Bilancio 2007

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2007 approvato dalla Giunta Esecutiva del 29.03.2008 e dal Consiglio Generale del 24.04.2008

Vedi: Bilancio 2007


Non è scusabile la tardiva notifica dell’appello

Non è scusabile la tardiva notifica dell’appello quando dipenda dalla parte e non dall’ufficiale giudiziario.
Non può essere concesso l’errore scusabile e non può essere rimesso il termini l’appellante se il relativo atto sia stato notificato oltre il termine di decadenza per fatto del medesimo appellante e non dell’ufficiale giudiziario.

Consiglio di Stato Decisione, Sez. VI, 04/04/2008, n. 1433 (In questo sito, nell’area Giurisprudenza, il testo della sentenza


Riunione Consiglio Generale del 24.04.2008

Ai sensi dell’Art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione del Consiglio Generale che si svolgerà giovedì 24 aprile p.v. alle ore 09:00 presso il Comune di Ascoli Piceno – Piazza Arringo 1 – Sala Marketing, in prima convocazione, e alle ore 11:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Bilancio consuntivo anno 2007 (Mandato A.G. del 14.06.2005)
  2. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
  3. Problematiche relative all’applicazione delle normative vigenti nel Procedimento Notificatorio;
  4. Iniziative proselitismo Associazione;
  5. Programma attività dell’Associazione per l’anno 2008;
  6. Varie ed eventuali

Leggi: Verbale CG del 24 04 2008


Cass. civ. Sez. V, (ud. 12-02-2008) 21-04-2008, n. 10267

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA 24840/2003

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere

Dott. RUGGIERO Francesco – rel. Consigliere

Dott. SCUFFI Massimo – Consigliere

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso principale, iscritto sotto R.G. n. 21491/03 proposto da:

Società CENTRO RISCOSSIONE TRIBUTI – CERIT – S.p.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale notarile, dagli Avv.ti ERMETES Augusto e Paolo Ermetes, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Viale dell’Università n. 11;

– ricorrente controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –

contro

B.F., rappresentata e difesa dagli Avv.ti SIRCA Bernardino e Spinelli Giordano Tommaso, presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, Via Bissolati n. 76, giusta procura speciale in calce;

nonchè sul controricorso e ricorso incidentale condizionato, iscritto sotto R.G. n. 22856/03, proposto da:

– controricorrente ricorrente incidentale –

nonchè sul controricorso e ricorso incidentale adesivo, iscritto sotto R.G. n. 24840/03, proposto da:

Amministrazione dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliate in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente e ricorrente incidentale adesivo –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana-Firenze, n. 21/11/02, depositata il 19/6/02;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/2/08 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Ruggiero;

Udito l’Avv. Ermetes, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;

Udito l’Avv. Carlo Albini, per delega dell’Avv. Tommaso Spinelli Giordano, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale condizionato;

Udito l’Avv. Gen. dello Stato Paolo Gentili, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso incidentale adesivo;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso principale e dichiararsi l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Svolgimento del processo
Oggetto della controversia è l’impugnativa da parte della signora B.F., quale socia della s.n.c. Burini Trasporti, di due avvisi di mora (n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS)), per IVA del 1991 ed interessi, conseguenti ad altri avvisi di irrogazione sanzioni, elevati dall’Ufficio IVA di Firenze, ed alle relative cartelle di pagamento, a suo tempo notificate a detta società.

Controdeducevano in primo grado avverso il ricorso della contribuente l’Ufficio IVA di Firenze, la Cassa di Risparmio di Firenze, quale concessionaria del Servizio di Riscossione, e la S.p.A. San Paolo Riscossioni, quale delegata per la riscossione per la Provincia di Prato.

La decisione della Commissione Tributaria Provincia,le di Firenze (sentenza n. 125/16/2000), sfavorevole alla contribuente, veniva da quest’ultima appellata.

La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva il gravame e, in riforma della decisione di primo grado, annullava gli avvisi di mora impugnati. Così motivava:

l’avviso di irrogazione sanzioni deve essere notificato alla società, quale debitore principale, entro i termini di decadenza;

anche nelle ipotesi di esecuzione forzata ai danni del socio solidale è necessaria la notifica del titolo esecutivo, costituito dalla cartella di pagamento, anche se non dell’avviso di irrogazione sanzioni; alla stregua delle esecuzioni ordinarie, il creditore può escutere il debitore solidale, previa escussione del debitore principale, ma previa notifica allo stesso del titolo esecutivo;

l’avviso di mora non era valido, non risultando che era stato preceduto dalla notifica alla contribuente della cartella di pagamento; dalla nullità dell’avviso di mora impugnato conseguiva la sua inutilizzabilità ai fini esecutivi; tutte le altre questioni sollevate dalla contribuente restavano assorbite.

Per la cassazione di questa decisione proponeva ricorso, articolando un solo complesso motivo, la società CERIT, quale concessionaria del Servizio di Riscossione dei Tributi per la Provincia di Firenze per il periodo 1-1-2002/31-12-2004.

L’Amministrazione Finanziaria proponeva controricorso e ricorso incidentale adesivo in termini, formulando un solo complesso motivo.

La contribuente B. proponeva controricorso e ricorso incidentale condizionato, in cui riproponeva eccezioni già mosse e ritenute assorbite.

Infine, detta società ricorrente proponeva controricorso a ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione
1 – La ricorrente società CERIT con l’unico complesso motivo articolava due profili di censura: la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 45 e 46 (disciplina della riscossione delle imposte nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 46 del 1999), rilevando l’erroneità della motivazione della sentenza impugnata ove era stata affermata l’inutilizzabilità della notifica dei soli avvisi di mora ai fini esecutivi nei confronti dell’obbligato solidale; la violazione dell’art. 2291 c.c., comma 1, evidenziando che, in forza della responsabilità solidale ed illimitata, il socio è sottoposto all’esazione del debito di imposta, qualora il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio sociale.

