NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

SENTENZA NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

La Corte di Cassazione – Sezione Prima Civile, Sentenza 20 ottobre 2007, n. 21291 si è posta in consapevole contrasto contro il proprio orientamento espresso con Sentenza 26844/2006, che aveva ritenuto inammissibile il ricorso in cassazione qualora la notifica nel domicilio del procuratore intimato, non costituito in giudizio, diverso da quello eletto nel giudizio “a quo”, non sia accompagnata dalla documentazione comprovante il nuovo domicilio.
Secondo la Cassazione, “una tale conclusione può giustificarsi infatti nell’ipotesi in cui la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio di merito non abbia avuto buon fine, come del resto più volte la giurisprudenza ha affermato (Cass. 14033/2005; Cass. 8287/2002; Cass. 2740/1998) e non già allorché, come nel caso in esame, abbia avuto invece esito positivo, dovendosi in tal caso, nel quadro di una interpretazione che privilegi, come si è osservato, il riferimento personale rispetto a quello topografico, desumere dal ricevimento dell’atto operato dallo stesso difensore (o dal suo incaricato) la corrispondenza del luogo indicato nella relata con il suo nuovo domicilio. In sostanza, in tal caso è lo stesso difensore domiciliatario a confermare con il ricevimento dell’atto, sia pure attraverso un suo incaricato, attestato dall’ufficiale giudiziario, l’avvenuto mutamento del domicilio nel luogo in cui è avvenuta”.
Secondo il nuovo orientamento della Cassazione, dunque: “anche se eseguita in luogo diverso da quello indicato dal domiciliatario e pur in assenza di alcuna indicazione negli atti processuali, in cui non risulta nemmeno un’eventuale comunicazione all’Ordine degli Avvocati da parte del destinatario, la notifica a mani della persona “addetta al ritiro” deve ritenersi perfettamente valida, dovendosi privilegiare il riferimento personale su quello topografico in quanto, ai fini della notifica dell’impugnazione ai sensi dell’art. 330 C.P.C., l’elezione di domicilio presso lo studio del procuratore assume la mera funzione di indicare la sede dello studio ed è priva di una sua autonoma rilevanza. …


Corte dei Conti: nota interpretativa in materia di denunce di danno erariale

Corte dei Conti

Prot. P.G. 9434/2007P del 02 agosto 2007

Nota interpretativa in materia di denunce di danno erariale ai Procuratori regionali presso le Sezioni giurisprudenziali regionali della Corte dei Conti

Leggi: Nota interpretativa danno Erariale – Corte dei Conti 2007


Relata di notifica, tutto nelle mani del giudice di merito

Insindacabile in sede di legittimità il giudizio sulla sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo

L’interpretazione della relata di notifica spetta al giudice di merito, che deve anche valutare la sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla notifica ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, in base al quale, quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo comunale e la notificazione si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Questa valutazione, che costituisce giudizio di fatto, è insindacabile in sede di legittimità.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 20426, depositata il 28 settembre 2007.

La controversia in esame segue l’impugnazione di un avviso di mora, con il quale l’ufficio aveva chiesto il pagamento delle maggiori imposte sui redditi accertati.
Secondo il contribuente, detto avviso di mora era invalido in quanto non preceduto dalla rituale notificazione dell’avviso di accertamento.
Il ricorso non trovava accoglimento e anche l’appello del contribuente era rigettato dalla Commissione tributaria regionale.

In particolare, i giudici di appello ritenevano che la notifica dell’avviso di accertamento (che aveva preceduto l’avviso di mora impugnato) era stata correttamente eseguita, ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, considerato che dalla lettura della relata di notificazione, allegata all’avviso, risultava che il contribuente si era trasferito per “ignota destinazione”.

Nel ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado, il ricorrente lamentava che nella specie fosse applicabile l’articolo 140 Cpc e non l’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, posto che al momento della notifica egli aveva mantenuto il proprio domicilio fiscale nell’ambito del medesimo comune, variando solo l’indirizzo, come testimoniato dal certificato di residenza storico.
Per di più, lo stesso ricorrente eccepiva che dalla relata di notifica, oltre a non risultare che il messo notificatore aveva effettuato le dovute ricerche presso gli uffici anagrafici comunali (per accertare se il contribuente risiedesse ancora in quel comune o si fosse trasferito altrove), era anche emerso che costui si era limitato ad annotare “il trasferimento in luogo ignoto” a margine dell’atto di accertamento e non nella stessa relata.

Le ragioni alla base del provvedimento dei giudici di legittimità meritano un preventivo, seppur breve, esame della normativa di riferimento.
Come è noto, la notificazione dell’avviso di accertamento deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’articolo 140 Cpc quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché quest’ultimo (o altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo da dove, tuttavia, non risulti trasferito.
Diversamente, la notifica deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, quando il messo notificatore non reperisca il contribuente il quale, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto (cfr Cassazione n. 10189/2003).
Conseguentemente, nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 140 Cpc, il messo notificatore deposita la copia dell’atto presso la casa comunale, affigge l’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta di abitazione dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, dandogliene notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

Invece, nel caso di irreperibilità “assoluta”, ovvero quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso di deposito prescritto dall’articolo 140 del Cpc, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del Comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione.
In quest’ultima ipotesi, non è previsto l’obbligo di dare al destinatario comunicazione per raccomandata con avviso di ricevimento della predetta affissione dell’avviso di deposito (cfr circolare 136/7/4027 del 20 ottobre 1978).

Tanto precisato, tornando alla sentenza in commento, i giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso presentato dal contribuente, hanno affermato che, se esiste un’attestazione del messo notificatore dalla quale risulti il trasferimento del notificatario “per ignota destinazione”, la notifica stessa non deve essere eseguita nella forma prevista dall’articolo 140 Cpc (pena la nullità), bensì in quella prevista dall’articolo 143 del Codice di procedura civile “salvo che, a seguito delle ricerche e richieste di informazioni suggerite nel caso concreto dall’ordinaria diligenza, non sia noto o non avrebbe potuto essere noto, il nuovo luogo di effettiva residenza, dimora o domicilio, giacché in tal caso la notificazione va invece eseguita (sempre a pena di nullità dell’atto) nell’individuato nuovo luogo di effettiva residenza”.

In altri termini, la Corte ha ritenuto che la notifica effettuata ai sensi dell’articolo 60, comma 1, lettera e), del Dpr 600/1973 (sostitutivo, per il processo tributario, dell’articolo 143 Cpc), è valida anche se successivamente risulti che il trasferimento sia intervenuto nell’ambito dello stesso comune, purché, nonostante le ricerche anagrafiche effettuate dal messo notificatore, permangano ignoti il nuovo indirizzo del contribuente e il relativo comune.

Proseguendo nelle proprie argomentazioni, i giudici hanno rilevato, in ordine al previo espletamento delle ricerche anagrafiche, che nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute dal messo notificatore, nè con quali espressioni verbali e in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche; è necessario, invece, che “emerga chiaramente che le ricerche siano state effettuate e che esse siano attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame”.

In ogni caso, compete al giudice di merito interpretare la relata di notificazione e valutare la sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla notifica ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, posto che dette valutazioni, costituendo un giudizio di fatto, sono precluse in sede di legittimità.

La Cassazione, nel ribadire che la relata di notificazione fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, nonché la contestazione dei fatti avvenuti in sua presenza e il ricevimento delle dichiarazioni resegli, mentre fa fede fino a prova contraria per tutte le altre attestazioni che non siano frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri, ha rilevato che anche la prova contraria offerta dal ricorrente (nella specie, il certificato di residenza storico) doveva essere valutata dal giudice di merito con giudizio sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale.

Francesca La Face
Fisco oggi


Corte Costituzionale n. 366 del 24.10.2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

– Franco BILE Presidente

– Francesco AMIRANTE Giudice

– Ugo DE SIERVO “

– Paolo MADDALENA “

– Alfio FINOCCHIARO “

– Alfonso QUARANTA “

– Franco GALLO “

– Luigi MAZZELLA “

– Sabino CASSESE “

– Maria Rita SAULLE “

– Giuseppe TESAURO “

– Paolo Maria NAPOLITANO “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’art. 26, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promossi con ordinanze depositate il 18 settembre 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, nel giudizio vertente tra Ornella Capra, l’Agenzia delle entrate – Ufficio di Genova ed altri, ed il 23 ottobre 2006 dal Tribunale di Genova, nel giudizio vertente tra Carmelo Torrente, quale procuratore generale in Italia di Ambrogio Bozzo, e la s.p.a. Gest Line, rispettivamente iscritte al n. 312 ed al n. 390 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 e n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2007 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto in fatto

1. – Nel corso di un giudizio tributario – nel quale una contribuente aveva impugnato alcune cartelle di pagamento per IRPEF e TOSAP – promosso nei confronti del Comune di Genova, della Agenzia delle entrate-Ufficio di Genova e della s.p.a. Gest Line, concessionaria del servizio per la riscossione dei tributi, la Commissione tributaria provinciale di Genova, con ordinanza depositata il 18 settembre 2006, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) [quest’ultimo nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche ad esso apportate dal comma 27 dell’art. 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248], nella parte in cui, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), escludono – in combinato disposto con l’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – «l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 142 c.p.c.».

La Commissione rimettente premette, in punto di fatto, che: a) la contribuente chiede la dichiarazione di nullità della notificazione delle cartelle di pagamento impugnate e di prescrizione dei crediti vantati dagli enti convenuti; b) la stessa contribuente deduce di essere residente negli Stati Uniti d’America, di essere iscritta nell’AIRE del Comune di Genova e di aver appreso casualmente, in mancanza di notificazioni od altri avvisi, che, a causa dei debiti tributari risultanti dalle predette cartelle, pendeva procedimento di esecuzione forzata su un immobile di sua proprietà sito in Genova, e che «le notificazioni di legge» erano state eseguite presso un immobile in Genova, da lei precedentemente alienato sin dal 1992; c) la notificazione delle cartelle impugnate era stata eseguita nell’ultima residenza della contribuente nel territorio dello Stato «da tempo venuta meno addirittura con la alienazione dell’immobile di cui si tratta»; d) tale notificazione si era risolta «in un mero deposito alla Casa Comunale non seguito nemmeno dalla spedizione di un avviso con lettera raccomandata» e, pertanto, le cartelle non erano di fatto pervenute a conoscenza della destinataria.

