Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 20/01/2022) 15/03/2022, n. 8362

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 27819/2016 R.G., proposto da:

R.M.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Giacomo Mezzena, con studio in Milano, elettivamente domiciliato presso l’Avv. Francesco Cristiani, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, autorizzato a resistere nel presente procedimento con Delib. adottata dalla Giunta Municipale il 10 febbraio 2017, n. 152, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonello Mandarano, dall’Avv. Ruggero Meroni e dall’Avv. Anna Tavano, tutti con studio in Milano, nonchè dall’Avv. Giuseppe Lepore, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

e la “EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A.”, con sede in (OMISSIS), in persona del procuratore speciale pro tempore, nella qualità di incorporante la “EQUITALIA NORD S.p.A.”, con sede in Milano, giusta procura speciale a mezzo di rogito redatto dal Notaio D.L.M. da Roma (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Romano, con studio in (OMISSIS), e dall’Avv. Lidia Ciabattini, con studio in (OMISSIS), ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano il 26 aprile 2016 n. 2478/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 gennaio 2022 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo;

udito, per il Comune di Milano, l’Avv. Maria Romana Ciliutti, per delega dell’Avv. Giuseppe Lepore, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. De Matteis Stanislao, che ha chiesto il rigetto.

Svolgimento del processo
R.M.G. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano il 26 aprile 2016 n. 2478/11/2016, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cinque cartelle di pagamento per l’ICI relativa a plurime annualità, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Milano e della “EQUITALIA NORD S.p.A.” avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano l’11 marzo 2015 n. 2413/47/2015, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure in ragione dell’infondatezza delle eccezioni preliminari di decadenza e prescrizione della pretesa impositiva, della rituale notificazione delle cartelle di pagamento e della tempestiva formazione del ruolo esattoriale. Il ricorso è affidato a cinque motivi. Il Comune di Milano e la “EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.p.A.” (medio tempore incorporante la “EQUITALIA NORD S.p.A.”) si sono costituiti con controricorso. Con conclusioni scritte, il P.M. ha chiesto il rigetto del ricorso. Il Comune di Milano ha depositato memoria.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare, la necessità della notificazione all’estero sulla base della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1998 sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale, l’inesistenza della notificazione, nonchè la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 1, 6 e 10 in relazione (verosimilmente) all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto che le notificazioni delle cartelle di pagamento fossero state regolari.

2. Con il secondo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione (verosimilmente) all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver esaminato l’eccezione del contribuente in ordine al difetto di legittimazione dell’agente della riscossione alla notificazione delle cartelle di pagamento.

3. Con il terzo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione (verosimilmente) all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver rilevato la decadenza della pretesa impositiva per inosservanza del termine di iscrizione a ruolo da parte dell’agente della riscossione.

4. Con il quarto motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione (verosimilmente) all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver rilevato la prescrizione della pretesa impositiva.

5. Con il quinto motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., nonchè delle tariffe (recte: dei parametri) professionali, in relazione (verosimilmente) all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver condannato il contribuente alla rifusione delle spese giudiziali senza alcuna motivazione in ordine alle ragioni di tale statuizione e in ordine ai parametri tabellari per la determinazione dei compensi professionali.

6. Il primo motivo è inammissibile.

6.1 A ben vedere, il mezzo è carente di autosufficienza.

Invero, il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (tra le altre: Cass., Sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., Sez. 6-1, 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. 5, 30 dicembre 2019, n. 34593; Cass., Sez. 6-5, 15 dicembre 2020, n. 28537; Cass., Sez. 5, 21 luglio 2021, n. 20974; Cass., Sez. 5, 28 settembre 2021, n. 26220).

6.2 Peraltro, in tema di ricorso per cassazione, ove sia denunciato il vizio di una relata di notifica, con riguardo sia ad atti processuali che ad atti procedimentali, il principio di autosufficienza del ricorso esige la trascrizione integrale di quest’ultima, che, se omessa, determina l’inammissibilità del motivo (Cass., Sez. 5, 28 febbraio 2017, n. 5185; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2018, n. 31038; Cass., Sez. 5, 16 marzo 2021, n. 7173; Cass., Sez. 6-5, 12 maggio 2021, n. 12518; Cass., Sez. 5, 15 luglio 2021, n. 20152; Cass., Sez. 6-5, 22 ottobre 2021, n. 29568; Cass., Sez. 5, 29 ottobre 2021, n. 30971).

Per accertare la sussistenza o meno della dedotta violazione, quindi, non basta un generico richiamo ai documenti relativi alla notifica, ma per il principio dell’autosufficienza è necessaria la sua integrale trascrizione, onde consentire al giudice il preventivo esame della rilevanza del vizio denunziato (Cass., Sez. 6-5, 22 ottobre 2021, n. 29568).

6.3 Nella specie, il ricorrente non ha riprodotto, nè allegato, nè richiamato le relate di notifica delle cartelle di pagamento, per cui ne è preclusa al collegio la verifica della relativa regolarità.

7. Il secondo motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

7.1 Invero, il mezzo lamenta l’omesso scrutinio di una questione (segnatamente, la legittimazione dell’agente della riscossione alla notifica delle cartelle di pagamento a mezzo del servizio postale), che non risulta essere stata dedotta dal contribuente in sede di impugnazione delle cartelle di pagamento nè essere stata proposta tra i motivi di appello della decisione di prime cure.

7.2 Per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito nè rilevabili d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 2, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6-5, 23 marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6A-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2, 21 dicembre 2021, n. 40984).

7.3 In disparte la novità della questione, ad ogni modo, la censura deve essere disattesa.

Difatti, è pacifico che, in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, seconda parte, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati (tra le tante: Cass., Sez. 6-5, 11 febbraio 2016, n. 2790; Cass. Sez. 5, 23 novembre 2017, n. 28000; Cass., Sez. 5, 25 maggio 2018, n. 13124; Cass., Sez. 6-2, 17 gennaio 2019, n. 1243; Cass., Sez. 5, 21 febbraio 2020, n. 4671; Cass., Sez. 6-5, 30 settembre 2020, n. 20700).

8. Parimenti, il terzo motivo ed il quarto motivo – la cui stretta ed intima connessione suggeriscono l’esame congiunto per la comune attinenza a questioni preliminari sull’an debeatur sono inammissibili.

8.1 Le doglianze attengono all’omesso rilievo della decadenza e della prescrizione della pretesa impositiva per inesistenza della notifica degli avvisi di accertamento e per inosservanza del termine di iscrizione a ruolo da parte dell’agente della riscossione.

8.2 Tuttavia, secondo l’accertamento fattone dal giudice di appello, a conferma della decisione di prime cure, l’ente impositore aveva “dato prova in relazione a tutte le annualità in contestazione della correttezza del procedimento notificatorio adottato per gli avvisi di accertamento e della formazione del ruolo entro il biennio successivo a ciascuna notifica”, con la conclusione che “ciò vale a confutare sia l’eccezione di prescrizione che (l’eccezione) di decadenza della pretesa tributaria”.

Per cui, il mezzo finisce col risolversi – anche per le considerazioni sulla presunta irritualità della documentazione prodotta dall’ente impositore – nella pretesa di un inammissibile riesame dei fatti accertati dalla sentenza impugnata (tra le tante: Cass., Sez. 6A-5, 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., Sez. 5, 31 maggio 2018, n. 13885; Cass., Sez. 6-5, 13 dicembre 2019, n. 32835; Cass., Sez. 6-5, 13 novembre 2020, n. 25707, 25708 e 25713; Cass., Sez. 5, 11 novembre 2021, n. 33300; Cass., Sez. 5, 21 dicembre 2021, n. 40932).

9. Da ultimo, il quinto motivo è infondato.

9.1 Il parametro normativo di riferimento deve essere più propriamente individuato nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15 che detta una specifica disciplina (ancorchè sulla falsariga dell’art. 91 c.p.c.) per la regolamentazione delle spese nel processo tributario.

9.2 Ciò posto, in tema di disciplina delle spese processuali, la soccombenza costituisce un’applicazione del principio di causalità, in virtù del quale non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (in quanto trasgressivo di norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo; essa prescinde, pertanto, dalle ragioni – di merito o processuali – che l’abbiano determinata e dal fatto che il rigetto della domanda della parte dichiarata soccombente sia dipeso dall’avere il giudice esercitato i suoi poteri officiosi (da ultima: Cass., Sez. 1, 29 luglio 2021, n. 21823).

9.3 Nella specie, pertanto, il giudice di appello si è uniformato alle prescrizioni del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 1, (nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. f, n. 1, con decorrenza dall’I gennaio 2016), il quale collegava in modo automatico la condanna alla rifusione delle spese giudiziali alla soccombenza di una parte rispetto all’altra parte e consentiva la compensazione (totale o parziale) delle spese giudiziali soltanto nei casi previsti dall’art. 92 c.p.c., comma 2, (quivi non ricorrenti).

10. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi, rispettivamente, l’inammissibilità e/o l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

11. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

12. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore dei controricorrenti, liquidandole, rispettivamente, per l’ente impositore, nella misura di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge, e, per l’agente della riscossione, nella misura di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 4.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2022


Circolare 1/2022 – Notifica ex art. 140 c.p.c. la cui raccomandata A.R. non è andata a buon fine

In merito alla mancata notifica di un atto di accertamento per mancato perfezionamento della procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., quando il postino attesta la irreperibilità assoluta del destinatario (risulta essere barrata la casella TRASFERITO IRREPERIBILE O SCONOSCIUTO) della raccomandata informativa, si è predisposta la seguente lettera di risposta all’Ente che ha richiesto la notifica e che richiede la rinotifica.

