie locali)

Il controllo sugli atti delle unità sanitarie locali è esercitato, in unica sede, dai comitati regionali di controllo di cui all’art. 55, L. 10 febbraio 1953, n. 62, integrati da un esperto in materia sanitaria designato dal Consiglio regionale e da un rappresentante del Ministero del tesoro nelle forme previste dagli artt. 59 e seguenti della medesima legge. (61)
I provvedimenti vincolati dalle unità sanitaria locale attinenti allo stato giuridico e al trattamento economico del personale dipendente indicati nell’art. 10, secondo comma del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, sono adottati dal coordinatore amministrativo dell’ufficio di direzione e trasmessi al comitato di gestione e al collegio dei revisori. Detti provvedimenti non sono assoggettati al controllo del comitato regionale di controllo. (62)
Il comitato di gestione, d’ufficio o su segnalazione del collegio dei revisori, nell’esercizio del potere di autotutela può entro 20 giorni dal ricevimento, annullare o riformare i provvedimenti indicati al comma precedente. (62)
Gli atti delle unità sanitarie locali sono nulli di diritto se per la relativa spesa non è indicata idonea copertura finanziaria. (63)
Le modificazioni apportate in sede di riordinamento delle autonomie locali alla materia dei controlli sugli atti e sugli organi dei comuni e delle province si intendono automaticamente estese ai controlli sulle unità sanitarie locali.
I controlli di cui ai commi precedenti per le regioni a statuto speciale per le province autonome di Trento e di Bolzano si esercitano nelle forme previste dai rispettivi statuti.
I comuni singoli o associati e le comunità montane presentano annualmente, in base ai criteri e principi uniformi predisposti dalle regioni, allegata al bilancio delle unità sanitarie locali, una relazione al presidente della giunta regionale sui livelli assistenziali raggiunti e sulle esigenze che si sono manifestate nel corso dell’esercizio.
Il presidente della giunta regionale presenta annualmente al consiglio regionale una relazione generale sulla gestione ed efficienza dei servizi sanitari, con allegata la situazione contabile degli impegni assunti sulla quota assegnata alla regione degli stanziamenti per il servizio sanitario nazionale. Tale relazione deve essere trasmessa ai Ministri della sanità, del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, con allegato un riepilogo dei conti consuntivi, per singole voci, delle unità sanitarie locali.
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(61) Comma così sostituito dall’art. 13, L. 26 aprile 1982, n. 181.

(62) Comma aggiunto dall’art. 16, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638.

(63) Comma modificato dall’art. 16, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 e, successivamente, così sostituito dall’art. 17, L. 22 dicembre 1984, n. 887.

Art. 50 (Norme di contabilità)

Entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge le regioni provvedono con legge a disciplinare l’utilizzazione del patrimonio e la contabilità delle unità sanitarie locali in conformità ai seguenti principi:
1) la disciplina amministrativo-contabile delle gestioni deve risultare corrispondente ai principi della contabilità pubblica previsti dalla legislazione vigente;
2) i competenti organi dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane interessati cureranno l’effettuazione di periodiche verifiche di cassa, con ritmo almeno bimestrale, al fine dell’accertamento di eventuali disavanzi da comunicare immediatamente ai sindaci o al presidente delle comunità competenti per l’adozione dei provvedimenti di cui all’ultimo comma del presente articolo;
3) i bilanci devono recare analitiche previsioni tanto in termini di competenza quanto in termini di cassa;
4) i predetti bilanci, in cui saranno distinte le gestioni autonome e le contabilità speciali, devono essere strutturati su base economica;
5) i conti consuntivi devono contenere una compiuta dimostrazione, oltre che dei risultati finanziari, di quelli economici e patrimoniali delle gestioni;
6) le risultanze complessive delle previsioni di entrata e di spesa nonché dei conti consuntivi delle unità sanitarie locali, devono essere iscritte rispettivamente nel bilancio di previsione e nel conto consuntivo dei comuni singoli o associati o delle comunità montane. I bilanci di previsione e i conti consuntivi delle unità sanitarie locali debbono essere allegati alle contabilità degli enti territoriali cui si riferiscono;
7) gli stanziamenti iscritti in entrata ed in uscita dei bilanci comunali o delle comunità montane per i compiti delle unità sanitarie locali debbono comprendere i relativi affidamenti regionali che non possono essere utilizzati in alcun caso per altre finalità;
8) i contratti di fornitura non possono essere stipulati con dilazioni di pagamento superiore a 90 giorni;
9) alle unità sanitarie locali è vietato, anche attraverso i comuni, il ricorso a qualsiasi forma di indebitamento salvo anticipazioni mensili da parte del tesoriere pari a un dodicesimo dello scoperto autorizzato;
10) l’obbligo di prevedere, nell’ordinamento contabile delle unità sanitarie locali, l’adeguamento della classificazione economica e funzionale della spesa, della denominazione dei capitoli delle entrate e delle spese nonché dei relativi codici, ai criteri stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro del tesoro di concerto con il Ministro della sanità, sentita la commissione interregionale di cui all’art. 13, L. 16 maggio 1970, n. 281, da emanarsi entro il 30 giugno 1980. Fino all’emanazione del predetto decreto del Presidente della Repubblica, l’ordinamento contabile delle unità sanitarie locali, per quanto attiene al presente obbligo, dovrà essere conforme ai criteri contenuti nelle leggi di bilancio e di contabilità delle rispettive regioni di appartenenza (64) .
Le unità sanitarie locali debbono fornire alle regioni rendiconti trimestrali, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di scadenza del trimestre, in cui si dia conto dell’avanzo o disavanzo di cassa nonché dei debiti e crediti di bilanci già accertati alla data della resa del conto anzidetto, dettagliando gli eventuali impedimenti obiettivi per cui, decorso il termine di cui al n. 8) del primo comma non sono stati effettuati pagamenti per forniture. Nei casi di inosservanza del termine suindicato, le regioni sono tenute a provvedere all’acquisizione dei rendiconti stessi, entro i successivi trenta giorni. (65)
La regione a sua volta fornirà gli stessi dati ai Ministeri della sanità e del tesoro secondo un modello di rilevazione contabile delle spese del servizio sanitario nazionale impostato uniformemente nell’ambito dell’indirizzo e coordinamento governativo.
Ove dalla comunicazione di cui al numero 2 del primo comma, ovvero dalla rendicontazione trimestrale prevista dal secondo comma del presente articolo, risulti che la gestione manifesta un disavanzo complessivo, e ciò anche avendo riguardo ai debiti e crediti di bilancio, i comuni, singoli o associati, le comunità montane sono tenuti a convocare nel termine di 30 giorni i rispettivi organi deliberanti al fine di adottare i provvedimenti necessari a riportare in equilibrio il conto di gestione della unità sanitaria locale.
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(64) Numero aggiunto dall’art. 9, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(65) Comma così modificato dall’art. 10, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 51 (Finanziamento del servizio sanitario nazionale) (68)

Il fondo sanitario nazionale destinato al finanziamento del servizio sanitario nazionale è annualmente determinato con la legge di cui al successivo articolo 53. Gli importi relativi devono risultare stanziati in distinti capitoli della parte corrente e della parte in conto capitale da iscriversi, rispettivamente, negli stati di previsione della spesa del Ministero del tesoro, del Ministero del bilancio e della programmazione economica. (66)
Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) tra tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani sanitari nazionali e regionali e sulla base di indici e di standards distintamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire i livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le modalità di cui al secondo comma dell’art. 3 in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, eliminando progressivamente le differenze strutturali e di prestazioni tra le regioni. Per la ripartizione della spesa in conto capitale si applica quanto disposto dall’art. 43, D.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, prorogato dall’art. 7, L. 6 ottobre 1971, n. 853.
All’inizio di ciascun trimestre, il Ministro del tesoro ed il Ministro del bilancio e della programmazione economica, ciascuno per la parte di sua competenza, trasferiscono alle regioni le quote loro assegnate ai sensi del presente articolo.
In caso di mancato o ritardato invio ai Ministri della sanità e del tesoro, da parte della regione, dei dati di cui al terzo comma del precedente articolo 50, le quote di cui al precedente comma vengono trasferite alla regione in misura uguale alle corrispondenti quote dell’esercizio precedente. (67)
Le regioni, sulla base di parametri numerici da determinarsi, sentiti i comuni, con legge regionale ed intesi ad unificare il livello delle prestazioni sanitarie, provvedono a ripartire tra le unità sanitarie locali la quota loro assegnata per il finanziamento delle spese correnti, riservandone un’aliquota non superiore al 5% per interventi imprevisti. Tali parametri devono garantire gradualmente livelli di prestazioni uniformi nell’intero territorio regionale. Per il riparto della quota loro assegnata per il finanziamento delle spese in conto capitale, le regioni provvedono sulla base delle indicazioni formulate dal piano sanitario nazionale.
Con provvedimento regionale agli inizi di ciascun trimestre, è trasferita alle unità sanitarie locali, tenendo conto dei presidi e servizi di cui all’articolo 18, la quota ad esse spettante secondo il piano sanitario regionale.
Gli amministratori e i responsabili dell’ufficio di direzione dell’unità sanitaria locale sono responsabili in solido delle spese disposte od autorizzate in eccedenza alla quota di dotazione loro attribuita, salvo che esse non siano determinate da esigenze obiettive di carattere locale da collegare a fattori straordinari di morbilità accertati dagli organi sanitari della regione e finanziabili con la riserva di cui al quarto comma.
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(66) Comma così modificato dall’art. 1, L. 23 ottobre 1985, n. 595.

(67) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 7 agosto 1982, n. 526.

(68) Vedi, anche, l’art. 27, L. 27 dicembre 1983, n. 730.

Art. 52 (Finanziamento per l’esercizio finanziario 1979) (69)

Per l’esercizio finanziario 1979 l’importo del fondo sanitario nazionale, parte corrente, da iscrivere nel bilancio dello Stato è determinato, con riferimento alle spese effettivamente sostenute nel 1977 dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni e loro consorzi, dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome, estinti e posti in liquidazione ai sensi dell’art. 12-bis, D.L. 8 luglio 1974, n. 264, come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974, n. 386, e da ogni altro ente pubblico previsto dalla presente legge, per l’esercizio delle funzioni attribuite al servizio sanitario nazionale.
Ai fini della determinazione del fondo sanitario nazionale per l’esercizio 1979, sulle spese impegnate nel 1977 vengono riconosciute in aumento:
a) le maggiorazioni derivanti dall’applicazione delle norme contrattuali, regolamentari o legislative vigenti per quanto riguarda la spesa del personale, compreso quello il cui rapporto è regolato da convenzioni;
b) la maggiorazione del 7 per cento delle spese impegnate per la fornitura di beni e servizi per ciascuno degli anni 1978 e 1979;
c) le maggiorazioni derivanti dalle rate di ammortamento dei mutui regolarmente contratti negli anni 1978 e precedenti e non compresi negli impegni dell’anno 1977.
Fatte salve le necessità finanziarie degli organi centrali del servizio sanitario nazionale e degli enti pubblici di cui al primo comma, alla ripartizione del fondo fra le regioni si provvede per l’esercizio 1979, anche in deroga al disposto dell’articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, con decreto del Ministro del tesoro di concerto con il Ministro della sanità, assumendo come riferimento la spesa rilevata nelle singole regioni, secondo quanto è previsto dal presente articolo, maggiorata in base alle disposizioni di cui al precedente comma.
Le regioni, tenuto conto di quanto disposto dal terzo comma dell’art. 61 e sulla base degli atti ricognitivi previsti dall’art. 7, L. 4 agosto 1978, n. 461, assicurano, con periodicità trimestrale i necessari mezzi finanziari agli enti che nel territorio regionale esercitano le funzioni del servizio sanitario nazionale fino all’effettivo trasferimento delle stesse alle unità sanitarie locali.
Agli enti medesimi si applicano anche, nel periodo considerato, le disposizioni di cui ai numeri 8) e 9) del primo comma dell’art. 50.
Gli enti e le regioni, per la parte di rispettiva competenza, sono tenuti agli adempimenti di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 50.
Ove dai rendiconti trimestrali risulti che la gestione manifesti un disavanzo rispetto al piano economico contabile preso a base per il finanziamento dell’ente, la regione indica tempestivamente i provvedimenti necessari a riportare in equilibrio il conto di gestione.
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(69) Vedi, anche, l’art. 1, D.L. 26 maggio 1979, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 luglio 1979, n. 300, e l’art. 21, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Titolo II

PROCEDURE DI PROGRAMMAZIONE E DI ATTUAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Art. 53 (Piano sanitario nazionale)

Le linee generali di indirizzo e le modalità di svolgimento delle attività istituzionali del servizio sanitario nazionale sono stabilite con il piano sanitario nazionale in conformità agli obiettivi della programmazione socio-economica nazionale e tenuta presente l’esigenza di superare le condizioni di arretratezza socio-sanitaria che esistono nel Paese, particolarmente nelle regioni meridionali. (70)
Il piano sanitario nazionale viene predisposto dal Governo su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (70)
Il piano sanitario nazionale è sottoposto dal Governo al Parlamento ai fini della sua approvazione con atto non legislativo. (70)
Contestualmente alla trasmissione da parte del Governo al Parlamento del piano sanitario nazionale, il Governo presenta al Parlamento il disegno di legge contenente sia le disposizioni precettive ai fini della applicazione del piano sanitario nazionale, sia le norme per il finanziamento pluriennale del servizio sanitario nazionale, rapportate alla durata del piano stesso, con specifica indicazione degli importi da assegnare al fondo sanitario nazionale ai sensi dell’articolo 51 della presente legge e dei criteri di ripartizione delle regioni. (74)
Il Parlamento esamina ed approva contestualmente il piano sanitario nazionale, le norme precettive di applicazione e le norme di finanziamento pluriennale. (71)
Il Governo adotta i conseguenti atti di indirizzo e coordinamento, sentito il Consiglio sanitario nazionale, il cui parere si intende positivo se non espresso entro 60 giorni dalla richiesta. (71)
Il piano sanitario nazionale ha di norma durata triennale e può essere modificato nel corso del triennio con il rispetto delle modalità di cui al presente articolo. (71)
Il piano sanitario nazionale, le disposizioni precettive e le norme finanziarie pluriennali di cui al precedente quinto comma sono approvati e trasmessi dal Governo al Parlamento nel corso dell’ultimo anno di vigenza del piano precedente, in tempo utile per consentirne l’approvazione entro il 1° settembre dell’anno stesso. (71)
Le regioni predispongono e approvano i propri piani sanitari regionali entro il successivo mese di novembre. (71)
Il piano sanitario nazionale stabilisce per il periodo della sua durata:
a) gli obiettivi da realizzare nel triennio con riferimento a quanto disposto dall’articolo 2;
[b) l’importo del fondo sanitario nazionale di cui all’art. 51, da iscrivere annualmente nel bilancio dello Stato; (72) ]
c) gli indici e gli standards nazionali da assumere per la ripartizione del fondo sanitario nazionale tra le regioni, al fine di realizzare in tutto il territorio nazionale un’equilibrata organizzazione dei servizi, anche attraverso una destinazione delle risorse per settori fondamentali di intervento, con limiti differenziati per gruppi di spese correnti e per gli investimenti, prevedendo in particolare gli indici nazionale e regionali relativi ai posti letto e la ripartizione quantitativa degli stessi. Quanto agli investimenti il piano deve prevedere che essi siano destinati alle regioni nelle quali la dotazione di posti letto e gli altri presidi e strutture sanitarie risulti inferiore agli indici normali indicati dal piano stesso. Ai fini della valutazione della priorità di investimento il piano tiene conto anche delle disponibilità, nelle varie regioni, di posti letto, presidi e strutture sanitarie di istituzioni convenzionate. Il piano prevede inoltre la sospensione di ogni investimento (se non per completamenti e ristrutturazioni dimostrate assolutamente urgenti ed indispensabili) nelle regioni la cui dotazione di posti letto e di altri presidi e strutture sanitarie raggiunge o supera i suddetti indici;
d) gli indirizzi ai quali devono uniformarsi le regioni nella ripartizione della quota regionale ad esse assegnata tra le unità sanitarie locali;
e) i criteri e gli indirizzi ai quali deve riferirsi la legislazione regionale per la organizzazione dei servizi fondamentali previsti dalla presente legge e per gli organici del personale addetto al servizio sanitario nazionale;
f) le norme generali di erogazione delle prestazioni sanitarie nonché le fasi e le modalità della graduale unificazione delle stesse e del corrispondente adeguamento, salvo provvedimenti di fiscalizzazione dei contributi assicurativi;
g) gli indirizzi ai quali devono riferirsi i piani regionali di cui al successivo art. 55, ai fini di una coordinata e uniforme realizzazione degli obiettivi di cui alla precedente lettera a);
h) gli obiettivi fondamentali relativi alla formazione e all’aggiornamento del personale addetto al servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alle funzioni tecnico-professionali, organizzative e gestionali e alle necessità quantitative dello stesso;
i) le procedure e le modalità per verifiche periodiche dello stato di attuazione del piano e della sua idoneità a perseguire gli obiettivi che sono stati previsti;
l) le esigenze prioritarie del servizio sanitario nazionale in ordine alla ricerca biomedica e ad altri settori attinenti alla tutela della salute.
[Ai fini della programmazione sanitaria, il Ministro della sanità è autorizzato ad avvalersi di un gruppo di persone particolarmente competenti in materia economica e sanitaria, per la formazione delle analisi tecniche, economiche e sanitarie necessarie alla predisposizione del piano sanitario nazionale. (73) ]

[ La remunerazione delle persone di cui al comma precedente è stabilita dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, con il decreto di conferimento dell’incarico. Agli oneri finanziari relativi si fa fronte con apposito capitolo da istituirsi nello stato di previsione della spesa del Ministero della sanità. (73) ]
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(70) Comma sostituito dall’art. 20, comma 1, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1, L. 23 ottobre 1985, n. 595.

(71) Comma inserito dall’art. 1, comma 1, L. 23 ottobre 1985, n. 595.

(72) Lettera abrogata dall’art. 1, comma 2, L. 23 ottobre 1985, n. 595.

(73) Comma abrogato dall’art. 5, comma 6, D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 266.

(74) Comma inserito dall’art. 20, comma 1, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638 e, successivamente, sostituito dall’art. 1, comma 1, L. 23 ottobre 1985, n. 595.

Art. 54 (Primo piano sanitario nazionale)

Il piano sanitario nazionale per il triennio 1980-1982 deve essere presentato al Parlamento entro il 30 aprile 1979.
Fino all’approvazione del piano sanitario nazionale è vietato disporre investimenti per nuove strutture immobiliari e per nuovi impianti di presidi sanitari. (75)
Particolari, motivate deroghe, possono essere consentite, su richiesta delle regioni, con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale. (76)
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(75) Comma aggiunto dall’art. 13, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(76) Comma aggiunto dall’art. 5, D.L. 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 giugno 1981, n. 331.

Art. 55 (Piani sanitari regionali)

Le regioni provvedono all’attuazione del servizio sanitario nazionale in base ai piani sanitari triennali, coincidenti con il triennio del piano sanitario nazionale, finalizzati alla eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale.
I piani sanitari triennali delle regioni, che devono uniformarsi ai contenuti ed agli indirizzi del piano sanitario nazionale di cui all’articolo 53 e riferirsi agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, sono predisposti dalla giunta regionale, secondo la procedura prevista nei rispettivi statuti per quanto attiene alla consultazione degli enti locali e delle altre istituzioni ed organizzazioni interessate. I piani sanitari triennali delle regioni sono approvati con legge regionale almeno 120 giorni prima della scadenza di ogni triennio.
Ai contenuti ed agli indirizzi del piano regionale debbono uniformarsi gli atti e provvedimenti emanati dalle regioni.

Art. 56 (Primi piani sanitari regionali)

Per il triennio 1980-1982 i singoli piani sanitari regionali sono predisposti ed approvati entro il 30 ottobre 1979 e devono fra l’altro prevedere:
a) l’importo delle quote da iscrivere per ogni anno del triennio nel bilancio della regione con riferimento alle indicazioni del piano sanitario nazionale;
b) le modalità per attuare, nelle unità sanitarie locali della regione, l’unificazione delle prestazioni sanitarie secondo quanto previsto dal quarto comma, lettera f), dell’articolo 53;
c) gli indirizzi ai quali devono riferirsi gli organi di gestione delle unità sanitarie locali nella fase di avvio del servizio sanitario nazionale.

Art. 57 (Unificazione dei livelli delle prestazioni sanitarie)

Con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il Consiglio sanitario nazionale, da emanarsi in conformità a quanto previsto dal piano sanitario nazionale di cui all’articolo 53, sono gradualmente unificate, nei tempi e nei modi stabiliti dal piano stesso, le prestazioni sanitarie già erogate dai disciolti enti mutualistici, dalle mutue aziendali e dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome degli enti previdenziali.
Con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro e della sanità, ed anche in conformità a quanto previsto dalla lettera f), quarto comma, dell’articolo 53, si provvede a disciplinare l’adeguamento della partecipazione contributiva degli assistiti nonché le modalità e i tempi di tale partecipazione in funzione della soppressione delle strutture mutualistiche di cui al primo comma del presente articolo.
Sono comunque fatte salve le prestazioni sanitarie specifiche, preventive, ortopediche e protesiche, erogate, ai sensi delle leggi e dei regolamenti vigenti, a favore degli invalidi per causa di guerra e di servizio dei ciechi, dei sordomuti e degli invalidi civili. (77)
Nulla è innovato alle disposizioni del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per quanto riguarda le prestazioni di assistenza sanitaria curativa e riabilitativa, che devono essere garantite, a prescindere dalla iscrizione di cui al terzo comma dell’articolo 19 della presente legge, agli invalidi del lavoro, ferma restando, altresì, l’esclusione di qualunque concorso di questi ultimi al pagamento delle prestazioni sanitarie. Con legge regionale è disciplinato il coordinamento, anche mediante convenzioni, fra l’erogazione delle anzidette prestazioni e gli interventi sanitari che gli enti previdenziali gestori dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali pongono in essere, in favore degli infortunati e tecnopatici, per realizzare le finalità medico-legali di cui all’articolo 75 della presente legge. (77)
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(77) Vedi, anche, l’art. 5, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, con l’art. 1, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 58 (Servizio epidemiologico e statistico)

Nel piano sanitario nazionale di cui all’articolo 53 sono previsti specifici programmi di attività per la rilevazione e la gestione delle informazioni epidemiologiche, statistiche e finanziarie occorrenti per la programmazione sanitaria nazionale e regionale e per la gestione dei servizi sanitari.
I programmi di attività, per quanto attiene alle competenze attribuitegli dal precedente articolo 27, sono attuati dall’Istituto superiore di sanità.
Le regioni, nell’ambito dei programmi di cui al primo comma, provvedono ai servizi di informatica che devono essere organizzati tenendo conto delle articolazioni del servizio sanitario nazionale.
Con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono dettate norme per i criteri in ordine alla scelta dei campioni di rilevazione e per la standardizzazione e comparazione dei dati sul piano nazionale e regionale.

Art. 59 (Riordinamento del Ministero della sanità) (78)

[Con legge dello Stato, entro il 30 giugno 1979, si provvede al riordinamento del Ministero della sanità, che dovrà essere strutturato per l’attuazione dei compiti che gli sono assegnati dalla presente legge, in osservanza dei criteri generali e dei princìpi direttivi in essa indicati ed in stretta correlazione con le funzioni che nell’ambito del servizio sanitario nazionale debbono essere esercitate dal Ministero medesimo. In sede di riordinamento del Ministero della sanità, sarà stabilita la dotazione organica degli uffici per il funzionamento del Consiglio sanitario nazionale.

Con la stessa legge sono rideterminate le attribuzioni e le modalità per la composizione del Consiglio superiore della sanità, con riferimento esclusivo alla natura di organo consultivo tecnico del Ministero della sanità e in funzione dei compiti assunti dal Ministero della sanità nell’ambito del servizio sanitario nazionale.

In attesa della legge di cui al primo comma, il Ministro della sanità, con proprio decreto, costituisce, in via provvisoria, l’ufficio centrale della programmazione sanitaria, in relazione alle esigenze di cui all’art. 53, e l’ufficio per l’attuazione della presente legge con compiti di studio e predisposizione dei provvedimenti legislativi ed amministrativi connessi alla istituzione del servizio sanitario nazionale, e provvede a definire gli ambiti funzionali dei nuovi uffici apportando le necessarie modifiche anche a quelli delle attuali direzioni generali. Ai predetti uffici ed al segretariato del Consiglio sanitario nazionale sono preposti funzionari con qualifica di dirigente generale. I posti previsti nella tabella XIX, quadro A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, sono aumentate di tre unità. (79)

Per le esigenze degli uffici di cui al terzo comma, la dotazione organica dei primi dirigenti, con funzioni di vice consigliere ministeriale, di cui al quadro B della richiamata tabella XIX, è elevata di dieci unità. Alla copertura dei posti complessivamente vacanti nella qualifica di primo dirigente si provvede ai sensi dell’art. 1 della legge 30 settembre 1978, n. 583. ]
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(78) Articolo abrogato dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 1993, n. 266; tale abrogazione ha efficacia dall’entrata in vigore dei regolamenti previsti dal predetto decreto, in relazione alle materie di rispettiva competenza, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 10, D.Lgs. 266/1993.

