Notifica degli atti a mezzo posta: nuove regole

Nuove regole per le notifiche di tutti gli atti a mezzo posta. Ciò è quanto previsto dall’art. 36, comma 2 quater del DL nr. 248/2007 (Decreto Milleproroghe convertito in data 27/02/2008).

Nel caso, quindi, non venga consegnato l’atto direttamente al destinatario (si pensi ad esempio al caso di consegna dell’atto ad un famigliare o al portinaio) sono previsti una serie di incombenti per il soggetto incaricato alla notifica (trattandosi di notifica a mezzo posta, il soggetto in questione è l’agente postale). Ne deriva, pertanto, che se il piego non viene consegnato personalmente “… l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”. Il Decreto Milleproroghe, inoltre, ha introdotto anche una disposizione specifica per le sentenze notificate alla controparte, prevedendo addirittura il mancato decorso dei termini processuali nel caso di violazione della stessa (art.36, comma 2 quinques). È stabilito, infatti, che “Le notificazioni delle sentenze già effettuate, ai sensi dell’articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982 – ossia la norma relativa alla notifica degli atti a mezzo posta – alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non producono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stata consegna del piego personalmente al destinatario e se è provato che questi non ne ha avuto conoscenza”. Tale norma comunque non rappresenta una novità nel nostro ordinamento. Essa, infatti, ha sostanzialmente allargato alla totalità degli atti quanto già previsto dal luglio 2006 per gli atti tributari. Leggendo, infatti, l’art. 60 del D.P.R. nr. 600/73, al comma 1, lett. b-bis, (norma inserita con DL nr. 223/2006) è stabilito che: “se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso, il messo consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata”. Con tali norme, dunque, il legislatore ha recepito il principio già da tempo sancito dalla Corte di Cassazione e consistente nella nullità delle notifiche in caso di mancata conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario. Come affermato dalla Suprema Corte, infatti, “sono nulle le notifiche qualora non sia stato rispettato questo adempimento” (sent. Corte Cassaz. 11105/2001). Per quanto riguarda l’applicazione di queste norme in ambito tributario, poi, occorre sottolineare che l’inesistenza (o anche il solo vizio) di notifica degli atti, proprio perché appartenenti alla tipologia degli atti sostanziali di natura ricettizia (che si perfezionano cioè solo con la loro notificazione), determina l’inesistenza degli stessi, deducibile come motivo in sede d’impugnativa, senza possibilità di sanatoria per raggiungimento dello scopo, in quanto detta sanatoria opera solo per gli atti processuali e non per quelli sostanziali come nel caso di specie (si veda sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite del 3 giugno 2004 n. 19854). Dall’Art. 36 legge 31/2008 che ha convertito il D.L. 248/2007 alcuni commi:

2-quater. All’articolo 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, dopo il quinto comma, è aggiunto il seguente: «Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata». 2-quinquies. La disposizione di cui al comma 2-quater si applica ai procedimenti di notifica effettuati, ai sensi dell’articolo 7 della citata legge 20 novembre 1982, n. 890, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le notificazioni delle sentenze già effettuate, ai sensi dell’articolo 7 della citata legge n. 890 del 1982, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stata consegna del piego personalmente al destinatario e se è provato che questi non ne ha avuto conoscenza. 3. soppresso 4. soppresso 4-bis. Al comma 148 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le parole: «1° aprile 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 ottobre 2009». 4-ter. La cartella di pagamento di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, contiene, altresì, a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1° giugno 2008; la mancata indicazione dei responsabili dei procedimenti nelle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati prima di tale data non è causa di nullità delle stesse.


CORTE COSTITUZIONALE: Sentenza no al criterio dell’ultima residenza comune dei coniugi per il Foro del divorzio

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 1, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), limitatamente alle parole “del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza,”.


Cass. civ. Sez. II, (ud. 11-04-2008) 03-06-2008, n. 14668

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VELLA Antonio – Presidente

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

UFFICIO TERRITORIALE GOVERNO TRAPANI, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 488/03 del Giudice di pace di TRAPANI, depositata il 08/09/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/04/08 dal Consigliere Dott. Lucio MAZZIOTTI DI CELSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
L’Ufficio Territoriale del Governo di Trapani ha impugnato per cassazione la sentenza 8/9/2003 con la quale il giudice di pace di Trapani, in accoglimento dell’opposizione proposta da C.F., annullava i verbali di contravvenzione redatti da agenti della Polizia di Stato per violazione degli artt. 158, 154 e 172 C.d.S.. Il giudice di pace osservava: che due agenti della Polizia di Stato, a bordo di un’autovettura civile, avevano affiancato l’autovettura condotta dalla C. alla quale avevano poi contestato alcune violazioni di norme dettate dal C.d.S.; che le dette violazioni erano state però contestate oralmente in quanto gli agenti erano sprovvisti dell’apposito modulario; che il descritto operato degli agenti era affetto da nullità radicale ed insanabile; che non era consentito limitare, in pregiudizio della opponente, la possibilità di difendersi soltanto con una querela di falso.

L’intimata C.F. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso l’Ufficio Territoriale del Governo di Trapani denuncia violazione degli artt. 200 e 201 C.d.S., nonchè del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, artt. 384 e 385, deducendo che esiste una distinzione tra i tre momenti dell’operazione dell’accertamento della violazione, ossia contestazione, verbalizzazione e consegna del verbale. La contestazione avviene di regola in forma orale il che si è verificato nel caso di specie per cui la C. ha avuto la possibilità di esprimere le proprie osservazioni nel momento di detta contestazione. La redazione materiale del verbale e la sua consegna alla C. sono state posticipate per una impossibilità oggettiva, ossia la mancanza del modulario da parte degli agenti al momento della contestazione: ciò non ha comportato alcuna violazione di legge. Nel verbale gli agenti hanno specificato il motivo della mancata redazione dello stesso al momento dell’accertamento. Tale precisazione non era neanche necessaria posto che l’art. 200 C.d.S., esige di regola la contestazione immediata e non l’immediatezza della verbalizzazione la cui redazione può essere impossibile anche nell’ipotesi in cui gli agenti non abbiano momentaneamente il modulario.

Il motivo è fondato.