Scarica: Circolare 2022-001 Notifica ex art. 140 c.p.c. la cui raccomandata A.R. non è andata a buon fine


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 03/03/2022) 09/03/2022, n. 7746

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 15023 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

La Bussola s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.to Alessandra Stasi e dall’Avv.to Luigi Marsico, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo difensore, in Roma, Viale Regina Margherita n. 262;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, n. 2579/26/2014, depositata il 15 dicembre 2014;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26 novembre 2021 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.

Svolgimento del processo
che:

– con sentenza n. 2579/26/2014, depositata il 15 dicembre 2014, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, accoglieva l’appello principale proposto (limitatamente alla disposta compensazione delle spese di lite) dalla società La Bussola s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore (con assorbimento di quello incidentale dell’Ufficio) avverso la sentenza n. 317/05/2014 della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) recante l’iscrizione a ruolo per la somma di Euro 90.841,73;

– in punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) andava confermata la legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di impugnazione della cartella per denunciata omessa/nullità notificazione della stessa trattandosi di un “vizio procedurale” che ridondava sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria; 2) l’impugnazione era stata correttamente proposta avverso la cartella di pagamento, atto impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non già avverso un atto denominato “estratto di ruolo”, senza che vi fosse alcun obbligo di deposito della cartella unitamente al ricorso (prevedendo il medesimo decreto, art. 22, soltanto la “facoltà” per il ricorrente di depositare l’atto impugnato nel caso in cui lo stesso risulti notificato); 3) premesso che era onere dell’Agenzia che aveva eccepito la tardività del ricorso provare il dies a quo di decorrenza del termine decadenziale (il 15 febbraio 2010, quale data di asserita notifica della cartella), la medesima aveva depositato con l’atto di appello la fotocopia di una relata di notifica inutilizzabile ai fini probatori, avendo la contribuente eccepito la mancata conformità della stessa all’originale e non essendo stato depositato in giudizio l’originale; 4) essendo, comunque, risultato dall’esame della relata la notificazione a mani di un soggetto qualificato dall’agente postale come “dipendente” di altra società proprietaria dei locali dove la contribuente aveva semplicemente la sua sede legale, era mancata la spedizione della “raccomandata informativa” necessaria ai fini del perfezionamento della notifica a mani di soggetto diverso dal destinatario ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 lett. b-bis;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui resiste la società contribuente, con controricorso;

– la società contribuente ha depositato istanza di sospensione del processo, avendo aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito dalla L. n. 136 del 2018, nonchè relativa documentazione (copia della domanda di definizione agevolata e modello F24 del versamento della prima rata);

– l’Agenzia delle entrate ha depositato il 14.12.2020 istanza di fissazione di udienza a seguito di diniego di condono (D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11: rectius del D.L. n. 119 del 2018, art. 6), con atto prot. (OMISSIS) asseritamente notificato al contribuente il 28/4/2020 per la definizione della lite presentata del D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6;

– la contribuente ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c., chiedendo l’estinzione del processo ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, avendo presentato regolare istanza per la definizione della controversia, provvedendo a pagare la prima rata di quanto dovuto, e non avendo l’Agenzia delle entrate mai notificato alla società alcun diniego della definizione entro il 31 luglio 2020 nè successivamente nè avendo alcuna delle parti presentato entro il 31 dicembre 2020 istanza di trattazione della sospesa controversia;

– il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Motivi della decisione
che:

– va preliminarmente va disattesa l’istanza di estinzione del giudizio formulata dalla contribuente nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., in quanto il diniego di condono D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, (prot. (OMISSIS)) è stato notificato – come da documentazione prodotta in giudizio – il 28/4/2020 alla società all’indirizzo di posta elettronica “(OMISSIS)”, nel termine del 31 dicembre 2020 e nel rispetto delle modalità previste per la notificazione degli atti processuali di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16, 16-bis e 17, (sul punto, v. anche Circolare dell’Agenzia delle entrate del 1 aprile 2019 n. 6/E) e non è stato da quest’ultima impugnato. Invero, ai sensi dell’art. 6 cit., del comma 12, “L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia”. Non essendo stato il diniego di condono – tempestivamente notificato alla contribuente – impugnato da quest’ultima, sussistendo l’interesse dell’Agenzia, occorre procedere, pertanto, al vaglio dei motivi di censura formulati nel presente procedimento;

– con il primo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, e art. 21, per avere la CTR avere ritenuto il ricorso introduttivo legittimamente proposto avverso la cartella di pagamento asseritamente non notificata, ancorchè, nella specie, il ricorso fosse stato sostanzialmente proposto avverso l’estratto di ruolo non notificato, quale atto non autonomamente impugnabile e, comunque, anche a volerlo considerare proposto avverso la cartella di pagamento che si assumeva non notificata (della quale la contribuente sarebbe venuta a conoscenza a seguito di “ispezione presso l’agente della riscossione”), l’impugnazione dell’atto asseritamente non notificato fosse consentita esclusivamente – nei termini di cui all’art. 21 cit., – attraverso l’impugnazione dell’atto immediatamente successivo (nella specie, l’atto di intimazione di pagamento), qualificato come atto impugnabile e notificato alla contribuente;

– con il secondo motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, per avere la CTR ritenuto l’Agenzia delle entrate (ente impositore) legittimata passiva nel giudizio di impugnazione della cartella per omessa notifica della stessa, ancorchè si trattasse di vizi, attinenti alla formazione della cartella, ascrivibili ad altro soggetto (Agente della riscossione);

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, per avere la CTR ritenuto irrilevante ai fini dell’ammissibilità del ricorso la mancata allegazione al fascicolo processuale della copia dell’atto impositivo ancorchè tale adempimento fosse funzionale alla verifica giudiziale non solo della natura e portata della pretesa erariale ma anche della tempestività del ricorso medesimo;

– con il quarto motivo, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26, e artt. 2712, 2714 c.c., per avere la CTR ritenuto che l’Ufficio non avesse dimostrato l’avvenuta notifica della cartella in data 15 febbraio 2010 – con conseguente tempestività del ricorso – in quanto la prodotta copia fotostatica della relata era inutilizzabile ancorchè incombesse sulla controparte l’onere di contestarne specificamente la conformità all’originale, con obbligo, in tal caso, del giudice di disporre la produzione in giudizio del documento;

– con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, per avere la CTR ritenuto non perfezionatasi la notifica della cartella essendo stata fatta ad un soggetto diverso dal legale rappresentante della società contribuente senza trasmissione della successiva raccomandata, ancorchè, nella specie, la notifica della cartella risultasse avvenuta presso la sede di quest’ultima a mani di persona qualificatasi “addetta al ritiro” e, pertanto, salvo prova contraria – nella specie non assolta – presumibilmente addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica;

– con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere la CTR ritenuto applicabile l’art. 60 cit., ancorchè il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, richiamasse tale disposizione, ai fini del corretto svolgimento delle attività di notifica, soltanto nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., (irreperibilità relativa), mentre, nella specie, la notifica era stata effettuata ai sensi dell’art. 145 c.p.c., (trattandosi di persona giuridica) senza necessità di indicazione della persona fisica-legale rappresentante dell’ente;

– con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 21, per avere la CTR ritenuto tempestivo il ricorso (proposto in data 6.4.11) ancorchè fosse decorso il termine per l’impugnativa stante la rituale notifica della cartella in data 15 febbraio 2010 presso la sede legale della società contribuente;

– assume carattere pregiudiziale l’esame del secondo motivo investendo la contestata legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate in giudizio – che è infondato;

– è oramai consolidato l’orientamento, inaugurato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 16412 del 25/07/2007, secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, il quale, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, ha l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile un litisconsorzio necessario (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 63063301; Sez. 5, Sentenza n. 8370 del 24/04/2015, Rv. 635173- 01; Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101-01; Sez. 5, Sentenza n. 8295 del 04/05/2018). Il concessionario, dunque, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, è parte quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, nel caso – cioè – di vizi propri della cartella di pagamento e dell’avviso di mora. In tale ipotesi l’atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio dell’atto, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore (cfr. sez. 5, n. 5832 del 2011 richiamata anche da Sez. 5, Sentenza n. 22729 del 09/11/2016);

– è stato soggiunto che la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio, sicchè la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario; nell’ipotesi in cui il concessionario fosse stato fatto destinatario dell’impugnazione, sarebbe stato onere di quest’ultimo chiamare in giudizio l’ente titolare del credito, laddove non volesse rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario (ex plurimis, da sez. 5, Ord. n. 2480 del 2020; Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 30/10/2007; Sez. 5, Sentenza n. 14032 del 27/06/2011);

– nella sentenza impugnata, la CTR ha ritenuto, in ossequio ai suddetti principi, legittimamente proposto dalla contribuente il ricorso nei confronti della Agenzia delle entrate, non configurandosi nell’ipotesi di impugnativa di una cartella esattoriale per motivi che attengono alla mancata notificazione alcun litisconsorzio necessario con l’Agente della riscossione;

– il primo motivo è infondato;

– in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 1144 del 18/01/2018; Cass. S.U. n. 5791/2008, ripresa da ultimo, da Cass. SU n. 10012/21);

– l’estratto di ruolo è atto interno all’Amministrazione da impugnare unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella di pagamento, perchè solo da quel momento sorge l’interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c., salvo il caso in cui il ruolo e la cartella non siano stati notificati: ipotesi in cui, non potendo essere compresso o ritardato l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale, è invece ammissibile, nel rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, l’autonoma impugnativa dell’estratto, non ostandovi il disposto del D.Lgs. n. 546 cit., art. 19, comma 3, che, secondo una lettura costituzionalmente orientata, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisce l’unica possibilità di far valere la mancanza di una valida notifica dell’atto precedente del quale il contribuente sia comunque venuto a conoscenza (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22507 del 09/09/2019). Ovviamente l’impugnazione dell’estratto di ruolo è soggetta al rispetto del termine generale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, essendo ininfluente la facoltatività dell’impugnazione dell’estratto, per la permanenza, in capo al contribuente, del diritto di impugnare anche il primo atto impositivo tipico successivamente notificatogli (cfr., in motivazione, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27799 del 31/10/2018);