Il giudice a quo riferisce di avere già sollevato, nel corso del medesimo giudizio, «in riferimento agli artt. 1, 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità degli articoli 58, primo e secondo comma (recte: primo comma e secondo periodo del secondo comma), e 60, primo comma, lettere c) ed e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui regolano le modalità delle notificazioni in materia tributaria nei confronti dei cittadini residenti all’estero (recte: delle predette disposizioni del d.P.R. n. 600 del 1973 in combinato disposto con l’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito»)».

Lo stesso giudice a quo riferisce altresì che la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 210 del 2006, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della suddetta questione, perché l’ordinanza di rimessione non aveva ricompreso fra le norme censurate l’art. 60, primo comma, lettera f), del d.P.R. n. 600 del 1973, il quale, unitamente alla lettera c) dello stesso comma, evidenzia l’intenzione del legislatore di non prendere affatto in considerazione luoghi di notificazione degli atti tributari diversi da quello del domicilio fiscale in un comune dello Stato, stabilendo che alla notificazione degli atti tributari non si applica l’articolo 142 del codice di procedura civile, e cioè proprio la norma che riguarda il caso, oggetto di esame, della notificazione di atti a persona che non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio.

Prendendo atto della motivazione della citata ordinanza della Corte costituzionale, il rimettente, nel riproporre analoga questione di legittimità costituzionale, censura, in aggiunta alle disposizioni già denunciate con la prima ordinanza di rimessione, la lettera f) del primo comma dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973. Osserva, al riguardo, che «i requisiti di non manifesta infondatezza della questione» sono stati «implicitamente riconosciuti dalla stessa Corte nella propria decisione, con riferimento ad altra norma da denunciarsi» e precisa che l’esclusione, da parte delle norme censurate, dell’applicabilità dell’art. 142 cod. proc. civ. – norma che, per assicurare l’effettivo buon fine delle notificazioni all’estero, prevede l’applicazione delle convenzioni internazionali o comunque la spedizione di copia dell’atto con raccomandata al destinatario e la consegna di altra copia al pubblico ministero per l’inoltro in via consolare – «evidenzia l’intenzione del legislatore di non prendere in considerazione luoghi di notificazione degli atti tributari diversi da quello del domicilio fiscale in un comune dello Stato». In particolare, il giudice a quo afferma che le norme censurate violano sia il diritto di difesa, perché non garantiscono al destinatario della notificazione l’effettiva conoscenza dell’atto notificato, sia il principio di uguaglianza, perché esse si applicano ingiustificatamente ai soli atti tributari e penalizzano pesantemente il contribuente per il solo fatto di non risiedere nel territorio nazionale.

Il medesimo giudice osserva, in punto di rilevanza, che «solo la caducazione della norma ora denunciata consentirebbe un favorevole accoglimento del ricorso».

2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza della questione.

Per la difesa erariale, la sollevata questione sarebbe inammissibile: a) per insufficiente descrizione della fattispecie, perché il rimettente ha omesso di indicare sia la data di iscrizione della contribuente nell’AIRE, sia quella di notificazione delle cartelle di pagamento impugnate, con la conseguenza che tali omissioni non consentono alla Corte di verificare l’anteriorità di detta iscrizione rispetto alla notificazione delle cartelle e, quindi, la rilevanza della questione; b) perché la materia si presta ad una pluralità di opzioni normative e ciò non rende possibile «un intervento additivo del giudice delle leggi il quale imponga come costituzionalmente obbligata una determinata disciplina diversa da quella vigente».

Ad avviso della stessa difesa dello Stato, la questione sarebbe infondata, perché: a) la denunciata disparità di trattamento dei cittadini destinatari di notificazioni di atti in materia tributaria residenti all’estero è esclusa sia dalla specificità di detta materia – che, in ragione del dovere dei cittadini di concorrere alle spese pubbliche sancito dall’art. 53 Cost., giustifica la speciale disciplina della notificazione degli atti tributari nel territorio dello Stato ove si è prodotto il reddito –, sia dalla facoltà riconosciuta al cittadino residente all’estero, anche successivamente all’istituzione dell’AIRE, di eleggere domicilio presso una persona od un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale, ai sensi dell’art. 60, primo comma, lettera d), del d.P.R. n. 600 del 1973, risultando in tal modo garantita anche al contribuente residente all’estero la conoscibilità degli atti tributari; b) «la ragionevolezza della disciplina delle notificazioni degli atti di imposizione tributaria nella parte in cui prevede che tali notificazioni si eseguano esclusivamente nel territorio italiano» discende dal primo comma dell’art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973 – in forza del quale tutti i soggetti passivi di imposte sui redditi si considerano domiciliati in un comune dello Stato –, comma che non sarebbe stato censurato dal rimettente.

3. – Nel corso di un giudizio di opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi promosso, ai sensi degli artt. 615 e 617 cod. proc. civ., nei confronti della s.p.a. Gest Line, concessionaria del servizio per la riscossione dei tributi, dal procuratore generale in Italia di un cittadino italiano residente in Santo Domingo, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 23 ottobre 2006, ha sollevato – in riferimento agli artt. 1, 3, 24 e 42 della Costituzione – questione di legittimità degli artt. 58, primo e secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f) del d.P.R. n. 600 del 1973 [quest’ultimo nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche ad esso apportate dal comma 27 dell’art. 37 del decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 248 del 2006], nella parte in cui, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dal concessionario per la riscossione in base all’iscrizione nell’AIRE, non prevedono che la notificazione sia eseguita mediante la spedizione a mezzo posta al destinatario di una copia dell’atto o, almeno, di un avviso dell’avvenuto deposito dell’atto nella Casa comunale.

Il giudice a quo premette che:

a) l’opponente denuncia la mancata notificazione dell’avviso di vendita e degli atti a questo prodromici, costituiti da cartelle di pagamento;

b) la società convenuta deduce, di contro, la regolare notificazione di detti atti, ai sensi degli artt. 58, 59 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, disciplinanti la notificazione degli atti in materia tributaria;

c) nella specie, l’avviso di vendita era stato notificato al debitore nel rispetto degli artt. 58, 59 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, mediante deposito ed affissione presso la Casa comunale di Recco, in data 9 aprile 2005, quando il destinatario della notificazione era residente nella Repubblica Dominicana, come risultava dall’iscrizione, sin dal 12 ottobre 2000, nell’AIRE, e come era noto al notificante, in base alla documentazione allegata all’avviso.

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente osserva che, in base alle norme denunciate, v’è «una piú che concreta possibilità» che il processo esecutivo abbia inizio senza che l’esecutato ne abbia avuto notizia: infatti, esse dispongono che la notificazione dell’avviso di vendita al cittadino italiano residente all’estero avvenga mediante deposito nella Casa comunale «di un luogo diverso (e potenzialmente remoto […]) rispetto a quello ove si trovano la reale residenza o l’effettivo domicilio del debitore» e, «allo stesso tempo, non prevedono la spedizione a mezzo posta di una copia dell’atto, o almeno di un avviso del deposito dell’atto».

Ad avviso del giudice a quo, tale normativa comporta, pertanto, la violazione:

a) dell’art. 1 Cost., perché «l’interesse dello Stato alla riscossione dei tributi […] non può essere perseguito a prezzo del sacrificio dei diritti costituzionalmente garantiti del cittadino, a meno di porsi in contrasto con il principio della sovranità popolare»;

b) dell’art. 3 Cost., perché viene a crearsi, in materia di notificazione degli atti, una ingiustificata disparità di trattamento tra cittadini sottoposti all’espropriazione regolata dalle norme del codice di procedura civile (per la quale vigono le norme ordinarie) e quelli sottoposti ad esecuzione esattoriale (per la quale vigono le speciali norme denunciate);

c) dell’art. 24 Cost., perché viene menomata la possibilità del debitore di esercitare il proprio diritto di difesa; d) dell’art. 42 Cost., perché la vendita forzata di un bene del debitore, senza che quest’ultimo abbia previamente avuto conoscenza dell’instaurazione del procedimento esecutivo, lede il diritto di proprietà privata.

Quanto alla rilevanza, il rimettente osserva che, «ove il motivo di opposizione concernente la notificazione delle cartelle dovesse risultare inammissibile ai sensi dell’art. 57 d.P.R. n. 602/73 […], ai fini della decisione diverrebbe […] dirimente la questione concernente la regolarità della notificazione dell’avviso di vendita» e, quindi, la questione concernente la legittimità costituzionale delle disposizioni denunciate, disciplinanti «il compimento dell’atto notificatorio la cui validità è oggetto di contestazione».

4. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza della questione.

In ordine all’inammissibilità, l’Avvocatura erariale rileva l’astrattezza della questione, perché, nel sollevarla, il giudice a quo non si è posto il problema se, nella specie, sia provato (al di là delle generiche asserzioni dell’opponente) che la notifica non abbia raggiunto lo scopo di portare gli atti a conoscenza del debitore.

