Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 27/04/2012) 27/07/2012, n. 13461

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CARIERI SPA in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BENEDETTO CAIROLI 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DAGNINO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

SERIT SICILIA SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIAE DI PALERMO;

– intimati –

Nonchè da:

SERIT SICILIA SPA in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ORAZIO 3, STUDIO MALVAGNA presso lo studio dell’avvocato MARIA TARANTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI SALVO GIOVANNI, giusta delega in calce;

– ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente a ricorso incidentale –

e contro

CARIERI SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIAE DI PALERMO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 68/2010 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO, depositata il 24/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/2012 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

uditi per il ricorrente gli Avvocati DAGNINO e DI SALVO, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso, l’Avvocato DI SALVO chiede l’accoglimento del ricorso incidentale con riguardo alle spese, e rigetto del ricorso principale;

udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, accoglimento ricorso incidentale.

Svolgimento del processo
Con sentenza n 68/29/2010, depositata il 24.5.2010, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, appellata dall’Agenzia delle entrate, rigettava l’appello proposto dalla società Carieri s.p.a. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e Serit Sicilia S.p.A. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo che aveva, invece, accolto il ricorso presentato dalla Carieri s.p.a. avverso la cartella di pagamento per Iva e Irap 2000 e 2001.

La Carieri s.p.a. impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per l’omessa sottoscrizione autografa della cartella di pagamento che non contiene la firma del rappresentante del Concessionario della riscossione;

b) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione alla mancata sottoscrizione della cartella di pagamento;

c) violazione falsa applicazione dell’art. 111 Cost. in relazione alla obbligatorietà della sottoscrizione autografa delle cartelle di pagamento;

d) violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per il mancato invio della comunicazione di irregolarità (c.d. avviso bonario);

e) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) in ordine alla obbligatorietà dell’avviso bonario qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti nella dichiarazione;

f) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in relazione alla intervenuta decadenza dell’Amministrazione dal potere di iscrizione a ruolo delle somme vantate contro l’atto impugnato, ritenendo applicarsi alla fattispecie il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 e non l’art. 25 novellato del citato D.P.R., rilevando come la cartella di pagamento avrebbe dovuto essere notificata, relativamente all’anno di imposta 2000, entro il 31/12/2004 e, in relazione all’anno imposta 2001, entro il 31/12/2005.

g) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), dovendo essere dichiarato inammissibile l’appello principale con conseguente perdita di efficacia dell’appello incidentale tardivo.

Rilevava, in particolare come l’appello fosse stato proposto dall’Agenzia delle entrate che non aveva interesse processuale a proporre appello, mancando di legittimazione processuale, mentre la Serit Sicilia s.p.a. non ha proposto un proprio mezzo di gravame, ma si era costituita in segreteria con atto di controdeduzioni e non con appello incidentale tardivo che, tutt’al più, avrebbe potuto essere proposto solamente dalla Carieri s.p.a..

h) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per la mancata rilevazione d’ ufficio della inesistenza o della nullità insanabile della notificazione della cartella;

i) violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per la mancata rilevazione d’ ufficio della nullità della cartella di pagamento per essere la relata di notifica apposta sul frontespizio anzichè in calce alla stessa.

Si sono costituite nel giudizio di legittimità con controricorso l’Agenzia delle Entrate e Serit Sicilia S.pA, quest’ultima formulando anche ricorso incidentale eccependo violazione di legge in ordine alla omessa motivazione delle spese processuali.

La Carieri s.p.a. presentava memoria.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 27/4/2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione
Sono infondati i motivi del ricorso principale.

1) I primi tre motivi di ricorso concernenti, sotto diversi profili, la mancata sottoscrizione autografa della cartella impugnata, vanno trattati congiuntamente, stante la connessione logica.

Non era necessaria, anche con riferimento all’epoca di emanazione del provvedimento, la sottoscrizione della cartella da parte del legale rappresentante della Serit Sicilia s.p.a..

Gli atti tributari privi della sottoscrizione del dirigente responsabile sono sicuramente legittimi a partire dal 1 luglio 2009 D.L. n. 78 del 2009, ex art. 15, comma 7, che prevede: “la firma autografa prevista sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dalle norme che disciplinano le entrate tributarie erariali amministrate dalle Agenzie fiscali e dall’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile dell’adozione dell’atto in tutti i casi in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati.

Quindi, la firma autografa non è più essere necessaria e può sostituirsi con la mera indicazione del soggetto responsabile dell’adozione dell’atto (es. il capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1).

Il D.L. n. 79 del 2009, art. 15, comma 7 specifica che “Con provvedimento dei Direttori della Agenzie fiscali e del Direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono individuati gli atti di cui al comma 7”.

Peraltro anche in precedenza non era elemento necessario ai fini della validità dell’atto emanato dalla Amministrazione la sottoscrizione del legale rappresentante, essendo sufficiente la riferibilità dell’atto all’Autorità da cui promanava, in quanto “l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge” (Corte Cost. 117/2000; cfr Cass. n 4923/2007; Cass. 29/10/2007 n. 22692).

Un primo provvedimento del Direttore dell’Agenzia fiscale risulta emanato in data 2.11.2010 e riguarda liquidazioni, accertamenti e riscossioni e prevede che anche la firma a stampa del funzionario responsabile può sostituire quella autografa per atti prodotti da sistemi informativi automatizzati per attività a carattere seriale, realizzandosi una economia di scala e maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Anche in precedenza, tuttavia, si riteneva che non fosse elemento necessario ai fini della validità dell’atto emanato dalla Amministrazione la sottoscrizione del provvedimento, essendo sufficiente la riferibilità dell’atto all’Autorità da cui promana, in quanto “l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge”. (Cass. 29.10.2007 n. 22692).

Solo nel caso in cui la mancanza di sottoscrizione dell’atto non consente di individuare l’Autorità da cui provenga il provvedimento, ne va pronunciata la nullità, circostanza non sussistente e neanche prospettata nella fattispecie.

2) Il quarto e quinto motivo di ricorso, fra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Con riferimento al mancato invio della comunicazione di irregolarità (c.d. avviso bonario) va rilevato che in tema di riscossione delle imposte, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dall’art. 36-bis citato, poichè in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione”. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7536 del 31/03/2011, Cass Sez. 5, Sentenza n. 795 del 14/01/2011).

Anche nella fattispecie in esame non vi era, quindi, una necessità di notificare una prodromica comunicazione contenente gli esiti della liquidazione in mancanza di incertezza sull’esito della stessa, non avendo, peraltro, la stessa società contribuente eccepito nulla in ordine alla debenza delle somme iscritte a ruolo.

3) In seguito alla declaratoria, con sentenza n. 280 del 25 luglio 2005, di illegittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, come modificato dal D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, il legislatore, con la L. 31 luglio 2005, n. 156, al dichiarato “fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione del crediti tributari”, ha aggiunto al D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, (da essa convertito), tra altri, il comma 5 bis, con cui ha fissato i termini entro i quali deve essere effettuata, a espressa “pena di decadenza”, la “notifica delle … cartelle di pagamento” relative alla “pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni”.

E stato altresì introdotto (n. 2 della lett. b), all’enunciato “fine di conseguire … la necessaria uniformità dei sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto”, il comma 5 ter, con cui si è sostituito il D.Lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, con il seguente:

“in deroga al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 1, lett. a), per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento è notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

a) del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003;

b) del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, relativamente alle dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001″.

La fattispecie qui esaminata risponde ai canoni, in relazione ai quali la giurisprudenza di questa Corte precedentemente richiamata (cfr Cass. 16826/06, 20384/06, 4255/07, 14861/07, cit.) prevede l’assoggettamento, in via di applicazione retroattiva della norma, allo ius superveniens costituito dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, (convertito in L. n. 156 del 2005, art. 1, comma 5 bis).

Quindi, con riferimento al termine di decadenza per la notifica, in tema di riscossione delle imposte sui redditi, il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1 convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 156 – emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 di declaratoria di incostituzionalità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 -, che ha fissato, al comma 5- bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5-ter, sostituendo il comma 2 del D.Lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, art. 36 che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate negli anni 2000 e 2001 (come nel caso di specie) , rispettivamente entro il quinto e quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle ancora non definite con sentenza passata in giudicato.

Pertanto i termini da osservare, ai fine di non incorrere nella decadenza, per la notifica della cartella di pagamento per le due diverse annualità d’imposta era, per entrambe, il 31/12/2006, termine rispettato essendo la notifica intervenuta, per la stessa ammissione della Carieri s.p.a. in data 10/5/2006.

4) Anche il motivo sub g) è infondato, anche se occorre correggere la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Essendo stato contestato anche il mancato invio dell’avviso bonario, l’Agenzia aveva interesse e quindi legittimazione processuale autonoma alla proposizione del gravame.

Pertanto l’Agenzia delle entrate era legittimata ad impugnare la sentenza, senza che potesse essere opposta la carenza di legittimazione passiva, per le motivazioni dianzi indicate.

La stessa Carieri s.p.a. ha citato in giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale sia l’Agenzia delle entrate che la Serit Italia e, in via generale, non può pretendere di avvantaggiarsi da un presunto errore dalla stessa compiuta, eccependo la carenza di legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate dalla stessa evocata in giudizio.

La Commissione regionale ha erroneamente ritenuto, che l’atto “tempestivamente” proposto dalla Serit, ancorchè denominato “controricorso” fosse da qualificare quale appello incidentale tardivo.

La regola dell’art. 334 cod. proc. civ., che consente l’impugnazione incidentale tardiva (ammissibile nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata “ex adverso”) trova applicazione solo per l’impugnazione incidentale tardiva in senso stretto, rivolta contro la stessa parte che ha proposto l’impugnazione, e non opera per ogni altra impugnazione spiegata a tutela di un interesse autonomo della parte, non derivante dalla impugnazione della controparte. (Sez. L, Sentenza n. 10291 del 17/05/2005).

Quindi, nella specie, vanno esclusi i presupposti di ammissibilità dell’appello incidentale tardivo proposto dalla Serit Sicilia s.p.a.

rimasta soccombente nel giudizio di primo grado e non intimata nel ricorso principale del soccombente nei confronti di altra parte.

La partecipazione al giudizio di secondo grado della Serit Sicilia s.p.a. appare comunque legittima, potendosi alla stessa attribuire natura di intervento volontario, in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 il quale stabilisce che possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio solo i soggetti che, insieme al ricorrente, siano destinatari dell’atto impugnato o parti nel rapporto controverso che avrebbero potuto proporre autonoma impugnazione.

Inoltre l’intervento adesivo dipendente è stato ritenuto ammissibile nel processo tributario e anche in appello, posto che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 dispone che alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo terzo, capo primo del libro secondo del c.p.c. escluso l’art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto” (Cass. 12 gennaio 2012 n. 255) e, a maggior regione deve ritenersi ammissibile anche l’appello adesivo della Serit Sicilia che ha emanato la cartella impugnata.

5) Gli ultimi due motivi di ricorso costituiscono domande nuove, proposte per la prima volta in sede di legittimità, difettando anche dei requisiti dell’autosufficienza, trattandosi di considerazioni generiche, non pertinenti con l’oggetto del giudizio, essendo inidonee le circostanze di fatto evidenziate, mai contestate nei giudizi di merito, ad acclarare la pretesa nullità della notifica dell’atto o della cartella di pagamento.

6) Va accolto il ricorso incidentale della Serit Sicilia S.p.A..

L’intimata eccepisce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla compensazione delle spese, dato che, secondo la formulazione dell’art. 92 applicabile ratione temporis (essendo stato il giudizio instaurato dopo l’entrata in vigore della L. n. 263 del 2005), il giudice può compensare le spese tra le parti solo se vi è soccombenza reciproca o se ricorrono altri giusti motivi che devono essere esplicitamente indicati nella motivazione. Nel regime successivo a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale.

Nella sentenza impugnata non vi è alcuna motivazione in ordine alle ragioni che hanno indotto la commissione alla compensazione delle spese del grado di appello e la cui regolamentazione può essere applicata da questa Corte, trattandosi di violazione di legge, ponendole a carico della Carieri s.p.a., in forza del principio di soccombenza, liquidate come in motivazione.

