Garante privacy: provvedimento sicurezza e accessi all’anagrafe tributaria

Il Garante ha illustrato i tratti salienti del Provvedimento del 18 settembre 2008 con il quale ha esaminato nel dettaglio la natura ed il funzionamento dell’anagrafe tributaria, la banca dati dell’amministrazione finanziaria contenente milioni di dati dei contribuenti italiani alla quale ha accesso – attraverso diversi strumenti telematici (applicativi Siatel, Puntofisco, Entratel, servizi web etc.) – un numero enorme di utenti, tra i quali comuni, regioni, province, università, asl, tribunali, camere di commercio, enti previdenziali, gestori telefonici, forze di polizia, con migliaia e migliaia di punti di accesso.

In sintesi, il Garante ha riscontrato alcuni principali elementi critici: mancata conoscenza del numero complessivo degli utenti che accedono al sistema informativo e della loro effettiva identità; scarsa capacità di monitoraggio su eventuali accessi anomali o utilizzi impropri di password e credenziali; inadeguate misure tecnologiche a protezione dei dati contenuti nel data base. Il Garante ha pertanto imposto all’Agenzia delle entrate di adottare una serie di misure, sia tecnologiche che organizzative, dirette ad innalzare i livelli di sicurezza degli accessi all’anagrafe da parte degli enti esterni e a rendere il trattamento dei dati effettuato conforme alle norme sulla protezione dei dati.

In particolare, il Garante ha prescritto, in tempi certi, quanto segue:

  • dovrà essere effettuata una ricognizione periodica degli enti che accedono all’anagrafe tributaria e una verifica delle effettiva necessità di mantenere attivi gli accessi concessi, anche riguardo al numero delle utenze;
  • dovrà essere predisposto un censimento aggiornato di tutti i flussi di trasferimento dei dati da e verso l’anagrafe tributaria, di tutti gli accessi di tipo interattivo nonché delle postazioni dei terminali dai quali si ha accesso ai dati, in modo da realizzare procedure di autenticazione più sicure a seconda degli incaricati o dei profili di autorizzazione assegnati.
  • dovranno essere adottati sistemi di allarme per eventuali comportamenti anomali o a rischio, e controlli periodici sugli accessi degli enti esterni e sull’attività svolta da Sogei Spa.

Il Garante ha comunque già programmato per i prossimi mesi un’ulteriore attività di controllo sul sistema informativo della fiscalità, con particolare riguardo alla struttura degli archivi, alla tipologia delle informazioni raccolte, alle modalità con le quali i dati confluiscono nel data base e alle modalità con le quali vengono trattati all’interno.


Notificazione cartella esattoriale

La prova della notificazione della cartella esattoriale non può essere fornita mediante l’esibizione in giudizio del c.d. “estratto di ruolo”. Nella fattispecie in oggetto, il contribuente ha impugnato un avviso di pagamento (presumibilmente emanato ai sensi dell’art. 50 del DPR 602/73) sulla base della mancata notifica dell’atto “presupposto”, costituito dalla cartella di pagamento. In giudizio, l’Agente della Riscossione ha sostenuto di avere notificato correttamente quest’ultimo atto e, a tal fine, ha prodotto il c.d. “estratto di ruolo”, ovvero un riepilogo dei dati relativi a una determinata iscrizione a ruolo, ove sono indicati l’Ente impositore, la sua causale, il numero della cartella e la data di notifica. A confutazione di ciò, i giudici hanno affermato che la prova della notifica deve essere assolta tramite l’esibizione: – dell’avviso di ricevimento, in ipotesi di notifica eseguita a mezzo posta; – della relata, nelle altre tipologie di notifica.

Commissione Tributaria Prov. Bari sentenza n. 48/15/08, pronunciata il 4.4.2008, depositata il 21.4.2008


Corso di aggiornamento Benevento: nuove date

Corso di aggiornamento Benevento: nuove date
In relazione a sopraggiunti imprevisti problemi di carattere organizzativo, il corso di aggiornamento previsto per i giorni 25-26 settembre 2008, si terrà nei giorni 11 e 12 dicembre 2008.

Ci scusiamo per i disagi eventualmente arrecati.


Assemblea Generale del 12.09.2008

Albignasego 22/08/2008

Con la presente si comunica che ai sensi dell’art. 13 dello Statuto viene convocata la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria venerdì 12 settembre 2008 alle ore 10:00 in prima convocazione ed alle ore 12:30 in seconda convocazione, presso il Comune di Cesena (FC) – Piazza del Popolo 10.

Ordine del Giorno:

  1. Approvazione del bilancio consuntivo anno 2007;
  2. Nomina Vice Presidente;
  3. Nomina dei Componenti il Consiglio Generale;
  4. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
  5. Delega al Consiglio Generale per l’approvazione del bilancio preventivo che consuntivo ai sensi dell’art. 16 dello Statuto;
  6. Iniziative proselitismo Associazione;
  7. Varie ed eventuali.