Occorre premettere che, come rilevato dal ricorrente, la questione relativa alla mancata redazione del verbale di contravvenzione – e della mancata consegna immediata di detto verbale subito dopo la relativa contestazione al trasgressore – è stata già affrontata da questa Corte la quale al riguardo ha affermato che: a) l’operazione di accertamento delle violazione al C.d.S., si, sviluppa nei tre momenti della contestazione, della verbalizzazione e della consegna della copia del verbale; b) la contestazione deve essere immediata con la conseguenza che ogni qualvolta tale contestazione sia possibile, essa non può essere omessa, a pena d’illegittimità dei successivi atti del medesimo procedimento; c) tuttavia l’art. 201 C.d.S., contempla l’eventualità che l’immediata contestazione dell’infrazione non risulti in concreto possibile e stabilisce che, in tale ipotesi, il verbale debba essere notificato al trasgressore con l’indicazione della circostanza impeditiva; d) la “verbalizzazione” è operazione distinta e successiva, rispetto alla già “avvenuta” contestazione; e) a norma del terzo comma dell’art. 200 C.d.S., copia del verbale deve essere consegnata al trasgressore; f) la contestazione deve ritenersi immediatamente avvenuta, anche se la consegna del verbale (per validi motivi) non segua nello stesso contesto di tempo, allorquando il contravventore sia stato fermato ed il pubblico ufficiale gli abbia indicato la violazione commessa e lo abbia posto in grado di formulare le proprie osservazioni (nei sensi suddetti, sentenza 21/11/2002 n. 16420).

Nel caso in esame non risulta contestato che la C. è stata fermata dagli agenti della Polizia di Stato i quali le hanno di persona ed immediatamente contestato le violazioni accertate consentendole di formulare osservazione e di illustrare argomenti a propria discolpa. Nessuna violazione o limitazione al diritto di difesa della C. è derivata dalla mancata immediata redazione del verbale della già avvenuta contestazione, verbale che è stato poi notificato all’interessata con l’espressa precisazione che gli agenti accertatori non avevano potuto redigere apposito verbale al momento della contestazione delle infrazioni “per mancanza di formulario a seguito”.

Si tratta di una motivazione valida e logicamente plausibile tenuto conto che – come riportato nella stessa sentenza impugnata – gli agenti accertatori facevano parte della Polizia di Stato e si trovavano a bordo di un’autovettura civile “per motivi di controllo del territorio” e, quindi, per svolgere compiti ulteriori rispetto a quelli della regolazione del traffico, della prevenzione e dell’accertamento delle violazioni in tema di circolazione stradale.

D’altra parte non risulta che la C. nei motivi di opposizione abbia specificato quale delle garanzie previste dalla legge per la difesa delle ragioni del trasgressore sarebbero state sacrificata o compressa in virtù della contestazione verbale delle infrazioni.

Deve quindi ritenersi che – al contrario di quanto affermato dal giudice di pace – alla ricorrente le infrazioni in questione siano state personalmente ed immediatamente contestate in modo corretto dagli agenti accertatori con l’indicazione delle norme violate e con la possibilità per la C. di formulare contestualmente osservazioni e di sollevare eccezioni ed obiezioni in ordine all’operato degli agenti.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2700 c.c., e artt. 221 e 313 c.p.c., deducendo che il giudice di pace ha errato nel ritenere che le risultanze del verbale di contestazione – relative ad accertamenti di fatto senza valutazioni e apprezzamenti discrezionali – potessero essere smentite da una mera dichiarazione di parte. I verbali in questione fanno invece fede fino a querela di falso per quanto riguarda la vericità delle affermazioni ivi contenute.

Il motivo è fondato nei sensi e nei limiti di seguito precisati.

Al riguardo va rilevato che costituisce principio ormai pacifico che nel giudizio di opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione irrogativa della sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonchè alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti; non è, invece, necessario, in applicazione della disciplina di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c., l’esperimento del rimedio predetto ove si intenda contestare la verità sostanziale di quanto dichiarato dalle parti medesime, o i giudizi valutativi espressi dal pubblico ufficiale, ovvero quelle circostanze dallo stesso menzionate relativamente ai fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali perchè mediati attraverso l’occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo.

Il ricorso deve quindi essere accolto con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio della causa al giudice di pace di Trapani (in persona di altro magistrato) il quale provvedere ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra esposti e dei principi di diritto sopra enunciati nonchè ad occuparsi degli altri rilievi mossi dalla C. ai verbali di contestazione in questione e la cui valutazione è stata implicitamente ritenuta assorbita dall’accoglimento della preliminare censura relativa alla asserita nullità del verbale impugnato per contestazione orale. Al giudice del rinvio si rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia al giudice di pace di Trapani (in persona di altro magistrato) anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2008.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2008


Nuove imprese: l’Ict batte la burocrazia

L’Information & communication technology contribuisce a tagliare i tempi della burocrazia. E’ quanto succede con l’avvio in via sperimentale della nuova procedura che rende più semplice e veloce la partenza di una attività.

Il primo passo consiste nel collegarsi al sito www.registroimprese.camcom.it e cliccare sull’area “comunicazione unica”. Da qui si scaricano alcuni software che servono per la realizzazione delle richieste che devono essere poi firmate digitalmente e inviate via telematica.

Cinque i passaggi da effettuare: compilare la richiesta di attribuzione di partita Iva / Codice Fiscale, compilare la pratica per il Registro delle Imprese, completare la pratica di Comunicazione Unica (inserendo eventualmente i moduli Inps e Inail), firmare digitalmente i documenti della pratica, inviare la pratica al Registro Imprese.

La risposta degli enti può arrivare nella sella di posta certificata attribuita gratuitamente dalla Camera di commercio entro sette giorni.

Inoltre, la ricevuta della ricezione della richiesta inviata dal registro delle imprese costituisce titolo autorizzativo per poter iniziare a fatturare come previsto dalla legge Bersani sulle liberalizzazioni.

Questo a meno che non ci sia bisogno di altre autorizzazioni.

Attivata in dieci città (Torino, Milano, Venezia, Padova, Ravenna, Prato, Pescara, Napoli, Taranto, Cagliari) dove gli imprenditori possono comunque seguire la vecchia strada, la procedura dovrebbe diventare operativa in tutta Italia entro giugno. Dal 20 agosto di quest’anno sarà obbligatoria.