Anche le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della Carieri s.p.a. in forza del principio di soccombenza e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale della Serit Sicilia s.p.a. e, decidendo nel merito, liquida a favore della Serit Sicilia s.p.a. le spese del giudizio di appello che determina in complessive Euro 9.000,00, di cui Euro 7.000,00 per onorario e Euro 300,00 per spese, oltre accessori di legge. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida a favore della Agenzia delle Entrate in Euro 13.500,00 per onorario, oltre le spese prenotate a debito e a favore della Serit Sicilia s.p.a. in Euro 13.500,00 per onorari, oltre Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 27 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012


Corte Suprema di Cassazione, civ., sez. VI, n. 13016 del 24.7.2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24233/2010 proposto da:

Omissis – Agente della Riscossione per le Province di Avellino, Benevento, Bologna, Campobasso, Caserta, Isernia, Napoli, Padova, Rovigo, Salerno e Venezia appartenente al Gruppo Omissis in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PREMUDA 1/A, presso lo studio dell’avvocato Omissis, rappresentata e difesa dall’avvocato  Omissis, giusta procura ad litem in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Omissis SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TORTONA 4, presso lo studio degli avvocati Omissis e Omissis, che la rappresentano e difendono, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 166/41/2009 della Commissione Tributaria Regionale di NAPOLI del 26.6.09, depositata il 17/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte;

– rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 166/41/09, la CTR della Campania rigettava l’appello proposto dall’Omissis s.p.a. avverso la decisione di prime cure, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla Omissis s.r.l. nei confronti della cartella di pagamento, emessa ai fini IRPEF per gli anni di imposta 2000 e 2001. Il giudice di appello riteneva, invero, affetta da nullità la notifica di tali atti, poiché effettuata in (OMISSIS), anziché al n. civico (OMISSIS), corrispondente alla residenza effettiva del legale rappresentante della società.

Avverso la suddetta decisione della CTR della Campania ha proposto ricorso per cassazione la Omissis s.p.a. articolando due motivi, con i quali deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e dell’art. 145 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.

L’intimata ha replicato con controricorso.

I due motivi di ricorso – che, attesa la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – si palesano manifestamente fondati.

Ed invero, va osservato che la notificazione degli avvisi di accertamento tributario a soggetti diversi dalle persone fisiche non si sottrae alla regola generale, enunciata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, secondo cui la notificazione degli avvisi e degli altri atti tributari al contribuente dev’essere fatta nel comune dove quest’ultimo ha il domicilio fiscale.

In riferimento alla notifica di atti alle società commerciali, il necessario coordinamento di tale disciplina con quella di cui all’art. 145 c.p.c., comporta, pertanto, che, in caso d’impossibilità di eseguire la notificazione presso la sede sociale, il criterio sussidiario della notificazione alla persona fisica che la rappresenta è applicabile soltanto se tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto, risiede nel comune in cui l’ente ha il suo domicilio fiscale, da individuarsi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58 (Cass. 3618/06, 6325/08).

In caso contrario, non potrà che farsi ricorso al criterio di cui all’art. 60, lett. e) (affissione nell’albo del Comune del luogo un cui la società contribuente ha il domicilio fiscale), puntualmente seguito, nel caso, concreto, dall’amministrazione sia pure in concorso con il tentativo – non riuscito – di notifica presso il domicilio dell’amministratore della società.

Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″;

– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

– che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione. Pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito.

La Corte Suprema di Cassazione

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il resistente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.600,00, oltre alle spese generali e accessori di legge; dichiara compensate le spese dei gradi di merito.


Corresponsione differenze retributive per svolgimento funzioni superiori

Nel giudizio in esame il ricorrente, dipendente comunale con qualifica di collaboratore (IV livello) ha impugnato la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso diretto all’annullamento della deliberazione della Giunta comunale con la quale veniva respinta l’istanza di corresponsione di differenze retributive in relazione allo svolgimento dal 1983 di mansioni proprie della qualifica di VI livello, nonché per l’accertamento del relativo diritto. Il Consiglio di Stato ha affermato che, come più volte ribadito da questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, VI, n. 2365 del 2010; 3 febbraio 2011 n. 758), in difetto di espresse previsioni normative che consentano l’utilizzo del dipendente in posizione diversa da quella formalmente rivestita ed attribuiscano a questa destinazione effetti modificativi del suo status di dipendente, vige il principio di irrilevanza delle mansioni superiori svolte in via di fatto, agli effetti sia dell’inquadramento che della retribuzione.

Ostano alla attribuzione di effetti giuridici alla destinazione in via di mero fatto diversi elementi: il carattere rigido delle dotazioni di organico delle amministrazioni e i relativi flussi di spesa; l’assenza di un potere del preposto al vertice dell’ufficio di gestire in via autonoma la posizione di status dei dipendenti e il relativo trattamento economico;la garanzia della parità di trattamento di tutti i soggetti che operano nella struttura organizzativa e che possano aspirare di accedere alle mansioni di qualifica superiore in condizioni di parità, trasparenza e non discriminazione. Il quadro normativo delineatosi con l’emanazione dell’art. del d.lgs. n. 29 del 1993 è stato più volte oggetto di esame da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. La norma, infatti, ha previsto la retribuzione dello svolgimento delle mansioni superiori, rinviandone tuttavia l’attuazione alla nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza ivi stabilita, disponendo altresì che “fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore” (art. 56, comma 6).

Le parole “a differenze retributive” sono state poi abrogate dall’art. 15 d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, ma “con effetto dalla sua entrata in vigore” (Cons. Stato, ad. plen., n. 22 del 1999), con la conseguenza che l’innovazione legislativa spiega effetto a partire dall’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 387 e cioè dal 22 novembre 1998. E’ stato però esplicitamente affermato che il diritto al trattamento economico per l’esercizio di mansioni superiori ha la sua disciplina in una disposizione (art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998) avente carattere innovativo, e non meramente interpretativo della disciplina previgente, per cui il riconoscimento legislativo “non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse” (Cons. Stato, ad. plen., n. 11 del 2000 e n. 3 del 2006).

L’appellante, tuttavia, invoca gli orientamenti assunti in materia dalla Corte Costituzionale, cui la questione è stata rinviata anche nel corso del giudizio di primo grado, per dedurne che l’orientamento dell’Adunanza Plenaria, sopra ricordato, dovrebbe considerarsi superato a sostituito da principi favorevoli all’accoglimento della domanda. La tesi non può essere condivisa, perché i pronunciamenti del giudice delle leggi si sono risolti nella affermazione della conformità alla costituzione di interventi del legislatore che accolgano il principio della retribuzione delle prestazioni corrispondenti ad una qualifica superiore, ma non hanno mai direttamente disposto l’annullamento di precisi precetti normativi. Il Collegio non ignora che, anche in tempi non lontani, il diritto ad una retribuzione corrispondente alle mansioni svolte in via di fatto sia stato riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, in presenza di determinati presupposti (vacanza del posto in organico, atto formale di incarico adottato dall’autorità competente, esercizio effettivo di mansioni superiori).

Tale orientamento, tutt’altro che univoco, non potrebbe ormai essere ulteriormente condiviso una volta che il quadro normativo sia stato chiarito e consolidato con le ricordate sentenze dell’Adunanza Plenaria, e tenuto anche conto della vincolatività di tali pronunce ai sensi dell’art. 99, comma 3, del c.p.a. Va però soggiunto, che, anche con riferimento al pregresso indirizzo giurisprudenziale, cui si è fatto cenno, l’appello non avrebbe potuto essere accolto, dovendosi condividere l’avviso dei primi giudici circa il difetto di un atto di incarico emesso dall’autorità competente a modificare le mansioni spettanti in forza del provvedimento di inquadramento. I ripetuti riconoscimenti dell’utilità delle mansioni superiori svolte e della volontà della Amministrazione, nel senso della prosecuzione di tale prestazione, non sono idonei a costituire il diritto al relativo compenso, in quanto mere prese d’atto successive non rilevanti.

Vedi: Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.4.2012, n. 2451


Circolare 003/2012: Indennità di disagio per i Messi Comunali – 2012

Le particolari condizioni in cui opera il « Messo Comunale » e le varie peculiarità della sua attività possono configurare una fattispecie di “disagio” previsto dall’art. 17, c. 2, lett. e) del CCNL EE.LL. 1.4.1999, indennizzabile in sede di Contratto Decentrato Integrativo.

La circolare che pubblichiamo (a fondo pagina il link) vuole essere un contributo nell’ambito dell’attività che l’Associazione persegue con il progetto “La valorizzazione del Messo Comunale”.

Circolare: Circolare 2012-003 INDENNITA’ DI DISAGIO PER I MESSI COMUNALI


Corso di formazione Cesena (FC) – 26.10.2012

Venerdì 26 ottobre 2012

Comune di Cesena

Sala Consiliare

Piazza del Popolo 10

Orario:  9:00 – 13:00     14:00 – 17:00

Con il patrocinio Comune di Cesena (FC)

Quote di partecipazione al corso:
La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.
€ 160,00 (*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2011 con rinnovo anno 2012 già pagato al 16.01.2012. NON sono considerati iscritti i dipendenti di Enti o di Comuni associati ad A.N.N.A. quali persone giuridiche se non sono iscritti, a loro volta, ma come persone fisiche)
€ 200,00 (*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2013 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 270,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).
La quota d’iscrizione dovrà essere pagata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Cesena – 2012 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni.
(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Asirelli Corrado

  • Coordinatore Servizio Notifiche del Comune di Cesena (FC)
  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Corso realizzato con il sistema Outdoor training

PROGRAMMA:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità
  • Qualifica soggettiva di pubblico ufficiale (art. 357, c.p.)

Il procedimento di notificazione:

  • Art. 137 c.p.c: il rispetto della privacy nel procedimento di notificazione
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Notificazione nella residenza, dimora e domicilio
  • L’art. 139 c.p.c. e criteri presenziali
  • Concetto di dimora, residenza e domicilio
  • Notifica a persone diverse dal destinatario (familiari, addetti alla casa o all’ufficio)
  • Notificazione in caso di irreperibilità o di rifiuto a ricevere la copia dell’atto (art. 140 c.p.c) e l’interpretazione della giurisprudenza: le novità alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale (gennaio 2010)
  • Notificazione presso il domiciliatario (art. 141 c.p.c)
  • Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella repubblica (art. 142 c.p.c.)
  • Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 c.p.c.)
  • Notificazioni alle amministrazioni statali (art. 144 c.p.c.)
  • Notificazione alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c) e novità introdotte dalla L. 263/2005 : analisi delle pronunce giurisprudenziali in tema di notificazione a persone giuridiche
  • Il ritiro degli atti presso la casa comunale (da parte di terzi e intestatari)

La notificazione a mezzo del servizio postale

  • Attività del messo e attività dell’ufficiale postale: ambito di applicazione della L. 890/1982 – Analisi delle diverse casistiche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali
  • Le modifiche all’art. 149 c.p.c.
  • Il nuovo art. 149 bis c.p.c e la notificazione a mezzo posta elettronica
  • La notificazione delle violazioni al Codice della Strada: le novità introdotte dall’art. 36 della L. 120/2010 ” Disposizioni in materia di sicurezza stradale”
  • Soggetti – I nuovi termini per le notifiche – Validità delle notificazioni

La notificazione degli atti tributari

  • Normativa speciale prevista dal D.P.R. 600/1973
  • L’ art. 60 D.P.R. 600/1973 dopo le modifiche introdotte dall’art. 2, c. 1 del D.L. 40/2010 convertito in L. 73/2010, dall’art. 38 del D.L. 78/2010 conv. In L. 122/2010
  • Le disposizioni introdotte dalla L. 296/2006: l’art. 1, comma 158 – 160 della Legge Finanziaria 2007 (individuazione dei soggetti che possono procedere alla notificazione degli atti di accertamento dei tributi locali e degli atti di invito al pagamento di entrate extratributarie di Comuni e Province e relative problematiche)

EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL MESSO IN SENSO “DIGITALE”

La pubblicazione di atti e documenti all’albo on line

  • Le novità introdotte dall’art. 32 della L. 69/2009: la pubblicazione legale sul sito web a partire dal 1 gennaio 2011 – Aspetti problematici
  • Il Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale: cosa pubblicare all’albo, originali e copia, il valore del pdf
  • La trasmissione informatica di documenti: le modifiche apportate agli art. 45, 47 e 48 del D. Lgs. 82/2005
  • La referta di pubblicazione all’albo on line: che può firmare ma, soprattutto, come firmare – Le modifiche introdotte dall’art. 1 del D. Lgs. 235/2010: la firma elettronica
  • Le recentissime novità in materia di posta elettronica certificata e l’introduzione dell’art. 149 bis del c.p.c. ovvero la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata
  • Le problematiche conseguenti alla modifiche apportate all’art. 26 del DPR 602/1973: la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC
  • Le raccomandazioni del Garante privacy contenute nella delibera n. 88/2011 : i limiti temporali, il rispetto del diritto all’oblio, le responsabilità
  • Risposte ai quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line (link “Iscrizione on line” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: L’attività Formativa dell’Associazione 2012

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Cesena 2012

Vedi: Video del Corso di formazione


Corso di formazione Ancona – 18.10.2012

Giovedì 18 ottobre 2012

Comune di Ancona

Sala videoconferenze della Ragioneria
Via Frediani 12

Orario:  9:00 – 13:00     14:00 – 17:00

Con il patrocinio del Comune di Ancona

Quote di partecipazione al corso:
La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.
€ 160,00 (*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2011 con rinnovo anno 2012 già pagato al 16.01.2012. NON sono considerati iscritti i dipendenti di Enti o di Comuni associati ad A.N.N.A. quali persone giuridiche se non sono iscritti, a loro volta, ma come persone fisiche)
€ 200,00 (*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2013 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 270,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).
La quota d’iscrizione dovrà essere pagata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Ancona – 2012 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni.
(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

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Asirelli Corrado

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  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
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Corso realizzato con il sistema Outdoor training

PROGRAMMA:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità
  • Qualifica soggettiva di pubblico ufficiale (art. 357, c.p.)