Leggi: AG 12 09 2008 Verbale


Assemblea Generale del 12.09.2008 – Nomina Vice Presidente dell’Associazione

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto si è tenuta la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria venerdì 12 settembre 2008 presso il Comune di Cesena (FC).
La numerosa partecipazione dei Soci ha permesso un sereno e costruttivo dibattito sui vari temi posti all’O.d.G..
L’Assemblea Generale ha nominato all’unanimità la Collega Baldoni Margherita (Resp. dei Messi comunali del Comune di Ancona) quale Vice Presidente dell’Associazione.
A giorni la pubblicazione del verbale.


Novità sulle modalità di contestazione delle multe

La Corte di cassazione con la sentenza n. 21816 del 29 agosto 2008 apre un varco agli automobilisti che intendono contestare una multa ricevuta ingiustamente sulla base del solo verbale di contravvenzione scritto dai vigili. Per la Corte, che ha accolto il ricorso presentato da una donna multata per essere passata con il rosso, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso da attribuire al verbale, sulla base del Codice civile, non esiste né per quei fatti che, per la loro dinamica, non si sono potuti controllare secondo un metro oggettivo né per quanto riguarda le semplici valutazioni del pubblico ufficiale.


Mobbing: durata della condotta e responsabilità del datore di lavoro

La Suprema Corte di Cassazione affermando che “l’individuazione del tempo necessario a determinare mobbing è un procedimento logico complesso, in cui è necessario considerare l’ambiente socio-culturale in cui il conflitto si svolge, le relazioni psicologiche del mobbizzato e lo specifico lavoro svolto”, ha cassato la sentenza della corte di appello di Torino che aveva rigettato le tesi della lavoratrice sostenendo, al contrario, che la “protrazione del comportamento per sei mesi non fosse sufficiente a concretizzare mobbing”.
La Suprema Corte ha inoltre riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per la condotta mobbizante attuata dal suo dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica (nella specie con qualifica di quadro) rispetto alla vittima, precisando che “non esclude tale responsabilità un mero – tardivo – “intervento pacificatore”, non seguito da concrete misure e da vigilanza ed anzi potenzialmente disarmato di fronte ad un’aperta violazione delle rassicurazioni date dal presunto “mobizzante””.
Nel corso della motivazione la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che “il mobbing è costituito da una condotta protratta nel tempo e diretta a ledere il lavoratore. Caratterizzano questo comportamento la sua protrazione nel tempo attraverso una pluralità di atti”, nonché “la volontà che lo sorregge (diretta alla persecuzione ed all’emarginazione del dipendente), e la conseguente lesione, attuata sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico”.
Lo specifico intento del comportamento e la sua protrazione nel tempo lo distinguono da singoli atti illegittimi (quale la mera dequalificazione ex art. 2103 cod. civ.). “Fondamento dell’illegittimità è (in tal senso, anche Cass. 6 marzo 2006 n. 4774) l’obbligo datoriale, ex art. 2087 cod. civ., di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore”.
Pertanto il datore di lavoro è responsabile, pur in assenza di un suo specifico intento lesivo, anche se il comportamento materiale sia posto in essere da altro dipendente (ex art. 2049 cod. civ.) per la colpevole inerzia nella rimozione del fatto lesivo.


Albo pretorio

L’Albo Pretorio trae le sue origini dall’album dei romani.

All’Albo Pretorio si pubblicavano gli editti e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria, i nomi delle persone appartenenti a certe classi o corporazioni, le liste dei proscritti, i programmi dei giochi e degli spettacoli e gli avvisi particolari di ogni specie, ecc.

Nel periodo anteriore all’entrata in vigore della legge 142 del 1990, l’Albo Pretorio del Comune era previsto dall’art. 70 del r.d. 12.2.1911, n. 297 (Approvazione del regolamento per l’esecuzione della legge comunale e provinciale). La norma prevedeva: «Ogni Comune deve avere un Albo Pretorio, in luogo accessibile al pubblico, per le pubblicazioni che la legge prescrive. La pubblicazione deve essere fatta in modo che gli atti possano leggersi per intero e facilmente».

La tenuta dell’Albo competeva alla segreteria generale per effetto di alcune norme sempre contenute nel citato decreto (art. 81: «Il segretario è responsabile degli adempimenti di legge spettanti all’ufficio comunale, e della esecuzione delle deliberazioni del Consiglio e della Giunta, in conformità delle disposizioni del sindaco. …….»; art. 163: «Il certificato della seguita pubblicazione delle deliberazioni del Consiglio comunale e provinciale, della Giunta municipale e della Deputazione provinciale, quando la pubblicazione è prescritta dalla legge o dal regolamento, deve far menzione se si siano prodotte opposizioni contro di esse. Tale certificato dev’essere riportato in tutte le copie delle deliberazioni rilasciate per qualsiasi scopo dalla segreteria del Comune o della Provincia») e il segretario comunale provvedeva direttamente alla certificazione di avvenuta pubblicazione.

Dopo la l. 8.6.1990, n. 142, che con l’art. 64 ha abrogato le suddette disposizioni, l’esistenza dell’Albo Pretorio viene desunta indirettamente dall’art. 47 che disciplinava la pubblicazione delle deliberazioni. Successivamente, la medesima l. 142/1990 è stata abrogata dal nuovo t.u. degli enti locali e, in particolare, dall’art. 274, comma 1, lett. q), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Anche nell’ordinamento in vigore si parla dell’Albo Pretorio solo indirettamente, ossia nell’art. 124, per prevedere la pubblicazione delle delibere.