2 – La controricorrente Amministrazione Finanziaria, in sede di ricorso incidentale adesivo, formulava i medesimi profili di censura dedotti dalla ricorrente società CERIT con l’unico complesso motivo, sottolineando che per poter procedere ad espropriazione forzata, per le imposte non pagate dalla società, nei confronti del coobbligato solidale è necessario notificare l’avviso di mora, senza richiedere o presupporre la notifica dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento.

3 – La contribuente B., oltre al controricorso, proponeva ricorso incidentale condizionato, in cui lamentava il mancato esame da parte dei giudici regionali di ulteriori eccezioni specificamente sollevate, ma ritenute assorbite, ed in particolare: la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57 e art. 2964 c.c.; la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 4, 5 e art. 25, comma 2, e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13. 4 – Infine, la stessa CERIT ricorrente interponeva controricorso a ricorso incidentale condizionato proposto dalla B., replicando specificamente in ordine ai seguenti punti: la violazione falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57 e art. 2964 c.c.; la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 3, 4, 5 e art. 25, comma 2, e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 18. 5 – Preliminarmente, i ricorsi devono essere riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza.

6 – Sono fondati e vanno accolti il ricorso principale della società CERIT e il ricorso incidentale adesivo dell’Amministrazione Finanziaria.

Per la soluzione dei temi fondamentali che la controversia pone deve darsi applicazione – in piena e convinta condivisione – ai consolidati principi di diritto enunciati da questa Corte.

In particolare, quanto al regime della responsabilità del socio di società in nome collettivo, deve riaffermarsi che la notificazione di un avviso di mora ai soci di una società in nome collettivo – e, più in generale, delle società di persone illimitatamente e solidalmente responsabili – del maggior debito d’imposta della società conferisce all’avviso di mora di svolgere, oltre alla funzione, primaria – e necessaria, di atto equivalente al precetto nell’esecuzione forzata, anche la funzione secondaria di atto equivalente a quelli di imposizione tributaria, quando, in difetto di notificazione dell’accertamento, sia il primo atto di esecuzione del potere impositivo, per cui gli atti presupposti, se non impugnati congiuntamente all’avviso di mora, diventano inoppugnabili (Cass. 16/6/1995, n. 6846; 17/6/1995, n. 6857; 29/10/1997, n. 10638;

5/2/2001, n. 1592; 4/5/2001, n. 6260; 1/3/2002, n. 2984; 3/4/2003, n. 5179; 25/6/2003, n. 10093; 8/5/2006, n. 10533; 9/5/2007, n. 10584).

In sintesi, la responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall’art. 2291 c.c., comma 1, per i debiti della società in nome collettivo opera, in assenza di espressa previsione derogativa, anche per i rapporti tributari, con riguardo alle operazioni dai medesimi derivanti.

Pertanto, il socio, ancorchè privo della qualità di obbligato per detta imposta e come tale estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del titolo, resta sottoposto, dopo l’iscrizione a ruolo a carico della società, all’esazione del debito stesso, alla condizione posta dall’art. 2304 c.c., e cioè quando il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio sociale.

Condizione quest’ultima che, concludentemente, può evincersi dalla sequenza degli atti impositivi adottati dall’Amministrazione: nel caso che ci occupa, stante l’infruttuosa notifica delle cartelle di pagamento alla società in nome collettivo Burini Trasporti, si rendeva necessario intraprendere l’azione esecutiva nei confronti della socia solidalmente ed illimitatamente responsabile.

In definitiva, va affermato il seguente principio di diritto: escusso inutilmente il patrimonio di una società in nome collettivo, legittimamente l’Amministrazione Finanziaria può chiamare a rispondere il socio solidalmente ed illimitatamente responsabile, senza che vi sia la necessità di notificare nè l’avviso di accertamento, rimasto inoppugnato da parte della società, nè la cartella di pagamento, rimasta inadempiuta da parte della società medesima, essendo sufficiente la notificazione dell’atto di riscossione costituito dall’avviso di mora, avverso il quale il socio può ricorrere, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, parte terza, secondo la cui testuale previsione “La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”. 7 – Il ricorso incidentale della controricorrente B. deve essere ritenuto inammissibile. Infatti, la decisione della Commissione Tributaria Regionale era favorevole alla contribuente, avendo accolto il gravame della stessa, con la riforma della sentenza di primo grado e l’annullamento degli avvisi di mora: richiesta quest’ultima costituente il petitum del ricorso introduttivo, sicchè le altre questioni risultavano (correttamente) assorbite.

Ne consegue l’inammissibilità per difetto interesse, salvo il successivo esame delle questioni (già) assorbite.

8 – In conclusione, il ricorso incidentale della B. va dichiarato inammissibile.

In accoglimento del ricorso principale della società CERIT e del ricorso incidentale dell’Amministrazione Finanziaria, la gravata decisione dei giudici regionali deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione del giudice a quo, che si atterrà agli enunciati principi di diritto, provvedendo anche in ordine alla spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il ricorso principale ed il ricorso incidentale dell’Amministrazione Finanziaria. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale della contribuente. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2008


Comm. trib. prov. Puglia Bari Sez. XV, Sent., 21-04-2008, n. 48

Svolgimento del processo
Il sig. C. A., rappresentato e difeso dall’avv. E. P., ha proposto ricorso in data 08.08.2007 contro l’E. E. spa contestando l’invito al pagamento nota doc. …, notificato il 16/06/2007, della somma di euro 11.848,14 per presunto mancato pagamento di n. 12 cartelle esattoriali, comprensivo di oneri accessori, degli anni 1997, 1998,1999, 2001, 2003 e 2006; sull’impugnato invito è riportato che il mancato pagamento entro 15 avrebbe spinto l’esattore all’espropriazione presso terzi degli eventuali crediti di sua spettanza. Al detto invito risulta allegato un prospetto riportante i dati identificativi delle cartelle esattoriali, la data di notifica di ciascuna con l’anno di riferimento, del tributo dovuto, dell’Ufficio o Ente impositore, dell’ammontare di ciascun tributo e relativi oneri accessori.