Il procedimento di notificazione:

  • Art. 137 c.p.c: il rispetto della privacy nel procedimento di notificazione
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Notificazione nella residenza, dimora e domicilio
  • L’art. 139 c.p.c. e criteri presenziali
  • Concetto di dimora, residenza e domicilio
  • Notifica a persone diverse dal destinatario (familiari, addetti alla casa o all’ufficio)
  • Notificazione in caso di irreperibilità o di rifiuto a ricevere la copia dell’atto (art. 140 c.p.c) e l’interpretazione della giurisprudenza: le novità alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale (gennaio 2010)
  • Notificazione presso il domiciliatario (art. 141 c.p.c)
  • Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella repubblica (art. 142 c.p.c.)
  • Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 c.p.c.)
  • Notificazioni alle amministrazioni statali (art. 144 c.p.c.)
  • Notificazione alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c) e novità introdotte dalla L. 263/2005 : analisi delle pronunce giurisprudenziali in tema di notificazione a persone giuridiche
  • Il ritiro degli atti presso la casa comunale (da parte di terzi e intestatari)

La notificazione a mezzo del servizio postale

  • Attività del messo e attività dell’ufficiale postale: ambito di applicazione della L. 890/1982 – Analisi delle diverse casistiche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali
  • Le modifiche all’art. 149 c.p.c.
  • Il nuovo art. 149 bis c.p.c e la notificazione a mezzo posta elettronica
  • La notificazione delle violazioni al Codice della Strada: le novità introdotte dall’art. 36 della L. 120/2010 ” Disposizioni in materia di sicurezza stradale”
  • Soggetti – I nuovi termini per le notifiche – Validità delle notificazioni

La notificazione degli atti tributari

  • Normativa speciale prevista dal D.P.R. 600/1973
  • L’ art. 60 D.P.R. 600/1973 dopo le modifiche introdotte dall’art. 2, c. 1 del D.L. 40/2010 convertito in L. 73/2010, dall’art. 38 del D.L. 78/2010 conv. In L. 122/2010
  • Le disposizioni introdotte dalla L. 296/2006: l’art. 1, comma 158 – 160 della Legge Finanziaria 2007 (individuazione dei soggetti che possono procedere alla notificazione degli atti di accertamento dei tributi locali e degli atti di invito al pagamento di entrate extratributarie di Comuni e Province e relative problematiche)

EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL MESSO IN SENSO “DIGITALE”

La pubblicazione di atti e documenti all’albo on line

  • Le novità introdotte dall’art. 32 della L. 69/2009: la pubblicazione legale sul sito web a partire dal 1 gennaio 2011 – Aspetti problematici
  • Il Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale: cosa pubblicare all’albo, originali e copia, il valore del pdf
  • La trasmissione informatica di documenti: le modifiche apportate agli art. 45, 47 e 48 del D. Lgs. 82/2005
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  • Le recentissime novità in materia di posta elettronica certificata e l’introduzione dell’art. 149 bis del c.p.c. ovvero la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata
  • Le problematiche conseguenti alla modifiche apportate all’art. 26 del DPR 602/1973: la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC
  • Le raccomandazioni del Garante privacy contenute nella delibera n. 88/2011: i limiti temporali, il rispetto del diritto all’oblio, le responsabilità
  • Risposte ai quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line (link “Iscrizione on line” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: L’attività Formativa dell’Associazione 2012

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Corso Ancona 2012


Equitalia paga le spese di giudizio anche quando il ritardo della notifica é addebitabile all’Agenzia delle Entrate

La Suprema Corte di Cassazione infligge un altro colpo nei confronti di Equitalia. Con la sentenza n. 8402/2012 la suprema corte ha condannato l’Ente a pagare le spese del giudizio anche quando la cartella di pagamento è stata notificata in ritardo dall’Agenzia delle Entrate. Questa decisione rende l’ente responsabile anche se il fatto (il ritardo nella notifica) non sia conseguenza di una propria responsabilità e, pertanto, sul punto sarà inutile formulare qualsiasi eccezione.
La sesta sezione civile della Cassazione giunge a tale conclusione basandosi sul principio della soccombenza contenuto nell’art. 91 c.p.c. “La parte ricorrente (Equitalia), fondando le proprie argomentazioni sull’asserita assenza di responsabilità del concessionario in ordine alla tardiva notifica della cartella, intenderebbe inammissibilmente sostituire al criterio legale della soccombenza ex 91 c.p.c. (fondato sulla obiettiva situazione processuale delle parti determinata all’esito del giudizio in relazione alla affermazione/negazione della pretesa oggetto della controversia) un differente criterio fondato sull’accertamento della colpa nella causazione dell’evento (decorso del termine di decadenza) che avrebbe dato luogo alla pronuncia di accertamento della infondatezza della pretesa tributaria”.
La Corte ha infine osservato che “il motivo si palesa infondato anche in considerazione della natura eminentemente discrezionale del potere di compensazione delle spese di lite riservato al giudice dall’art. 92, co.2, c.p.c.”

Leggi: Corte di Cassazione 8402-2012 . Equitalia


CONGEDO PARENTALE FRAZIONATO “sabato e domenica” non entrano nel computo

Con sentenza n° 6472 del 4-5-2012, la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito  – qualora la lavoratrice madre rientri al lavoro, interrompendo così la fruizione del congedo parentale, nelle giornate di venerdì ovvero in qualsiasi giorno che preceda immediatamente una festività infrasettimanale – i giorni di sabato o domenica o comunque i giorni festivi successivi ai giorno di rientro al lavoro debbano essere computati, o meno, ai fini del congedo parentale.
Il caso esaminato riguardava:

  • una lavoratrice aveva goduto del congedo parentale in modo frazionato, e, più precisamente, dal lunedì al giovedì con rientro al lavoro il venerdì ovvero in altro giorno precedente una festività;
  • il datore di lavoro aveva conteggiato, quali giorni lavorativi, solo il venerdì o i giorni lavorati prefestivi avendo ricompreso nel periodo di congedo i giorni del sabato e della domenica.

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che “il diritto al congedo parentale può essere esercitato dal genitore-lavoratore al fine di garantire con la propria presenza il soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino e della sua esigenza di un pieno  inserimento nella famiglia.
Poiché, ai sensi dell’art. 32 comma 1 del decreto legislativo n° 151/2001 esso si configura come un diritto di astenersi da una prestazione lavorativa che sarebbe altrimenti dovuta, è evidente che esso non può riferirsi a giornate in cui tale prestazione non è comunque dovuta (tranne l’ipotesi in cui la giornata festiva sia interamente compresa nel periodo di
congedo parentale)”.
I giudici di legittimità hanno, inoltre, precisato che la fruizione del congedo parentale si interrompe allorché la lavoratrice rientra al lavoro e ricomincia a decorrere dal momento in cui la stessa riprende il periodo di astensione . Nel caso esaminato l’interruzione del congedo parentale si realizza con il rientro al lavoro nel quinto giorno della settimana (il venerdì) e con la ripresa della fruizione del congedo a partire dal lunedì successivo.


Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.

DECRETO LEGGE 6 dicembre 2011, n. 201
Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici.

Legge istitutiva dell’I.M.U.  (Imposta Municipale Unica)

Leggi: DECRETO LEGGE 6 dicembre 2011, n. 201


Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 22-05-2012) 20-06-2012, n. 10143

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente Sezione –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6269-2009 proposto da:

HAPIMAG ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 151, presso lo studio dell’avvocato ROSATI ANGELO, rappresentata e difesa dall’avvocato NORSCIA ANTONIO per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1342/2008 della CORTE D’APPELLO de L’AQUILA, depositata il 08/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2012 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato ANTONIO NORSCIA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato il 15 luglio 2008 la società Hapimag Italia s.r.l. impugnava la sentenza del tribunale di Teramo del 10 – 17 dicembre 2007, che aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato a I.T., per mancata osservanza della procedura di cui alla L. n. 223 del 1991, sul presupposto che tale recesso si inserisse nell’ambito di un licenziamento collettivo.

Negava di essere soggetta alla disciplina sui licenziamenti collettivi, sia perchè svolgeva un’attività stagionale che, come tale, era esclusa, per espressa previsione della L. n. 223 del 1991, art. 24, comma 4, da tale disciplina, sia perchè non aveva una consistenza occupazionale superiore a 15 dipendenti, comunque richiesta per l’applicabilità della legge stessa. Ribadiva poi l’esistenza del giustificato motivo oggettivo, giacchè la decisione di non tenere inoperosi lavoratori con contratto a tempo indeterminato per alcuni mesi l’anno e, quindi, di darsi un diverso assetto economico-produttivo, rientrava nel potere dell’imprenditore, insindacabile da parte del giudice.

Sosteneva, infine, di aver fatto richiesta al Centro per l’impiego e all’Agenzia delle entrate per conoscere i redditi dell’appellata dal 2005, e se la stessa si fosse iscritta alle liste di collocamento, riservandosi di produrre la relativa documentazione fino all’udienza.

Resisteva la I., contestando che l’attività svolta dall’appellante fosse stagionale, giacchè, anche dopo la richiesta della relativa licenza, nel 2004, essa aveva continuato a svolgere la propria attività per tutto l’anno solare e con lo stesso numero di dipendenti, mentre all’indomani del licenziamento di tutti i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, aveva riassunto una dipendente sempre a tempo indeterminato. Rilevava che, ai fini della consistenza occupazionale, andavano computati anche i dipendenti con contratto a termine, che non fossero stati assunti per sopperire ad esigenze contingenti ed eccezionali. Quanto poi all’esistenza del giustificato motivo oggettivo, rinviava alla difesa spiegata sul punto in primo grado.

2. La corte d’appello dell’Aquila con sentenza del 18 settembre 2008 – 8 ottobre 2008 rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado. In particolare la corte d’appello riteneva che il licenziamento non potesse che qualificarsi come individuale, essendo stato intimato come tale dalla società datrice di lavoro. Riteneva inoltre che la trasformazione in stagionale dell’attività della società, che in precedenza si svolgeva nel corso di tutto l’anno, non costituiva giustificato motivo oggettivo dell’intimato licenziamento per mancanza di nesso di causalità con la determinazione datoriale di risolvere il rapporto di lavoro. Non teneva conto delle deduzioni della società quanto al requisito numerico perchè fatte in riferimento alla prospettazione del licenziamento collettivo. Nulla poi la società aveva provato quanto all’aliunde perceptum.

3. Avverso questa pronuncia la società propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.

L’intimata non ha svolto difesa alcuna.

4. La Sezione Lavoro di questa corte, con ordinanza interlocutoria del 15 novembre 2011 – 18 gennaio 2012, n. 702, ha disposto la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite ravvisando un contrasto di giurisprudenza in ordine all’interpretazione dell’art. 82 regio decreto 22 gennaio 1934 n. 37.