Fisco, proroga a luglio per la scadenza dei modelli 730 e 770

Roma, 29 mag. (Adnkronos) – Proroga delle scadenze a luglio per la presentazione del 730 e del 770. Mentre per Unico slitta a settembre. In particolare, viene ufficializzata la proroga al 10 luglio dei termini di presentazione dei modelli 730 e 770 (in scadenza il 3 giugno), nonché la proroga al 30 settembre dei termini di presentazione del modello Unico 2008 (in scadenza il 30 luglio). Il sottosegretario al ministero dell’Economia, Daniele Molgora, ha comunicato nel corso di un incontro con il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili Claudio Siciliotti la volontà del governo di stabilire una proroga degli adempimenti fiscali di prossima scadenza, “venendo cosi incontro ad alcune delle istanze che gli sono state rappresentate dalle stesse categorie professionali”. “Nel corso dell’incontro senz’altro proficuo quello che più conta – afferma Molgora – è che è emersa la comune determinazione di intervenire sulla normativa a regime per definire, insieme, un quadro di scadenze che sia coerente rispetto alle tempistiche che intercorrono tra il rilascio della modulistica e dei software e i termini di effettuazione degli adempimenti. Così sarà possibile abbandonare, una volta per tutte, la politica delle proroghe che, sono certo, non piacciono nemmeno a professionisti e contribuenti”‘.


Vietato l’uso del cellulare in auto, anche se solo per cercare un numero

L’uso del telefonino in auto deve considerarsi vietato. Le multe scattano non solo se si sta parlando ma anche se si sta semplicemente cercando un numero sulla rubrica. Le mani in sostanza devono stare sempre sul volante. L’avvertimento arriva dalla Cassazione (sentenza n.13766/2008) che invita gli automobilisti a mantenere una condotta di guida prudente.

La Corte spiega che “l’uso del cellulare per la ricerca di un numero telefonico nella relativa rubrica o per qualsiasi altra operazione dall’apparecchio consentita risulta censurabile in quanto determina non solo una distrazione in genere, implicando lo spostamento dell’attenzione dalla guida all’utilizzazione dell’apparecchio, ma anche l’impegno di una delle mani sull’apparecchio con temporanea indisponibilità e comunque conseguenziale ritardo nell’azionamento dei sistemi di guida”. Applicando questo principio i Giudici della Corte hanno respinto il ricorso di un automobilista piemontese “pizzicato” con il telefonino alla guida. La contravvenzione era stata già convalidata dal giudice di pace. Inutile il ricorso in Cassazione. L’uomo aveva sostenuto la violazione del secondo comma dell’art. 173 Cds, in quanto, a suo dire, quell’articolo sanzionerebbe “il solo uso del telefono cellulare ai fini di conversazione” mentre lui stava usando il telefonino solo per prelevare dati dalla rubrica. La Suprema Corte ha dichiarato “manifestamente infondato” il ricorso lo ha respinto ricordando che “la ratio della norma” che vieta l’uso del telefonino alla guida prevede non soltanto che “gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione” ma consente “l’uso di apparecchi vivavoce o dotati di auricolare che non richiedono per il loro funzionamento l’uso delle mani”. Secondo la Corte occorre “prevenire comportamenti tali da determinare, in generale, la distrazione dalla guida e, in particolare, l’impegno delle mani del guidatore in operazioni diverse da quelle strettamente inerenti alla guida stessa”.


(ECO) Notifiche: verso Testo Unico, associazione A.n.n.a. incontra Cisl e Cgil

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 29 mag – Primi passi verso l’emanazione di un Testo Unico sulle Notifiche a seguito di un’apposita legge delega. Si sono infatti svolti i primi incontri propedeutici al progetto tra l’Associazione nazionale notifiche atti (Anna) e i segretari nazionali della Funzione pubblica di Cisl e Cgil, mentre sarà chiesto a breve un faccia a faccia con i vertici Uil. Le parti hanno convenuto sul fatto che la proposta dell’Associazione Anna di organizzare un convegno sul tema a Roma nel prossimo novembre sia un’iniziativa funzionale alla presentazione al Governo di un progetto condiviso in modo da arrivare prima dell’estate del 2009 ad avere una prima bozza del Testo Unico. A tal proposito, sono già in corso avanzati contatti con le segreterie dei Ministri della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta e della Giustizia Angelino Alfano.
Com-Ppa-

(RADIOCOR) 29-05-08 18:39:46 (0464) 5 NNNN


Cass. civ. Sez. II, (ud. 29-02-2008) 27-05-2008, n. 13766

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – rel. Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.V.E., in proprio e nella qualità di legale rappresentante della Società Vita s.p.a., elettivamente domiciliato in Roma Via della mercede 52, presso lo studio dell’avv. MENGHINI Mario, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. VITI Paolo, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI ALESSANDRIA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1234/05 del giudice di pace di Alessandria, depositata il 24/10/05;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 29/02/08, del Presidente e Relatore Dott. SETTIMJ Giovanni;

Udito l’Avvocato MENGHINI Mario, difensore del ricorrente che si riporta al ricorso;

lette le conclusioni scritte dal Sost. Proc. Gen. Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso;

Visto l’art. 375 c.p.c., per il rigetto del ricorso del ricorso per essere manifestamente infondato, con la conseguente di legge;

udito il P.M., in persona del Dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
M.V.E. impugna per cassazione la sentenza 24.10.05 con la quale il G.d.P. di Alessandria ne ha respinto l’opposizione proposta avverso il verbale di contestazione n. 351821219 redatto nei suoi confronti dai Carabinieri di Spinetta Marengo per violazione dell’art. 173 C.d.S., comma 2, accertata il 14.4.05.

Parte intimata non svolge attività difensiva.

Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di rigetto del ricorso.

Al riguardo le considerazioni svolte dal Procuratore Generale e la conclusione cui è pervenuto sono senza dubbio da condividere.

Si duole il ricorrente – denunziando violazione dell’art. 173 C.d.S., comma 2, – che il giudice a quo non abbia ritenuto valide le difese svolte, con le quali aveva evidenziato che non stava usando il telefono cellulare per conversare ma per prelevarne dati dalla rubrica, ed operato un’indebita interpretazione estensiva della norma, diretta, invece, a sanzionare il solo uso del telefono cellulare a fini di conversazione.

Il motivo è manifestamente infondato.

