Concorso in scadenza del Ministero dello sviluppo economico

Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica – 4ª serie speciale, concorsi ed esami n. 59 del 31 luglio 2020, è stato pubblicato un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di complessive settanta unità di personale non dirigenziale, a tempo pieno ed indeterminato, di cui sessanta di Area III, posizione retributiva F1, da inquadrare nei ruoli del Ministero dello sviluppo economico e dieci, di cui una riservata ai sensi dell’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, di categoria A, parametro retributivo F1, da inserire nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, per diversi profili professionali.

Ente che ha bandito il concorso: Commissione per l’attuazione del progetto Ripam
Scadenza di presentazione della domanda: 17 agosto 2020
Ambito: informatico/tecnico
Link al bando: https://www.gazzettaufficiale.it/atto/concorsi/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2020-07-31&atto.codiceRedazionale=20E08640

I posti a disposizione si suddividono secondo le seguenti modalità:
45 destinati al profilo di funzionario informatico/specialista di settore scientifico tecnologico (Codice CU/INFO) di cui trentacinque da inquadrare come funzionario informatico nell’Area III – F1 al Ministero dello sviluppo economico e dieci come specialista di settore scientifico tecnologico nella categoria A – parametro retributivo F1 nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri;
15 nel profilo di funzionario tecnico (Codice CU/ELET) con competenze in ambito elettronico, da inquadrare nell’Area III – F1 nei ruoli del Ministero dello sviluppo economico;
10 nel profilo di funzionario tecnico (Codice CU/TELE) con competenze in ambito di telecomunicazioni, da inquadrare nell’Area III – F1 nei ruoli del Ministero dello sviluppo economico.
Per poter validamente accedere alla procedura concorsuale, è obbligatorio essere in possesso di un diploma di laurea, di una laurea, di una laurea specialistica o di una laurea magistrale.
Coloro che intendono accedere al concorso devono presentare domanda in modalità telematica, utilizzando il modulo disponibile all’indirizzo «https//ripam.cloud», previa registrazione sullo stesso sistema.
Ai fini della partecipazione al concorso, è richiesto che il candidato sia in possesso di un indirizzo personale di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato.
Il candidato, inoltre, dovrà effettuare, a pena di esclusione dalla procedura, il versamento della quota di partecipazione di euro 10,00 (dieci/00 euro) secondo le modalità esattamente precisate nella procedura d’iscrizione.
I concorrenti dovranno sostenere una prova preselettiva, una prova scritta e una prova orale; la prova preselettiva sarà svolta solo nel caso in cui il numero dei candidati che abbiano presentato la domanda di partecipazione sia pari o superiore a due volte il numero dei posti messi a concorso.
Tutte le prove si svolgeranno presso sedi distaccate e solo tramite il supporto di strumentazione informatica.


Risarcimento a seguito di dequalificazione professionale

La Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui, nel merito, era stata accolta la domanda avanzata da una lavoratrice per accertare l’intervenuta dequalificazione professionale subita a seguito di illegittimo esercizio dello jus variandi da parte del datore di lavoro.

La dipendente, inquadrata nell’area funzionale operativa livello C del CCNL di settore e in possesso di conoscenze specifiche qualificate per lo svolgimento di attività amministrative, di coordinamento e di incarichi di responsabilità, aveva asserito di essere stata assegnata, nel periodo considerato, a posizione comportante mansioni manuali, di sistemazione e riordino di materiale, in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 2103 c.c.

La Corte di appello le aveva dato ragione, riconoscendole il diritto al risarcimento per il demansionamento subito.

Cassazione: tolleranza contingente non è acquiescenza al demansionamento 

La società datrice aveva adito i giudici di legittimità, lamentando che in sede di gravame era stato disatteso un punto decisivo della controversia, riguardante l’intervenuta acquiescenza della prestatrice nei confronti del provvedimento datoriale di nuova assegnazione. La ricorrente, in particolare, aveva sottolineato come fosse trascorso un lungo lasso di tempo – precisamente un anno e mezzo – prima che la lavoratrice avesse impugnato il provvedimento di riferimento.

Quando si configura l’acquiescenza tacita?

Doglianza, questa, ritenuta infondata dalla Sezione lavoro della Corte di cassazione che, con ordinanza n. 16594 del 3 agosto 2020, ha ribadito l’indirizzo interpretativo già affermato in materia di acquiescenza tacita nei confronti di un provvedimento, valevole sia in ambito amministrativo che in quello processuale civilistico.

L’acquiescenza tacita – si legge nella decisione – è configurabile solo in presenza di un comportamento che appaia inequivocabilmente incompatibile con la volontà del soggetto d’impugnare il provvedimento.

Non è sufficiente, a tal fine, un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti resi necessari od opportuni, nell’immediato, dall’esistenza del detto provvedimento.

Tali ultime condotte, infatti, non escludono l’eventuale coesistente intenzione dell’interessato di agire successivamente per eliminare gli effetti del provvedimento del datore.


Nessuna attenuante per chi fa timbrare il badge dai colleghi

Per la Cassazione, se la motivazione non è affetta da manifesta illogicità è corretto il mancato riconoscimento delle attenuanti ai furbetti del cartellino

La Suprema Corte di Cassazione sancisce che non si possono concedere le attenuanti generiche per il reato di truffa del cartellino se la motivazione della sentenza che le ha negate contiene al riguardo una motivazione logica e coerente, non affetta da manifesta illogicità.

Conclusioni a cui la Cassazione è giunta alla fine di una causa penale nel corso della quale la Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, che ha condannato i due imputati per i reati di cui agli articoli 110, 640 commi 1 e 2 c.p. e 55 quinquies del Dlgs n. 165/2001 per essersi procurati un ingiusto profitto, consistente nella retribuzione e accessori, in danno della P.A. in quanto:

  1. il primo soggetto coadiutore della Asl ha consegnato il proprio tesserino d’identificazione ad altri soggetti, per far risultare la propria presenza sul posto di lavoro quando invece lo stesso era altrove;
  2. il secondo, assistente amministrativo Asl per le stesse condotte.