In tale ordinanza la Sezione Lavoro pone in rilievo che la società Hapimag Italia s.p.a. ha notificato il ricorso per cassazione a I.T. presso il procuratore domiciliatario costituito in secondo grado, non presso il suo studio (secondo l’indicazione del domicilio data dalla parte nella procura alle liti), ma nella cancelleria della Corte d’appello dell’Aquila. Trattandosi di procuratore esercente fuori della circoscrizione del tribunale cui era assegnato (il giudizio di appello si è svolto dinanzi alla Corte d’appello dell’Aquila, il procuratore domiciliatario era residente in Atri, circondario di Teramo), deve valutarsi se alla fattispecie trovi applicazione, o no, il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, per il quale il procuratore che esercita il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all’atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo, intendendosi in difetto che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.

Ricorda l’ordinanza citata che fino ad epoca recente la giurisprudenza (Cass., sez. un., 5 ottobre 2007, n. 20845) ha ritenuto che tale elezione di domicilio ex lege assume rilievo tanto ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l’impugnazione, che per la notifica dell’atto di impugnazione, rimanendo di contro irrilevante l’indicazione della residenza o anche la elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti, senza che il principio incontri deroghe per il rito del lavoro (Cass., sez. lav., 2 settembre 2010, n. 19001). In prospettiva diversa si pone Cass., sez. lav., 11 giugno 2009, n. 13587, che, partendo da un’interpretazione letterale del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, ritiene che la disposizione da esso denunziata si applica al giudizio di primo grado (come si evince dal riferimento alla “circoscrizione del tribunale”) e trova applicazione al giudizio d’appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori del distretto, attesa la ratio della disposizione, volta ad evitare di imporre alla controparte l’onere di una notifica più complessa e costosa se svolta al di fuori della circoscrizione dell’autorità giudiziaria procedente e ad escludere un maggiore aggravio della notifica ove il procuratore sia assegnato al medesimo distretto ove si svolge il giudizio di impugnazione.

5. Fissata la causa all’odierna udienza pubblica innanzi a queste Sezioni Unite, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. in cui sostiene la ritualità della notifica del ricorso per cassazione fatta presso la cancelleria della Corte d’appello dell’Aquila essendo il difensore della parte intimata domiciliato ex lege presso la cancelleria di quella corte in quanto iscritto nell’albo professionale del tribunale di Teramo e quindi in una circoscrizione diversa da quella in cui aveva sede la corte d’appello.

Motivi della decisione
1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3. In particolare contesta la ritenuta assenza di nesso causale tra la scelta per la riduzione dell’attività da annuale a stagionate ed il licenziamento intimato.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 2909 c.c. e della L. n. 108 del 1990, art. 2. Sostiene la deducibilità di un giudicato esterno formatosi in altra controversia con altri due dipendenti licenziati nelle stesse circostanze. Il giudicato secondo la ricorrente concernerebbe la consistenza occupazionale inferiore a 15 dipendenti con conseguente applicabilità della cosiddetta tutela obbligatoria.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 108 del 1990, art. 1. La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto che il motivo d’appello sulla consistenza occupazionale riguardasse solo l’applicabilità della L. n. 223 del 1991 e non anche il licenziamento individuale.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ancora violazione della L. n. 108 del 1990, art. 1 con riferimento alla deducibilità dell’aliunde perceptum.

2. Preliminare all’esame del merito del ricorso è la verifica della sua ammissibilità in ragione della ritualità, o no, della sua notifica alla parte intimata presso il suo procuratore in appello, domiciliato ex lege presso la cancelleria della corte d’appello dell’Aquila in applicazione dell’art. 82 cit.. Tale verifica implica l’esame della questione di diritto posta nella richiamata ordinanza interlocutoria della sezione lavoro (ord., 15 novembre 2011 – 18 gennaio 2012, n. 702) e che ha ad oggetto l’interpretazione di tale disposizione; questione sulla quale si è radicato il denunciato contrasto di giurisprudenza della cui composizione sono state investite queste sezioni unite.

3. Il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 recante norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, sull’ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore – disposizione questa che, pur essendo risalente nel tempo, è rimasta immutata e tuttora vigente anche dopo l’entrata in vigore del codice di procedura civile del 1940 e delle varie leggi di riforma che si sono succedute nel tempo – prevede che gli avvocati – e, prima della soppressione dell’albo dei procuratori legali L. 24 febbraio 1997, n. 27, ex art. 3, i procuratori – i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati – devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. Ed aggiunge che, in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.

L’onere di elezione di domicilio non esclude che comunque – come recita il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 4 – gli avvocati iscritti in un albo possano esercitare la professione davanti a tutte le Corti d’appello ed i Tribunali (nonchè, in passato, alle Preture) della Repubblica. Mentre davanti alla Corte di cassazione (ed altri organi giurisdizionali, quali in particolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti in sede giurisdizionale) il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati iscritti nell’apposito albo speciale.

L’art. 82 contiene quindi un duplice riferimento topografico: alla circoscrizione del tribunale e alla sede dell’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso.

3.1. Il primo riferimento si raccorda all’albo degli avvocati di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 17 tenuto dal consiglio dell’ordine degli avvocati presso ciascun tribunale, al quale sono iscritti, a domanda, gli avvocati per l’esercizio della professione forense e che presuppone che l’avvocato abbia la residenza nella circoscrizione del tribunale nel cui albo l’iscrizione è domandata (art. 26, R.D.L. cit.); cfr. l’art. 31, R.D.L. cit. che prescrive che la domanda per l’iscrizione all’albo degli avvocati è rivolta al Consiglio dell’ordine degli avvocati e dei procuratori nella cui circoscrizione il richiedente ha la sua residenza. L’art. 10 r.d.l. cit. poi prescrive che l’avvocato debba risiedere nel capoluogo del circondario del Tribunale al quale è assegnato, ma il Presidente del Tribunale, sentito il parere del Consiglio dell’ordine, può autorizzarlo a risiedere in un’altra località del circondario, purchè egli abbia nel capoluogo un ufficio presso un altro procuratore.

L’iscrizione a tale albo deve costantemente sussistere per svolgere l’attività difensiva; la cancellazione dall’albo costituisce tipica sanzione disciplinare (art. 40 r.d.l. cit.).

Alla circoscrizione del tribunale fa riferimento anche il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, art. 6 (sull’esercizio della professione in uno Stato membro dell’UE) che prevede che per l’esercizio permanente in Italia della professione di avvocato, i cittadini degli Stati membri in possesso dei prescritti titoli, sono tenuti ad iscriversi in una sezione speciale dell’albo costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale. Gli avvocati possono chiedere il trasferimento dell’iscrizione all’albo di altra circoscrizione, anche di un diverso distretto, nella quale intendano fissare la propria residenza (L. 4 marzo 1991, n. 67, art. 6). La perimetrazione del circondario dei singoli tribunali è stata rivista dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico di primo grado.

3.2. Il secondo riferimento topografico coincide con la sede – e quindi con il comune dove è ubicata la sede – dell’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso.

Quindi l’avvocato che è assegnato a una determinata circoscrizione del tribunale può esercitare innanzi a qualsiasi autorità giudiziaria che ha sede in quella circoscrizione senza necessità di elezione di domicilio altrove. Ma se quest’ultima ha sede in una diversa circoscrizione, l’avvocato è onerato dell’elezione di domicilio nel luogo sede dell’autorità giudiziaria adita; altrimenti opera ex lege l’elezione di domicilio presso la cancelleria di quella autorità giudiziaria.

Il collegamento topografico posto dall’art. 82 comporta una vicinanza dell’avvocato alla sede dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio per essere quest’ultima interna al territorio della circoscrizione del tribunale dove è l’albo professionale al quale è iscritto l’avvocato. La finalità è quella di agevolare le comunicazioni e le notificazioni all’avvocato;

finalità questa che è maggiormente evidente se si pensa all’epoca in cui la norma è stata posta e al diverso contesto dei mezzi di comunicazione che la connotava a fronte del progresso tecnologico dell’epoca attuale. Basti considerare che recentemente il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 48, lett. d), conv., con mod., dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito nel codice di rito l’art. 149- bis sulla notificazione a mezzo di posta elettronica. E prima ancora la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, aveva aggiunto un terzo comma nell’art. 136 c.p.c. che prevede la possibilità delle comunicazioni di cancelleria mediante telefax o posta elettronica.

Pur in questo diverso contesto di comunicazioni e notifiche effettuabili anche in via telematica, la finalità dell’art. 82 è rimasta quella originaria: l’avvocato, in quanto iscritto all’albo del tribunale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio, deve essere “prossimo” a quest’ultima. In difetto di tale prossimità topografica, scatta un onere di elezione di domicilio che, ove disatteso, comporta la domiciliazione ex lege presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. La giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass., sez. 1, 9 marzo 1977, n. 976) ha sottolineato come l’art. 82 mira a rendere più agevoli e sollecite le comunicazioni e notificazioni degli atti processuali.

4. Questa esigenza di prossimità topografica si ritrova anche in altre disposizioni processuali.

L’art. 58 disp. att. c.p.c., con riferimento alla costituzione delle parti nel giudizio innanzi al giudice di pace, prevede che alla parte, che non ha fatto dichiarazione di residenza o elezione di domicilio a norma dell’art. 319 c.p.c., le notificazioni e le comunicazioni durante il procedimento possono essere fatte presso la cancelleria, salvo contrarie disposizioni di legge.

L’art. 366 c.p.c., prima della modifica introdotta dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), (di cui si dirà infra), prevedeva che, se il ricorrente non avesse eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sarebbero state fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione.

L’art. 480 c.p.c., prescrive che il precetto deve inoltre contenere, tra l’altro, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione ed in mancanza le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Analoghe disposizioni, nel codice di rito, sono contenute nella L. n. 689 del 1981, art. 492 (con riferimento al pignoramento), art. 638 (quanto al procedimento per ingiunzione), art. 660 (relativamente alle intimazioni di licenza o di sfratto) e art. 22 (in tema di opposizione all’ordinanza-ingiunzione prima della novella di cui al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 34, comma 1, lett. b)).

Anche nel giudizio amministrativo c’è analogo onere processuale.

L’art. 25 cod. proc. amm. (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, come sostituito dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 11, lett. e)) prevede che la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata; e nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato.

5. Il disposto dell’art. 82 cit. comporta quindi, per l’avvocato che difende in un giudizio innanzi ad un’autorità giudiziaria con sede in una circoscrizione diversa da quella del tribunale presso il quale è l’albo dove egli è iscritto, un onere di elezione di domicilio al fine di assicurare la “prossimità” dell’avvocato per ogni comunicazione o notifica.

La conseguenza del mancato rispetto di tale onere, che ha una connotazione quasi sanzionatoria in senso lato, è l’elezione di domicilio ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria suddetta; ciò che significa in concreto una marcata difficoltà per l’avvocato di avere notizia di comunicazioni e notificazioni fattegli presso la cancelleria, anche se, fin da epoca risalente (Cass., sez. 3, 10 agosto 1965, n. 1919), si è precisato che comunque vi è, non già un obbligo, ma solo una facoltà per il notificante di effettuare la notifica presso la cancelleria (cfr. anche Cass., sez. lav., 22 novembre 1995, n. 12064; sez. 2, 4 maggio 2005, n. 9225). Ma se il notificante si avvale di tale facoltà, la notifica è rituale.

Si è quindi dubitato della proporzionalità (e quindi della ragionevolezza: art. 3 Cost., comma 1) di una così radicale conseguenza dell’inosservanza di un onere processuale, nonchè della sua compatibilità con il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e, più recentemente, con il canone del giusto processo (art. 111 Cost., comma 1); e la questione è stata più volte portata con incidente di costituzionalità innanzi alla Corte costituzionale.