La ratio della norma – che costituisce una delle specificazioni alle quali rinvia dell’art. 140 C.d.S., comma 2, dopo aver posto, al comma 1, il principio generale per cui “Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo od intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale” così stabilendo a priori l’illegittimità d’una condotta di guida genericamente pericolosa riconducibile a ciascuna delle prescrizioni di seguito singolarmente dettate – è, infatti, intesa, come dimostra una coordinata lettura del suo testo integrale per cui “è consentito l’uso di apparecchi viva voce o dotati di auricolare … che non richiedono per il loro funzionamento l’uso delle mani”, a prevenire comportamenti tali da determinare, in generale, la distrazione dalla guida ed, in particolare, l’impegno delle mani del guidatore in operazioni diverse da quelle strettamente inerenti alla guida stessa.

Pertanto, l’uso del cellulare per la ricerca d’un numero telefonico nella relativa rubrica o per qualsiasi altra operazione dall’apparecchio stesso consentita, risulta, in relazione alla finalità perseguita dalla norma, censurabile sotto entrambi gli evidenziati profili, in quanto determina non solo una distrazione in genere, implicando lo spostamento dell’attenzione dalla guida all’utilizzazione dell’apparecchio e lo sviamento della vista dalla strada all’apparecchio stesso, ma anche l’impegno d’una delle mani sull’apparecchio con temporanea indisponibilità e, comunque, consequenziale ritardo nell’azionamento, ove necessario, dei sistemi di guida, ritardo non concepibile ove si consideri che le esigenze della conduzione del veicolo possono richiedere tempi psicotecnici di reazione immediati.

Il giudice a quo non ha dunque, operato un’indebita interpretazione estensiva, bensì si è attenuto ad una lettura non solo logica ma anche letterale della norma.

L’esaminato motivo non meritando accoglimento, il ricorso va, dunque, respinto.

Parte intimata non avendo svolto attività difensiva, il ricorrente evita le conseguenze della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte:

Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2008


Abolita l’ICI “prima casa” già a decorrere dal 2008

Per effetto delle nuove regole emanate dal Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008, l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, a decorrere dall’anno 2008, è esclusa dall’imposta comunale sugli immobili di cui al D.Lgs n. 504/1992.

Nel delimitare l’applicazione dell’imposta, risultano sicuramente escluse le unità immobiliari di categoria catastale A1, A8 e A9, anche se adibite ad abitazione principale, per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall’articolo 8, commi 2 e 3, D.Lgs n. 504/1992.

Tuttavia, si segnala che il testo definitivo del Decreto Legge non è ancora disponibile; inoltre, si evidenziano alcuni casi in cui dovrà essere fatta chiarezza:

  • estensione dell’esclusione dell’ICI anche alle pertinenze dell’abitazione principale (si ritiene corretto applicare le regole di individuazione previste dal Regolamento comunale);
  • abitazione in comodato ai familiari;
  • proprietari ricoverati in case di cura.

P.A., Brunetta: “Al via l’Operazione Trasparenza”

Come annunciato nei giorni scorsi al ForumPA, il ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione ha messo sul sito del suo dicastero dati dei dirigenti, organigrammi, tassi di assenza. Così ”rispondo ai 60 milioni di miei azionisti, i cittadini italiani”

Roma, 24 mag. (Adnkronos) – Con l’”Operazione Trasparenza rispondo ai 60 milioni di miei azionisti, i cittadini italiani”. E’ quanto ha affermato il ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta (nella foto) nel presentare la novità, annunciata giorni fa, di mettere on line, sul sito del suo dicastero (www.innovazionepa.it), i dati dei dirigenti (le retribuzioni lorde, curricula, funzioni, telefoni e mail), ma non solo, gli organigrammi, i tassi di assenza per ufficio, ecc…. Da questa mattina alle 9 sono consultabili da chiunque sul sito Internet del ministero e delle strutture collegate: Aran, Formez, Cnipa. In tutto 1.100 dipendenti di cui 330 del ministero della P.A.. “Penso che la Pubblica amministrazione debba essere trasparente come una società quotata che risponde agli azionisti – ha spiegato Brunetta – in questo caso ai cittadini e per i risultati che vengono realizzati. Per questo ho varato l’Operazione Trasparenza’ e spero, anzi sono sicuro, che altri ministeri faranno lo stesso”. Quanto al messa in rete dello stipendio dello stesso ministro e del suo Gabinetto, Brunetta ha detto che entro pochi giorni saranno fruibili ma che non dipende da lui ma dalla Presidenza del Consiglio. Il ministro, nell’illustrare i primi dati sul sito, in particolare le tabelle sulle retribuzioni lorde dei dirigenti di prima fascia, non ha mancato di parlare di “mostruosità” prodotta dalla nostra struttura pubblica in quanto appare evidente che i dirigenti, a parte il capo dipartimento, sono pagati tutti allo stesso modo. “Il tabellare è uguale per tutti – ha osservato Brunetta – come anche la posizione fissa, ma perfino la posizione variabile sembra fissa e i risultati sono straordinariamente uguali tra loro. A parte il capo dipartimento, i direttori generali sono pagati tutti alla stessa maniera”. “Ne prendiamo atto – ha aggiunto – ma con tali strumenti una azienda privata fallirebbe in una settimana. Possibile che siano tutti bravi” E questo impianto, grosso modo, c’è dappertutto per i 3,7 milioni di dipendenti pubblici”. Anche gli stipendi dei dirigenti di seconda fascia, anche se leggermente più articolati hanno come “leit motiv’ il fatto di essere pagati tutti alla stessa maniera. Così non si va da nessuna parte…”.

Quanto ai tassi di assenza Brunetta ha spiegato che ”nella P.A. sono mediamente il doppio che nel privato. E questo non è ammissibile”. Ma non si è sbilanciato sulle varie voci limitandosi a dire che saranno valutate le assenze. “Se le assenze per malattie saranno troppe – ha detto – saranno i singoli dirigenti a farsene carico. La media comunque nel mio ministero è di 11 giorni l’anno, non mi permetto di giudicare”. E a chi gli domandava del consistente numero di permessi sindacali ha risposto: “Il sindacato forte è un grande fattore di democrazia e modernizzazione. Credo che i permessi sindacali siano un investimento in democrazia”. L’Operazione Trasparenza, comunque, ha tenuto a precisare più volte il ministro, “è stata eseguita in accordo con il Garante per la Privacy che ha indicato la metodologia da seguire chiedendo l’autorizzazione ai dirigenti che hanno risposto positivamente e che colgo l’occasione per ringraziare. Si tratta di un’operazione in ‘progress’ che punta alla pubblicazione sul sito di obiettivi assegnati ai dirigenti, valutazioni, indicatori finanziari di spesa, indicatori di qualità. E per questo abbiamo avviato un rapporto di collaborazione con l’Istat”, il cui presidente Luigi Biggeri ha partecipato alla conferenza stampa.