I difensori dei due imputati ricorrono in Cassazione lamentando l’inutilizzabilità delle videoriprese e la mancata concessione ai due soggetti delle attenuanti generiche, con conseguente riduzione della pena al minimo edittale.

La Cassazione con la sentenza n. 22500/2020 dichiara i ricorsi inammissibili, chiarendo, per quanto riguarda il primo motivo di doglianza relativo all’inutilizzabilità delle videoriprese, che l’art 234. c.p.p., oltre agli scritti “permette l’acquisizione anche di ogni altra cosa idonea a rappresentare fatti, persone o cose attraverso la cinematografia, la fotografia, la fonografia e qualsiasi altro mezzo, senza la necessità di alcun decreto autorizzativo da parte del giudice per le indagini preliminari.” Come precisato poi in un caso precedente “le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale della inutilizzabilità.”

Generico per la Cassazione il motivo del ricorso sollevato dall’altro imputato, con cui ha contestato l’inutilizzabilità delle captazioni eseguite in procedimenti diversi da quelle in cui sono state disposte perché non ne ha indicato l’oggetto e non sono quindi chiari i rapporti esistenti tra gli stessi. Per quanto riguarda invece il secondo motivo di doglianza la Corte rileva che, poiché “la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto è insindacabile in cassazione, manifesta illogicità non sussiste nel caso in esame, alla luce della motivazione della Corte d’Appello.”


Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 15-10-2019) 03-08-2020, n. 16594

La Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui, nel merito, era stata accolta la domanda avanzata da una lavoratrice per accertare l’intervenuta dequalificazione professionale subita a seguito di illegittimo esercizio dello jus variandi da parte del datore di lavoro.

Leggi: Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 15-10-2019) 03-08-2020, n. 16594


Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-07-2020) 27-07-2020, n. 22500

Per la Cassazione, se la motivazione non è affetta da manifesta illogicità è corretto il mancato riconoscimento delle attenuanti ai furbetti del cartellino

Leggi: Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-07-2020) 27-07-2020, n. 22500 


Non esiste un termine perentorio per iniziare l’esecuzione forzata dopo il fermo amministrativo dei veicoli

Disposto il fermo amministrativo del veicolo, l’amministrazione finanziaria non è obbligata a procedere al pignoramento entro termini perentori. E questo perché non esistono disposizioni di legge né regolamenti che lo prevedono. Non rileva, in senso contrario, il principio di buona fede: il fermo dei veicoli, del resto, rappresenta proprio una misura afflittiva per indurre il debitore ad adempiere.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza 15349 del 17 luglio 2020 con cui ha accolto il ricorso di Riscossione Sicilia, rigettando definitivamente l’opposizione a fermo amministrativo esperita da un contribuente.

Secondo il Tribunale di Termini Imerese dalla normativa vigente (dm 503/1998 e art. 24 Cost.), dopo la notifica del fermo amministrativo l’autorità avrebbe l’obbligo di dar corso al pignoramento nei termini di legge.

L’articolo 3 del dl 203/05 non prevede in generale termini entro cui l’amministrazione deve procedere ad avviare l’esecuzione tramite il pignoramento.

D’altro canto, l’obiettivo del fermo amministrativo è proprio sottrarre la disponibilità del bene al debitore per indurlo all’adempimento nei confronti dell’erario (cfr. Cass. 15354/2015).

Inoltre non è compromesso neppure il diritto di difesa: il contribuente, dal canto, suo può sempre esperire i rimedi apprestati dall’ordinamento: infatti l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, sia se volta a contestare il diritto a procedere all’iscrizione del fermo, sia che riguardi la regolarità formale dell’atto, è un’azione di accertamento negativo a cui si applicano le regole del processo di cognizione ordinario, e come tale non assoggettata al termine decadenziale di cui all’art. 617 c.p.c. (cfr. Cass. 18041/2019).


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 17-09-2019) 20-07-2020, n. 15361

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14031-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.V.F., in proprio, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CUNFIDA 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA OLIVETI, rappresentato difeso dall’avvocato FRANCESCO DELLA VENTURA;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SERVIZI RISCOSSIONE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2466/2017 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 17/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 2466, depositata il 17 marzo 2017, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) – sezione staccata di Salerno – accolse l’appello proposto dall’avv. D.V.F. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dell’allora Equitalia Servizi di Riscossione S.p.A. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Salerno, che aveva invece rigettato il ricorso del contribuente proposto avverso preavviso di fermo amministrativo su autoveicolo di proprietà del contribuente.

Ai fini di quanto rileva nel presente giudizio occorre dar conto che, in riforma della pronuncia di primo grado, la CTR ritenne fondata la doglianza del contribuente, che si doleva dell’inesistenza della notifica del prodromico avviso di accertamento relativo ad IRPEF per l’anno d’imposta 2011, che aveva rettificato il reddito del contribuente da partecipazione all’associazione professionale “Studio legale D.V. & Associati”; ciò in ragione del fatto che la notifica in data 14 marzo 2014 dell’atto impositivo, avvenuta per mezzo di messo comunale, non poteva dirsi, per effetto dell’irreperibilità relativa del destinatario, perfezionatasi nelle forme dell’art. 140 c.p.c., essendo stata effettuata la spedizione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale tramite licenziatario privato, neppure, in ogni caso, potendo dirsi provata, secondo il giudice tributario d’appello, l’effettiva ricezione dell’atto da parte del destinatario.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

L’agente della riscossione, anch’esso intimato, non ha svolto difese.