Il ricorrente sostiene che le su menzionate cartelle non gli sono mai state notificate ed in conseguenza non ha potuto proporre ricorso avverso di esse; inoltre che la quasi totalità dei tributi risultano armai prescritti in quanto sì riferiscono a somme dovute per gli anni 1988 e dal 1991 al 1996, e nessun atto interruttivo gli è stato mai notificato; ed infine che l’intervenuta prescrizione di parte del credito comporta una diversa quantificazione delle somme eventualmente dovute,

Rileva altresì che la procedura adottata dall’E. s.p.a. è in palese contrasto con la vigente normativa di cui al D.P.R. 602/73, così come modificata dal D.Lgs. 46/99; che, per di più, la S. P. s.p.a. in violazione dell’art. 25, comma 2 bis, del D.P.R. 602/73 non ha mai indicato la data in cui è stato reso esecutivo il molo delle cartelle in questione. Il tutto in palese violazione della legge 212/2000.

Il ricorrente conclude chiedendo all’adita commissione di voler annullare la procedura dell’agente di riscossione, previa preliminare sospensione ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. 546/92, e per l’effetto ordinare l’immediata cancellazione delle eventuali procedure di espropriazione relativamente alle indicate cartelle esattoriali. Nel merito ed in subordine dichiarare l’intervenuta prescrizione di parte del credito e per l’effetto quantificare le somme eventualmente dovute. Il tutto con vittoria di spese.

All’udienza del 06/1272007, n camera di consiglio per l’esame della cautelare, la Commissione, sentito il relatore, sentito il difensore della parte ricorrente che si riporta ai propri atti, con ordinanza n. 236/15/2007 ha accolto la sospensiva.

L’E. con controdeduzioni presentate in data 11/12/07 contesta in via preliminare e pregiudiziale il difetti di giurisdizione dell’adita Commissione e comunque l’inammissibilità del ricorso in quanto l’atto impugnato è un sollecito di pagamento e quindi non rientra tra quelli di cui all’art. 19 D.Lgs. 546/92.

Nel mento e per mero tuziorismo sostiene che le cartelle di pagamento sono state tutte regolarmente notificate e siccome non impugnate si sono rese definitive. Allega, pertanto, gli estratti di ruolo dai quali si evince la data di notifica delle cartelle di pagamento, precisando che le relate non sono più reperibili in quanto sono ormai trascorsi i termini dei cinque anni per la loro conservazione, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 602/73.

Infine, in mento alla prescrizione sostiene che l’unico responsabile è l’Amministrazione finanziaria che non risulta convenuta. Conclude chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

All’odierna udienza in camera di consiglio la Commissione, sentito il relatore, ha deciso come di seguito specificato.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato ed in conseguenza va accolto.

Preliminarmente si osserva che le deduzioni della parte resistente attinenti il difetto di giurisdizione dell’adita Commissione Tributaria e comunque l’inammissibilità del proposto ricorso in quanto l’atto impugnato è solo un avviso di pagamento, non rientrando tra gli atti di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/92, non possono essere accolte per i seguenti motivi. Per quanto attiene alla prima contestazione si rileva che il Legislatore con legge 248/06, di conversione del D.L. 223/06, ha disposto che le opposizioni avverso gli atti riguardanti il fermo amministrativo e l’iscrizione ipotecaria rientrano nella sfera di competenza delle Commissioni Tributarie. Tanto precisato si rileva e si ritiene che anche il sollecito di pagamento di pretese erariali, quale comunicazione che precede, in caso di non assolvimento, l’eventuale atto su menzionato non può che essere paragonato ad esso e quindi rientrare nella sfera di competenza del Giudice tributario. Per un identico motivo si palesa ammissibile il ricorso in quanto il sollecito di pagamento fa riferimento ad atti amministrativi, quali le cartelle esattoriali, che il ricorrente sostiene di non aver mai ricevuto; il che si ritiene applicabile nella fattispecie in esame il comma 3 del citato art. 19, considerando la comunicazione di pagamento quale atto notificato successivamente consentendone l’impugnazione di detto atto con le cartelle esattoriali. In tal senso si è pronunciata una prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità, per ultimo Cassazione sentenza n. 21405/2007 con riferimento all’ampliamento delle giurisdizione tributaria operato già con l’art.. 12 della legge 448/01.

Passando all’esame di merito della controversia, ossia che mentre il ricorrente lamenta di non aver mai ricevuto le cartelle di pagamento alle quali si richiama l’impugnato avviso di pagamento, la controparte sostiene, invece, che le stesse, come risulta dagli allegati estratti di ruolo, sono state regolarmente notificate, si osserva quanto segue.