(79) L’art. 169, L. 11 luglio 1980, n. 312, ha interpretato autenticamente il presente comma, nel senso che: «fino alla emanazione della legge di riordinamento del Ministero della sanità all’ufficio centrale della programmazione sanitaria, all’ufficio per l’attuazione della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale e al segretariato del Consiglio sanitario nazionale sono preposti i dirigenti generali nominati in conseguenza del predetto aumento».

Art. 60 (Costituzione del Consiglio sanitario nazionale)

Entro 45 giorni dall’entrata in vigore della presente legge è costituito il Consiglio sanitario nazionale di cui all’articolo 8.
Il Consiglio sanitario nazionale, a partire dalla data del suo insediamento e fino alla conclusione delle operazioni di liquidazione degli enti e gestioni autonome preposti all’erogazione dell’assistenza sanitaria in regime mutualistico, assume i compiti attribuiti al comitato centrale di cui all’art. 4 L. 29 giugno 1977, n. 349.
Fino all’adozione dei provvedimenti di cui all’ultimo comma dell’articolo 61 sono prorogati i compiti e i poteri affidati ai commissari liquidatori degli articoli 3 e 7, L. 29 giugno 1977, n. 349.
Alle sedute del Consiglio sanitario nazionale convocate per l’esercizio dei compiti di cui al secondo comma partecipano con voto consultivo i cinque commissari liquidatori designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale ed i cinque membri proposti dal CNEL di cui al secondo comma dell’art. 4, L. 29 giugno 1977, n. 349.
Per l’assolvimento dei propri compiti il Consiglio sanitario nazionale si avvale, sino al riordinamento del Ministero della sanità di cui al precedente art. 59, dell’esistente segreteria del comitato centrale di cui all’art. 4, L. 29 giugno 1977, n. 349.

Art. 61 (Costituzione delle unità sanitarie locali)

Le regioni, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge e secondo le norme di cui al precedente Titolo I, individuano gli ambiti territoriali delle unità sanitarie locali, ne disciplinano con legge i compiti, la struttura, la gestione, l’organizzazione, il funzionamento e stabiliscono i criteri per l’articolazione delle unità sanitarie locali in distretti sanitari di base.
Con provvedimento da adottare entro il 31 dicembre 1979 secondo le norme dei rispettivi statuti le regioni costituiscono le unità sanitarie locali.
Le regioni, con lo stesso provvedimento di cui al comma precedente, adottano disposizioni:
a) per il graduale trasferimento ai comuni, perché siano attribuiti alle unità sanitarie locali, delle funzioni, dei beni e delle attrezzature di cui sono attualmente titolari gli enti o gli uffici di cui, a norma della presente legge, vengano a cessare i compiti nelle materie proprie del servizio sanitario nazionale;
b) per l’utilizzazione presso i servizi delle unità sanitarie locali del personale già dipendente dagli enti od uffici di cui alla precedente lettera a) che a norma della presente legge è destinato alle unità sanitarie locali, nonché per il trasferimento del personale medesimo dopo la definizione degli organici secondo quanto disposto nei provvedimenti assunti in attuazione di quanto previsto dal penultimo comma, punto 4, del precedente articolo 15;
c) per la gestione finanziaria dei servizi di cui alla precedente lettera a) a partire dalla data di costituzione delle unità sanitarie locali, con l’obbligo di fissare i limiti massimi di spesa consentiti per le attribuzioni del personale e per l’acquisto di beni e servizi e di prevedere periodici controlli della spesa e le responsabilità in ordine alla stessa.
Fino a quando non sarà stato emanato il provvedimento di cui al secondo comma del presente articolo, la tutela sanitaria delle attività sportive, nelle regioni che non abbiano emanato proprie norme in materia, continuerà ad essere assicurata, con l’osservanza dei principi generali contenuti nella legge 26 ottobre 1971, n. 1099, e delle normative stabilite dalle singole federazioni sportive riconosciute dal CONI, secondo i propri regolamenti.

Art. 62 (Riordinamento delle norme in materia di profilassi internazionali e di malattie infettive e diffusive)

Il Governo, entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio di Stato, è autorizzato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge, a modificare, integrare, coordinare e riunire in testo unico le disposizioni vigenti in materia di profilassi internazionale, ivi compresa la zooprofilassi, e di malattie infettive e diffusive, ivi comprese le vaccinazioni obbligatorie, e le altre norme specifiche, tenendo conto dei principi, delle disposizioni e delle competenze previsti dalla presente legge. Sino all’emanazione del predetto testo unico, si applicano in quanto non in contrasto con le disposizioni della presente legge, le norme del testo unico delle leggi sanitarie approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni e integrazioni, nonché le altre disposizioni vigenti in materia.

Art. 63 (Assicurazione obbligatoria)

A decorrere dal 1° gennaio 1980 l’assicurazione contro le malattie è obbligatoria per tutti i cittadini.
I cittadini che, secondo le leggi vigenti, non sono tenuti all’iscrizione ad un istituto mutualistico di natura pubblica sono assicurati presso il servizio sanitario nazionale nel limite delle prestazioni sanitarie erogate agli assicurati del disciolto INAM.
A partire dalla data di cui al primo comma i cittadini di cui al comma precedente soggetti all’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), sono tenuti a versare annualmente un contributo per l’assistenza di malattia, secondo le modalità di cui ai commi seguenti, valido anche per i familiari che si trovino nelle condizioni indicate nel precedente comma. Gli adempimenti per la riscossione ed il recupero in via giudiziale della quota di cui al precedente comma sono affidati all’INPS che vi provvederà secondo le norme e le procedure che saranno stabilite con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro delle finanze. Con lo stesso decreto sarà stabilita la procedura di segnalazione all’INPS dei soggetti tenuti al pagamento. Per il mancato versamento o per l’omessa od infedele denuncia dei dati indicati nel decreto di cui al comma precedente si applicano le sanzioni previste per i datori di lavoro soggetti alle procedure di cui al D.M. 5 febbraio 1969. (80)
Il contributo dovuto dai cittadini italiani all’estero anche se non soggetti all’obbligo della predetta dichiarazione dei redditi è disciplinato dal decreto di cui all’art. 37 della presente legge. (81)
Con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro il 30 ottobre di ogni anno di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il Consiglio sanitario nazionale, è stabilita la quota annuale da porre a carico degli interessati per l’anno successivo. Detta quota è calcolata tenendo conto delle variazioni previste nel costo medio pro-capite dell’anno precedente per le prestazioni sanitarie di cui al secondo comma. (82)
[Gli interessati verseranno la quota di cui al precedente comma mediante accreditamento in conto corrente postale intestato alla sezione di tesoreria provinciale di Roma con imputazione ad apposito capitolo da istituirsi nello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato. (83) ]

[Con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze, saranno stabilite le modalità di accertamento dei soggetti tenuti al pagamento, in collegamento con la dichiarazione dei redditi, nonché i tempi con i controlli relativi ai versamenti di cui al precedente comma. (83) ]

Per il mancato versamento o per omessa o infedele dichiarazione, si applicano le sanzioni previste per tali casi nel titolo V del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
__________________

(80) Comma così sostituito dall’art. 15, D.L. 1° luglio 1980, n. 285, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1980, n. 441.

(81) Comma inserito dall’art. 15, D.L. 1° luglio 1980, n. 285, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1980, n. 441.

(82) Comma modificato dall’art. 15, D.L. 1° luglio 1980, n. 285, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1980, n. 441.

(83) Comma abrogato dall’art. 15, D.L. 1° luglio 1980, n. 285, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1980, n. 441.

Titolo III

NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 64 (Norme transitorie per l’assistenza psichiatrica)

La regione, nell’ambito del piano sanitario regionale, disciplina il graduale superamento degli ospedali psichiatrici o neuropsichiatrici e la diversa utilizzazione, correlativamente al loro rendersi disponibili, delle strutture esistenti e di quelle in via di completamento. La regione provvede inoltre a definire il termine entro cui dovrà cessare la temporanea deroga per cui negli ospedali psichiatrici possono essere ricoverati, sempre che ne facciano richiesta, coloro che vi sono stati ricoverati anteriormente al 16 maggio 1978 e che necessitano di trattamento psichiatrico in condizioni di degenza ospedaliera; tale deroga non potrà comunque protrarsi oltre il 31 dicembre 1980. (84)
Entro la stessa data devono improrogabilmente risolversi le convenzioni di enti pubblici con istituti di cura privati che svolgano esclusivamente attività psichiatrica. (84)
E’ in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni psichiatriche o sezioni neurologiche o neuro-psichiatriche.
La regione disciplina altresì, con riferimento alle norme di cui agli articoli 66 e 68, la destinazione alle unità sanitarie locali dei beni e del personale delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e degli altri enti pubblici che all’atto dell’entrata in vigore della presente legge provvedono, per conto o in convenzione con le amministrazioni provinciali, al ricovero ed alla cura degli infermi di mente, nonché la destinazione dei beni e del personale delle amministrazioni provinciali addetto ai presidi e servizi di assistenza psichiatrica e di igiene mentale. Quando tali presidi e servizi interessino più regioni, queste provvedono d’intesa.
La regione, a partire dal 1° gennaio 1979, istituisce i servizi psichiatrici di cui all’articolo 35, utilizzando il personale dei servizi psichiatrici pubblici. Nei casi in cui nel territorio provinciale non esistano strutture pubbliche psichiatriche, la regione, nell’ambito del piano sanitario regionale e al fine di costituire i presidi per la tutela della salute mentale nelle unità sanitarie locali, disciplina la destinazione del personale, che ne faccia richiesta, delle strutture psichiatriche private che all’atto dell’entrata in vigore della presente legge erogano assistenza in regime di convenzione, ed autorizza, ove necessario, l’assunzione per concorso di altro personale indispensabile al funzionamento di tali presidi.
Sino all’adozione dei piani sanitari regionali di cui al primo comma i servizi di cui al quinto comma dell’articolo 34 sono ordinati secondo quanto previsto dal D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, al fine di garantire la continuità dell’intervento sanitario a tutela della salute mentale, e sono dotati di un numero di posti letto non superiore a 15. Sino all’adozione di provvedimenti delegati di cui all’art. 47 le attribuzioni in materia sanitaria del direttore, dei primari, degli aiuti e degli assistenti degli ospedali psichiatrici sono quelle stabilite, rispettivamente, dagli artt. 4 e 5 e dell’art. 7, D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128.
Sino all’adozione dei piani sanitari regionali di cui al primo comma i divieti di cui all’art. 6 del D.L. 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella L. 17 agosto 1974, n. 386, sono estesi agli ospedali psichiatrici e neuro-psichiatrici dipendenti dalle IPAB o da altri enti pubblici o dalle amministrazioni provinciali. Gli eventuali concorsi continuano ad essere espletati secondo le procedure applicate da ciascun ente prima dell’entrata in vigore della presente legge.
Tra gli operai sanitari di cui alla lettera i) dell’art. 27, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sono compresi gli infermieri di cui all’art. 24 del regolamento approvato con R.D. 16 agosto 1909, n. 615. Fermo restando quanto previsto dalla lettera a) dell’art. 6 della presente legge la regione provvede all’aggiornamento e alla riqualificazione del personale infermieristico, nella previsione del superamento degli ospedali psichiatrici ed in vista delle nuove funzioni di tale personale nel complesso dei servizi per la tutela della salute mentale delle unità sanitarie locali. Restano in vigore le norme di cui all’art. 7, ultimo comma, L. 13 maggio 1978, n. 180.
__________________

(84) Per la proroga dei termini previsti dal presente comma, vedi l’art. 3, D.L. 30 aprile 1981, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 giugno 1981, n. 331.

Art. 65 (Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppressi)

In applicazione del progetto di riparto previsto dall’ultimo comma dell’articolo 4 della legge 29 giugno 1977, n. 349, e d’intesa con le regioni interessate, con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle finanze, sia i beni mobili ed immobili che le attrezzature destinati prevalentemente ai servizi sanitari appartenenti agli enti, casse mutue e gestioni soppressi sono trasferiti al patrimonio dei comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali. (85)
Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al precedente comma, il reimpiego ed il reinvestimento dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi.
Alle operazioni di trasferimento di cui al primo comma provvedono i commissari liquidatori di cui alla citata L. 29 giugno 1977, n. 349, che provvedono altresì al trasferimento di tutti i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali.
I rimanenti beni, ivi comprese le sedi in Roma delle Direzioni generali degli enti soppressi sono realizzati dalla gestione di liquidazione ai sensi dell’art. 77 ad eccezione dell’immobile sede della Direzione generale dell’INAM che è attribuito al patrimonio dello Stato. (86)
[Le regioni possono assegnare parte dei predetti beni in uso all’INPS, per la durata del primo piano sanitario nazionale, per le esigenze connesse allo svolgimento dei compiti di cui agli articoli 74 e 76 della presente legge, nonché al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per le esigenze delle sezioni circoscrizionali dell’impiego. (89) (87) ]

Le Regioni assegnano parte dei beni di cui al precedente comma in uso all’Istituto nazionale della previdenza sociale, per la durata del primo piano sanitario nazionale, per le esigenze connesse allo svolgimento di compiti di cui agli articoli 74 e 76 della presente legge, nonché al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per le esigenze delle sezioni circoscrizionali dell’impiego, secondo i piani concordati con le Amministrazioni predette tenendo conto delle loro esigenze di efficienza e funzionalità. (88)
__________________

(85) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 3, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638.

(86) Comma così modificato dall’art. 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177.

(87) Comma abrogato dall’art. 5, L. 23 aprile 1981, n. 155.

(88) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 23 aprile 1981, n. 155.

(89) Comma aggiunto dall’art. 20, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 66 (Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza di enti locali)

Sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali:
a) i beni mobili ed immobili e le attrezzature appartenenti alle province o a consorzi di enti locali e destinati ai servizi igienico-sanitari (90) ;
b) i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri, degli ospedali psichiatrici e neuro-psichiatrici e dei centri di igiene mentale dipendenti dalle province o da consorzi delle stesse o dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui al settimo comma dell’art. 64, nonché degli altri statuti di prevenzione e cura e dei presidi sanitari extraospedalieri dipendenti dalle province o da consorzi di enti locali.
I rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali sono trasferiti ai comuni competenti per territorio.
E’ affidata alle unità sanitarie locali la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei comuni e all’esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro consorzi in materia igienico-sanitaria.
Le regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti e degli istituti di cui alle lettere a) e b) del primo comma.
Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le modalità e nei termini previsti dall’articolo 61.
Con le stesse modalità ed entro gli stessi termini gli enti ed istituti di cui alle lettere a) e b), del primo comma perdono, ove l’abbiano, la personalità giuridica.
Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al primo comma, il reimpiego ed il reinvestimento in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi.
__________________

(90) Comma modificato dall’art. 1, comma 1, D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177; tale modifica ha effetto decorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto nella G.U., ai sensi di quanto disposto dal comma 2 del medesimo art. 1, D.P.R. 177/1993.

Art. 67 (Norme per il trasferimento del personale degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppresse) (91)

Entro il 30 giugno 1979, in applicazione del progetto di riparto previsto dall’ultimo comma dell’art. 4, L. 29 giugno 1977, n. 349, il Ministro della sanità di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, sentito il Consiglio sanitario nazionale e le organizzazioni sindacali confederali rappresentate nel CNEL, stabilisce i contingenti numerici, distinti per amministrazione od ente e per qualifica, del personale da iscrivere nei ruoli regionali del personale addetto ai servizi delle unità sanitarie locali, e del personale da assegnare all’Istituto nazionale della previdenza sociale, all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, e ad altri enti e pubbliche amministrazioni diverse da quelle statali, per le seguenti esigenze:
a) per il fabbisogno di personale relativo ai servizi delle unità sanitarie locali e per i compiti di cui agli articoli 74, 75 e 76;
b) per la copertura dei posti in organico degli enti pubblici anzidetti, riservati ai sensi dell’art. 43, L. 20 marzo 1975, n. 70, così come risultano dai provvedimenti attuativi dell’articolo 25 della suddetta legge.
I medici ed i veterinari provinciali inquadrati nei ruoli regionali sono trasferiti al servizio sanitario nazionale e collocati nei ruoli di cui all’articolo 47, salvo diversa necessità della regione.
I contingenti numerici di cui al primo comma comprendono anche il personale dipendente, alla data del 1° dicembre 1977, dalle associazioni rappresentanti gli enti ospedalieri di cui all’articolo 40, L. 12 febbraio 1968, n. 132; detto personale, per il quale viene risolto ad ogni effetto il precedente rapporto, sarà assunto presso le amministrazioni di destinazione previo accertamento dei requisiti di cui al precedente art. 47, fatta eccezione per quello rappresentato dal limite di età.
Entro il 31 dicembre 1979 i commissari liquidatori di cui alla L. 29 giugno 1977, n. 349, dispongono, su proposta formulata dalle regioni previa intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale, il comando del personale presso le unità sanitarie locali, nell’ambito dei contingenti di cui al primo comma e sulla base di criteri oggettivi di valutazione fissati dal Consiglio sanitario nazionale.
Entro la stessa data i commissari liquidatori di cui alla L. 29 giugno 1977, n. 349, dispongono, su proposta del Ministro della sanità, previa intesa con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale, con riferimento ai contingenti di cui al primo comma e sulla base di criteri oggettivi di valutazione fissati dal Consiglio sanitario nazionale, il comando del personale presso enti e pubbliche amministrazioni diverse da quelle statali.
Allo scadere dell’anno del comando di cui ai due precedenti commi tutto il personale comandato sia ai sensi della presente legge, che della legge 17 agosto 1974, n. 386, e della legge 29 giugno 1977, n. 349, comunque utilizzato dalle regioni, è trasferito alle stesse, alle unità sanitarie locali ed alle amministrazioni ed enti presso cui presta servizio in una posizione giuridica e di livello funzionale corrispondente a quella ricoperta nell’ente o gestione di provenienza alla data del trasferimento stesso, secondo le tabelle di equiparazione previste dal terzo comma, n. 3, dell’articolo 47.
Il personale non comandato ai sensi dei precedenti commi è assegnato provvisoriamente nei ruoli unici istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 618, con le procedure e i criteri di cui all’art. 1-quaterdecies della L. 21 ottobre 1978, n. 641, nella posizione giuridica e di livello funzionale ricoperta all’atto dell’assegnazione. A tutto il personale assegnato in via transitoria ai ruoli unici ai sensi della presente legge e della L. 21 ottobre 1978, n. 641, continua ad applicarsi fino alla data dell’inquadramento definitivo nei ruoli unificati dei dipendenti civili dello Stato il trattamento economico, normativo e di fine servizio previsto dalle leggi e dagli ordinamenti degli enti o delle gestioni di provenienza.
Il personale già comandato presso amministrazioni statali ai sensi dell’art. 6, L. 29 giugno 1977, n. 349, è trasferito ai ruoli unici di cui al comma precedente ed è assegnato, a domanda, all’amministrazione presso la quale presta servizio, unitamente a quello già assegnato ai sensi dell’art. 6, L. 23 dicembre 1975, n. 698.
Fino a sei mesi dall’entrata in funzione delle unità sanitarie locali è consentita la possibilità di convenzionare con le limitazioni previste dall’art. 48, terzo comma, n. 4), i medici dipendenti degli enti di cui agli artt. 67, 68, 72, 75 già autorizzati in base alle vigenti disposizioni.
__________________

(91) Vedi, anche, l’art. 5, D.L. 1° luglio 1980, n. 285, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1980, n. 441.

Art. 68 (Norme per il trasferimento del personale di enti locali)

Con legge regionale entro il 30 giugno 1979 è disciplinata l’iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al quarto comma, n. 1), dell’art. 47 del personale dipendente dagli enti di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo 66 nonché dai comuni che risulti addetto ai servizi sanitari trasferiti, in modo continuativo da data non successiva al 30 giugno 1977, salvo le assunzioni conseguenti a concorsi pubblici espletati fino alla entrata in vigore della presente legge.
Con la medesima legge e con gli stessi criteri e modalità di cui al primo comma, è parimenti iscritto nei ruoli regionali di cui al precedente comma, il personale tecnico-sanitario, trasferito e già inquadrato nei ruoli della regione, proveniente da posti di ruolo conseguiti per effetto di pubblico concorso, presso gli uffici sanitari comunali, i laboratori provinciali di igiene e profilassi delle due sezioni e altri servizi degli enti locali, che ne faccia richiesta, alla regione di appartenenza, entro 120 giorni dall’emanazione del decreto governativo di cui all’articolo 47 della presente legge.
Parimenti il personale tecnico-sanitario assunto dalle regioni per i servizi regionali può essere inquadrato, se ne faccia richiesta entro i termini anzidetti, nel servizio sanitario nazionale, con le disposizioni di cui allo stesso articolo 47, comma quinto, lettera c).
Il personale di cui ai precedenti commi è assegnato alle unità sanitarie locali, nella posizione giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell’ente di provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dall’articolo 47, terzo comma, n. 3).
Sino all’entrata in vigore del primo accordo nazionale unico di cui al nono comma dell’articolo 47 al personale in oggetto spetta il trattamento economico previsto dall’ordinamento vigente presso gli enti di provenienza, ivi compresi gli istituti economico-normativi previsti dalla legge 18 marzo 1968, n. 431 e dalla legge 21 giugno 1971, n. 515, e dai decreti applicativi delle medesime, nonché dall’articolo 13 della legge 29 giugno 1977, n. 349.

Art. 69 (Entrate del fondo sanitario nazionale) (94)

A decorrere dal 1° gennaio 1979, in relazione a quanto disposto negli articoli 51 e 52, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato:
a) i contributi assicurativi di cui all’art. 76;
b) le somme già destinate in via diretta e indiretta dalle regioni, dalle province, dai comuni e loro consorzi, nonché da altri enti pubblici al finanziamento delle funzioni esercitate in materia sanitaria, in misura non inferiore a quelle accertate nell’anno 1977 maggiorate del 14 per cento (92) (93);
c) i proventi ed i redditi netti derivanti dal patrimonio trasferito ai comuni per le unità sanitarie locali (93);
d) gli avanzi annuali delle gestioni dell’assicurazione contro la tubercolosi gestite dall’INPS e da altri enti mutuo-previdenziali;
e) i proventi derivanti da attività a pagamento svolte dalle unità sanitarie locali e dai presidi sanitari ad esse collegati, nonché da recuperi, anche a titolo di rivalsa (93).
Le somme di cui alla lettera b) possono essere trattenute, a compensazione, sui trasferimenti di fondi dello Stato a favore degli enti ivi indicati.
Sono altresì versate all’entrata del bilancio dello Stato i proventi ed i redditi netti derivanti, per l’anno 1979, dal patrimonio degli enti ospedalieri e degli enti, casse, servizi e gestioni autonome in liquidazione, di cui all’art. 12-bis, D.L. 8 luglio 1974, n. 264 convertito, nella L. 17 agosto 1974, n. 386.
I versamenti al bilancio dello Stato devono essere effettuati: per i contributi assicurativi di cui alla lettera a) entro i termini previsti dall’articolo 24 della legge finanziaria; per le somme di cui alla lettera b) entro 15 giorni dal termine di ogni trimestre nella misura di 3/12 dello stanziamento di bilancio; per i proventi ed i redditi di cui alle lettere c) ed e), nonché di quelli di cui al terzo comma entro 15 giorni dalla fine di ogni trimestre; per gli avanzi di cui alla lettera d) entro 15 giorni dall’approvazione dei bilanci consuntivi della gestione.
Alla riscossione delle somme dovute ai sensi del presente articolo e non versate allo Stato nei termini previsti, nonché ai relativi interessi di mora, provvede l’Intendenza di finanza, secondo le disposizioni del testo unico 14 aprile 1910, n. 639, relativo alla procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato.
Cessano di avere vigore, con effetto dal 1° gennaio 1979, le norme che prevedono la concessione di contributi dello Stato ad enti, organismi e gestioni il cui finanziamento è previsto dalla presente legge.
__________________

(92) Percentuale elevata al 16%, per il 1982, dall’art. 1, D.L. 25 gennaio 1982, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1982, n. 98.

(93) Vedi, anche, l’art. 25, L. 27 dicembre 1983, n. 730.

(94) Vedi, anche, l’art. 1, D.L. 26 maggio 1979, n. 154.