La causa è trattata in pubblica udienza a seguito di ordinanza interlocutoria di rimessione resa dalla sesta sezione civile.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1994, art. 16, (recte 1992), dell’art. 140 c.p.c., e del D.Lgs. n. 261 del 1992, art. 4, (recte 1999), come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Osserva l’Agenzia delle Entrate che la sentenza impugnata, nel ritenere inesistente la notifica completata – peraltro ad iniziativa del messo comunale incaricato, una volta non rinvenuto il destinatario della notifica presso il domicilio indicato perchè temporaneamente assente, in mancanza delle altre persone abilitate a ricevere la consegna dell’atto – con spedizione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale tramite licenziatario privato – non ha tenuto conto degli effetti della liberalizzazione dei servizi postali realizzata, in attuazione delle Dir. dell’Unione Europea n. 97/67/CE, Dir. dell’Unione Europea n. 2002/39/CE, e Dir. dell’Unione Europea n. 2008/6/CE, con il D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58, entrato in vigore il 30 aprile 2011; risultando altresì errata, in ogni caso, la sentenza impugnata laddove, richiamando impropriamente in materia il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, aveva ritenuto non raggiunta la prova della regolare ricezione della raccomandata informativa, essendo incontroverso che la stessa era stata consegnata a tale C.E. rinvenuta dall’addetto alla consegna presso il domicilio del destinatario, dovendo quindi trovare applicazione in materia la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., non superata dalla prova contraria da parte del contribuente destinatario dell’atto di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, riguardo a tale ultimo profilo, anche omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, proprio con riferimento alla circostanza, comprovata dall’avviso di ricevimento della raccomandata già depositata agli atti del giudizio di merito, inerente la consegna, da parte dell’operatore privato ad essa addetto, a persona rinvenuta presso il domicilio del destinatario medesimo.

3. Il primo motivo è fondato e va accolto.

3.1. Giova in primo luogo porre in evidenza che la fattispecie attiene a notifica tramite posta privata di atto impositivo tributario. Si esula, quindi dalla diversa fattispecie di notifica per mezzo di posta privata di ricorso giurisdizionale, in entrambi i casi, alla Commissione tributaria provinciale, avverso atti dinanzi ad essa impugnabili del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, su cui, con ordinanze interlocutorie del 12 aprile 2019, n. 10276 e del 19 aprile 2019, n. 11016, la sezione tributaria ha demandato alle Sezioni Unite la risoluzione di questione di massima di particolare importanza sugli effetti della notifica, tramite posta privata, di atti giudiziari nell’arco temporale intercorrente tra la data di entrata in vigore del succitato D.Lgs. n. 58 del 2011, e l’entrata in vigore della L. 4 agosto 2017, n. 124, che, all’art. 1, comma 57, lett. b), ha espressamente abrogato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, con soppressione, pertanto, dell’attribuzione in esclusiva alla società Poste Italiane S.p.A., quale fornitore del servizio postale universale, dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ai sensi della L. n. 890 del 1982, nonchè dei servizi inerenti alle notificazioni delle violazioni al codice della strada ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201.

3.1.1. Ritiene pertanto la Corte che la controversia in esame possa essere decisa, nell’ambito di un sufficientemente chiaro quadro normativo e giurisprudenziale, del quale di seguito si cercherà di dare conto nelle sue linee essenziali, senza che vi siano elementi d’interferenza con la specifica questione demandata all’esame delle Sezioni Unite della Corte, in attesa della definizione di quest’ultima.

3.1.2. Va dato atto che, intervenuta nelle more del deposito della presente decisione la decisione delle SU di questa Suprema Corte (Cass. SU 10 gennaio 2020, n. 299), il principio di diritto ivi affermato secondo cui “In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla Dir. del Parlamento e del Consiglio 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di un atto giudiziario eseguito dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”, non è riferibile, infatti, per quanto già sopra osservato, alla fattispecie oggetto di esame nel presente giudizio che attiene alla notifica di atto sostanziale tributario a mezzo di licenziatario privato nel periodo intercorrente tra la prima, parziale, liberalizzazione operata a mezzo del citato D.Lgs. n. 58 del 2011, e quella infine compiutamente attuata con la summenzionata L. n. 124 del 2017.

3.1.3. Neppure ha quindi ricadute ai fini della decisione del presente giudizio, non già unicamente sotto il solo profilo consequenziale, il secondo principio di diritto affermato dalla succitata decisione delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “La sanatoria della nullità della notificazione di atto giudiziario, eseguita dall’operatore di poste private per raggiungimento dello scopo dovuto alla costituzione della controparte, non rileva ai fini della tempestività del ricorso, a fronte della mancanza di certezza legale dalla data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, perchè sprovvisto di titolo abilitativo”, ma anche in relazione al fatto che nella fattispecie in esame l’invio della raccomandata tramite operatore di posta privata è relativo alla sola fase della spedizione della raccomandata informativa in notifica effettuata tramite messo nelle forme dell’art. 140 c.p.c., a seguito d’irreperibilità relativa del destinatario.

3.2. Ciò premesso, va ricordato che il D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261, art. 4, entrato in vigore il 6 agosto 1999, nella sua formulazione originaria, stabiliva al comma 5, che “Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1” al fornitore del servizio universale, Poste Italiane, “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative”, intendendosi per tali “le procedure riguardanti l’attività della pubblica amministrazione e le gare di evidenza pubblica”.

La norma, dopo altre modifiche sulle quali non occorre soffermarsi, in quanto non incidenti sulla tematica in esame, fu quindi ancora modificata, con decorrenza dal 30 aprile 2011, dal D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58, art. 1, comma 4, per effetto del quale il succitato D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, concernente, come da rubrica, i “Servizi affidati in esclusiva” fu delineato nuovamente nei termini di seguito riportati:

1. Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in esclusiva al fornitore del servizio universale:

a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni;

b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201.