La parte resistente afferma che le menzionate cartelle di pagamento sono state regolarmente notificate in quanto sugli estratti di ruolo risultano riportate degli estremi di notifica. Orbene, i semplici riferimenti di date in cui risulterebbero avvenute le notifiche non possono essere considerati come elementi probatori, atteso che l’elemento di prova che un atto amministrativo sia stato notificato al contribuente destinatario è l’avviso di ricevimento debitamente firmato sia dal ricevente o da altra persona convivente, sia dal consegnatario (Cass. SSUU ordinanza n. 438 del 13/01/2005). L’E. non ha provato e ne prodotto in sede contenziosa nessuno avviso di ricevimento, sostenendo, invece, che le relate di dette cartelle sono irreperibili in quanto sono trascorsi i termini previsti dall’art. 26 del D.P.R. 602/73 per la loro conservazione. Ebbene neanche quest’ultima puntualizzazione della parte resistente può essere condivisa, allorquando si rileva che l’obbligo della prova, nella fattispecie in esame, incombe su di essa. Ad ogni buon conto non si ritiene che si possa accampare, comunque, il diritto di pretendere dal contribuente il pagamento dell’importo di una cartella emessa parecchi anni senza dimostrare prima l’avvenuta comunicazione al soggetto passivo d’imposta, e trincerandosi dietro il decorso del termine di cui aveva obbligo di conservare la relata. In simile circostanza, atteso la necessità di allegare alla cartella di pagamento la relata di notifica, il trascorso dei cinque anni, senza alcun invio di sollecito di pagamento, quale atto d’interruzione, non può essere un elemento incondizionato per il pagamento; necessitando, quindi, l’obbligo d’indicare i presupposti idonei a reggere l’avanzata pretesa fiscale. Il tutto anche nella considerazione che i tributi richiesti in pagamento con l’impugnato sollecito si riferiscono agli anni 1988 e dal 1991 al 1996, con cartelle esattoriali emesse negli anni 1998, 99, 2001, 2003 e 2006; a riguardo giova evidenziare che neanche per gli anni 2003 e 2006 il resistente ha prodotto le relate di notifica.

Alla luce di quanto esposto ne consegue che in accoglimento del ricorso de quo l’atto impugnato, quale atto di sollecito di pagamento di non dimostrate notifiche di relative cartelle esattoriali, va annullato in quanto privo di effetti giuridici, compensando, tuttavia, tra le parti le spese di giudizio per la particolare questione trattata.

P.Q.M.
La Commissione accoglie il ricorso ed annulla l’atto impugnato. Spese compensate.


Cassazione: Notifica eseguita presso la residenza anagrafica? Anche se il destinatario dimora altrove può essere valida

In merito alla validità della notificazione di un atto giudiziario “eseguita presso la residenza anagrafica del destinatario dell’atto, in realtà dimorante stabilmente altrove”, la Corte di Cassazione (Sent. 19473/2007) ha osservato che “ove non possa addebitarsi al notificante la inosservanza dell’obbligo di ordinaria diligenza nell’accertamento della effettiva residenza del destinatario della notifica, deve ritenersi correttamente eseguita la notifica presso la residenza anagrafica dello stesso”. Nella specie i giudici di legittimità hanno ritenuto “corretta in quanto logicamente e congruamente motivata, la sentenza della Corte di Appello che, tra le altre cose, “dal tenore letterale della relata di notifica dell’ufficiale giudiziario, recante il riferimento alla consegna a “mani del portiere (..), capace a ricevere e tale qualificatosi per la precaria assenza del destinatario e delle altre persone di cui all’art. 139 c.p.c.” ha tratto, tenuto conto del mancato rifiuto del portiere di ricevere l’atto, il convincimento della permanenza di un legame del destinatario dell’atto con il luogo di sua residenza anagrafica, tale da consentirgli di essere reso edotto della corrispondenza ivi inoltrata”.


Notifica eseguita presso la residenza anagrafica

Anche se il destinatario dimora altrove può essere valida.
In merito alla validità della notificazione di un atto giudiziario “eseguita presso la residenza anagrafica del destinatario dell’atto, in realtà dimorante stabilmente altrove”, la Corte di Cassazione (Sent. 19473/2007) ha osservato che “ove non possa addebitarsi al notificante la inosservanza dell’obbligo di ordinaria diligenza nell’accertamento della effettiva residenza del destinatario della notifica, deve ritenersi correttamente eseguita la notifica presso la residenza anagrafica dello stesso”. Nella specie i giudici di legittimità hanno ritenuto “corretta in quanto logicamente e congruamente motivata, la sentenza della Corte di Appello che, tra le altre cose, “dal tenore letterale della relata di notifica dell’ufficiale giudiziario, recante il riferimento alla consegna a “mani del portiere (!), capace a ricevere e tale qualificatosi per la precaria assenza del destinatario e delle altre persone di cui all’art. 139 c.p.c.” ha tratto, tenuto conto del mancato rifiuto del portiere di ricevere l’atto, il convincimento della permanenza di un legame del destinatario dell’atto con il luogo di sua residenza anagrafica, tale da consentirgli di essere reso edotto della corrispondenza ivi inoltrata”.


Nullità della notificazione effettuata al convivente

Nullità della notificazione effettuata al convivente “more uxorio”
Ennesima sentenza della Corte di Cassazione in tema di equiparazione della famiglia di fatto alla famiglia di diritto: questa volta gli ermellini si sono espressi in senso negativo! Infatti, sembra aver fatto un passo indietro in ordine all’equiparazione tra il coniuge legittimo e il “coniuge di fatto”, ossia il convivente more uxorio.

