ANAC: Delibera n. 50/2013

Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016

Leggi: ANAC Delibera-n.-50_2013


Tesseramento anno 2014

La Giunta Esecuiva  nella riunione del 29.06.2013 ha approvato le quote di iscrizione all’Associazione per l’anno 2014.

Le tipologie delle quote di adesione all’Associazione A.N.N.A. per l’anno 2014 sono:

Tipo A – Messi Comunali: € 65,00

Tipo B – Messi del Giudice di Pace e di Conciliazione: € 65,00

Tipo C – Ufficiali Giudiziari: € 65,00

Tipo D – Messi Provinciali: 65,00

Tipo E – Messi Notificatori di cui alla legge 296/2006 (Legge Finanziaria del 2007)  € 65,00

Tipo F – Addetti di Polizia Municipale: € 65,00

Tipo G – Avvocati: € 150,00

Tipo H – Ex Messi Comunali non più in attività: € 35,00 (con esclusione della copertura assicurativa)

Tipo I – Comuni fino a 10.000 abitanti: € 130,00

Tipo L – Comuni con popolazione da 10.001 a 100.000 abitanti: € 180,00

Tipo M – Comuni con popolazione oltre i 100.001 abitanti: € 250,00

Tipo N – Altri Enti (Consorzi di servizi, Unioni, ecc.): € 300,00

Tipo O – Soggetti privati ai sensi dell’art. 8 dello Statuto dell’Associazione: € 250,00

Tipo P – Dirigenti pubblici: € 70,00

L’iscrizione delle tipologie A, B, C, D, E, F, G, P comprendono la copertura assicurativa oltre alle agevolazioni previste dalle convenzioni che l’Associazione ha già stipulato e che effettuerà.

La Giunta Esecutiva dell’Associazione nella seduta del 29 giugno 2013 ha deliberato, tra l’altro, nuove opportunità al fine di favorire l’adesione dei Comuni o delle loro forme Associate (Unioni, Consorzi, etc …) che rinnovano l’iscrizione all’Associazione.

Tutti gli Enti che, già soci nell’anno precedente, rinnoveranno l’adesione ad A.N.N.A. entro il 28 febbraio dell’anno 2014, avranno diritto a:

  • Iscrizione gratuita ad A.N.N.A. di un proprio dipendente (preferibilmente che svolga le mansioni di Messo Comunale);
  • Sconto del 15% sul costo dell’iscrizione dei propri dipendenti, fino ad un massimo di 10, ai corsi di formazione organizzati da A.N.N.A.. Tale sconto si applica a tutte le quote di partecipazione ai corsi di formazione organizzati dall’Associazione A.N.N.A.. Lo sconto non si applica qualora siano presenti altre promozioni.

Scarica il  Modulo adesione Messo Comunale 2014

Scarica il  Modulo adesione Dirigente 2014

Scarica il  Modulo adesione Ente 2014


Aggiornamento misure dell’imposta di bollo

Con D.L. 26 aprile 2013, n. 43 convertito, con modificazioni, nella L. 24 giugno 2013, n. 71, pubblicata nella G.U. n. 147 del 25 giugno 2013, le misure dell’imposta fissa di bollo precedentemente stabilite in euro 1,81 e in euro 14,62, ovunque ricorrano, sono state rideterminate, rispettivamente, in euro 2,00 e in euro 16,00.

Le nuove misure sono operative già dal 26 giugno 2013 (giorno successivo a quello di pubblicazione nella G.U. della legge di conversione).


Entra in vigore oggi Il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici

Entra in vigore oggi Il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici.

DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62 (1).

Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 giugno 2013, n. 129.


Contrassegno elettronico: la Circolare sulle Linee guida

L’Agenzia per l’Italia Digitale ha emanato la Circolare n. 62/2013 relativa alle Linee guida per il contrassegno generato elettronicamente, redatte secondo quanto previsto dall’articolo 23-ter, comma 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

La Circolare definisce le modalità tecniche di generazione, apposizione e verifica del contrassegno riportato elettronicamente che può sostituire a tutti gli effetti di legge la firma autografa in un’ottica di progressiva dematerializzazione dell’intero sistema di gestione documentale. Il contrassegno elettronico risponde inoltre a specifiche esigenze non informatizzabili o a particolari contesti in cui i documenti cartacei, almeno per un periodo transitorio, dovranno coesistere con i documenti informatici. Le soluzioni proposte forniscono diverse alternative che possono essere adottate dalle pubbliche amministrazioni in relazione alle tipologie di documento trattato.