3.3. La L. 3 agosto 1999, n. 265, art. 10, entrata in vigore il 21 agosto 1999, aveva a sua volta modificato la L. n. 689 del 1981, art. 18, inserendovi al comma 6, in tema di notifica dell’ordinanza – ingiunzione di sanzione amministrativa, la previsione in virtù della quale “la notificazione dell’ordinanza ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto secondo le modalità di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890”, riguardante le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.

3.4. Anteriormente alla riforma del 2011, la giurisprudenza di legittimità si era consolidata nel senso che tra le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. n. 890 del 1982, dovessero essere annoverate le notificazioni a mezzo posta degli atti tributari sostanziali e processuali (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, 30 settembre 2016, n. 19467; Cass. sez. 6-5, ord. 19 dicembre 2014, n. 27021; Cass. sez. 6-5, ord. 23 marzo 2014, n. 5873; Cass. sez. 5, 17 febbraio 2011, n. 3932; Cass. sez. 5, 7 maggio 2008, n. 11095), riservate dunque in esclusiva a Poste Italiane S.p.A., osservandosi che “la consegna e la spedizione in raccomandazione che non siano state affidate al fornitore del servizio universale non sono assistite dalla funzione probatoria che il D.Lgs. n. 261 del 1999, ricollega alla nozione degli invii raccomandati” (così, testualmente, la citata Cass. ord. n. 27021/14, in senso conforme si vedano ancora Cass. sez. 1, 19 ottobre 2006, n. 22375, Cass. sez. 1, 21 settembre 2006, n. 20440).

3.4.1. Si riteneva, altresì, secondo la giurisprudenza delle sezioni civili, che l’incaricato di un servizio di posta privata fosse privo della qualità di pubblico ufficiale, a ciò conseguendo che agli atti da esso compiuti non può riconoscersi alcuna efficacia fidefaciente fino a querela di falso. Se ne traeva dunque la conseguenza che, nei casi nei quali la legge consente la notificazione di atti per il tramite del servizio postale con spedizione dell’atto in plico raccomandato con avviso di ricevimento, l’attestazione della data di consegna del plico da parte dell’incaricato di un servizio di posta privata non è idonea a porsi come termine iniziale per la proposizione della relativa impugnazione (cfr. Cass. sez. 6-1, 30 gennaio 2014, n. 2035), donde la ritenuta inesistenza della notifica degli atti tributari sostanziali e processuali spediti per il tramite di licenziatario privato.

3.4.2. Detta statuizione non teneva conto adeguato del fatto che, valorizzando il disposto del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 18, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, secondo cui “Le persone addette ai servizi postali, da chiunque gestiti, sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all’art. 358 c.p.”, la giurisprudenza penale di questa Corte si era già espressa nel senso di ritenere ammissibile la presentazione di atto d’impugnazione a mezzo di raccomandata spedita tramite servizio di recapito privato regolarmente autorizzato (in tal senso Cass. pen. 28 novembre 2013 – dep. 22.1.2014 – n. 2886, in relazione ad atto di appello spedito con raccomandata consegnata a licenziatario privato nel termine di legge, sebbene pervenuto in cancelleria dopo la scadenza del termine previsto ex lege per l’impugnazione; cfr. anche Cass. pen. 3 maggio 2017 – dep. 1.8.2017 – n. 38206).

3.4.3. Soprattutto deve osservarsi come la tesi dell’inesistenza della notifica a mezzo posta privata, riferita, oltre che agli atti processuali, anche a quelli sostanziali, si sia, invero, in maniera tralaticia ripetuta con riferimento ad entrambi anche a seguito dell’intervenuta modifica normativa del 2011.

3.5. In realtà, una più compiuta ricognizione delle relative fattispecie consente di verificare come esse, riguardanti notifiche tra la modifica normativa del 2011 e la definitiva liberalizzazione del 2017, quest’ultima operante solo per l’avvenire ed una volta definito il sistema di attribuzione delle relative licenze (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 11 ottobre 2017, n. 23887), avessero ad oggetto solo notifiche di atti processuali (così anche nella riaffermazione del principio, nel contesto peraltro di differente specifica problematica, da parte delle Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze n. 13452 e 13453 del 29 maggio 2017) e non anche di atti tributari sostanziali, per i quali si poneva dunque il problema, non affrontato ex professo dalle relative decisioni (si veda ad esempio, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 29 gennaio 2018, n. 2173), di verificare la compatibilità di quanto a suo tempo osservato (cfr. la già citata Cass. n. 11095 del 2008, in tema di notifica a mezzo di posta privata di atto impositivo), con riferimento alla dedotta inesistenza di tale forma di notifica nel mutato quadro normativo di riferimento.

3.6. Invero, il tenore letterale del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, quale sopra riportato, conseguente alla modifica operata dal D.Lgs. n. 58 del 2011, consente di affermare che, dalla data del 30 aprile 2011, della sua entrata in vigore, gli invii raccomandati riguardanti atti tributari diversi da quelli stricto sensu giudiziari possono essere stati oggetto di notifica anche tramite operatore postale privato in possesso dello specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 5, comma 1.

3.6.1. Nella concreta fattispecie in esame, peraltro, la certezza, da un lato, del rispetto del termine decadenziale per la notifica dell’atto impositivo è assicurata dall’essere stata la notifica dell’atto affidata a messo comunale, valendo quindi, ai fini della verifica della tempestività della notifica dell’atto impositivo, la data di consegna dell’atto a quest’ultimo da parte dell’ente impositore, essendo stata affidata la consegna a licenziatario privato della sola raccomandata informativa ai sensi dell’art. 140 c.p.c., vertendosi in ipotesi di irreperibilità relativa del destinatario; dall’altro potendo assumere rilievo la data di ricezione della notifica della raccomandata informativa ai fini della verifica della tempestività del ricorso, solo se la consegna sia anteriore al decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione, decorso il quale la notifica s’intende perfezionata ove il destinatario non ne abbia curato il ritiro.