Vedi testo della sentenza


La mancata notifica del ricorso al controinteressato per colpa dell’ufficiale giudiziario costituisce errore scusabile e sana la causa di inammissibilità

Sussiste errore scusabile, tale da consentire di sanare un eventuale difetto nella presentazione (rectius, notificazione) del ricorso, nell’ipotesi in cui esso non sia stato ritualmente notificato per mancata osservanza, da parte dell’ufficiale giudiziario addetto, delle norme del codice di procedura civile in materia di notificazione degli atti giudiziari. E’ questa la conclusione cui è giunto il Consiglio di Stato, Sez. IV, con la sentenza n. 430 del 05/02/08, che ha annullato la sentenza n. 3493/2007 emessa dal T.A.R. Veneto (in ordine ad una questione inerente l’annullamento di un permesso di costruire), con rinvio allo stesso Tribunale per la definizione del ricorso. Nello specifico, l’ufficiale giudiziario, “pur essendosi recato presso la sede della ditta controinteressata (nel domicilio anche indicato nella originaria domanda di permesso di costruire), ha avuto notizia del trasferimento di essa, senza porre in essere le ulteriori attività necessarie per il perfezionamento della notifica”. In tal modo, ha ingenerato nella ricorrente (ma, a quanto pare, anche nel Giudici di I°, che non ha disposto il rinnovo della notifica) la convinzione che il ricorso fosse stato è appunto è ritualmente notificato alla ditta controinteressata, proponente l’appello de quo (la quale, ovviamente, non si era costituita in prime cure). La pronuncia in epigrafe ha, comunque, fatti salvi gli effetti della domanda, dichiarando l’annullamento della sentenza emessa dal T.A.R. a seguito del mancato rispetto del principio del contraddittorio (per non essere, comunque, il ricorso introduttivo ricevuto dalla controinteressata, la quale non ha preso parte al giudizio di I°), e disponendo il rinvio al T.A.R. emittente per la decisione nel merito del ricorso. La mancata notifica a carico del ricorrente non è stata sottoposta a censura di annullamento sic et simpliciter della sentenza gravata (pure dovuto in caso di mancata integrazione del contraddittorio), in sono stati ritenuti sussistenti “i presupposti per applicare il beneficio dell?errore scusabile”, con conseguente possibilità di sanatoria del vizio dedotto. In particolare, questi sarebbero costituiti dalla tempestiva consegna all’ufficiale giudiziario del ricorso (che alla luce del noto orientamento giurisprudenziale è ritenuto adempimento sufficiente ai fini della tempestività delle notificazione stessa da parte del richiedente), in uno con la mancata osservanza, da parte dei quest’ultimo, degli incombenti posti dalla legge, nonché con la corretta indicazione della destinazione di notifica dell’atto stesso. I Giudici di Palazzo Spada tornano, così, sul dibattuto tema dell’errore scusabile, a breve distanza da un’altra, interessante pronuncia (T.A.R. Lazio, Sez. III-quater, n. 900 del 16/01/08), con la quale era stata sanata la tardività della notificazione del ricorso, a seguito dell’erronea indicazione del termine ad opponendum contenuta nel provvedimento amministrativo impugnato. Nella predetta pronuncia, il Tribunale ha avuto occasione di ribadire come l?istituto dell?errore scusabile sia da ritenere come finalizzato “a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, e si fonda su circostanze oggettive (quali comportamento fuorviante dell’amministrazione, complessità della fattispecie, difficoltà di qualificazione dell’atto da impugnare e i suoi effetti, ecc.) che abbiano potuto ingenerare l’errore incolpevole dell’interessato” (cos?, T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 06/11/06, n. 3501, cit.).


La comunicazione di avvio del procedimento è comunque dovuta ove la P.A. non deduca ragioni di urgenza

Con alcune sentenze dello stesso periodo (nn. 26, 27 e 28 del 01/02/2008), tutte rese nella forma “breve” di cui all’art. 21, c. 10, L. n. 1034/1971, il T.A.R. Marche ha svolto alcune importanti considerazioni in merito all’obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento, nonché alle conseguenze della sua omissione sulla legittimità del provvedimento finale adottato dalla P.A.. Le pronunce cui trattasi sono tutte relative a ricorsi proposti avverso un’ordinanza di rimozione e smaltimento di rifiuti emessa ai sensi dell’art. 192, D.Lgs. 152/2006. In esse, viene ribadito come la comunicazione di avvio del procedimento, obbligatoria ex art. 7 L. n. 241/90 e s.m.i., non possa essere mai omessa dalla P.A., se non nei casi espressamente previsti dalla norma stessa, ovvero qualora sussistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”. Peraltro è come ribadito dal T.A.R. Marche – tali esigenze debbono essere comunque valutate, in concreto, e, se possibile, esplicitate da parte dell’Amministrazione, non essendo sufficiente che la stessa faccia riferimento ad una generica contingibilità dell’atto stesso o, meno ancora, che ne presupponga l’urgenza in considerazione della particolare natura del provvedimento stesso (in tal senso, già Cons. Stato, Sez. IV, 25/09/98, n. 569, ove si statuiva che “l’obbligo di comunicazione prescinde dal procedimento avviato, con la sola eccezione dei casi in cui ricorrano particolari esigenze di celerità, la cui preminenza deve essere dimostrata con rigorosa motivazione da parte dell’amministrazione”). Questo, specie ove vi sia è come nel caso de quo è un erroneo inquadramento normativo della fattispecie, da cui consegue un evidente vizio di travisamento dei fatti e di violazione di legge, che si ripercuote nell’ordinanza opposta, la quale “non dà atto di alcun accertamento diretto a verificare la concentrazione della sostanza in questione, né vi è alcun riferimento all’epoca di trattamento del materiale rinvenuto presso il ricorrente, al fatto se il medesimo provenisse dal mercato dei prodotti usati e se il legno in questione fosse utilizzato in conformità a quanto la suddetta normativa prevede, cosicché l’illiceità della detenzione finisce per essere asserita senza tuttavia poggiare su alcun supporto motivazionale”. In merito, si segnala come il Giudice Amministrativo, pur non facendone espressa menzione, mostra di superare il possibile rilievo rappresentato dell’applicabilità del disposto dell?art. 21-octies, c. 2, ult. cpv. (in virtù del quale “il provvedimento adottato non è comunque annullabile per mancata comunicazione di avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”). Infatti, nel caso specifico, viene messa in evidenza proprio la mancata instaurazione del c.d. contraddittorio procedimentale, preliminare e funzionale alla corretta adozione del provvedimento finale, il quale consegue è appunto è all’inoltro della comunicazione ex art. 7 L.P.A.. Essa, infatti, avrebbe consentito ai destinatari del provvedimento sanzionatorio di mettere in evidenza, mediante gli strumenti tipici della partecipazione, previsti dall’art. 10 (presentazione memorie scritte e documenti, che debbono essere considerati dall’amministrazione), elementi, sia in fatto che in diritto, decisivi ai fini della ponderazione degli interessi in gioco, e, di più, della corretta interpretazione della fattispecie. E, come precisato sempre dalla pronuncia de qua, “la considerazione dei suddetti elementi poteva evidentemente condurre il procedimento ad un esito tutt’altro che scontato, il che evidenzia come il contraddittorio con l’interessato avrebbe potuto consentire l’acquisizione di elementi utili ai fini di una compiuta valutazione della fattispecie. La necessità di assicurare la partecipazione dell’interessato discendeva infatti dalla possibilità che la contestata detenzione fosse lecita, il che implicava l’esigenza di consentire l?allegazione di elementi di valutazione in tal senso”.