In ordine all’infondatezza, la difesa dello Stato sostiene che:

a) è inconferente il richiamo all’art. 1 Cost. (cui andrebbe comunque contrapposta la valenza etico-sociale dell’art. 53 Cost.);

b) la difesa in giudizio garantita dall’art. 24 Cost. presuppone che il cittadino abbia fatto uso della “normale diligenza” nella cura delle relazioni giuridiche intersoggettive, specialmente se connesse a doveri stabiliti dalla Costituzione, quale quello sancito dall’art. 53 Cost., mentre nell’ordinanza di rimessione non si precisa, in ordine a detto presupposto, se l’iscrizione della contribuente nell’AIRE sia avvenuta «in data anteriore – non solo alla notifica degli atti esecutivi, sub iudice nella causa principale, ma anche – alla notifica degli atti (stricto sensu, impositivi) a quella presupposti»;

c) la notificazione è stata effettuata nel domicilio fiscale del contribuente, ai sensi della normativa denunciata, la quale è diretta ad agevolare l’amministrazione finanziaria, perché la esonera dall’onere di ricerche al di fuori di tale domicilio, senza che sia in tal modo leso il diritto di difesa del contribuente, il quale può precisare, sia pure nell’àmbito del domicilio fiscale, un proprio indirizzo, ai sensi del quarto comma dell’art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973;

d) è lecito dubitare della correttezza dell’assimilazione operata dal rimettente, ai fini della valutazione della denunciata lesione dell’art. 3 Cost., tra i comuni rapporti intersoggettivi e quelli nei quali venga in rilievo il dovere di «concorrere alle spese pubbliche», ai sensi dell’art. 53 Cost., per i quali trova giustificazione una disciplina specifica;

e) non è pertinente il richiamo all’art. 42 Cost.

Considerato in diritto

1. – La Commissione tributaria provinciale di Genova dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) [quest’ultimo nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche ad esso apportate dal comma 27 dell’art. 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248], nella parte in cui, nel caso di notificazione di atti tributari a un cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), escludono – in combinato disposto con l’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – «l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 142 c.p.c.».

2. – Il Tribunale di Genova dubita, in riferimento agli artt. 1, 3, 24 e 42 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 58, primo e secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f) del d.P.R. n. 600 del 1973 [quest’ultimo nel testo applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche ad esso apportate dal comma 27 dell’art. 37 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 248 del 2006], nella parte in cui, nel caso di notificazione di atti tributari a un cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dal concessionario per la riscossione in base all’iscrizione nell’AIRE, non prevedono che la notificazione sia eseguita mediante la spedizione a mezzo posta al destinatario di una copia dell’atto o, almeno, di un avviso dell’avvenuto deposito dell’atto nella Casa comunale.

3. – La sostanziale identità delle norme denunciate e delle censure prospettate dai giudici a quibus impone la riunione dei giudizi di legittimità costituzionale, al fine di decidere congiuntamente le sollevate questioni.

4. – Quanto alla questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Genova, il giudice rimettente – chiamato a decidere, previo accertamento della validità della notificazione delle cartelle di pagamento impugnate, sulla prescrizione dei crediti con esse fatti valere – censura le seguenti disposizioni del d.P.R. n. 600 del 1973: a) l’art. 58, primo comma, il quale stabilisce che «Agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato»; b) il secondo periodo del secondo comma dello stesso art. 58, per il quale le persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato «hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato»; c) l’art. 60, primo comma, lettera c), secondo cui, «salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario»; d) l’art. 60, primo comma, lettera e), il quale prevede che, quando nel comune del domicilio fiscale «non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente», la notificazione è eseguita mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale ed affissione dell’avviso di deposito nell’albo dello stesso comune e, «ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione»; e) l’art. 60, primo comma, lettera f), in forza del quale «le disposizioni contenute negli articoli 142, 143, 146, 150 e 151 del codice di procedura civile non si applicano»; f) l’ultimo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, il quale stabilisce che «Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 60» del d.P.R. n. 600 del 1973 e, quindi, rende applicabili, nell’ipotesi della notificazione della cartella di pagamento al contribuente residente all’estero – non contemplata dagli altri commi dello stesso art. 26 e in relazione alla quale è stata sollevata la questione –, le censurate lettere c) ed e) del primo comma del richiamato art. 60 e, attraverso queste, anche le altre disposizioni censurate.

La Commissione rimettente lamenta che le denunciate disposizioni escludono, per l’ipotesi in cui la residenza estera sia conoscibile in base alle risultanze anagrafiche, che la notificazione sia eseguita a norma dell’art. 142 cod. proc. civ., secondo il quale:

a) «Salvo quanto disposto nel secondo comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell’articolo 77, l’atto è notificato mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta» (primo comma);

b) «Le disposizioni di cui al primo comma si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200» (secondo comma).

Ad avviso del giudice a quo, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 142 cod. proc. civ. si porrebbe in contrasto con gli artt. 24 e 3 Cost., perché pregiudicherebbe l’esercizio del diritto di difesa del destinatario della notificazione, non assicurandogli l’effettiva conoscenza dell’atto e determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra i cittadini residenti all’estero, con residenza conoscibile in base alle risultanze anagrafiche, per i quali la disciplina vigente non garantirebbe l’effettiva conoscenza degli atti tributari, e gli altri destinatari di notificazioni di tali atti, per i quali invece detta conoscenza sarebbe garantita.

4.1. – La difesa erariale ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità della questione, per insufficiente descrizione della fattispecie, in quanto il rimettente avrebbe omesso di indicare le date di iscrizione della contribuente nell’AIRE e di notificazione delle cartelle di pagamento impugnate, precludendo cosí alla Corte la verifica dell’anteriorità di detta iscrizione rispetto alla notificazione delle cartelle e, quindi, il controllo in ordine alla rilevanza della questione medesima.

L’eccezione non è fondata.

Con riferimento al medesimo giudizio a quo, questa Corte ha, infatti, già rilevato, con l’ordinanza n. 210 del 2006, che il rimettente, affermando che la notificazione delle cartelle è stata regolarmente eseguita nell’ultima residenza nel territorio dello Stato della contribuente mentre la residenza estera di quest’ultima era nota all’Amministrazione (o doveva esser nota con le opportune ricerche anagrafiche), dà per accertata l’anteriorità dell’iscrizione nell’AIRE della stessa contribuente rispetto alla notificazione delle cartelle.

4.2. – La difesa erariale ha eccepito, in secondo luogo, l’inammissibilità della questione, perché la materia si presta ad una pluralità di opzioni normative costituzionalmente legittime e ciò non rende possibile «un intervento additivo del giudice delle leggi il quale imponga come costituzionalmente obbligata una determinata disciplina diversa da quella vigente».

Anche tale eccezione non è fondata.

Il rimettente, infatti, ha chiesto a questa Corte non una pronuncia additiva, ma solo la declaratoria di illegittimità costituzionale del combinato disposto delle norme denunciate, nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’art. 142 cod. proc. civ. alle notificazioni di atti tributari a cittadini italiani la cui residenza estera risulti dall’iscrizione all’AIRE. A questa Corte, quindi, si chiede non di operare una scelta fra diverse opzioni normative, ma di rendere applicabile la disposizione generale dell’art. 142 cod. proc. civ., relativa alle notificazioni ai non residenti in Italia, facendo cessare gli effetti della norma speciale che nega l’applicazione di tale articolo con riferimento agli atti tributari.

4.3. – Nel merito, il rimettente afferma che la normativa censurata, non garantendo ai cittadini italiani iscritti nell’AIRE l’effettiva conoscenza degli atti tributari loro notificati, realizza un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai residenti in Italia, ai quali detta conoscenza è invece garantita dal fatto che le notificazioni degli atti tributari sono effettuate nel domicilio fiscale, e cioè, ai sensi del denunciato art. 58, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 «nel comune nella cui anagrafe sono iscritte» le persone fisiche contribuenti.

La questione è fondata.

Questa Corte ha affermato che «un limite inderogabile alla discrezionalità del legislatore nella disciplina delle notificazioni è rappresentato dall’esigenza di garantire al notificatario l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto di difesa» (sentenza n. 360 del 2003; si veda anche la sentenza n. 346 del 1998).

Le norme censurate violano detto limite, perché, equiparando la situazione del contribuente residente all’estero e iscritto nell’AIRE a quella del contribuente che non ha abitazione, ufficio o azienda nel comune del domicilio fiscale, impongono di eseguire le notificazioni a lui destinate solo mediante il deposito di copia dell’atto nella casa comunale e l’affissione dell’avviso di deposito nell’albo dello stesso comune.

In tal modo, esse non garantiscono al notificatario non più residente in Italia l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, senza che a tale diminuita garanzia corrisponda un apprezzabile interesse dell’amministrazione finanziaria notificante a non subire eccessivi aggravi nell’espletamento della procedura notificatoria.

Le modalità di notificazione previste in via generale dall’art. 142 cod. proc. civ. assicurerebbero, invece, al notificatario l’effettiva conoscenza dell’atto a lui destinato, imponendo all’amministrazione finanziaria di espletare la non troppo gravosa procedura di notifica presso la residenza estera risultante dall’AIRE. L’inapplicabilità di detta disposizione stabilita dalle norme censurate comporta, dunque, la violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

Del resto, proprio al fine di ampliare le possibilità di effettiva conoscenza, da parte del destinatario dell’atto, il legislatore ha successivamente modificato (con norma non applicabile ratione temporis al caso di specie e, quindi, non oggetto di esame nel presente giudizio) il regime della notifica degli atti tributari ai cittadini italiani residenti all’estero.

Infatti, pur mantenendo ferma l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 142 cod. proc. civ., il legislatore ha inteso limitare l’inconveniente denunciato dal rimettente, seguendo la diversa via della «spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento» dell’atto tributario all’«indirizzo estero» che il contribuente ha «facoltà» di comunicare al «competente ufficio locale» (comma 27 dell’art. 37 del decreto-legge n. 223 del 2006, che ha introdotto nel suddetto art. 60, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 la lettera ebis).

In tal modo, nel caso di iscrizione del contribuente nell’AIRE, l’applicazione della disciplina censurata dal rimettente resta circoscritta all’ipotesi in cui il contribuente abbia omesso di indicare al competente ufficio locale l’indirizzo estero per la notificazione degli atti tributari.

5. – Quanto alla questione proposta dal Tribunale di Genova, l’Avvocatura dello Stato ne ha eccepito la manifesta inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza.

L’eccezione è fondata.