Testo Unico delle Notifiche

Comunicato Stampa del 25/05/2008
Si sono svolti i primi incontri propedeutici alla realizzazione di un ambizioso progetto elaborato dall’Associazione A.N.N.A. relativo all’emanazione di un “Testo Unico sulle Notifiche” a seguito di una apposita Legge Delega.

Tali incontri si sono svolti a Roma la scorsa settimana, in modo disgiunto, con i Segretari Nazionali della Funzione Pubblica della CISL Velio Alia e della CGIL Antonio Crispi; nei prossimi giorni sarà richiesto anche un incontro alla Funzione Pubblica UIL.

Durante tali colloqui sono state affrontate alcune delle problematiche che attualmente coinvolgono la figura del Messo Comunale, sia con riferimento agli aspetti tecnico-professionali emergenti che più squisitamente sindacali, cioè connessi ad un corretto e congruo inquadramento contrattuale, nonché ai particolari diritti e doveri di detto lavoratore.

Sia il Segretario Nazionale della CISL che quello della CGIL, pur con diverse sfumature, hanno valutato come indiscutibile la necessità, ma anche la complessità che tale progetto pone, soprattutto perché coinvolge diversi soggetti portatori di specifici interessi (Autorità Giudiziarie, Messi Comunali, Ufficiali Giudiziari, Avvocati, Ordine dei Commercialisti, Agenzia delle Entrate, etc.) non sempre coincidenti.

Il Presidente dell’Associazione Nazionale Notifiche Atti, coadiuvato dal membro della Giunta Esecutiva Margherita Baldoni e del Consiglio Generale Lazzaro Fontana, ha evidenziato come sia indispensabile arrivare alla creazione di “tavoli nazionali” di confronto e sintesi tra i vari soggetti coinvolti nell’attività notificatoria al fine di arrivare alla realizzazione di un Testo Unico che, pur tenendo conto delle specificità, porti alla creazione di un unico corpo normativo ove fare sintesi dei molteplici (ed a volte contraddittori) procedimenti notificatori oggi presenti nell’ordinamento italiano, anche in un ottica di tipo europeo.

Tutti hanno convenuto che la proposta dell’Associazione A.N.N.A. di organizzare a Roma, nel mese di Novembre 2008, uno specifico convegno dal titolo: “Il pianeta delle notifiche” un’iniziativa sicuramente funzionale alla presentazione al Governo di un progetto condiviso in modo da arrivare, prima dell’estate del 2009, ad avere una prima bozza del “Testo Unico sulle Notifiche”


Cassazione: mobbing negli Enti pubblici quando si modifica l’organico

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (Sent. 8740/2008) ha stabilito che non sussiste ‘mobbing’ e/o demansionamento nel caso in cui un Ente pubblico effettui una modifica dell’organico (legittima per il TAR) per cui un lavoratore si trovi ad essere sostituito da un neo-assunto che, per effetto della modifica dell’Ente, si trova a ricoprire un nuovo posto di lavoro con mansioni superiori al lavoratore.
La Corte ha quindi precisato che non vi è demansionamento nel caso in cui un lavoratore venga a trovarsi “in posizione subordinata rispetto a quella di un neoassunto con qualifica superiore” e che “l’art. 52 del d. lgs. n. 165 del 2001, a differenza dell’art. 2103 c.c., infatti, impone nei confronti del prestatore di lavoro pubblico il mantenimento delle mansioni per le quali è stato assunto o di quelle “considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”, senza dare rilievo a quelle in concreto svolte”.
Gli Ermellini hanno quindi precisato che non c’è mobbing solo nel caso in cui tale modifica di posizione non comporti mutamento negli incarichi che debbono quindi rimanere congrui rispetto all’inquadramento del lavoratore e ci? anche se di fatto non si trova più al vertice del settore.


Cass. pen. Sez. Unite, (ud. 27-03-2008) 15-05-2008, n. 19602

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE PENALI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GEMELLI Torquato – Presidente

Dott. LATTANZI Giorgio – Consigliere

Dott. GRASSI Aldo – Consigliere

Dott. MARZANO Francesco – Consigliere

Dott. CARMENINI Secondo L. – Consigliere

Dott. MILO Nicola – Consigliere

Dott. IACOPINO Silvana – Consigliere

Dott. CANZIO Giovanni – Consigliere

Dott. ROTELLA Mario – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.B., nata a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, emessa in data 13.12.2006;

udita la relazione del Consigliere Dott. CARMENINI;

udite le conclusioni del p.g., avv. gen. CIANI Gianfranco, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza in data 13 dicembre 2006, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del tribunale monocratico di Rossano del 2 novembre 2005, ha confermato il giudizio di responsabilità penale a carico di M.B. in ordine ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (capo A della rubrica) e artt. 71 e 72, medesimo D.P.R. (capo C), per avere realizzato un fabbricato a due piani fuori terra in cemento armato, edificato su un terrapieno sorretto da un muro di contenimento anch’esso in cemento armato, senza la prescritta concessione edilizia, senza il progetto esecutivo e la direzione di un tecnico qualificato, senza la previa prescritta denuncia all’Ufficio dell’ex Genio civile. Di conseguenza la Corte ha condannato l’imputata alla pena come in atti, confermando l’ordine di demolizione delle opere abusive, ha concesso i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna e ha dichiarato estinti per prescrizione gli ulteriori reati di cui al capo B (violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95).