Art. 70 (Scorporo dei servizi sanitari della Croce rossa Italiana – CRI – e riordinamento dell’Associazione) (95) (96)

Con effetto dal 1° gennaio 1980, con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sono trasferiti ai comuni competenti per territorio per essere destinati alle unità sanitarie locali i servizi di assistenza sanitaria dell’Associazione della Croce rossa italiana (CRI), non connessi direttamente alle sue originarie finalità, nonché i beni mobili ed immobili destinati ai predetti servizi ed il personale ad essi adibito, previa individuazione del relativo contingente.
Per il trasferimento dei beni e del personale si adottano in quanto applicabili le disposizioni di cui agli articoli 65 e 67.
Il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, è delegato ad emanare, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro della difesa, uno o più decreti aventi valore di legge ordinaria per il riordinamento della Associazione della Croce rossa italiana con l’osservanza dei seguenti criteri direttivi:
1) l’organizzazione dell’Associazione dovrà essere ristrutturata in conformità del principio volontaristico della Associazione stessa;
2) i compiti dell’Associazione dovranno essere rideterminati in relazione alle finalità statutarie ed agli adempimenti commessi dalle vigenti convenzioni e risoluzioni internazionali e dagli organi della Croce rossa internazionale alle società di Croce rossa nazionali;
3) le strutture dell’Associazione, pur conservando l’unitarietà del sodalizio, dovranno essere articolate su base regionale;
4) le cariche dovranno essere gratuite e dovrà essere prevista l’elettività da parte dei soci qualificati per attive prestazioni volontarie nell’ambito dell’Associazione.
__________________

(95) Per il rinnovo fino al 31 luglio 1980 delle deleghe di cui al presente articolo, vedi l’art. 2, comma 1, L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(96) Vedi, anche, il D.P.R. 31 luglio 1980, n. 613.

Art. 71 (Compiti delle Associazioni di volontariato)

I compiti di cui all’articolo 2, lettera b), del decreto del Capo provvisorio dello Stato 13 novembre 1947, n. 1256, possono essere svolti anche dalle Associazioni di volontariato di cui al precedente articolo 45, in base a convenzioni da stipularsi con le unità sanitarie locali interessate per quanto riguarda le competenze delle medesime.

Art. 72 (Soppressione dell’Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni – ENPI – e dell’Associazione nazionale per il controllo della combustione – ANCC -) (100)

Con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, dell’industria, il commercio e l’artigianato e del tesoro, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, è dichiarata l’estinzione dell’Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni (ENPI) (97) e dell’Associazione nazionale per il controllo della combustione (ANCC) (98) e ne sono nominati i commissari liquidatori.
Ai predetti commissari liquidatori sono attribuiti, sino al 31 dicembre 1979, i compiti e le funzioni che la legge 29 giugno 1977, n. 349, attribuisce ai commissari liquidatori degli enti mutualistici. La liquidazione dell’ENPI e della ANCC è disciplinata ai sensi dell’articolo 77.
A decorrere dal 1° gennaio 1980 i compiti e le funzioni svolti dall’ENPI e dalla ANCC sono attribuiti rispettivamente ai comuni, alle regioni e agli organi centrali dello Stato, con riferimento all’attribuzione di funzioni che nella stessa materia è disposta dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dalla presente legge. Nella legge istitutiva dell’Istituto superiore per la prevenzione e per la sicurezza del lavoro sono individuate le attività e le funzioni già esercitate dall’ENPI e dall’ANCC attribuite al nuovo Istituto e al CNEN. (99)
A decorrere dalla data di cui al precedente comma, al personale, centrale e periferico, dell’ENPI e dell’ANCC, si applicano le procedure dell’articolo 67 al fine di individuare il personale da trasferire all’Istituto superiore per la sicurezza e la prevenzione del lavoro e da iscrivere nei ruoli regionali per essere destinato ai servizi delle unità sanitarie locali e in particolare ai servizi di cui all’articolo 22.
Si applicano per il trasferimento dei beni dell’ENPI e dell’ANCC le norme di cui all’articolo 65 ad eccezione delle strutture scientifiche e dei laboratori centrali da destinare all’Istituto superiore per la sicurezza e la prevenzione del lavoro.
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(97) Per il decreto di estinzione dell’ENPI, vedi il D.P.R. 14 febbraio 1979.

(98) Per il decreto di estinzione dell’ANCC, vedi il D.P.R. 14 febbraio 1979.

(99) Vedi il D.P.R. 31 luglio 1980, n. 619 e il D.L. 30 aprile 1981, n. 169.

(100) Vedi, anche, l’art. 5, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 73 (Trasferimento di personale statale addetto alle attività di prevenzione e di sicurezza del lavoro)

In riferimento a quanto disposto dall’articolo 21, primo comma, con provvedimento del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il personale tecnico e sanitario, centrale e periferico, degli Ispettorati del lavoro addetto alle sezioni mediche, chimiche e ai servizi di protezione antinfortunistica, viene comandato, a domanda e a decorrere dal 1° gennaio 1980, presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, o nei presidi e servizi delle unità sanitarie locali e, in particolare, nei presidi di cui all’articolo 22.
Per il provvedimento di cui al primo comma si adottano, in quanto applicabili, le procedure di cui all’articolo 67.

Art. 74 (Indennità economiche temporanee) (102)

A decorrere dal 1° gennaio 1980 e sino all’entrata in vigore della legge di riforma del sistema previdenziale, l’erogazione delle prestazioni economiche per malattia e per maternità previste dalle vigenti disposizioni in materia già erogate dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome estinti e posti in liquidazione ai sensi della legge 17 agosto 1974, n. 386, di conversione con modificazioni del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, è attribuita all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) che terrà apposita gestione. A partire dalla stessa data la quota parte dei contributi di legge relativi a tali prestazioni è devoluta all’INPS ed è stabilita con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto col Ministro del tesoro. (101)
Resta ferma presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) la gestione dell’assicurazione contro la tubercolosi, con compiti limitati all’erogazione delle sole prestazioni economiche.
Entro la data di cui al primo comma con legge dello Stato si provvede a riordinare la intera materia delle prestazioni economiche per maternità, malattia ed infortunio.
__________________

(101) Vedi il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

(102) La Corte costituzionale, con sentenza 25 febbraio-4 marzo 2008, n. 47 (Gazz. Uff. 27 febbraio 2008, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 74 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 38, 41 e 53 della Costituzione.

Art. 75 (Rapporto con gli enti previdenziali)

Entro il 31 dicembre 1980, con legge dello Stato sono disciplinati gli aspetti previdenziali connessi con le competenze in materia di medicina legale attribuite alle unità sanitarie locali ai sensi dell’articolo 14, lettera q).
Sino all’entrata in vigore della legge di cui al precedente comma gli enti previdenziali gestori delle assicurazioni invalidità, vecchiaia, superstiti, tubercolosi, assegni familiari, infortuni sul lavoro e malattie professionali conservano le funzioni concernenti le attività medico-legali ed i relativi accertamenti e certificazioni, nonché i beni, le attrezzature ed il personale strettamente necessari all’espletamento delle funzioni stesse, salvo quanto disposto dal comma successivo.
Fermo restando il termine sopra previsto gli enti previdenziali di cui al precedente comma stipulano convenzioni con le unità sanitarie locali per utilizzare i servizi delle stesse, ivi compresi quelli medico-legali, per la istruttoria delle pratiche previdenziali.
Le gestioni commissariali istituite ai sensi dell’articolo 12-bis del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974, n. 386, in relazione ai compiti di assistenza sanitaria degli enti previdenziali di cui al secondo comma cessano secondo le modalità e nei termini di cui all’articolo 61.
Gli enti previdenziali di cui al presente articolo, fino alla data indicata nel primo comma, applicano al personale medico dipendente dagli stessi gli istituti normativi previsti specificamente per i medici dalle norme delegate di cui all’articolo 47.

Art. 76 (Modalità transitorie per la riscossione dei contributi obbligatori di malattia)

Fino al 31 dicembre 1979 gli adempimenti relativi all’accertamento, alla riscossione e al recupero in via giudiziale dei contributi sociali di malattia e di ogni altra somma ad essi connessa restano affidati agli enti mutualistici ed altri istituti e gestioni interessati, posti in liquidazione ai sensi della legge 29 giugno 1977, n. 349.
A decorrere dal 1° gennaio 1980 e fino alla completa fiscalizzazione degli oneri sociali tali adempimenti sono affidati all’INPS, che terrà contabilità separate per ciascuno degli enti o gestioni soppressi e vi provvederà secondo le norme e le procedure in vigore per l’accertamento e la riscossione dei contributi di propria pertinenza.
[Tali adempimenti restano invece affidati agli enti mutualistici e ad altri istituti e gestioni interessati posti in liquidazione ai sensi della legge 29 giugno 1977, n. 349, per i contributi di malattia riferiti agli anni 1979 e precedenti. (103) ]

I contributi di competenza degli enti di malattia dovranno affluire in apposito conto corrente infruttifero di tesoreria intestato al Ministero del tesoro, mediante versamento da parte dei datori di lavoro o degli esattori od enti, incaricati della riscossione a mezzo ruolo, con bollettino di conto corrente postale o altro idoneo sistema stabilito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro.
Restano salve le sanzioni penali previste in materia dalla vigente legislazione.
Per l’attuazione dei nuovi compiti provvisoriamente attribuiti ai sensi del presente articolo, l’INPS, sia a livello centrale che periferico, è tenuto ad avvalersi di personale degli enti già preposti a tali compiti. Le competenze fisse ed accessorie ed i relativi oneri riflessi sono a carico dell’INPS.
A decorrere dal 1° gennaio 1980 vengono affidati all’INPS gli adempimenti previsti da convenzioni già stipulate con l’INAM ai sensi della legge 4 giugno 1973, n. 311, dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a carattere nazionale.
__________________

(103) Comma abrogato dall’art. 23 quinquies, D.L. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, n. 33.

Art. 77 (Liquidazione degli enti soppressi e ripiano delle loro passività)

Fermo restando quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 60, alla liquidazione degli enti, casse, servizi e gestioni autonome di cui all’articolo 12-bis del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, come modificato dalla legge di conversione 17 agosto 1974, n. 386, si provvede, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sulla base delle direttive emanate, in applicazione dell’art. 4, quarto comma, L. 29 giugno 1977, n. 349, dal comitato centrale istituito con lo stesso articolo 4. (104)
Prima che siano esaurite le operazioni di liquidazione degli enti, casse, servizi e gestioni autonome di cui al precedente comma, i commissari liquidatori provvedono a definire tutti i provvedimenti da adottarsi in esecuzione di decisioni degli organi di giustizia amministrativa non più suscettibili di impugnativa. Entro lo stesso periodo i commissari liquidatori provvedono, ai soli fini giuridici, alla ricostruzione della carriera dei dipendenti che, trovandosi in aspettativa per qualsiasi causa, ne abbiano diritto al termine della aspettativa in base a norme di legge o regolamentari.
Le gestioni di liquidazione che non risultano chiuse nel termine di cui al primo comma sono assunte dallo speciale ufficio liquidazioni presso il Ministero del tesoro di cui alla legge 4 dicembre 1956, n. 1404.
I commissari liquidatori delle gestioni di cui al terzo comma cessano dalle loro funzioni il trentesimo giorno successivo alla data di assunzione delle gestioni stesse da parte dell’ufficio liquidazioni. Entro tale termine essi devono consegnare all’ufficio liquidazioni medesimo tutte le attività esistenti, i libri contabili, gli inventari ed il rendiconto della loro intera gestione.
Le disponibilità finanziarie delle gestioni di cui al terzo comma sono fatte affluire in apposito conto corrente infruttifero di tesoreria dal quale il Ministro del tesoro può disporre prelevamenti per la sistemazione delle singole liquidazioni e per la copertura dei disavanzi di quelle deficitarie.
Eventuali disavanzi di liquidazione, che non è possibile coprire a carico del conto corrente di cui al quinto comma, saranno finanziati a carico del fondo previsto dall’art. 14, L. 4 dicembre 1956, n. 1404, per la cui integrazione il Ministro del tesoro è autorizzato ad effettuare operazioni di ricorso al mercato finanziario con la osservanza delle norme di cui all’art. 1 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386. Agli oneri derivanti dalle predette operazioni finanziarie si provvede per il primo anno con una corrispondente maggiorazione delle operazioni stesse per gli anni successivi con appositi stanziamenti da iscrivere annualmente nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro.
Per le esigenze della gestione di liquidazione di cui al terzo comma si applica il disposto dell’art. 12, quarto comma, L. 4 dicembre 1956, n. 1404.
__________________

(104) Per la proroga della data prevista dal presente comma, vedi l’art. 1, ultimo comma, D.L. 1° luglio 1980, n. 285 e, successivamente, l’art. 1, comma 4, D.L. 30 aprile 1981, n. 168.

Art. 78 (Norme fiscali)

I trasferimenti di beni mobili ed immobili dipendenti dall’attuazione della presente legge, sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura.

Art. 79 (Esercizio delle deleghe legislative)

Le norme delegate previste dalla presente legge sono emanate, con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri del tesoro, dell’interno e del bilancio e della programmazione economica e degli altri Ministri, in ragione delle rispettive competenze indicate nei precedenti articoli, adottando la procedura complessivamente prevista dall’art. 8, L. 22 luglio 1975, n. 382. Per l’esercizio delle deleghe di cui agli articoli 23, 24, 37, 42, 47 e 59 in luogo della Commissione parlamentare per le questioni regionali, di cui all’art. 52, L. 10 febbraio 1953, n. 62, e successive modificazioni e integrazioni, i pareri sono espressi da una apposita commissione composta da 10 deputati e 10 senatori nominati, in rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari, dai Presidenti delle rispettive Camere.

Art. 80 (Regioni a statuto speciale)

Restano salve le competenze statutarie delle regioni a statuto speciale nelle materie disciplinate dalla presente legge. Restano ferme altresì le competenze spettanti alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le forme e condizioni particolari di autonomia definite dal D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione, nel rispetto, per quanto attiene alla provincia autonoma di Bolzano, anche delle norme relative alla ripartizione proporzionale fra i gruppi linguistici e alla parificazione delle lingue italiana e tedesca. (105)
Al trasferimento delle funzioni, degli uffici, del personale e dei beni alle regioni Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia, nonché alle province autonome di Trento e di Bolzano, si provvederà con le procedure previste dai rispettivi statuti. (106)
Appositi accordi o convenzioni regolano i rapporti tra la Regione Valle d’Aosta e l’Ordine Mauriziano per quanto riguarda la utilizzazione dello Stabilimento di ricovero e cura di Aosta.
__________________

(105) Comma così modificato dall’art. 27, comma 7, L. 27 dicembre 1983, n. 730.

(106) Vedi, anche, l’art. 22 D.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182.

Art. 81 (Assistenza ai mutilati e agli invalidi civili)

Il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di assistenza sanitaria protesica e specifica a favore dei mutilati e invalidi di cui all’articolo 2 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nonché dei sordomuti e ciechi civili diventa operativo a partire dal 1° luglio 1979.

Art. 82 (Variazioni al bilancio dello Stato)

Il Ministro del tesoro è autorizzato a provvedere con propri decreti alle occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 83 (Entrata in vigore della legge)

La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Le disposizioni di cui ai Capi II, III e V del Titolo I e quelle di cui al Titolo III avranno effetto dal 1° gennaio 1979.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.


Legge n. 27 del 24.01.1978

LEGGE 24 gennaio 1978, n. 27(1).

Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche (2) .

Art. 1. Per il mancato o insufficiente pagamento delle tasse automobilistiche e per l’inosservanza delle altre disposizioni del testo unico approvato con D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, e successive modificazioni, e delle singole leggi delle regioni a statuto ordinario sulla tassa regionale di circolazione, nonché per il mancato o insufficiente pagamento dell’abbonamento all’autoradio di cui alla L. 15 dicembre 1967, n. 1235, si applicano, in deroga alle disposizioni dell’articolo 5 della L. 7 gennaio 1929, n. 4, le sanzioni amministrative stabilite nella tabella annessa alla presente legge.

Dette sanzioni amministrative sono a carico del proprietario del veicolo a motore, del rimorchio o dell’autoscafo in solidale corresponsabilità con il conducente.

Per i veicoli e gli autoscafi iscritti nei pubblici registri, qualora il pagamento sia effettuato entro il mese successivo alla scadenza del termine stabilito, si applica a carico del proprietario del veicolo o autoscafo una sanzione amministrativa pari al dieci per cento dell’importo dei tributi dovuti per il veicolo o autoscafo cui il pagamento si riferisce (3).

[La soprattassa è elevata al 20 per cento se il pagamento è effettuato entro il secondo mese successivo alla scadenza del termine stabilito. Qualora il versamento sia effettuato successivamente la soprattassa è pari all’importo del tributo dovuto. In caso di insufficiente pagamento le predette soprattasse sono dovute sulla parte dei tributi non corrisposta. L’importo delle soprattasse non può essere inferiore a lire cinquemila] (4).

[Le soprattasse stabilite nel precedente comma si applicano per ciascun periodo fisso quadrimestrale o semestrale cui l’inadempimento si riferisce] (5).

Art. 2. Le violazioni sono accertate, mediante processo verbale, dagli ufficiali e dagli agenti della polizia tributaria, dagli altri organi indicati nell’art. 38 del D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, e nell’art. 137 del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, nonché dai direttori e procuratori del registro nell’ambito del loro ufficio e nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali.

Il processo verbale di accertamento relativo alle infrazioni delle norme riguardanti la tassa erariale e la tassa regionale di circolazione è notificato contestualmente al proprietario e al conducente, se presenti, mediante consegna di una copia del verbale stesso.

Qualora il proprietario non sia presente ovvero non sia comunque possibile contestare l’infrazione, al proprietario o al conducente, l’ufficio o il comando da cui il verbalizzante dipende notifica, entro novanta giorni dalla data dell’accertamento, copia del processo verbale, anche mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti sia stata omessa la notificazione nel termine prescritto.

Le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza risultante dalla carta di circolazione, o dai registri di immatricolazione, o dal pubblico registro automobilistico, o dai registri tenuti a norma dell’articolo 5, L. 11 febbraio 1971, n. 50, e dell’art. 146 del codice della navigazione, o dalla patente di guida.

L’ufficio o il comando innanzi indicati trasmettono l’originale del processo verbale, con le prove della eseguita notificazione, all’ufficio del registro, nella cui circoscrizione la violazione è stata accertata, che provvede alla riscossione dei tributi evasi e delle sanzioni amministrative.

Se il trasgressore non si avvale del beneficio della riduzione ad un terzo delle sanzioni amministrative previsto dalla nota in calce alla tabella annessa alla presente legge, l’ufficio del registro emette a suo carico ingiunzione di pagamento per il recupero dei tributi evasi e delle sanzioni amministrative nella misura intera.

Gli uffici del registro verseranno l’importo dei tributi evasi e delle sanzioni amministrative nelle casse dello Stato e della regione a statuto ordinario nel cui territorio i veicoli e gli autoscafi risultano immatricolati ovvero, qualora non occorra il documento di circolazione, della regione nel cui territorio risiede il proprietario. Le sanzioni amministrative sono ripartite tra lo Stato e la regione in proporzione al tributo di rispettiva competenza (6).

Art. 3. Contro l’ingiunzione di pagamento può essere proposto ricorso all’intendente di finanza, tramite l’ufficio del registro che ha emesso l’ingiunzione, entro trenta giorni dalla notificazione di questa .

I ricorsi devono essere presentati direttamente o spediti mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso l’ufficio ne rilascia ricevuta. Se i ricorsi sono inviati a mezzo posta la data di spedizione vale quale data di presentazione.

D’ufficio o su domanda del ricorrente, proposta nello stesso ricorso, o in successiva istanza, l’intendente di finanza può sospendere per gravi motivi l’esecuzione dell’atto impugnato.

Le decisioni dell’intendente di finanza, adottate ai sensi della presente legge, sono definitive.

L’azione giudiziaria deve essere promossa a pena di decadenza entro sei mesi dalla notificazione della decisione definitiva. Il ricorrente ha comunque facoltà di adire l’autorità giudiziaria quando siano trascorsi sei mesi dalla presentazione del ricorso senza che gli sia stata notificata la relativa decisione (7) .

Art. 4. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge le regioni dovranno trasmettere all’intendente di finanza competente per territorio, perché provveda alla loro definizione, tutti i ricorsi depositati presso gli uffici regionali.

Art. 5. È abrogata ogni altra disposizione contraria o comunque incompatibile con la presente legge.

Art. 6. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Tabella delle infrazioni (8)

1. – Circolazione con veicolo a motore rimorchio o navigazione con autoscafo senza il pagamento della tassa.

Soprattassa pari a tre volte la tassa annua dovuta, oltre il pagamento del tributo evaso.

2. – Circolazione con veicolo a motore, rimorchio o navigazione con pagamento della tassa in misura inferiore a quella dovuta.

Soprattassa pari a tre volte la differenza tra la tassa annua dovuta a quella pagata rapportata ad anno, oltre il pagamento della differenza di tassa.

3. – Circolazione di veicolo a motore o navigazione di autoscafo, con apparecchio di radio diffusione installato, senza il pagamento del  relativo canone di abbonamento.

Soprattassa pari a tre volte l’importo del canone annuo di abbonamento o della relativa tassa di concessione governativa, oltre il pagamento del canone o della tassa di concessione governativa evasi.

4. – Circolazione di veicolo a motore o navigazione di autoscafo con apparecchio di radio  diffusione installato, con pagamento del relativo abbonamento in misura inferiore a quella dovuta.

Soprattassa pari a tre volte la differenza tra il canone annuo dovuto e quello pagato rapportato ad anno, nonché soprattassa pari a tre volte la differenza tra la tassa annua di concessione governativa dovuta e quella pagata rapportata ad anno, oltre il pagamento della differenza di canone e di tassa di concessione governativa.

5. – Se il veicolo a motore o l’autoscafo è adibito ad un uso per il quale è dovuta una tassa maggiore di quella corrisposta.

Soprattassa pari a tre volte la differenza tra la tassa annua dovuta e quella pagata rapportata ad anno, oltre il pagamento della differenza di tassa.

6. – Circolazione di veicolo a motore, rimorchio o navigazione di autoscafo, con carico di cose superiore alla portata risultante dal documento di circolazione.

Soprattassa di L. 45.000 oltre il pagamento della differenza di tassa dovuta in ragione del maggior carico trasportato.

7. – Trasporto di persone su autocarri appartenenti ad aziende agricole ed industriali senza l’autorizzazione di cui all’articolo 28 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39, oppure inosservanza delle prescrizioni di cui al successivo articolo 29 o trasporto di personale non dipendente dalla azienda proprietaria dell’autocarro.

Soprattassa e differenza di tassa come al n. 5.

8. – Uso della targa di prova per fini diversi.

Soprattassa pari a sei volte la tassa annua dovuta in base alle caratteristiche del veicolo, oltre il pagamento della tassa.

9. – Circolazione di veicoli senza il documento di circolazione sebbene la tassa risulti corrisposta.

Soprattassa di L. 9.000.

10. – Quando il veicolo o l’autoscafo non porti il prescritto disco contrassegno e non lo tenga esposto in modo ben visibile e nel posto stabilito (per gli autoscafi è sufficiente che il disco contrassegno sia esposto a bordo in qualsiasi posto purché in modo visibile.

Soprattassa di L. 9.000.

11. – Per ogni altra violazione alle disposizioni del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39.

Soprattassa di L. 9.000.

Nota: Le sanzioni amministrative previste nella presente tabella sono ridotte ad un terzo qualora il pagamento delle somme dovute venga effettuato entro trenta giorni dalla notifica del processo verbale, secondo le modalità che saranno stabilite con decreto del Ministro per le finanze. In ogni caso l’importo minimo per sanzioni  amministrative non può essere inferiore a L. 5.000 (9/b).

____________________

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 febbraio 1978, n. 41.

(2) Vedi, anche, l’art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.

(3) Articolo così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa».

(4) Comma aggiunto dall’art. 5, D.L. 30 dicembre 1982, n. 953. Successivamente, peraltro, il suddetto art. 5, nella parte in cui aggiungeva due commi al presente art. 1, è stato abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(5) Comma aggiunto dall’art. 5, D.L. 30 dicembre 1982, n. 953. Successivamente, peraltro, il suddetto art. 5, nella parte in cui aggiungeva due commi al presente art. 1, è stato abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(6) Articolo così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa».

(7) La Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno-4 luglio 1996, n. 233 (Gazz. Uff. 10 luglio 1996, n. 28, Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, ultimo comma, nella parte in cui non prevede, avverso l’ingiunzione di pagamento dell’ufficio del registro, l’esperibilità dell’azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.