Il t.u. non contiene norme sulla gestione dell’albo, in quanto la materia rientra nella disciplina regolamentare di competenza di ciascun ente (art. 7, d.lgs. 267/2000: «Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il Comune e la Provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni»).

Pertanto la materia deve attualmente essere disciplinata nei regolamenti dei procedimenti amministrativi (previsti dall’art. 4, l. 241/1990) per la gestione dell’Albo e nei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e servizi (previsti dall’art. 7, d.lgs. 267/2000) per l’individuazione dell’ufficio preposto.

Ne consegue che ciascun ente può individuare il servizio o ufficio al quale affidare la gestione dell’Albo Pretorio.

Certo è che, attualmente, la certificazione di avvenuta pubblicazione (al termine della pubblicazione) non costituisce più esclusiva competenza del segretario comunale, in quanto tutti i dirigenti o, in assenza, i responsabili di servizio hanno poteri certificativi ai sensi, rispettivamente, degli articoli 107 e 109 del d.lgs. 267/2000.

Durata delle pubblicazioni

La durata della pubblicazione dei vari atti non è fissata da una norma generale, ma è disciplinata da numerose norme contenute nelle leggi speciali riguardanti gli atti stessi, le quali stabiliscono il periodo di pubblicazione per ciascun atto o per determinate categorie di atti.

Se la durata non è prevista espressamente, si deve intendere che l’atto deve essere pubblicato all’Albo Pretorio per almeno un giorno.


Casa Comunale: Ritiro Atti

Il deposito presso la Casa Comunale è una forma di consegna ad un soggetto (il Comune, nella persona dell’impiegato comunale preposto all’ufficio competente) che diventa consegnatario dell’atto notificato.

Tale soggetto si distingue dagli altri consegnatari (es. persona di famiglia, portiere, vicino di casa) perché non si può rifiutare di ricevere in deposito l’atto, ma al pari degli altri assume l’obbligo di custodire e consegnare l’atto al destinatario.

La disciplina delle notificazioni individua i possibili consegnatari diversi dal destinatario dell’atto ma non detta specifiche regole di comportamento per costoro, neppure nelle ipotesi degli articoli 140 e 143 c.p.c., quando l’atto viene depositato (ossia consegnato) alla Casa Comunale.

Non vi sono norme di legge che disciplinano la gestione degli atti in deposito.

Nella vigenza del t.u. della legge comunale e provinciale del 1934 (r.d. 383/1934), per gli atti depositati presso la Casa Comunale, il segretario comunale doveva tenere un apposito registro ai sensi del combinato disposto dell’art. 83 del r.d. 12.2.1911, n. 297 (“In ogni Comune il segretario deve tenere in corrente e in ordine cronologico le leggi e i decreti appartenenti all’edizione ufficiale, i registri, gli elenchi e gli atti indicati nell’allegato n. 4, obbligatori per i Comuni, oltre a quelli speciali prescritti da leggi e da regolamenti”) e dell’allegato 4 del medesimo decreto (“Allegato n. 4 – Registri, elenchi ed atti da tenersi dagli uffici comunali e provinciali ai termini degli artt. 83 e 145. …

omissis

… 19. Registro dei depositi presso la Casa Comunale”).

Neppure allora venivano disciplinate le modalità di ritiro degli atti, anche se ordinariamente i registri di deposito prevedevano una colonna per la firma di chi si presentava a ritirare l’atto ed una colonna per la data del ritiro.

In ogni caso dette disposizioni sono state abrogate dall’art. 64, comma 1, lett. a), l. 8 giugno 1990, n. 142 e, successivamente, la medesima l. 142/1990 è stata abrogata dall’art. 274, comma 1, lett. q), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Pertanto la materia deve attualmente essere disciplinata nei regolamenti dei procedimenti amministrativi (previsti dall’art. 4 l. 241/1990) o nei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e servizi (previsti dagli artt. 7 e 48 d.lgs. 267/ 2000). In assenza di specifiche norme regolamentari è comunque necessario dotarsi di un registro, trattandosi di atti che transitano attraverso la pubblica amministrazione e che, quindi, debbono essere protocollati (art. 53, comma 5, d.P.R. 445/2000). È, altresì, opportuno adottare modalità idonee ad assicurare che l’atto sia affidato in buone mani, accertando l’identità della persona che si presenta alla Casa Comunale, facendo sottoscrivere il registro ed annotando il documento di riconoscimento della persona che ritira l’atto oppure trattenendo la delega apposta in calce all’avviso di deposito e la fotocopia del documento di riconoscimento del destinatario dell’atto. In questa fase infatti, quando il procedimento notificatorio è già terminato, il Comune nella persona dell’impiegato deve assolvere l’obbligo del consegnatario: conservare l’atto per offrirlo al destinatario su richiesta. Pertanto il Comune potrà ritenere di aver assolto l’obbligo con una corretta custodia dell’atto, sino al momento di prescrizione del diritto al ritiro del destinatario, ovvero con la consegna dell’atto in buone mani, ossia al destinatario medesimo od a persona di cui si possa verificare la legittimazione al ritiro (con le modalità sopra suggerite).