Dal punto di vista tecnologico, il contrassegno generato elettronicamente corrisponde a una sequenza di bit codificata e idonea a rappresentare un documento amministrativo informatico, un suo estratto, una sua copia, un suo duplicato o ancora i suoi dati identificativi. In particolare costituisce uno strumento mediante il quale è possibile effettuare la verifica della corrispondenza della copia analogica al documento originale, contrastando in tale modo i fenomeni di contraffazione. Tale tecnologia è inoltre una valida risposta nei casi in cui il cittadino richieda a un’amministrazione un proprio certificato da utilizzare nei rapporti tra privati.

Circolare n. 62 recante Linee guida contrassegno elettronico art. 23 ter CAD

Linee guida Schemi xml contrassegno


Riscossione tributi, concessa a Equitalia proroga di sei mesi

Equitalia rimane al fianco dell’Amministrazione nella riscossione dei tributi fino al prossimo 31 dicembre. Il Senato ha approvato oggi con 247 voti favorevoli e 7 astenuti il ddl n. 662, avente a oggetto la conversione in legge del Decreto sblocca pagamenti della Pubblica Amministrazione.

L’emendamento rimane in ogni caso facoltativo e i Comuni che si erano già organizzati in modo alternativo non avranno alcun obbligo comportamentale.

Senato della Repubblica

Martedì 4 Giugno 2013 – 33ª Seduta pubblica

(La seduta ha inizio alle ore 09:32)

Con voti 247 favorevoli e 7 astenuti , l’Assemblea ha approvato il ddl n. 662, avente a oggetto la conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Una modifica al disegno di legge di conversione ha introdotto disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Il testo del ddl torna alla Camera per l’approvazione definitiva.

Collegato alla manovra finanziaria in quanto concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, il provvedimento movimenta risorse per 40 miliardi e definisce criteri e procedure per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione e agevolare, così, l’immissione di liquidità nel sistema economico.

Nella seduta di ieri, i relatori, senatori Santini (PD) e D’Alì (PdL), hanno riferito sui contenuti del ddl, soffermandosi sulle modifiche apportate dalla Camera e sulle limitate proposte correttive avanzate dal Senato. Tra le principali novità: la previsione di una doppia garanzia dello Stato per i debiti rimasti esclusi dal provvedimento, che dovranno essere individuati con precisione dalla legge di stabilità 2014, e la pubblicazione entro il 5 luglio della lista completa dei creditori della pubblica amministrazione. Sono state approvate modifiche che attenuano le penalizzazioni per i Comuni che abbiano sforato i limiti di spesa al fine di pagare debiti pregressi; fissano al 31 dicembre il termine ultimo per avvalersi di Equitalia nella riscossione dei tributi; determinano le riduzioni dei trasferimenti in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi; a sostegno dei Comuni, in difficoltà per il rinvio della TARES e della prima rata dell’IMU, differiscono al 30 settembre il termine per la presentazione dei bilanci comunali, cancellano la riserva erariale sugli immobili comunali destinati a uso produttivo e prevedono il rimborso degli oneri richiesti illegittimamente nel 2012.

Conclusa la discussione generale con gli interventi della senatrice Bonfrisco (PdL) e del senatore Lai (PD), hanno preso la parola per la replica i relatori, senatori D’Alì (PdL) e Santini (PD), e il Sottosegretario di Stato all’economia e alle finanze Giorgetti, il quale ha formulato l’auspicio che il provvedimento inauguri una nuova fase nel rapporto tra imprese e amministrazione pubblica.

Nel passaggio all’esame degli emendamenti, sono state approvate soltanto le proposte di modifica a firma della Commissione e dei relatori. Il Governo ha poi accolto testi d’indirizzo del senatore Endrizzi (M5S) e altri, che impegnano a coprire la totalità dei debiti pregressi della pubblica amministrazione e a prevedere che i pagamenti abbiano un impatto territoriale omogeneo; un ordine del giorno del senatore Candiani (LN), volto a garantire i subfornitori della pubblica amministrazione attraverso un meccanismo di liquidazione diretto; un ordine del giorno della senatrice Bonfrisco (PdL), volto a dare priorità nei pagamenti alle piccole e medie imprese; un ordine del giorno dei senatori Linda Lanzillotta e Luigi Marino (SCpI) finalizzato a evitare discriminazioni tra forme di finanziamento sostanzialmente simili; un ordine del giorno dei relatori teso ad annoverare anche i professionisti tra i beneficiari dei meccanismi di certificazione dei debiti e compensazione dei crediti; un ordine del giorno del senatore Sangalli (PD) e altri volto ad attivare una compensazione tra crediti commerciali certificati e tutte le tipologie di debiti tributari, previdenziali e assistenziali; un ordine del giorno del senatore Fornaro (PD) volto a garantire l’assegnazione ai comuni in dissesto di adeguate risorse finanziarie per contribuire al pagamento della massa passiva; un ordine del giorno del senatore Torrisi (PdL), riguardante i criteri per un riparto più equilibrato del fondo per i comuni in dissesto finanziario.