3.7. La conclusione di cui sopra in tema di validità della notifica dell’atto impositivo, la cui notifica sia stata compiuta nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il D.Lgs. n. 58 del 2011, e quella portata a pieno compimento dalla L. n. 124 del 2017, mediante licenziatario di posta privata appare, in primo luogo, in linea con l’evoluzione interpretativa che ha ormai ritenuto configurabile l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali, come confermato, da ultimo, in subiecta materia, proprio dalla citata Cass. SU n. 299/2020; ma, soprattutto, essa appare consonante con il recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, Cass. SU 26 marzo 2019, n. 8416.

3.7.1. La citata pronuncia, riferita a notifica di ordinanza ingiunzione amministrativa, evidenzia come la succitata L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 6, nel riferirsi alla notifica dell’atto secondo le modalità di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, preveda solo una possibilità ulteriore rispetto alla notifica direttamente da parte dell’ente con invio raccomandato; non diversamente da quanto la stessa L. n. 890 del 1982, art. 14, nel testo modificato dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20, consente per la notifica degli avvisi che devono essere notificati al contribuente.

3.7.2. Ne consegue che il primo motivo di ricorso debba essere accolto, dovendo ritenersi l’atto tributario – nella fattispecie in esame l’avviso di accertamento prodromico che il contribuente assume non essergli stato notificato per inesistenza della relativa notifica tramite posta privata – come species del più ampio genus dell’atto amministrativo.

A solo titolo esemplificativo può al riguardo essere in questa sede ricordata la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo di motivazione dell’atto tributario nell’ambito del più generale obbligo di motivazione dell’atto amministrativo di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 3, con le relative conseguenze in tema di autosufficienza del ricorso per cassazione (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536), non rilevando invece, nella fattispecie in esame quale sopra descritta, la differenza peculiare dell’atto tributario in punto di rilievo della nullità, che non può avvenire se non attraverso l’impugnazione da parte del contribuente nel termine perentorio stabilito: cfr. Cass. sez. 5, 18 settembre 2015, n. 18448).

4. La sentenza impugnata, infatti, è illegittima, alla stregua delle considerazioni che precedono, sia nella parte in cui ha affermato l’inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento, sia laddove, in subordine, ne ha affermato la nullità, non avendo tenuto conto del fatto che la raccomandata informativa è stata in effetti consegnata al domicilio del contribuente a persona ivi rinvenuta, donde la fondatezza anche del secondo motivo di ricorso, avendo omesso la CTR di valutare se l’avere il contribuente dichiarato che la persona ivi rinvenuta sia a lui non conosciuta, nè con lui convivente, integrasse prova del non averne potuto acquisire notizia, senza sua colpa, ex art. 1335 c.c..

5. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno – che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania – sezione staccata di Salerno, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2020


Valida la notifica dell’atto di accertamento fiscale eseguita a mezzo dell’agente postale in assenza del destinatario

È valida la notifica dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate eseguito direttamente a mezzo del servizio postale  (legge n. 146/1998), anche se al momento della consegna del plico il destinatario non venga temporaneamente rinvenuto. In tale ipotesi, infatti, la notifica si ha per avvenuta decorsi dieci giorni dal deposito dell’avviso nella cassetta postale. In particolare, la Corte di Cassazione con ordinanza del 28/05/2020 N. 10131/5, afferma che, al  soggetto abilitato alla notificazione con modalità semplificata, ovvero senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, non si applica l’art. 8 della legge 890/1982 che prevede l’invio della seconda raccomandata informativa contenente l’avviso di giacenza.


Estinzione della Società e responsabilità dei soci

La cancellazione dal registro delle imprese, pur determinando l’estinzione dell’ente, non comporta la scomparsa dei debiti che la società aveva nei confronti dei terzi (Cass. sentenze n. 6070/13 e 6071/13). Di tali debiti rispondono i soci nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione o totalmente, se illimitatamente responsabili. Dunque, a norma dell’art. 2495 c.c. i creditori possono agire nei confronti dei soci dell’estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto gli stessi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, così come nei riguardi del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa. Nel caso di specie, la CTR lombarda dichiara la legittimità degli avvisi di accertamento emessi a fronte dell’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, data l’esistenza di plusvalenze frazionate ai sensi dell’art. 86 del D.P.R. 917/86. Ne consegue che, alla luce di una presunta distribuzione delle plusvalenze tra i soci, salvo prova contraria, l’estinzione della società ha comportato una loro responsabilità solidale nei confronti del debito contestato dall’Erario.

SENTENZA DEL 20/05/2020 N. 789/2 – COMM. TRIB. REG. PER LA LOMBARDIA

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con separati atti di impugnazione tempestivamente proposti l’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso le sentenze n. 2959/04/2018 e 2958/04/2018 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano di accoglimento dei ricorsi del contribuente, B. R., quale liquidatore della società estinta L. srl, volto ad ottenere l’annullamento degli avvisi di accertamento T9XXXXX/2016 e T9YYYYY/2016 con i quali erano stati accertati, per i periodi d’imposta 2010 e 2011, i redditi di impresa ed i valori della produzione, rispettivamente ai fini IRES ed IRAP, per entrambe le annualità, di € 46.714,00.

I procedimenti relativi sono stati preliminarmente riuniti per ragione di connessione oggettiva e soggettiva

Lamentava l’appellante che le sentenze impugnate avevano posto a fondamento delle pronunce soltanto l’inapplicabilità ai casi concreti delle disposizioni in materia di società estinte dettate dall’art. 28 c. 4 d. lgs. n. 175/14: ” …l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese”.