La M. ha impugnato detta sentenza con ricorso per cassazione, articolando quattro motivi. Col primo motivo lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità. In particolare si duole dell’erronea applicazione dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, sul rilievo che la notificazione all’imputata dell’avviso di fissazione del giudizio di appello per l’udienza del 13.11.2006 è stata effettuata al difensore di fiducia, nonostante l’esistenza agli atti di un domicilio dichiarato; precisa che trattandosi di prima notificazione nella fase di appello, la stessa avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 1. Secondo la ricorrente la modalità di notificazione adottata nella specie configurerebbe un’ipotesi di nullità assoluta ed insanabile, ai sensi dell’art. 179 c.p.p., in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. e), che travolgerebbe ogni atto conseguente, compresa la sentenza impugnata. Col secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 40 c.p., nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto. La M. assume di essere estranea ai fatti, essendo soltanto il marito il proprietario del terreno su cui insiste il manufatto e il committente dell’opera abusivamente realizzata;

sostiene che la Corte di appello di Catanzaro ha violato il principio della responsabilità penale personale, e, con una motivazione palesemente illogica, ha ritenuto la sua colpevolezza sul presupposto che “la qualità di committenti oltre che di proprietari dell’opera abusiva discende dalla qualità di conviventi” e che “la stessa (l’imputata) era presente al momento dell’intervento dei militari operanti ed ha sottoscritto il verbale di constatazione dell’illecito edilizio”.

Col terzo e quarto motivo, infine, eccepisce la prescrizione anche dei residui reati e lamenta un trattamento sanzionatorio eccessivamente gravoso.

La Terza Sezione penale, rilevata l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla “legittimità della notificazione all’imputato del decreto di fissazione dell’udienza per il giudizio di appello” mediante consegna “al difensore di fiducia, ex art. 157 c.p.p., comma 8 bis, nonostante l’esistenza agli atti del domicilio dichiarato”, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen..

Il Primo Presidente, con decreto del 5 febbraio 2008, ha fissato, per la trattazione del ricorso, l’odierna udienza pubblica del 27 marzo 2008.

Motivi della decisione
La questione giuridica controversa può essere così sintetizzata:

“Se la notificazione presso il difensore di fiducia, ex art. 157 c.p.p., comma 8 bis, possa essere effettuata anche nel caso in cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni”.

Le soluzioni date dalla giurisprudenza di questa Corte hanno evidenziato un contrapposto orientamento, sviluppatosi soprattutto tra la Quinta Sezione penale, da un lato, e la Terza e la Sesta Sezione, dall’altro.

In breve, la Quinta Sezione ha affermato, con le sentenze Landra (25.01 – 27.02.2007, n. 8108 rv 236522) e Rizzato (24.10 – 06.12.2005, n. 44608 rv 232612), che il domicilio “legale” non può prevalere su quello dichiarato, considerato che l’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, è riferibile, nell’organizzazione della norma in cui si inserisce, alle ipotesi considerate dai commi precedenti; che “la disposizione di cui all’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, (relativa alle notifiche all’imputato mediante consegna al difensore di fiducia) si applica solo alle notificazioni successive a quella eseguita ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8, mentre non si applica nell’ipotesi in cui l’imputato abbia precedentemente eletto (dichiarato) domicilio nel luogo di abituale dimora, ex art. 161 cod. proc. pen.”; che la nullità tempestivamente eccepita comporta la nullità del giudizio di appello e della sentenza impugnata”.

Al contrario, la Terza sezione (sentenza Ardito, 20.09 – 08.11.2007, n. 41063 rv 237639) e la Sesta Sezione (sentenze Casilli, 09.03 – 01.06.2006, n. 19267 rv 234499; Borrelli, 02.04 – 31.05.2007, n. 21341 rv 236874, ed altre) rilevano che la forma di notificazione prevista dall’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, “deve ritenersi prevalente su ogni altra”, sicchè, in presenza di nomina fiduciaria, è irrilevante, ai fini della successiva notificazione del decreto di citazione in appello, il domicilio dichiarato dall’imputato;

evidenziano che l’art. 157 cod. proc. pen., comma 8 bis è stato introdotto dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, che ha convertito con modificazioni il D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, all’enunciato fine di garantire la ragionevole durata del processo in ottemperanza all’art. 111 Cost. e, quindi, di accelerare i tempi di notifica degli atti;

sottolineano che presupposto di operatività della norma è esclusivamente la previa rituale effettuazione di una prima notifica all’imputato “a piede libero”, riferendosi a tale prima notifica l’incipit dell’art. 157 cod. proc. pen. “salvo quanto previsto dagli artt. 161 e 162 cod. proc. pen.”, in considerazione proprio della ratio della nuova disposizione, volta a consentire un tendenziale e generalizzato risparmio di tempi attraverso l’automatica notificazione degli atti ulteriori al difensore di fiducia (che diviene domiciliatario per legge del proprio assistito); sostengono che l’indagato/imputato può, in qualsiasi momento, escludere la domiciliazione ex lege con dichiarazione o diversa elezione di domicilio esplicitamente ed espressamente formulata in tal senso; che il difensore di fiducia non soltanto ha la possibilità di proporre deduzioni per la valutazione, da parte del giudice ex art. 420 bis cod. proc. pen., del rilievo probabilistico del buon esito della citazione dell’imputato, ma può anche interrompere l’automatismo delineato dal comma 8 bis in esame, dal momento che la stessa norma prevede che egli “può dichiarare immediatamente all’autorità che procede di non accettare la notificazione”.

Le opposte soluzioni ermeneutiche risentono della non univoca soluzione normativa data ai rilievi mossi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo al sistema previgente dei processi in contumacia, mediante la L. 22 aprile 2005, n. 60 di conversione del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, nel cui corpo è inserita la normativa in esame.

Due sono i principi ai quali la disciplina in parola ha inteso ispirarsi: 1) il diritto dell’imputato alla conoscenza dell’accusa;

2) la garanzia della ragionevole durata del processo.

Il secondo dei filoni giurisprudenziali sopra esposti mostra di privilegiare la celerità del processo e si inserisce tendenzialmente nelle linee maggiormente evolutive del rapporto imputato-difensore, privilegiando la figura del difensore di fiducia, nella quale individua l’elemento portante ed innovativo della L. n. 60 del 2005, ed assegnando alla notifica all’imputato, mediante consegna al difensore di fiducia, un ruolo del tutto fisiologico, quale forma ordinaria di notificazione.