In fase di dichiarazioni di voto finale, il senatore Uras (Misto-SEL) ha annunciato l’astensione di Sinistra, Ecologia e Libertà, criticando l’enfasi eccessiva su un provvedimento propagandistico, che non affronta la questione degli appalti e delle forniture della pubblica amministrazione. Pur ponendo l’accento sulla mancata assunzione di un preciso obbligo a pagare l’intero stock del debito, la senatrice Lezzi (M5S) ha annunciato il voto favorevole del Movimento 5 Stelle. Chiedendo al Governo più coraggio nella revisione del Patto di stabilità, anchela Lega Nord, per intervento del senatore Candiani (LN-Aut), ha annunciato voto favorevole a un provvedimento giudicato però insufficiente a determinare la ripresa. Hanno annunciato, infine, convinto voto favorevole a un provvedimento che segna un mutamento di rotta negli orientamenti di politica economica, i senatori Bilardi (GAL), Fravezzi (Autonomie), Luigi Marino (SCpI), Mandelli (PdL) e Sangalli (PD).

Essendo esauriti gli argomenti all’ordine del giorno, la seduta pomeridiana non avrà luogo.

(La seduta è terminata alle ore 13:20 )


Riunione Giunta Esecutiva del 29.06.2013

 

Convocazione Giunta Esecutiva

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 29 giugno 2013 alle ore 7:30 presso il Comune di Cesena – Palazzo Municipale – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 9:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

1.       Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione anno 2013;

2.       Approvazione quote adesione Tesseramento 2014;

3.       Esame normativa per la Notifica on line;

4.       Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale GE 29 06 2013


Cons. Stato Sez. III, Sent., (ud. 17-05-2013) 27-05-2013, n. 2894

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38, 60 e 116 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 2050 del 2013, proposto da:

E.P., rappresentata e difesa dall’avv. Alba Giordano, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, via Muzio Clementi, 58;

contro

Azienda Usl Roma A, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Pacciani ed Alessandro Botto, con domicilio eletto presso Assoc. Legance Studio Legale in Roma, via XX Settembre, 5;

nei confronti di

E.P.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: sezione III QUA n. 115/2013, resa tra le parti, concernente il diniego all’accesso ai documenti relativi all’attribuzione delle somme a titolo di retribuzione di risultato per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare ad alta intensità

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Usl Roma A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli Avvocati Giordano e Pacciani.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che:

– l’odierna appellante, in passato in servizio sino ad agosto del 2011 presso l’Azienda USL Roma A, con lettera raccomandata del 3.9.2012 ha chiesto il pagamento delle somme in tesi a lei dovute per la retribuzione di risultato 2011; ha chiesto altresì di accedere agli atti concernenti il pagamento della medesima voce retributiva in favore dei dirigenti della medesima USL, limitatamente allo stesso periodo temporale;

– l’Azienda ha respinto entrambe le richieste; quanto all’istanza di accesso, ha giustificato il diniego adducendo unicamente la natura privatistica degli atti in questione;

– proposto ricorso avverso il diniego dell’accesso, il Tar, pur non condividendo i motivi esposti dall’Azienda, lo ha respinto con l’argomento che la richiesta appariva preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione, in assenza di uno specifico interesse concreto ed attuale della ricorrente;

– con il presente appello l’interessata deduce l’erroneità della sentenza ed assume che l’interesse della ricorrente sia sufficientemente differenziato, essendo stata uno dei dirigenti dell’Usl tra i quali andrebbe ripartito il fondo unico da dividersi tra tutti (gli altri dirigenti), ed avendo bisogno dei documenti riguardanti le posizioni dei suoi colleghi del tempo, per meglio tutelare i propri interessi;

si è costituita l’USL eccependo la tardività dell’appello, sul presupposto che ai sensi dell’art. 116, co. 1, c.p.a., il termine di impugnazione sia di soli 30 giorni dalla notifica e/o dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, e nel merito la sua infondatezza per le stesse ragioni evidenziate dal Tar;

Considerato che:

– l’appello è tempestivo: dal combinato disposto dell’art. 116 co. 1 e dell’art. 87, co. 3 è ragionevole ricavare che nel rito dell’accesso i termini di impugnazione sono di 30 giorni, in caso di notifica, e di 3 mesi in caso di pubblicazione della sentenza di primo grado; al contrario, la tesi di parte appellata finirebbe per applicare sempre e comunque lo stesso termine breve, di 30 giorni, facendo così venir meno qualunque distinzione tra sentenza notificata e sentenza (solamente) pubblicata; d’altra parte, la tesi dell’appellata si basa sul presupposto che nel rito speciale dell’accesso il termine per appellare la sentenza di primo grado si identifichi con quello stabilito per la proposizione del ricorso in primo grado, ma in tutti gli altri tipi di processo davanti al giudice amministrativo il termine per appellare è regolato autonomamente rispetto al termine per ricorrere in primo grado, e perciò, pur se si voglia ammettere che la formulazione letterale dell’art. 116, comma 5, dia adito a qualche dubbio, pare ben più ragionevole risolvere la questione in coerenza con il sistema complessivo;