Oggetto del giudizio a quo è l’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi e, in particolare, all’avviso di vendita. In punto di rilevanza il Tribunale si limita a osservare che «è dirimente la questione concernente la regolarità della notificazione dell’avviso di vendita», senza precisare se e quale pregiudizio abbia subito il notificatario opponente. Il rimettente non spiega, cioè, perché la notificazione dell’avviso di vendita, eseguita in base alle norme censurate, non abbia raggiunto il suo scopo e abbia menomato il diritto di difesa del ricorrente nel giudizio a quo, nonostante che, nella specie, il contribuente abbia proposto opposizione all’avviso di vendita, dimostrando di avere conoscenza di detto avviso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo e secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sollevata, in riferimento agli artt. 1, 3, 24 e 42 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2007.


Cassazione: nulla la notifica alla convivente

“In tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli art. 138 e 139 c.p.c, che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi, quindi nulla, salvo poi a risultare una tale nullità sanabile con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto d’impugnazione. Occorre poi considerare che fra le persone di famiglia (che, se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell’atto da notificare, sono abilitate a riceverlo, ai sensi dell’art. 139 secondo comma c.p.c.) possono comprendersi soltanto i componenti del nucleo familiare in senso stretto e gli altri parenti od affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, purché la loro presenza in detta casa sia non occasionale”. Questi sono i principi ricavabili dalla lettura di una recente pronuncia della Corte di Cassazione con Sent. n. 19218/2007 la quale sullo stesso tema precisa che “la notificazione effettuata a mani di persona che si assume essere il c.d. coniuge di fatto del destinatario (qualificatasi all’ufficiale giudiziario quale moglie del destinatario) e che sia avvenuta in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario abbia il domicilio o la dimora deve ritenersi nulla”.


Protocollo per garantire il buon funzionamento della P.A.

Il 10 ottobre 2007 il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais e l’Alto Commissario anticorruzione, Achille Serra, hanno firmato un protocollo d’intesa per garantire il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche, incentivare la trasparenza, snellire le procedure e potenziare il sistema dei controlli. Questi i punti programmatici dell’ attività di collaborazione:

a) valutazione della normativa e della sua applicazione in tema di personale pubblico, con riferimento ai sistemi di reclutamento, promozione, verifica e valutazione; ai programmi di formazione; all’effettiva applicazione delle sanzioni disciplinari; all’integrità dei dipendenti; alla trasparenza degli incarichi e dei compensi;

b) promozione delle azioni per prevenzione la corruzione e le altre forme di illecito nella pubblica amministrazione;

c) collaborazione nello sviluppo degli interventi con particolare riferimento alla creazione di un sistema informativo integrato della giustizia penale. Per agevolare la concreta attuazione dell’attività di collaborazione, sono individuati referenti nell’ambito del Dipartimento della funzione pubblica, del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione e dell’Alto Commissario.


Cass. civ. Sez. I, (ud. 09-07-2007) 10-10-2007, n. 21291

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Consigliere

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere

Dott. PANZANI Luciano – Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

NEW RECORD DI VITANTONIO QUARTO & CO. S.N.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA TARO 35, presso l’avvocato ENZO PARINI, rappresentata e difesa dall’Avvocato LUBELLI Vincenzo, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO ITALY MUSIC STORE S.A.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 791/03 della Corte d’Appello di bari, depositata il 08/08/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 09/07/2007 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato ENZO PARINI, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 10.10.2001 il Fallimento Italy Music Store s.a.s. (dichiarato il (OMISSIS)) proponeva impugnazione avanti alla Corte d’Appello di Bari avverso la sentenza del Tribunale di Bari del 27.6.2001 che aveva rigettato la domanda di revoca della L. Fall., ex art. 67, avanzata nei confronti della New Record di Vitantonio Quarto & C. s.n.c. in relazione a pagamenti effettuati per l’importo complessivo di L. 57.385.797 in favore di quest’ultima nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento. Chiedeva l’appellante l’accoglimento della originaria richiesta o, in subordine, la restituzione del minore importo di L. 10.007.320 di cui alle fatture nn. (OMISSIS) rispettivamente del 31.10.1995 e del 30.11.1995 regolarmente quietanzate.

Si costituiva l’appellata che deduceva l’inammissibilità dell’appello per la sua genericità nonchè, in relazione alla domanda proposta in via subordinata, per violazione dell’art. 345 c.p.c..

All’esito del giudizio la Corte d’Appello con sentenza del 25.3- 8.8.2003 accoglieva il gravame per quanto di ragione, condannando l’appellata al pagamento della somma di Euro 5.168,18 (pari a L. 10.007.320) oltre agli interessi legali dalla data dei pagamenti, compensando fra le parti le spese del doppio grado.

Dopo aver confermato il rigetto della domanda principale in quanto non risultava adeguatamente provata, riteneva rituale ed ammissibile quella subordinata basata sulle fatture quietanzate risultanti dal fascicolo di insinuazione al passivo, sostenendo che di tali documenti, anche se non tempestivamente prodotti nel corso del giudizio di primo grado, era consentito l’esame, trattandosi di prove precostituite e non introducendo nel procedimento questioni nuove ma solo una specificazione rispetto alla domanda originaria nell’ambito di quanto già dedotto.

Avverso tale sentenza la New Record di Vitantonio Quarto & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura.

La controparte non ha svolto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione
Pregiudizialmente deve rilevarsi che la notifica del ricorso per Cassazione presso lo studio dell’avv. Franco Marino, difensore intimata curatela non costituitasi nel presente giudizio, risulta dalla relata avvenuta in Bari (OMISSIS) a mani dell’”incaricato al ritiro” anzichè in (OMISSIS), indirizzo quest’ultimo indicato nella sentenza impugnata come studio di detto difensore domiciliatario.

Orbene, ritiene il Collegio che in tal caso, anche se eseguita in luogo diverso da quello indicato dal domiciliatario e pur in assenza di alcuna indicazione negli atti processuali, in cui non risulta nemmeno un’eventuale comunicazione all’Ordine degli Avvocati da parte del destinatario, la notifica a mani della persona “addetta al ritiro” deve ritenersi perfettamente valida, dovendosi privilegiare il riferimento personale su quello topografico in quanto, ai fini della notifica dell’impugnazione ai sensi dell’art. 330 c.p.c., l’elezione di domicilio presso lo studio del procuratore assume la mera funzione di indicare la sede dello studio ed è priva di una sua autonoma rilevanza.

Non si ritiene quindi di poter condividere l’opposto orientamento seguito da altra decisione di questa Corte (26844/06) nei cui confronti il Collegio si pone in consapevole contrasto e che ha ritenuto inammissibile il ricorso qualora la notifica nel domicilio del procuratore intimato, non costituito in giudizio, diverso da quello eletto nel giudizio “a quo”, non sia accompagnata dalla documentazione comprovante il nuovo domicilio.

Una tale conclusione può giustificarsi infatti nell’ipotesi in cui la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio di merito non abbia avuto buon fine, come del resto più volte la giurisprudenza ha affermato (Cass. 14033/05; Cass. 8287/02, Cass. 2740/98) e non già allorchè, come nel caso in esame, abbia avuto invece esito positivo, dovendosi in tal caso, nel quadro di una interpretazione che privilegi, come si è osservato, il riferimento personale rispetto a quello topografico, desumere dal ricevimento dell’atto operato dallo stesso difensore (o dal suo incaricato) la corrispondenza del luogo indicato nella relata con il suo nuovo domicilio. In sostanza, in tal caso è lo stesso difensore domiciliatario a confermare con il ricevimento dell’atto, sia pure attraverso un suo incaricato, attestato dall’ufficiale giudiziario, l’avvenuto mutamento del domicilio nel luogo in cui è avvenuta la notifica (in tal senso del resto Cass. 6098/99).

Il ricorso deve ritenersi quindi ammissibile e deve procedersi pertanto al suo esame.

Con il primo motivo di ricorso la New Record di Vitantonio Quarto & C. s.n.c. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.. Lamenta che la Corte d’Appello, disattendendo l’eccezione di inammissibilità, abbia dato ingresso ed accolto una domanda nuova basata sulle due fatture n. (OMISSIS) del 31.10.1995 e n. (OMISSIS) del 30.11.1995 dell’importo complessivo di L. 10.007.320, prodotte nel giudizio di primo grado dopo la scadenza dei termini previsti per tali incombenti, senza peraltro che fossero state indicate nella domanda originaria la quale aveva fatto riferimento ad altre fatture per complessive L. 57.385.797 e non aveva subito nel corso del giudizio di primo grado alcuna riduzione, modificazione od ampliamento. Deduce quindi che erroneamente non era stato considerato che tale successiva domanda contenesse un petitum diverso e fosse basata su una diversa causa petendi.

La censura è fondata.

Diversamente da quanto affermato dalla Corte d’Appello, la richiesta in sede di gravame di una somma ulteriore, basata su distinte fatture rispetto a quella che aveva costituito l’oggetto del giudizio di primo grado, configura senza dubbio una domanda nuova, comportando l’introduzione di un tema d’indagine diverso da quello prospettato in precedenza.

Si tratta infatti di distinte operazioni commerciali, individuate con riferimento ad altrettante distinte fatture ed aventi quindi una “causa petendi” ed un “petitum” diversi rispetto alle operazioni di cui alle fatture fatte valere con l’atto introduttivo del giudizio e non già di un mero superamento dei limiti quantitativi della domanda, superamento che presuppone la stessa “causa petendi” e che si propone come una semplice specificazione della domanda medesima nella quale rimangano fermi i fatti costitutivi (Cass. 26079/05).

Nè rileva che dette successive fatture risultassero già nel fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado a seguito dell’allegazione del fascicolo fallimentare in cui erano depositate in quanto la relativa domanda, anche qualora fosse stata proposta avanti al Tribunale (la circostanza non risulta precisata nella sentenza della Corte d’Appello), in ogni caso sarebbe stata tardiva, come del resto si deduce dalla stessa sentenza impugnata che da atto della tardiva produzione delle nuove fatture.