In merito non vi sono norme specifiche, pertanto, in ottemperanza all’art. 12 delle disposizioni preliminari del c.c., qualora una materia non sia espressamente normata «si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe … o si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico.».

Registro di deposito atti nella Casa Comunale

I regi decreti n. 148 del 1915 e n. 383 del 1934 che costituivano il testo unico della legge comunale e provinciale prima della riforma delle autonomie locali (l. 142/1990), facevano riferimento ad un regolamento di esecuzione di una precedente legge comunale e provinciale (Regolamento approvato con r.d. n. 297 del 1911) che conteneva diversi allegati. L’allegato 4 indicava tra i registri da tenersi negli uffici comunali, al n. 19, il “registro dei depositi presso la Casa Comunale” e il “registro degli atti notificati giudizialmente al Comune e dal Comune”; prevedeva, inoltre, l’obbligo per i Messi comunali di tenere “un registro per la notificazione degli atti con l’indicazione della natura di questi, delle persone cui vennero Consegnati, del giorno e dell’ora della consegna”. L’art. 64, comma 1, lett. a) della legge 142/1990 ha abrogato il Regolamento approvato con r.d. del 1911 (esclusi gli artt. da 166 a 174 e da 179 a 181, riguardanti, rispettivamente, la tesoreria e i depositi cauzionali) e, pertanto, deve intendersi abrogato anche l’allegato sopra ricordato. Non esiste, dunque, oggi un obbligo di legge circa la tenuta dei suddetti registri che dovrebbe trovare disciplina nei regolamenti di organizzazione degli uffici e servizi predisposti dall’ente locale. È particolarmente opportuno però, se non quasi necessario, che gli uffici di notifica continuino a dotarsi del registro di deposito degli atti sul quale annotare tutti i depositi, registrare l’avvenuta consegna e le generalità di chi si presenta al ritiro, raccogliendo la delega ovvero indicando gli estremi di un documento di riconoscimento.

La Casa Comunale, al fine di evitare la responsabilità di incauto affido, nell’intento di non ostacolare la conoscenza reale dell’atto da parte dell’intestatario e nel rispetto di quanto stabilito dal d.P.R. 445/ 2000, dovrebbe adottare le seguenti procedure di consegna:

Ritiro degli atti da parte degli intestatari

Gli atti sono consegnati al destinatario previa esibizione di un documento d’identità in corso di validità – art. 45, d.P.R. 445/2000, apponendo la propria firma sul modulo di ricevuta.

Ritiro degli atti da parte di persone delegate

Gli atti sono consegnati, in busta chiusa e sigillata, in presenza di delega scritta (anche non autenticata) purché accompagnata da documento di identità in corso di validità – art. 45 d.P.R. 445/2000, o sua fotocopia (anche non autenticata), sia del delegante sia del delegato, previa firma per ricevuta dell’atto sull’apposito modulo.

Scarica: Ricevuta consegna DEP


Lavoratore non giustifica le assenze? Non dimostra assenza del vincolo di subordinazione

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. 21380/2008) ha stabilito che non deve necessariamente considerarsi “precario” il lavoratore che, all’interno di un’azienda, non è tenuto a giustificare le proprie assenze dal lavoro. In particolare, la Cassazione ha pronunciato il seguente principio di diritto “per escludere la subordinazione del rapporto di lavoro prestato con continuità e coordinamento con altro soggetto è necessario che il giudice di merito accerti il rischio economico a carico del lavoratore e così ad esempio che resti a suo carico l’acquisto o l’uso dei materiali necessari a lavorare o che il rapporto con i terzi utenti venga da lui instaurato e gestito. Quanto all’assenza dell’obbligo di giustificare assenze, quale indice della mancanza di subordinazione, è necessario l’accertamento negativo in concreto delle conseguenze disciplinari”.


Cass. pen. Sez. feriale, (ud. 26-08-2008) 01-09-2008, n. 34503

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente

Dott. ESPOSITO Antonio – Consigliere

Dott. KOVERECH Oscar – Consigliere

Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere

Dott. GAZZARA Santi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) R.P. N. IL (OMISSIS);

2) S.J. N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 17/01/2008 CORTE APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. MACCHIA ALBERTO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FEBBRARO Giuseppe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
OSSERVA

Con sentenza del 17 gennaio 2008, la Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Termini Imerese, Sezione distaccata di Cefalù, il 5 maggio 2007 nei confronti di R.P. e S.J., ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, confermando la pena di mesi sei di reclusione ed Euro 300,00, di multa inflitta nei confronti del predetti quali imputati del delitto di furto di capi di abbigliamento commesso con destrezza.

Propone ricorso per cassazione il difensore deducendo vari motivi di ricorso. Nel primo, riproponendo questione già sollevata e disattesa nel gravame di merito, rileva che, contrariamente all’assunto della Corte territoriale doveva essere ritenuta valida la dichiarazione di domicilio effettuata dagli imputati presso il consolato tedesco contestando la fondatezza della tesi secondo la quale la elezione di domicilio avvenga in Italia. Pertanto, le notificazioni dovevano essere effettuate presso il domicilio dichiarato dagli imputati, e cioè presso il consolato tedesco. Si contesta, poi, la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 4, e si lamenta, infine, che i giudici dell’appello, pur eliminando l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, abbiano mantenuto inalterato il trattamento sanzionatorio, senza svolgere sul punto adeguata motivazione.