– peraltro, si è anche aggiunto che, in tema di contenzioso tributario, solo la piena conoscenza dell’atto da parte del contribuente consente il consapevole esercizio del diritto di impugnativa, e la ratio della previsione secondo cui al contribuente non va – di regola – notificato l’estratto di ruolo, bensì la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 25 e 26, risiede proprio nell’esigenza di rendere ostensibili al medesimo le ragioni ed i presupposti che hanno dato origine alla pretesa fiscale azionata dall’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5, 17 aprile 2015, n. 7874) con la conseguenza che l’acquisizione da parte del contribuente di una copia dell’estratto di ruolo riportante l’indicazione di avvenuta iscrizione a ruolo di quanto poi trasfuso nella relativa cartella di pagamento, avente il valore di una mera informazione di un fatto verificatosi, non può assurgere a prova della piena conoscenza dell’atto impositivo impugnabile, ai fini della decorrenza del termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, potendo legittimare al più l’impugnazione, peraltro facoltativa, del solo estratto di ruolo (Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 909; Cass., sez. 5, n. 26093 del 2020);

– in relazione al caso di specie, va, dunque, ribadito e confermato che, per quanto l’estratto di ruolo non sia autonomamente impugnabile, in quanto atto interno all’amministrazione ed improduttivo di effetti nella sfera del destinatario, il quale ha l’onere di impugnare la cartella cui esso di riferisce, con le forme e nei termini di legge, tale principio non si pone in contrasto con quello secondo cui il contribuente può far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta, trattandosi – in quest’ultimo caso – di tutela anticipatoria giustificata dall’esigenza di recuperare gli strumenti di impugnazione avverso la cartella esattoriale non utilmente attivabili in precedenza a causa della assenza o invalidità della notifica (Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2015, n. 19704; Cass., Sez. 5, 19 gennaio 2018, n. 1302; Cass., Sez. 6, 25 febbraio 2019, n. 5443; Cass., Sez. 6, 9 settembre 2019, n. 22507; Cass., Sez. Lav., 12 novembre 2019, n. 29294; Cass., sez. 6-Lav. 25 febbraio 2019 n. 5443, Cass. n. 26093 del 2020); in particolare, si è affermato che “è ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione” (Cass. SU n. 19704 del 2015);

– nella specie, in cui viene in rilievo la questione della ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata (e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo), la CTR si è attenuta ai suddetti principi avendo ritenuto ammissibile il ricorso proposto (non unitamente alla impugnazione dell’atto successivo notificato) “esclusivamente contro la cartella di pagamento” per vizio di omessa/nullità della relativa notifica, essendone venuta la contribuente a conoscenza a “seguito di un controllo routinario presso l’Agente della riscossione”;

– il terzo motivo è altresì infondato;

– in tema di processo tributario, anche con riferimento agli atti notificati dopo l’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, va confermato il principio secondo cui dal mancato deposito del processo verbale non deriva l’inammissibilità del ricorso, che è prevista dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 22, comma 1, per i soli atti ivi indicati, tra cui non compaiono l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato (comprensivi anche del p.v.c. richiamato nell’avviso di accertamento), ai quali si riferisce, invece, l’art. 22 citato, comma 4, e che possono, quindi, essere prodotti anche in un momento successivo, ovvero su impulso del giudice tributario (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21509 del 20/10/2010); nel processo tributario, nonostante non sia prevista alcuna sanzione, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 4, quale conseguenza dell’omesso deposito dell’atto impugnato, con la relativa notificazione, il contribuente è pur sempre tenuto a provvedervi allorquando sia eccepita la tardività del ricorso, essendo dalla notifica dell’atto ricavabile la prova della tempestiva introduzione del giudizio, il cui onere grava sul predetto (Cass. Sez. 5, Ord. n. 25107 del 10/11/2020);

– nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta al suddetto principio avendo ritenuto che il mancato deposito della cartella unitamente all’atto introduttivo non fosse sanzionato con la inammissibilità del ricorso; peraltro, il deposito della cartella non poteva, nella specie, rilevare ai fini della prova della tempestività della proposizione del ricorso, avendo la contribuente contestato proprio la mancanza/nullità della notifica dell’atto impositivo;

– il quarto motivo – con il quale si aggredisce la prima delle due rationes decidendi sottesa al rigetto della eccezione di tardività del ricorso originario sollevata dall’Agenzia (per decorso del termine decadenziale dalla assunta notifica della cartella in data 15.2.2010) – è fondato per le ragioni di seguito indicate;

– in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice che escluda l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (Cass., Sez. 5, Ord. n. 23426 del 26/10/2020; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23902 del 11/10/2017);

-questa Corte ha, altresì, precisato come la questione relativa alle modalità con cui si contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., va risolta valutando se e come siano state contestate le specifiche difformità ed esige la trascrizione delle eccezioni di disconoscimento dedotte dal contribuente, al fine di consentire al giudice di legittimità di verificare la sussistenza della violazione di legge dedotta e, dunque, la correttezza delle argomentazioni del decidente (Cass. sent. n. 16557 del 20/06/2019; Cass. n. 23426 del 2020); l’art. 2719 c.c., esige, difatti, l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche: conseguentemente, la copia fotostatica non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se la parte comparsa non la disconosce, in modo specifico ed inequivoco (Cass. n. 882/2018; n. 4053/2018);

– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi, limitandosi ad affermare apoditticamente di non potere utilizzare ai fini probatori – in assenza di produzione dell’originale – la fotocopia della “relata di notifica” oggetto di contestazione da parte della contribuente all’atto del suo deposito in appello in quanto ritenuta non conforme all’originale; è quindi chiaro che, nella fattispecie, la contribuente non ha operato alcun disconoscimento della conformità della copia all’originale, lamentandosi sostanzialmente di non poter esercitare i diritti di cui all’art. 2719 c.c., in assenza della produzione degli originali; peraltro, pur a voler ammettere implicitamente formulato dal contribuente il disconoscimento della conformità delle copie degli atti agli originali, non va trascurato che è privo di efficacia il generico disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio. Perchè possa aversi, infatti, disconoscimento idoneo è necessario che la parte, nei modi e termini di legge, renda una dichiarazione che – pur nel silenzio della norma predetta, che non richiede forme particolari – evidenzi in modo chiaro ed inequivoco gli elementi differenziali del documento prodotto rispetto all’originale di cui si assume sia copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. in tal senso Cass. n. 28096 del 30/12/2009 in tema di applicazione dell’art. 2719 c.c.). Il disconoscimento deve quindi ad es. contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale; pertanto, nella specie, essendosi il contribuente limitato ad eccepire, ex artt. 2712-2719 c.c., “la mancanza di conformità all’originale della relata di notifica della cartella depositata dall’Agenzia”(v. pag. 27 del controricorso), è evidente che la CTR ha erroneamente escluso la utilizzabilità, ai fini probatori, della copia fotostatica della “relata di notifica” essendo, in ogni caso, privo di efficacia il generico disconoscimento della conformità tra l’originale e la copia fotostatica prodotta in giudizio;

– i motivi dal quinto al settimo – che aggrediscono la seconda ratio decidendi sottesa al rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso originario concretantesi nell’asserito mancato perfezionamento della notifica della cartella – sono fondati;

– in tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal citato art. 26, comma penultimo, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, 19 marzo 2014, n. 6395; Cass. sez. 6-5, ord. 24 luglio 2014, n. 16949; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4567 del 06/03/2015; Cass. sez. 6-5, ord. 13 giugno 2016, n. 12083; Cass. sez. 5, 18 novembre 2016, n. 23511; v. Cass. n. 8086 del 2018, con riguardo alla notifica di preavviso di fermo amministrativo); in particolare, “Qualora la notifica della cartella di pagamento nei confronti di una società sia eseguita direttamente dal concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, per il relativo perfezionamento è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale, se non di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la propria firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente, dovendosi escludere, stante l’alternatività di tale disciplina speciale rispetto a quella dettata dalla L. n. 890 del 1982, e dal codice di rito, l’applicabilità delle disposizioni in tema di notifica degli atti giudiziari e, in specie, dell’art. 145 c.p.c.,” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23511 del 18/11/2016); inoltre, in tema di notifica della cartella esattoriale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15795/2016; 12083/2016; n. 23213/2014; n. 16949/2014; 4895/2014; n. 9111/2012; n. 270/2012); si è osservato anche che se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur sempre valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. n. 22488/2014; n. 2008/2008); al riguardo, questa Corte ha precisato che “qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, potendosi far valere solo a mezzo querela di falso le questioni circa la riferibilità della firma al destinatario della notifica” (Cass. n. 29022 del 2017);

– l’orientamento di questa Corte è nel senso di ritenere (Cass. Sez. 6 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019) che in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982;

– in tema di notifica della cartella di pagamento, (soltanto) nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 258 del 22 novembre 2012 relativa al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3, (ora comma 4), va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, u.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, alinea, sicchè è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25079 del 26/11/2014; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9782 del 19/04/2018);

– nella sentenza impugnata, la CTR non si attenuta ai suddetti principi, in quanto, a fronte della notifica della cartella eseguita dal concessionario a mezzo servizio postale “a mani di soggetto… qualificato dall’Agente postale dipendente (fatto non contestato dall’Agenzia) di altra società proprietaria dei locali dove la Bussola s.r.l. ha semplicemente la sua sede legale”, ha ritenuto la stessa non perfezionata in mancanza, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. b-bis, di una successiva “raccomandata informativa” trattandosi, a suo avviso, di notifica nelle mani di soggetto diverso dal destinatario; con ciò facendo erroneamente applicazione dell’art. 60 cit., che è richiamato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, soltanto nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c.; invero, nella specie, non trattandosi di c.d. irreperibilità relativa – e costituendo l’asserita omissione dell’adempimento della spedizione della raccomandata informativa l’unica ragione del ritenuto mancato perfezionamento della notifica della cartella – stante l’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., in mancanza di querela di falso, dell’accertamento preliminare dell’agente postale circa la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato, la notifica della cartella deve ritenersi perfezionata alla data del 15.2.2010 con conseguente intempestività del ricorso originario (la cui tardività non risulta contestata in sè dalla società, v. pag. 28 del controricorso “la impugnazione tardiva è dovuta esclusivamente alla circostanza che la cartella non è stata consegnata”);