L’auspicabile semplificazione del sistema delle notificazioni, non completato con chiarezza dal legislatore, non può, tuttavia, essere effettuato in via meramente ermeneutica. Le stesse sentenze fautrici di questo orientamento sono portate ad assegnare alla parte adempimenti non espressamente previsti, ma ricavabili solo forzatamente dal sistema (l’indagato/imputato può, in qualsiasi momento, escludere la domiciliazione ex lege con dichiarazione o diversa elezione di domicilio esplicitamente ed espressamente formulata in tal senso; il difensore di fiducia ha la possibilità di proporre deduzioni per la valutazione, da parte del giudice ex art. 420 bis cod. proc. pen., del rilievo probabilistico del buon esito della citazione dell’imputato). Questa soluzione, per altro, comporterebbe un forte ridimensionamento di taluni punti della vigente regolamentazione dell’elezione di domicilio (artt. 161 e 162 cod. proc. pen.), nel senso che la dichiarazione o l’elezione di domicilio ivi previste riguarderebbero esclusivamente l’imputato difeso d’ufficio, in quanto per l’imputato difeso di fiducia non sarebbe possibile alcuna dichiarazione di domicilio, nè un’elezione diversa da quella presso il suo difensore.

La lettura sistematica, allo stato consentita dal complesso delle norme coinvolte – senza che per altro si possa fare carico alla sede ermeneutica della maggiore o minore incisività del raggio di azione della norma positiva -, deve condurre verso l’opzione prescelta dal primo orientamento, con le precisazioni applicative nei sensi di seguito esplicate.

Gli artt. 157 e 161 e ss. cod. proc. pen. descrivono, per quanto attiene alle notificazioni all’imputato non detenuto, un percorso duplice, rafforzato dall’inizio testuale del primo di detti articoli (“salvo quanto previsto dagli artt. 161 e 162 c.p.p.”).

In buona sostanza il legislatore ha inteso assicurare la piena conoscenza dell’accusa da parte dell’imputato rappresentandosi due situazioni: la prima si verifica quando manca un previo contatto con le autorità indicate dall’art. 161 cod. proc. pen. ed in tal caso occorre una prima notificazione direttamente all’interessato in una delle forme previste dall’art. 157; la seconda si verifica quando l’imputato può essere avvertito dal giudice, dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria ed il tal caso emergerà, in genere, una dichiarazione o elezione di domicilio e si seguiranno le forme indicate dall’art. 161 e ss. c.p.p.. In questa visione la disposizione contenuta nell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis non può non essere letta nell’ambito dell’articolo che la contiene.

Il sistema appare, dunque, articolato secondo due tipologie di notificazioni.

Quando si deve effettuare la prima notificazione all’imputato, che non abbia eletto o dichiarato domicilio, si deve procedere in uno dei modi consecutivi previsti dai primi otto commi, art. 157 c.p.p..

Una volta effettuata regolarmente la prima notificazione, se l’imputato provvede a nominare il difensore di fiducia, tutte le successive notificazioni si effettuano mediante consegna al difensore; questi può “immediatamente”, quindi antecedentemente alla prima notificazione presso di lui, dichiarare all’autorità che procede di non accettare la notificazione, altrimenti il processo nei suoi vari gradi seguirà con la notificazione al difensore di fiducia.

In caso di mancata nomina del difensore di fiducia, si procederà a norma dell’art. 161 cod. proc. pen., commi 2 e 4.

Se, invece, vi sono state elezione o dichiarazione di domicilio, si seguiranno direttamente le forme dettate dall’art. 161 e ss. cod. proc. pen..

Va sottolineato che, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la conoscenza dell’accusa, preordinata allo svolgimento di un’efficace attività difensiva, deve realizzarsi attraverso una “notificazione ufficiale proveniente dall’autorità competente” (Brozicek c. Italia, 19 dicembre 1989); ma non si richiede necessariamente una forma particolare. La stessa Corte delinea un’attività collaborativa da parte dell’imputato, una volta regolarmente avvisato (Kimmel c. Italia, 2 settembre 2004; Booker c. Italia, 14 settembre 2006; Zaratin c. Italia, 23 novembre 2006). Il disinteresse dell’imputato informato equivale ad una rinuncia a presenziare alle udienze con la conseguenza che non è configurabile nessuna violazione della Convenzione.

Ancora, in tema di semplificazione dell’iter del processo attraverso un sistema di notificazioni non incerto, vanno ribaditi i seguenti principi giurisprudenziali: a) l’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, “riguarda l’intero processo e non già ogni grado di giudizio, sicchè non occorre individuare per ciascuna fase processuale una prima notificazione rispetto alla quale possa, poi, trovare attuazione la nuova disciplina” (in tal senso la Terza Sezione nell’ordinanza di rimessione, nonchè Cass. Sez. 5^, 25.05. – 21.11.2006, n. 38136, ric. Bertone e altro, rv 235976 e Sez. 4^, 11.10 – 21.11.2005, n. 41649, Mandrini, rv 232409); b) la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mente essa non ricorre nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen.. Per altro, l’imputato che intenda eccepire la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare l’inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non avere avuto cognizione dell’atto e indicare gli specifici elementi che consentano l’esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice stesso (Cass. Sez. U. sent. 00119 del 2005, Palumbo).

Si possono ora trarre le debite conclusioni sulla questione giuridica controversa.

Al quesito: “Se la notificazione presso il difensore di fiducia, ex art. 157 c.p.p., comma 8 bis, possa essere effettuata anche nel caso in cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni”, deve essere data risposta negativa.

Consegue come lineare corollario che: 1) l’operatività dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, è subordinata all’assenza di una dichiarazione o elezione di domicilio. Tutte le successive notificazioni, qualora l’imputato abbia nominato un difensore di fiducia e non abbia dichiarato o eletto domicilio, devono essere eseguite mediante consegna al difensore, ferma restando l’assenza di una preclusione all’esercizio della facoltà dell’imputato stesso di dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni anche dopo la nomina di un difensore di fiducia, esercizio che ha l’effetto di paralizzare la regola contenuta nel citato comma 8 bis; 2) detta regola, inoltre, riguarda l’intero processo, sicchè non occorre individuare per ciascuna fase processuale una prima notificazione rispetto alla quale possa, poi, trovare attuazione la nuova disciplina; 3) l’eventuale nullità derivante dalla notificazione effettuata ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, per casi diversi da quelli previsti non configura una nullità assoluta ed insanabile per omessa vocatio in jus, bensì una nullità di ordine generale e a regime intermedio per inosservanza delle norme sulla notificazione, che deve ritenersi sanata quando risulti provato che l’errore non abbia impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa; essa rimane comunque senza effetto se non è dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184 c.p.p., comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183 c.p.p. e alle regole di deducibilità di cui all’art. 182 cod. proc. pen., oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p..