La novità della domanda in appello e la conseguente violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1, comportano l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento sia del secondo proposto in via subordinata e relativo alla violazione dello stesso art. 345 c.p.c., comma 3, in ragione della tardiva produzione documentale (sulla quale è appena il caso di richiamare la decisione delle Sezioni Unite n. 8203/05 che ha ammesso una tale possibilità solo entro ben determinati limiti) e sia del terzo motivo, riguardante l’elemento soggettivo in tema di revocatoria di cui si è contestata la sussistenza.

L’affermata preclusione in ordine alla domanda nuova proposta in appello determina pertanto la cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, ultima parte.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo anche per quanto riguarda i giudizi di merito.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il primo motivo. Dichiara assorbiti gli altri. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Condanna la curatela al pagamento delle spese processuali che liquida, quanto al giudizio avanti al Tribunale in Euro 800,00 per onorario, Euro 400,00 per diritti ed Euro 200,00 per spese, quanto al giudizio avanti alla Corte d’Appello in Euro 900,00 per onorario, Euro 300,00 per diritti ed Euro 300,00 per spese e quanto al giudizio di legittimità in Euro 1.100,00 per onorario oltre alle spese in Euro 100,00 nonchè, per tutti i giudizi, anche alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2007.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2007


Corso di Aggiornamento – San Pietro in Casale 14 dicembre 2007

Corso di Aggiornamento

Venerdì 14 dicembre 2007 ore 9:15 – 17:00
Comune di San Pietro in Casale
Corte Benedettina da Zara
Via Conselvana 97
San Pietro in Casale (BO)

Con il patrocinio del Comune di San Pietro in Casale

Quote di partecipazione al corso:
Soci A.N.N.A.: € 120,00 (Iscritti alla data del 31.12.2006 e rinnovo per l’anno 2007 alla data del 30.06.2007)(*) (**)
Non iscritti ad A.N.N.A.: € 160,00 comprensivi della quota di iscrizione all’Associazione (*)(**)
Non iscritti ad A.N.N.A.: € 220,00 oltre I.V.A (*) (**)

La quota di iscrizione dovrà essere versata entro la data di effettuazione del Corso, tramite :
Conto Corrente Postale n. 55115356
Conto Corrente Bancario n. 55115356 (Poste Italiane)

ABI 07601
CAB 12100
CIN J
Intestato a:
Associazione Nazionale Notifiche Atti
Codice fiscale: 93164240231
P.IVA: 03558920231

Causale: Corso Casale 2007
(*) Se la fattura è intestata ad Ente Pubblico, la quota è esente IVA, ai sensi dell’art. 10, D.P.R. n. 633/72 e successive modificazioni,

(**) Le quote di iscrizione si intendono al netto delle spese bancarie e/o postali che sono a carico di chi effettua il versamento.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.
L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo articolo a cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.

I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Bizzotto Paolo
Messo del Giudice di Pace del Comune di Padova
Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A

Boscoli Alberto

Resp. Messi comunali del Comune di San Lazzaro di Savena

Programma
Legge Finanziaria 2007: nomina del Messo Notificatore
I principi fondamentali del procedimento notificatorio.
Il procedimento notificatorio secondo il Codice di procedura civile.
Il principio della consegna.
Le forme di notificazione.
L’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 458/2005.
Comunicazioni e notificazioni: differenze:
– La notificazione e il procedimento notificatorio.
I soggetti del procedimento notificatorio:
– Il soggetto richiedente la notifica; i soggetti intermediari ed ausiliari;
I destinatari e il consegnatario.
II luogo della notificazione: residenza, dimora e domicilio:
– Sede legale e sede amministrativa.
La notificazione a soggetti diversi dalle persone fisiche: notifica a società, enti, istituzioni, associazioni con o senza personalità giuridica.
Modifiche apportate al d.p.r. 600/73
Notifica a persona giuridica (art. 145 C.P.C.).
La relata di notifica: funzione e contenuto. Valore probatorio: difformità tra originale e copia dell’atto notificato.
Nullità e sanatoria delle notificazioni: differenze tra inesistenza e nullità. Differenza tra nullità e semplici irregolarità. La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19854/2004.

Casa Comunale:
– Il deposito degli atti presso la Casa comunale: gli obblighi del consegnatario.
– La consegna ad un richiedente diverso dal destinatario.
Albo Pretorio;
– La pubblicazione degli atti.
La notifica a militari in attività di servizio.
La notifica a mezzo del servizio postale, ex L. 890/82:
– Raccomandata A.R. equiparata, per gli effetti, alla notificazione.
La disciplina della notificazione degli atti tributari.
La figura del Messo comunale:
– La responsabilità civile e penale del Messo comunale.
Rimborso spese di notifica:
– Richiesta rimborso spese di notifica trimestrale.
Modulistica e casi pratici.


Corte Suprema di Cassazione n. 20426 del 28.09.2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente

Dott. RUGGIERO Francesco – Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giandonato – Consigliere

Dott. SCUFFI Massimo – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BASSANO DEL GRAPPA N. 24, presso lo studio dell’Avvocato COSTA MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato FRANCESCO COLAIANNI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 267/01 della Commissione Tributaria Regionale di MILANO, depositata il 15/10/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/07/07 dal Consigliere Dott. Camilla DI IASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria di Milano respingeva il ricorso col quale P.V. impugnava avviso di mora recante l’iscrizione a ruolo di soprattasse e pene pecuniarie relative ad Iva per l’anno 1984 affermando l’irritualità della notifica del prodromico avviso di irrogazione sanzioni.

La C.T.R. Lombardia, investita dell’appello del contribuente, lo rigettava, in particolare rilevando che dalla lettura dell’avviso di irrogazione sanzioni risultava accertato dall’ufficiale giudiziario che il contribuente si era trasferito per ignota destinazione e che pertanto correttamente poi l’avviso era stato notificato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), senza necessità di ulteriori ricerche nè di invio di raccomandata per comunicare il deposito dell’atto presso a casa comunale.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione P.V.;

L’Amministrazione delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate sono rimasti intimati.

Motivi della decisione

Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e) nonchè artt. 140 e 148 c.p.c., il ricorrente rileva che l’avviso D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 58 prodromico all’avviso di mora fu depositato presso la Casa Comunale senza invio della raccomandata comunicante l’avvenuto deposito benchè nella specie fosse applicabile l’art. 140 c.p.c. (prevedente tale incombente) e non il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), posto che al momento della notifica il contribuente era residente a (OMISSIS), come testimoniato dallo stesso avviso di mora e da certificato di residenza. Secondo il ricorrente il messo notificatore avrebbe dovrebbe far esplicitamente risultare dalla relata di aver effettuato ricerche presso gli uffici anagrafici del comune per accertare se il contribuente risiedesse ancora in Milano o si fosse trasferito in altro comune, mentre nella specie il messo notificatore si sarebbe limitato ad annotare il trasferimento in luogo ignoto, peraltro a margine dell’atto e non nella relata, senza dare conto del compimento di apposite ricerche. Secondo il ricorrente, inoltre, i giudici di merito avrebbero totalmente ignorato la circostanza che dall’avviso impugnato e dai dati anagrafici il contribuente risultava residente nel comune di Milano e sarebbero incorsi in contraddizione sostenendo che l’ufficiale giudiziario non era tenuto ad effettuare ulteriori ricerche, ma richiamando giurisprudenza di segno opposto.

Col secondo motivo (indicato in ricorso come terzo), deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 58, nonchè omessa pronuncia e insufficiente motivazione, il ricorrente rileva che la C.T.R. avrebbe omesso di pronunziarsi circa la tardività dell’avviso di mora in contestazione, (questione proposta nell’atto introduttivo richiamato nell’atto d’appello) in quanto notificato l’8-3-95 in relazione a violazioni relative all’anno di imposta 1984.

Col terzo ed ultimo motivo (indicato in ricorso come quarto), deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 427 del 1997, artt. 3, 12 e 25, il ricorrente rileva che la sentenza impugnata, confermando in toto la decisione dei primi giudici, avrebbe erroneamente omesso di rideterminare le sanzioni sulla base della, disciplina più favorevole introdotta dal D.Lgs. citato, applicabile retroattivamente in ogni stato e grado del. processo a prescindere da un’espressa richiesta in tal senso.

Le censure esposte sono in parte infondate e in parte inammissibili.

Con riguardo al primo motivo, è innanzitutto da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la notificazione dell’avviso di accertamento tributario deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. solo quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perchè questi (o altro possibile consegnatario) non è state rinvenuto in detto indirizzo da dove tuttavia non risulti trasferito, mentre deve essere effettuata applicando la disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), sostitutivo, per il procedimento tributario, dell’art. 143 c.p.c., quando, come nella specie, il messo notificatore non reperisca il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto (v. in termini, tra le altre, Cass. n. 10189 del 2003).

Tanto premesso, in ordine alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento di ricerche, va evidenziato che nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute nè con quali espressioni verbali e in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purchè emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che esse sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame.

Nella specie, esiste un’attestazione, proveniente dal messo notificatore, di trasferimento del notificatario per ignota destinazione, ed è da ritenersi che essa sia il frutto di notizie assunte sul posto dal predetto notificatore, nè risultano contestazioni circa la provenienza e l’occasione della suddetta attestazione. In ogni caso, l’interpretazione del documento contenente l’attestazione del messo notificatore spetta al giudice di merito, al quale spetta altresì la valutazione circa la sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla notifica ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), valutazione che costituisce giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità (v. Cass. n. 5100 del 1997).

E’ vero che l’attestazione de qua rappresenta il frutto di informazioni assunte dal messo notificatore presso terzi e che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la relata di notificazione di un atto fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco, ma fa fede invece fino a prova contraria per tutte le altre attestazioni che non siano frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì, come nella specie, di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri (v. tra numerose altre Cass. n. 3403 del 1996 e n. 4590 del 2000), tuttavia è innanzitutto da evidenziare che l’eventuale prova contraria offerta (nella specie, ovviamente, documentale) deve essere valutata dal giudice di merito e che la relativa valutazione è censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione.