(8) L’art. 9 della legge 21 luglio 1984, n. 362, dispone che le soprattasse stabilite nell’art. 5, comma 49, D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, devono intendersi sostitutive di quelle previste ai nn. 1 e 2 della presente tabella.

(9) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(10) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(11) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(12) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(13) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(14) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(15) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(16) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(17) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.

(18) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.

(19) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.

(20) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.

(21) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(22) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(23) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(24) Numero abrogato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, nel testo sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203.

(25) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.

(26) Numero così modificato dall’art. 17, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, come sostituito dall’art. 4, D.Lgs. 5 giugno 1998, n. 203, il quale ha disposto che la parola «soprattassa», ovunque ricorra nella presente legge, sia sostituita da «sanzione amministrativa». Per l’importo della sanzione vedi quanto inoltre disposto dal suddetto articolo 17.


D.P.R. n. 602 del 16.10.1973

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 602(1).

Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito (2) .

__________________

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O. n. 2.

(2)  Le parole «esattore» ed «esattoria», ove ricorrenti nel presente decreto, sono state sostituite dalla parola «concessionario» per il disposto dell’art. 35, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

TITOLO I

Riscossione delle imposte

Capo I

Versamenti diretti (3)

Articolo 1. Modalità di riscossione.

Le imposte sui redditi sono riscosse mediante:

a) ritenuta diretta;

b) versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato;

c) iscrizione nei ruoli.

__________________

(3)  La partizione in capi del Titolo I è stata disposta dall’art. 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 2. Riscossione per ritenuta diretta.

Le imposte sono pagate per ritenuta diretta nei casi indicati dalla legge e secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato.

Sono riscosse mediante versamento diretto al concessionario:

1) le ritenute alla fonte effettuate a norma degli artt. 23, 24, 25, 25-bis e 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , da parte di soggetti diversi da quelli indicati nel primo comma dell’art. 29 del predetto decreto e da quelli di cui al successivo comma del presente articolo (4);

2) [gli acconti dovuti ai sensi dell’art. 4 per l’imposta sul reddito delle persone fisiche] (5);

3) l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, nonché l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dovute in base alla dichiarazione annuale (6);

4) [le ritenute alla fonte applicabili sui redditi di cui all’art. 26, commi primo e secondo, e all’art. 30 del decreto indicato al n. 1), maturati nel periodo d’imposta ancorché non corrisposti] (7);

5) le ritenute alla fonte sui dividenti a norma degli articoli 27 e 73 del decreto indicato al n. 1);

6) l’imposta locale sui redditi dovuta, in base alla dichiarazione annuale dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che si avvalgono della facoltà di approvare il bilancio, a norma di leggi speciali, oltre sei mesi dalla data di chiusura dell’esercizio (8).

Sono riscosse mediante versamento diretto alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato:

a) le ritenute operate dalle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato e della Corte costituzionale a norma dell’art. 29, commi quarto e quinto, del decreto indicato al primo comma, n. 1);

b) le ritenute operate ai sensi del comma 4 dell’articolo 27 del decreto indicato al primo comma, numero 1) (9);

c) l’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione annuale, nonché l’imposta sostitutiva di cui all’articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , ad esclusione dell’imposta applicabile sui redditi soggetti a tassazione separata ai sensi dell’articolo 16 del medesimo decreto (10);

d) le ritenute alla fonte applicabili sui redditi di cui all’articolo 26, primo comma, del decreto indicato al numero 1), maturati nel periodo d’imposta ancorché non corrisposti (11);

e) le ritenute alla fonte sui redditi di cui all’articolo 26, secondo comma, del decreto indicato al numero 1), maturati nel periodo d’imposta ancorché non corrisposti (12);

f) le ritenute sui redditi di cui all’articolo 26, commi 3, 3-bis e 5, del decreto indicato nel numero 1, ivi compresa la somma dovuta in caso di anticipato rimborso di obbligazioni e titoli similari (13);

g) le ritenute alla fonte sui premi di cui all’articolo 30 del decreto indicato al numero 1), maturati nel periodo d’imposta ancorché non corrisposti (14);

h) le ritenute alla fonte operate dalle aziende di credito e dagli istituti di credito a norma dell’art. 1, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546 (15) (16);

h-bis) le ritenute operate dagli enti pubblici di cui alle tabelle A e B allegate alla legge 29 ottobre 1984, n. 720 (17).

__________________

(4)  Numero così modificato dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, e dall’art. 2, D.L. 30 dicembre 1982, n. 953.

(5)  Numero soppresso dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(6)  Numero così sostituito dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(7)  Numero soppresso dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546.

(8)  Vedi, ora, l’art. 66, D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

(9)  Lettera così sostituita dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(10)  Lettera aggiunta dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920 e poi così sostituita dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(11)  Lettera aggiunta dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792.

(12)  Lettera aggiunta dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792.

(13)  Lettera aggiunta dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792, e poi così sostituita dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(14)  Lettera aggiunta dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792.

(15)  Vedi, ora, l’art. 66, D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

(16)  Lettera aggiunta dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792.

(17)  Lettera aggiunta dall’art. 34, comma 3, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

Articolo 3-bis. Versamento diretto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Il versamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui alla lettera c) del secondo comma dell’articolo precedente, deve effettuarsi alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato mediante delega irrevocabile del contribuente ad una delle aziende di credito di cui all’art. 54 del regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, approvato con R.D. 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. La delega può essere conferita anche ad una delle casse rurali ed artigiane di cui al R.D. 26 agosto 1937, n. 1706, modificato con la L. 4 agosto 1955, n. 707, avente un patrimonio non inferiore a lire cento milioni. L’azienda delegata deve rilasciare al contribuente una attestazione recante l’indicazione dell’importo dell’ordine di versamento e della data in cui ha ricevuto e l’impegno di effettuare il versamento in tesoreria per conto del contribuente entro il quinto giorno successivo. Le caratteristiche e le modalità di rilascio dell’attestazione, nonché le modalità per l’esecuzione dei versamenti in tesoreria e la trasmissione dei relativi dati e documenti all’amministrazione e per i relativi controlli sono stabiliti con decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro (18).

Non si fa luogo al versamento di cui al precedente comma quando l’ammontare del versamento stesso non supera le lire mille (19).

__________________

(18)  Articolo aggiunto dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(19)  Comma aggiunto dall’art. 27, L. 13 aprile 1977, n. 114.

Articolo 4. Acconti di imposta.

[A titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta in base alla dichiarazione annuale è corrisposto, in due quote uguali, il quaranta per cento dell’imposta relativa all’imponibile dichiarato nell’anno precedente, depurata delle ritenute alla fonte.

L’acconto è ridotto al venti per cento, da versare in un’unica quota, se il reddito complessivo netto dichiarato nell’anno è inferiore per oltre il sessanta per cento a quello indicato nella dichiarazione presentata nell’anno precedente.

L’acconto non è dovuto qualora la dichiarazione annuale non comporti obblighi di imposta, tenuto anche conto della ritenuta alla fonte ovvero quando trattasi di prima dichiarazione] (20).

__________________

(20)  Articolo abrogato dall’art. 16, L. 2 dicembre 1975, n. 576.

Articolo 5. Esattoria competente a ricevere il versamento diretto.

[Il versamento diretto di cui al primo comma dell’art. 3 si esegue all’esattoria nella cui circoscrizione il contribuente ha il domicilio fiscale.

Il versamento eventualmente effettuato alla esattoria incompetente è valido salva l’applicazione della sanzione di cui all’art. 93. L’esattoria che ha ricevuto il versamento deve informare l’ufficio delle imposte nella cui circoscrizione ha sede e darne contemporaneamente notizia al contribuente] (21).

__________________

(21)  Articolo abrogato dall’art. 24, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso art. 24.

Articolo 5-bis. Versamento ad ufficio incompetente.

Il versamento diretto ad una sezione di tesoreria di imposte per le quali è prescritto il versamento ad un concessionario è valido, fermo restando il diritto del concessionario competente alla attribuzione dell’aggio, il cui pagamento verrà effettuato con ordinativo tratto su apertura di credito disposta a favore del competente intendente di finanza.

Il versamento diretto al concessionario di imposte per le quali è prescritto il versamento ad una sezione di tesoreria è valido. Al concessionario che ha ricevuto il versamento non compete alcun aggio a carico dello Stato.

Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applica la sanzione di cui all’art. 93 (22).

__________________

(22)  Articolo aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 26 maggio 1979, n. 249; per effetto dell’art. 3 dello stesso decreto, le disposizioni del primo e del secondo comma hanno effetto dal primo gennaio 1974.

Articolo 6. Distinta dei versamenti diretti.

Il versamento diretto è ricevuto dai concessionari in base a distinta di versamento.

La distinta di versamento deve indicare le generalità del contribuente, domicilio fiscale, l’imposta e il periodo cui si riferisce il versamento; per i soggetti diversi dalle persone fisiche, in luogo delle generalità del contribuente, deve indicare la denominazione o la ragione sociale.

Per ogni imposta e per ogni scadenza deve essere compilata separata distinta di versamento.

Il concessionario rilascia quietanza di pagamento ed appone sulla distinta di versamento il numero della quietanza stessa.

La distinta di versamento e la quietanza debbono essere conformi ai modelli approvati con decreto del Ministro per le finanze da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale.

Il concessionario non può rifiutare le somme che il contribuente intende versare sempreché nella distinta non risultino assolutamente incerti i dati di cui al secondo comma. [Non sono in ogni caso ammessi, dopo il 30 giugno, i versamenti diretti di cui al n. 2) dell’art. 3] (23) (24).

__________________

(23)  Periodo soppresso dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(24)  Con D.M. 31 gennaio 1974 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1974, n. 34), sono stati approvati i modelli di distinta dei versamenti diretti alle esattorie delle imposte sul reddito applicate per ritenuta. Con altro D.M. 26 luglio 1974 (Gazz. Uff. 22 agosto 1974, n. 219), è stato approvato il modello di distinta per il versamento dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche.

Articolo 7. Versamento diretto mediante conti correnti postali.

Il versamento diretto può essere effettuato in danaro sull’apposito conto corrente postale intestato al concessionario su stampati conformi al modello approvato con decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale. In tal caso i certificati di allibramento e le ricevute relative ai versamenti debbono contenere le indicazioni previste dall’art. 6, secondo comma, per le distinte di versamento (25).

… (26).

__________________

(25)  Con il D.M. 19 dicembre 1973 (Gazz. Uff. 31 dicembre 1973, n. 334), sono stati approvati i modelli di conto corrente postale per il versamento delle imposte sul reddito. Con D.M. 13 settembre 1974 (Gazz. Uff. 26 settembre 1974, n. 251), è stato approvato il modello per il versamento in conto corrente postale dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, dovuta in base alla dichiarazione annuale. Vedi, ora, il D.Dirig. 30 marzo 1998.

(26)  Comma abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1990, dall’art. 3, D.L. 15 settembre 1990, n. 261.

Articolo 8. Termini per il versamento diretto.

I versamenti diretti alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato e al concessionario devono essere eseguiti:

1) entro i primi quindici giorni del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta prevista dall’articolo 3, primo comma, n. 1) e dal secondo comma, lettere a), f) e h), e sono maturati i premi di cui alla lettera g) dello stesso secondo comma (27);

2) … (28);

3) nel termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l’imposta locale sui redditi nei casi previsti dai numeri 3) e 6) dell’articolo 3, primo comma, ed entro il 31 maggio, per l’imposta sul reddito delle persone fisiche nel caso previsto dal medesimo articolo 3, secondo comma, lettera c) (29);

3-bis) entro il sedicesimo giorno del secondo mese successivo alla chiusura del periodo d’imposta per i versamenti previsti dall’articolo 3, secondo comma, lettera e) (30);

3-ter) entro i primi quindici giorni del mese successivo a quello di scadenza delle cedole o a quello di ciascuna scadenza periodica di interessi, premi ed altri frutti per i versamenti previsti dall’art. 3, secondo comma, lett. d) (31);

4) [entro i primi quindici giorni del mese successivo a quello in cui è deliberata la distribuzione degli utili o degli acconti per la parte della ritenuta commisurata al dieci per cento degli utili stessi ai sensi dell’art. 27, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ] (32);

5) entro il 15 aprile, il 15 luglio, il 15 ottobre ed il 15 gennaio di ciascun anno per le ritenute operate e gli importi versati dai soci nel trimestre solare precedente in relazione agli utili di cui all’articolo 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (33).

5-bis) entro il termine per il versamento del saldo della dichiarazione dei redditi indicato nell’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435, per la ritenuta prevista dall’articolo 27, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (34).

[Per le ritenute di cui al secondo comma, lettera b) dell’art. 3, restano fermi i termini indicati nell’art. 11, legge 29 dicembre 1962, n. 1745 , e successive modificazioni] (35).

Le ritenute operate dall’Amministrazione postale ai sensi del secondo comma dell’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , sono versate in tesoreria secondo modalità da stabilire con decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro (36).

__________________

(27)  Numero così sostituito dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, a decorrere dal 1° gennaio 1982, a norma dell’art. 1, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792.

(28)  Numero soppresso dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(29)  Numero così sostituito dall’art. 1, D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 690 (Gazz. Uff. 28 dicembre 1974, n. 338), dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, dall’art. 9, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, ed infine dall’art. 6, D.L. 31 maggio 1994, n. 330.

(30)  L’art. 1, D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 690 (Gazz. Uff. 28 dicembre 1974, n. 338), ha sostituito il n. 3, ha aggiunto il n. 3-bis e l’ultimo comma dell’art. 8 del presente decreto. Per effetto del suo art. 3 il D.P.R. n. 690 è entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. L’art. 2 dello stesso D.P.R., inoltre, ha così disposto:

«Art. 2. Le disposizioni del primo e secondo comma dell’articolo precedente si applicano per i versamenti delle ritenute relative ai redditi maturati nei periodi d’imposta chiusi successivamente al 30 novembre 1974». Successivamente il n. 3

-bis è stato sostituito prima dall’art. 2, L. 4 novembre 1981, n. 626, poi, con decorrenza dal 1° febbraio 1982, dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546, ed infine dall’art. 2, D.L. 30 dicembre 1981, n. 792 ed infine così modificato dall’art. 7, D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505.

(31)  Numero aggiunto dall’art. 2, L. 4 novembre 1981, n. 626, e poi così sostituito, con decorrenza dal 1° febbraio 1982, dall’art. 1-bis, D.L. 2 ottobre 1981, n. 546.

(32)  Numero abrogato dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(33)  Numero modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, e dall’art. 29, D.L. 2 marzo 1989, n. 69, poi così sostituito dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(34)  Numero aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 143. Vedi, anche, l’art. 3 dello stesso decreto.

(35)  Comma abrogato dall’art. 12, D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461.

(36)  Vedi nota 15 che precede. Vedi, anche, l’art. 4, D.L. 23 dicembre 1977, n. 936.

__________________

Articolo 9. Mancato o ritardato versamento diretto.

[Se non viene effettuato il versamento diretto nei termini stabiliti, sugli importi non versati o versati dopo la scadenza si applica l’interesse in ragione del cinque per cento annuo con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza e fino alla data del pagamento o della scadenza della prima rata del ruolo in cui sono state iscritte le somme non versate (37).

Qualora l’interesse non sia stato versato dal contribuente contestualmente all’imposta esso viene calcolato dall’ufficio ed iscritto a ruolo (38).

L’interesse si applica anche sul maggior ammontare delle imposte o ritenute alla fonte riscuotibili mediante versamento diretto liquidato dall’ufficio delle imposte ai sensi dell’art. 36-bis, secondo comma, e 36-ter, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600] (39).

__________________

(37)  Comma così modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920. La misura dell’interesse, originariamente del dodici per cento, è stata ridotta al 9 per cento dall’art. 7, comma 3, L. 11 marzo 1988, n. 67, al 6 per cento dall’art. 13, D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, e al 5 per cento dall’art. 3, comma 141, L. 23 dicembre 1996, n. 662.

(38)  Vedi, anche, l’art. 2, D.L. 4 marzo 1976, n. 30.

(39)  Comma aggiunto prima dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, e poi modificato dall’art. 2, D.P.R. 14 aprile 1982, n. 309 (Gazz. Uff. 7 giugno 1982, n. 154). Successivamente l’intero articolo è stato abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, nel testo modificato dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Capo II

Riscossione mediante ruoli (40)

Articolo 10. Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) «concessionario»: il soggetto cui è affidato in concessione il servizio di riscossione o il commissario governativo che gestisce il servizio stesso;

b) «ruolo»: l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario (41).

__________________

(40)  La partizione in capi del titolo I è stata disposta dall’art. 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto.

(41)  Articolo così sostituito dall’art. 2, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 11. Oggetto e specie dei ruoli.

1. Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi.

2. I ruoli si distinguono in ordinari e straordinari.

3. I ruoli straordinari sono formati quando vi è fondato pericolo per la riscossione (42).

__________________

(42)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 3, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 12. Formazione e contenuto dei ruoli.

1. L’ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce (43).

2. Con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono stabiliti i dati che il ruolo deve contenere, i tempi e le procedure della sua formazione, nonché le modalità dell’intervento in tali procedure del consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari (44).

3. Nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione (45).

4. Il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo (46) (47).

__________________

(43)  Per l’interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente comma vedi il comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(44)  In attuazione del presente comma, vedi il D.M. 3 settembre 1999, n. 321.

(45)  Comma prima sostituito dall’art. 8, D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32 e poi così modificato dal comma 417 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311. Vedi, anche, l’art. 18-bis, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, il comma 3 del citato articolo 8 e il comma 420 del suddetto articolo 1.

(46)  Per l’interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente comma vedi il comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(47)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 4, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 12-bis. Importo minimo iscrivibile a ruolo.

1. Non si procede ad iscrizione a ruolo per somme inferiori a lire ventimila; tale importo può essere elevato con il regolamento previsto dall’articolo 16, comma 2, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (48).

__________________

(48)  Articolo aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 229, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 114, e l’art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Articolo 13. Termine per la formazione e l’invio dei ruoli all’intendenza.

[I ruoli principali e suppletivi sono di regola formati e consegnati all’intendenza di finanza il 15 febbraio, il 15 luglio, il 15 settembre e il 15 dicembre di ciascun anno.

Della consegna dei ruoli all’intendenza di finanza è redatto processo verbale in duplice esemplare. Uno di tali esemplari deve restare affisso in apposito albo in locali aperti al pubblico presso l’ufficio delle imposte dal giorno 5 al giorno 15 del mese successivo a quello della consegna dei ruoli all’intendenza di finanza] (49).

__________________

(49)  Articolo prima sostituito dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920 e poi abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 di quest’ultimo decreto.

Articolo 14. Iscrizioni a ruolo a titolo definitivo.

Sono iscritte a titolo definitivo nei ruoli:

a) le imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base alle dichiarazioni ai sensi dell’articolo 36-bis e 36-ter, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, al netto dei versamenti diretti risultanti dalle attestazioni allegate alle dichiarazioni (50);

b) le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base ad accertamenti definitivi;

c) i redditi dominicali dei terreni e i redditi agrari determinati dall’ufficio in base alle risultanze catastali;

d) i relativi interessi, soprattasse e pene pecuniarie (51).

__________________

(50)  Lettera così sostituita dall’art. 2, D.P.R. 14 aprile 1982, n. 309 (Gazz. Uff. 7 giugno 1982, n. 154).

(51)  Così sostituito dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920. Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 15. Iscrizioni nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi.

Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati (52).

[Se il contribuente ha prodotto ricorso, dette imposte sono iscritte a titolo provvisorio nei ruoli:

a) dopo la decisione della commissione tributaria di primo grado, fino alla concorrenza di due terzi dell’imposta corrispondente all’imponibile o al maggior imponibile deciso dalla commissione stessa (53);

b) dopo la decisione della commissione tributaria di secondo grado, fino alla concorrenza di tre quarti dell’imposta corrispondente all’imponibile o al maggior imponibile deciso da questa (54);

c) dopo la decisione della commissione centrale o la sentenza della corte d’appello, per l’ammontare corrispondente all’imponibile o al maggior imponibile da queste determinato] (55).

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche per l’iscrizione a ruolo delle ritenute alla fonte dovute dai sostituti d’imposta in base ad accertamenti non ancora definitivi (56).

__________________

(52)  Comma così sostituito, da ultimo, dall’art. 4, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462. Sull’applicabilità all’imposta sul valore aggiunto delle disposizioni di cui al presente comma vedi l’art. 23, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, nel testo sostituito dall’art. 2, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193. Vedi, anche, l’art. 4 dello stesso D.Lgs. n. 193/2001.

(53)  La misura dell’imposta è stata così elevata per effetto dell’art. 5, comma 7, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90.

(54)  La misura dell’imposta è stata così elevata per effetto dell’art. 5, comma 7, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90.

(55)  Comma abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 dello stesso decreto.

(56)  Comma aggiunto dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920. Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 15-bis. Iscrizioni nei ruoli straordinari.

1. In deroga all’articolo 15, nei ruoli straordinari le imposte, gli interessi e le sanzioni sono iscritti per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo (57).

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(57)  Articolo aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 20 dello stesso decreto.

Articolo 16. Versamenti diretti non computati.

[Se i versamenti diretti effettuati dai contribuenti, ai sensi dell’art. 3, primo comma, n. 2), non sono stati dedotti, per qualunque causa, in sede di formazione del ruolo, l’ufficio delle imposte, su segnalazione dell’esattore o su istanza del contribuente provvede allo sgravio dal ruolo della corrispondente somma. Per tale somma compete all’esattore soltanto l’aggio stabilito per la riscossione mediante versamenti diretti] (58).

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(58)  Soppresso dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920

Articolo 17. Termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo.

[1. Le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi a pena di decadenza:

a) entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (59);

b) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dall’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

c) entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio (60) ] (61).

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(59)  Per la proroga al 31 dicembre 2005 dei termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo relativa alle dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002, vedi il comma 2-octies dell’art. 1, D.L. 24 giugno 2003, n. 143, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(60)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 6, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, gli artt. 23 e 36 dello stesso decreto.

(61)  Articolo abrogato dal comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Articolo 18. Ripartizione delle imposte in rate.

[Le imposte iscritte nei ruoli, salvo quanto stabilito nei successivi commi, sono ripartite in due rate consecutive con scadenza al giorno 10 dei mesi di aprile e giugno per i ruoli di febbraio, dei mesi di settembre e novembre per i ruoli di luglio, dei mesi di novembre e febbraio per i ruoli di settembre e dei mesi di febbraio e aprile per i ruoli di dicembre.

L’imposta locale sui redditi non determinati catastalmente dovuta dai soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche è iscritta nei ruoli principali e riscossa in unica soluzione il giorno 10 dei mesi di aprile, settembre, novembre e febbraio rispettivamente per i ruoli di febbraio, luglio, settembre e dicembre.

Le imposte iscritte nei ruoli speciali e nei ruoli straordinari sono riscosse in unica soluzione alla prima scadenza utile (62).

Le imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ed iscritte nei ruoli principali sono riscosse in unica soluzione il giorno 10 dei mesi di giugno, novembre, febbraio e aprile rispettivamente per i ruoli di febbraio, luglio settembre e dicembre. Le ritenute alla fonte liquidate ai sensi del predetto art. 36-bis ed iscritte nei ruoli speciali sono riscosse in unica soluzione alla scadenza immediatamente successiva a quella prevista dal comma precedente (63)] (64).

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(62)  Il presente articolo, originariamente costituito da sette commi, è stato così sostituito con tre commi dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(63)  Comma aggiunto dall’art. 13, D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787 e poi così modificato dall’art. 2, D.P.R. 14 aprile 1982, n. 309 (Gazz. Uff. 7 giugno 1982, n. 154).

(64)  Articolo abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 dello stesso decreto.

Articolo 19. Dilazione del pagamento.

1. L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili (65).

2. [La richiesta, di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, prima dell’inizio della procedura esecutiva] (66).

3. In caso di mancato pagamento della prima rata o, successivamente, di due rate:

a) il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione;

b) l’intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione;

c) il carico non può più essere rateizzato.

4. Le rate mensili nelle quali il pagamento è stato dilazionato ai sensi del comma 1 scadono nel giorno di ciascun mese indicato nell’atto di accoglimento dell’istanza di dilazione (67).

4-bis. [Se, in caso di decadenza del contribuente dal beneficio della dilazione, l’eventuale fidejussore o il terzo datore d’ipoteca non versa l’importo garantito entro trenta giorni dalla notificazione di apposito invito, contenente l’indicazione delle generalità del fidejussore stesso ovvero del terzo datore d’ipoteca, delle somme da esso dovute e dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, il concessionario può procedere alla riscossione coattiva nei suoi confronti sulla base dello stesso ruolo emesso a carico del debitore secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto] (68) (69).