– l’appello è anche fondato nel merito, sul fondamentale e duplice rilievo che:

(a) l’istanza dell’avv. P. è preordinata a tutela di un interesse puntuale ed attuale (il pagamento della retribuzione di risultato per il 2011) e l’oggetto della domanda di accesso può intendersi circoscritto (almeno in una prima fase) ai criteri e ai metodi applicati dall’Azienda nella determinazione e nell’applicazione di tale voce retributiva, nello stesso periodo temporale, in una vicenda che peraltro ha interessato un numero definito (circa 20) di dirigenti;

(b) la conoscenza dei criteri e dei metodi appare utile alla ricorrente per comprendere le ragioni del diniego opposto dall’amministrazione, sulla richiesta di pagamento; d’altra parte, se l’Aziende intende (a quanto pare) operare una sorta di compensazione fra reciproche pretese creditorie, ciò non toglie che la ricorrente abbia ragione ed interesse a conoscere in dettaglio i relativi conteggi ed i criteri adottati;

(c) l’insegnamento giurisprudenziale, consolidato e condivisibile, è nel senso che in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni il dipendente è portatore di un interesse qualificato alla conoscenza degli atti e documenti che riguardano la propria posizione lavorativa, atteso che gli stessi esulano dal diritto alla riservatezza e che l’art. 22 della L. n. 241 del 1990 garantisce l’accesso ai documenti amministrativi relativi al rapporto di pubblico impiego “privatizzato”, anche se le eventuali controversie attinenti ad detto rapporto sono devolute alla giurisdizione del Giudice Ordinario (cfr., per tutti, T.A.R. Campania Napoli, VI Sezione, 3 Febbraio 2011 n. 645);

Ritenuto che:

– per le ragioni sin qui evidenziate l’appello è fondato e va accolto con la conseguenza che, in riforma della sentenza impugnata, va annullato il diniego ed ordinato all’amministrazione di esibire i documenti richiesti, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, con il limite che l’accesso dovrà riguardare atti già formati dall’amministrazione (nei quali potranno essere oscurati i nominativi dei percettori della retribuzione) e non dati ed informazioni che per essere forniti richiedano una specifica attività di indagine e di elaborazione, circostanza quest’ultima che, dato il tenore dell’istanza di accesso, allo stato il Collegio non è in grado di valutare in riferimento alle singole tipologie di atti relativi alla ricordata istanza del 3.9.2012;

– le spese seguono il principio della soccombenza, nel rapporto processuale con l’Usl, e sono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado annullando il diniego opposto ed ordinando all’Usl l’esibizione dei documenti richiesti, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza.

Condanna l’Usl al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellante, liquidandole in misura pari ad Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Roberto Capuzzi, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere


Le nuove forme della firma elettronica

Seminario 7 giugno 2013

auditorium S. Paolo dell’Università di Macerata, Piazza della Libertà

ORARI: 9,00 – 17,00

LE NUOVE FORME DELLA FIRMA ELETTRONICA.
Riflessioni sugli aspetti giuridici, tecnologici, archivistici e della conservazione digitale
Apri la pagina del seminario

Presentazione
In principio era solo digitale, poi ha assunto altre forme e consistenza e oggi nuovi strumenti stanno per entrare, a pieno titolo, nella famiglia delle firme elettroniche.

In poco più di un decennio, il legislatore italiano, seguendo anche le direttive dell’Unione europea, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una varietà di firme elettroniche, attribuendo a ciascuna di esse un valore giuridico e una forza probatoria differente. Oggi, il Codice dell’amministrazione digitale (CAD) ammette l’uso di quattro tipi di firma: firma elettronica, firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata e firma digitale. Abbiamo poi la firma remota, la firma automatica e il contrassegno a stampa. Sul mercato, inoltre, si assiste a un fenomeno decisamente interessante: i fornitori di tecnologia, nelle more di una regolamentazione tecnica disponibile in bozza da più di un anno ma non ancora emanata, con l’intento di fornire soluzioni per facilitare i processi di digitalizzazione e dematerializzazione, stanno proponendo la “firma grafometrica” come firma elettronica avanzata che, ai sensi dell’art.21, c. 2, del CAD, permette di produrre documenti informatici con l’efficacia delle scritture private (art. 2702 del codice civile). E non sono poche le organizzazioni, soprattutto in ambito bancario, che stanno già utilizzando questa tecnologia.