La quale, dopo aver ritenuto ragioni di inammissibilità della questione, preclusive dell’esame del merito (ord. n. 455 del 1999 e n. 13 del 2006), con una successiva ordinanza (ord. n. 5 del 2007) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 82 cit., in combinato disposto con l’art. 330 c.p.c., sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.. Ha affermato la Corte che la prescrizione dell’onere di indicazione della residenza o dell’elezione di domicilio nel Comune sede del giudice adito, con i sacrifici che ad essa si correlano, esprime una scelta ragionevole e quindi non lesiva del diritto di azione, in quanto funzionale a un più immediato ed agevole espletamento delle formalità della notificazione; mentre tale mancata elezione di domicilio non impedisce nè rende particolarmente gravoso il diritto di difesa, in quanto il difensore ben può con l’ordinaria diligenza informarsi presso il cancelliere, ritirare l’atto e provvedere così alla sua difesa, in quanto detta forma di notificazione, fra l’altro, consegue al mancato adempimento dell’onere imposto al difensore dalle norme impugnate e quindi è a lui imputabile. La Corte ha poi evidenziato che l’operatività della domiciliazione nella cancelleria deriva da una scelta volontaria del difensore, il quale, pur essendo consapevole di esercitare fuori dal circondario in cui è iscritto, ha omesso l’elezione di domicilio; ed ha aggiunto che la parte ha comunque il diritto di chiedere al proprio difensore il risarcimento integrale dei danni patiti, in ragione dell’agire non diligente di quest’ultimo, che non sia venuto a conoscenza del processo di appello e che non abbia conseguentemente apprestato una difesa.

In precedenza la Corte (ord. n. 62 del 1985) aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 480 c.p.c., comma 3, nella parte in cui dispone che, ove il precetto non contenga la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, le notificazioni si eseguono presso la cancelleria del giudice stesso ed il cancelliere non è tenuto a darne notizia alla parte interessata. Parimenti la Corte (ord. n. 231 del 2002) aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, che prevedeva analogo onere di elezione di domicilio, atteso che tale prescrizione “risulta ragionevole e non lesiva del diritto di azione, in quanto funzionale a un più immediato ed agevole espletamento delle formalità della notificazione” (conf. ord. n. 391 del 2007); disposizione questa che però è stata successivamente dichiarata incostituzionale, nel suo quarto e quinto comma, dalla stessa Corte (sent. n. 365 del 2010) proprio in ragione del mutato contesto normativo con la previsione di nuove modalità (e tecniche) di notifica (per questo profilo v. infra).

6. La questione di costituzionalità, di cui si è appena detto, è stata sollevata e decisa nel contesto e sul presupposto dell’interpretazione corrente dell’art. 82 cit..

6.1. La giurisprudenza di questa Corte da una parte, fin da epoca risalente, ha innanzi tutto affermato la permanente vigenza della disposizione anche dopo l’introduzione del nuovo codice di procedura civile del 1940; cfr. ex plurimis Cass., sez. 1, 31 luglio 1954, n. n. 2823, che, interpretando il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, posto in relazione agli artt. 285 e 170 c.p.c., ha affermato che, nella ipotesi in cui il procuratore legalmente esercente ometta di eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale è in corso il processo se fuori della circoscrizione del tribunale cui egli è assegnato, devono ritenersi pienamente valide le notificazioni eseguite presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria medesima. Ed ha precisato che l’art. 82 non può ritenersi tacitamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di rito (e segnatamente dell’art. 170 c.p.c.), nè delle norme che disciplinano l’iscrizione nell’albo dei procuratori. Conf.

Cass., sez. 3, 10 agosto 1965, n. 1919, che ha ribadito la perdurante vigenza dell’art. 82 dato che l’art. 170 c.p.c. – a cui rinvia l’art. 285 c.p.c. per la notificazione della sentenza agli effetti della decorrenza del termine per l’impugnazione – si limita ad indicare soltanto la persona nei cui confronti la notifica deve essere effettuata, senza determinare anche il luogo in cui la notifica deve essere eseguita. Conf. Cass., sez. 2, 23 maggio 1975, n. 2053; sez. 2, 5 agosto 1976, n. 3018.

6.2. D’altra parte la giurisprudenza di questa Corte ha accolto un’interpretazione letterale, come palesata dalla chiara lettera della disposizione: gli avvocati esercenti il proprio ufficio fuori della circoscrizione del tribunale dove, tenuto dal locale consiglio dell’ordine degli avvocati, è l’albo al quale essi sono iscritti, hanno l’onere di domiciliarsi nel comune dove ha sede l’autorità giudiziaria innanzi alla quale svolgono la loro attività difensiva ove tale comune non sia ricompreso nella circoscrizione suddetta. Il riferimento generico all’autorità giudiziaria comprende ogni giudice, sia quello di primo grado che quello dell’impugnazione. Per il giudizio di cassazione l’art. 82 non opera sol perchè l’onere di elezione di domicilio è previsto specificamente dall’art. 366 c.p.c.; ma la disciplina è analoga (salvo quanto si dirà oltre):

l’avvocato, iscritto all’albo speciale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 33, è anch’egli tenuto ad eleggere domicilio nel comune di Roma.

Il riferimento al tribunale, contenuto nell’art. 82, vale ad individuare, non già l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, bensì l’albo professionale al quale l’avvocato è iscritto. L’assegnazione dell’avvocato al tribunale significa null’altro che iscrizione nell’albo professionale tenuto da ciascun ordine circondariale degli avvocati presso ogni tribunale che ha quindi come riferimento territoriale la circoscrizione del tribunale stesso (v. R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 14 che prevede che per ogni Tribunale civile e penale sono costituiti un albo di avvocati e, in passato, un albo di procuratori).

Invece ampio – e nient’affatto limitato al tribunale – è il riferimento all’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso”, sicchè, in disparte le disposizioni speciali quali quelle dettate per il giudizio civile di cassazione dall’art. 366 c.p.p. e ora per il giudizio amministrativo dall’art. 25 cod. proc. amm., la disposizione riguarda anche i giudizi proposti in sede di impugnazione e segnatamente quelli instaurati innanzi alle corti d’appello.

Del resto mentre esistono gli ordini circondariali che provvedono alla tenuta degli albi degli avvocati presso ciascun tribunale, non esiste un albo distrettuale costituito dall’insieme degli albi del circondario compresi nel distretto. Nè l’art. 82 fa in alcun modo riferimento all’insieme degli albi dei circondario compresi nel distretto sia perchè manca un dato testuale da cui ciò possa desumersi, sia perchè quando la legge professionale ha inteso assegnare rilevanza al livello distrettuale, pur in mancanza di un albo distrettuale, lo ha fatto espressamente. L’art. 5 prevedeva, prima della soppressione dell’albo dei procuratori, che i procuratori legali potevano esercitare la professione davanti a tutti gli uffici giudiziari del distretto in cui era compreso l’ordine circondariale presso il quale erano iscritti. Analoga disposizione è tuttora prevista dall’art. 8 per i praticanti procuratori.

Ma nell’art. 82 il livello distrettuale non viene in rilievo.

6.3. Questa giurisprudenza ha trovato ripetute conferme: cfr. Cass., sez. lav., 26 ottobre 1987, n. 7899; sez. 1, 3 aprile 1992, n. 4081;

sez. 1, 17 febbraio 1995, n. 1736. Inoltre in senso conforme: Cass., sez. 2, 23 dicembre 1999, n. 14476; sez. 1, 23 febbraio 2000, n. 2059; sez. 3, 28 luglio 2004, n. 14254; sez. 2, 25 febbraio 2008, n. 4812; sez. 2, 11 marzo 2008, n. 6502; sez. lav., 20 giugno 2008, n. 17005; sez. lav., 23 febbraio 2009, n. 27166; nonchè sia pur solo implicitamente, anche Cass., sez. 2, 11 aprile 2002, n. 5185; sez. 1, 26 ottobre 2007, n. 22542; sez. 3, 7 aprile 2009, n. 8377.

In particolare Cass., sez. 3, 25 maggio 1977, n. 2170, ha poi precisato che la disposizione dell’art. 82 deve essere interpretata nel senso che il luogo di elezione del domicilio deve trovarsi nel comune ove siede l’autorità giudiziaria e non già in un comune diverso, sia pure sito nello stesso circondario; se si verifica quest’ultima ipotesi, il domicilio si intende eletto ex lege nella cancelleria del giudice procedente.

Con riferimento specifico al giudizio d’appello questa Corte (Cass., sez. 2, 15 maggio 1996, n. 4502) ha affermato che il R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – secondo cui il procuratore che si trovi ad esercitare il proprio ufficio in giudizio istituito dinanzi ad un’autorità giudiziaria avente la sede fuori dalla circoscrizione del tribunale al quale è assegnato deve, al momento della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede detta autorità e mantenervelo per tutto il corso del processo e, in caso di mancato adempimento di tale onere, il suo domicilio si intende eletto presso la cancelleria del giudice adito – trova applicazione anche nei giudizi innanzi alle corti di appello, in quanto si riferisce all’attività svolta dal procuratore innanzi a qualsiasi giudice avente sede in luogo non compreso nella circoscrizione del tribunale al quale egli è assegnato, ed opera, altresì, nel caso in cui, in un giudizio pendente innanzi alla corte di appello, a seguito dell’istituzione di un nuovo tribunale (nella specie, quello di Nola operante in forza della L. n. 125 del 1992), il procuratore risulti iscritto all’ordine professionale costituito presso il nuovo tribunale e privo, nella città sede della corte di appello (nell’ipotesi, Napoli), di un domicilio eletto diverso da quello presunto ex art. 82 R.D. cit.; con la conseguenza che, nell’indicata ipotesi, le comunicazioni al predetto procuratore devono ritenersi validamente e ritualmente effettuate presso la cancelleria della corte medesima.

In senso conforme cfr. anche Cass., sez. 6 – 2, 5 maggio 2011, n, 9924; sez. lav., 2 settembre 2010, n. 19001; sez. 3, 19 giugno 2009, n. 14360; sez. 1, 9 maggio, 2002, n. 6692.

Può infine ricordarsi che queste stesse Sezioni Unite (Cass., sez. un., 5 ottobre 2007, n. 20845) hanno affermato che ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – tuttora vigente e non abrogato neanche per implicito dalla L. n. 27 del 1997, artt. 1 e 6 – il procuratore che eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all’atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo, intendendosi, in difetto, che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.

7. Questo orientamento tradizionale e più volte ripetuto è stato recentemente disatteso da Cass., sez. lav., 11 giugno 2009, n. 13587, che all’opposto ha affermato che il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 – secondo cui i procuratori che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge “fuori della circoscrizione del tribunale” al quale sono assegnati devono, all’atto della costituzione in giudizio, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso e, in mancanza dell’elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria – si applica al giudizio di primo grado, come si evince dal riferimento alla “circoscrizione del tribunale” e trova applicazione al giudizio d’appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori del distretto, attesa la rado della disposizione, volta ad evitare di imporre alla controparte l’onere di una notifica più complessa e costosa se svolta al di fuori della circoscrizione dell’autorità giudiziaria procedente e ad escludere un maggiore aggravio della notifica ove il procuratore sia assegnato al medesimo distretto ove si svolge il giudizio di impugnazione; ne consegue che, ove il procuratore sia esercente all’interno del distretto, la notifica della sentenza di primo grado effettuata presso la cancelleria della corte d’appello è inidonea a far decorrere il termine breve di sessanta giorni per l’impugnazione. Successivamente Cass., sez. 2, 12 maggio 2010, n. 11486, ha ritenuto di dover aderire a questo nuovo orientamento limitandosi a ribadire che il richiamato art. 82 si applica al giudizio di primo grado, come si evince dal riferimento alla “circoscrizione del tribunale”, e trova applicazione al giudizio di appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori dal distretto (conf. da ultimo, Cass., sez. 3, 20 settembre 2011, n. 19125).

8. Il contrasto di giurisprudenza, denunciato dalla Sezione Lavoro con la citata ordinanza di rimessione della questione a queste Sezioni Unite, va risolto ribadendo l’orientamento tradizionale di cui si è finora detto.

L’interpretazione accolta da Cass. n. 13587/2009, che in realtà non costituisce un vero e proprio revirement perchè non si pone in critico confronto con l’opposto orientamento fino ad allora seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, offre una lettura dell’art. 82 che contrasta con la sua lettera. Afferma infatti che “la disposizione, facendo riferimento alla “circoscrizione del tribunale” si riferisce evidentemente al giudizio di primo grado.”.

Ma, in disparte il rilievo che il tribunale può essere anche giudice di secondo grado atteso che l’appello nei confronti delle sentenze del giudice di pace è deciso dal tribunale (art. 341 c.p.c.), il riferimento topografico alla “circoscrizione del tribunale” – come già sopra rilevato – vale ad identificare non già l’autorità innanzi alla quale è in corso il giudizio, bensì l’albo professionale al quale è iscritto l’avvocato, albo che è tenuto su base della circoscrizione di ciascun tribunale e non già del distretto della corte d’appello.