Il ricorso è manifestamente infondato. A proposito del primo motivo, va infatti qui ribadito che deve essere ritenuta invalida ed inidonea agli scopi di legge l’elezione di domicilio presso una ambasciata od un consolato straniero, non essendo consentito procedere a notificazione in detti luoghi, caratterizzati da extraterritorialità (Cass., Sez. 3, 27 giugno 2007, Musaraj; Cass., Sez. 2, 13 gennaio 1986, Chasar). Le restanti censure si rivelano, da un lato, del tutto generiche, dall’altro inconsistenti, avuto riguardo alla più che esauriente motivazione che i giudici del merito hanno svolto per asseverare la sussistenza della aggravante della destrezza – alla luce della più che consolidata giurisprudenza consolidatasi sul punto – ed in merito alla determinazione di mantenere inalterato il trattamento sanzionatorio stabilito nella sentenza di primo grado;

trattamento che i giudici a quibus hanno, con motivazione incensurabile nella presente sede, reputato adeguato alla vicenda ed ai parametri di legge, stante il mantenuto giudizio di equivalenza che ha “sterilizzato”, agli effetti della pena, il risalto della residua circostanza aggravante.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 26 agosto 2008.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2008


Cass. civ. Sez. II, (ud. 29-04-2008) 29-08-2008, n. 21816

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.I., elettivamente domiciliata in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 14, presso lo studio dell’avvocato MARINO GIANCARLO, che la difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3126/05 del Giudice di pace di ROMA del 18.1.05, depositata il 24/01/05;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 29/04/08 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per la manifesta fondatezza del ricorso, con ogni ulteriore provvedimento come per legge.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
V.I. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma dep. il 24 gennaio 2005 che aveva rigettato l’opposizione dalla medesima proposta avverso il verbale di contravvenzione elevato per violazione dell’art. dell’art. 146 C.d.S..

Il Giudice di Pace riteneva provato in base al verbale di contravvenzione, che l’opponente aveva proseguito la marcia nonostante che la lanterna semaforica proiettasse al momento del suo passaggio luce rossa.

Non ha svolto attività difensiva l’intimato.

Attivatasi procedura ex art. 375 cod. proc. civ., il Procuratore Generale ha inviato richiesta scritta di accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Deve, infatti, accogliersi l’unico motivo con cui la ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione di legge (art. 360 cod. proc. civ., n. 3) nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., n. 5),avendo la sentenza basato il proprio convincimento sull’efficacia fino querela di falso del verbale di contravvenzione, la cui veridicità poteva essere inficiata da un eventuale errore nella percezione della realtà.

Occorre considerare che con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del codice della strada, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi – ex art. 2700 cod. civ., in dipendenza della sua natura di atto pubblico – oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente “agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”, non sussiste nè con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, nè con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo, ed abbiano pertanto potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi in cui quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi, senza oggetti in movimento), bensì – come appunto nella specie – l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (Cass. 457/2006;

1408/2005, 3522/1999).

Il giudicante,erroneamente attribuendo efficacia di prova munita di fede privilegiata al verbale di contravvenzione ex art. 2700 cod. civ., ha ritenuto provati i fatti senza compiere i necessari accertamenti, non ammettendo la prova testimoniale articolata dall’opponente.

Il ricorso va accolto;

La sentenza va cassata,con rinvio,anche per le spese della presente fase, al Giudice di Pace di Roma in persona di altro magistrato.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Giudice di Pace di Roma in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 aprile 2008.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2008


Cass. civ. Sez. II, (ud. 05-06-2008) 28-08-2008, n. 21778

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere

Dott. TROMBETTA Francesca – Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA MONSERRATO 34, presso lo studio dell’avvocato ARACHI TOMMASO, che lo difende unitamente all’avvocato UGO VESCIO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, in persona del procuratore Speciale Dott.ssa S.B., elettivamente domiciliata in ROMA VIA D. CHELINI 5, presso lo studio dell’avvocato NUCCI FRANCESCO, che la difende unitamente all’avvocato LORENZO CASONI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 1206 bis/03 del Tribunale di FIRENZE, Sez. Stralcio depositata il 18/04/03 (R.G. 94/99);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/08 dal Consigliere Dott. Emilio MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato NUCCI Francesco, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 11685/1997 la Corte di Cassazione annullava con rinvio l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Firenze ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 30, relativamente al credito per prestazioni professionali azionato con decreto ingiuntivo dall’avv. P.G. nei confronti della Telecom Italia s.p.a. che aveva proposto opposizione;

riassunto dalla Telecom Italia s.p.a il giudizio di rinvio, che era celebrato in contumacia del P., questi con provvedimento emesso dal Tribunale di Firenze l’11 aprile 2003, veniva condannato restituire le somme percepite in più rispetto al credito di cui era stato riconosciuto titolare.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il P. sulla base di un unico motivo.

Resiste con controricorso Telecom Italia s.p.a. che ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione
Va innanzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente secondo cui, essendosi il giudizio di rinvio svoltosi secondo il rito ordinario, il provvedimento aveva natura di sentenza, natura che era confermata dal tipo di numerazione dell’atto: pertanto era suscettibile del rimedio impugnatorio dell’appello.