– in conclusione, vanno accolti i motivi dal quarto al settimo, respinti i restanti; con cassazione della sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, con declaratoria di inammissibilità per tardività dell’originario ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento;

– sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei gradi merito mentre quelle del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi dal quarto al settimo, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara inammissibile il ricorso originario del contribuente avverso la cartella di pagamento; compensa le spese dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Conclusione
Così deciso in Roma, a seguito di riconvocazione, il 3 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2022


Notifiche per irreperibilità assoluta: verifiche e condizioni

Il Messo Comunale/Notificatore non può attestare di aver proceduto ex art. 60 comma 1 lett. e) del dpr 600/1973 (irreperibilità assoluta) “per irreperibilità della destinataria, di addetti alla casa, di portiere e di vicini di casa in quanto al sopra indicato indirizzo non vi è alcuna porta di abitazione” senza dare conto delle ricerche compiute per verificare l’irreperibilità assoluta di essa ricorrente.
Come verificare l’irreperibilità assoluta lo ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 6836/2022 del 2 marzo 2022, dove si conferma che prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60 comma 1 lett. e) in luogo di quello exart. 140 c.p.c., il Messo Comunale/Notificatore avrebbe dovuto svolgere ricerche atte a verificarne l’irreperibilità assoluta, “ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale” (Cass., Sentenza n. 2877 del 07/02/2018).
Infatti“la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto, mentre va effettuata ex art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 quando il notificatore non reperisca il contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che iltrasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune deldomicilio fiscale”.
L’irreperibilità assoluta presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento.


Buon 8 marzo

Ci sono due dichiarazioni sugli esseri umani che sono vere: che tutti gli esseri umani sono uguali, e che tutti sono differenti.

Su questi due fatti è fondata l’intera saggezza umana.

Mark Van Doren


Cass. civ., Sez. VI – 5, Ord., (data ud. 26/01/2022) 02/03/2022, n. 6820

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31907-2020 proposto da:

ADER AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente-

Contro

T.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3151/8/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA, depositata il 16/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MONDINI.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
che:

1. L’Agenzia delle Entrate Riscossione ricorre, denunciando violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, per la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale la CTR della Calabria ha dichiarato illegittima l’intimazione di pagamento emessa da essa ricorrente nei confronti di T.P. in forza di cartella esattiva, sull’assunto difetto di notifica di quest’ultima non avendo la ricorrente provveduto ad avvisare il destinatario del fatto che la raccomandata postale di invio diretto della suddetta cartella era stata consegnata ad un soggetto addetto alla sua casa. La CTR ha poi dichiarato le altre questioni assorbite.

2. T.P. non si è costituito;

3. il ricorso è fondato.

Al contrario di quanto assunto dalla CTR, questa Corte ha più volte affermato che “In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione della L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 883, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della L. n. 890 del 1982” (così, tra le altre, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019 in tema di consegna al portiere dello stabile senza invio della raccomandata informativa al destinatario).

Merita ricordare che la forma semplificata di notificazione, come affermato dalla Consulta nella sentenza n. 175 del 2018, non pone problemi di legittimità costituzionale in quanto, la raccomandata informativa vale sì “indubbiamente a rafforzare il diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost., commi 1 e 2) del destinatario dell’atto”, ma “non costituisce, nella disciplina della notificazione, una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto”, talchè può essere esclusa “in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato” (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018);

4. il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata;

5. la causa va rinviata alla CTR della Calabria, in diversa composizione per esame delle questioni rimaste assorbite nonchè per la liquidazione delle spese del processo.

P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla CTR della Calabria in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, con modalità da remoto, il 26 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022


Assemblea Generale Ordinaria – 23.04.2022

si comunica che ai sensi dell’art. 13 dello Statuto viene convocata la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria sabato 23 aprile 2022 alle ore 16:00 in prima convocazione ed alle ore 18:00 in seconda convocazione, in modalità webinar.

Ordine del Giorno:
1) Approvazione del bilancio consuntivo anno 2021;
2) Approvazione del bilancio preventivo anno 2022;
3) Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione anni 2021/2022;
4) Elezione dei Componenti della Giunta Esecutiva;
5) Elezione dei Componenti del Consiglio Generale;
6) Elezione Vice Presidente Nazionale;
7) Elezione Presidente Nazionale
8) Attività associative;
9) Iniziative proselitismo Associazione;
10) Varie ed eventuali.

La partecipazione alla riunione sarà effettuata collegandosi al nostro sito web con le credenziali utilizzate per l’accesso.

Scarica: AG 23 04 2022 Delega

Scarica: Documentazione AGO 23 04 2022

Leggi: Bilancio 2021

Leggi: AGO 23 04 2022 Verbale


Cass. civ., Sez. VI – 5, Ord., (data ud. 09/02/2022) 02/03/2022, n. 6836

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30859-2020 proposto da:

L.D., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato QUINTO FRANCHINA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2111/16/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il 23/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 09/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MONDINE.

Svolgimento del processo
che:

1. L.D. ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe lamentando che la CTR della Sicilia abbia violato gli artt. 139 e 140 c.p.c., e il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), con il ritenere rituale la notifica dell’atto impositivo posto a base della cartella impugnata malgrado che la stessa fosse stata effettuata non ex artt. 139 e 140 c.p.c., bensì ex art. 60, lett. e), D.P.R. n. 600 del 1973, avendo il messo notificatore solo attestato di aver proceduto ai sensi di quest’ultimo articolo “per irreperibilità della destinataria, di addetti alla casa, di portiere e di vicini di casa in quanto al sopra indicato indirizzo non vi è alcuna porta di abitazione” e senza dare conto delle ricerche compiute per verificare l’irreperibilità assoluta di essa ricorrente;

2. l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso;

3. la ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
che:

1. il ricorso è fondato.

La contribuente lamenta che prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore avrebbe dovuto svolgere e dar conto di aver svolto ricerche finalizzate a verificarne l’irreperibilità assoluta. Precisa di aver, fino dal 1999, sempre avuto la residenza in “(OMISSIS)” come da certificato rilasciato dal Comune di Messina e allegato al ricorso introduttivo.

E’ stato da questa Corte affermato che “La notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto, mentre va effettuata D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e), quando il notificatore non reperisca il contribuente perchè trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che il trasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune del domicilio fiscale” (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 6799 del 15/03/2017).

E’ stato altresì precisato che “In tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più nè l’abitazione nè l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale (Sez. 6-5, Ordinanza n. 2877 del 07/02/2018).

E’ stato altresì detto che “In tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purchè dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19958 del 27/07/2018).

Nel caso di specie, l’attestazione del messo notificatore secondo cui in loco “non vi era alcuna porta di abitazione” non è sufficiente a far comprendere se sia stato giustificato il ricorso alla procedura di notifica in concreto adottata;

3. il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata;

4. la causa deve essere rinviata alla CTR della Sicilia per la verifica, alla luce dei principi sopra enunciati, della ritualità della notifica in contestazione;

5. il giudice del rinvio dovrà anche liquidare le spese dell’intero processo.

P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sicilia, in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 9 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022