Invece per identificare il giudice innanzi al quale è in corso il giudizio l’art. 82 utilizza un termine assai ampio (autorità giudiziaria) che comprende sia il tribunale che la corte d’appello;

ed in tanto non opera per la corte di cassazione perchè è previsto un albo speciale ed una disposizione specifica (art. 366 c.p.c.).

Non può quindi dirsi che l’art. 82 sia stato dettato solo per il giudizio di primo grado.

Inoltre l’orientamento qui disatteso, se da una parte trae dal riferimento alla “circoscrizione del tribunale” una limitazione dell’operatività della regola processuale dettata dall’art. 82, confinandola al solo giudizio di primo grado, d’altra parte però non si limita a negarne l’applicazione al giudizio d’appello, ma per quest’ultimo individua un precetto similare affermando che l’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 sussiste nel caso in cui l’avvocato non sia iscritto in nessun albo professionale di alcuna delle circoscrizioni che compongono il distretto della corte d’appello. Ossia l’art. 82 conterrebbe anche l’ulteriore regola per cui il procuratore iscritto in un distretto di corte d’appello diverso da quello dove ha sede la corte d’appello innanzi alla quale si svolge il giudizio d’appello deve eleggere domicilio nel luogo dove ha sede la corte d’appello presso la quale il giudizio è in corso. Ciò però non è affatto detto dall’art. 82 che non considera l’ipotesi del procuratore che esercita fuori distretto (della corte d’appello), ma solo quella del procuratore che esercita fuori circoscrizione (del tribunale). Per predicare la diversa regola processuale ritenuta dall’orientamento qui disatteso non vi è alcun aggancio testuale nell’art. 82 che, al fine dell’onere di elezione di domicilio, non contiene alcun riferimento al distretto; rilievo che appare insuperabile, tanto più che – come già notato – quando la legge professionale ha ritenuto rilevante la dimensione distrettuale, espressamente l’ha prevista (R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 5 e 8).

Va quindi confermato l’orientamento in precedenza più volte affermato da questa corte, e sopra illustrato, alla stregua del quale deve ritenersi, nella specie, che il ricorso per cassazione sia stato correttamente notificato presso la cancelleria della corte d’appello dell’Aquila giacchè il procuratore costituito dalla parte appellata ed attualmente intimata era assegnato alla circoscrizione del tribunale di Teramo nel cui territorio non ricadeva la sede della corte d’appello dell’Aquila. Quindi, ai sensi dell’art. 82 come sopra interpretato, tale procuratore aveva, nel giudizio d’appello, l’onere di eleggere domicilio nella sede dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale si procedeva (L’Aquila). Non avendo ottemperato a tale onere, le notifiche potevano ritualmente essergli fatte presso la cancelleria della corte d’appello dell’Aquila; così anche la notifica del ricorso per cassazione.

9. Deve però aggiungersi che l’indirizzo giurisprudenziale, qui disatteso con conferma di quello tradizionale, esprime comunque un comprensibile disagio nel continuare a fare applicazione di una norma processuale “datata”, perchè risalente negli anni, negli stessi termini in cui per lungo tempo è stata interpretata.

Le regole del processo civile però hanno carattere strumentale della tutela dei diritti e la loro interpretazione, rispetto all’evoluzione di questi (ossia delle situazioni sostanziali), è tendenzialmente stabile sicchè la fedeltà ai precedenti (stare decisis), in cui si esprime la funzione nomofilattica di questa Corte, ha una valenza maggiore, così come è in linea di massima giustificato (e tutelabile) l’affidamento che le parti fanno nella stabilità dell’interpretazione giurisprudenziale delle regole del processo.

In proposito da una parte queste Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 18 maggio 2011, n. 10864) hanno elaborato una sorta di principio di precauzione, affermando che dinanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale, ciascuna compatibile con la lettera della legge, le ragioni di economico funzionamento del sistema giudiziario devono indurre l’interprete a preferire quella consolidatasi nel tempo, a meno che il mutamento dell’ambiente processuale o l’emersione di valori prima trascurati non ne giustifichino l’abbandono e consentano, pertanto, l’adozione dell’esegesi da ultimo formatasi.

D’altra parte, da ultimo, si è dato ingresso ad un principio innovatore a tutela dell’affidamento delle parti nella stabilità delle regole del processo, avendo queste sezioni unite (Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144) ritenuto che il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia, che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, ove tale “overruling” si connoti del carattere dell’imprevedibilità, si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante “ex post” non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’”overruling” nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo. Si tratta di una limitata applicazione della dottrina del c.d.

prospettive overruling: l’atto processuale compiuto al tempo della precedente giurisprudenza non è travolto da decadenza (o preclusione) sulla base di una nuova giurisprudenza, se connotata da imprevedibilità, la quale, sotto questo limitato aspetto, opera, in un certo senso, solo per il futuro.

Dopo quest’ultimo arresto giurisprudenziale risulta evidenziata la simmetria del profilo diacronico nel parallelismo tra controllo di costituzionalità e sindacato di legittimità.

Da una parte è possibile che una disposizione, oggetto di censura, sia inizialmente legittima e solo nel tempo divenga costituzionalmente illegittima per il mutamento del contesto normativo. La giurisprudenza costituzionale ha infatti elaborato la categoria dell’incostituzionalità sopravvenuta talchè, ricorrendo tale evenienza, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale a partire da una certa data (cfr. da ultimo sent. n. 1 del 2012).

D’altra parte, sul piano del sindacato di legittimità, in particolare di questa Corte, è possibile non di meno ipotizzare che l’interpretazione di una disposizione muti nel tempo in ragione del diverso contesto normativo in cui si innesta e che quindi ci sia parimenti una modulazione diacronica del suo significato precettivo senza che ciò smentisca la natura meramente dichiarativa dell’interpretazione della legge fatta dalla giurisprudenza.

E’ questo il caso dell’art. 82 cit..

10. Deve infatti considerarsi che il quadro normativo in cui va letto l’art. 82 ha subito di recente una significativa evoluzione che rifluisce anche sull’interpretazione della disposizione stessa.

Dapprima il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), convertito in L. 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito un nuovo articolo – il 149-bis – nella sezione 4 “Delle comunicazioni e delle notificazioni” del libro 1 del codice di procedura civile; articolo, intitolato “Notificazione a mezzo posta elettronica”, che prevede, al comma 1, che, se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.

Più recentemente il novellato art. 125 c.p.c., nel disciplinare il contenuto e sottoscrizione degli atti di parte, prescrive in generale che il difensore deve indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Il periodo “Il difensore deve, altresì, indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax” è stato aggiunto dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv., con mod., dalla L. 14 settembre 2011, n. 148. Successivamente le parole “l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine” sono state così sostituite a quelle “il proprio indirizzo di posta elettronica certificata” dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. a). Per espressa previsione dell’art. 25, comma 5, L. cit.: “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” (id est: 1 febbraio 2012 considerato che la legge è entrata in vigore il 1 gennaio 2012: art. 36). Tale prescrizione ha carattere generale e riguarda sia il giudizio di primo grado che quello d’appello. Quanto poi al giudizio di cassazione è stato parallelamente novellato anche l’art. 366 c.p.c. che ora prevede che se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione. Le parole “ovvero non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine” sono state inserite dalla L. n. 183 del 2011 cit., art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), operante anch’esso decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Quindi ora l’avvocato che difende davanti alla Corte di cassazione devesi eleggere domicilio in Roma; ma ha un’alternativa: può indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

Il progressivo mutamento del contesto normativo è poi alla base della sentenza n. 365 del 2010 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 689 del 1981, art. 22, commi 4 e 5, “nella parte in cui non prevede, a richiesta dell’opponente, che abbia dichiarato la residenza o eletto domicilio in un comune diverso da quello dove ha sede il giudice adito, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria”. La L. n. 689 del 1981, art. 22, disposizione ora abrogata, prevedeva che se, nell’opposizione all’ordinanza-ingiunzione, mancava la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente venivano eseguite mediante deposito in cancelleria.

Analoghe censure di costituzionalità in passato erano state ritenute manifestamente infondate (ord. n. 231 del 2002). Nuovamente investita, la Corte ha tenuto conto proprio del mutato contesto normativo in cui si inseriva l’onere di elezione di domicilio previsto dalla disposizione censurata osservando infatti che, in considerazione dei mutamenti intervenuti recentemente nei sistemi di comunicazione, il legislatore aveva modificato il quadro normativo riguardante le notificazioni. Ha quindi affermato: “Le recenti modifiche del quadro normativo mostrano un favor del legislatore per modalità semplificate di notificazione, divenute possibili grazie alla diffusione delle comunicazioni elettroniche. Sia lo sviluppo tecnologico e la crescente diffusione di nuove forme di comunicazione, sia l’evoluzione del quadro legislativo, hanno reso irragionevole l’effetto discriminatorio determinato dalla normativa censurata, che contempla il deposito presso la cancelleria quale unico modo per effettuare notificazioni all’opponente che non abbia dichiarato residenza o eletto domicilio nel comune sede del giudice adito nè abbia indicato un suo procuratore. La L. n. 689 del 1981, art. 22, commi 4 e 5, pertanto, viola gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede, a richiesta del ricorrente, modi di notificazione ammessi a questo fine dalle norme statali vigenti, alternativi al deposito presso la cancelleria”.

Marginalmente può ricordarsi che la stessa Corte, esercitando il suo potere regolamentare, ha novellato la disposizione che prevedeva per le parti l’onere di elezione di domicilio in Roma (in simmetria con l’art. 366 c.p.c.), lasciando solo l’onere di eleggere domicilio tout court (art. 3, Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale).

Ed allora – una volta che è divenuto operante in particolare il nuovo art. 125 c.p.c. con la previsione dell’obbligo del difensore di indicare negli atti di parte (citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto) il proprio indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, ciò che consente una modalità semplificata di notificazione (art. 149 bis c.p.c.), talchè l’art. 366 c.p.c., che prescriveva analogo specifico onere di elezione di domicilio per il giudizio di cassazione, ha previsto l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata come modalità alternativa alla domiciliazione – anche l’interpretazione dell’art. 82 cit., in chiave di prospective overrulling (ossia a partire dalla data suddetta – 1 febbraio 2012 – sicchè non rileva ratione temporis nel caso di specie), va riadattata a questo mutato contesto normativo.

Si è infatti venuta a determinare una irragionevolezza intrinseca (giacchè l’introduzione di una modalità di notificazione estremamente agevole, quale quella a mezzo di posta elettronica certificata, viene a soddisfare ex se l’esigenza di semplificazione e rapidità di comunicazioni e notificazioni, quale sottesa all’art. 82, non giustificandosi più, in tal caso, la domiciliazione ex lege in cancelleria), nonchè un’ingiustificata differenziazione (perchè per il giudizio di cassazione l’indicazione in ricorso dell’indirizzo di posta elettronica certificata già esclude la domiciliazione ex lege in cancelleria, mentre nel giudizio d’appello è espressamente previsto ex art. 125 solo l’obbligo di indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata). In questo così modificato contesto normativo – che ha già visto un sostanziale overruling anche della giurisprudenza costituzionale (sent. n. 365 dei 2010, cit., rispetto alle ord. n. 231 del 2002 e n. 391 del 2007, cit.) con l’introduzione, con pronuncia additiva, di modalità alternative all’elezione di domicilio in caso di opposizione ad ordinanza ingiunzione – sarebbe di assai dubbia ragionevolezza (art. 3 Cost., comma 1) e compatibilità con la garanzia della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) far derivare dalla mancata elezione di domicilio di cui all’art. 82 l’effetto della domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio anche nel caso in cui il difensore abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine; ciò che parimenti soddisfa l’esigenza sottesa all’art. 82 di semplificazione del procedimento di notificazione e comunicazione degli atti.

Occorre allora accedere all’interpretazione adeguatrice affermando che, in simmetria con l’art. 366 c.p.c. e coerentemente alla nuova formulazione dell’art. 125 c.p.c., anche ai sensi dell’art. 82 cit.

all’onere dell’elezione di domicilio si affianca – a partire dall’entrata in vigore delle recenti modifiche delle disposizioni appena citate – la possibilità di indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata (che, rispetto alla notifica in cancelleria, è più spedita ed offre una garanzia molto maggiore per l’avvocato destinatario della notifica). L’esigenza di coerenza sistematica e di interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, a partire dalla data suddetta, l’art. 82 cit. debba essere interpretato nel senso che dalla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.