Non era stato preso in considerazione, invece, un altro profilo evidenziato dall’appellante nel giudizio di primo grado, e cioè il fatto che gli avvisi di accertamento erano stati notificati anche ai due soci della L. srl, B. R. (odierno appellato) e B. S., e che la cancellazione dal registro delle imprese, pur determinando l’estinzione dell’ente, non poteva (secondo Cass. Sez U. n. 6070/13 e 6071/13) provocare la scomparsa dei debiti che la società aveva nei confronti dei terzi. Tali debiti sono riferibili ai soci che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente se sono illimitatamente responsabili.

Il primo giudice aveva omesso, quindi, l’esame di un profilo giuridico decisivo, di per sé idoneo a rendere le sentenze impugnate meritevole di riforma

Infine, si eccepiva che a seguito della cancellazione la società si estingue e la legittimazione processuale si trasferisce ai soli soci, non al liquidatore, con la conseguenza che l’atto introduttivo del giudizio di primo grado era da ritenersi inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato (il liquidatore).

Si costituiva in giudizio il contribuente chiedendo, in via preliminare, declaratoria di inammissibilità, perché nel giudizio di appello erano stati proposti motivi nuovi non proposti

nel corso del giudizio di primo grado, ed in via principale la conferma delle sentenze appellate.

All’esito dell’odierna pubblica udienza ritiene la Commissione che l’appello dell’Ufficio debba essere accolto.

Va innanzitutto osservato che le questioni preliminari proposte dalle parti sono infondate.

E’ infondata quella dell’appellante, atteso che nel caso in esame la figura del socio (B. R., socio al 90%) e quella del liquidatore coincidono. Inoltre sia il socio sia il liquidatore possono essere chiamati a rispondere del loro operato ex art. 2495 c.c. e quindi hanno interesse e sono legittimati a proporre ricorso.

Anche la questione preliminare proposta dalla parte appellata deve essere disattesa.

Invero già nelle controdeduzioni depositate il 21.9.17 davanti alla Commissione Provinciale l’Ufficio rilevava che l’avviso di accertamento era stato notificato ad entrambi i soci e che la estinzione della società non poteva provocare la scomparsa dei debiti rimasti insoddisfatti.

Nessuna violazione degli artt. 57 del d. lgs. 546/92 e 345 c.p.c. è pertanto ravvisabile, nessuna domanda o eccezione nuova è stata proposta nel presente giudizio di appello.

Nel merito deve essere osservato come a norma dell’art. 2495 c.c. i creditori possono agire nei confronti dei soci della estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, e possono agire anche nei confronti del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da colpa di costui.

L’avviso di accertamento è stato esattamente notificato nel confronti del contribuente al proprio domicilio fiscale al fine di far valere la legittima pretesa dell’Amministrazione Finanziaria, che aveva contestato, per entrambe le annualità, l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, nonostante la presenza di una plusvalenza € 233.568,00 realizzate nel 2007 e frazionata nella misura di 1/5 ai sensi dell’art. 86 dpr 917/86 e pari per gli anni 2010 e 2011 ad € 46.714,00.

Nessuna difesa è stata apprestata dal contribuente sia in ordine alla omessa presentazione della dichiarazione sia in ordine alla realizzazione della plusvalenza.

L’estinzione della società ha comportato una comunione fra i soci di tale plusvalenza, e la presunzione di distribuzione, salvo prova contraria, che opera nelle società di capitali a ristretta base azionaria, ha determinato la responsabilità dei predetti soci in ordine al debito sorto nei confronti dell’erario e la legittimità degli avvisi di accertamento emessi per le annualità 2010 e 2011.

L’appello dell’Ufficio deve essere pertanto accolto ed affermata la legittimità degli avvisi di accertamento emessi.

Le spese, in considerazione della particolarità delle questioni trattate, possono essere compensate.

P.Q.M.

La Commissione

in riforma

delle impugnate sentenze accoglie l’appello dell’Ufficio.  Spese compensate.


Art. 1334. Efficacia degli atti unilaterali

Gli atti unilaterali [c.c. 1324, 1414] producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza [c.c. 1335] della persona alla quale sono destinati [c.c. 1324, 1335, 1724].


Scissione della notifica solo per atti processuali

Incorre nella maturazione del termine di decadenza l’avviso di accertamento pervenuto al destinatario oltre i termini di decadenza; la scissione degli effetti della notifica per il mittente e per il destinatario si applica solo per gli atti processuali e non per quelli sostanziali.

Lo ha stabilito la sezione 24 della Commissione tributaria regionale della Lombardia nella sentenza n.61/2020 (Presidente Liguoro, Relatore Sacchi) depositata in segreteria il 16 gennaio 2020.

Il caso tratta di una richiesta di pagamento di una tassa automobilistica per l’anno d’imposta 2013.

Nel ricorso introduttivo la ricorrente eccepiva la decadenza della pretesa, in quanto la notifica doveva essere perfezionata entro il 31 dicembre 2016; mentre l’atto, sia pure consegnato entro il 31 dicembre 2016 era stato recapitato alla parte il 2 febbraio 2017.

La Ctp di Milano, ritenendo decaduto il termine legittimo, accoglieva il ricorso con una decisione che veniva confermata in appello. La Commissione regionale ha ritenuto che gli atti sostanziali producano i loro effetti soltanto nel momento in cui pervengono all’indirizzo del destinatario, non rilevando la data di consegna all’ufficiale giudiziario o all’ufficio postale e non essendo ammessa alcuna applicazione in via interpretativa stante l’impedimento ex articolo 1334 del codice civile.

La decisione dei giudici regionali, fonda le sue motivazioni sulla sentenza della Corte di cassazione n. 24822/2015 Sezioni Unite.

Il collegio regionale rileva come, in questa stessa sentenza si sia stabilito che la scissione degli effetti della notifica per il mittente e per il destinatario si applichino soltanto per la notifica degli atti processuali e non per quella degli atti sostanziali (amministrativi). In effetti la citata sentenza della cassazione, trattando sui termini di notifica da considerare nei limiti di estensione del principio della diversa decorrenza per il mittente e per il destinatario, recita testualmente che «gli opposti esiti del bilanciamento derivano dalla opposta natura degli atti che vengono in rilievo: atti sostanziali e atti processuali.