FIRMATO DEFINITIVAMENTE IL CCNL REGIONI E AUTONOMIE LOCALI

Si è definitivamente chiusa la vertenza relativa al rinnovo del CCNL Regioni e Autonomie Locali, un rinnovo contrattuale caratterizzato dai continui tentativi di intrusione, interferenze e ingerenze, ultima delle quali quella della Corte dei Conti che ha rischiato di sconfinare nel grottesco.


Le soste voluttuarie di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, non escludono la tutela dell’infortunio in itinere

Secondo quanto disposto dall’art. 2, comma terzo, del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante norme in materia di “Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, come modificato dall’art. 12 del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38: “Salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti”.

Sempre secondo il medesimo testo normativo: “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate (e, quindi, rientranti nella nozione di “occasione di lavoro” ai fini della copertura assicurativa) quando sono dovute a causa di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti”. Ciò posto, sebbene il dettato del D.P.R. n. 1124/65 sopra citato sembrerebbe senz’altro escludere la copertura assicurativa in caso di c.d. “soste non necessitate” effettuate dal lavoratore, occorre però rilevare che la giurisprudenza di legittimità e di merito, ampliando l’ambito della tutela dell’infortunio in itinere rispetto alla previsione legislativa, ha distinto non solo le soste necessitate (quali, ad es., la necessità di un breve riposo durante un lungo percorso o la necessità di soddisfare esigenze fisiologiche) dalle soste voluttuarie (o non necessitate) ma, in questo secondo ambito, ha ulteriormente distinto tra le soste di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, e quelle di apprezzabile durata e consistenza. Solo queste ultime escluderebbero la c.d. “occasione di lavoro” presupposto indefettibile per il configurarsi dell’infortunio in itinere. In altri termini, secondo la giurisprudenza ormai pacifica sul punto, la permanenza o meno della copertura assicurativa dipende dalle caratteristiche della sosta, ovvero dalle sue dimensioni temporali e dal verificarsi dell’aggravamento del rischio. La valutazione delle circostanze di fatto che caratterizzano l’interruzione non necessitata è compito del Giudice del merito, il quale è al fine di verificare se nel caso concreto non venga eluso il carattere finalistico che giustifica la tutela dell’infortunio in itinere – potrà adottare criteri quali il tempo della sosta in termini assoluti, o in proporzione alla durata del viaggio. A questi principi si è sostanzialmente attenuta anche la sentenza in commento laddove, confermando quanto deciso dal Giudice dell’appello ha affermato che le soste voluttuarie di pochi minuti, insuscettibili di modificare le condizioni di rischio, non escludono la tutela dell’infortunio in itinere.


Corso di Aggiornamento – Jesi 16 maggio 2008

Prosegue il percorso di formazione nell’ambito del “Progetto di valorizzazione del Messo comunale” che coinvolge molte Regioni d’Italia.

Corso di Aggiornamento per Messi Notificatori

Venerdì 16 maggio 2008
Orario 9:00 – 13:00 = 14:30 – 17:00

Comune di Jesi (AN)

Sala della 2° Circoscrizione OVEST

Via San Francesco 72

Con il patrocinio del Comune di Jesi

Quote di partecipazione al corso:
Soci A.N.N.A.: € 120,00 (Iscritti alla data del 31.12.2007 con rinnovo anno 2008 al 29.02.2008) (*) (**)
Non iscritti ad A.N.N.A.: € 160,00 la quota è comprensiva dell’iscrizione al Corso più l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2008 oltre all’assicurazione per colpa grave(*) (**)
Solo frequenza al Corso: € 220,00 oltre I.V.A (*) (**)

La quota di iscrizione dovrà essere versata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:
Conto Corrente Postale n. 55115356
Conto Corrente Bancario:
Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane])

Intestato a:
Associazione Nazionale Notifiche Atti
Codice fiscale: 93164240231
P.IVA: 03558920231

Causale: Corso Jesi 2008
(*) Se la fattura è intestata ad Ente Pubblico, la quota è esente IVA, ai sensi dell’art. 10, D.P.R. n. 633/1972 e successive modificazioni,

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.
L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo articolo a cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso e l’invio via fax del modulo di iscrizione al Corso.