Al riguardo occorre considerare che il provvedimento impugnato è stato emesso all’esito del giudizio di rinvio dalla Cassazione che aveva annullato l’ordinanza emessa ai sensi della L. n. 742 del 1942, art. 30; orbene, il giudizio di rinvio costituisce prosecuzione del giudizio conclusosi con il provvedimento impugnato ed è regolato delle medesime norme che disciplinano quest’ultimo: l’eventuale inosservanza di tale disciplina o del rito prescritto può assumere rilievo eventualmente per dedurre i vizi del provvedimento ma non può incidere sulla sua natura.

Nella specie,in cui il giudice di rinvio ha pronunciato l’ordinanza all’esito del procedimento ex L. n. 742 del 1942, è del tutto irrilevante la numerazione dell’atto come sentenza.

Con l’unico motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 139 cod. proc. civ., denuncia la nullità del procedimento (art. 360 cod. proc. civ., n. 4) per inesistenza della notificazione dell’atto di riassunzione del giudizio di rinvio che gli era stato notificato – secondo quanto da lui casualmente appreso -in (OMISSIS) corso (OMISSIS) con consegna al Dr. A.A. presso studio, in luogo diverso da quello in cui il medesimo ha la residenza ((OMISSIS) via (OMISSIS)) e da quello da lui eletto nel corso del procedimento; d’altra parte non era indicata la relazione fra il ricorrente e colui che ebbe a ricevere l’atto notificato ex art. 139 cod. proc. civ..

Il motivo è fondato.

Occorre rilevare che l’atto di riassunzione del giudizio di rinvio,nel quale l’attuale ricorrente non ebbe a costituirsi, è risultato notificato al P. in (OMISSIS) corso (OMISSIS) che, secondo l’originale depositato dalla resistente, venne consegnato al Dott. A.A. addetto allo studio che ne cura la consegna: al riguardosa considerato che nel caso di discordanza tra i dati emergenti dalla copia dell’atto restituita a colui che ha richiesto la notificazione e quelli emergenti dalla copia dell’atto consegnato al destinatario, per stabilire se si sia verificata una decadenza a carico del primo deve aversi riguardo all’originale a lui restituito, mentre per stabilire se si sia verificata una decadenza a carico del secondo, deve aversi riguardo alla copia a lui consegnata (Cass. 20783/2006).

Nella specie, dovendo verificarsi se sia incorsa in decadenza la Telecom nel procedere alla riassunzione del giudizio di rinvio, occorre fra riferimento all’atto restituito ed in possesso del soggetto notificante.

1. Ciò premesso, va innanzitutto disatteso il rilievo formulato dalla resistente secondo cui, atteso che tutti i contatti fra le parti si erano svolti esclusivamente presso quello che era lo studio del legale del ricorrente ubicato in (OMISSIS) corso (OMISSIS), nell’ambito del rapporto contrattuale intercorso fra la parti il professionista doveva ritenersi a tutti gli effetti ivi domiciliato.

L’art. 141 cod. proc. civ., che regola la notificazione presso il domiciliatario, va coordinato con l’art. 47 cod. civ., secondo cui il domicilio eletto rappresenta una deroga al domicilio legale, atteso che la norma prevede che la dichiarazione di elezione di domicilio deve riguardare determinati atti o affari ed essere espressa per iscritto in modo in equivoco (Cass. 13987/2003).

Pertanto, non può ritenersi che la notificazione sia stata effettuata a quello che la resistente ha erroneamente considerato il domicilio eletto con riferimento al rapporto contrattale intercorso fra le parti, atteso che sarebbe stata al riguardo necessaria una specifica dichiarazione del P. secondo le forme di cui sopra si è detto.

2. In realtà, dalla documentazione in atti (corrispondenza intercorsa fra le parti; estratto albo ordine avvocati Pistoia), che può essere direttamente esaminata dalla Corte in considerazione della natura processuale del vizio denunciato – è emerso che il ricorrente aveva in (OMISSIS) corso (OMISSIS) il proprio studio legale.

Orbene,indipendentemente dalle modalità e dalla qualità della persona che ebbe a ricevere l’atto, la notificazione effettuata direttamente allo studio del professionista, cioè in uno del luoghi indicati in ordine successivo dall’art. 139 cod. proc. civ., anziché alla residenza (non coincidente con il primo), è da ritenere affetta da nullità ma non è certo inesistente, atteso che: a) è inesistente la notificazione fatta a soggetto o in luogo totalmente estraneo al destinatario, mentre è nulla e suscettibile di sanatoria quella effettuata in luogo o a persona che, pur diversi da quelli indicati dalla norma processuale, abbiano un qualche riferimento con il destinatario dell’atto (Cass. 17587/2007; 17555/2007); b) poiché l’ordine dei luoghi indicati dall’art. 139 cod. proc. civ., commi 1 e 6, per la notifica – se non possibile in mani proprie, ai sensi dell’art. 138 cod. proc. civ. – è in successione preferenziale, soltanto se la residenza e il domicilio del destinatario sono nello stesso luogo la notifica può effettuarsi alternativamente nell’una o nell’altro; se invece i rispettivi luoghi sono diversi, la notifica nel domicilio è nulla, se la residenza non è ignota (Cass. 1753/2005); c) costituisce onere del notificante compiere le ricerche anagrafiche necessarie per accertare la residenza effettiva del destinatario dell’atto da notificare.