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(65) Comma così modificato prima dai commi 126 e 145 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244, poi dall’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, come modificato dalla relativa legge di conversione ed infine dall’art. 83, comma 23, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

(66) Comma abrogato dal comma 2-bis dell’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(67)  Articolo prima sostituito dall’art. 7, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e poi così modificato dall’art. 83, comma 23, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

(68)  Comma aggiunto dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, poi così modificato dal comma 417 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311, dal comma 145 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244, dal comma 2-bis dell’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione e, infine, abrogato dall’art. 83, comma 23, D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Vedi, anche, le ulteriori disposizioni del suddetto comma 23.

(69) Vedi, anche, l’art. 26, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal comma 2-ter dell’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

Articolo 19-bis. Sospensione della riscossione per situazioni eccezionali.

1. Se si verificano situazioni eccezionali, a carattere generale o relative ad un’area significativa del territorio, tali da alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con i contribuenti, la riscossione può essere sospesa, per non più di dodici mesi, con decreto del Ministero delle finanze (70).

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(70)  Articolo aggiunto dall’art. 7, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 4, comma 20, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

Articolo 20. Interessi per ritardata iscrizione a ruolo.

Sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli interessi al tasso del 4 per cento annuo (71).

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(71)  Il presente articolo è stato prima sostituito dall’art. 8, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, e poi così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Vedi, anche, l’art. 20 del D.Lgs. n. 46 del 1999. Successivamente, la misura degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo è stata rideterminata al 2,75 per cento dall’art. 3, D.M. 27 giugno 2003, a decorrere dal 1° luglio 2003, e al 4 per cento dal comma 1 dell’art. 2, D.M. 21 maggio 2009, a decorrere dal 1° ottobre 2009, per i ruoli resi esecutivi dalle suddette date.

Articolo 21. Interessi per dilazione di pagamento (72).

Sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso ai sensi dell’articolo 19, comma 1, si applicano gli interessi al tasso del 4,5 per cento annuo (73).

L’ammontare degli interessi dovuto è determinato nel provvedimento con il quale viene accordata la prolungata rateazione dell’imposta ed è riscosso unitamente all’imposta alle scadenze stabilite.

I privilegi generali e speciali che assistono le imposte sui redditi sono estesi a tutto il periodo per il quale la rateazione è prolungata e riguardano anche gli interessi previsti dall’art. 20 e dal presente articolo (74).

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(72)  Rubrica così sostituita dall’art. 9, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(73)  Comma così sostituito, da ultimo, dall’art. 9, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Successivamente, la misura degli interessi di cui al presente comma è stata rideterminata al 4 per cento dall’art. 4, D.M. 27 giugno 2003, per le dilazioni concesse a decorrere dal 1° luglio 2003, e al 4,5 per cento dal comma 1 dell’art. 3, D.M. 21 maggio 2009, per le dilazioni concesse a decorrere dal 1° ottobre 2009.

(74)  Vedi, anche, l’art. 3, comma 141, L. 23 dicembre 1996, n. 662.

Articolo 22. Attribuzione degli interessi.

Gli interessi di cui agli articoli 20 e 21 spettano all’ente destinatario del gettito delle imposte cui si riferiscono.

Articolo 23. Esecutorietà dei ruoli.

[1. Il visto di esecutorietà dei ruoli è apposto sul riassunto riepilogativo che ne costituisce parte integrante e viene inviato in copia alla competente ragioneria provinciale dello Stato. Il riassunto è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

2. Per i ruoli emessi dagli enti diversi dallo Stato e da amministrazioni statali diverse dal Ministero delle finanze il visto di esecutorietà è apposto direttamente dall’ente o dall’amministrazione che ha emesso il ruolo.

3. Con decreto del Ministro delle finanze sono individuati gli uffici dell’amministrazione finanziaria competenti all’apposizione del visto di esecutorietà] (75) .

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(75)  Articolo prima sostituito dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413 e poi dall’art. 24, L. 27 dicembre 1997, n. 449 ed infine abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 di quest’ultimo decreto. Per l’individuazione degli uffici finanziari di cui al presente comma, il D.M. 2 marzo 1998 (Gazz. Uff. 12 marzo 1998, n. 59) ha così disposto:

« Art. 1. 1. Il visto di esecutorietà sui ruoli emessi dagli uffici del Dipartimento delle dogane deve essere apposto dalle direzioni compartimentali delle dogane ed imposte indirette territorialmente competenti.

2. Il visto di esecutorietà sui ruoli emessi dagli uffici del Dipartimento del territorio deve essere apposto dagli uffici del territorio e, ove questi non siano stati ancora attivati, dalle direzioni compartimentali del territorio, anche attraverso le proprie sezioni staccate.

3. Il visto di esecutorietà su tutti i ruoli dell’amministrazione finanziaria, con esclusione di quelli di cui ai commi 1 e 2 deve essere apposto dai centri di servizio per i ruoli da essi formati, ovvero dagli uffici delle entrate territorialmente competenti e, ove questi non siano stati ancora attivati, dalle direzioni regionali delle entrate, anche attraverso le proprie sezioni staccate.

4. Entro i termini di cui all’art. 24 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, gli uffici che hanno apposto il visto provvedono alla consegna dei ruoli al concessionario della riscossione».

Articolo 24. Consegna del ruolo al concessionario.

1. L’ufficio consegna il ruolo al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce secondo le modalità indicate con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del tesoro del bilancio e della programmazione economica.

2. Con lo stesso o con separato decreto sono individuati i compiti che possono essere affidati al consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari relativamente alla consegna dei ruoli e le ipotesi nelle quali l’affidamento dei ruoli ai concessionari avviene esclusivamente con modalità telematiche (76) (77) .

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(76)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 10, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. In attuazione del presente articolo, vedi il D.M. 3 settembre 1999, n. 321.

(77)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Articolo 25. Cartella di pagamento.

1. Il concessionario notifica la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonchè del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (78);

b) del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dall’articolo 36-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;

c) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio (79) .

2. La cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata (80).

2-bis. La cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo (81).

3. Ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo (82) (83) (84) .

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(78)  Lettera così sostituita dal comma 40 dell’art. 37, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione. In deroga a quanto disposto dalla presente lettera vedi il comma 2 dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come sostituito dal comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(79)  Comma così modificato prima dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, poi dal comma 417 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 ed infine dal comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l’art. 23, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come sostituito dal citato comma 5-ter.

(80)  Il modello di cui al presente comma è stato approvato con Provv. 20 marzo 2010.

(81)  Comma aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32. Il comma 3 dello stesso art. 8 ha stabilito che tali disposizioni si applicano ai ruoli resi esecutivi a decorrere dal 1° luglio 2001. Vedi, anche, l’art. 18-bis, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(82)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(83)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 11, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Con D.M. 8 novembre 1978 (Gazz. Uff. 28 novembre 1978, n. 332), modificato dal D.M. 27 gennaio 1981 (Gazz. Uff. 5 febbraio 1981, n. 35), dal D.M. 25 gennaio 1982 (Gazz. Uff. 4 febbraio 1982, n. 34) e dal D.M. 19 luglio 1982 (Gazz. Uff. 29 luglio 1982, n. 207), sono stati approvati i modelli delle cartelle di pagamento delle imposte dirette riscuotibili mediante ruoli. Con D.M. 14 luglio 1992 (Gazz. Uff. 28 luglio 1992, n. 176) sono stati approvati i modelli di cartelle di pagamento afferenti la riscossione tramite ruoli dei carichi tributari liquidati dai competenti uffici finanziari ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dei carichi tributari relativi a redditi accertati. Vedi, anche, il comma 4-ter dell’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(84)  La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 280 (Gazz. Uff. 20 luglio 2005, n. 29 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Articolo 26. Notificazione della cartella di pagamento.

La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda (85).

La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile (86).

Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario.

Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune.

Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (87) (88) (89).

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(85)  Comma prima sostituito dall’art. 12, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e poi così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(86) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 4 dell’art. 38, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

(87) Comma così modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 2, D.L. 25 marzo 2010, n. 40.

(88)  La Corte costituzionale, con sentenza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 366 (Gazz. Uff. 14 novembre 2007, n. 44, Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell’articolo 26, ultimo comma, del presente decreto, nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano. Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(89) La Corte costituzionale, con ordinanza 17-26 maggio 2006, n. 210 (Gazz. Uff. 31 maggio 2006, n. 22, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c) ed e), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sollevata in riferimento agli artt. 1, 3 e 24 della Costituzione.

Articolo 27. Luogo e tempo del pagamento.

[Il pagamento dell’imposta deve essere effettuato presso la sede dell’esattoria entro otto giorni dalla scadenza.

Se ai sensi del capitolato d’appalto o del decreto istitutivo del consorzio esattoriale la riscossione deve avvenire in luoghi diversi dalla sede dell’esattoria, questa è tenuta a dare pubblica notizia, almeno otto giorni prima, del luogo, del giorno e dell’ora di inizio della riscossione.

L’adempimento dell’anzidetta pubblicità deve essere provato, quando ne sia fatta richiesta, mediante dichiarazione del sindaco] (90) (91).

__________________

(90)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(91)  Articolo abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 dello stesso decreto.

Articolo 28. Modalità di pagamento.

1. Il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche. In caso di versamento presso le agenzie postali e le banche i costi dell’operazione sono a carico del contribuente.

2. Fuori del territorio nazionale, il pagamento può essere effettuato mediante bonifico bancario sul conto corrente bancario indicato dal concessionario nella cartella di pagamento.

3. Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità di pagamento, anche con mezzi diversi dal contante; in ogni caso, tali modalità devono essere tali da assicurare l’indicazione del codice fiscale del contribuente e gli estremi identificativi dell’imposta pagata (92) (93).

3-bis. ll pagamento effettuato con i mezzi diversi dal contante individuati ai sensi del comma 3 si considera omesso:

a) in caso di utilizzazione di un assegno, se l’assegno stesso risulta scoperto o comunque non pagabile;

b) in caso di utilizzazione di una carta di credito, se il gestore della carta non fornisce la relativa provvista finanziaria (94).

__________________

(92)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(93)  Articolo così sostituito dall’art. 13, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Le modalità di pagamento di cui al presente articolo sono state stabilite con D.M. 28 giugno 1999.

(94) Comma aggiunto dal comma 23-bis dell’art. 83, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Articolo 28-bis. Pagamento delle imposte dirette mediante cessione di beni culturali.

I soggetti tenuti al pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell’imposta locale sui redditi, dei tributi erariali soppressi di cui all’articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e relativi interessi, soprattasse e pene pecuniarie possono cedere allo Stato, in pagamento totale o parziale delle imposte stesse e degli accessori, i beni indicati negli articoli 1, 2 e 5 della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, gli archivi o singoli documenti dichiarati di notevole interesse storico a norma dell’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, nonché le opere di autori viventi o la cui esecuzione risalga anche ad epoca inferiore al cinquantennio, di cui lo Stato sia interessato all’acquisizione. La disposizione non si applica ai sostituti d’imposta.

La proposta di cessione, contenente la descrizione dettagliata dei beni offerti corredata da idonea documentazione deve essere presentata al Ministero per i beni culturali e ambientali.

L’Amministrazione per i beni culturali e ambientali attesta per ogni singolo bene l’esistenza delle caratteristiche previste dalla vigente legislazione di tutela e dichiara, per i beni e le opere di cui al primo comma, l’interesse dello Stato ad acquisirli (95).

Le condizioni ed il valore della cessione sono stabiliti con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali di concerto con il Ministro delle finanze, sentita un’apposita commissione nominata con decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali, presieduta dallo stesso Ministro o da un suo delegato e composta da due rappresentanti del Ministero per i beni culturali e ambientali, da due rappresentanti del Ministero delle finanze e da un rappresentante del Ministero del tesoro. Nella proposta di cessione l’interessato può chiedere di essere sentito dalla commissione, personalmente o a mezzo di un suo delegato.

[Il Ministero per i beni culturali e ambientali, ricevuta la proposta di cessione, è tenuto a informarne gli enti pubblici territoriali nella cui circoscrizione trovansi i beni culturali offerti in cessione per acquisirne il parere. Su richiesta degli enti interessati, la commissione di cui al quarto comma è integrata, da un rappresentante con voto consultivo, per ciascuno degli enti richiedenti] (96).

La proposta di cessione non sospende il pagamento delle imposte di cui al primo comma.

L’interessato può revocare la propria proposta di cessione all’atto dell’audizione presso la commissione, ovvero nei quindici giorni successivi, con atto notificato al Ministero per i beni culturali e ambientali.

Il decreto di cui al quarto comma è emanato entro sei mesi dalla data di presentazione della proposta di cessione ed è notificato al richiedente. Entro i due mesi successivi dalla data di notifica del decreto il proponente notifica al Ministero per i beni culturali e ambientali, a pena di decadenza, la propria accettazione.

Nel caso di cessione di beni mobili, i beni devono essere consegnati entro i trenta giorni successivi alla notifica dell’accettazione. La consegna comporta il trasferimento della proprietà dei beni allo Stato.

Nel caso di cessione di beni immobili, il trasferimento allo Stato avviene a condizione che i beni siano liberi da ipoteche e da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli. Il decreto di cui al quarto comma e la dichiarazione di accettazione, con firma autenticata, costituiscono titolo per la trascrizione del trasferimento nei registri immobiliari. Il trasferimento dei beni allo Stato ha effetto dalla data di notifica della dichiarazione di accettazione.

Dopo il trasferimento dei beni, l’interessato può chiedere il rimborso delle imposte eventualmente pagate nel periodo intercorrente tra la data di presentazione della proposta di cessione e quella della consegna dei beni o della trascrizione, ovvero può utilizzare, anche frazionatamente, l’importo della cessione per il pagamento delle imposte indicate nel primo comma, la cui scadenza è successiva al trasferimento dei beni.

Qualora l’interessato nei cinque anni successivi al trasferimento dei beni non abbia potuto utilizzare per il pagamento delle imposte indicate nel primo comma l’importo integrale della cessione, può chiedere il rimborso della differenza, senza corresponsione di interessi.

Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nei confronti degli eredi del cedente.

Qualora l’Amministrazione dello Stato non intenda acquisire i beni offerti in cessione, il Ministro per i beni culturali e ambientali con proprio decreto, di concerto con il Ministro delle finanze, provvede ai sensi del precedente ottavo comma (97).

__________________

(95)  Comma così sostituito dall’art. 14, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(96)  Comma abrogato dall’art. 14, L. 15 maggio 1997, n. 127.

(97)  Articolo aggiunto dall’art. 7, L. 2 agosto 1982, n. 512. Vedi, anche, l’art. 20, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 28-ter Pagamento mediante compensazione volontaria con crediti d’imposta.

1. In sede di erogazione di un rimborso d’imposta, l’Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all’agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso, sulla contabilità di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto del Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze in data 1° febbraio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 4 febbraio 1999, le somme da rimborsare.

2. Ricevuta la segnalazione di cui al comma 1, l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.

3. In caso di accettazione della proposta, l’agente della riscossione movimenta le somme di cui al comma 1 e le riversa ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, entro i limiti dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’iscrizione a ruolo.

4. In caso di rifiuto della predetta proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione di cui al comma 2 e l’agente della riscossione comunica in via telematica all’Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l’adesione dell’interessato alla proposta di compensazione.

5. All’agente della riscossione spetta il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica dell’invito di cui al comma 2, nonché un rimborso forfetario pari a quello di cui all’articolo 24, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1993, n. 567, maggiorato del cinquanta per cento, a copertura degli oneri sostenuti per la gestione degli adempimenti attinenti la proposta di compensazione.

6. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono approvate le specifiche tecniche di trasmissione dei flussi informativi previsti dal presente articolo e sono stabilite le modalità di movimentazione e di rendicontazione delle somme che transitano sulle contabilità speciali di cui al comma 1, nonché le modalità di richiesta e di erogazione dei rimborsi spese previsti dal comma 5 (98).

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(98) Articolo aggiunto dal comma 13 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l’art. 20-bis, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dal comma 14 dell’art. 2 del citato decreto-legge n. 262 del 2006, come sostituito dalla relativa legge di conversione, e il comma 1 dell’art. 31, D.L. 31 maggio 2010, n. 78. Con Provv. 29 luglio 2008 (pubblicato nel sito internet dell’Agenzia delle entrate il 1° agosto 2008) sono state approvate le specifiche tecniche di trasmissione dei flussi informativi previsti dal presente articolo.

Articolo 29. Rilascio della quietanza.

Per ogni pagamento di imposte iscritte a ruolo il concessionario deve rilasciare quietanza al contribuente e deve farne annotazione nella scheda intestata al contribuente.

[L’esattore può rilasciare la quietanza sulla cartella di pagamento. In tale caso la quietanza, oltre ad essere annotata nel ruolo o nella scheda, deve essere trascritta in apposito registro, numerato, timbrato e siglato in ogni foglio, prima dell’uso, dall’ufficio delle imposte] (99).

Le quietanze possono essere firmate anche dai dipendenti del concessionario espressamente autorizzati dal titolare (100).

__________________

(99)  Comma abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 di quest’ultimo decreto.

(100)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Articolo 30. Interessi di mora.

1. Decorso inutilmente il termine previsto dall’articolo 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero delle finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi (101) (102).

__________________

(101)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione. Per la misura degli interessi di mora per il ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo vedi il D.M. 28 luglio 2000 e il Provv. 4 settembre 2009.

(102)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 14, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 27 dello stesso decreto.

Articolo 31. Imputazione dei pagamenti.

Il concessionario non può rifiutare pagamenti parziali di rate scadute e pagamenti in acconto per rate di imposte non ancora scadute.

Tuttavia se il contribuente è debitore di rate scadute il pagamento non può essere imputato alle rate non scadute se non per la eventuale eccedenza sull’ammontare delle prime, comprese le indennità di mora, i diritti e le spese maturati a favore del concessionario.

Nei riguardi delle rate scadute l’imputazione è fatta, rata per rata, iniziando dalla più remota, al debito d’imposta, di soprattassa, di pena pecuniaria e poi al debito per indennità di mora e non può essere fatta ai diritti ed alle spese maturati a favore del concessionario se non dopo la completa estinzione del debito per le rate scadute e relative indennità di mora.

Per i debiti di imposta già scaduti l’imputazione è fatta con preferenza alle imposte o quote di imposta meno garantite e fra imposte o quote di imposta ugualmente garantite con precedenza a quella più remota.

Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le norme degli articoli 1193 e 1194 del codice civile.

Articolo 32. Responsabilità solidale dei nuovi possessori di immobili.

Agli effetti dell’imposta locale sui redditi i nuovi possessori di immobili a titolo di proprietà o di altri diritti reali rispondono, solidalmente con i precedenti possessori, delle imposte, soprattasse e interessi iscritti od iscrivibili a ruolo a nome di questi ultimi per il periodo di tempo successivo alla data del titolo che serve per base alla voltura catastale.

Tuttavia nei casi in cui la presentazione di domanda di voltura catastale non abbia avuto effetto nei ruoli, l’intendente di finanza dispone, su richiesta dell’interessato, che vengano escussi soltanto i nuovi possessori con espresso divieto al concessionario di compiere qualsiasi procedura sui beni dei precedenti (103).

__________________

(103)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 33. Responsabilità solidale per l’imposta locale sui redditi.

Quando il presupposto dell’imposta locale sui redditi si verifica unitariamente nei confronti di più soggetti, ciascuno di essi è tenuto in solido al pagamento della imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo, salvo rivalsa nei confronti degli altri in proporzione alla quota di spettanza dei redditi.

La solidarietà di cui al precedente comma non opera se il possesso dei redditi spetta a più soggetti in forza di diritti reali di diversa natura (104).

__________________

(104)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 34. Responsabilità solidale per l’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Le persone i cui redditi per l’accertamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sono stati cumulati con quelli del soggetto iscritto a ruolo sono responsabili in solido con il soggetto medesimo per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a nome di quest’ultimo.

La responsabilità solidale stabilita dal comma precedente opera anche nella ipotesi in cui non si fa luogo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 , al computo cumulativo dei redditi ai soli fini della determinazione dell’aliquota.

Quando non ricorrono le ipotesi di cui ai commi precedenti le persone indicate nelle lettere a) e b) dell’articolo 4 del predetto decreto sono comunque solidalmente responsabili, limitatamente al valore dei beni ad esse ceduti a qualsiasi titolo dal soggetto passivo, per il pagamento delle imposte da questo dovute per l’anno in cui è avvenuta la cessione e per gli anni precedenti (105).

__________________

(105)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 35. Solidarietà del sostituto di imposta.

Quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, soprattasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido (106).

__________________

(106)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 36. Responsabilità ed obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci.

I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti di imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.

La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori.

I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento dell’imposte dovute dai soggetti di cui al primo comma nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile.

Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.

La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi dell’art. 60, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 .

Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il primo comma dell’art. 39 (107).

__________________

(107)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 37. Rimborso di ritenute dirette.

Il contribuente assoggettato a ritenuta diretta può ricorrere all’intendente di finanza della provincia nella quale ha il domicilio fiscale, per errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell’obbligazione tributaria entro il termine di decadenza di quarantotto mesi chiedendo il rimborso (108).

Avverso la decisione dell’intendente di finanza, ovvero trascorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che sia intervenuta la decisione dell’intendente di finanza, il contribuente può ricorrere alla commissione di primo grado secondo le disposizioni del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.

Al rimborso l’intendente di finanza provvede mediante ordinativo di pagamento entro il termine di trenta giorni dalla data in cui il provvedimento di accoglimento del ricorso si è reso definitivo (109).

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(108)  Comma così modificato dall’art. 34, comma 5, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(109)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 38. Rimborso dei versamenti diretti.

Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede il concessionario presso la quale è stato eseguito il versamento, istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento (110).

L’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata (111).

L’intendente di finanza, sentito l’ufficio delle imposte, provvede al rimborso mediante ordinativo di pagamento.

Si applicano il secondo e terzo comma dell’articolo precedente.

Quando l’importo del versamento diretto effettuato ai sensi del primo comma, n. 3), o del secondo comma, lettera c), dell’art. 3 è superiore a quello dell’imposta liquidata in base alla dichiarazione ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’intendente di finanza provvede al rimborso della differenza con ordinativo di pagamento, su proposta dell’ufficio (112) (113) .

I rimborsi delle imposte non dovute ai sensi dell’articolo 26-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, richiesti dalle società non residenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 4 del citato articolo 26-quater o da stabili organizzazioni, situate in un altro Stato membro, di società che hanno i suddetti requisiti sono effettuati entro un anno dalla data di presentazione della richiesta stessa, che deve essere corredata dalla documentazione prevista dall’articolo 26-quater, comma 6, del citato decreto n. 600 del 1973 o dalla successiva data di acquisizione degli elementi informativi eventualmente richiesti (114).

Se i rimborsi non sono effettuati entro il termine di cui al precedente comma, sulle somme rimborsate si applicano gli interessi nella misura prevista dall’articolo 44, primo comma (115).

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(110)  Comma così modificato dall’art. 1, L. 13 maggio 1999, n. 133.

(111)  Comma così modificato dall’art. 34, comma 6, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(112)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(113)  Comma così modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(114)  Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 143. Vedi, anche, l’art. 3 dello stesso decreto.

(115)  Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 143. Vedi, anche, l’art. 3 dello stesso decreto.

Articolo 39. Sospensione amministrativa della riscossione.

1. Il ricorso contro il ruolo di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, non sospende la riscossione; tuttavia, l’ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporla in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione.

2. Sulle somme il cui pagamento è stato sospeso ai sensi del comma 1 e che risultano dovute dal debitore a seguito della sentenza della commissione tributaria provinciale si applicano gli interessi al tasso del 4,5 per cento annuo (116); tali interessi sono riscossi mediante ruolo formato dall’ufficio che ha emesso il provvedimento di sospensione (117).

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(116)  La misura degli interessi è stata rideterminata al 5 per cento dall’art. 5, D.M. 27 giugno 2003, a decorrere dal 1° luglio 2003 e al 4,5 per cento dal comma 1 dell’art. 4, D.M. 21 maggio 2009, a decorrere dal 1° ottobre 2009.

(117)  Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 15, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 40. Rimborso dell’imposta a seguito di decisione delle commissioni tributarie.

[1. Quando l’imposta iscrivibile a ruolo a seguito di decisione della commissione tributaria è inferiore a quella già iscritta a ruolo, il rimborso è disposto dall’ufficio delle entrate entro sessanta giorni dal ricevimento della decisione] (118).

__________________

(118)  Articolo prima sostituito dall’art. 4, D.L. 29 aprile 1994, n. 260 e poi abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 di quest’ultimo decreto.

Articolo 41. Rimborso d’ufficio.

Quando emergono errori materiali o duplicazioni dovuti all’ufficio delle imposte, questo provvede ad effettuare il rimborso delle maggiori somme iscritte a ruolo.