Questo seminario di studi vuole fornire qualche elemento di certezza in una situazione di grande confusione, valutando le prospettive di evoluzione delle firme elettroniche in ambito nazionale ed europeo ed approfondendo gli aspetti giuridici, tecnologici e della conservazione digitale connessi, in particolare, all’utilizzo della firma elettronica avanzata e della “firma grafometrica”. È inoltre prevista l’analisi delle prospettive di utilizzo del contrassegno a stampa per attribuire un valore giuridico alla copia cartacea di un documento informatico. La trattazione teorica-concettuale trova un utile completamento nella dimensione applicativa che prevede la presentazione pratica di soluzioni tecnologiche disponibili sul mercato.

Destinatari
Il seminario di studio su “le nuove forme di firma elettronica” rappresenta un momento importante di aggiornamento professionale per i diplomati del Master dell’Università di Macerata in “Formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato” e vuole essere un utile incontro formativo per tutti coloro che, a vario titolo, sono chiamati a produrre, gestire e archiviare documenti informatici.


Regole tecniche per la generazione, apposizione e verifica della firma elettronica avanzata

Il codice dell’amministrazione digitale si incrementa ufficialmente, quello della firma digitale, come da dpcm 22 febbraio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 21 maggio (qui il testo completo del decreto).

Il decreto fissa le regole tecniche per la generazione, apposizione e verifica della firma elettronica avanzata, qualificata e digitale, per la validazione temporale, nonché per lo svolgimento delle attività dei certificatori qualificati. Le regole tecniche fissate nel ponderoso provvedimento definiscono le caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità del documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.

Nell’ambito della firma elettronica avanzata, vengono stabilite anche le regole tecniche per la firma grafometrica, ultimo passaggio per una completa dematerializzazione, che consente la sottoscrizione in digitale anche a un pubblico non tecnologico perché riproduce esattamente il processo tradizionale. Inoltre oggi un documento che nasce informatico e necessita della sottoscrizione autografa, deve essere stampato e nella migliore delle ipotesi scannerizzato e archiviato.

Tra le disposizioni, spicca quella secondo la quale le liste dei certificati revocati e sospesi sono rese pubbliche e i certificati qualificati, su richiesta del titolare, possono essere accessibili alla consultazione del pubblico nonché comunicati a terzi, al fine di verificare la firma digitale, esclusivamente nei casi consentiti dal titolare del certificato e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Le liste pubblicate dei certificati revocati e sospesi, nonché i certificati qualificati eventualmente resi accessibili alla consultazione del pubblico, sono utilizzabili da chi li consulta per le sole finalità di applicazione delle norme che disciplinano la verifica e la validità delle firme elettroniche qualificate e digitali.


Valida la notifica effettuata presso la dimora di fatto anche se diversa da quella anagrafica

La notifica della sanzione amministrativa – e dell’atto giudiziario in genere – deve avvenire presso la dimora di fatto del destinatario. Lo ha confermato la Suprema Corte nella sentenza al link sotto riportato, cassando con rinvio la decisione del giudice di merito.
In generale dunque la notifica dell’atto, eseguita presso indirizzo diverso da quello di residenza, deve considerarsi valida: “le rilevanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le attese risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale”. La Cassazione adotta dunque il criterio della dimora effettiva, ancorata alla relazione di fatto che si instaura tra questa e il destinatario del provvedimento, a nulla rilevando la circostanza che la residenza o il domicilio anagrafico potrebbe essere differente.
Inoltre, la parte interessata può produrre in giudizio ogni elemento probatorio che ritenga opportuno e necessario al fine di provare questa circostanza di fatto. Infatti “le risultanze anagrafiche possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento, come ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio, ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario”.

Leggi il testo della sentenza: Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-05-2013, n. 11550


Il dipendente pubblico, che utilizzi il telefono dell’ufficio per chiamate personali, commette il reato di “peculato d’uso”!

Può incappare nel reato di “peculato d’uso” il dipendente pubblico che faccia uso personale del telefono dell’ufficio. Lo ha evidenziato, di recente, la Corte di Cassazione con una sentenza che molti dipendenti pubblici farebbero bene a tenere in conto. (Cass. sez. unite, sent. n. 19054/2013)

Il peculato d’uso, a differenza del peculato ordinario, si configura quando il soggetto fa uso solo momentaneo della cosa appartenente alla Pubblica amministrazione e la restituisce immediatamente dopo. (art. 314 cod. pen.)

Secondo i giudici, affinché il reato sussista, è necessario che le telefonate abbiano un valore economicamente apprezzabile. Non sono, quindi, condannate le telefonate brevi, anche se solo “ricreative” e non dettate da ragioni d’urgenza.

Per misurare la rilevanza delle telefonate ai fini della condannabilità del dipendente si deve fare riferimento al tempo perso al telefono e sottratto al lavoro, e al danno economico dovuto al costo delle chiamate. Quest’ultimo si misura diversamente a seconda del tipo di contratto di utenza telefonica. Il costo sarà maggiore se il contratto prevede una tariffa a consumo e più lieve nel caso di una forfait.