Nella specie, il vizio della notificazione era, pertanto sanabile con la rinnovazione dell’atto che, non essendosi costituito il P., doveva essere disposta dal giudice ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., la nullità della notificazione dell’atto di riassunzione ha comportato la conseguente nullità del giudizio di rinvio e del provvedimento impugnato che va cassato con rinvio, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Firenze in persona di altro magistrato.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Firenze in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2008.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2008


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Docente:
Asirelli Corrado

Responsabile Messi comunali del Comune di Cesena

PROGRAMMA

Nozioni generali

Cos’è una notifica

La copia conforme all’originale

Richiedente – intermediario e consegnatario/destinatario

Concetto di residenza, dimora, domicilio e domicilio fiscale

Tempi e luoghi delle notificazioni

Nullità delle notificazioni

Le responsabilità del Messo Notificatore

Modifiche effettuate dall’art.174 del

D.Lgs. 196/2003 (Privacy)

Il procedimento di notificazione

La relata di notifica – valore della stessa

La notifica a mani proprie

Le notifiche “tramite” terzi

Il rifiuto di ricevere l’atto da parte del destinatario e da parte dei “terzi”

Le notifiche agli “assenti”

I “vari” momenti di perfezionamento della notifica

Procedura di pubblicazione all’Albo Pretorio delle notifiche

Deposito degli atti nella Casa Comunale

Le notifiche previste dall’art. 14 della L. 689/1981

Le notifiche previste dall’art. 201 del C.d.S.

Le notifiche previste dall’art. 6 della L. 241/1990

Le notifiche alle società (previste dal C.P.C.)

Le notifiche attraverso il servizio postale

Le notifiche dei tributi locali

Le notifiche previste dal DPR 600/1973 e dal DPR 602/1973

Le novità della legge finanziaria per il 2007

(L. 27/12/2006 n. 296). L’individuazione dei messi notificatori ivi previsti


T.A.R. Lazio n. 9961 del 10.08.2008

REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER IL LAZIO

ROMA – 10 novembre 2008 numero 9961

** ** **

SEZIONE PRIMA BIS

nelle persone dei Signori:

ELIA ORCIUOLO Presidente

ELENA STANIZZI Cons.

DONATELLA SCALA Cons. , relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella Pubblica Udienza del 29 ottobre 2008

Visto il ricorso 11057/2003 proposto da: *** rappresentato e difeso da: CAPIROSSI AVV. MASSIMO C., FRUSCIONE AVV. ALESSANDRO e SANTACROCE AVV. BENEDETTO con domicilio eletto in ROMA – VIA GIAMBATTISTA VICO, 22 presso lo studio del primo,

contro

MINISTERO DELLA DIFESA rappresentato e difeso da:

AVVOCATURA DELLO STATO con domicilio eletto in ROMA – VIA DEI PORTOGHESI, 12

-COMMISSIONE SUPERIORE DI AVANZAMENTO ARMA DEI CARABINIERI

-COMANDO GENERALE ARMA DEI CARABINIERI

e nei confronti di ***, ***, ***, ***, *** , ***, ***, non costituitisi in giudizio,

per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,

del provvedimento del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il personale Militare II Reparto – 4^ Divisione – I Sezione prot. n. DGPM/II/4/1/1196 datato 17/6/03, con il quale il Ministero della Difesa ha dato comunicazione che il ricorrente è stato giudicato idoneo all’avanzamento per l’anno 2003, nella parte in cui si afferma che per “il punto di merito attribuitogli (27,47) è stato collocato al 23° posto della graduatoria di merito risultando escluso dal numero di posti corrispondente a quello delle promozioni stabilite per legge per detto anno”; delle graduatorie di merito espresse dalla Commissione Superiore di Avanzamento dell’Arma dei Carabinieri nel verbale n. 9 del 10.04.2003; di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e conseguente comunque lesivo dei diritti ed interessi del ricorrente.

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Vista l’ordinanza collegiale n. 5912/2003 del 24.11.2003;

Vista l’ordinanza presidenziale istruttoria n. 61/2004 del 1° marzo 2004;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato per il MINISTERO della DIFESA;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore alla pubblica udienza del 29 ottobre 2008 il Consigliere Donatella Scala;

Udito l’avv. Fruscione per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

L’odierno ricorrente, Ten. Col. dell’Arma dei Carabinieri, è stato preso in esame per l’avanzamento al superiore grado per l’anno 2003, risultando idoneo ma non iscritto in quadro, siccome collocato al 23° posto della finale graduatoria di merito, con punti 27,47.

Con l’atto introduttivo dell’odierno giudizio – dopo avere elencato i titoli detenuti in relazione a ciascuna delle categorie qualitative di cui all’art. 26 della legge n. 1137 del 1955 – ha rinvenuto nel procedimento attuato dalla C. S. A. il vizio dell’eccesso di potere in senso relativo denunciando la inadeguatezza del punto di merito conferitogli relativamente al più benevolo e disparitario trattamento riservato ai colleghi invece promossi al grado superiore.