La stessa disposizione si applica, per il rimborso della differenza, quando l’ammontare della ritenuta di acconto sugli importi che hanno concorso alla determinazione del reddito imponibile, risultanti dai certificati dei sostituti di imposta o quando questi non siano previsti, da altra idonea documentazione, allegati alla dichiarazione, è superiore a quello dell’imposta liquidata in base alla dichiarazione ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché per i crediti di imposta derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni effettuata ai sensi dello stesso art. 36-bis (119).

Nel caso di cui al comma precedente al rimborso provvede, su proposta dell’ufficio delle imposte, l’intendente di finanza con ordinativo di pagamento entro il termine di trenta giorni dalla data di ricevimento della proposta (120).

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(119)  Comma così sostituito dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(120)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 42. Esecuzione del rimborso.

Del rimborso disposto l’ufficio delle imposte dà avviso al contribuente nonché al cessionario nei casi previsti dall’art. 43-bis (121).

Il concessionario è tenuto a rimborsare anche l’indennità di mora eventualmente riscossa.

Le liquidazioni di rimborso sono trascritte in elenchi nominativi con l’indicazione della causa e dei documenti che le giustificano.

L’elenco di rimborso è consegnato al concessionario il quale, sulla base di esso, restituisce al contribuente le somme già riscosse ovvero le imputa alle rate scadute e non ancora riscosse.

Se il rimborso si riferisce a rate non ancora riscosse il concessionario annota nella scheda del contribuente l’avvenuta compensazione.

Sono ritenuti validi i rimborsi eseguiti dal concessionario sotto la propria responsabilità fino alla concorrenza di lire cinquantamila su quietanza di persona diversa dal nominativo iscritto nell’elenco di sgravio, previo ritiro, con rilascio di apposita ricevuta, della bolletta di pagamento totale o parziale dell’imposta cui lo sgravio si riferisce.

[Non si fa luogo al rimborso di somme il cui importo non eccede lire mille] (122).

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(121)  Comma così sostituito dall’art. 3, comma 94, lett. a), L. 28 dicembre 1995, n. 549.

(122)  Comma abrogato dall’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, quanto disposto dall’art. 38 dello stesso decreto.

Articolo 42-bis. Esecuzione del rimborso d’ufficio tramite procedura automatizzata.

Per l’esecuzione dei rimborsi previsti dall’art. 38, quinto comma, e dall’art. 41, secondo comma, emergenti a seguito della liquidazione delle imposte effettuata a norma dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, gli uffici delle imposte si avvalgono della procedura di cui al presente articolo (123).

Entro l’anno solare successivo alla data di scadenza del termine della presentazione della dichiarazione dei redditi, gli uffici e i centri di servizio formano, per ciascun anno di imposta, liste di rimborso che contengono, in corrispondenza di ciascun nominativo, le generalità dell’avente diritto, il numero di registrazione della dichiarazione originante il rimborso e l’ammontare dell’imposta da rimborsare, nonché riassunti riepilogativi, sottoscritti dal titolare dell’ufficio o da chi lo sostituisce, che riportano gli estremi ed il totale delle partite di rimborso delle singole liste (124).

Il centro informativo della Direzione generale delle imposte dirette, sulla base delle liste di rimborso formate dagli uffici delle imposte, predispone gli elenchi di rimborso e determina per ciascuna partita l’ammontare degli interessi calcolati a norma del successivo art. 44-bis. Gli elenchi di rimborso sono sottoscritti dal direttore del centro informativo o da chi lo sostituisce che attesta la corrispondenza tra le partite incluse negli elenchi e quelle riportate nelle liste dagli uffici nonché l’esattezza del computo degli interessi. Gli elenchi contengono, per ogni soggetto avente diritto, le generalità ed il domicilio fiscale, nonché l’ammontare dell’imposta da rimborsare e degli interessi e il numero di registrazione della dichiarazione originante il rimborso (125).

Sulla scorta degli elenchi di rimborso predisposti dal centro informativo, la Direzione generale delle imposte dirette, in base a decreto del Ministro delle finanze, emette, con imputazione al competente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero delle finanze, uno o più ordinativi diretti collettivi di pagamento estinguibili mediante commutazione di ufficio in vaglia cambiari non trasferibili della Banca d’Italia, i cui numeri identificativi sono riportati negli elenchi stessi, in corrispondenza di ogni partita da rimborsare. Gli elenchi di rimborso fanno parte integrante degli ordinativi di pagamento. La quietanza è redatta con l’indicazione del numero e dell’importo complessivo dei rimborsi e con riferimento ai dati identificativi dei vaglia emessi, riportati negli elenchi (126).

Gli ordinativi di pagamento possono essere estinti, a richiesta degli aventi diritto e secondo modalità indicate nel modello di dichiarazione dei redditi, mediante accreditamento in conto corrente bancario a norma dell’art. 1, lettera b), D.P.R. 25 gennaio 1962, n. 71. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, sono stabiliti i termini ed i modi di estinzione mediante accreditamento (127).

I vaglia cambiari sono spediti per raccomandata ovvero, se di importo superiore a lire 10 milioni, per assicurata dalla competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato all’indirizzo del domicilio fiscale degli aventi diritto, senza obbligo di avviso (128). I vaglia stessi, ai sensi dell’art. 51, lettera i), del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, hanno corso mediante il pagamento, a carico dello Stato delle tasse postali determinate secondo i criteri e modalità di cui al D.P.R. 9 febbraio 1972, n. 171.

Non si fa luogo al rimborso di somme il cui importo non eccede L. 1.000.

Le operazioni di predisposizione degli elenchi di rimborso e quelle di emissione dei vaglia cambiari relativi ai singoli ordinativi di pagamento vengono realizzate mediante procedure automatizzate dal centro informativo della Direzione generale delle imposte e della Banca di Italia – Sezione di tesoreria provinciale dello Stato – che emette i vaglia, secondo le modalità stabilite con apposito decreto del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro per il tesoro (129) .

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(123)  Comma così sostituito dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413.

(124)  Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono gli originari commi secondo e terzo per effetto dell’art. 10, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660. I commi secondo e terzo sono stati, poi, modificati dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413. Successivamente ancora, il comma secondo è stato così sostituito dall’art. 62, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(125)  Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono gli originari commi secondo e terzo per effetto dell’art. 10, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660. I commi secondo e terzo sono stati, poi, modificati dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413. Successivamente ancora, il comma secondo è stato così sostituito dall’art. 62, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(126)  Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono gli originari commi secondo e terzo per effetto dell’art. 10, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660. I commi secondo e terzo sono stati, poi, modificati dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413. Successivamente ancora, il comma secondo è stato così sostituito dall’art. 62, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(127)  Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono gli originari commi secondo e terzo per effetto dell’art. 10, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660. I commi secondo e terzo sono stati, poi, modificati dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413. Successivamente ancora, il comma secondo è stato così sostituito dall’art. 62, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(128)  Periodo così sostituito dall’art. 62, D.L. 30 agosto 1993, n. 331.

(129)  Articolo aggiunto dall’art. 1, L. 31 maggio 1977, n. 247. Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 43. Recupero di somme erroneamente, rimborsate.

L’ufficio provvede mediante iscrizione a ruolo al recupero delle somme erroneamente rimborsate e degli interessi eventualmente corrisposti. La relativa cartella di pagamento è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di esecuzione del rimborso o, se più ampio, entro il termine di cui all’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, maggiorato di dodici mesi (130).

Se successivamente al rimborso viene notificato avviso di accertamento ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, le somme che in base all’avviso stesso risultano indebitamente rimborsate, anche in dipendenza della imposta o della maggiore imposta accertata, sono iscritte in ruolo speciale unitamente agli interessi eventualmente corrisposti, ferma restando per l’imposta o la maggiore imposta accertata l’applicazione degli interessi ai sensi dell’art. 20. Nell’avviso di accertamento deve essere espressamente indicato l’ammontare delle somme rimborsate e dei relativi interessi da iscriversi nel ruolo predetto.

L’intendente di finanza dà comunicazione all’ufficio delle imposte competente dei rimborsi eseguiti mediante ordinativo di pagamento (131).

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(130)  Comma così sostituito dal comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(131)  Così sostituito dall’art. 2, L. 31 maggio 1977, n. 247.

Articolo 43-bis. Cessione dei crediti di imposta.

1. Le disposizioni degli articoli 69 e 70 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, si applicano anche alle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi. Il cessionario non può cedere il credito oggetto della cessione. Gli interessi di cui al primo comma dell’art. 44 sono dovuti al cessionario.

2. Ferma restando nei confronti del contribuente che cede i crediti di cui al comma 1 l’applicazione delle disposizioni dell’art. 43, il cessionario risponde in solido con il contribuente fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, a condizione che gli siano notificati gli atti con i quali l’ufficio delle entrate o il centro di servizio procedono al recupero delle somme stesse.

3. L’atto di cessione deve essere notificato all’ufficio delle entrate o al centro di servizio nonché al concessionario del servizio della riscossione presso il quale è tenuto il conto fiscale di cui all’art. 78, commi 28 e seguenti, della L. 30 dicembre 1991, n. 413 (132).

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(132)  Aggiunto dall’art. 3, comma 94, lett. b), L. 28 dicembre 1995, n. 549. Vedi, anche, i commi 95 e 96 del sopracitato art. 3. Vedi, inoltre, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 43-ter. Cessione delle eccedenze nell’ambito del gruppo.

1. Le eccedenze dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all’ente dello stesso gruppo, senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 69 e 70 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440.

2. Nei confronti dell’amministrazione finanziaria la cessione delle eccedenze è efficace a condizione che l’ente o società cedente indichi nella dichiarazione gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi (133).

3. [Le eccedenze di imposta cedute sono computate dai cessionari in diminuzione dei versamenti dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi i cui termini scadono a partire dalla data in cui la cessione si considera effettuata ai sensi del comma 2] (134).

4. Agli effetti del presente articolo appartengono al gruppo l’ente o società controllante e le società da questo controllate; si considerano controllate le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata le cui azioni o quote sono possedute dall’ente o società controllante o tramite altra società controllata da questo ai sensi del presente articolo per una percentuale superiore al 50 per cento del capitale, fin dall’inizio del periodo di imposta precedente a quello cui si riferiscono i crediti di imposta ceduti. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in ogni caso, alle società e agli enti tenuti alla redazione del bilancio consolidato ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, e del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, e alle imprese, soggette all’imposta sul reddito delle persone giuridiche, indicate nell’elenco di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 38 del predetto decreto n. 127 del 1991 e nell’elenco di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 40 del predetto decreto n. 87 del 1992.

5. Si applicano le disposizioni del comma 2 dell’art. 43-bis (135).

__________________

(133)  Comma così modificato dall’art. 11, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542.

(134)  Comma soppresso dall’art. 11, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542.

(135)  Aggiunto dall’art. 3, comma 94, lett. b), L. 28 dicembre 1995, n. 549. Vedi, anche, i commi 95 e 96 del sopracitato art. 3. Vedi, inoltre, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e l’art. 5, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542.

Articolo 44. Interessi per ritardato rimborso di imposte pagate.

Il contribuente che abbia effettuato versamenti diretti o sia stato iscritto a ruolo per un ammontare d’imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del 2,5 per cento (136), per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento o della scadenza dell’ultima rata del ruolo in cui è stata iscritta la maggiore imposta e la data dell’ordinativo emesso dall’intendente di finanza o dell’elenco di rimborso.

L’interesse di cui al primo comma è dovuto, con decorrenza dal secondo semestre successivo alla presentazione della dichiarazione, anche nelle ipotesi previste nell’art. 38, quinto comma e nell’art. 41, secondo comma (137).

L’interesse è calcolato dall’ufficio delle imposte, che lo indica nello stesso elenco di sgravio, o dall’intendente di finanza ed è a carico dell’ente destinatario del gettito dell’imposta (138).

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(136)  La misura dell’interesse semestrale è stata ridotta dal 6 al 4,5 per cento dal comma 3 dell’art. 7, L. 11 marzo 1988, n. 67, al 3 per cento dall’art. 13, D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, e al 2,5 per cento dall’art. 3, comma 141, L. 23 dicembre 1996, n. 662. Successivamente, l’art. 1, D.M. 27 giugno 2003 ha disposto che gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata siano dovuti, a decorrere dal 1° luglio 2003, annualmente nella misura del 2,75 per cento e semestralmente nella misura dell’1,375 per cento e l’art. 1, Decr. 13 marzo 2008 ha disposto che, decorsi più di dieci anni dalla richiesta di rimborso, le somme complessivamente spettanti, a titolo di capitale e di interessi, per crediti riferiti alle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche ovvero all’imposta sul reddito delle società producano, per l’anno 2008, interessi giornalieri al tasso annuo del 4,41 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2008; l’art. 1, comma 1, D.M. 21 maggio 2009 ha disposto che gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata, siano dovuti nella misura del 2 per cento annuo e dell’1 per cento semestrale, a decorrere dal 1° gennaio 2010.

(137)  Comma così sostituito dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(138)  Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 44-bis. Interessi per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata (139).

Per i rimborsi effettuati con le modalità di cui all’art. 42-bis, l’interesse è dovuto con decorrenza dal secondo semestre solare successivo alla data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione fino alla data di emissione dell’ordinativo diretto collettivo di pagamento concernente il rimborso d’imposta, escludendo dal computo anche il semestre in cui tale ordinativo è emesso (140).

Per il pagamento degli interessi sono emessi, unitamente agli ordinativi di cui all’art. 42-bis, che dispongono il rimborso d’imposta, ordinativi diretti collettivi di pagamento tratti sul competente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero delle finanze, estinguibili con la procedura indicata nello stesso articolo 42-bis. Negli ordinativi concernenti il pagamento degli interessi è fatto riferimento agli elenchi dei creditori facenti parte integrante degli ordinativi che dispongono il rimborso d’imposta.

Sia per il rimborso d’imposta che per il pagamento degli interessi è emesso, per ciascun creditore, un unico vaglia cambiario.

La quietanza relativa all’ordinativo per il pagamento degli interessi è redatta con annotazione di riferimento alla quietanza riguardante il corrispondente ordinativo di rimborso di cui all’art. 42-bis, quarto comma (141) (142).

… (143) (144) .

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(139)  Vedi, anche, l’art. 1, D.M. 27 giugno 2003 e il Decr. 13 marzo 2008.

(140)  L’art. 11, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660 ha così modificato i commi primo e quarto ed ha abrogato il comma quinto del presente articolo.

(141)  L’art. 11, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660 ha così modificato i commi primo e quarto ed ha abrogato il comma quinto del presente articolo.

(142)  Articolo aggiunto dall’art. 3, L. 31 maggio 1977, n. 247. Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(143)  L’art. 11, D.L. 30 dicembre 1979, n. 660 ha così modificato i commi primo e quarto ed ha abrogato il comma quinto del presente articolo.

(144)  Articolo aggiunto dall’art. 3, L. 31 maggio 1977, n. 247. Vedi, anche, l’art. 19, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e il comma 1 dell’art. 1, D.M. 21 maggio 2009.

TITOLO II

Riscossione coattiva (145)

Capo I

Disposizioni generali

Articolo 45. Riscossione coattiva.

1. Il concessionario procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni del presente titolo (146).

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(145)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto.

(146)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto.

Articolo 46. Delega ad altro concessionario.

1. Il concessionario cui è stato consegnato il ruolo, se l’attività di riscossione deve essere svolta fuori del proprio ambito territoriale, delega in via telematica per la stessa il concessionario nel cui ambito territoriale si deve procedere, fornendo ogni informazione utile in suo possesso circa i beni sui quali procedere. La delega può riguardare anche la notifica della cartella.

2. A seguito della delega, il pagamento delle somme iscritte a ruolo è eseguito al delegato (147) (148).

__________________

(147)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto.

(148)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Articolo 47. Gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche.

1. I conservatori dei pubblici registri mobiliari ed immobiliari eseguono le trascrizioni e le cancellazioni dei pignoramenti e le iscrizioni e le cancellazioni di ipoteche richieste dal concessionario, nonché la trascrizione dell’assegnazione prevista dall’articolo 85 in esenzione da ogni tributo e diritto (149).

2. I conservatori sono altresì tenuti a rilasciare in carta libera e gratuitamente al concessionario l’elenco delle trascrizioni ed iscrizioni relative ai beni da lui indicati, contenente la specificazione dei titoli trascritti, dei crediti iscritti e del domicilio dei soggetti a cui favore risultano fatte le trascrizioni e le iscrizioni (150).

__________________

(149)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, con la decorrenza indicata nell’art. 4 dello stesso decreto.

(150)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto.

Articolo 47-bis. Gratuità di altre attività e misura dell’imposta di registro sui trasferimenti coattivi di beni mobili.

1. I competenti uffici dell’Agenzia del territorio rilasciano gratuitamente ai concessionari e ai soggetti da essi incaricati le visure ipotecarie e catastali relative agli immobili dei debitori iscritti a ruolo e dei coobbligati e svolgono gratuitamente le attività di cui all’articolo 79, comma 2 (151).

2. Ai trasferimenti coattivi di beni mobili non registrati, la cui vendita è curata dai concessionari, l’imposta di registro si applica nella misura fissa di dieci euro (152).

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(151) Comma così modificato dal comma 23-ter dell’art. 83, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(152)  Articolo aggiunto dal comma 40 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, come modificato dalla relativa legge di conversione.

Articolo 48. Tasse e diritti per atti giudiziari.

1. Le tasse e i diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario.

2. Nei casi previsti dal comma 1 il concessionario non può abbandonare il procedimento in seguito al pagamento del credito, ma deve proseguirlo ai fini del recupero delle tasse e dei diritti prenotati a debito. In difetto, ne risponde in proprio (153).

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(153)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 48-bis. Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo. La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575 (154).

2. Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 (155) (156).

2-bis. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, l’importo di cui al comma 1 può essere aumentato, in misura comunque non superiore al doppio, ovvero diminuito (157).

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(154) Comma così modificato prima dall’art. 19, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi dal comma 17 dell’art. 2, L. 15 luglio 2009, n. 94.

(155) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 18 gennaio 2008, n. 40.

(156) Articolo aggiunto dal comma 9 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(157) Comma aggiunto dall’art. 19, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159.

Capo II

Espropriazione forzata

Sezione I

Disposizioni generali

Articolo 49. Espropriazione forzata.

1. Per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo, fatto salvo il diritto del debitore di dimostrare, con apposita documentazione rilasciata ai sensi del comma 1-bis, l’avvenuto pagamento delle somme dovute ovvero lo sgravio totale riconosciuto dall’ente creditore; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore (158).

1-bis. I pagamenti delle somme dovute all’ente creditore ovvero il riconoscimento dello sgravio da parte dell’ente creditore, effettuati in una data successiva a quella di iscrizione a ruolo, devono essere tempestivamente comunicati dall’ente creditore al concessionario della riscossione. L’ente creditore rilascia al debitore, in triplice copia, una dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento ovvero lo sgravio totale riconosciuto; la dichiarazione è opponibile al concessionario (159).

1-ter. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1-bis ed è approvato il modello di dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento o lo sgravio totale. La dichiarazione deve essere rilasciata dall’ente creditore in triplice copia (160).

1-quater. Nei casi di opposizione all’attività di riscossione di cui al comma 1-bis, il concessionario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’attività di riscossione qualora l’ente creditore non abbia inviato la comunicazione dell’avvenuto pagamento o dello sgravio totale riconosciuto al debitore (161).

2. Il procedimento di espropriazione forzata è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalle disposizioni del presente capo e con esso compatibili; gli atti relativi a tale procedimento sono notificati con le modalità previste dall’articolo 26 (162).

3. Le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione (163) .

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(158) Comma così modificato prima dal comma 415 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 e poi dal comma 3-bis dell’art. 3, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(159) Comma aggiunto dal comma 3-bis dell’art. 3, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(160) Comma aggiunto dal comma 3-bis dell’art. 3, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(161) Comma aggiunto dal comma 3-bis dell’art. 3, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(162)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(163)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 50. Termine per l’inizio dell’esecuzione.

1. Il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento.

2. Se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni (164).

3. L’avviso di cui al comma 2 è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla data della notifica (165).

__________________

(164)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(165)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 51. Surroga del concessionario in procedimenti esecutivi già iniziati.

1. Qualora sui beni del debitore sia già iniziato un altro procedimento di espropriazione, il concessionario può dichiarare al giudice dell’esecuzione di volersi surrogare al creditore procedente, indicando il credito in relazione al quale la surroga è esercitata. La dichiarazione è notificata al creditore procedente ed al debitore.

2. Se entro dieci giorni dalla notificazione il creditore procedente o il debitore non hanno corrisposto al concessionario l’importo del suo credito, il concessionario resta surrogato negli atti esecutivi già iniziati e li prosegue secondo le norme del presente titolo.

3. Il concessionario può esercitare il diritto di surroga fino al momento dell’aggiudicazione o dell’assegnazione (166).

__________________

(166)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 52. Procedimento di vendita.

1. La vendita dei beni pignorati è effettuata, mediante pubblico incanto o nelle altre forme previste dal presente decreto, a cura del concessionario, senza necessità di autorizzazione dell’autorità giudiziaria.

2. L’incanto è tenuto e verbalizzato dall’ufficiale della riscossione (167) .

__________________

(167)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 53. Cessazione dell’efficacia del pignoramento e cancellazione della trascrizione.

1. Il pignoramento perde efficacia quando dalla sua esecuzione sono trascorsi centoventi giorni senza che sia stato effettuato il primo incanto.

2. Se il pignoramento è stato trascritto in pubblico registro mobiliare o immobiliare, il concessionario, nell’ipotesi prevista dal comma 1 ed in ogni altro caso di estinzione del procedimento richiede entro dieci giorni al conservatore la cancellazione della trascrizione (168).

__________________

(168)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 18 dello stesso decreto. Il modello previsto dal comma 3 dell’art. 50 è stato approvato con D.Dirig. 28 giugno 1999.

Articolo 54. Intervento dei creditori.

1. I creditori che intendono intervenire nell’esecuzione debbono notificare al concessionario un atto contenente le indicazioni prescritte dal secondo comma dell’articolo 499 del codice di procedura civile.

2. L’intervento conferisce ai creditori soltanto il diritto di partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni pignorati .

3. I creditori chirografari che intervengono oltre la data fissata per primo incanto o, nel caso di espropriazione presso terzi, per l’assegnazione del credito pignorato, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo che sono stati soddisfatti i diritti del concessionario, dei creditori aventi diritto di prelazione e dei creditori chirografari intervenuti prima di detta data (169).

__________________

(169)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 55. Divieto per il concessionario di acquisto dei beni pignorati.

1. Fermo il disposto degli articoli 539 e 553 del codice di procedura civile, il concessionario non può chiedere l’assegnazione dei beni pignorati, né rendersi acquirente dei medesimi negli incanti, neppure per interposta persona (170) (171).

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(170)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(171)  Vedi, anche, l’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 56. Deposito degli atti e del prezzo.

1. Gli atti del procedimento di espropriazione, compresa la prova degli adempimenti prescritti dall’articolo 498 del codice di procedura civile, sono depositati, a cura del concessionario, nella cancelleria del giudice dell’esecuzione nel termine di dieci giorni dalla vendita.

2. Nello stesso termine, salvo quanto previsto dal comma 3, la somma ricavata dalla vendita è consegnata al cancelliere per essere depositata nella forma dei depositi giudiziari.

3. Se nell’esecuzione non sono intervenuti altri creditori aventi diritto ad essere soddisfatti con preferenza o in via concorrente rispetto al concessionario, ovvero se la somma ricavata è sufficiente a soddisfarli integralmente, il giudice dell’esecuzione autorizza il concessionario a trattenere l’ammontare del suo credito, depositando in cancelleria l’eventuale eccedenza, ovvero, se non sono intervenuti altri creditori, restituendola al debitore (172).

__________________

(172)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 57. Opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi.

1. Non sono ammesse:

a) le opposizioni regolate dall’articolo 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;

b) le opposizioni regolate dall’articolo 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

2. Se è proposta opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti avanti a sé con decreto steso in calce al ricorso, ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell’udienza, l’estratto del ruolo e copia di tutti gli atti di esecuzione (173) (174) .

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(173)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(174)  Vedi, anche, l’art. 29, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 58. Opposizione di terzi.

1. L’opposizione prevista dall’articolo 619 del codice di procedura civile deve essere promossa prima della data fissata per il primo incanto.

2. L’opposizione non può essere proposta quando i mobili pignorati nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore iscritto a ruolo o dei coobbligati, o in altri luoghi a loro appartenenti, hanno formato oggetto di una precedente vendita nell’ambito di una procedura di espropriazione forzata promossa dal concessionario a carico del medesimo debitore o dei medesimi coobbligati (175).