Cartella di pagamento per multa non notificata

Con l’opposizione ex art. 7 D.Lgs. n. 150 del 2011, esperita entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, l’opponente può limitarsi a dedurre la mancata notificazione del verbale di accertamento quale vizio di formazione della pretesa dell’Amministrazione, senza necessità di contestare il merito della violazione del Codice della Strada.
Lo ha stabilito la III Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 18 gennaio – 14 febbraio 2022, n. 4690 
Una donna proponeva opposizione alla cartella di pagamento riguardante l’omesso pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada, deducendo di non aver mai prima ricevuto il verbale di accertamento della trasgressione.
Quindi, domandava che fosse dichiarata la nullità della cartella e del ruolo in ragione dell’omessa notificazione dell’atto presupposto.
Giudice di Pace e Tribunale rigettavano l’appello, qualificando l’azione come opposizione “recuperatoria”, cioè come rimedio volto a consentire all’opponente di essere rimesso in termini per svolgere le censure al verbale di accertamento che gli erano state precluse dalla mancata notificazione dell’atto presupposto.
Tuttavia, rilevava che, proprio per la funzione recuperatoria dell’opposizione spiegata, la donna avrebbe dovuto contestare nel merito la pretesa azionata dall’ente impositore, non già limitarsi a denunciare l’omessa notifica del verbale.
La Corte Suprema di Cassazione, annullando la pronuncia impugnata con rinvio, ha osservato che come già statuito dalle Sezioni unite (sentenza n. 22080/2017), l’art. 201, c. V, C.d.S., sancisce che l’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto.
La norma, letteralmente interpretata, delinea un fatto estintivo di quell’obbligo che sorge a carico del trasgressore per effetto della commissione dell’illecito amministrativo. Così, pertanto, l’azione diretta all’autorità giudiziaria ordinaria per dedurre il fatto estintivo/impeditivo costituito dall’omessa, tardiva od invalida notificazione del verbale di accertamento, è quella disciplinata dall’art. 7 del d.lgs. n. 150/2011.
Se l’interessato non è stato posto in condizioni di fruire di tale azione, la stessa dovrà essere esercitata entro 30 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, non potendo operare la decadenza se non a seguito della conoscenza dell’atto sanzionatorio da impugnare.
Vero è che l’opposizione tipica si deve estrinsecare nella proposizione di un motivo di opposizione tendente ad inficiare la sussistenza delle condizioni di legge per emettere il provvedimento sanzionatorio, tuttavia, queste non attengono soltanto al merito della sanzione, bensì pure al procedimento di formazione del titolo che consente la riscossione esattoriale una volta divenuto definitivo. Se il procedimento è viziato per omessa, invalida o tardiva notificazione del verbale di accertamento, il rimedio sarà quello dell’opposizione a verbale ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 150/2011.
Le Sezioni Unite hanno affermato che l’azione esercitata dopo la notificazione della cartella di pagamento per dedurre il vizio di notificazione del verbale di accertamento non è un’azione “recuperatoria” in senso proprio. Tale, infatti, si configura l’azione che venga esperita contro l’ordinanza-ingiunzione non notificata. Al contrario, quando viene “recuperata”, dopo la notificazione della cartella di pagamento, l’azione disciplinata dall’art. 7 per dedurre l’omessa od invalida notificazione del verbale di accertamento, non vi è spazio per lo svolgimento di difese diverse da questa, specificamente per difese nel merito della pretesa sanzionatoria. Infatti, se l’amministrazione, la quale è onerata della relativa prova, in ragione della natura di fatto costitutivo riconosciuto alla notificazione tempestiva, non dimostra di avere eseguito tempestivamente e validamente la notificazione del verbale di accertamento, la pretesa sanzionatoria è estinta.
Ciò che viene “recuperato” è la possibilità per il destinatario della pretesa di dedurre il fatto estintivo/impeditivo dell’omessa od invalida notificazione.
Se, per contro, l’amministrazione dimostri di avere ottemperato validamente alla notificazione, l’opposizione non potrà che essere dichiarata inammissibile: ogni difesa, anche di merito, è preclusa in quanto si sarebbe dovuta svolgere nel termine di trenta giorni decorrente da quella notificazione.
Per l’effetto, la Corte Suprema di Cassazione ha ribadito che quando l’opposizione al verbale di accertamento di trasgressioni al Codice della Strada sia stata esperita, in difetto di valida notificazione del verbale, entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, l’opponente può limitarsi a dedurre la mancanza di una tempestiva notificazione del verbale e che da tale censura deriva, a seconda della sua fondatezza o della sua inconsistenza, o l’annullamento dell’atto della riscossione o l’inammissibilità dell’opposizione stessa (Sez. 3, Sentenza n. 3318 del 10/02/2021).


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 17/02/2022) 23/02/2022, n. 6041

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25239-2016 proposto da:

B.D.;

KRUSE S.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliati in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE MARINO, che li rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrenti-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2134/2016 della Commissione Tributaria Regionale della LOMBARDIA, depositata il 12/4/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/2/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA.

Svolgimento del processo
CHE:

B.D. e Kruse S.r.L. propongono ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 10649/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, in accoglimento del ricorso avverso avviso di liquidazione per imposta di registro, ipotecaria e catastale;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso

Motivi della decisione
CHE:

1.1. con il primo mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 145 c.p.c., comma 1, art. 14, comma 1, e L. n. 890 del 1982, art. 7, commi 1, 2 e 3) per avere la Commissione Tributaria Regionale accolto l’appello ritenendo validamente notificato l’atto impositivo ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, pur essendo stata effettuata la notifica mediante raccomandata ai sensi della L. n. 890 del 1982, che prevede una disciplina speciale e prevalente rispetto a quella dettata dal codice di rito, ed in base alla quale la consegna dell’atto al portiere avrebbe dovuto essere preceduta dal tentativo di notifica agli altri soggetti indicati dalla citata L. n. 890 del 1982, art. 7, in via preferenziale;

1.2. con il secondo mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 7, comma 6, L. n. 890/1982) per avere la Commissione Tributaria Regionale accolto l’appello ritenendo validamente notificato l’atto impositivo nonostante l’invio della successiva raccomandata informativa, prevista dall’art. 7 cit., ad un indirizzo diverso da quello del destinatario;

1.3. con il terzo mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (art. 145 c.p.c., comma 3) per avere la Commissione Tributaria Regionale accolto l’appello ritenendo validamente notificato l’atto impositivo, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., comma 1, al legale rappresentante della società presso la sua residenza anagrafica nonostante l’insussistenza dell’impossibilità della notifica presso la sede della società e la notifica presso la suddetta residenza, sita in Comune diverso dal domicilio fiscale dell’ente;

1.4. con il quarto mezzo si denuncia violazione di norme di diritto (L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2) per avere la Commissione Tributaria Regionale accolto l’appello ritenendo validamente notificato l’atto impositivo al legale rappresentante della società nonostante il mancato invio della raccomandata informativa per temporanea assenza del destinatario;

2.1. il primo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, sono infondati;

2.2. l’atto impositivo risulta notificato a mezzo posta tramite ufficiale postale (e non ufficiale giudiziario) e mediante consegna al portiere dello stabile che sottoscrisse per ricevuta;

2.3. la norma di riferimento è perciò la L. n. 890 del 1982, art. 7, non l’art. 139 c.p.c., norma quest’ultima che subordina la consegna dell’atto al portiere dello stabile alla previa ricerca di soggetti legittimati a riceverlo, ricerca di cui l’ufficiale giudiziario può dare conto mediante la relata di notifica, diversamente dall’agente postale che ha a sua disposizione una cartolina verde prestampata che non prevede tale possibilità e, sul piano grafico, nemmeno una casella in cui si dà atto di tale ricerca;

2.4. se l’agente postale ha consegnato al portiere dello stabile l’atto, la relativa indicazione sulla cartolina presuppone dunque necessariamente che questi abbia infruttuosamente cercato altre persone legittimate;

2.5. la tesi secondo cui la L. n. 890 del 1982, art. 7, costituisce norma speciale rispetto all’art. 139, c.p.c., non ha alcun fondamento e ciò sul decisivo rilievo che anche l’ufficiale giudiziario può eseguire la notificazione a mezzo del servizio postale (art. 149 c.p.c.), sicchè l’argomento secondo cui l’ufficiale giudiziario può descrivere nella relata di notifica le ricerche prodromiche alla consegna dell’atto al portiere dello stabile (il che l’agente postale non potrebbe materialmente compiere su un modulo prestampato) non è decisivo perchè la notificazione effettuata dall’ufficiale giudiziario a mezzo servizio postale non può essere, in caso di consegna al portiere, meno “garantita” di quella effettuata direttamente dall’ufficiale giudiziario stesso;

2.6. la questione, peraltro, è già stata risolta da questa Corte che ha affermato che “a norma dell’art. 139 c.p.c., è nulla la notificazione effettuata mediante consegna di copia dell’atto al portiere dello stabile del destinatario qualora l’ufficiale giudiziario si limiti a dare atto della precaria assenza dell’intimato senza certificare l’avvenuta ricerca delle ulteriori persone abilitate a ricevere l’atto (Cass. 17 ottobre 1988, n. 5637), e ciò vale anche per la notificazione eseguita per mezzo del servizio postale poichè l’inosservanza dell’ordine delle persone indicate dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, quali possibili consegnatari dell’atto in caso di assenza del destinatario è causa di nullità della notificazione che deve essere fatta valere nei limiti e secondo le regole del giudizio di impugnazione” (cfr. Cass. Sez. U, n. 1097/2000; nello stesso senso Cass. n. 6021/2007, secondo cui “in materia di notifica a mezzo posta, è nulla la notifica effettuata a mani del portiere dello stabile, allorquando la relazione dell’ufficiale postale non contenga l’attestazione del mancato rinvenimento del destinatario o del rifiuto o assenza delle persone abilitate a ricevere l’atto in posizione preferenziale (persona di famiglia, addetta alla casa o al servizio), non potendo desumersi che il portiere fosse stato espressamente incaricato a ricevere gli atti da una successiva notifica effettuata con le stesse modalità, dovendo la validità della notifica effettuarsi con riferimento esclusivo al suo contesto”);

2.7. nel caso in esame, tuttavia, la notifica dell’avviso di liquidazione è stata effettuata direttamente dall’Agenzia delle Entrate a mezzo posta, avvalendosi della facoltà espressamente prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 14, come modificato dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20;

2.8. in tal caso si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982 (cfr. Cass. nn. 147/2022 in motiv., 29642/2019, 8293/2018, 17598/2010);

2.9. ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr. Cass. nn. 14501/2016, 15315/2014, 9111/2012);

2.10. ove la notifica dell’atto impositivo sia stata effettuata direttamente dall’Agenzia delle entrate mediante raccomandata con avviso di ricevimento è sufficiente, quindi, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente;

2.11. anche se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto, dunque, è pur tuttavia valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (cfr. Cass. nn. 4556/2020, 4567/2015, 6395/2014, 11708/2011);

2.22. in caso di notifica dell’atto impositivo effettuata direttamente dall’Agenzia delle entrate mediante raccomandata con avviso di ricevimento, per la consegna nelle mani del portiere l’ufficiale postale non è tenuto, pertanto, a rendere l’attestazione dell’avvenuta ricerca e del mancato rinvenimento delle persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, come invece richiesto nel caso in cui la notifica sia effettuata a mezzo ufficiale giudiziario o con gli strumenti della notifica degli atti giudiziari civili, ai sensi della L. n. 890 del 1982;

2.23. a seguire, sulla scorta di quanto dianzi illustrato, va rilevato che se la notifica dell’atto impositivo può essere effettuata anche nelle mani del portiere, tuttavia, in base agli organi ed agli strumenti utilizzati per la notifica, è necessaria o meno la spedizione dell’ulteriore raccomandata informativa;

2.24. come esaurientemente affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 37207 del 2021, se, infatti, la notifica è effettuata a mezzo ufficiale giudiziario, l’art. 139 c.p.c., comma 4, prevede espressamente l’invio della raccomandata informativa (“il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”);