L’amministrazione della Difesa si è costituita in giudizio, attraverso l’Avvocatura Generale dello Stato; non si sono, invece, costituiti i colleghi intimati.

Con l’ordinanza collegiale n. 5912/2003 del 24.11.2003, l’adito Tribunale ha respinto l’istanza cautelare incidentalmente proposta.

In esecuzione dell’ordinanza presidenziale istruttoria n. 61/2004 del 1° marzo 2004, l’Amministrazione ha depositato la chiesta documentazione in data 4 agosto 2004; la parte ricorrente ha, quindi, depositato in data 6 dicembre 2004 motivi aggiunti, notificati solo ai sei ufficiali iscritti in quadro di avanzamento, (rispettivamente, ***) nei cui soli confronti ha ripreso e sviluppato le doglianze di cui all’atto introduttivo.

All’udienza del 29 ottobre 2008 la causa è stata trattenuta per la relativa decisione.

Tanto precisato in fatto, si deve prendere atto che, seppure il ricorso ed i motivi aggiunti in esame sono stati notificati a tutti gli ufficiali promossi al grado superiore, detta attività non è avvenuta nei confronti di tutti secondo le modalità di cui all’art. 146, c.p.c..

Come noto, la richiamata norma attiene alla notificazione degli atti processuali ai militari in attività di servizio, che, ove non eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui al precedente art. 139, e relativa alla notificazione nella residenza, dimora o domicilio, va consegnata al pubblico ministero, che ne cura l’invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene.

Risulta dall’esame della documentazione in atti che il ricorso introduttivo è stato notificato in mani proprie dei soli parigrado *** e ***, mentre la notificazione dell’atto per motivi aggiunti risulta rituale nei soli confronti del ***; con riferimento, invece, alle notifiche eseguite nei confronti degli altri militari, non in mani proprie, non risulta sia seguita l’ulteriore fase prevista al riguardo al fine di portare a conoscenza del personale militare gli atti giudiziari che li riguardano, e, pertanto, gli atti di notificazione in esame sono affetti da nullità.

Al riguardo, è stato osservato che “Nel caso in cui la notificazione di un atto di citazione a militare in servizio non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli artt. 139 e segg. Cod. proc. civ., la formalità della consegna di una copia al Pubblico ministero per l’invio al Comandante del corpo al quale il militare appartiene – secondo le modalità stabilite nell’art. 49 disp. att. Cod. proc. civ. – espressamente richieste dal successivo art. 146 Cod. proc. civ. costituisce un adempimento necessario, la cui omissione importa la nullità della notificazione, senza che sia consentita alcuna distinzione fra militari di carriera e militari in servizio di leva o richiamati alle armi ed indipendentemente dalla conoscenza che di tale particolare viene effettuata; tale adempimento è infatti, posto a tutela del destinatario della notificazione, in considerazione degli imprevedibili, improvvisi e più frequenti spostamenti a cui possono essere soggetti gli appartenenti ai corpi militari – indipendentemente dalla circostanza che essi siano o meno militari di carriera – le cui destinazioni debbono talvolta essere mantenute segrete per motivi di sicurezza connessi alla più efficiente realizzazione dei compiti loro affidati.” (c.fr. Corte di Cassazione, Sez. Civ. 2, n. 3316 del 14 maggio 1983)

Dato atto, peraltro, che il contenzioso è stato instaurato correttamente, essendo stati notificati ritualmente gli atti di cui sopra ad almeno uno dei contro interessati, ritiene il Collegio, in via preliminare, ed in sintonia, con l’ormai consolidato orientamento del Consiglio di Stato (cfr, ex plurimis, IV^, n. 7609 del 2006) circa la natura di contraddittori necessari nei giudizi avverso le mancate iscrizioni in quadro di avanzamento degli Ufficiali delle Forze armate di tutti gli ufficiali promossi al grado superiore, di dovere disporre l’integrazione del contraddittorio processuale, attraverso la rinnovazione della notificazione, giusta le modalità come sopra indicate, nei confronti di tutti gli ufficiali iscritti in quadro (e cioè promossi al grado superiore) cui il ricorso stesso, e successivi motivi aggiunti non sia stato ritualmente notificato.

A tale incombente la parte ricorrente dovrà provvedere nel termine perentorio di giorni centoventi decorrente dalla data della notificazione ovvero, se anteriore, della comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ulteriormente provvedendo, entro l’ulteriore termine perentorio di giorni trenta dal completamento delle anzidette formalità di notificazione, al deposito della documentazione attestante il rispetto dell’incombente in questione.

Ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese di lite – una volta espletati gli indicati incombenti, (preordinati al completamento del contraddittorio processuale) – viene fin da ora differita alla pubblica udienza del 18 novembre 2009.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale – Sezione Prima Bis

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sez. 1^ bis, riservata al definitivo ogni pronuncia in rito, in merito e sulle spese, ordina alla parte ricorrente di provvedere all’integrazione del contraddittorio processuale secondo le modalità e termini indicati in parte motiva.

Fissa l’udienza per la trattazione del ricorso per il 18 novembre 2009

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 29 ottobre 2008, in Camera di Consiglio.

Il Presidente

Il Consigliere, est.