In proposito, è in particolare da rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la denuncia di omesso esame di documenti non è riconducibile al vizio di omessa pronuncia, che costituisce error in procedendo, ma al vizio di omessa motivazione su punto decisivo della, controversia e ricorre soltanto nel caso di totale: omessa valutazione di elementi deducibili dal documento, sempre che questi si rivelino decisivi, ossia tali da condurre – secondo una valutazione ed un giudizio che la Corte di cassazione esprime sul piano astratto e in base a criteri di verosimiglianza -ad una decisione diversa da quella adottata dal giudice; di merito (v. Cass. n. 13963 del 2001).

A tale riguardo, è da rilevare che questa Corte ha più volte avuto modo di affermare che il ricorrente che in sede di legittimità denunci l’erronea (o omessa) valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il documento nella sua integrità (v. tra le altre Cass. n. 15412 del 2004), senza che a tale incombente possa ottemperarsi (come nella specie ha inteso fare il ricorrente), attraverso la produzione nel giudizio di cassazione di copia di tale documento, posto che, a tacer d’altro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., n. 3, è indispensabile che dal contesto del ricorso (ossia, solo dalla lettura di tale atto ed escluse l’esame di ogni altro documento, compresa la stessa sentenza impugnata) sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice “a quo” (v. tra le altre Cass. n. 1959 del 2004).

In ogni caso, per quanto concerne il requisito della “decisività” della documentazione prodotta in prova contraria, con particolare riguardo al certificato storico di residenza, è da rilevare che il costante riferimento da parte della giurisprudenza di questa Corte alle notizie assunte dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore sul posto all’atto della notifica evidenzia che le suddette “notizie” sono intese ad accertare una situazione di fatto, ossia un dato “effettivo” e non formale, perciò prescindente dal riscontro anagrafico, dovendosi presumere che l’indirizzo indicato sull’atto da notificare corrisponda (salvo errore del notificante) al dato anagrafico ufficiale e che, in caso di mancato rinvenimento sul posto del destinatario o di altro possibile consegnatario, al notificatore sia richiesto di accertare, se possibile, mediante ricerche in loco, una situazione di fatto eventualmente non (o ancora non) risultante all’anagrafe.

Giova in proposito rilevare che questa Corte ha avuto modo di affermare che, qualora all’ufficiale giudiziario procedente risulti che il destinatario della notificazione si sia trasferito dal luogo indicato nei registri anagrafici, la notificazione stessa non deve essere eseguita nella forma prevista dall’art. 140 c.p.c. (pena la nullità dell’atto) bensì in quella prevista dall’art. 143 c.p.c., salvo che, a seguito delle ricerche e richieste di informazioni suggerite nel caso concreto dall’ordinaria diligenza, non sia noto, o non avrebbe potuto esser noto, il nuovo luogo di effettiva residenza, dimora o domicilio, giacchè in tal caso la notificazione va invece eseguita (sempre a pena di nullità dell’atto) nell’individuato nuovo luogo di effettiva residenza (v. Cass. n. 993 del 1985). In ordine al secondo (indicato in ricorso come terzo) motivo, è da rilevare che la questione in esso proposta, non trova riscontro nella sentenza impugnata e che lo stesso ricorrente non afferma che detta questione fu (ri)proposta in appello, limitandosi ad affermare che essa fu proposta nel ricorso introduttivo richiamato nell’atto d’appello.

A tale proposito, è sufficiente osservare che, a norma del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 56 (che ricalca quasi, letteralmente la formula dell’art. 346 c.p.c.), le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado che non siano “specificamente” riproposte in appello si intendono rinunciate e che nella specie, dalla lettura dell’atto d’appello consentita a questo giudice in relazione alla deduzione di violazione dell’art. 112 c.p.c., non risulta che la questione sia stata in alcun modo proposta, tantomeno “specificamente”.

In ordine al terzo motivo (quarto in ricorso), è sufficiente osservare che questo giudice di legittimità ha avuto più volte modo di affermare che, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, prevedente l’applicabilità del principio del “favor rei” in tema di sanzioni per illeciti tributar è applicabile anche “ai procedimenti in corso” alla data dell’1 aprile 1998, a condizione che il provvedimento di irrogazione della sanzione non sia divenuto definitivo (v. tra le altre Cass. n. 12678 del 2005) e che nella specie tale condizione non sussiste, posto che in questa sede non risulta impugnato l’avviso di irrogazione di sanzioni, bensì l’avviso di mora, emesso sulla base della definitività del primo e che solo l’accertamento della irritualità della notifica del suddetto avviso di irrogazione delle sanzioni ne avrebbe escluso la definitività. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In difetto di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2007.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2007

Riferimenti normativi

CPC Art.140

CPC Art.148

DPR 29-09-1973 n. 600, Art. 60


Cass. civ. Sez. I, (ud. 27-03-2007) 20-09-2007, n. 19473

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente

Dott. PLENTEDA Donato – Consigliere

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere

Dott. RORDORF Renato – Consigliere

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE D CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocate LADDAGA TERESA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., P.B., V.I., elettivamente domiciliati in ROMA VIA CIPRO 77, presse l’avvocato RUSSILLO GERARDO, che li rappresenta i difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

I.A.C.P. DELLA PROVINCIA DI NAPOLI, C.M., A. F., F.A.M.V., Z.M.A., A.G., A.L., D.G.M., C.D., C.M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3208/02 della Corte d’Appello di NAPOLI, depositata il 04/11/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/03/2007 dal Consigliere Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO;

udito per i resistenti l’Avvocato ROBERTO DE FUSCO, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1.- Con atto di citazione notificato il 17 settembre 1997, M. e P.B. e V.I., premesso che, a seguito de terremoto del (OMISSIS), erano deceduti, nel crollo di un fabbricato dell’Istituto Autonomo delle Case Popolari di (OMISSIS), alcuni loro congiunti, che, all’esito del susseguente procedimento penale, erano stati condannata, per disastro colposo ed omicidio colposo, oltre che alle sanzioni pelali, anche al ristoro dei danni, da liquidarsi in separata sede, lo stesso I.A.C.P. nonchè, tra gli altri, S. G., direttore capo del predetto Ente, e C.M., direttore dei lavori, convennero costoro in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli per ottenere il risarcimento dei danni morali, indicati nella somma di L. 680.000.000. Nella contumacia degli altri convenuti, lo I.A.C.P., costituitosi in giudizio, eccepì la prescrizione del diritto azionato e il difetto di legittimazione degli attori.

2. – Con sentenza del 17 giugno 1999, il giudice unico presso il Tribunale adito condannò in solido il S. ed il C. al pagamento in favore degli attori della somma di L. 625.000.000 circa, dichiarando prescritto il diritto azionato nei confronti dello I.A.C.P. e non provata la legittimazione passiva degli altri convenuti.

La sentenza fu impugnata dal S., il quale lamentò che l’atto introduttivo del giudizio di primo grado era state invalidamente notificato presso l’indirizzo corrispondente alla sua ex casa coniugale, dalla quale egli si era allontanato, a seguito della separazione dalla moglie, da oltre trenta anni, e che, a causa di tale invalida attività notificatoria, egli era rimasto contumace in primo grado e non aveva potuto, pertanto, sollevare la eccezione di prescrizioni: del diritto vantato dagli appellati, i quali, peraltro, ben conoscevano il suo reale domicilio, facilmente evincibile dagli atti del processo penale, e presso il quale gli stessi gli avevano notificato, in data 12 febbraio 2001, precetto e sentenza conclusiva del primo grado del giudizio, senza aver prima compiuto infruttuosamente altre notifiche.

3. – La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositate il 4 novembre 2002, giudicò inammissibile il gravame, osservando che, ai fini della determinazione del luogo ove va eseguita la notificazione di un atto, rileva, nei riguardi del notificante, la residenza anagrafica del destinatario, e non, ove: diversa, quella effettiva, se non conosciuta nè conoscibile con l’ordinaria diligenza dal primo. Nella specie, l’atto di citazione era stato notificato al S. il 17 settembre 1997, all’indirizzo presso il quale egli risultava anagraficamente residente, mediante consegna a mani del portiere. Tale notifica fu ritenuta regolare dalla Corte di merito, alla stregua del rilievo che, per un verso, alla data del 7 ottobre 1999 il S. risultava ancora resi lente presso la casa coniugale; che, per l’altro, la relata dell’ufficiale giudiziario valeva ad indicare il mancato rinvenimento del destinatario e di ogni altra persona idonea ex lege alla ricezione. Rilevò, inoltre, il giudice di seconde cure che il mancato rifiuto da parte del portiere di ricevere l’atto lasciava presumere la consegna al destinatario, tenuto anche conto che se detto portiere, in trenta anni, non gli avessi i recapitato la corrispondenza al suo effettivo domicilio, certamente l’appellante avrebbe provveduto alla variazione anagrafica. Nè assumeva alcun rilievo, secondo la Corte, la circostanza che dagli atti del processo penale emergesse il reale domicilio del S., in quanto gli appellati, non essendosi costituiti parte civile, non avevano partecipato a detto processo, peraltro definito dieci anni addietro, sicchè, prima di intraprendere la causa civile, essi si erano muniti di un certificato di residenza del S., mentre solo dal successivo certificato del 3 gennaio 2001, prodotto dagli appellati, era risultata la nuova residenza dello stesso, presso la quale, pertanto, essi avevano notificato sentenza e precetto. Da ciò conseguiva, secondo la Corte, la tardività dell’appello, risultando decorso il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1. 4. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il S. sulla base di due motivi. Hanno resistito gli intimati con controricorso, illustrato anche da successiva memoria.

Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., e dell’art. 327 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

L’attuale ricorrente, assumendo di non aver avuto conoscenza del processo se non al momento della notificazione della sentenza di primo grado e del pedissequo precetto, aveva interposto appello dopo che era ormai decorso il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza, di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1. Erroneamente la Corte di merito aveva ritenuto applicabile, nella specie, detto termine, e non, stante la mancata conoscenza, da parte dell’appellante, del procedimento di primo grado, la disposizione in deroga contenuta nel comma 2 del cit. art.. La decisione impugnata si era fondata sulla presunzioni di consegna dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado al destinatario da parte del portiere dello stabile sito al (OMISSIS), a mani del quale l’atto stesso era stato notificato, senza che il giudice di seconde cure avesse considerato che tra il portiere e l’attuale ricorrente non poteva esistere un rapporto d;. dipendenza, atteso che da ben trenta anni quest’ultimo risiedeva altrove certamente non aveva con il primo incontri quotidiani, o comunque tali da fare affidamento sulla consegna dell’atto, ricevuto ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ., al destinatario.

2. – Con la seconda doglianza, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 44 cod. civ. e art. 139 cod. proc. civ., omesso esame di un punto decisivo della controversia, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Ai fini della determinazione del luogo di residenza del destinatario della notifica, occorre far riferimento alla residenza effettiva, la cui coincidenza con quella anagrafica costituisce un mero indizio, una presunzione semplice superabile sulla base di un qualsivoglia elemento di convincimento idoneo a dimostrare la stabile dimora del soggetto in un diverso luogo. Nella specie, dai documenti esibiti dall’appellante, e, in particolare, dalla corrispondenza (fatture relative alle varie utenze, lettere varie, copia della ordinanza di proscioglimento nel processo penale per disastro colposo ed omicidio colposo, relativo atto di appello, etc.), emergeva che la residenza effettiva dello stesso era alla (OMISSIS), e ciò da oltre trent’anni, da quando, cioè, lo stesso, a seguito della separazione; dalla moglie, aveva lasciato la e usa coniugale, mentre costituiva una mera illazione, che non trovava riscontro neanche in elementi di tipo presuntivo, che il portiere dello stabile sito al (OMISSIS) gli rimettesse la corrispondenza inviata a tale indirizzo. Del resto, anche dai processi civili in corso risultava la effettiva residenza dell’attuale ricorrente, la quale, pertanto, ben avrebbe potuto essere conosciuta dagli appellati usando la ordinaria diligenza. Ed anche la mancata ammissione della prova testimoniale intesa a dimostrare tale effettiva residenza integrava il vizio di motivazione lamentato, essendo stata la relativa richiesta ignorata culla Corte di merito, la quale aveva fondato, invece, la propria decisione sulle denunciate illazioni.

3.1. – I motivi, che possono essere esaminati congruamente, in quanto strettamente connessi sul piano logico-giuridico, sono privi di fondamento.

3.2. – Va premesso che la questione sottoposta all’esame di questa Corte non concerne la validità della notifica eseguita nella residenza effettiva del destinatario dell’atto, non coincidente con quella anagrafica – la cui validità è stata già affermata dalla giurisprudenza di legittimità alla stregua del rilievo del valore meramente dichiarativo delle difformi risultanze anagrafiche (v., tra le altre, Cass. n. 6101 del 2006, n. 5076 del 1999). Si versa, invece, nella ipotesi, speculare alla prima, di notifica eseguita presso la residenza anagrafica del destinatario dell’atto, in realtà dimorante stabilmente altrove.

Con riguardo a detta ipotesi, ove non possa addebitarsi al notificante la inosservanza dell’obbligo di ordinaria diligenza nell’accertamento della effettiva residenza del destinatario della notifica, deve ritenersi correttamente eseguita la notifica presso la residenza ani grafica dello stesso (v. Cass. sentt. n. 16941 del 2003, n. 2230 del 1998, n. 10248 del 1991).

3.3. – Nel caso di specie – in cui, giova sottolinearlo, il giudice di merito ha accertato che alla data del 7 ottobre 1999, cioè in epoca largamente successiva alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, risalente al 17 settembre 1997, l’attuò Le ricorrente risultava ancora anagraficamente residente all’indirizzo di (OMISSIS) – detta notifica è da ritenere effettuata validamente, nel rispetto degli adempimenti previsti dal codice di rito. Invero, i notificanti individuarono la residenza del destinatario dell’atto alla stregua delle risultanze del certificalo anagrafico richiesto, come posto in evidenza nella sentenza impugnati, pochi mesi prima della introduzione del giudizio. Nè l’attuale ricorrente, che, pure, assume la conoscenza, da parte degli stessi, della ma effettiva residenza alla (OMISSIS), è stato in grado di dimostrare tale circostanza, ovvero una negligenza degli attuali intimati nell’assumere informazioni al riguardo, non potendosi ritenere elemento di convincimento sul punto il fatto che la residenza effettiva dello stesso S. risultasse dagli atti del processo penale a sto carico, nel quale costoro non si erano costituiti parte civile, rimanendo, pertanto, estranei ad esso, o dalla corrispondenza a lui indirizzata, evidentemente non accessibile ai notificanti.

3.4. – Per converso, corretta, in quanto logicamente e congruamente motivata, deve ritenersi la deduzione della Corte partenopea, che dal tenore testuale della relata di notifica dell’ufficiale giudiziario, recante il riferimento alla consegna a mani del portiere M. N., capace a ricevere e tale qualificatosi per la precaria assenza del destinatario e delle altre persone di cui all’art. 13 c.p.c., ha tratto, tenuto conto del mancato rifiuto del portiere di ricevere l’atto, il convincimento della permanenza di un legame del destinatario dell’atto con il luogo di sua residenza anagrafica, tale da consenti: di essere reso edotto della corrispondenza ivi inoltrata.

Nè, infine, può assumere alcuna rilevanza, al fine di escludere la nescienza incolpevole, da parte degli attuali controricorrenti, del luogo di residenza effettiva del ricorrente, la circostanza della successiva notifica da parte degli stessi a quest’ultimo della sentenza conclusiva del giudizio di primo grado e del relativo precetto, eseguita il 12 gennaio 2001 nel luogo di effettiva residenza del S. ed infatti, come rilevato dal giudice di seconde cure, costoro hanno prodotto in giudizio un certificato anagrafico del 3 gennaio 2001, richiesto, dunque, prudentemente prima di procedere alla notifica di tali nuovi atti, dal quale risultava la nuova residenza dello stesso S..

4. – I suindicati elementi – che danno altresì conto e dell’implicito rigetto, da parte della Corte di merito, delle richiesti istruttorie dell’attuale ricorrente, conducono all’inevitabile risultati del rigetto del ricorso. Le spese, che, in ossequio al principio della soccombenza, vanno poste a carico del ricorrente, sono liquidate come di dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 6.100,00, di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 27 marzo 2007.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2007


A V V I S O IMPORTANTE !!!

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L’attività di formazione dell’Associazione – Anno 2007

Il «Progetto per la valorizzazione del Messo comunale» è una iniziativa dell’Associazione A.N.N.A. che ha come obbiettivo principale quello di riqualificare la figura ed il ruolo del Messo comunale attraverso la conoscenza dei principi fondamentali del Procedimento notificatorio.
L’Associazione attraverso tale iniziativa, che promuove su tutto il territorio nazionale, intende dare il proprio contributo affinché l’applicazione delle norme che regolano il Procedimento notificatorio sia la più uniforme possibile .
I Corsi di formazione di base, di carattere prevalentemente pratico, affrontano la materia delle notifiche attraverso l’analisi, lo sviluppo ed il coordinamento delle norme procedurali.
I docenti sono operatori di settore che, con una collaudata metodologia didattica, assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati.
Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A  condividendone così lo stile e la cultura.
  • 23 e 26 Febbraio     Polverigi (AN)
  • 23 Marzo                  Maserà di Padova (PD)
  • 17 Aprile                  Calatabiano (CT)
  • 20 Aprile                  Benevento
  • 27 Aprile                  Alessandria
  • 28 Settembre          Montecchio Emilia (RE)
  • 12 Ottobre               Maserà di Padova (PD)
  • 14 Dicembre           San Pietro in Casale (BO)

Cass. civ. Sez. III, (ud. 18-04-2007) 14-09-2007, n. 19218

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDUCCIA Gaetano – Presidente

Dott. MAZZA Fabio – Consigliere

Dott. TRIFONE Francesco – Est. Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere

Dott. LEVI Giulio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, difeso dall’avvocato LEPORE RAFFAELE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F., (eredi) M.M., elettivamente domiciliati in ROMA VIA F CORRIDONI 27 SC D INT 2, presso lo studio dell’avvocato CARLO VENDITTI, difesi dall’avvocato COLUCCI NICOLA, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 490/03 della Corte d’Appello di BARI, terza sezione civile, emessa il 22/01/03, depositata il 30/04/03, R.G. 1362/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/04/07 dal Consigliere Dott. Giulio LEVI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per la inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con citazione innanzi al pretore di Lucera del 24 settembre 1991 M. e M.F. convenivano in giudizio B.G., in proprio e nella sua qualità di presidente del Motoclub (OMISSIS), per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, che, a seguito dello svolgimento di una gara motociclistica fuori strada organizzata dal suddetto motoclub, i partecipanti avevano arrecato attraversando i terreni di loro proprietà, piuttosto che percorrere il circuito su strada sterrata.

Nel contraddittorio delle parti, il pretore rigettava la domanda e la sentenza, sull’appello dei soccombenti, era confermata dal tribunale della stessa città.

Questa Suprema Corte, sul ricorso di M. e M.F., con sentenza n. 749 del 2000, cassava la sentenza del tribunale con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari perché il gravame fosse deciso in applicazione del principio di diritto secondo cui rientra nell’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 2050 c.c., (responsabilità per l’esercizio di attività pericolose) l’organizzazione di una gara motociclistica su circuito aperto al pubblico.