2.25. parimenti, se, poi, la notificazione è effettuata presso il portiere con gli strumenti della notifica degli atti giudiziari civili, quindi ai sensi della L. n. 890 del 1982, vi è ugualmente l’obbligo di invio della successiva raccomandata informativa, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, comma 5, aggiunto dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2-quater, convertito nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, in vigore dal 1 marzo 2008 (Cass., sez. 3, 4 dicembre 2012, n. 21725; Cass., sez. 5, 25 gennaio 2010, n. 1366; Cass., sez. L, 21 agosto 2013, n. 19366);

2.26. se, invece, la notifica della cartella è effettuata in via diretta, quindi a mezzo posta ordinaria, non è necessario l’invio, in quanto le modalità di notificazione a mezzo posta ordinaria sono disciplinate dal decreto 9 aprile 2001 (approvazione delle condizioni generali del servizio postale), che prevede, all’art. 32 del decreto 9 aprile 2001 (invii a firma), che “tutti gli invii di posta raccomandata sono consegnati al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta”, mentre l’art. 39 dello stesso decreto (nuclei familiari) dispone che “sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi ed i collaboratori familiari dello stesso e, se vi e servizio di portierato, il portiere”;

2.26. con specifico riferimento alla notifica “diretta” effettuata a mezzo posta ordinaria presso il portiere, si ritiene dunque non necessaria la successiva raccomandata informativa (cfr. Cass., nn. 21815/2019, 4020/2014), essendo stato, infatti, chiarito che, in tema di notifica degli atti impositivi, se la stessa avviene mediante consegna al portiere dello stabile da parte dell’ufficiale giudiziario, ove quest’ultimo non attesti nella relata il mancato rinvenimento delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c., la nullità è sanata per raggiungimento dello scopo qualora sia provata la ricezione della raccomandata contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, mentre, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982, sicchè, in caso di notifica al portiere, essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, senza che si renda necessario l’invio della raccomandata al destinatario (cfr. Cass. n. 8293/2018);

2.27. pertanto, poichè è pacifico, nel caso in esame, che la notifica “diretta” sia stata effettuata a mezzo posta ordinaria, e non a mezzo ufficiale giudiziario ex art. 139 c.p.c., comma 3, oppure ai sensi della L. n. 289 del 1992, art. 7, è legittima la notificazione della cartella al portiere, senza l’invio della successiva raccomandata;

2.28. le censure dei ricorrenti non trovano quindi fondamento;

3.1. il terzo ed il quarto motivo risultano, infine, inammissibili in quanto non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata, limitatasi ad affermare la validità della notifica effettuata mediante consegna a mani del portiere presso la sede legale della società, senza in alcun modo argomentare circa l’ulteriore notifica effettuata nei confronti del legale rappresentante della società, destinataria dell’avviso di liquidazione, presso la residenza anagrafica dello stesso;

3.2. le censure risultano inoltre in ogni caso assorbite dal rigetto dei primi due motivi in merito alla dedotta invalidità della notifica effettuata presso il domicilio fiscale della società;

4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;

5. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 17 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022


Notifica e la compiuta giacenza

In tema di notifica per compiuta giacenza, nel caso in cui la raccomandata informativa non sia stata consegnata al destinatario perché sconosciuto, il giudizio sulla ricezione effettiva o almeno legale della stessa non può che essere negativo. Era onere dell’agente della riscossione, nella specie non adempiuto, procedere a rinnovare la notificazione non perfezionatasi.
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 2621 del 28 gennaio 2022, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di notifica per compiuta giacenza.
Nel caso di specie, la contribuente aveva proposto ricorso alla Corte Suprema di Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, pronunciata nell’ambito di una controversia relativa ad impugnazione di un estratto di ruolo e della corrispondente cartella di pagamento emessa nei suoi confronti, quale erede, unitamente alla sorella, del padre, sulla scorta di due sentenze divenute definitive a seguito di giudizi relativi ad avvisi di accertamento IVA emessi nei confronti del de cuius.
La Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado, rilevando la regolarità della notifica della cartella di pagamento impugnata, effettuata con il rito dell’irreperibilità relativa della destinataria, e conseguentemente dichiarando inammissibile l’originario ricorso della contribuente, perché tardivamente proposto, oltre il termine di cui all’art. 21, comma 1, del Dlgs. n. 546 del 1992.
La ricorrente, per quanto di interesse, deduceva quindi la violazione degli artt. 140 cod. proc. civ. e 25 e 26 del Dpr. n. 602 del 1973, sostenendo l’inesistenza della notificazione della cartella di pagamento impugnata, effettuata ai sensi dell’art. 140 cit., in quanto la raccomandata informativa era stata restituita al mittente con la dicitura “destinatario sconosciuto”, non ricorrendo pertanto, a suo avviso, i presupposti perché operasse la c.d. “compiuta giacenza” del plico presso l’ufficio postale ove lo stesso avviso era stato depositato.
Secondo la Corte Suprema di Cassazione la censura era fondata.
Evidenziano i giudici di legittimità che era pacifico, nel caso di specie, che la notifica della cartella di pagamento fosse stata effettuata ai sensi del combinato disposto dagli artt. 26 del Dpr. n. 602 del 1973 e 140 cod. proc. civ., stante l’irreperibilità relativa della destinataria, non rinvenuta all’indirizzo indicato nell’atto, con conseguente deposito dello stesso nella casa comunale, affissione dell’avviso di avvenuto deposito alla porta di abitazione della contribuente ed invio della c.d. raccomandata informativa, la quale veniva però restituita al mittente con la dicitura “destinatario sconosciuto”.
Ciò posto, la controricorrente Amministrazione finanziaria sosteneva che, nella specie, la regolarità della notificazione discendeva dall’applicazione del disposto di cui all’art. 26, comma 4, del Dpr. n. 602 del 1973, secondo cui, nei casi previsti dall’art. 140 cod. proc. civ., di irreperibilità relativa del destinatario dell’atto, la notificazione dalla cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del Dpr. n. 600 del 1973 e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del Comune.
Al riguardo, precisava la controricorrente, essendo stata effettuata la notifica nel gennaio 2012, non era del resto applicabile la predetta disposizione nella versione risultante a seguito della pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte cost. n. 258 del 22 novembre 2012, in base alla quale il ricorso alla procedura di cui all’art. 60 del Dpr. n. 600 del 1973 è consentito soltanto nei casi di irreperibilità assoluta del destinatario dell’atto.
Tale tesi, tuttavia, secondo la Corte Suprema di Cassazione era manifestamente infondata, alla stregua del principio giurisprudenziale, affermato dalla stessa Corte Suprema di Cassazionen in ipotesi del tutto analoga, secondo cui “Nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono “sub judice”, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito, sicché, nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata avendo riguardo alla modificazione conseguita dalla sentenza di illegittimità costituzionale, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto” (Cass. n. 33610 del 2019).
E, in applicazione di tale principio, la Corte Suprema di Cassazione ha già infatti ritenuto la invalidità della notificazione della cartella esattoriale, eseguita, in ipotesi di irreperibilità relativa del contribuente, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento senza l’osservanza delle formalità previste dall’art. 140 c.p.c., come prescritto dall’art. 26 del Dpr. n. 602 del 1973 nel testo risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 258 del 2012 (in termini, Cass. 10519 del 2019).
La posizione della Corte di Cassazione su notifica e compiuta giacenza
Ciò precisato, la Corte Suprema di Cassazione osserva anche che il ricorso andava comunque accolto alla stregua del principio giurisprudenziale in base al quale, in tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione, laddove in applicazione di tale principio, la Corte Suprema di Cassazione ha già ad esempio confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inesistente la notifica della cartella di pagamento, atteso che la raccomandata informativa non era pervenuta nella sfera di conoscenza del contribuente ed era stata restituita al mittente, avendo l’ufficiale giudiziario erroneamente apposto la dicitura “trasferito” sulla relata, nonostante fosse rimasta invariata la residenza del destinatario (Cass. n. 25079 del 2014; Cass. n. 9782 del 2018).
Tale orientamento, del resto, sottolineano ancora i giudici, ha trovato poi ulteriore conferma anche nella recente pronuncia di legittimità n. 10012 del 2021, secondo cui “In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo, ovvero per sua temporanea assenza, ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”, in quanto solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della raccomandata informativa, e quindi, in ultima analisi, esprimere un ragionevole e fondato giudizio sulla sua ricezione, effettiva, o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito), della raccomandata da parte del destinatario.
In conclusione, ad avviso della Corte Suprema di Cassazione, applicando i suddetti principi al caso in esame, in cui, come detto, la raccomandata informativa non era stata consegnata al destinatario perché “sconosciuto”, era evidente che il giudizio sulla ricezione effettiva, o almeno “legale”, della stessa non poteva che essere negativo, con la conseguenza che era onere dell’agente della riscossione, nella specie non adempiuto, procedere a rinnovare la notificazione non perfezionatasi.


Cass. civ., Sez. V, Ord., (data ud. 13/10/2021) 15/02/2022, n. 4820

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 17273-2015 R.G., proposto da:

AIRRI MEDICAL, C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, al v.le delle Milizie n. 38, presso lo studio dell’avv. Alberto Di Natale, dal quale, unitamente all’avv. Lidia Tamagnini, è rappresentata e difesa;

– Ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– Resistente –

Avverso la sentenza n. 773/28/2015 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 10.02.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 13 ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Francesco FEDERICI.