I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:
Commissario Capo Lazzaro Fontana
Comandante del Corpo Unico Intercomunale di Polizia Municipale
di Quattro Castella ed Albinea
Capo Settore Ufficio Messi Notificatori

PROGRAMMA

Nozioni generali
Cos’è una notifica
La copia conforme all’originale
Richiedente – intermediario e consegnatario/destinatario
Concetto di residenza, dimora, domicilio e domicilio fiscale
Tempi e luoghi delle notificazioni
Nullità delle notificazioni
Le responsabilità del Messo Notificatore
Modifiche effettuate dall’art. 174 del D. Lgs. 196/2003 (Privacy)

Il procedimento di notificazione
La relata di notifica – valore della stessa
La notifica a mani proprie
Le notifiche tramite terzi
Il rifiuto di ricevere l’atto da parte del destinatario e da parte dei terzi
Le notifiche agli assenti
I vari momenti di perfezionamento della notifica
Procedura di pubblicazione all’Albo Pretorio delle notifiche
Deposito degli atti nella Casa Comunale

Notifiche particolari
Le notifiche previste dall’art. 14 della L. 689/1981
Le notifiche previste dall’art. 201 del C.d.S.
Le notifiche previste dall’articolo 6 della L 241/1990
Le notifiche alle società (previste dal C.P.C.)
Le notifiche attraverso il servizio postale (L.890/1982)
Le notifiche dei tributi locali
Le notifiche previste dal DPR 600/1973 e dal DPR 602/1973
Le novità della legge finanziaria per il 2007 (L. 27/12/2006 n. 296)
– L’individuazione dei messi notificatori ivi previsti
– L’obbligatorietà dei corsi abilitanti

Rimborso spese di notifica (L. 03/08/1999 n. 265 e DM 03/10/2006 n. 254)
Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le seguenti ultime novità in materia di notificazioni

– D. Lgs 196/2003 (Privacy)
– D. L. 14/03/2005 n. 35 convertito nella L. 14/05/2005 n. 80 (Notifiche postali)
– L. 28/12/2005 n. 263 ( art 2) (Modifiche C.P.C.)
– D. L. 30/12/2005 n. 271 (art 2) – non convertito (ma sostituito dalla L. 23/02/2006 n. 51 – art 39 quater) (Decorrenza Modifiche C.P.C.)
– D. L. 04/07/2006 n. 223 convertito nella L. 04/08/2006 n. 248 (art. 37 comma 27) (Modifiche Notifiche Fiscali)
– L. 27/12/2006 n. 296 (Finanziaria 2007 – art. 1 commi 158-159-160)(Messo aggiuntivo)

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line su questo sito web nell’area Attività a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso e l’invio via fax del modulo di adesione al corso per conferma.


Cass. civ. Sez. Unite, (ud. 04-03-2008) 04-04-2008, n. 8740

La problematica oggetto di discussione è quella attinente al demansionamento o meno di un dipendente comunale qualora venga raggiunto da un provvedimento amministrativo che assegni quest’ultimo da un ufficio ad un altro.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – rel. Primo Presidente

Dott. CORONA Rafaele – Presidente di sezione

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – consigliere

Dott. VITRONE Ugo – Consigliere

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere

Dott. SETTIMJ Giovanni – Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato VALLEBONA ANTONIO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAPISTRELLO;

– intimato –

e sul 2^ ricorso n 23834/06 proposto da:

COMUNE DI CAPISTRELLO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PRATI FISCALI 284, presso lo studio dell’avvocato MARGIOTTA GAETANO, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONE RENATO, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato VALLEBONA ANTONIO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale – avverso la sentenza n. 181/06 della Corte d’Appello di L’AQUILA, depositata il 02/03/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/03/08 dal Presidente Dott. CARBONE Vincenzo;

uditi gli avvocati VALLEBONA Antonio, SIMONE Renato;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso incidentale;

rinvio per il resto ad una Sezione semplice.

Svolgimento del processo
D.A. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Avezzano il Comune di Capistrello, suo datore di lavoro, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti a demansionamento e mobbing. Il Tribunale, con sentenza del 18 gennaio 2005, respingeva il ricorso.

Su appello del lavoratore la Corte d’appello di L’Aquila, sezione lavoro, con sentenza del 16 febbraio 2006 – il cui dispositivo veniva corretto con successivo decreto – respingeva l’appello, compensando le spese dei due gradi di giudizio.

Osservava il Giudice di secondo grado che il lavoratore aveva lamentato di essere stato privato delle sue mansioni di capo dell’Ufficio tecnico comunale, configurando la vicenda in termini di demansionamento affiancato da mobbing nei suoi confronti. A seguito della riforma del pubblico impiego, però, doveva ritenersi in facoltà dell’ente pubblico modificare l’assegnazione dei propri dipendenti nei posti in organico; nel caso specifico, il Comune di Capistrello aveva mantenuto il posto di tecnico ricoperto dal D., istituendo nel contempo un posto di tecnico laureato al vertice del medesimo settore, con la conseguenza che il ricorrente era venuto a trovarsi in posizione subordinata. Tale modifica, però, non era da reputarsi illegittima, perchè l’appellante aveva conservato “mansioni congrue rispetto al suo inquadramento”, senza che risultasse alcuna prova di un motivo illecito nell’istituzione del nuovo posto di vertice. Quanto all’asserito mobbing, la Corte abruzzese affermava che era totalmente mancata ogni prova sul punto.