Il valore economico delle telefonate è sicuramente rilevante dal punto di vista penale quando il dipendente usa di continuo il telefono dell’ufficio: più telefonate consecutive possono essere considerate come un’unica lunga e dispendiosa chiamata!

In passatola Cassazione riteneva che le telefonate prolungate fatte dal telefono dell’ufficio integrassero il reato, più grave, del “peculato ordinario”, che avviene quando il colpevole si appropria della cosa della Pubblica Amministrazione di cui dispone per ragioni di lavoro e non la restituisce. L’appropriazione avrebbe riguardato non il telefono in sé, ma “le energie costituite da impulsi elettronici” di proprietà della Pubblica Amministrazione. ( vedasi Cass. sent. n. 3883/2002)

Con il recente orientamento, invece, questa interpretazione viene superata.

Secondo i giudici, infatti, l’abuso di telefonate dall’ufficio può configurare solo peculato d’uso che presuppone un uso solo momentaneo della cosa pubblica.


D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33

Il decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013, recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 80 del 5 aprile 2013, è entrato in vigore il 20 aprile 2013.

Composto da 53 articoli – raggruppati in sette Capi – e da un allegato, il provvedimento (approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri del 15 febbraio scorso) attua i commi 35 e 36 della Legge anticorruzione (Legge 6 novembre 2012 n. 190), riordinando tutte le norme che riguardano gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle Pubbliche amministrazioni e introducendo delle sanzioni per il mancato rispetto dei vincoli.

Trasparenza su piani regolatori e varianti urbanistiche

È previsto l’obbligo di pubblicità dei dati e documenti in possesso delle Pubbliche amministrazioni, tra i quali gli atti dei procedimenti di approvazione dei piani regolatori e delle varianti urbanistiche.

Trasparenza sugli appalti

Per quanto riguarda le gare di lavori, servizi e forniture, il decreto introduce una serie di obblighi al fine di aumentare il livello di trasparenza. Viene introdotto in particolare l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti di pubblicare sul loro sito internet, per ciascun contratto comunque assegnato il bando, la determina di aggiudicazione definitiva, la struttura proponente, l’oggetto del bando e dell’eventuale delibera a contrarre, l’importo dell’aggiudicazione, l’aggiudicatario, la base d’asta, la procedura e la modalità di selezione del contraente, il numero di offerenti che hanno partecipato al procedimento, i tempi di completamento dell’opera, l’importo delle somme liquidate, le modifiche contrattuali e le decisioni di ritiro e recesso dei contratti.

Inoltre, le stazioni appaltanti devono pubblicare anche i dati relativi ai contratti di importo inferiore ai 20.000 euro e, solo per i lavori, il verbale di consegna dei lavori, il certificato di ultimazione dei lavori e il conto finale dei lavori.

Tutte le informazioni suddette vanno raccolte, entro il 31 gennaio, in tabelle riassuntive liberamente fruibili secondo un formato che permetta a chiunque di analizzare e rielaborare i dati anche a fini statistici.

Le informazioni vanno trasmesse all’AVCP

Il provvedimento prevede anche l’obbligo di trasmissione all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di tutte le informazioni pubblicate sui siti internet delle stazioni appaltanti.

Sanzioni

Entro il 30 aprile di ogni anno, l’Autorità comunicherà alla Corte dei Conti la lista delle amministrazioni che non si sono conformate agli obblighi. Sono previste sanzioni fino a 51.545 euro.

Pubblicazione dei tempi e costi delle opere pubbliche completate

Le PA sono tenute a pubblicare, secondo modelli standard indicati dall’Avcp, le informazioni relative ai tempi, ai costi unitari e agli indicatori di realizzazione delle opere pubbliche completate.

Trasparenza per i lavori privati e i provvedimenti urgenti

L’obbligo di pubblicazione – in una specifica sezione del sito internet del Comune – riguarda anche le procedure per i lavori privati e i provvedimenti urgenti adottati in caso di catastrofi naturali, con l’indicazione delle motivazioni alla base delle deroghe.

Tempi medi di pagamento

Il decreto introduce anche l’obbligo della pubblicazione, ogni anno, di un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato “indicatore di tempestività dei pagamenti”.

Leggi: D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33


INCENTIVI ADDIO: vietato il bonus per il recupero dell’evasione

In mancanza di una legge che disciplini la materia come accadeva per l’ICI, non è possibile per i regolamenti comunali riconoscere gli incentivi al personale per la lotta all’evasione IMU.

Lo ha stabilito la Corte dei Conti del Veneto con il parere n° 22/2013.

A vietarlo, secondo i giudici contabili, è prima di tutto il principio di omnicomprensività, che trova fondamento nel decreto legislativo 165/2001 e precisamente nell’art. 2 (per i dirigenti) e 45 (per i dipendenti).