Svolgimento del processo
che:

Secondo quanto si evince dal ricorso alla società AIRRI MEDICAL fu notificata la cartella di pagamento di Euro 25.675,57 a titolo di interessi e sanzioni per il tardivo versamento Irap dell’anno 2007. La cartella traeva origine dal controllo automatizzato sulla dichiarazione modello unico 2008, relativa all’anno d’imposta 2007, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis. L’Amministrazione finanziaria aveva provveduto a comunicare il tributo dovuto e la sanzione, ridotta ad un terzo qualora il pagamento fosse stato eseguito nei trenta giorni successivi. In data 21 giugno 2010 la società aveva provveduto al pagamento della somma di Euro 140.381,61. Sennonchè l’Agenzia delle entrate aveva contestato la tardività del pagamento, eseguito oltre i trenta giorni dalla notifica dell’avviso bonario. Aveva dunque preteso la corresponsione della sanzione nella misura piena del 30% del tributo dovuto, a tal fine notificando la cartella, ora oggetto di giudizio.

La contribuente, che contestava la tardività del versamento per nullità della notifica dell’avviso di pagamento, adì la Commissione tributaria di Roma, che con sentenza n. 392/10/2013, accolse il ricorso. La decisione fu appellata dall’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, che con sentenza n. 773/28/2015 riformò le statuizioni di primo grado, dichiarando legittimo l’atto impugnato. Il giudice regionale ha rilevato che l’invito comunicato dall’ufficio, a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, fu ricevuto ritualmente dal destinatario, così da raggiungere il suo scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., sanando ogni eventuale irregolarità. Nessun rilievo poteva poi assumere l’affermazione della società, secondo cui la notificazione era avvenuta il 20 maggio 2010, risultando invece che la raccomandata fosse giunta a destinazione, nelle mani del portiere, il 19 maggio. Il pagamento eseguito il 21 giugno 2010 era pertanto da considerarsi tardivo, con conseguente legittima iscrizione a ruolo delle maggiori sanzioni non pagate.

La società ha censurato la sentenza con tre motivi, chiedendone la cassazione. L’Agenzia delle entrate ha depositato un atto di costituzione ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Nell’adunanza camerale del 13 ottobre 2021 la causa è stata trattata e decisa.

La contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Motivi della decisione
che:

la ricorrente si duole:

con il primo motivo della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla eccepita nullità della costituzione avversaria a mezzo di funzionario privo di delega e potere di rappresentanza;

con il secondo motivo per nullità della sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla eccepita inammissibilità dell’atto d’appello per difetto di specificità dei motivi;

con il terzo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto alla nullità della notificazione dell’avviso di pagamento.

Esaminando il primo motivo, esso è infondato. La difesa della società lamenta una omessa pronuncia sulla questione, pur eccepita in sede d’appello, della nullità della costituzione dell’Amministrazione finanziaria a mezzo di funzionarlo privo di delega e potere di rappresentanza. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, cui si ritiene di dare continuità, ha affermato che il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche su questioni processuali (ex multis, Cass., 26 settembre 2013, n. 22083; 25 gennaio 2018, n. 1876; 11 ottobre 2018, n. 25154; 15 aprile 2019, n. 10422). A margine, va rammentato il principio secondo cui nei gradi di merito del processo tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza (cfr. Cass., 21 marzo 2014, n. 6691; 26 luglio 2016, n. 15470; 30 ottobre 2018, n. 27570; 25 gennaio 2019, n. 2138).

Per la medesima ragione è infondato anche il secondo motivo, con il quale la società insiste sulla nullità della sentenza d’appello, per omessa pronuncia sull’eccepito difetto di specificità dei motivi d’appello.

Esaminando ora il terzo motivo, con cui la società denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione regionale nel ritenere ritualmente compiuti gli effetti della notifica dell’avviso di pagamento, trasmesso a seguito del controllo formale ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, è parimenti infondato.

Nell’articolato motivo la società critica la decisione nella parte in cui avrebbe ritenuto che l’eventuale irritualità della notificazione dell’atto nelle mani del portiere sarebbe stata sanata in ogni caso dall’avvenuta conoscenza dell’atto da parte del destinatario, e tanto a partire dalla data della sua consegna al portiere medesimo. Afferma che in tal modo sarebbe stato violato l’art. 156 c.p.c. Sostiene al contrario che la notificazione sarebbe stata irregolare, dovendo procedersi alla notificazione direttamente al destinatario e, solo quando ciò impossibile, al portiere. Nel caso di specie sarebbe mancata l’attestazione dell’assenza del destinatario e delle vane ricerche dei soggetti preferenzialmente abilitati alla ricezione. La successiva conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario, se per un verso aveva consentito la sanatoria della nullità, doveva tuttavia intendersi raggiunta dal momento del verificarsi dell’evento conoscitivo e non dalla data di ricezione dell’atto da parte del portiere.

Le ragioni della contribuente non sono fondate, sebbene la motivazione della decisione vada corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

Va innanzitutto evidenziato che la notifica dell’avviso bonario di pagamento fu pacificamente eseguita a mezzo del servizio postale. A tal fine il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede che “La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2 o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

Ebbene, applicando al caso di specie la giurisprudenza formatasi sulla notificazione della cartella di pagamento, questa Corte ha chiarito che in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella sia eseguita ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. 20 novembre 1982, n. 890 (Cass., 13 giugno 2016, n. 12083, con la quale in applicazione del suddetto principio, è stata cassata la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto invalida la notifica della cartella sull’erroneo presupposto che, essendo stata ricevuta dal portiere, occorresse, a norma dell’art. 139 c.p.c., l’invio di una seconda raccomandata; cfr. anche 12 novembre 2018, n. 28872).

Si è anche significativamente affermato che, mentre per la notifica degli atti impositivi, quando questa avvenga mediante consegna al portiere dello stabile da parte dell’ufficiale giudiziario, e ove quest’ultimo non attesti nella relata il mancato rinvenimento delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c., la nullità è sanata per raggiungimento dello scopo qualora sia provata la ricezione della raccomandata contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta, trovano applicazione solo le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982. In questa seconda ipotesi pertanto, in caso di notifica al portiere, essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario (Cass., 4 aprile 2018, n. 8293; cfr. anche 23319/2014; 18 novembre 2016, n. 23511; 14 novembre 2019, n. 29642).

L’esegesi delle recenti pronunce, i cui principi sono condivisi da questo collegio, depongono a favore del compimento regolare del procedimento di notifica dell’atto di avviso di pagamento, consegnato al portiere mediante servizio postale, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte. Tale disciplina costituisce infatti una modalità di notificazione semplificata, prevista normativamente, che non prevede che l’agente postale, nel consegnare a mani del portiere l’atto, debba accertare previamente l’assenza del notificando o di altri soggetti abilitati a ricevere il plico, nè prevede la spedizione della raccomandata con l’avviso di avvenuta notificazione al destinatario (Cass., 23 giugno 2014, n. 14196). Così che la notificazione si compie al momento della consegna del plico al portiere, salvo a verificarsi che questi ne abbia poi omesso la consegna, fatto di cui però deve dare prova il destinatario, e che esula comunque dalla fattispecie per cui è causa.

Non trova dunque fondamento la pur articolata difesa della contribuente, che sostiene come dell’atto ebbe conoscenza non il giorno della consegna del plico al portiere, il 19 maggio 2010, ma in quello successivo, dal quale pretende che dovessero decorrere i termini per provvedere al pagamento.

Ne discende che, sebbene con la correzione della motivazione nei termini anzidetti, il ricorso della contribuente va rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese, attesa la mancata rituale costituzione dell’Agenzia.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022


Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 18/01/2022) 14/02/2022, n. 4690