Prendendo in esame la specifica situazione oggetto del primo motivo di ricorso, secondo le emergenze del processo, è agevole rilevare che il 2 dicembre 2003 la M., come risulta dal verbale redatto dalla polizia giudiziaria, dichiarava domicilio presso la sua abitazione in (OMISSIS), ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., e nominava difensore di fiducia l’avv. Leonardo Trento del foro di Rossano; riceveva a mani proprie, nel domicilio dichiarato, tutti gli atti del procedimento di primo grado (l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione diretta a giudizio); il 2 novembre 2005 il Tribunale pronunciava sentenza di condanna, avverso la quale l’imputata proponeva appello personalmente con atto sottoscritto anche dal difensore di fiducia.

Il decreto di citazione per il giudizio di appello veniva notificato, ex art. 157 c.p.p., comma 8 bis, mediante consegna al difensore di fiducia, avv. Leonardo Trento; l’imputata non compariva all’udienza fissata e la Corte ne dichiarava la contumacia; l’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado le veniva notificato il 19 gennaio 2007, di nuovo ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, presso il difensore di fiducia, avv. Leonardo Trento, il quale non si era avvalso della facoltà di non accettare gli atti notificatigli;

il 28 febbraio 2007 l’imputata proponeva personalmente ricorso per cassazione, con atto sottoscritto anche dal nuovo difensore Serafino Trento, nominato in calce al ricorso con contestuale revoca dell’avv. Leonardo Trento (v’è da notare che, a parte l’omonimia patronimica, entrambi i suddetti avvocati fanno parte non solo del medesimo Foro di Rossano, ma anche del medesimo studio – v. il timbro dello studio legale in cui figurano entrambi – e l’avv. Serafino Trento aveva anche sostituito l’avv. Leonardo Trento all’udienza del 15 dicembre 2004 nel corso del giudizio di primo grado).

Come si vede, la ricorrente non solo non deduce la mancata o comunque menomata conoscenza conseguente all’adozione del modello di notificazione previsto dall’art. 157 c.p.p., comma 8 bis, ma dimostra di essere sempre stata a piena conoscenza di tutti gli sviluppi del processo, avendo anche proposto personalmente le impugnazioni, sia in grado di appello che in sede di legittimità; nè il difensore, presso cui sono state effettuate le notificazioni, ha eccepito alcunchè nel giudizio di appello: ne consegue che la notificazione, certamente non inesistente, ma viziata, in quanto diversa dal modello di notificazione prescritto, non ha provocato nessuna lesione del diritto alla conoscenza e all’intervento dell’imputata e, per altro, la relativa eccezione è comunque tardiva, poichè ben poteva e doveva essere dedotta nel giudizio di appello.

Il primo motivo di ricorso deve essere, quindi, disatteso.

A conclusioni analoghe deve pervenirsi in relazione al secondo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente deduce l’erronea affermazione della sua colpevolezza in ordine ai reati ascrittile, in violazione del principio della responsabilità penale personale, assumendo di essere estranea ai fatti, al più attribuibili al marito, proprietario del terreno su cui insiste il manufatto e committente dell’opera abusivamente realizzata.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, in tema di reati edilizi, la responsabilità relativa al manufatto sul quale l’abuso è stato effettuato può dedursi da indizi precisi e concordanti, quali la qualità di coniuge del committente, il regime patrimoniale dei coniugi, lo svolgimento di attività di vigilanza dell’esecuzione dei lavori, la richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, la presenza in loco. all’atto dell’accertamento. Pertanto, una volta ritenuto in fatto il diretto interesse ai lavori e la qualità della M. di committente dell’opera abusiva, secondo un accertamento corretto ed insindacabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha conseguentemente ritenuto la colpevolezza dell’imputata, pervenendo a conclusioni esenti da vizi logico- giuridici (v., ex plurimis, Cass. Sez. 3, sent. n. 32856 del 2005 rv 232200, Farzone; n. 26121 del 2005, Rosato, rv 231954).

Neppure si è verificata l’invocata prescrizione dei residui reati per i quali la Corte catanzarese ha affermato la responsabilità penale della M..

I fatti sono stati contestati come ancora in corso il 20.11.2003; il periodo prescrizionale massimo, secondo la normativa applicabile alla specie, matura in quattro anni e sei mesi; a questo arco di tempo va, poi, aggiunto il periodo di sospensione di un mese a causa del rinvio dell’udienza in sede di appello dal 13.11 al 13.12.2006, dietro richiesta del difensore dell’imputata: l’evento estintivo dei reati si verificherebbe, quindi, soltanto il 20.6.2008. Si aggiunga che la sentenza di appello ha fissato, senza rilievi di parte, al 2.12.2003 (e non al 20.11) la fine dei lavori.

Quanto al trattamento sanzionatorio, infine, la Corte territoriale, nel confermare i criteri adottati dal primo giudice, ha provveduto ad eliminare la pena inflitta per la contravvenzione dichiarata prescritta ed ha ridotto l’aumento per la continuazione, ritenuto eccessivo, pervenendo così ad una pena del tutto adeguata ai profili oggettivi e soggettivi dei reati commessi, secondo i criteri fissati dall’art. 133 c.p..

Consegue alle suesposte considerazioni il rigetto del ricorso.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2008


Incontri con i resp. Naz. dei sindacati CISL e CGIL

Si svolgeranno martedì 20 maggio a Roma gli incontri tra i Resp. Naz. della Funzione Pubblica dei Sindacati CISL e CGIL e A.N.N.A.. Il Presidente sarà accompagnato dai colleghi Baldoni di Ancona e Fontana di Quattro Castella. Oggetto degli incontri sarà la nuova figura del Messo ed il suo nuovo inquadramento economico.


Bilancio 2007

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2007 approvato dalla Giunta Esecutiva del 29.03.2008 e dal Consiglio Generale del 24.04.2008

Vedi: Bilancio 2007