3. Il coniuge, i parenti e gli affini fino al terzo grado del debitore iscritto a ruolo e dei coobbligati, per quanto riguarda i beni mobili pignorati nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore o del coobbligato, o in altri luoghi a loro appartenenti, possono dimostrare la proprietà del bene esclusivamente con atti pubblici o scritture private di data certa anteriore:

a) alla presentazione della dichiarazione, se prevista e se presentata;

b) al momento in cui si è verificata la violazione che ha dato origine all’iscrizione a ruolo, se non è prevista la presentazione della dichiarazione o se la dichiarazione non è comunque stata presentata;

c) al momento in cui si è verificato il presupposto dell’iscrizione a ruolo, nei casi non rientranti nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) (176) .

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(175)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(176)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 59. Risarcimento dei danni.

1. Chiunque si ritenga leso dall’esecuzione può proporre azione contro il concessionario dopo il compimento dell’esecuzione stessa ai fini del risarcimento dei danni.

2. Il concessionario risponde dei danni e delle spese del giudizio anche con la cauzione prestata, salvi i diritti degli enti creditori (177).

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(177)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 60. Sospensione dell’esecuzione.

1. Il giudice dell’esecuzione non può sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno (178).

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(178)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 61. Estinzione del procedimento per pagamento del debito.

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 48, comma 1, il procedimento di espropriazione si estingue se il debitore o un terzo, in qualunque momento anteriore alla vendita, paga all’ufficiale della riscossione la somma portata dal ruolo, i relativi accessori e le spese, ovvero gli esibisce la prova dell’avvenuto pagamento (179) (180).

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(179)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(180)  Articolo così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

Sezione II

Disposizioni particolari in materia di espropriazione mobiliare

Articolo 62. Disposizioni particolari sui beni pignorabili.

1. I beni mobili indicati nel numero 4 del primo comma dell’articolo 514 del codice di procedura civile possono essere pignorati nei casi in cui sono soggetti al privilegio previsto dall’articolo 2759 del codice civile.

2. I frutti dei fondi del debitore soggetti al privilegio stabilito dall’articolo 2771 del codice civile possono essere pignorati nelle forme dell’espropriazione presso il debitore ancorché i fondi stessi siano affittati (181).

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(181)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 63. Astensione dal pignoramento.

1. L’ufficiale della riscossione deve astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento quando è dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai soggetti indicati dall’articolo 58, comma 3, in virtù di titolo avente data anteriore all’anno cui si riferisce l’entrata iscritta a ruolo. Tale dimostrazione può essere offerta soltanto mediante esibizione di atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero di sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima di detto anno (182) .

__________________

(182)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 64. Custodia dei beni pignorati.

1. Salvo quanto disposto dall’articolo 520, primo comma, del codice di procedura civile e dall’articolo 70, la custodia dei beni mobili pignorati è affidata allo stesso debitore o a un terzo. Il concessionario non può essere nominato custode.

2. Il concessionario può in ogni tempo disporre la sostituzione del custode.

3. In mancanza di persone idonee all’affidamento della custodia, i beni pignorati sono presi in consegna dal comune (183).

__________________

(183)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 65. Notifica del verbale di pignoramento.

1. Il verbale di pignoramento è notificato al debitore.

2. La notificazione, se al pignoramento assiste il debitore o un suo rappresentante, è eseguita mediante consegna allo stesso di una copia del verbale (184) .

__________________

(184)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 66. Avviso di vendita dei beni pignorati.

1. Per procedere alla vendita dei beni pignorati il concessionario affigge alla casa comunale, per cinque giorni consecutivi anteriori alla data fissata per il primo incanto, un avviso contenente la descrizione dei beni e l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo del primo e del secondo incanto (185).

2. Il primo incanto non può aver luogo prima che siano decorsi dieci giorni dal pignoramento. Il secondo incanto non può aver luogo nello stesso giorno stabilito per il primo e deve essere fissato non oltre il decimo giorno dalla data del primo incanto.

3. Su istanza del debitore o del concessionario, il giudice può ordinare che degli incanti, ferma la data fissata per gli stessi, sia data notizia al pubblico a mezzo di giornali o con altre idonee forme di pubblicità commerciale. Le spese sono anticipate dalla parte richiedente (186).

__________________

(185)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(186)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 67. Incanto anticipato.

1. Se vi è pericolo di deterioramento dei beni pignorati o quando la conservazione degli stessi risulta eccessivamente onerosa, il giudice dell’esecuzione può autorizzare il concessionario a procedere all’incanto in deroga ai termini previsti dall’articolo 66 (187).

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(187)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 68. Prezzo base del primo incanto.

1. Se il valore dei beni pignorati non risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base del primo incanto è determinato dal valore ad essi attribuito nel verbale di pignoramento.

2. Tuttavia, quando il concessionario lo richiede, e in ogni caso per gli oggetti preziosi, il prezzo base è stabilito da uno stimatore designato dal giudice dell’esecuzione. Nello stesso modo si provvede, sentito il concessionario, se vi è richiesta del debitore e la nomina dello stimatore risulti opportuna in rapporto alle particolari caratteristiche dei beni pignorati (188).

__________________

(188)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 69. Secondo incanto.

1. Nel secondo incanto, salvo quanto previsto dall’articolo 539 del codice di procedura civile, i beni sono venduti al miglior offerente ad un prezzo non inferiore alla metà del prezzo base del primo incanto (189).

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(189)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 70. Beni invenduti.

1. Se i beni restano invenduti anche al secondo incanto, il concessionario entro tre mesi procede alla vendita a trattativa privata per un prezzo non inferiore alla metà del prezzo base del secondo incanto o ad un terzo incanto ad offerta libera.

2. I beni rimasti invenduti anche dopo l’applicazione delle disposizioni del comma 1 sono messi a disposizione del debitore, che, ove ne sia stato effettuato l’asporto, è invitato a ritirarli entro il termine di quindici giorni dalla notificazione dell’invito.

3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, i beni non ritirati sono distrutti o donati, senza liberazione del debitore, ad enti di beneficenza ed assistenza, secondo le determinazioni del concessionario, che ne redige verbale (190).

__________________

(190)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 71. Intervento degli istituti vendite giudiziarie.

1. Per l’asporto, la custodia e la vendita dei beni mobili, anche registrati, sottoposti a pignoramento, il concessionario può avvalersi degli istituti previsti dall’articolo 159 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

2. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabilite le modalità di intervento dei predetti istituti nella procedura esecutiva e la remunerazione ad essi spettante (191) (192).

__________________

(191)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 18 dicembre 2001, n. 455.

(192)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Sezione III

Disposizioni particolari in materia di espropriazione presso terzi

Articolo 72. Pignoramento di fitti o pigioni.

1. L’atto di pignoramento di fitti o pigioni dovute da terzi al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati contiene, in luogo della citazione di cui al numero 4) dell’articolo 543 del codice di procedura civile, l’ordine all’affittuario o all’inquilino di pagare direttamente al concessionario i fitti e le pigioni scaduti e non corrisposti nel termine di quindici giorni dalla notifica ed i fitti e le pigioni a scadere alle rispettive scadenze fino a concorrenza del credito per cui il concessionario procede.

2. Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento si procede, previa citazione del terzo intimato e del debitore, secondo le norme del codice di procedura civile (193).

__________________

(193)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 72-bis. Pignoramento dei crediti verso terzi.

1. Salvo che per i crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto, del codice di procedura civile, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

a) nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

1-bis. L’atto di cui al comma 1 può essere redatto anche da dipendenti dell’agente della riscossione procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione e, in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione e non è soggetto all’annotazione di cui all’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (194).

2. Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 72, comma 2 (195) .

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(194) Comma aggiunto dal comma 141 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(195)  Articolo aggiunto dal comma 40 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi così sostituito dal comma 6 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

Articolo 73. Pignoramento di cose del debitore in possesso di terzi.

1. Salvo quanto previsto dal comma 1-bis, se il terzo, presso il quale il concessionario ha proceduto al pignoramento, si dichiara o è dichiarato possessore di beni appartenenti al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati, il giudice dell’esecuzione ordina la consegna dei beni stessi al concessionario, che procede alla vendita secondo le norme del presente titolo (196) (197) (198).

1-bis. Il pignoramento dei beni di cui al comma 1 del presente articolo può essere effettuato dall’agente della riscossione anche con le modalità previste dall’articolo 72-bis; in tal caso, lo stesso agente della riscossione rivolge un ordine di consegna di tali beni al terzo, che adempie entro il termine di trenta giorni, e successivamente procede alla vendita (199).

__________________

(196) Comma così modificato dal comma 142 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(197)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(198)  Articolo così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(199) Comma aggiunto dal comma 142 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

Articolo 74. Vendita e assegnazione dei crediti pignorati.

1. Il concessionario, per la vendita dei crediti pignorati e per la riscossione dei crediti a lui assegnati, si avvale della procedura prevista nel presente titolo (200).

2. Il concessionario, se diviene assegnatario di un credito verso lo Stato, pagabile a rate per un periodo che supera di quattro anni la scadenza del contratto di concessione, può cedere il credito all’erario e ha diritto al discarico della quota per inesigibilità.

3. Della cessione viene dato atto con verbale del cancelliere (201).

__________________

(200)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(201)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 75. Pignoramenti presso pubbliche amministrazioni.

1. Se il pignoramento di crediti verso lo Stato, le regioni, le province, i comuni ed ogni altro ente sottoposto al controllo della corte dei conti ha avuto, in tutto o in parte, esito negativo, gli enti indicati non possono effettuare pagamenti in favore dell’esecutato per un periodo di cinque anni dalla data della dichiarazione prevista dall’articolo 547 del codice di procedura civile, se egli non prova, con attestazione rilasciata dal concessionario, l’avvenuto pagamento del credito per il quale si è proceduto.

2. La disposizione del comma 1 non si applica ai pagamenti corrispondenti a crediti dichiarati impignorabili per legge (202).

__________________

(202)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 75-bis. Dichiarazione stragiudiziale del terzo.

1. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, l’agente della riscossione, prima di procedere ai sensi degli articoli 72 e 72-bis del presente decreto e degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile ed anche simultaneamente all’adozione delle azioni esecutive e cautelari previste nel presente decreto, può chiedere a soggetti terzi, debitori del soggetto che è iscritto a ruolo o dei coobbligati, di indicare per iscritto, ove possibile in modo dettagliato, le cose e le somme da loro dovute al creditore.

2. Nelle richieste formulate ai sensi del comma 1 è fissato un termine per l’adempimento non inferiore a trenta giorni dalla ricezione. In caso di inadempimento, si applicano le disposizioni previste dall’articolo 10 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. All’irrogazione della relativa sanzione provvede, su documentata segnalazione dell’agente della riscossione procedente e con le modalità previste dall’articolo 16, commi da 2 a 7, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, l’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del soggetto cui è stata rivolta la richiesta.

3. Gli agenti della riscossione possono procedere al trattamento dei dati acquisiti ai sensi del presente articolo senza rendere l’informativa prevista dall’articolo 13 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (203).

__________________

(203)  Articolo aggiunto dal comma 425 dell’art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 e poi così sostituito dal comma 8 dell’art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

Sezione IV

Disposizioni particolari in materia di espropriazione immobiliare

Articolo 76. Espropriazione immobiliare.

1. Il concessionario può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente ottomila euro. Tale limite può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze (204).

2. Il concessionario non procede all’espropriazione immobiliare se il valore del bene, determinato a norma dell’articolo 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, è inferiore all’importo indicato nel comma 1 (205).

__________________

(204)  Comma così modificato prima dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193 e poi dal comma 40 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, come modificato dalla relativa legge di conversione. Per la riduzione del limite di importo di cui al presente comma vedi l’art. 16-bis, L. 27 dicembre 2002, n. 289, aggiunto dal comma 7 dell’art. 32, D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

(205)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 77. Iscrizione di ipoteca.

1. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede (206).

2. Se l’importo complessivo del credito per cui si procede non supera il cinque per cento del valore dell’immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell’articolo 79, il concessionario, prima di procedere all’esecuzione, deve iscrivere ipoteca. Decorsi sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all’espropriazione (207) (208) (209).

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(206)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(207)  Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(208)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(209) Vedi, anche, il comma 1 dell’art. 19, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dal comma 26-quinquies dell’art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, l’art. 16-bis, L. 27 dicembre 2008, n. 289, aggiunto dal comma 7 dell’art. 32, D.L. 29 novembre 2008, n. 185 e il comma 2-ter dell’art. 3, D.L. 25 marzo 2010, n. 40, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Articolo 78. Avviso di vendita.

1. Il pignoramento immobiliare si esegue mediante la trascrizione, a norma dell’articolo 555, secondo comma, del codice di procedura civile, di un avviso contenente:

a) le generalità del soggetto nei confronti del quale si procede;

b) la descrizione degli immobili con le indicazioni catastali e la precisazione dei confini;

c) l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di cui all’articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;

d) il giorno, l’ora e il luogo del primo, del secondo e del terzo incanto, con intervallo minimo di venti giorni;

e) l’importo complessivo del credito per cui si procede, distinto per imposta, per periodo d’imposta, per interessi di mora e per spese di esecuzione già maturate (210);

f) il prezzo base dell’incanto;

g) la misura minima dell’aumento da apportare alle offerte;

h) l’avvertenza che le spese di vendita e gli oneri tributari concernenti il trasferimento sono a carico dell’aggiudicatario;

i) l’ammontare della cauzione ed il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti;

l) il termine di versamento del prezzo di cui all’articolo 82, comma 1;

m) l’ingiunzione ad astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni assoggettati all’espropriazione e i frutti di essi.

2. Entro cinque giorni dalla trascrizione l’avviso di vendita è notificato al soggetto nei confronti del quale si procede. In mancanza della notificazione non può procedersi alla vendita (211).

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(210)  Lettera così modificata dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(211)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 79. Prezzo base e cauzione.

1. Il prezzo base dell’incanto è pari all’importo stabilito a norma dell’articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, moltiplicato per tre (212).

2. Se non è possibile determinare il prezzo base secondo le disposizioni del comma 1, il concessionario richiede l’attribuzione della rendita catastale del bene stesso al competente ufficio del territorio, che provvede entro centoventi giorni; se si tratta di terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, il prezzo è stabilito con perizia dell’ufficio del territorio.

3. La cauzione prevista dall’articolo 580 del codice di procedura civile è prestata al concessionario ed è fissata, per ogni incanto, nella misura del dieci per cento del prezzo base (213) .

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(212) Comma così modificato dall’art. 83, comma 24, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.

(213)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 80. Pubblicazione e notificazione dell’avviso di vendita.

1. Almeno venti giorni prima di quello fissato per il primo incanto l’avviso di vendita è inserito nel foglio degli annunci legali della provincia ed è affisso, a cura dell’ufficiale della riscossione, alla porta esterna della cancelleria del giudice dell’esecuzione e all’albo del comune o dei comuni nel cui territorio sono situati gli immobili.

2. Su istanza del soggetto nei confronti del quale si procede o del concessionario, il giudice può disporre che degli incanti, ferma la data fissata per gli stessi, sia data notizia al pubblico a mezzo di giornali o con altre idonee forme di pubblicità commerciale. Le spese sono anticipate dalla parte richiedente (214).

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(214)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 81. Secondo e terzo incanto.

1. Se la vendita non ha luogo al primo incanto per mancanza di offerte valide, si procede al secondo incanto nel giorno fissato dall’avviso di vendita e con un prezzo base inferiore di un terzo a quello precedente.

2. Qualora la vendita non abbia luogo nemmeno al secondo incanto, il concessionario procede ad un terzo incanto, con un prezzo base inferiore di un terzo a quello del precedente incanto (215).

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(215)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 82. Versamento del prezzo.

1. L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine di trenta giorni dall’aggiudicazione.

2. Se il prezzo non è versato nel termine, il giudice dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario e la perdita della cauzione a titolo di multa; il concessionario procede a nuovo incanto per un prezzo base pari a quello dell’ultimo incanto. Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello della precedente aggiudicazione, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza (216).

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(216)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 83. Progetto di distribuzione.

1. Se vi è intervento di altri creditori, il concessionario deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, nel termine di dieci giorni dal versamento del prezzo, unitamente agli atti del procedimento, un progetto di distribuzione delle somme ricavate (217).

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(217)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 84. Distribuzione della somma ricavata.

1. Il giudice dell’esecuzione, se non vi sono creditori intervenuti, provvede a norma dell’articolo 510, primo comma, del codice di procedura civile.

2. In caso di intervento di altri creditori, il giudice dell’esecuzione, apportate le eventuali variazioni al progetto di distribuzione presentato dal concessionario, provvede a norma dell’articolo 596 del codice di procedura civile (218).

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(218)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 85. Assegnazione dell’immobile allo Stato.

1. Se il terzo incanto ha esito negativo, il concessionario, nei dieci giorni successivi, chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli atti del procedimento.

2. Il giudice dell’esecuzione dispone l’assegnazione, secondo la procedura prevista dall’articolo 590 del codice di procedura civile. Il termine per il versamento del prezzo per il quale è stata disposta l’assegnazione non può essere inferiore a sei mesi (219).

3. In caso di mancato versamento del prezzo di assegnazione nel termine, il processo esecutivo si estingue se il concessionario, nei trenta giorni successivi alla scadenza di tale termine, non dichiara, su indicazione dell’ufficio che ha formato il ruolo, di voler procedere a un ulteriore incanto per un prezzo base inferiore di un terzo rispetto a quello dell’ultimo incanto. Il processo esecutivo si estingue comunque se anche tale incanto ha esito negativo (220) (221).

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(219)  Comma così modificato dal comma 40 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(220)  Comma così modificato dal comma 40 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(221)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Vedi, anche, l’art. 30, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Capo III

Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati

Articolo 86. Fermo di beni mobili registrati.

1. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza (222) .

2. Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede .

3. Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione prevista dall’articolo 214, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

4. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo (223) (224) .

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(222)  Comma così sostituito dall’art. 1, D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(223)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(224)  Per l’interpretazione autentica delle disposizioni di cui al presente articolo vedi il comma 41 dell’art. 3, D.L. 30 settembre 2005, n. 203. Il regolamento in materia di fermo amministrativo dei veicoli a motore e degli autoscafi è stato approvato con D.M. 7 settembre 1998, n. 503. Vedi, anche, il comma 1 dell’art. 19, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dal comma 26-quinquies dell’art. 35, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

Capo IV

Procedure concorsuali

Sezione I

Fallimento e liquidazione coatta amministrativa

Articolo 87. Ricorso per la dichiarazione di fallimento e domanda di ammissione al passivo (225).

1. Il concessionario può, per conto dell’Agenzia delle entrate, presentare il ricorso di cui all’articolo 6 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

2. Se il debitore, a seguito del ricorso di cui al comma 1 o su iniziativa di altri creditori, è dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionario chiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo della procedura.

2-bis. L’agente della riscossione cui venga comunicata la proposta di concordato, ai sensi degli articoli 125 o 126 del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la trasmette senza ritardo all’Agenzia delle Entrate, anche in deroga alle modalità indicate nell’articolo 36 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e la approva, espressamente od omettendo di esprimere dissenso, solamente in base a formale autorizzazione dell’Agenzia medesima (226).

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(225)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Successivamente il presente articolo è stato così sostituito dall’art. 3, comma 1, D.L. 8 luglio 2002, n. 138.

(226) Comma aggiunto dal comma 3 dell’art. 29, D.L. 31 maggio 2010, n. 78.

Articolo 88. Ammissione al passivo con riserva.

1. Se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passivo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva a norma dell’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

2. Nel fallimento, la riserva è sciolta dal giudice delegato con decreto, su istanza del curatore o del concessionario, quando è inutilmente decorso il termine prescritto per la proposizione della controversia davanti al giudice competente, ovvero quando il giudizio è stato definito con decisione irrevocabile o risulta altrimenti estinto.

3. Nella liquidazione coatta amministrativa, il commissario liquidatore provvede direttamente, o su istanza del concessionario, allo scioglimento della riserva nei casi indicati nel comma 2, apportando le conseguenti variazioni all’elenco dei crediti ammessi.

4. Il provvedimento di scioglimento della riserva è comunicato al concessionario dal curatore o dal commissario liquidatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Contro di esso il concessionario, nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, può proporre reclamo al tribunale, che decide in camera di consiglio con decreto motivato, sentite le parti.

5. Se all’atto delle ripartizioni parziali o della ripartizione finale dell’attivo la riserva non risulta ancora sciolta si applicano, rispettivamente, il numero 3 dell’articolo 113 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ed il secondo periodo del secondo comma dell’articolo 117 della medesima legge (227) (228).

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(227)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(228)  Vedi, anche, l’art. 31, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 89. Esenzione dell’azione revocatoria.

1. I pagamenti di imposte scadute non sono soggetti alla revocatoria prevista dall’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (229).

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(229)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Sezione II

Concordato preventivo e amministrazione controllata

Articolo 90. Ammissione del debitore al concordato preventivo o all’amministrazione controllata.

1. Se il debitore è ammesso al concordato preventivo o all’amministrazione controllata, il concessionario compie, sulla base del ruolo, ogni attività necessaria ai fini dell’inserimento del credito da esso portato nell’elenco dei crediti della procedura.

2. Se sulle somme iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è comunque inserito in via provvisoria nell’elenco ai fini previsti agli articoli 176, primo comma, e 181, terzo comma, primo periodo del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (230) (231).

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(230)  L’intero titolo II (artt. da 45 a 90) è stato così sostituito dall’art. 16, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(231)  Vedi, anche, l’art. 31, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Articolo 91-91-bis. … (232).

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(232)  Nell’attuale formulazione del Titolo II (artt. da 45 a 90) non sono stati riprodotti gli artt. 91 e 91-bis. Tale ultimo articolo era stato aggiunto dall’art. 5, D.L. 31 dicembre 1996, n. 669.

TITOLO III

Sanzioni (233)

Articolo 92. Ritardi od omessi versamenti diretti.

[Chi non esegue entro le prescritte scadenze i versamenti diretti previsti dall’art. 3, primo comma, numeri 3) e 6) e secondo comma lettera c), o li effettua in misura inferiore è soggetto alla soprattassa del quindici per cento delle somme non versate (234). La soprattassa è del cinquanta per cento nel caso che siano ritardati od omessi, in tutto o in parte, gli altri versamenti diretti previsti dall’art. 3. Le soprattasse si applicano anche sul maggiore ammontare delle imposte e delle ritenute alla fonte liquidato dall’ufficio delle imposte ai sensi degli artt. 36-bis, secondo comma, e 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (235) (236).

Le soprattasse di cui al comma precedente sono rispettivamente ridotte al tre per cento e al dieci per cento se il versamento diretto viene eseguito entro i tre giorni successivi a quello di scadenza (237).

… (238).

È fatto salvo in ogni caso il pagamento degli interessi previsti dall’art. 9 (239)] (240).

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(233)  Vedi, anche, sulle sanzioni in materia di riscossione, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

(234)  Per l’aumento al quaranta per cento della misura della soprattassa vedi, l’art. 1, D.L. 20 novembre 1981, n. 661. Vedi, anche, l’art. 6, comma 3, D.L. 31 maggio 1994, n. 330 e l’art. 6-bis, D.L. 29 settembre 1997, n. 328, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(235)  Comma così modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(236)  Comma così modificato dall’art. 2, D.P.R. 14 aprile 1982, n. 309 (Gazz. Uff. 7 giugno 1982, n. 154).

(237)  Comma così modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(238)  Seguiva un comma abrogato dall’art. 13, D.L. 10 luglio 1982, n. 429.

(239)  Vedi l’art. 1, D.L. 4 marzo 1976, n. 30.

(240)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 92-bis. Mancata o irregolare documentazione probatoria.

[1. È soggetto alla pena pecuniaria dal 40 al 120 per cento della maggiore imposta liquidata ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, chi, a richiesta dell’ufficio, non esibisce o non trasmette idonea documentazione dei crediti di imposta spettanti e dei versamenti, nonché degli oneri deducibili, delle detrazioni d’imposta, e delle ritenute alla fonte che hanno concorso a determinare l’imposta o il rimborso indicati nella dichiarazione dei redditi. In tali casi non si applica la soprattassa di cui al primo comma dell’articolo 92 (241) ] (242).

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(241)  Aggiunto dall’art. 6, D.L. 31 maggio 1994, n. 330.

(242)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 93. Versamenti ad ufficio incompetente.

[È soggetto alla pena pecuniaria da un ventesimo a un decimo delle somme versate:

a) chi esegue i versamenti diretti ad esattoria incompetente;

b) chi versa ad una sezione di tesoreria somme delle quali è prescritto il versamento diretto all’esattoria;

c) chi versa in esattoria somme delle quali è prescritto il versamento diretto ad una sezione di tesoreria (243) ] (244).

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(243)  Così sostituito dall’art. 2, D.P.R. 26 maggio 1979, n. 249.

(244)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 94. Incompletezza delle distinte di versamento.