In virtù di questo principio, nulla è dovuto – oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio – al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio.


Corte Suprema di Cassazione civ. Sez. III, Sent., 14-05-2013, n. 11550

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19149/2008 proposto da:

ITALFONDIARIO S.P.A. (OMISSIS) quale procuratore di CASTELLO FINANCE S.R.L. a propria volta cessionaria del credito di INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A. in persona del Dott. B.G., domiciliata ex r lege in ROMA, prsso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati LA SCALA GIUSEPPE FILIPPO MARIA e PESENTI MARCO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALCIDE DE GASPERI 35, presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI GIANLUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCA FULVIO giusta procura speciale del Dott. Notaio FERDINANDO CUTINO in BESOZZO il 27/11/2012, rep. n. 73949;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 134/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 07/02/2008, R.G.N. 1995/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/03/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato MARCO PESENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto.

Svolgimento del processo
Con decreto ingiuntivo in data 8.7.1994 il Presidente del Tribunale di Vicenza ordinava a G.G. di pagare al Banco Ambrosiano Veneto Spa la somma di L. 90 milioni oltre accessori in adempimento della fideiussione da lui prestata a garanzia di ogni obbligazione gravante su Ascommpre Spa, dichiarata fallita, la quale presentava nei confronti del Banco un’esposizione superiore a L. 230 milioni. Il G. proponeva opposizione tardiva assumendo la nullità della notifica del d.i., l’incompetenza del Tribunale adito, la mancata prova del credito ingiunto e comunque la sua prescrizione. In esito al giudizio, in cui si costituiva il Banco contestando la fondatezza dell’opposizione e l’opponente eccepiva altresì nella comparsa conclusionale la nullità della convenzione riguardo al tasso ultralegale degli interessi, il Tribunale adito dichiarava inammissibile e rigettava l’opposizione.

Avverso tale decisione il soccombente proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituiva Intesa Gestione Crediti Spa, procuratore di Banca Intesa Spa, incorporata dal Banco Amrosiano Veneto e subentrata a tutti i rapporti facenti capo all’incorporante, la Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data 7 febbraio 2008 dichiarava ammissibile l’opposizione tardiva, revocava il d.i. e rigettava la domanda di pagamento nei confronti del G., provvedeva al regolamento delle spese. Avverso la detta sentenza l’Italfondiario Spa, quale procuratore di Castello Finance Sri, cessionaria del credito, ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, illustrato da memoria.

Resiste con controricorso il G..

Motivi della decisione
In via preliminare, deve soffermarsi l’attenzione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente, sulla base del rilievo che la procura speciale stesa in calce all’atto reca testualmente “Italfondiario S.p.a. Dott. B.G.”, la firma dello stesso, l’autentica sottoscritta dai due difensori, senza contenere l’indicazione della qualità e dei poteri rappresentativi del dr. B..

L’eccezione è infondata ove si consideri che nella intestazione del ricorso (cfr pag.2) l’atto di investitura del Dott. B. G. è stato espressamente menzionato con specifica degli estremi e del contenuto (procura, a firma del dr. L.G. G.F., da Italfondiario Spa ai propri funzionari in data 25.9.2007 rep. n.26477 e racc. n.8287 del notaio Amato di Roma). Tale documento, che è stato altresì prodotto in giudizio (doc. 6), costituisce una procura in via continuativa ad intervenire in rappresentanza di Italfondiario Spa in tutti gli atti previsti e specificati nell’allegato A del medesimo atto, in cui è espressamente previsto che al B. veniva conferito, con firma singola, tra gli altri, il potere di “….nominare avvocati e revocarli, conferendo ad essi mandati generali o speciali alle liti per rappresentanza e difesa in tutti i gradi del giudizio, compresa la Corte di Cassazione…”.

Ora, è appena il caso di sottolineare che, a fronte di tale allegazione, risultante dal documento in atti, competeva all’eccipiente fornire la relativa prova negativa, onere che nella specie non è stato minimamente assolto. Ne deriva l’infondatezza della eccezione proposta.

Passando all’esame delle doglianze proposte dalla ricorrente, va osservato che con la prima censura, deducendo l’omessa – insuffidente motivazione in merito ad un fatto decisivo per il giudizio, la società ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello ritenuto ammissibile l’opposizione tardiva del G. sulla base di una pretesa illegittimità della notifica eseguita ad un indirizzo diverso rispetto a quello di residenza.

La notifica avrebbe dovuto essere invece considerata corretta in quanto avvenuta presso l’effettiva dimora del G., appresa tramite un’agenzia investigativa. Inoltre, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente sul fatto decisivo che l’indirizzo presso cui fu eseguita la notifica coincideva con quello dell’abituale dimora.