Il giudizio di rinvio, svoltosi nella contumacia di B.G., era definito dalla Corte d’appello di Bari con la sentenza pubblicata il 30 aprile 2003, che, in accoglimento del gravame avverso la sentenza di primo grado, condannava l’appellato contumace al risarcimento dei danni ed alle spese del doppio grado del giudizio a favore degli appellanti.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.G., che ha affidato l’accoglimento dell’impugnazione ad unico motivo.

Hanno resistito con controricorso M.F. e, nella qualità di eredi di M.M., A.M., M.G. e Mo.Ma..

Motivi della decisione
Con l’unico motivo d’impugnazione – deducendo la nullità del procedimento del giudizio di rinvio per violazione delle norme di cui agli artt. 156 e 160 c.p.c., – il ricorrente denuncia di non avere mai avuto conoscenza della riassunzione del processo innanzi alla Corte d’appello di Bari, perchè, essendo stato il relativo atto notificato a persona diversa da quelle elencate nell’art. 139 c.p.c., ed in luogo diverso da quello del suo domicilio o della sua dimora, esso sarebbe nullo.

A tal fine, ha prodotto il certificato storico di residenza rilasciato dal Comune di Foggia, il certificato dell’attuale sua residenza in (OMISSIS) ed il certificato di matrimonio, intendendo con detta documentazione dimostrare che la persona, cui l’atto di riassunzione era stato consegnato e che l’ufficiale giudiziario aveva qualificato come moglie del destinatario, tale non era e che nel luogo ove la notificazione è avvenuta esso istante non era domiciliato né aveva la sua dimora.

I resistenti contrastano la censura e sostengono che la notificazione sarebbe stata effettuata validamente a mani di F.L., che, ancorché indicata come “moglie” del destinatario B., era, invece, la sua convivente nel comune domicilio di via (OMISSIS) in (OMISSIS).

Il motivo è fondato.

Dalla documentazione offerta dal ricorrente in questa sede e dalle stesse ammissioni delle parti resistente risulta che, alla data in cui è stata effettuata la riassunzione del processo innanzi al Giudice del rinvio, il luogo di domicilio o di dimora di B.G. non era alla via (OMISSIS) in (OMISSIS), ove l’atto medesimo risulta notificato mediante consegna a F.L., indicata come moglie del destinatario.

Ne consegue che la notificazione è nulla, sia perchè effettuata in luogo diverso da quello del domicilio di B.G.; sia perché l’atto è stato consegnato a soggetto che è persona diversa da un familiare ivi con lui convivente.

Al riguardo considera, anzitutto, questa Corte che, in tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli artt. 138 e 139 c.p.c., che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi, quindi nulla, salvo poi a risultare una tale nullità sanabile con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto d’impugnazione (ex plurimis Cass., n. 13625/2004; Cass., n. 9658/2000).

Occorre poi, considerare che fra le persone di famiglia (che, se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell’atto da notificare, sono abilitate a riceverlo, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2) possono comprendersi soltanto i componenti del nucleo familiare in senso stretto e gli altri parenti od affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, purchè la loro presenza in detta casa sia non occasionale (Cass., n. 9658/2000; Cass., n. 3858/92).

Di conseguenza, la notificazione effettuata a mani di persona che si assume essere il c.d. “coniuge di fatto” del destinatario (qualificatasi all’ufficiale giudiziario quale “moglie” del destinatario) e che sia avvenuta in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario abbia il domicilio o la dimora deve ritenersi nulla.

Nel caso in esame, la notificazione dell’atto di riassunzione del giudizio innanzi al giudice del rinvio effettuata a B.G. a mani di F.L. è nulla e, non essendo stata sanata, comporta, nella nullità del relativo procedimento, la nullità della sentenza impugnata, che deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bari in altra composizione.

Al Giudice del rinvio è rimessa anche la pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità (art. 385 c.p.c., comma 3).

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2007


Corte Suprema di Cassazione, Sez. III, n. 19218 del 14-09-2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDUCCIA Gaetano – Presidente

Dott. MAZZA Fabio – Consigliere

Dott. TRIFONE Francesco – Est. Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere

Dott. LEVI Giulio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI, difeso dall’avvocato LEPORE RAFFAELE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F., (eredi) M.M., elettivamente domiciliati in ROMA VIA F CORRIDONI 27 SC D INT 2, presso lo studio dell’avvocato CARLO VENDITTI, difesi dall’avvocato COLUCCI NICOLA, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 490/03 della Corte d’Appello di BARI, terza sezione civile, emessa il 22/01/03, depositata il 30/04/03, R.G. 1362/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/04/07 dal Consigliere Dott. Giulio LEVI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni, che ha concluso per la inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con citazione innanzi al pretore di Lucera del 24 settembre 1991 M. e M.F. convenivano in giudizio B.G., in proprio e nella sua qualità di presidente del Motoclub (OMISSIS), per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni, che, a seguito dello svolgimento di una gara motociclistica fuori strada organizzata dal suddetto motoclub, i partecipanti avevano arrecato attraversando i terreni di loro proprietà, piuttosto che percorrere il circuito su strada sterrata.

Nel contraddittorio delle parti, il pretore rigettava la domanda e la sentenza, sull’appello dei soccombenti, era confermata dal tribunale della stessa città.

Questa Suprema Corte, sul ricorso di M. e M.F., con sentenza n. 749 del 2000, cassava la sentenza del tribunale con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari perché il gravame fosse deciso in applicazione del principio di diritto secondo cui rientra nell’ambito di applicazione della norma di cui all’art. 2050 c.c., (responsabilità per l’esercizio di attività pericolose) l’organizzazione di una gara motociclistica su circuito aperto al pubblico.

Il giudizio di rinvio, svoltosi nella contumacia di B.G., era definito dalla Corte d’appello di Bari con la sentenza pubblicata il 30 aprile 2003, che, in accoglimento del gravame avverso la sentenza di primo grado, condannava l’appellato contumace al risarcimento dei danni ed alle spese del doppio grado del giudizio a favore degli appellanti.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.G., che ha affidato l’accoglimento dell’impugnazione ad unico motivo.

Hanno resistito con controricorso M.F. e, nella qualità di eredi di M.M., A.M., M.G. e Mo.Ma..

Motivi della decisione

Con l’unico motivo d’impugnazione – deducendo la nullità del procedimento del giudizio di rinvio per violazione delle norme di cui agli artt. 156 e 160 c.p.c., – il ricorrente denuncia di non avere mai avuto conoscenza della riassunzione del processo innanzi alla Corte d’appello di Bari, perché, essendo stato il relativo atto notificato a persona diversa da quelle elencate nell’art. 139 c.p.c., ed in luogo diverso da quello del suo domicilio o della sua dimora, esso sarebbe nullo.

A tal fine, ha prodotto il certificato storico di residenza rilasciato dal Comune di Foggia, il certificato dell’attuale sua residenza in (OMISSIS) ed il certificato di matrimonio, intendendo con detta documentazione dimostrare che la persona, cui l’atto di riassunzione era stato consegnato e che l’ufficiale giudiziario aveva qualificato come moglie del destinatario, tale non era e che nel luogo ove la notificazione è avvenuta esso istante non era domiciliato né aveva la sua dimora.

I resistenti contrastano la censura e sostengono che la notificazione sarebbe stata effettuata validamente a mani di F.L., che, ancorché indicata come “moglie” del destinatario B., era, invece, la sua convivente nel comune domicilio di via (OMISSIS) in (OMISSIS).

Il motivo è fondato.

Dalla documentazione offerta dal ricorrente in questa sede e dalle stesse ammissioni delle parti resistente risulta che, alla data in cui è stata effettuata la riassunzione del processo innanzi al Giudice del rinvio, il luogo di domicilio o di dimora di B.G. non era alla via (OMISSIS) in (OMISSIS), ove l’atto medesimo risulta notificato mediante consegna a F.L., indicata come moglie del destinatario.

Ne consegue che la notificazione è nulla, sia perché effettuata in luogo diverso da quello del domicilio di B.G.; sia perché l’atto è stato consegnato a soggetto che è persona diversa da un familiare ivi con lui convivente.

Al riguardo considera, anzitutto, questa Corte che, in tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli artt. 138 e 139 c.p.c., che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi, quindi nulla, salvo poi a risultare una tale nullità sanabile con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto d’impugnazione (ex plurimis Cass., n. 13625/2004; Cass., n. 9658/2000).

Occorre poi, considerare che fra le persone di famiglia (che, se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell’atto da notificare, sono abilitate a riceverlo, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2) possono comprendersi soltanto i componenti del nucleo familiare in senso stretto e gli altri parenti od affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, purché la loro presenza in detta casa sia non occasionale (Cass., n. 9658/2000; Cass., n. 3858/92).

Di conseguenza, la notificazione effettuata a mani di persona che si assume essere il c.d. “coniuge di fatto” del destinatario (qualificatasi all’ufficiale giudiziario quale “moglie” del destinatario) e che sia avvenuta in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario abbia il domicilio o la dimora deve ritenersi nulla.

Nel caso in esame, la notificazione dell’atto di riassunzione del giudizio innanzi al giudice del rinvio effettuata a B.G. a mani di F.L. è nulla e, non essendo stata sanata, comporta, nella nullità del relativo procedimento, la nullità della sentenza impugnata, che deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bari in altra composizione.

Al Giudice del rinvio è rimessa anche la pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità (art. 385 c.p.c., comma 3).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2007.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2007


Dal 1° settembre addio alle marche da bollo

E’ ormai imminente l’uscita dal commercio delle vecchie marche da bollo (fatta eccezione per i foglietti bollati e le marche da bollo per cambiali), che dovranno essere sostituite con i contrassegni emessi in via telematica. E’ quanto ha previsto il D.M. 25 maggio 2007, pubblicato nella G.U. 2/06/2007, n. 146.

Chi avesse ancora delle marche da bollo deve quindi provvedere ad utilizzarle entro venerdì 31 agosto, in quanto dal giorno successivo le stesse, oltre ad essere inutilizzabili, non daranno diritto a sostituzione o a rimborso del corrispondente importo in denaro.