[Nei casi di incompletezza della distinta prevista dall’art. 6 o del documento di conto corrente postale di cui all’art. 7 si applica a carico del soggetto d’imposta la pena pecuniaria da lire 18.000 a lire 120.000 (245).

L’esattore è tenuto a comunicare l’infrazione all’ufficio delle imposte] (246).

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(245)  La misura della pena pecuniaria è stata così elevata dall’art. 8, comma 1, D.L. 30 settembre 1989, n. 332.

(246)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 95. Violazione dell’obbligo delle ritenute alla fonte.

[Chi non opera in tutto o in parte le ritenute alla fonte è soggetto alla soprattassa pari al venti per cento dell’ammontare non trattenuto, salva l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 92 quando sia stato omesso il versamento] (247).

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(247)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 96. Pagamenti di crediti a contribuenti morosi.

[Per l’inosservanza della disposizione dell’art. 77, primo comma, si applica la pena pecuniaria pari a un decimo della somma corrisposta] (248).

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(248)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 97. Morosità nel pagamento di imposte riscosse mediante ruoli.

[Per il mancato pagamento di tutte o dell’unica rata di un medesimo ruolo quando il relativo ammontare è superiore alle lire 500.000 si applica la pena pecuniaria da lire 300.000 a lire 1.800.000 (249) ] (250).

[Del mancato pagamento l’esattore deve dare comunicazione all’ufficio delle imposte entro sessanta giorni dalla scadenza della rata dalla quale si è verificata la morosità (251) ] (252).

[Se il mancato pagamento è posto in essere da soggetti esercenti imprese commerciali l’intendente di finanza promuove la dichiarazione di fallimento, ferma restando l’applicazione della pena pecuniaria di cui al primo comma (253) ] (254).

[La dichiarazione di fallimento può essere promossa anche nei confronti dei responsabili solidali di cui all’art. 34 purché si trovino nelle condizioni previste dal comma precedente] (255).

[Non si fa luogo all’applicazione della pena pecuniaria se il contribuente prova che il mancato pagamento è stato determinato da impossibilità economica] (256).

[Il contribuente che, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte, interessi, soprattasse e pene pecuniarie dovuti, ha compiuto, dopo che sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche o sono stati notificati gli inviti e le richieste previsti dalle singole leggi di imposta ovvero sono stati notificati atti di accertamento o iscrizioni a ruolo, atti fraudolenti sui propri o su altrui beni che hanno reso in tutto o in parte inefficace la relativa esecuzione esattoriale, è punito con la reclusione fino a tre anni. La disposizione non si applica se l’ammontare delle somme non corrisposte non è superiore a lire 10 milioni] (257).

[La condanna per il reato di cui al precedente comma importa, per un periodo di tre anni, le interdizioni previste negli articoli 28 e 30 del codice penale e l’incapacità prevista nell’art. 2641 del codice civile nonché la cancellazione, per lo stesso periodo, dall’albo nazionale dei costruttori e dagli albi o elenchi dei fornitori delle pubbliche amministrazioni. Le stesse pene accessorie possono essere applicate provvisoriamente durante l’istruzione o il giudizio a norma del codice penale] (258).

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(249)  La misura della pena pecuniaria è stata così elevata dall’art. 8, comma 1, D.L. 30 settembre 1989, n. 332.

(250)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

(251)  Vedi, anche, l’art. 2, L. 8 agosto 1995, n. 349.

(252)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

(253)  La Corte costituzionale, con sentenza 21 febbraio-9 marzo 1992, n. 89 (Gazz. Uff. 18 marzo 1992, n. 12 – Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 97, terzo comma, del presente decreto.

(254)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

(255)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

(256)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

(257)  Comma prima sostituito dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413, e successivamente abrogato dall’art. 25, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

(258)  L’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ha abrogato gli artt. da 92 a 96, 97, ad eccezione del comma 6 e 98 del presente decreto.

Articolo 98. Applicazione delle sanzioni.

[Gli uffici delle imposte provvedono, con provvedimento motivato notificato al contribuente, all’applicazione delle pene pecuniarie e della soprattassa e a fare rapporto all’autorità giudiziaria per le violazioni costituenti reato.

Contro il provvedimento di irrogazione delle sanzioni è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.

Le pene pecuniarie e soprattasse irrogate dagli uffici delle imposte sono iscritte in ruoli speciali entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo.

Se è stato proposto ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario il provvedimento si considera definitivo dopo sessanta giorni dalla notificazione della decisione della commissione centrale o della sentenza della corte di appello o dell’ultima decisione non impugnata.

Le soprattasse dovute ai sensi dell’art. 92 sono iscritte direttamente in ruolo speciale in base alla dichiarazione alla quale i ritardati od omessi versamenti si riferiscono (259).

Al pagamento delle soprattasse o delle pene pecuniarie sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente, coloro che ne hanno la rappresentanza .

L’ammontare delle pene pecuniarie e delle soprattasse spetta in ogni caso allo Stato] (260).

__________________

(259)  Comma aggiunto dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

(260)  Articolo abrogato dall’art. 16, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

TITOLO IV

Norme transitorie e finali

Articolo 99. Versamento delle ritenute sui dividendi.

Le ritenute alla fonte sugli utili indicati nell’art. 1 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745 , la cui distribuzione è deliberata anteriormente al 1° gennaio 1974, sono versate alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato nella misura e nei termini stabiliti nella stessa legge.

Articolo 100. Versamento in tesoreria e iscrizione a ruolo di tributi soppressi.

Le disposizioni degli articoli 168, 169, 170, 172, 260 e 264 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 , seguitano ad applicarsi per i versamenti ivi previsti e relativi ai periodi di imposta anteriori al 1° gennaio 1974.

Per le iscrizioni a ruolo di tributi soppressi in virtù dell’art. 82 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 , e relativi a periodi d’imposta anteriori al 1° gennaio 1974, rimangono in vigore gli artt. 174, 175, 178, 180 e 183 del citato testo unico.

Per i ricorsi proposti dal 1° gennaio 1974 si applicano le disposizioni dell’art. 15 del presente decreto.

Le disposizioni dell’art. 176 del citato testo unico operano per le iscrizioni provvisorie relative ai periodi di imposta anteriori al 1° gennaio 1974.

La riscossione dei tributi di cui al secondo comma iscritti nei ruoli principali e suppletivi è ripartita in due rate consecutive con le scadenze indicate nell’art. 18 (261).

Gli aggi della riscossione mediante ruolo dei tributi soppressi restano a carico del contribuente.

__________________

(261)  Comma così modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920.

Articolo 100-bis. Acconti di imposte sui redditi dell’anno 1974.

I soggetti, che in base alla dichiarazione annuale dei redditi presentata nell’anno 1973 e alle risultanze dei registri catastali al 31 agosto dello stesso anno, risultano possessori di redditi imponibili di ricchezza mobile delle categorie B e C/1, di redditi dominicali dei terreni e di redditi di fabbricati sono tenuti al pagamento, nella misura e con le modalità stabilite nei seguenti articoli, di somme in acconto delle imposte sul reddito relative all’anno 1974 o al primo periodo d’imposta ricadente nell’anno stesso.

Gli acconti non sono dovuti per i redditi imponibili di ricchezza mobile delle categorie B e C/1 relativi ad attività delle quali sia stata denunciata la cessazione entro il 31 dicembre 1973 né per i redditi imponibili di ricchezza mobile delle società cooperative e loro consorzi esenti dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche ai sensi dell’art. 10 e dell’art. 11, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

Sui redditi imponibili di ricchezza mobile delle categorie B e C/1 gli acconti non sono dovuti quando l’ammontare degli acconti stessi, determinato con le aliquote indicate nel successivo art. 100-ter, non supera le lire ventimila.

Nei casi di trasformazione o fusione di società, avvenute posteriormente alla presentazione della dichiarazione di cui al primo comma, al pagamento degli acconti, commisurati agli imponibili dei soggetti preesistenti, sono tenuti i soggetti risultanti dalla trasformazione o fusione, ancorché l’iscrizione a ruolo sia effettuata a nome dei soggetti preesistenti (262).

__________________

(262)  Articolo aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 20 aprile 1974, n. 116 (Gazz. Uff. 3 maggio 1974, n. 114).

Articolo 100-ter. Ammontare degli acconti.

Gli acconti d’imposta sono dovuti nella misura:

a) del 15 per cento sui redditi imponibili di ricchezza mobile di categoria B dei soggetti indicati nell’art. 8, terzo comma del D.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645;

b) del 10 per cento sui redditi imponibili di ricchezza mobile di categoria B dei soggetti diversi di quelli di cui alla precedente lettera a);

c) del 10 per cento sui redditi imponibili di ricchezza mobile di categoria C/1 degli artisti e dei professionisti;

d) del 7 per cento sugli altri redditi imponibili di ricchezza mobile di categoria C/1;

e) del 12 per cento sui redditi dominicali dei terreni e sui redditi dei fabbricati.

L’aliquota di cui alla lettera a) è ridotta al 7,50 per cento per i soggetti indicati negli articoli 6 e 26 ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.

Le aliquote indicate nei precedenti commi si applicano sui redditi imponibili di ricchezza mobile di categoria B e C/1 risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate nell’anno 1973 e sui redditi dominicali dei terreni e sui redditi dei fabbricati risultanti dai registri catastali al 31 agosto dello stesso anno.

Dall’ammontare degli acconti relativi agli imponibili di cui alla lettera c) del primo comma è dedotto un ammontare pari alle ritenute d’acconto operate ai sensi degli articoli 128 e 143 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sulle somme che hanno concorso a formare gli imponibili stessi (263).

__________________

(263)  Articolo aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 20 aprile 1974, n. 116 (Gazz. Uff. 3 maggio 1974, n. 114).

Articolo 100-quater. Imputazione degli acconti alle imposte sul reddito dovute per l’anno 1974.

Gli acconti di imposta commisurati ai redditi imponibili di ricchezza mobile delle categorie B e C/1 sono detratti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche o dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche dovute per l’anno 1974 o per il primo periodo d’imposta ricadente nell’anno stesso.

Gli acconti d’imposta commisurati ai redditi imponibili di società ed associazioni di cui all’art. 5 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 sono detratti, nella proporzione indicata nel primo comma dello stesso articolo, dall’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta da ciascun socio o associato.

Gli acconti d’imposta commisurati ai redditi dominicali dei terreni e ai redditi dei fabbricati sono detratti dall’imposta locale sui redditi dovuta per l’anno 1974.

Nei casi di trasformazione e di fusione di cui agli artt. 15, secondo comma, e 16 quarto comma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, gli acconti commisurati ai redditi imponibili di ricchezza mobile delle società trasformate, fuse o incorporate sono detratti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta da ciascun socio o associato della società risultante dalla trasformazione o fusione o della società incorporante.

Se gli acconti d’imposta sono di ammontare superiore alle imposte, cui sono rispettivamente imputabili, dovute in base alla dichiarazione dei redditi dell’anno 1974 o agli accertamenti di ufficio ovvero alle risultanze dei registri catastali al 31 agosto dello stesso anno, il contribuente ha diritto al rimborso della differenza. Per i soggetti indicati nell’art. 27 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, il rimborso sarà effettuato solo se gli acconti risultino superiori alle imposte dovute per il periodo d’imposta costituito dalla frazione di esercizio posteriore al 31 dicembre 1973 e per il periodo d’imposta successivo (264).

__________________

(264)  Articolo aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 20 aprile 1974, n. 116 (Gazz. Uff. 3 maggio 1974, n. 114).

Articolo 100-quinquies. Riscossione degli acconti.

Gli acconti d’imposta di cui all’art. 100-bis sono iscritti in ruoli straordinari riscuotibili in due rate con scadenza al giorno 10 dei mesi di settembre e novembre dell’anno 1974 o in unica soluzione a questa ultima scadenza. La formazione dei ruoli straordinari non è soggetta alla autorizzazione dell’intendente di finanza prevista dall’art. 11, sesto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (265).

La mancata iscrizione a ruolo degli acconti non fa venir meno il diritto alla riscossione dell’intero ammontare delle imposte dalle quali sono detraibili gli acconti medesimi.

Ai fini della riscossione degli acconti di imposta vanno notificate speciali cartelle di pagamento recanti l’annotazione «acconti d’imposta per l’anno 1974».

Per la riscossione degli acconti di imposta di cui all’art. 100-bis si applicano le disposizioni del presente decreto (266).

__________________

(265)  Comma così sostituito dall’art. 3, D.L. 6 luglio 1974, n. 259.

(266)  Articolo aggiunto dall’art. 1, D.P.R. 20 aprile 1974, n. 116 (Gazz. Uff. 3 maggio 1974, n. 114).

Articolo 100-sexies. Iscrizione nei ruoli delle imposte dovute sui redditi dichiarati per l’anno 1974.

[L’imposta sul reddito delle persone fisiche e l’imposta locale sui redditi dovute dalle persone fisiche e dalle società e associazioni di cui all’articolo 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in base alle dichiarazioni dei redditi presentate nell’anno 1975, sono riscosse, oltre che nei termini stabiliti dagli artt. 11, 13, 17 e 18, in due rate consecutive con scadenza al giorno 10 dei mesi di novembre 1975 e febbraio 1976 o al giorno 10 dei mesi di febbraio ed aprile 1976 mediante iscrizione in ruoli principali da formare e trasmettere all’intendenza di finanza rispettivamente entro il 15 dei mesi di settembre e dicembre 1975.

Le imposte non iscritte, per qualsiasi motivo, nei ruoli principali di cui al precedente comma sono iscritte, senza la preventiva autorizzazione dell’intendente di finanza, in ruoli straordinari con scadenza non posteriore al giorno 10 del mese di aprile 1976.

Per l’iscrizione nei ruoli speciali delle somme di cui al secondo comma dell’art. 17, relative alle dichiarazioni presentate nell’anno 1975, il termine ivi previsto è prorogato di un anno] (267).

__________________

(267)  Articolo aggiunto dall’art. 4, D.P.R. 28 marzo 1975, n. 60 (Gazz. Uff. 28 marzo 1975, n. 84). Esso è stato rettificato con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 5 aprile 1975, n. 91, e poi abrogato dall’art. 16, L. 2 dicembre 1975, n. 576.

Articolo 101. Termini per sgravi e rimborsi relativi a tributi soppressi.

I termini per proporre ricorsi o istanze pendenti al 1° gennaio 1974, decorrono da tale data e i ricorsi e le istanze sono proposti nei modi e nelle forme stabiliti dal presente decreto e dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.

Articolo 102. Responsabilità solidale e privilegi relativi a tributi soppressi.

Per i tributi di cui all’art. 100, secondo comma, seguitano ad applicarsi le disposizioni previste agli articoli 196, 197, 207, 211 e 232 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645.

Articolo 103. Riscossione dei ruoli di enti diversi dallo Stato.

Le disposizioni di cui agli articoli 11 e 23 del presente decreto, concernenti rispettivamente la specie dei ruoli e l’esecutorietà dei medesimi, si applicano anche ai ruoli formati dagli enti locali per la riscossione dei tributi di propria pertinenza nonché ai ruoli di altri enti autorizzati per legge alla riscossione delle proprie entrate con tale procedura, ferma restando l’autonomia degli enti impositori che affidano per legge la riscossione delle proprie entrate ai concessionari circa la ripartizione in rate dei carichi in riscossione (268).

__________________

(268)  Articolo così modificato dall’art. 1, D.P.R. 13 dicembre 1977, n. 1119 (Gazz. Uff. 9 marzo 1978, n. 68).

Articolo 104. Disposizioni abrogate.

A decorrere dal 1° gennaio 1974 sono abrogate le disposizioni di cui al titolo X e al titolo XI, capo II, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, ed ogni altra disposizione non compatibile con le norme del presente decreto.

Articolo 105. Entrata in vigore.

Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 1974.


D.P.R. n. 600 del 29.09.1973

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600   (1).

Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi. (2)

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O.

(2) Vedi, anche, il T.U. approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 


 

Leggi: DPR 600-1973 aggiornato al 13 05 2017


D.P.R. 602/1973, artt. 23, 24, 25, 26

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 602   (1).

Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. (2)

 (1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 ottobre 1973, n. 268, S.O.

(2) Le parole «esattore» ed «esattoria», ove ricorrenti nel presente decreto, sono state sostituite dalla parola «concessionario» per il disposto dell’art. 35, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

 Art. 23 (Esecutorietà dei ruoli) (98) (99) (101) (100)

[1. Il visto di esecutorietà dei ruoli è apposto sul riassunto riepilogativo che ne costituisce parte integrante e viene inviato in copia alla competente ragioneria provinciale dello Stato. Il riassunto è redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.

2. Per i ruoli emessi dagli enti diversi dallo Stato e da amministrazioni statali diverse dal Ministero delle finanze il visto di esecutorietà è apposto direttamente dall’ente o dall’amministrazione che ha emesso il ruolo.

3. Con decreto del Ministro delle finanze sono individuati gli uffici dell’amministrazione finanziaria competenti all’apposizione del visto di esecutorietà. ]

_________________

(98)  Articolo abrogato dall’art. 37, comma 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, a decorrere dal 1° luglio 1999.

(99) Articolo prima sostituito dall’art. 15, L. 30 dicembre 1991, n. 413 e poi dall’art. 24, L. 27 dicembre 1997, n. 449.

(100) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-9 maggio 2003, n. 167 (Gazz. Uff. 14 maggio 2003, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 – nel testo anteriore alla modifica operata dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 – sollevata in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione.

(101) Vedi quanto disposto dall’art. 38 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46. Per l’individuazione degli uffici finanziari di cui al presente comma, il D.M. 2 marzo 1998 (Gazz. Uff. 12 marzo 1998, n. 59) ha così disposto:

« Art. 1. 1. Il visto di esecutorietà sui ruoli emessi dagli uffici del Dipartimento delle dogane deve essere apposto dalle direzioni compartimentali delle dogane ed imposte indirette territorialmente competenti.

2. Il visto di esecutorietà sui ruoli emessi dagli uffici del Dipartimento del territorio deve essere apposto dagli uffici del territorio e, ove questi non siano stati ancora attivati, dalle direzioni compartimentali del territorio, anche attraverso le proprie sezioni staccate.

3. Il visto di esecutorietà su tutti i ruoli dell’amministrazione finanziaria, con esclusione di quelli di cui ai commi 1 e 2 deve essere apposto dai centri di servizio per i ruoli da essi formati, ovvero dagli uffici delle entrate territorialmente competenti e, ove questi non siano stati ancora attivati, dalle direzioni regionali delle entrate, anche attraverso le proprie sezioni staccate.

4. Entro i termini di cui all’art. 24 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, gli uffici che hanno apposto il visto provvedono alla consegna dei ruoli al concessionario della riscossione».

Art. 24  (Consegna del ruolo al concessionario) (102) (104) (103)

1. L’ufficio consegna il ruolo al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce secondo le modalità indicate con decreto del ministero delle Finanze, di concerto con il ministero del Tesoro del bilancio e della programmazione economica .

2. Con lo stesso o con separato decreto sono individuati i compiti che possono essere affidati al consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari relativamente alla consegna dei ruoli e le ipotesi nelle quali l’affidamento dei ruoli ai concessionari avviene esclusivamente con modalità telematiche.

______________________

(102) Articolo modificato dall’art. 13, comma 2, D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787 e, successivamente, sostituito dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, a decorrere dal 1° luglio 1999.

(103) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-9 maggio 2003, n. 167 (Gazz. Uff. 14 maggio 2003, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 – nel testo anteriore alla modifica operata dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 – sollevata in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione.

(104) Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Art. 25  (Cartella di pagamento) (105) (110) (111) (112) (116) (117)

1. Il concessionario notifica la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

a)  del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dall’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; (108) (113)

b)  del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dall’articolo 36-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973;

c)  del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio. (106) (109)

2.   La cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. (114)

2-bis. La cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo. (107) (115)

3.   Ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo.

(105)  Articolo modificato dall’art. 3, D.P.R. 24 dicembre 1976, n. 920, dall’art. 13, comma 3, D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, dall’art. 24, comma 4, L. 27 dicembre 1997, n. 449 e, successivamente, sostituito dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, a decorrere dal 1° luglio 1999.

(106)  Comma modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, dall’art. 1, comma 417, lett. c), L. 30 dicembre 2004, n. 311, a decorrere dal 1° gennaio 2005, e, successivamente, dall’art. 1, comma 5-ter, lett. a), n. 2), D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156. A norma dell’art. 23, comma 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come sostituito dall’art. 1, comma 5-ter, lett. b), del medesimo D.L. 17 giugno 2005, n. 106, le disposizioni previste dal presente comma si applicano anche all’imposta sul valore aggiunto.

(107)  Comma inserito dall’art. 8, comma 1, lett. b), D.Lgs. 26 gennaio 2001, n. 32. A norma del comma 3, del medesimo art. 8, tali disposizioni si applicano ai ruoli resi esecutivi a decorrere dal 1° luglio 2001.

(108) Lettera sostituita dall’art. 37, comma 40, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

(109) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 aprile 2008, n. 178 (Gazz. Uff. 28 maggio 2008, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25, comma 1, come modificato dall’art. 1, comma 5-ter, lettera a), numero 2), del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, comma aggiunto dall’art. 1, comma 1, della legge di conversione 31 luglio 2005, n. 156, sollevate con riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione.

(110) La Corte costituzionale, con sentenza 7-15 luglio 2005, n. 280 (Gazz. Uff. 20 luglio 2005, n. 29 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

(111) La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 aprile 2000, n. 117 (Gazz. Uff. 3 maggio 2000, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 97 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta.

(112) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-9 maggio 2003, n. 167 (Gazz. Uff. 14 maggio 2003, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, 23, 24 e 25 – nel testo anteriore alla modifica operata dal decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 – sollevata in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 31, 41, 47, 53 e 97 della Costituzione.

(113) In deroga a quanto disposto dalla presente lettera vedi il comma 2 dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come sostituito dal comma 5-ter dell’art. 1, D.L. 17 giugno 2005, n. 106, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(114) Il modello di cui al presente comma è stato approvato con Provv. 20 marzo 2010.

(115) Vedi, anche, l’art. 18-bis, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

(116) Vedi, anche, il comma 2-bis dell’art. 36, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 (Gazz. Uff. 20 settembre 1999, n. 221), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(117) Con D.M. 8 novembre 1978 (Gazz. Uff. 28 novembre 1978, n. 332), modificato dal D.M. 27 gennaio 1981 (Gazz. Uff. 5 febbraio 1981, n. 35), dal D.M. 25 gennaio 1982 (Gazz. Uff. 4 febbraio 1982, n. 34) e dal D.M. 19 luglio 1982 (Gazz. Uff. 29 luglio 1982, n. 207), sono stati approvati i modelli delle cartelle di pagamento delle imposte dirette riscuotibili mediante ruoli. Con D.M. 14 luglio 1992 (Gazz. Uff. 28 luglio 1992, n. 176) sono stati approvati i modelli di cartelle di pagamento afferenti la riscossione tramite ruoli dei carichi tributari liquidati dai competenti uffici finanziari ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dei carichi tributari relativi a redditi accertati. Vedi, anche, il comma 4-ter dell’art. 36, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

Art. 26  (Notificazione della cartella di pagamento) (128)

La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda. (118) .

La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile(121)

Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario. (122)

Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune. (123) (127) (129)

Il concessionario (119) deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. (124)

Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. (120) (126) (125)

______________

(118)  Comma sostituito dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, a decorrere dal 1° luglio 1999 e, successivamente, modificato dall’art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193.

(119)  Parola sostituita dall’art. 35, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, a decorrere dal 1° luglio 1999. Precedentemente, la parola era: “esattore”.

(120) La Corte Costituzionale, con sentenza 7 novembre 2007, n. 366, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del presente comma e degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano.

(121) Comma inserito dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

(122) Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha inserito un comma dopo il primo, il presente comma è diventato il terzo.

(123) Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha inserito un comma dopo il primo, il presente comma è diventato il quarto.

(124) Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha inserito un comma dopo il primo, il presente comma è diventato il quinto.

(125) Per effetto delle modifiche apportate dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, che ha inserito un comma dopo il primo, il presente comma è diventato il sesto.

(126) Comma così modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), D.L. 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73.

(127) La Corte costituzionale, con sentenza 19-22 novembre 2012, n. 258 (Gazz. Uff. 28 novembre 2012, n. 48 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui stabilisce che la notificazione della cartella di pagamento «Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile […] si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600», anziché «Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario […] si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, primo comma, alinea e lettera e), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600».

(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 17-26 maggio 2006, n. 210 (Gazz. Uff. 31 maggio 2006, n. 22, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c) ed e), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sollevata in riferimento agli artt. 1, 3 e 24 della Costituzione.

(129) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 – 25 febbraio 2011, n. 63 (Gazz. Uff. 2 marzo 2011, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 26, quarto comma, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.