Con la seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, artt. 149 e 160 c.p.c., e art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente ha censurato l’interpretazione dell’art. 7, sopra citato, datane dalla Corte d’Appello, quando ha ritenuto l’illegittimità della notifica eseguita previa consegna al custode dello stabile, non essendo quest’ultimo paragonabile al portiere o comunque ad altra persona vincolata da un rapporto di lavoro continuativo e comunque tenuta alla distribuzione della posta.

Con la terza doglianza, svolta per violazione e falsa applicazione dell’art. 650 c.p.c., la ricorrente ha lamentato l’erroneità della decisione nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno ritenuto l’ammissibilità dell’opposizione tardiva sulla sola base della pretesa irregolarità della notifica senza che fosse necessario dimostrare, da parte dell’opponente, che la mancata tempestiva conoscenza dell’ingiunzione fosse dipesa da tale vizio.

I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, meritano attenzione.

A riguardo, torna opportuno premettere che le ragioni della ritenuta ammissibilità dell’opposizione tardiva, proposta dal G., sono state fondate dalla Corte di Appello, sul rilievo che, come risultava dal certificato anagrafico del Comune di (OMISSIS) rilasciato il 17.2.1995, il G. all’epoca risiedeva in quel Comune dal 26.10.1984, proveniente da (OMISSIS), con la conseguenza che la notifica del decreto ingiuntivo, effettuata il 19.7.1994 a mezzo del servizio postale in via (OMISSIS), era avvenuta presso un luogo diverso dalla sua residenza.

L’atto inoltre era stato consegnato a mani di persona qualificatasi come custode del palazzo, addetto in quanto tale solo alla salvaguardia dell’immobile e non anche, salvo prova contraria, alla ricezione e distribuzione della corrispondenza.

Le ragioni, poste dalla Corte di merito a base della decisione, non meritano di essere condivise. Invero, a riguardo, mette conto di rilevare, in primo luogo, che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche (Cass. n.19132/04,n. 11562/03, 4829/79, 4705/89), assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale (Cass. 12303/08).

Pertanto, le risultanze anagrafiche possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento, come ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio (Cass. 24422/06) ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario (Cass. 5715/02, 3262/05, 11562/03, 17504/03).

Nel caso di specie, la società ricorrente aveva prodotto nel giudizio di primo grado due documenti,il cui contenuto è stato opportunamente trascritto nel ricorso in esame nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi per cassazione, da cui emergevano elementi presuntivi contrastanti con le risultanze anagrafiche.

In particolare, la società ricorrente aveva prodotto una relazione di un’agenzia informativa (doc. 1) del 20 gennaio 1994, in cui era riferito che il G., pur avendo la residenza anagrafica in (OMISSIS), al momento, abitava di fatto a (OMISSIS), ove poi l’atto fu ricevuto dal custode dell’immobile; aveva inoltre prodotto una lettera, mai disconosciuta, indirizzata allo studio La Scala, in cui il Dott. proc. S., su incarico del debitore, avanzava la richiesta dell’invio di alcuni documenti; ciò, dopo aver riconosciuto – ed è questo il profilo decisivo – che al G. era stato notificato sin dal luglio 1994, in tempo per proporre un’opposizione tempestiva all’ingiunzione notificatagli il decreto ingiuntivo, che poi sarebbe stato oggetto di opposizione tardiva.

Ora, a fronte di tale quadro indiziario dedotto a confutazione della pretesa ammissibilità dell’opposizione tardiva, proposta dal G., era obbligo del giudice di merito valutare questi elementi e spiegare perchè non potessero essere ritenuti sufficienti. Al contrario, la Corte territoriale colpevolmente si è ben guardata dal farlo ed ha omesso di provvedere alla necessaria confutazione delle considerazioni svolte dall’appellata. Ne consegue che nella specie l’omesso compimento degli accertamenti volti a verificare la fondatezza delle circostanze indiziarie emergenti dalla documentazione richiamata, non solo inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito ma ne determina altresì la sua censurabilità.

Ciò, anche in considerazione del fatto che, ai fini della legittimità della opposizione tardiva a decreto ingiuntivo non è sufficiente l’accertamento della irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo, ma occorre altresì la prova – il cui onere grava sull’opponente – che a cagione della nullità l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del decreto e non è stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.

Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, meritano pertanto di essere accolte le censure in esame, in esse assorbita l’ultima doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2710 e 1832 c.c., nonchè della motivazione omessa ed insufficiente, con cui la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello trascurato che l’estratto conto certificato dal notaio, prodotto in sede monitoria, ha piena efficacia probatoria del credito azionato, in assenza di comprovate contestazioni da parte del debitore ed essendo decorso il termine per l’impugnazione ai sensi dell’art. 1832 c.c..

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti, con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 14 maggio 2013