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17590/2019 R.G. proposto da:
P.A.M.A., rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Leotta, ed elettivamente domiciliata presso il suo domicilio digitale salvatoreleotta.pec.it;
– ricorrente –
contro
RISCOSSIONE SICILIA S.P.A., COMUNE DI PALERMO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2833 del TRIBUNALE DI PALERMO, depositata il 06/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2022 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;
udito il P.M., in persona della Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo;
assorbiti gli altri.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 05/09/2017 P.A.M.A. proponeva opposizione ex art. 615 c.p.c., contestando la cartella di pagamento, notificatale il 04/09/2017 da Riscossione Sicilia S.p.A. e formata in base a ruolo del Comune di Palermo, riguardante l’omesso pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del C.d.S.; l’odierna ricorrente deduceva di non aver mai precedentemente ricevuto il verbale di accertamento della trasgressione e domandava che fosse dichiarata la nullità della cartella e del ruolo in ragione dell’omessa notificazione dell’atto presupposto.
Con la sentenza n. 465 del 06/02/2018 il Giudice di Pace di Palermo dichiarava inammissibile l’opposizione all’esecuzione perché non proposta con le forme dell’opposizione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7 (il quale prevede il ricorso come atto introduttivo e non la citazione).
Il Tribunale di Palermo, con la sentenza n. 2833 del 06/06/2019, rigettava l’appello: il giudice dell’impugnazione qualificava l’azione dell’appellante come opposizione “recuperatoria” e, cioè, come rimedio volto a consentire all’opponente di essere rimesso in termini per svolgere le censure al verbale di accertamento che gli erano state precluse dalla mancata notificazione dell’atto presupposto; tuttavia, rilevava che, proprio per la funzione recuperatoria dell’opposizione spiegata, la P. avrebbe dovuto contestare nel merito la pretesa azionata dall’ente impositore, non già limitarsi a denunciare l’omessa notifica del verbale (come statuito da Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 26843 del 23/10/2018, menzionata nella sentenza impugnata).
Avverso tale decisione P.A.M.A. proponeva ricorso per cassazione, basato su tre motivi; non hanno svolto difese gli intimati Comune di Palermo e Riscossione Sicilia S.p.A.
Per la trattazione della controversia è stata fissata l’udienza pubblica del 18/01/2022, alla quale è comparso soltanto il Procuratore Generale, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e l’assorbimento delle restanti censure.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 e art. 156 c.p.c., per avere il Tribunale di Palermo erroneamente ritenuto inammissibile l’opposizione a cartella di pagamento in quanto l’opponente aveva mancato di dedurre, oltre all’omessa notificazione del verbale di accertamento, anche vizi propri dell’atto presupposto.
Sostiene la ricorrente – richiamando il precedente di Cass., Sez. 62, Ordinanza n. 11789 del 06/05/2019 – che la domanda di annullamento della cartella quale conseguenza dell’omissione della notificazione del verbale presupposto non richiede l’articolazione di difese in merito alla contestata infrazione, la cui allegazione è necessaria solo in caso di opposizione, riconducibile al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, a cartella di pagamento fondata su un’ordinanza ingiunzione che si assuma illegittimamente notificata.
La censura è fondata.
Come già statuito da Cass. Sez. U., Sentenza n. 22080 del 22/09/2017, “… l’art. 201 C.d.S., comma 5,… sancisce che “l’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto”. La norma, letteralmente interpretata, delinea un fatto estintivo di quell’obbligo che, come si è detto, sorge a carico del trasgressore per effetto della commissione dell’illecito amministrativo”.
Così, dunque, “L’azione diretta all’autorità giudiziaria ordinaria per dedurre il fatto estintivo/impeditivo costituito dalla omessa, tardiva od invalida notificazione del verbale di accertamento allora è quella attualmente disciplinata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7. Se l’interessato non è stato posto in condizioni di fruire di questa azione, la stessa dovrà essere esercitata nel termine di trenta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, non potendo operare la decadenza se non a seguito della conoscenza dell’atto sanzionatorio da impugnare… È vero che l’opposizione tipica si deve estrinsecare nella proposizione di un motivo di opposizione tendente ad inficiare la sussistenza delle condizioni di legge per emettere il provvedimento sanzionatorio, ma queste non attengono soltanto al merito della sanzione ma anche al procedimento di formazione del titolo che consente la riscossione esattoriale una volta divenuto definitivo… Se il procedimento è viziato per omessa, invalida o tardiva notificazione del verbale di accertamento, il rimedio sarà appunto quello dell’opposizione a questo verbale ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7. Se proposta come opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., la stessa azione va diversamente qualificata dal giudice adito, essendo a questi riservata l’attività di qualificazione della domanda, tenuto conto della causa petendi e del petitum esposti dalla parte”.
Venendo alla funzione dell’impugnazione della cartella in caso di mancata notifica del verbale di accertamento di violazioni al C.d.S., le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiaramente affermato che “L’azione esercitata dopo la notificazione della cartella di pagamento per dedurre il vizio di notificazione del verbale di accertamento, come sopra delineata, non è un’azione “recuperatoria” in senso proprio. Tale, infatti, si configura l’azione che venga esperita contro l’ordinanza-ingiunzione non notificata… Viceversa, quando viene “recuperata”, dopo la notificazione della cartella di pagamento, l’azione oggi disciplinata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7, per dedurre l’omessa od invalida notificazione del verbale di accertamento, non vi è spazio per lo svolgimento di difese diverse da questa, specificamente per difese nel merito della pretesa sanzionatoria. Infatti, se l’amministrazione – che è onerata della relativa prova, in ragione della natura di fatto costitutivo riconosciuto alla notificazione tempestiva non dimostra di avere eseguito tempestivamente e validamente la notificazione del verbale di accertamento, la pretesa sanzionatoria è estinta. In sintesi, ciò che viene “recuperato” è la possibilità per il destinatario della pretesa di dedurre il fatto estintivo/impeditivo dell’omessa od invalida notificazione…. se, per contro, l’amministrazione dimostri di avere ottemperato validamente alla notificazione, l’opposizione non potrà che essere dichiarata inammissibile: ogni difesa, anche di merito, è preclusa poiché si sarebbe dovuta svolgere nel termine di trenta giorni decorrente da quella notificazione”.
Traendo le conseguenze dalla succitata decisione, la giurisprudenza di questa Corte si è ormai consolidata nel senso che quando l’opposizione al verbale di accertamento di trasgressioni al C.d.S., sia stata esperita – in difetto di valida notificazione del verbale – entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, l’opponente può limitarsi a dedurre la mancanza di una tempestiva notificazione del verbale e che da tale censura deriva, a seconda della sua fondatezza o della sua inconsistenza, o l’annullamento dell’atto della riscossione o l’inammissibilità dell’opposizione stessa (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 11789 del 06/05/2019, Rv. 653724-01; Sez. 3, Ordinanza n. 3318 del 10/02/2021, Rv. 660524-01). Deve, dunque, ritenersi isolato il difforme precedente di Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 26843 del 23/10/2018, Rv. 650849-02, richiamato dalla pronuncia impugnata.
Ritiene il Collegio che debba, invece, darsi continuità al prevalente orientamento giurisprudenziale (che trova il suo fondamento nella citata pronuncia delle Sezioni Unite), secondo cui – con l’opposizione D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 7 (pur se in esito a riqualificazione di un’opposizione erroneamente denominata ex art. 615 c.p.c.) esperita entro trenta giorni dalla ricezione della cartella di pagamento l’opponente può limitarsi a dedurre la mancata notificazione del verbale di accertamento quale vizio di formazione della pretesa dell’Amministrazione, senza necessità di contestare il merito della violazione del C.d.S.: e tanto qui bastando un rinvio agli argomenti delle più recenti pronunzie su richiamate, in tutto condivise.
Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Palermo, in persona di diverso giudice.
2. Restano assorbite le ulteriori censure svolte dalla ricorrente.
3. Si rimette al giudice del rinvio la regolazione delle spese, anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarati assorbiti gli altri;
cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo, in persona di diverso giudicante, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 18 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2022


Modulo per richiesta rimborso spese – anno 2022

Nel rimborso delle spese ricadono i costi degli spostamenti, e quindi di treni, automobili ed aerei, nonché dei mezzi pubblici. Vi sono inoltre i costi di vitto e alloggio, effettuati in strutture di ristorazione ed alberghiere.

E’ importante, al fine di ottenere il dovuto rimborso delle spese di viaggio, di tenere nota accurata di ogni spesa, redigendone una opportuna nota spese, con i seguenti dati:

  • data in cui la spesa è effettuata
  • luogo in cui la spesa è effettuata
  • importo della spesa effettuata
  • documentazione allegata comprovante l’importo (fattura o ricevuta)

Tale nota spese sarà poi consegnata/inviata all’Unità Operativa Vicolo Quasimodo 34 – 35020 Albignasego PD.

I costi chilometrici per utilizzo di mezzi di trasporto di proprietà

Tariffe ACI e trasferte nel comune

Nella realtà è frequente rilevare l’erogazione e la contabilizzazione di rimborsi chilometrici per l’utilizzo da parte di dipendenti e parasubordinati di mezzi di trasporto propri per conto e nell’interesse delle imprese in cui operano.

Il relativo costo viene determinato in base alle percorrenze e prendendo come riferimento le tariffe ACI che sono determinate in base ai seguenti parametri:

• categoria del veicolo utilizzato (autovettura, motociclo, ciclomotore, fuoristrada, autofurgone);

• elenco delle marche automobilistiche;

• tipo di alimentazione (es. benzina, gasolio, ecc.);

• periodo di utilizzo del veicolo.

In linea generale l’utilizzo da parte di dipendenti e parasubordinati di veicoli propri genera in loro favore il diritto al riconoscimento di un’indennità chilometrica a titolo di rimborso spese.

La stessa viene calcolata in base ai seguenti due elementi:

percorrenza effettuata per conto dell’impresa, determinata in chilometri;

costo chilometrico oggettivamente attribuibile al tipo di mezzo utilizzato.

Va preliminarmente precisato che se viene riconosciuto un costo superiore rispetto a quello effettivo per l’impiego di autoveicoli personali del dipendente o parasubordinato, il maggiore importo rispetto alla tariffa ACI genera un fringe benefit che deve venire computato fra gli emolumenti imponibili delle retribuzioni o dei corrispettivi, sia ai fini fiscali che previdenziali. È parimenti considerato fringe benefit il corrispettivo erogato che non risulti analiticamente giustificato in base alla percorrenza effettiva del mezzo per finalità aziendali.

L’utilizzo dell’auto del dipendente o parasubordinato può riguardare trasferte:

• poste in essere nel territorio del comune sede di lavoro;

• relative a tragitti fatti al di fuori del comune sede di lavoro.

Trasferte nel comune

In linea generale l’indennità chilometrica corrisposta per trasferte nel comune sede di lavoro costituisce sempre un emolumento imponibile ai fini IRPEF e per il calcolo dei contributi previdenziali.

Invece l’indennità chilometrica corrisposta per trasferte fatte con utilizzo di autovetture del dipendente e parasubordinato è considerata un rimborso spese e non va assoggettata a ritenute previdenziali e fiscali quando il relativo ammontare non supera il limite determinato dalla Tariffa ACI con riferimento al veicolo usato.

In ogni caso l’indennità in esame deve risultare esposta nel Libro Unico del lavoro, e deve venire documentata con un prospetto analitico predisposto e sottoscritto dal soggetto utilizzatore.

Scarica il modulo: Prospetto rimborso spese 2022


IL PUNTO SULLA CONTRATTAZIONE

Prosegue il negoziato per il rinnovo del CCNL delle Funzioni Locali per il triennio 2019-2021.
Nell’incontro dell’8 febbraio 2022 sono state approfondite alcune questioni relative alle relazioni sindacali, al lavoro agile e ai festivi infrasettimanali: temi sui quali non si è ancora raggiunta la necessaria convergenza con l’ARAN. Su altri temi, quali la trasferta, la disciplina del lavoro a scavalco tra comuni e con le relative Unioni, la copertura assicurativa, il sindacato si è riservato un approfondimento.
La prossima settimana si terrà un ulteriore incontro durante il quale, come anticipato dall’ARAN, verrà finalmente avanzata una proposta sul tema, per noi fondamentale, dell’ordinamento.