Avverso la citata sentenza propone ricorso per cassazione il D., affidato a due motivi. Resiste il Comune di Capistrello con apposito controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato; entrambe le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione
Col primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, in relazione all’art. 360 c.p.c, n. 3, per avere erroneamente affermato che nel lavoro pubblico privatizzato sarebbe ammissibile ed insindacabile una variazione di mansioni anche lesiva della specifica professionalità del lavoratore, purchè si tratti di mansioni appartenenti al medesimo livello di inquadramento. Osserva al riguardo il ricorrente che – secondo il disposto del citato art. 52, il lavoratore deve essere assegnato alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle considerate equivalenti nell’ambito della classificazione prevista dai contratti collettivi; non tutte le mansioni comprese in un certo livello di inquadramento sono “equivalenti”, ma solo quelle per le quali sia stata compiuta un’apposita valutazione. La sentenza impugnata, quindi, dovrebbe essere cassata per l’errore di diritto in cui è incorsa, non essendosi posta il problema di accertare in concreto l’equivalenza tra le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore e quelle per le quali il medesimo era stato assunto.

Col secondo motivo di ricorso il D. censura la sentenza per l’omessa (o comunque insufficiente) motivazione consistente nell’aver affermato, senza alcuna motivazione, che l’appellante aveva conservato mansioni congrue rispetto al suo inquadramento, ossia senza tener conto del fatto che sul punto c’era disaccordo tra la tesi del medesimo ricorrente e quella del Comune convenuto.

Il Comune di Capistrello, invece, dopo aver contestato tutte le affermazioni contenute nel ricorso, censura in via incidentale la sentenza di secondo grado, per la sola ipotesi in cui vengano ritenuti fondati i motivi del ricorso principale. Osserva la parte che la variazione dell’organico disposta dal Comune – dalla quale aveva tratto origine il presunto demansionamento del D. e l’intera vicenda processuale – era stata da quest’ultimo impugnata davanti al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo che, con sentenza in forma semplificata, passata in giudicato, aveva respinto il ricorso. Per pacifica giurisprudenza, il Giudice ordinario non può disapplicare atti amministrativi la cui legittimità sia stata accertata in via definitiva dal giudice amministrativo; nel caso specifico, la Corte d’appello avrebbe errato nella parte in cui ha omesso di rilevare che, per poter valutare il merito della domanda, essa avrebbe dovuto superare il vincolo del giudicato amministrativo, cosa evidentemente non consentita.

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei due ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

I motivi del ricorso principale sono entrambi infondati.

La sentenza qui censurata, infatti, con una motivazione succinta ma tuttavia sufficiente, ha accertato che nel caso in esame il Comune di Capistrello aveva effettuato una modifica dell’organico comunale in virtù della quale l’odierno ricorrente – prima capo del settore tecnico – si è trovato ad essere in posizione non più di vertice in conseguenza della creazione ex novo di un posto di tecnico laureato.

A seguito di tale modifica – pacificamente riconosciuta legittima dal TAR per l’Abruzzo, con sentenza definitiva il D. ha comunque mantenuto mansioni congrue rispetto al suo inquadramento, nessun rilievo potendo essere riconosciuto al fatto che egli sia venuto a trovarsi in posizione subordinata rispetto a quella di un neoassunto con qualifica superiore. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, a differenza dell’art. 2103 c.c., infatti, impone nei confronti del prestatore di lavoro pubblico il mantenimento delle mansioni per le quali è stato assunto o di quelle “considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”, senza dare rilievo a quelle in concreto svolte.

Ne consegue che – anche omettendo di tener presente il vincolo costituito, nei confronti del Giudice ordinario, dal giudicato amministrativo circa la legittimità del mutamento dell’organico del Comune – l’impugnata sentenza ha dato conto in modo sufficiente delle ragioni per le quali il ricorrente non ha subito, in effetti, alcun demansionamento.

Allo stesso modo, la Corte d’appello ha accertato che il ricorrente non ha fornito alcuna prova in ordine al contestato mobbing, con una verifica congruamente motivata e, come tale, insindacabile in sede di legittimità.

L’infondatezza del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Attesa la natura della controversia, la Corte ritiene di compensare integralmente le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte di cassazione, Sezioni Unite, riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, dichiara assorbito quello incidentale e compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2008.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2008


Agenzia Entrate: al via la detrazione abbonamento mezzi pubblici

L’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 19/E) ha reso noto di aver chiarito alcune regole per usufruire dei bonus sugli abbonamenti dei mezzi pubblici introdotti dalla nuova Finanziaria.
Ha quindi precisato che la nuova Finanziaria ha previsto la detrazione Irpef per gli abbonamenti ai mezzi pubblici e che i contribuenti avranno a disposizione un bonus massimo di 47,50 euro per le spese sostenute nel 2008. La detrazione (pari al 19 per cento dei costi sostenuti per gli abbonamenti ai servizi pubblici fino ad una spesa massima di 250 euro), è valida solo per i titoli di viaggio che comportano un uso non episodico del mezzo pubblico, consentendo di effettuare un numero illimitato di spostamenti, per più giorni, su un determinato percorso o sull’intera rete, in un periodo di tempo specificato.
La detrazione è valida per i titoli di viaggio utilizzati su treni, autobus e metropolitane che vengono acquistati nel corso di questo anno (2008) e ciò anche se andranno a scadere nel nuovo anno (2009). Il contribuente dovrà conservare i titoli di viaggio che devono contenere obbligatoriamente l’indicazione dell’impresa che li ha emessi, delle caratteristiche del trasporto, il prezzo, il numero progressivo e la data di emissione e se il biglietto non è nominativo, le detrazione sarà comunque consentita a condizione che il contribuente autocertifichi che il titolo è stato acquistato per sè o per un familiare a carico.
L’Agenzia ha poi chiarito che sono escluse dalla detrazione sia le spese per trasporti deducibili dal reddito di lavoro autonomo o d’impresa sia le spese per i titoli di trasporto che hanno una durata oraria (anche se superiore a quella giornaliera), come ad es. i biglietti a tempo che scadono dopo 72 ore dalla convalida e le carte turistiche integrate che includono altri servizi oltre a quelli di trasporto, come l’ingresso a musei o spettacoli.