11. Quindi conclusivamente – nel comporre il denunciato contrasto di giurisprudenza – può enunciarsi il seguente principio di diritto:

“Il R.D. n. 37 del 1934, art. 82 – che prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attività forense fuori dalla circoscrizione cui l’avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorchè appartenente allo stesso distretto della medesima corte d’appello. Tuttavia, dopo l’entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c., apportate rispettivamente dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest’ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.

12. Verificata l’ammissibilità del ricorso per essere rituale e tempestiva la sua notifica alla parte intimata presso la cancelleria della corte d’appello dell’Aquila, deve passarsi all’esame delle censure che esso muove alla sentenza impugnata.

Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.

13. Con valutazione di merito sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria la corte d’appello ha escluso, al fine della valutazione della legittimità dell’Intimato licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il nesso di causalità tra l’avvenuta trasformazione in stagionale dell’attività della società e il recesso dal rapporto.

In particolare, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto la illegittimità del licenziamento argomentando che non era stata adottata la procedura sui licenziamenti collettivi, ricorrendone i presupposti, essendo stati licenziati 11 lavoratori, compresa l’odierna intimata, nell’arco di 120 giorni ed avendo la società una consistenza occupazionale maggiore di 15 dipendenti, la corte d’appello, dopo aver verificato che il licenziamento era stato in realtà intimato alla lavoratrice per giustificato motivo oggettivo e che quindi si trattava di un licenziamento individuale e non già collettivo, ha comunque confermato la valutazione di illegittimità del recesso ritenendo insussistente il giustificato motivo oggettivo allegato dalla società.

La quale, essendosi determinata, nell’esercizio della sua libertà di impresa, a ridimensionare la sua attività (di gestione di villaggi turistici) trasformandola da annuale in stagionale, non era certo tenuta a conservare a tempo pieno tutto il suo personale anche per i mesi dell’anno in cui l’attività era sospesa. Correttamente la corte d’appello ha ritenuto che tale scelta di un diverso assetto economico- produttivo rientrasse nel potere discrezionale dell’imprenditore, non sindacabile in sede giudiziale. Tuttavia tale scelta doveva raccordarsi in concreto con la determinazione datoriale di risolvere il rapporto di lavoro. In proposito più volte questa corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 22 agosto 2007, n. 17887) ha affermato che il licenziamento per motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva è scelta riservata all’imprenditore, quale responsabile della corretta gestione dell’azienda anche dal punto di vista economico ed organizzativo, sicchè essa, quando sia effettiva e non simulata o pretestuosa, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità. Nel caso di specie – ha ritenuto la corte d’appello con valutazione squisitamente di merito – la ragione fornita dalla società per giustificare il licenziamento era in realtà pretestuosa, perchè la circostanza della trasformazione da annuale in stagionale dell’attività d’impresa non giustificava la risoluzione del rapporto con i lavoratori licenziati, giacchè non solo la società aveva continuato ad utilizzare tutti i lavoratori anche dopo la variazione di attività (la licenza per l’attività stagionale è dell’ottobre 2004, mentre i licenziamenti sono del novembre 2005), ma inoltre, sia pure in un arco di tempo più limitato, la sua attività continuava a svolgersi, per cui la predetta trasformazione avrebbe giustificato l’offerta di una conseguente trasformazione dei rapporti di lavoro in part-time verticale in concomitanza con la delimitazione temporale dell’attività. Ossia – stante il c.d. obbligo di repechage più volte predicato dalla giurisprudenza di questa corte in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e per ragioni inerenti l’attività produttiva e l’organizzazione del lavoro (ex plurimis, Cass., sez. lav., 28 marzo 2011, n. 7046) – la riduzione dell’attività da annuale a stagionale avrebbe giustificato la corrispondente riduzione del tempo di lavoro, anch’esso da annuale a stagionale.

Corretta quindi (nel senso di non contraddittoria) è l’inferenza deduttiva della corte d’appello che ha ritenuto non sussistere il nesso causale tra la trasformazione dell’attività della società da annuale in stagionale ed il licenziamento di tutti i lavoratori a tempo indeterminato senza che agli stessi venisse offerta, secondo correttezza e buona fede, una diversa modalità d’impiego e segnatamente la trasformazione in lavoro stagionale o part-time verticale.

Il licenziamento pertanto è stato dichiarato illegittimo non perchè la corte d’appello abbia ritenuto censurabile la scelta imprenditoriale, sotto il profilo della congruità ed opportunità, di svolgere un’attività stagionale, scelta che rientrava senz’altro nella discrezionalità della società, ma perchè quella corte, con valutazione di merito ad essa devoluta, ha ritenuto che non vi fosse nesso causale tra la scelta stessa ed il licenziamento della lavoratrice.

14. Parimenti rientra nella valutazione di merito della corte d’appello la ritenuta applicazione del regime di tutela c.d. reale della disciplina limitativa di licenziamenti individuali in ragione della sussistenza del requisito occupazionale (nella specie, occupazione di più di 15 dipendenti); valutazione di fatto peraltro confermativa di quella del giudice di primo grado che, seppur al diverso fine dell’applicabilità del regime di licenziamenti collettivi, parimenti aveva ritenuto sussistere tale requisito occupazionale. Mentre non rileva il giudicato formatosi inter alios in parallele, ma distinte, controversie tra la società ed altri lavoratori anch’essi licenziati nello stesso torno di tempo.

Giova solo ribadire che questa corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 13 marzo 2008, n. 6754) ha più volte affermato che al fine dell’operatività della disciplina riguardante il regime di stabilità reale, il requisito dimensionale dell’impresa in rapporto al numero dei dipendenti occupati, stabilito dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, come modificato dalla L. n. 108 del 1990, art. 1, deve tenere conto dei lavoratori a tempo parziale in proporzione della sola quota di orario effettivamente svolto e tale modalità di calcolo va applicata, per non incorrere in irragionevoli e quindi costituzionalmente illegittime disparità di trattamento, anche in riferimento a periodi precedenti all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 6, che una siffatta regola ha esplicitato. Cfr.

anche Cass., sez. lav., 10 2 febbraio 2004, n. 2546, che, con riferimento proprio alla variabilità del livello occupazionale strutturalmente connessa al carattere dell’attività produttiva, quale quella alberghiera, che richiede normalmente il ricorso al contratto a termine o al part-time verticale, ha precisato che il riferimento al criterio medio-statistico della normale occupazione trova conferma nella specifica disciplina del part-time e, per l’individuazione dell’arco di tempo in cui calcolare tale media, il periodo temporale utilizzabile più appropriato è quello riferito all’anno. Sicchè, con questa puntualizzazione, devono ritenersi computabili anche i lavoratori a termine o con part-time verticale.

15. Nulla ha provato la società quanto all’aliunde perceptum da conteggiare eventualmente in detrazione rispetto alle spettanze della lavoratrice illegittimamente licenziata.

Va ribadito (Cass., sez. lav., 9 aprile 2003, n. 5532) che il risarcimento dei danni spettanti al lavoratore illegittimamente licenziato, parametrato economicamente dalla L. n. 300 del 1970, art. 18 alla misura delle retribuzioni che il lavoratore avrebbe percepito qualora non fosse stato illegittimamente licenziato, può essere diminuito solo se il datore di lavoro assolve all’onere di provare che il lavoratore ha goduto, nel periodo dell’illegittimo licenziamento, di altra retribuzione in una diversa occupazione, che faccia diminuire l’ammontare dei danni subiti a causa del licenziamento (aliunde perceptum).

16. Il ricorso quindi è nel suo complesso infondato.

In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2012


Nulla la relata con Relazione di notifica insufficiente

Il Tribunale di Padova ha condannato un Messo del Giudice di Pace per carenza di notizie sulla relazione di notifica come previsto, anche, dall’art. 148 c.p.c.

Conseguentemente a tale sentenza la Società ha richiesto il risarcimento danni patrimoniali per circa € 15.000 per nullità della notifica di atto giudiziario determinata dalla negligenza del Messo del Giudice di Pace.

Leggi la sentenza del Tribunale di Padova


Tribunale di Padova, sent. n. 1765 del 01.07.2011

TRIBUNALE DI PADOVA

R.G. 1765-11

Il Giudice,
sciogliendo la riserva,
rilevato, che l’opposizione tardiva è ammissibile allorquando venga dedotta dall’opponente la mancata conoscenza del decreto ingiuntivo per irregolarità della notificazione;
considerato che la notifica del decreto ingiuntivo opposto è stata effettuata dal Messo del Giudice di Pace ai sensi dell’art. 143 presso il Comune di Padova, luogo dell’ultima residenza dei legale rappresentante della debitrice xxxxxxxxxx sig. xxxxxxxxxxxx dopo l’esito negativo della notifica in Padova via xxxxxxxxxxx, residenza risultante dalle risultanze anagrafiche;
rilevato che la relata di notifica tentata in Padova via xxxxxxxxx, è priva di data, e che la mancanza della data nella relata di notifica comporta nullità insanabile allorquando dalla notificazione decorre, come nel caso dì specie, un termine perentorio entro il quale il destinatario deve esercitare i suoi diritti (Cass. 5636/1986), nullità non sanata dalla produzione del procuratore dell’opposto nell’odierno giudizio della certificazione redatta in data successiva attestante che la notifica è stata tentata in data 15.12.2009;
considerato, altresì, che in tema di notifica a società, il passaggio dalla notifica presso la sede della società ovvero, ove ciò non sia possibile, presso il domicilio del suo amministratore alla notifica prevista dall’art. 143 cod. proc. Civ. presuppone che la società ed il suo amministratore non siano reperibili rispettivamente  presso la sede risultante dal registro delle imprese e presso il domicilio anagrafico, ma ciò richiede che l’Ufficiale Giudiziario abbia svolto ricerche e chiesto informazioni in modo adeguato, ed è necessario che, come previsto dall’art. 148 cod. proc. Civ., di detta attività si dia atto specificatamente nella relazione di notifica (v. Cass. Sez. I, Sentenza n. 6761 del 06.04.2004, con la quale la Suprema Corte ha confermato la sentenza d’appello, che aveva dichiarato la nullità della notifica eseguita a norma dell’art. 143 cod. proc. Civ. in un caso nel quale nella relazione di notificazione l’ufficiale giudiziario si era limitato a riferire che “da informazioni e ricerche assunte in loco” il destinatario non risultava conosciuto al civico indicato, tale generico tenore della relazione non consentendo di avere contezza dell’attività in concreto svolta ne’ di verificare che fossero state svolte le indagini e raccolte le informazioni che la situazione consentiva, ed ha altresì escluso che la relazione negativa potesse ritenersi giustificata dalla mancata indicazione della denominazione sociale e del nome dell’amministratore sui citofoni o sulla cassetta postale del luogo ove la società aveva sede e l’amministratore il proprio domicilio anagrafico);
considerato che alla semplice annotazione “sconosciuto all’indirizzo” non è dato conoscere le ricerche eseguite dall’Ufficiale Giudiziario, che devono essere sempre indicate nella relata, come previsto anche dall’art. 148 in caso di notifica ex art. 143 cod. proc. civ.;
considerato che la copiosa documentazione depositata dal patrocinio opponente risulta che il legale rappresentante della xxxxxxx nel periodo antecedente e successivo alla notifica in questione ha ricevuto corrispondenza, bollette ed altre notifiche presso l’indirizzo di Padova, via xxxxxxxxxxx , dove gli è stata notificata anche l’istanza di fallimento depositato dall’odierna opposta;
rilevato che la nullità della notifica rende ammissibile l’opposizione tardiva, e non rilevante la decisione sulla querela di falso presentata dall’opponente in relazione alla notifica negativa presso l’indirizzo di Padova, via xxxxxxx;
rilevato che l’opponente ha disconosciuto la sottoscrizione del doc. 2 della fase monitoria (conferimento incarico all’Agenzia Immobiliare Soluzioni Immobiliari) e che la restante documentazione agli atti è insufficiente a giustificare la provvisoria esecuzione, anche sotto il profilo del quantum;
rilevato che l’art. 650 cod. proc. civ. prevede il potere del Giudice dell’opposizione tardiva di sospendere l’esecuzione del decreto ingiuntivo, richiamando l’art 649 cod. proc. civ.