Per gli atti negoziali unilaterali un diritto non può dirsi esercitato se l’atto non perviene a conoscenza del destinatario. Per gli atti processuali il diritto (processuale) è esercitato con la consegna dell’atto all’ufficio notificante. La ratio posta a base di queste opposte soluzioni (atti negoziali unilaterali e atti processuali) implica una fondamentale actio finium regundorum: la soluzione a favore del notificante vale nel solo caso in cui l’esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali. In ogni altro caso, e indipendentemente dalle scelte del soggetto che intende interrompere la prescrizione (l’ordinamento non può consentire che il pregiudizio per la parte destinataria, incolpevole, derivi dalle scelte arbitrarie e ad libitum della controparte), opera la soluzione opposta».


La sospensione non si applica ai tributi locali

La sospensione dell’attività di accertamento, che ha l’effetto di impedire la notifica degli atti impositivi fino alla fine dell’anno in corso, non si applica ai tributi locali, ma solo ai tributi erariali.

Enti locali e concessionari, infatti, possono notificare gli avvisi di accertamento esecutivi. Dall’8 marzo al 31 maggio sono stati bloccati solo i termini di prescrizione e decadenza delle attività di accertamento e riscossione. I termini vengono spostati più avanti per tutto il periodo di sospensione. La sospensione fino al prossimo 31 agosto si applica solo ai versamenti, alle azioni esecutive e cautelari. Lo ha chiarito l’Ifel (l’Istituto di finanza locale dell’Anci), con una nota del 22 giugno 2020.

L’Ifel prende posizione su una questione piuttosto dibattuta e che ha generato incertezze interpretative. In particolare, sull’applicabilità dell’articolo 157 del dl «Rilancio» (34/2020), che ha posto un freno per l’anno in corso alla notifica degli atti impositivi. Per l’Istituto, che condivide la tesi espressa dal dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia, con la risoluzione 6 del 15 giugno 2020, «dal 1° giugno i comuni possono riprendere la notifica degli atti di accertamento, con riferimento a tutte le annualità accertabili». «Invero, dalla semplice lettura del testo si desume che l’art. 157 non è applicabile ai tributi comunali, sia perché gli enti impositori locali non sono mai citati espressamente, sia perché per l’attuazione della disposizione, i commi 5 e 6 dettano indicazioni solo con riferimento all’Agenzia delle entrate. Inoltre, tutte le tipologie di atti indicati nei commi 2 e 3 sono esclusivamente riferibili alle attività proprie delle Agenzie fiscali».

Per il Ministero, l’articolo 67 del dl «Cura Italia» (18/2020) ha previsto la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso degli enti impositori, compresi gli enti locali. Tuttavia, la norma non ha sospeso l’attività degli enti impositori, poiché prevede esclusivamente la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il periodo sopra indicato. L’effetto della disposizione in commento, pertanto, «è quello di spostare in avanti il decorso dei suddetti termini per la stessa durata della sospensione», che è stata di 85 giorni. Aggiunge l’Ifel, con la nota de qua, che «la disposizione funge da salvaguardia di tutti gli enti impositori, impedendo ope legis il verificarsi di decadenze che, per ragioni derivanti dalla emergenza epidemiologica, in molti casi non avrebbero potuto essere rispettate». Quindi, «i termini non scadono più al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione, ma 85 giorni dopo». È evidente che per le annualità d’imposta da accertare (2015-2019) gli atti potranno essere notificati aggiungendo gli 85 giorni del periodo di sospensione al termine ordinario. Per esempio, entro il 26 marzo 2021, 2022 o 2023, rispettivamente, per gli anni d’imposta 2015, 2016 e 2017.

L’articolo 68 dello stesso decreto «Cura Italia», invece, ha disposto la sospensione dei termini dei pagamenti, scadenti nel periodo che va dall’8 marzo al 31 agosto 2020, dovuti in seguito alla notifica di cartelle, ingiunzioni e accertamenti. A questi ultimi atti, però, la sospensione si applica solo dopo che gli stessi siano divenuti esecutivi. Secondo l’Ifel, gli enti locali e i soggetti affidatari non possono attivare, medio tempore, procedure di recupero coattivo né adottare misure cautelari. Per il contribuente è prevista la sospensione dei versamenti fino al prossimo 31 agosto.


Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 05-12-2019) 17-07-2020, n. 15349

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29124-2014 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. (già SERIT SICILIA S.P.A.), Agente della Riscossione per la Provincia di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;

– ricorrente –

nonché contro

P.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 415/2014 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE, depositata il 28/04/2014, R.G.N. 50595/2011.

Svolgimento del processo

CHE:

  1. Il Tribunale di Termini Imerese ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Polizzi Generosa che, su ricorso di P.S. notificato nel settembre 2010, ha annullato con effetto dalla data di pubblicazione della sentenza il preavviso di fermo amministrativo notificatogli nel luglio 2007, ritenendo che dal D.L. n 203 del 2005, art. 2 (rectius 3), comma 41, e il D.M. n. 503 del 1998, artt. 3 e 5, dall’obbligo di condursi secondo buona fede e dall’art. 24 Cost., si possa ricavare il principio per cui, dopo avere disposto il fermo, l’autorità ha l’obbligo di dar corso al pignoramento nei termini di legge;
  2. il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
  3. con l’unico motivo di ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, Riscossione Sicilia s.p.a. censura la sentenza del Tribunale di Termini Imerese per violazione del D.L. n. 203 del 2005, art. 2 (rectius 3), comma 41, D.M. n. 503 del 1998, art. 35, art. 12 disp. prel., cui non ha resistito P.S..