P.Q.M.

Visto l’art. 650 cod. proc. civ.
Ritenuta ammissibile l’opposizione tardiva per nullità della notificazione, sospende l’esecutorietà del decreto opposto,
Fissa per la prosecuzione l’udienza del 7.10.2011 ad ore 10,45.
Si comunichi.

Il Giudice
Dr.ssa Innocenza Vono

Padova 1.07.2011

Depositato in Cancelleria il 01.07.2011


Corso di formazione Montegrotto Terme (PD) – 9.10.2012

Martedì 9 ottobre 2012

Comune di Montegrotto Terme

Rustico di Villa Draghi

Via Enrico Fermi 1

Orario:  9:00 – 13:00     14:00 – 17:00

Con il patrocinio Comune di Montegrotto Terme (PD)

Quote di partecipazione al corso:
La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.
€ 160,00 (*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2011 con rinnovo anno 2012 già pagato al 16.01.2012. NON sono considerati iscritti i dipendenti di Enti o di Comuni associati ad A.N.N.A. quali persone giuridiche se non sono iscritti, a loro volta, ma come persone fisiche)
€ 200,00 (*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2012 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 270,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).
La quota d’iscrizione dovrà essere pagata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Montegrotto – 2012
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni.
(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Fontana Lazzaro

  • Resp. Servizio Notifiche dell’Unione Colline Matildiche
  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Corso realizzato con il sistema Outdoor training

PROGRAMMA:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità
  • Qualifica soggettiva di pubblico ufficiale (art. 357, c.p.)

Il procedimento di notificazione:

  • Art. 137 c.p.c: il rispetto della privacy nel procedimento di notificazione
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Notificazione nella residenza, dimora e domicilio
  • L’art. 139 c.p.c. e criteri presenziali
  • Concetto di dimora, residenza e domicilio
  • Notifica a persone diverse dal destinatario (familiari, addetti alla casa o all’ufficio)
  • Notificazione in caso di irreperibilità o di rifiuto a ricevere la copia dell’atto (art. 140 c.p.c) e l’interpretazione della giurisprudenza: le novità alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale (gennaio 2010)
  • Notificazione presso il domiciliatario (art. 141 c.p.c)
  • Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella repubblica (art. 142 c.p.c.)
  • Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 c.p.c.)
  • Notificazioni alle amministrazioni statali (art. 144 c.p.c.)
  • Notificazione alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c) e novità introdotte dalla L. 263/2005 : analisi delle pronunce giurisprudenziali in tema di notificazione a persone giuridiche
  • Il ritiro degli atti presso la casa comunale (da parte di terzi e intestatari)

La notificazione a mezzo del servizio postale

  • Attività del messo e attività dell’ufficiale postale: ambito di applicazione della L. 890/1982 – Analisi delle diverse casistiche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali
  • Le modifiche all’art. 149 c.p.c.
  • Il nuovo art. 149 bis c.p.c e la notificazione a mezzo posta elettronica
  • La notificazione delle violazioni al Codice della Strada: le novità introdotte dall’art. 36 della L. 120/2010 ” Disposizioni in materia di sicurezza stradale”
  • Soggetti – I nuovi termini per le notifiche – Validità delle notificazioni

La notificazione degli atti tributari

  • Normativa speciale prevista dal D.P.R. 600/1973
  • L’ art. 60 D.P.R. 600/1973 dopo le modifiche introdotte dall’art. 2, c. 1 del D.L. 40/2010 convertito in L. 73/2010, dall’art. 38 del D.L. 78/2010 conv. In L. 122/2010
  • Le disposizioni introdotte dalla L. 296/2006: l’art. 1, comma 158 – 160 della Legge Finanziaria 2007 (individuazione dei soggetti che possono procedere alla notificazione degli atti di accertamento dei tributi locali e degli atti di invito al pagamento di entrate extratributarie di Comuni e Province e relative problematiche)

EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL MESSO IN SENSO “DIGITALE”

La pubblicazione di atti e documenti all’albo on line

  • Le novità introdotte dall’art. 32 della L. 69/2009: la pubblicazione legale sul sito web a partire dal 1 gennaio 2011 – Aspetti problematici
  • Il Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale: cosa pubblicare all’albo, originali e copia, il valore del pdf
  • La trasmissione informatica di documenti: le modifiche apportate agli art. 45, 47 e 48 del D. Lgs. 82/2005
  • La referta di pubblicazione all’albo on line: che può firmare ma, soprattutto, come firmare – Le modifiche introdotte dall’art. 1 del D. Lgs. 235/2010: la firma elettronica
  • Le recentissime novità in materia di posta elettronica certificata e l’introduzione dell’art. 149 bis del c.p.c. ovvero la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata
  • Le problematiche conseguenti alla modifiche apportate all’art. 26 del DPR 602/1973: la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC
  • Le raccomandazioni del Garante privacy contenute nella delibera n. 88/2011 : i limiti temporali, il rispetto del diritto all’oblio, le responsabilità
  • Risposte ai quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line (link “Iscrizione on line” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: L’attività Formativa dell’Associazione 2012

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE CORSO MONTEGROTTO T. 2012

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE studio Bocconi: capi onesti, dipendenti motivati

Nella pubblica amministrazione il tipo di leadership promossa del capo influisce notevolmente sulla produttività dei dipendenti: se il dirigente è onesto, i suoi sottoposti saranno motivati e stimolati a rendere il meglio. Una ricerca condotta da SDA/Scuola Direzione Aziendale dell’Università Bocconi fa chiarezza su quali sono i modelli di leadership più apprezzati ed efficaci per i dipendenti statali in Italia.
Il COMPORTAMENTO ONESTO del capo e la TRASPARENZA rappresentano gli incentivi ideali per motivare i dipendenti pubblici, più di altre qualità (ad esempio la capacità di dare spazio alla creatività, oppure di favorire le pari opportunità riducendo il gap tra i sessi).
L’indagine SDA Bocconi ha testato un campione di 153 dirigenti di medio livello operativi nella PA, scoprendo come la presenza di un capo onesto spinga i dipendenti verso una maggiore produttività per un buon 8% in più.
« Dal confronto emerge che lo stile di leadership che incide maggiormente sulla propensione allo sforzo dei dirigenti pubblici è quello orientato all’integrità. I dipendenti pubblici sono maggiormente motivati se riconoscono l’onestà e l’integrità del loro capo e se sono invitati a rispettare le regole non solo procedurali ma anche etico-comportamentali »
Alex Turrini, direttore dell’Emmap, Executive master in management delle pubbliche amministrazioni della Sda Bocconi, sottolinea così come trasparenza e integrità siano quindi una garanzia di produttività e lavoro di squadra, molto più che, ad esempio, un atteggiamento volto a spronare i dipendenti curandone e potenziandone le competenze.
Secondo Giovanni Valotti, ordinario Bocconi di economia delle aziende e della amministrazioni pubbliche, questa indagine svela anche alcuni aspetti negativi che si celano dietro alcune forme di leadership.
« La scarsa efficacia degli stili di leadership che insistono sul raggiungimento del risultato o che sostengono la creatività degli individui evidenzia probabilmente un certo ritardo nell’introduzione delle logiche innovative nelle amministrazioni centrali: gli strumenti per misurare la performance sono ancora deboli e poco riconosciuti e i sistemi di gestione del personale poco orientati a incentivare l’assunzione di responsabilità e lo spirito di iniziativa, stimolando la creatività »

Fonte: www.pubblicaamministrazione.net – www.quadrinet.it


Corso di formazione Iglesias (CI) – 28 settembre 2012

Venerdì 28 settembre 2012

Comune di Iglesias (CI)

Sala Riunioni
del Centro Direzionale Amministrativo
Via Isonzo 7

Orario:  9:00 – 13:00     14:00 – 17:00

Con il patrocinio Comune di Iglesias (CI)

Quote di partecipazione al corso:
La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.
€ 170,00 (*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2011 con rinnovo anno 2012 già pagato al 16.01.2012. NON sono considerati iscritti i dipendenti di Enti o di Comuni associati ad A.N.N.A. quali persone giuridiche se non sono iscritti, a loro volta, ma come persone fisiche)
€ 210,00 (*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2012 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 280,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).
La quota d’iscrizione dovrà essere pagata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:

  • Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane]

  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Iglesias – 2012
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni.
(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Fontana Lazzaro

  • Resp. Servizio Notifiche dell’Unione Colline Matildiche
  • Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Corso realizzato con il sistema Outdoor training

PROGRAMMA:

Il Messo Comunale

  • Obblighi e competenze e responsabilità
  • Qualifica di pubblico ufficiale (art. 357, c.p.)

Il procedimento di notificazione:

  • Art. 137 c.p.c: il rispetto della privacy nel procedimento di notificazione
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Notificazione nella residenza, dimora e domicilio
  • L’art. 139 c.p.c. e criteri presenziali
  • Concetto di dimora, residenza e domicilio
  • Notifica a persone diverse dal destinatario (familiari, addetti alla casa o all’ufficio)
  • Notificazione in caso di irreperibilità o di rifiuto a ricevere la copia dell’atto (art. 140 c.p.c) e l’interpretazione della giurisprudenza: le novità alla luce della sentenza della Corte Costituzionale (n. 3/2010)
  • Notificazione presso il domiciliatario (art. 141 c.p.c)
  • Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella repubblica (art. 142 c.p.c.)
  • Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 c.p.c.)
  • Notificazioni alle amministrazioni statali (art. 144 c.p.c.)
  • Notificazione alle persone giuridiche (art. 145 c.p.c) e novità introdotte dalla L. 263/2005 : analisi delle pronunce giurisprudenziali in tema di notificazione a persone giuridiche
  • Il ritiro degli atti presso la casa comunale (da parte di terzi e intestatari)

La notificazione a mezzo del servizio postale

  • Attività del messo e attività dell’ufficiale postale: ambito di applicazione della L. 890/1982 – Analisi delle diverse casistiche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali
  • Le modifiche all’art. 149 c.p.c.
  • Il nuovo art. 149 bis c.p.c e la notificazione a mezzo posta elettronica

La notificazione delle violazioni al Codice della Strada

  • I diversi momenti di perfezionamento della notifica
  • le novità introdotte dall’art. 36 della L. 120/2010 ” Disposizioni in materia di sicurezza stradale”

La notificazione degli atti tributari

  • Normativa speciale prevista dal D.P.R. 600/1973
  • L’ art. 60 D.P.R. 600/1973 dopo le modifiche introdotte dall’art. 2, c. 1 del D.L. 40/2010 convertito in L. 73/2010, dall’art. 38 del D.L. 78/2010 conv. In L. 122/2010
  • Le disposizioni introdotte dalla L. 296/2006: l’art. 1, comma 158 – 160 della Legge Finanziaria 2007 (individuazione dei soggetti che possono procedere alla notificazione degli atti di accertamento dei tributi locali e degli atti di invito al pagamento di entrate extratributarie di Comuni e Province e relative problematiche)

EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL MESSO IN SENSO “DIGITALE”

La pubblicazione di atti e documenti all’albo on line

  • Le novità introdotte dall’art. 32 della L. 69/2009: la pubblicazione legale sul sito web a partire dal 1 gennaio 2011 – Aspetti problematici
  • Il Nuovo Codice dell’Amministrazione digitale: cosa pubblicare all’albo, originali e copia, il valore del pdf
  • La trasmissione informatica di documenti: le modifiche apportate agli art. 45, 47 e 48 del D. Lgs. 82/2005
  • La referta di pubblicazione all’albo on line: che può firmare ma, soprattutto, come firmare – Le modifiche introdotte dall’art. 1 del D. Lgs. 235/2010: la firma elettronica
  • Le recentissime novità in materia di posta elettronica certificata e l’introduzione dell’art. 149 bis del c.p.c. ovvero la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata
  • Le problematiche conseguenti alla modifiche apportate all’art. 26 del DPR 602/1973: la notifica delle cartelle esattoriali a mezzo PEC
  • Le raccomandazioni del Garante privacy contenute nella delibera n. 88/2011 : i limiti temporali, il rispetto del diritto all’oblio, le responsabilità
  • Risposte ai quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line (link “Iscrizione on line” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

A richiesta, scritta, l’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne Comunale, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.).

Vedi: L’attività Formativa dell’Associazione 2012

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Iglesias 2012

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