Motivi della decisione

CHE:

  1. il ricorso è da accogliere;
  2. D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, dispone, nella versione vigente ratione temporis: “I. Decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50, comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza. 2. Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede. 3. Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione prevista dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 214, comma 8.
  3. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”;
  4. D.L. n. 203 del 2005, art. 3, ha disposto, poi, che “D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 86, si interpreta nel senso che, fino all’emanazione del decreto previsto dal comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503”;
  5. tale ultimo decreto non prevede, in generale, termini entro i quali procedere all’esecuzione;
  6. non esistono, dunque, disposizioni di legge o di decreto ministeriale che impongano di procedere all’esecuzione forzata entro termini perentori dal fermo;
  7. il fermo, d’altro canto, è comunemente ritenuto una misura afflittiva, volta proprio a indurre il debitore all’adempimento sottraendogli la disponibilità del bene (v., fra le altre, Cass. n. 15354 del 2015);

10.nè possono rilevare, in contrario, il principio di buona fede e l’art. 24 Cost., richiamati in sentenza;

  1. da un canto, “l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, sia se volta a contestare il diritto a procedere all’iscrizione del fermo, sia che riguardi la regolarità formale dell’atto, è un’azione di accertamento negativo a cui si applicano le regole del processo di cognizione ordinario, e come tale non assoggettata al termine decadenziale di cui all’art. 617 c.p.c.” (v., fra le altre, Cass. n. 18041 del 2019), così che il contribuente che si ritenga leso nei suoi diritti può sempre agire per sentir dichiarare illegittimo il fermo e toglierlo di mezzo, senza essere tenuto a sopportarne, sine die, gli effetti;
  2. dall’altro, il fermo ammnistrativo ha proprio la funzione di “spingere il cittadino all’adempimento”, ferma la possibilità di esperire i rimedi di legge per farne valere l’illegittimità;
  3. in conclusione la sentenza va cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, l’opposizione avverso il fermo amministrativo va rigettata;
  4. Le spese del giudizio di merito e di legittimità si liquidano come in dispositivo e seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a fermo amministrativo; condanna la parte intimata al pagamento delle spese liquidate, per compensi professionali, in Euro 600,00 per il giudizio di primo grado, Euro 800,00 per il giudizio di secondo grado, Euro 1.500,00 per il giudizio di legittimità, oltre Euro 200,00 per esborsi e quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020


DECRETO-LEGGE 16 luglio 2020, n. 76 Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale

DECRETO-LEGGE 16 luglio 2020, n. 76

Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale.

(GU n.178 del 16-7-2020 – Suppl. Ordinario n. 24)

Vigente al: 17-7-2020

Leggi: DECRETO-LEGGE 16 luglio 2020, n. 76 Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale


Decreto semplificazioni 2020, il testo definitivo in Gazzetta ufficiale

Il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il decreto semplificazioni che è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, ed entra in vigore dal 17 luglio 2020, 10 giorni dopo essere stato varato dal Consiglio dei ministri. Un elenco di 130 opere strategiche finora bloccate che potranno iniziare a correre grazie al piano “Italia Veloce”, ma anche misure per snellire le procedure burocratiche dei cantieri pubblici e interventi per la digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Il testo del decreto semplificazioni rappresenta il primo capitolo delle riforme che il governo ha in cantiere dal 2020 in poi per il rilancio dell’Italia dopo l’emergenza Covid. Obiettivo: snellire le procedure amministrative per gli appalti e rendere più facile per i cittadini l’accesso ai servizi dell’amministrazione pubblica.

Cosa cambia per appalti e lavori pubblici

Per quanto riguarda le opere pubbliche, il decreto semplificazioni 2020 prevede l’affidamento diretto per cantieri da meno di 150 mila euro. Non saranno necessari i bandi di gara anche per gli interventi tra 150 mila e 5,3 milioni di euro, in questo caso ci sarà una procedura negoziata tra un numero ristretto di società.

Si stringono i tempi delle procedure: la ditta incaricata dei lavori dovrà essere individuata entro due mesi al massimo, che salgono a 4 in casi specifici, e a 6 se si parla di grandi opere. A chi farà ritardare la stipula dei contratti con le aziende potrà essere contestato il danno erariale. C’è anche la riforma del reato di abuso di ufficio.

Il testo del decreto semplificazioni 2020 e l’elenco delle 130 opere strategiche

Per quanto riguarda le 130 opere strategiche che saranno sbloccate fin da questo 2020, l’elenco definitivo non è stato allegato al testo del decreto semplificazioni, ma sarà inserito nel programma nazionale di riforma, un documento con le linee guida dell’azione di governo, all’interno del piano di investimenti denominato “Italia Veloce” messo a punto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Nella lista dei grandi lavori figurano opere come il nodo di Genova, il raddoppio della linea ferroviaria Pontremolese, il Terzo Valico di Giovi per collegare velocemente in treno Genova e Novi Ligure, la Palermo-Catania-Messina, la Salerno-Reggio Calabria, l’autostrada Tirrenica e la Due Mari. In una trentina di casi arriveranno anche dei commissari a seguire i lavori più complessi.

Autocertificazione via app e servizi digitali della pubblica amministrazione

Novità in vista anche per i cittadini, che si rivolgono agli uffici della pubblica amministrazione. Il testo del decreto semplificazioni prevede l’accesso a tutti i servizi digitali pubblici grazie al codice Spid, alla Carta di identità elettronica oppure tramite l’app per smartphone IO, già usata di recente per il bonus vacanze. Vedi art. 28.

Inoltre verrà creata una piattaforma unica di notifica digitale di tutti gli atti della pubblica amministrazione e via PEC degli atti giudiziari, sarà semplificata la procedura della firma elettronica avanzata, rafforzata l’integrazione tra le banche dati pubbliche in modo che i cittadini non debbano comunicare ogni volta le stesse informazioni. Semplificazione poi per i lavori per la banda larga, ridisegnate infine le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA).