Congedi e permessi per i lavoratori dipendenti: le nuove misure

Il Consiglio dei Ministri del 9 giugno 2011 ha approvato un decreto legislativo per il riordino di permessi, congedi e aspettative nel settore pubblico e privato, a fini di razionalizzazione, semplificazione e risparmio di spesa. Il provvedimento ha ricevuto il parere favorevole della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari;

Tra le novità:

Flessibilità del congedo di maternità

Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, come pure in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, con un preavviso di dieci giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non  arrechi pregiudizio alla loro salute.

Congedo parentale
Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n . 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

Congedo per assistenza di soggetto portatore di handicap grave

Il diritto a fruire dei permessi è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese.

Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata  ha diritto a fruire del congedo.

In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi;

In caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno de i figli conviventi;

In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi .

Il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa .

Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza .

Il congedo ed i permessi di cui art. 33, comma 3, della 1 . n. 104 del 1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona.

Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l’altro genitore non può fruire dei benefici di cui all’articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n . 104 e 33, comma 1, del presente decreto .

Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento , e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa ; l’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 43 .579,06 annui per il congedo di durata annuale . Detto importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2011, sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità . I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’ente
previdenziale competente .

Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità di cui al presente comma è corrisposta con le modalità di cui all’articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979,  n . 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n . 33 .

Aspettativa per dottorato di ricerca

E’ facoltà discrezionale dell’amministrazione la concessione del  congedo per dottorato di ricerca , prevedendo che il congedo possa essere accordato compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione stessa.  Il dipendente che interrompe il rapporto di lavoro alle dipendenze di qualsiasi Pubblica Amministrazione, nei due anni successivi, è tenuto a restituire gli emolumenti percepiti durante il periodo di aspettativa .


I sindaci potranno adottare provvedimenti per l’incolumità pubblica solo se contingibili e urgenti

La Suprema Corte Costituzionale ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 – Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125) , “nella parte in cui comprende la locuzione «anche» prima delle parole «contingibili e urgenti»”.
Secondo la Corte “si deve ………ritenere che la norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti – pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti – viola la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati”.
La Corte Costituzionale ha poi aggiunto che “l’assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della pubblica amministrazione, a fortiori lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci”.
Si tratta “di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà, che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci, senza base legislativa, come la prassi sinora realizzatasi ha ampiamente dimostrato.
Tale disparità di trattamento
se manca un punto di riferimento normativo per valutarne la ragionevolezza, integra la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost., in quanto consente all’autorità amministrativa – nella specie rappresentata dai sindaci – restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria”.

Corte Costituzionale_115_2011 ordinanze contingibili e urgenti


Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 31-03-2011) 14-06-2011, n. 12978

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.R., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell’avvocato TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa dall’avvocato MOLTENI GIORGIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 32/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 07/04/2007, r.g.n. 116/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI per delega MOLTENI GIORGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
1. Poste Italiane s.p.a. adiva il Tribunale di Crema chiedendo che fosse accertata, nei confronti di P.R., la legittimità o meno della sanzione disciplinare, comminata a quest’ultima in data 11 aprile 2005, per essersi rifiutata di svolgere la prestazione lavorativa in sostituzione di un collega assente, secondo il sistema previsto dall’accordo sindacale del 29 aprile 2004. 2. Il Tribunale accoglieva la domanda dichiarando la legittimità della sanzione.

3. Avverso la sentenza del giudice di primo gado, proponeva impugnazione la P. dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia che, con la sentenza n. 32/2007, rigettava il ricorso.

4. Ricorre P.R. per la cassazione della suddetta sentenza del giudice di appello proponendo cinque motivi di impugnazione.

5. Resiste con controricorso Poste Italiane s.p.a.

6. Sia la P. che Poste Italiane hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2106, 1175, 1375 c.c., della L. n. 300 del 1970, art. 7; vizio di motivazione su di un fatto controverso e decisivo del giudizio.

La ricorrente si duole che la propria audizione sia stata disposta a oltre 62 Km di distanza dalla sede di lavoro e ben oltre l’orario di lavoro, mentre si sarebbe dovuta svolgere, in quanto complementare rispetto all’attività lavorativa, in orario di servizio e nello stesso luogo di lavoro.

Il quesito di diritto, articolato in ordine al suddetto motivo, ha il seguente tenore: se costituisce lesione del diritto di difesa, così come disposto dalla L. n. 300 del 1970, art. 7 l’aver disposto l’audizione in sede disciplinare, richiesta dal dipendente con l’assistenza del rappresentante sindacale, in altro luogo che quello della prestazione lavorativa e distante oltre 62 km da questo e al di fuori dell’orario contrattuale (alle 16, terminando l’orario di lavoro alle 13), sì da rendere estremamente gravoso l’esercizio del diritto stesso.

1.2. Il motivo non è fondato.

Come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., sentenza n. 5864 del 2010), con orientamento che si intende ribadire, la disposizione della L. n. 300 del 1970, art. 7, comma 2, deve essere interpretata nel senso che il lavoratore è libero di discolparsi nelle forme da lui prescelte – e, quindi, per iscritto o a voce, con l’assistenza o meno di un rappresentante sindacale – con la conseguenza che, ove il lavoratore eserciti il proprio diritto chiedendo espressamente di essere “sentito a difesa” nel termine previsto dallo stesso art. 7, comma 5, il datore di lavoro ha l’obbligo della sua audizione, pena l’illegittimità del procedimento di irrogazione della sanzione disciplinare (cfr. ad es., Cass. n. 1661 del 2008; Cass. n. 7848 del 2006; Cass. n. 9066 del 2005; Cass. n. 7006 del 1999; Cass. n. 467 del 1992).

Corollario di tale principio è che la richiesta di audizione del lavoratore, al di fuori dei casi in cui appaia ambigua o incerta, non risulta sindacabile dal datore di lavoro in ordine alla sua effettiva idoneità difensiva, per essere tale esito, garantito dall’art. 7, comma 2, non solo conforme alla chiara lettera della norma, ma, ancor prima, funzionale a consentire la piena rispondenza del giudizio disciplinare al principio del contraddittorio fra le parti, e,quindi, alla piena realizzazione del diritto di difesa dell’incolpato, con l’espressa previsione dell’impossibilità di applicare qualsiasi sanzione più grave del rimprovero verbale senza che il lavoratore, che ne abbia fatto richiesta, sia sentito a sua discolpa.

In tal contesto, quindi, assume particolare rilievo l’obbligo delle parti di conformare la propria condotta a buona fede e lealtà contrattuale. L’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, nel suo complesso e quindi anche con riguardo ai profili procedurali, dunque, deve essere valutato alla stregua di tali principi.

Nel caso in esame, il giudice di appello, facendo corretta applicazione dei suddetti principi, con motivazione congrua e logica, ha accertato, sulla base dei criteri indicati, che le modalità di luogo ed orario dell’audizione della lavoratrice non avevano leso il diritto di difesa della stessa. La P., ha affermato il giudice di appello, era stata convocata presso l’ufficio del personale di Cremona e non di Milano e dunque in luogo facilmente raggiungibile dalla sua sede di lavoro di (OMISSIS). Inoltre, ha statuito la Corte d’Appello, la condotta datoriale, da valutare in ragione dei suddetti principi di correttezza e buona fede, mancando una previsione legislativa sul punto, appariva legittima tenuto conto che si tratta di una azienda di vaste dimensioni organizzata sul territorio attraverso uffici rispondenti a direzioni diverse, ognuna con una sua competenza quanto ai rapporti con il personale e che la sede presso la quale era stata convocata la dipendente, ossia (OMISSIS), non rendeva in alcun modo particolarmente oneroso alla stessa (e al rappresentante sindacale) l’esercizio del diritto di difesa, che era stato, peraltro, esercitato anche per iscritto.

2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 Cost., della L. n. 300 del 1970, art. 28, della L. n. 146 del 1990, artt. 1, 2, 4, 12, 13 e 14; vizio di motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ad avviso della ricorrente, sarebbe stato leso il diritto di sciopero e la disciplina della regolamentazione di esso nei servizi pubblici essenziali. L’unica limitazione al diritto di sciopero riconosciuto dalla Costituzione, è quella prevista per i servizi pubblici essenziali dalla L. n. 146 del 1990, che attribuisce peculiare rilievo, in proposito, alla Commissione di Garanzia, i cui poteri sono stati rafforzati con la L. n. 83 del 2000, che ha attribuito alla stessa un potere di regolamentazione provvisoria. In ragione della delibera 02/37 della Commissione la vicenda in esame rientra nell’ipotesi di sciopero legittimo. Alla Commissione di Garanzia spetta, tra l’altro il compito di deliberare le sanzioni.

In ordine al suddetto motivo di ricorso è stato prospettato il seguente quesito di diritto:

se in tema di sciopero nei servizi pubblici essenziali, ex L. n. 146 del 1990, ed in particolare in quello dei dipendenti di Poste Italiane, attinente alla libertà di comunicazione, assoggettato alla normativa di regolamentazione, per sciopero deve intendersi ogni forma di azione sindacale comportante una riduzione del servizio tale da determinare un pregiudizio per i diritti degli utenti, ciò valendo anche in caso di astensione collettiva dal lavoro aggiuntivo, così come dedotta in causa, e, in ogni caso, l’esercizio del potere disciplinare relativo all’astensione dal lavoro collettiva è di esclusiva competenza della Commissione di Garanzia che eventualmente prescrive al datore di lavoro la sanzione, con la conseguenza che, nel caso di specie, l’esercizio del potere disciplinare da parte di Poste Italiane è illegittimo.

3. Con il terzo motivo di impugnazione è prospettata insufficiente o contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il fatto controverso e decisivo per il giudizio è lo sciopero oggetto di causa, così come storicamente proclamato ed attuato.

In relazione a ciò, afferma la ricorrente, del tutto erronee sono le seguenti affermazioni della sentenza impugnata. Premesso che il sindacato non ha indetto uno sciopero dal lavoro straordinario, bensì ha proclamato l’astensione da ogni forma di prestazione accessoria, comunque denominata (es. Area Territoriale), come denominata proprio dall’accordo contro cui ha reagito, ed in coerenza con ciò, gli aderenti si sono rifiutati di svolgere quella che, nell’accordo sull’area territoriale, viene definita prestazione aggiuntiva e che Poste Italiane ha definito, nel suo calendario scioperi – per l’utenza “proclamazione sciopero prestazioni accessorie”, l’affermazione della sentenza impugnata sarebbe del tutto incoerente, anche dal punto di vista logico.

4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta violazione degli artt. 2104, 2105 e 2106 c.c.; omessa e/o insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Espone la ricorrente che manca nella fattispecie in esame la colpa del lavoratore, che costituisce presupposto dell’infrazione disciplinare. Ed infatti, essa ricorrente aveva aderito ad uno sciopero ritualmente comunicato agli organi competenti e reso pubblico da Poste Italiane e, comunque, era estranea al contendere di Poste Italiane sul sistema areola.

Il quesito di diritto è il seguente:

L’astensione dalla prestazione dalla lavorativa ritenuta dallo stesso datore di lavoro sciopero e come tale comunicata pubblicamente, senza alcuna riserva, non può fondare una responsabilità disciplinare da inadempimento, per assenza di qualsivoglia elemento colposo a carico del dipendente.

5. Con il quarto (recte: quinto) motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione: art. 1362 e segg., in relazione all’accordo collettivo 29 luglio 2004, art. 2697 c.c.;

violazione dell’art. 40 Cost., insufficiente e/o contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La P. deduce che non si verte in ipotesi di sciopero su lavoro straordinario (nè delle mansioni), ma della prestazione aggiuntiva.

Il quesito di diritto ha il seguente tenore:

se, laddove un accordo collettivo contenga una disposizione che obblighi il dipendente a sostituire, oltre la sua prestazione contrattuale già determinata, in quota parte oraria, un collega assente, remunerandolo con una quota di retribuzione inferiore alla maggiorazione per lavoro straordinario, la relativa astensione collettiva da tale prestazione attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero, essendo in ogni caso onere probatorio di chi lo invoca fornire la prova che detta prestazione possa svolgersi nell’ordinario orario di lavoro.

6. Con il sesto motivo di ricorso è sottoposta all’esame della Corte la censura relativa alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., dell’art. 1372 c.c. e segg., dell’art. 2107 c.c.;

del CCNL Poste italiane 11.7.2003; vizio di motivazione.

7. I motivi di impugnazione da 2 a 5 devono essere trattai congiuntamente in ragione della loro intrinseca connessione. Gli stessi non sono fondati.

1 suddetti articolati motivi di ricorso, proposti dalla ricorrente in ordine alla sentenza della Corte d’Appello di Brescia, hanno un punto di chiara intersecazione consistente nelle questioni relative, sotto più profili, alla qualificazione della prestazione lavorativa il cui mancato adempimento ha determinato l’irrogazione della sanzione datoriale.

Pertanto, la Corte è chiamata a stabilire se, in ragione della disciplina in questione, l’astensione dal lavoro oggetto di questa controversia rientri o meno nel concetto di sciopero. Se il comportamento dei lavoratori che hanno aderito all’astensione proclamata da COBAS è una forma di sciopero, la sanzione disciplinare è illegittima e la sua applicazione costituisce violazione della L. n. 300 del 1970, art. 28, in quanto lo sciopero è un diritto costituzionalmente sancito e il suo esercizio sospende il diritto al corrispettivo economico, ma rende immune il comportamento da sanzioni. Se, al contrario, non è sciopero, il rifiuto della prestazione costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali e l’applicazione della sanzione disciplinare è legittima.

8. Su tale punto, la Corte, condividendolo, richiama il recente orientamento (Cass., sentenze n, 548 del 2011 e n. 547 del 2011) che ha affermato quanto segue.

Non esista una definizione legislativa dello sciopero. I lineamenti del concetto sono stati individuati sul piano giuridico tenendo conto della storia e delle prassi delle relazioni industriali.

Lo sciopero nei fatti si risolve nella mancata esecuzione in forma collettiva della prestazione lavorativa, con corrispondente perdita della relativa retribuzione. Questa mancata esecuzione si estende per una determinata unità di tempo: una giornata di lavoro, più giornate, oppure periodi di tempo inferiori alla giornata, sempre che non si vada oltre quella che viene definita “minima unità tecnico temporale”, al di sotto della quale l’attività lavorativa non ha significato esaurendosi in una erogazione di energie senza scopo.

In tale logica, la giurisprudenza, dopo alcune oscillazioni, riportò entro la nozione di sciopero anche la mancata prestazione del lavoro straordinario (Cass., n. 2480 del 1976).

L’astensione anche in questo caso ha una precisa delimitazione temporale e concerne tutte le attività richieste al lavoratore.

Al contrario, ci si colloca al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. E il caso del c.d. sciopero delle mansioni, comportamento costantemente ritenuto estraneo al concetto di sciopero e pertanto illegittimo dalla giurisprudenza (Cass., n. 2214 del 1986).

Tanto premesso, questa Corte, nel condividere la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata (sentenze n. 548 del 2011 e n. 547 del 2011), ritiene che il rifiuto di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell’obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo non è astensione dal lavoro straordinario, nè astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute. Situazione assimilabile a quella del c.d. sciopero della mansioni, perchè, all’interno del complesso di attività che il lavoratore è tenuto a svolgere, l’omissione concerne uno specifico di tali obblighi.

L’astensione pertanto non può essere qualificata sciopero e resta un mero inadempimento parziale della prestazione dovuta. Di conseguenza, la sanzione disciplinare non è illegittima e il comportamento datoriale non è antisindacale. Questa conclusione non solo è in linea con le coordinate generali prima tracciate, ma anche con la specifica giurisprudenza di legittimità sull’argomento: Cass. n. 17995 del 2003, concernente il sistema di sostituzioni entro l’ambito della c.d. areola (antecedente dell’area territoriale nell’organizzazione delle Poste), ha affermato che il rifiuto di effettuare la sostituzione del collega assente, è “rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore” e “non costituisce esercizio del diritto di sciopero”, con la conseguenza che deve escludersi l’antisindacalità della scelta datoriale di applicare una sanzione disciplinare.

La sentenza da ultimo richiamata (Cass. 17995 del 2003), in particolare, ha affermato che la richiesta di consegna della corrispondenza in zone di recapito diverse da quelle abitualmente assegnate non costituisce, di per sè, richiesta di prestazioni di lavoro straordinario, ma rientra nei poteri riservati al datore di lavoro che conserva la facoltà non solo di strutturare ed organizzare la propria azienda, ma anche quella di stabilire l’orario e di adeguare le prestazioni dei dipendenti in relazione alle esigenze della stessa, ancorchè, ovviamente, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge e dalle norme contrattuali vigenti. Del tutto legittima appariva, pertanto, la determinazione della società di prolungare nel tempo il sistema originariamente introdotto previo accordo sindacale per il recapito della corrispondenza nella cosiddetta areola. In caso di impedimento di un portalettere titolare, questa attività si aggiungeva a quella di recapito nella zona assegnata al portalettere individualmente, ed era redistribuita tra i portalettere presenti in servizio. Il riconoscimento di un premio, collegato al raggiungimento dell’obiettivo – smaltimento del corriere – non intendeva compensare una prestazione lavorativa di maggior durata, rispetto all’orario di lavoro ordinario, bensì una prestazione che, pur svolgendosi interamente in detto orario, assumeva necessariamente maggiore intensità e gravosità, ricomprendendo – seppure in parte – il lavoro di competenza di altro lavoratore assente.

Il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore, attuato senza perdita della retribuzione, non costituisce esercizio legittimo del diritto di sciopero e può configurare una responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente.

In conseguenza di ciò, il comportamento tenuto dal datore di lavoro non poteva integrare un comportamento antisindacale.

9. Altre questioni poste dai suddetti motivi di ricorso riguardano il rapporto con le determinazioni della Commissione di garanzia. Si è già detto del perchè l’astensione in esame non costituisce esercizio del diritto di sciopero. Deve aggiungersi, richiamando le già sopra citate pronunce della Corte, che la nozione di sciopero proposta dalla ricorrente non è condivisibile, perchè non può definirsi sciopero ogni astensione sindacale che comporti una riduzione del servizio. Nè, invero, lo sciopero si caratterizza per il fatto che determina un danno per gli utenti. Questo può essere un effetto collaterale, ma non è elemento costitutivo dello sciopero;

molti scioperi non danneggiano gli utenti.

10. La definizione di sciopero proposta dalla ricorrente invero richiama l’espressione usata dalla Commissione di Garanzia nel provvedimento del marzo 2002 (G.U. n. 88 del 2002), che peraltro non si occupa delle astensioni contro l’accordo sulle aree territoriali, che del resto è del 2004, bensì in generale gli scioperi dei dipendenti delle Poste. In ogni caso, tale provvedimento non incide sulla soluzione delle questioni oggetto di questa controversia.

Nel delineare il suo campo di applicazione, la delibera precisa che “la presente disciplina si applica ad ogni forma di azione sindacale, comunque denominata, comportante una riduzione del servizio tale da determinare un pregiudizio per tutti gli utenti”. Ed aggiunge che si applica anche al caso di astensione dal lavoro straordinario.

La Commissione, con tali espressioni, si prefiggeva solo, nella sua ottica specifica, di limitare le conseguenze di azioni sindacali implicanti danni per l’utenza, siano o non siano qualificabili come sciopero. Qualora si tratti di azioni qualificabili come sciopero varranno le esenzioni dal diritto comune dei contratti derivanti dall’art. 40 Cost. Al contrario, in caso di azioni estranee a tale ambito, l’esenzione non opererà e si applicheranno le regole civilistiche ordinarie in materia di inadempimento delle obbligazioni prima esaminate. L’intervento della Commissione di Garanzia non incide su questo ordine di conseguenze, nè, in caso di inadempimento della prestazione non qualificabile come sciopero, incide sul potere disciplinare del datore di lavoro.

11. Correttamente, con argomentazioni interpretative della complessiva disciplina in esame che trovano conferma nei principi sopra enunciati, i quali, attribuiscono alle stesse coerenza di sistema, la Corte d’Appello di Brescia, nella sentenza impugnata, con motivazione congrua ed esente da vizi, ha affermato che la prestazione del portalettere è commisurata sul piano della durata al tempo stimato necessario per il recapito in un determinata area territoriale,secondo criteri puramente statistici di stima della corrispondenza destinata all’area medesima. Pertanto, la stessa è suscettibile di una durata giornaliera e settimanale inferiore o superiore a quella stimata, in ragione del carico di corrispondenza da recapitare, variabile da giorno a giorno, da settimana a settimana, da mese a mese. In ragione di ciò, con l’accordo 29 luglio 2004, necessariamente vincolante per tutti i dipendenti della società, indipendentemente dalla iscrizione ai sindacati stipulanti – in quanto non contenga disposizioni sostanzialmente e globalmente peggiorative per talune categorie di essi – in quanto destinato a regolare uniformemente indivisibili interessi collettivi di tutti i lavoratori (Cass., sentenza n. del 12647 del 2004), le parti firmatarie del CCNL hanno previsto che l’orario di lavoro giornaliero possa essere di mezz’ora superiore o inferiore alle sei ore, e che, fermo restando le 36 ore settimanali, oltre le quali il lavoro diventa straordinario, la società datrice di lavoro ha il potere di chiedere, con il limite di due ore giornaliere e di dieci ore mensili, che i portalettere smaltiscano, ripartendosela, anche la corrispondenza delle aree territoriali coperte da colleghi assenti.

Del tutto congruamente e in conformità alla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, quindi, il giudice di appello ha dato rilievo alla mancata prova, da parte del lavoratore, della circostanza che la prestazione lavorativa in questione costituisse lavoro straordinario ulteriore rispetto alle 36 ore settimanali.

In ragione del suddetto percorso argomentativo, quindi, la Corte d’Appello ha ritenuto la illegittimità del rifiuto di una parte della prestazione dovuta con la conseguente legittimità della applicazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro, nell’impossibilità di scorporare dall’orario di lavoro un tempo corrispondente alla prestazione accessoria negata con riduzione della retribuzione.

Nè è condivisibile la dedotta censura relativa al non avere la Corte d’Appello tenuto conto dell’assenza di colpa del lavoratore. Ed infatti, con motivazione del tutto coerente e che non viola le disposizioni invocate dalla ricorrente, la pronuncia impugnata afferma che l’adesione allo sciopero indetto da COBAS PT non è una circostanza da cui si possa desumere l’assenza di colpa nell’inadempimento, in quanto l’adesione allo sciopero è atto volontario e l’eventuale errore circa la legittimità dell’astensione, è quanto meno ascrivibile a colpa non essendo ignote alla lavoratrice, o comunque, non potendo essere presunte tali in assenza di prova contraria, le circostanze in cui il rifiuto della prestazione in sostituzione veniva posto in essere e le conseguenze dello stesso sul piano dia della organizzazione del lavoro per la datrice sia della impossibilità di procedere a una decurtazione della retribuzione.

12. Il sesto motivo di ricorso è inammissibile. Ed infatti, in ordine allo stesso non è stato formulato il quesito di diritto secondo quanto previsto dall’art. 366 bis, applicabile ratione temporis, anche con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ed infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass., sentenza n. 4546 del 2009) l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione.

Nel primo caso, ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dicta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

13. In ragione delle argomentazioni svolte, il ricorso deve essere rigettato.

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 58,00 per esborsi e Euro 2000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011


Irreperibilità assoluta. Nuova pronuncia della Corte di Cassazione a Sez. Unite

La Corte Suprema di Cassazione a sezioni unite si è espressa sul problema relativo all’irreperibilità assoluta. Infatti, …(omissis).. non è consentito procedere alla notificazione nelle forme previste per le persone irreperibili, ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., se non quando risulti sul piano soggettivo l’ignoranza incolpevole del richiedente circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto e, sul piano oggettivo, l’avvenuto esperimento di tutte le indagini necessarie od opportune al fine di reperire i suddetti residenza, domicilio o dimora, indagini che non è sufficiente si fondino sulle risultanze anagrafiche, ma debbono essere estese ad accertamenti ed informazioni sul reale avvenuto trasferimento del destinatario in luogo sconosciuto (Cass. civ. Sez. 1^, 27 marzo 2008 n. 7964; Cass. civ. Sez. 3, 23 giugno 2009 n. 14618). Quando poi si tratti di cittadini italiani che abbiano trasferito all’estero la propria residenza, non è sufficiente l’omessa comunicazione da parte del destinatario della sua nuova residenza all’ufficio dell’anagrafe per l’annotazione nei registri dell’AIRE, ma occorre che il notificante proceda, con l’impiego dell’ordinaria diligenza, ad ulteriori ricerche presso l’Ufficio consolare, ai sensi della L. 27 ottobre 1988, n. 470, art. 6 (Cass. civ. 6 settembre 2007 n. 18717). …(omissis)…


Cartella record, esattore picchiato e sequestrato. Nel Vicentino, voleva notificare un debito di 500 mila euro

Un esattore, dipendente di Equitalia, è stato malmenato nel Vicentino dopo aver notificato una cartella di pagamento per un debito di oltre 500 mila euro. L’uomo, secondo quanto rende noto l’azienda, sarebbe stato sequestrato per cinque ore e liberato solo dopo aver chiarito al contribuente di non poter in alcun modo sospendere il debito in quanto competenza esclusiva dell’Agea.

E’ stata la stessa Equitalia a rendere noto l’episodio in una nota. “Questa è l’ulteriore dimostrazione di come strumentalizzazioni ed esasperazione dei toni possano scatenare azioni assurde, fuori controllo e soprattutto indirizzate nei confronti di soggetti assolutamente estranei al merito della pretesa che viene contestata“.

Condannando l’accaduto – prosegue la società – Equitalia ribadisce con forza che le responsabilità relative a multe, tributi e contributi sono da ricercare altrove e non possono ricadere sugli agenti della riscossione e sui loro dipendenti, che ogni giorno portano a compimento il proprio lavoro con onestà, dedizione e professionalità


Albo On Line: Quesito e richiesta di parere in ordine all’applicazione dell’art. 32 n. 69/2009

Quesito e richiesta di parere in ordine all’applicazione dell’art. 32 n. 69/2009 per quanto concerne le disposizioni vigenti in materia di pubblicazione di atti all’Albo Pretorio On Line del Comune – Coordinamento con il dettato della lettera e) art. 60 D.P.R. 29-09-1973 n. 600

Padova 20 maggio 2011

Spett.le

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

Direzione legislazione tributaria

Via Pastrengo 22

0185 Roma  RM

Oggetto: quesito e richiesta di parere in ordine all’applicazione dell’art. 32 della L. 18-06-2009 n. 69 per quanto concerne le disposizioni vigenti in materia di pubblicazione di atti all’Albo Pretorio On Line del Comune – Coordinamento con il dettato della lettera e) art. 60 D.P.R. 29-09-1973 n. 600.

La notificazione è un atto fondamentale del procedimento amministrativo, dei processi civili, penali, tributari, amministrativi, fallimentari e del lavoro. Per promuovere lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alle notifiche come strumento primario di comunicazione e di trasparenza nei rapporti tra istituzioni pubbliche e privati si è costituita nell’anno 2005 l’Associazione Nazionale Notifiche Atti (A.N.N.A.). Non ha finalità di lucro e si propone di riunire e rappresentare tutti gli Enti e gli Operatori, pubblici e privati, coinvolti nell’attività di notificazione, valorizzando la figura professionale dei Messi Comunali e le altre figure addette alle notifiche.

Tenuto conto che l’Associazione si propone, in particolare, di svolgere la propria azione verso il Parlamento ed il Governo, le Regioni, gli Organi dello Stato, le Autonomie Locali, gli Enti Pubblici e collaborare con Essi nella formazione di nuove norme legislative a tutela e valorizzazione dell’attività, nonché curare un più stretto contatto con gli Organi Superiori per la risoluzione dei problemi degli associati e per l’attivazione di eventuali proposte normative e legislative;

Avuto riguardo che fra i compiti istituzionali vi sono quelli di prestare opera di assistenza tecnico-giuridica a tutti gli Associati per il miglioramento dei compiti di istituto, curando un adeguato aggiornamento con studi, consulenze, pubblicazioni di riviste del settore e giornali, istituire gruppi di studio ed ancora attivare, gestire e compiere tutte le operazioni occorrenti per il raggiungimento dei fini sociali e al corretto funzionamento dell’Associazione, nell’osservanza delle disposizioni in vigore e con gli opportuni adattamenti che si rendessero necessari, per effetto dell’entrata in vigore di altre disposizioni di legge o in applicazione di appositi regolamenti;

Considerato che la L. 18-6-2009 n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” dispone tra l’altro:

Art. 32. (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea)

1. A far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati.

2. Dalla stessa data del 1° gennaio 2010, al fine di promuovere il progressivo superamento della pubblicazione in forma cartacea, le amministrazioni e gli enti pubblici tenuti a pubblicare sulla stampa quotidiana atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica o i propri bilanci, oltre all’adempimento di tale obbligo con le stesse modalità previste dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi compreso il richiamo all’indirizzo elettronico, provvedono altresì alla pubblicazione nei siti informatici, secondo modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di propria competenza.

3. Gli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere attuati mediante utilizzo di siti informatici di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati, ovvero di loro associazioni.

4. Al fine di garantire e di facilitare l’accesso alle pubblicazioni di cui ai commi 1 e 2 il CNIPA realizza e gestisce un portale di accesso ai siti di cui al medesimo comma 1.

5. A decorrere dal 1° luglio 2010 e, nei casi di cui al comma 2, dal 1° gennaio 2013, le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.

6. Agli oneri derivanti dalla realizzazione delle attività di cui al presente articolo si provvede a valere sulle risorse finanziarie assegnate ai sensi dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive modificazioni, con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 22 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 28 settembre 2005, al progetto «PC alle famiglie», non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge.

7. E’ fatta salva la pubblicità nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e i relativi effetti giuridici, nonché nel sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 6 aprile 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 2 maggio 2001, e nel sito informatico presso l’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, prevista dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.”

Atteso che il D.P.R. 29-9-1973 n. 600 “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi” all’art. 60, lettera e), stabilisce:

“ e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del c.p.c., in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione”

Si rende noto che è stato posto, al competente Ministero, un quesito circa i dubbi posti in essere dalla novella legislativa, nello specifico di quanto disposto dall’art. 60 lettera e), D.P.R. 600/1973 e art. 26 D.P.R. 602/1973 in relazione agli obblighi disposti dalla legge sia al Messo Comunale o Ufficiale di riscossione sia all’impiegato addetto alla pubblicazione degli atti.

In data 11/01/2010, con nota Prot. DIT 0000048 P-2.45.4.3 del 08/01/2010, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Tecnologica, in risposta al quesito stesso, non diversifica il trattamento delle pubblicazioni di deposito, sostenendo che: “ …omissis ..  Per quanto riguarda lo specifico quesito posto all’attenzione di questo Dipartimento si osserva come il concetto di pubblicità legale degli atti cui fa riferimento la norma debba ritenersi considerato nella sua visione più ampia, poiché la norma è finalizzata a sostituire l’intero sistema attualmente vigente. Conseguentemente occorre considerare che la pubblicità non assolve solo la funzione di informazione ma assicura la conoscenza legale degli atti e dei fatti attestati. Vi rientrano, pertanto, la pubblicità notificativa, che fornisce la notizia senza incidere sulla validità o efficacia degli atti, la pubblicità dichiarativa che rende gli atti opponibili ai terzi e la pubblicità costitutiva che incide sulla validità e sull’efficacia degli atti. …omissis …”

Questa Associazione, che ha fra i propri scopi quello primario della tutela dell’attività dei propri iscritti, per altro in un’ottica di salvaguardia della stessa azione amministrativa, ha rilevato che la mancanza di regole tecniche volte a dare certezza alle procedure, ha comportato l’assunzione di comportamenti eterogenei, alcune volte nemmeno regolamentati dall’Ente di appartenenza, quindi si passa dalla pubblicazione di un avviso redatto ai sensi dell’art. 48 delle disposizioni attuative al Codice di Procedura Civile (emendato dai riferimenti che, ai sensi delle disposizioni del Garante, potrebbero essere ritenuti lesivi del diritto di riservatezza del destinatario), firmato digitalmente e pubblicato in formato conforme alle norme contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale, alla pubblicazione, in altri enti, di una “fotografia” della scansione di una busta che contiene l’avviso di deposito.

Ovviamente, ai fini della pubblicità costitutiva, tali differenze di procedura si ritiene abbiano diverso impatto sull’efficacia della pubblicazione stessa, così come ancora in alcuni enti è divenuta prassi relazionare anche in merito alla pubblicazione dell’avviso, mentre in altri si allega all’originale dell’atto una stampa di quanto pubblicato; in diversi comuni il software usato per la pubblicazione origina una referta di avvenuta pubblicazione che viene poi firmata digitalmente dal soggetto responsabile della pubblicazione, mentre in altri si pubblica ancora l’avviso di deposito all’Albo Pretorio cartaceo.

Ora, in considerazione della particolare delicatezza della materia ed in relazione alla plurima necessità di garantire il perfezionamento della procedura di notificazione, certezza all’Erario, nonché fornendo garanzia di conoscibilità al destinatario dell’atto, ed infine a tutela del Messo Comunale che deve curare la procedura di notificazione, avendo presente quanto esposto, si chiede di chiarire quale debba essere la corretta procedura volta a fornire alle parti interessate alla notificazione di cui trattasi le idonee salvaguardie, uniformando una procedura che, a parere della scrivente associazione, non può essere lasciata, proprio in quanto procedura, al libero arbitrio delle singole amministrazioni cui i messi comunali appartengono.

Ritenendo che il quesito sottoposto possa avere valenza generale per tutti gli Enti locali, in riferimento ai casi in narrativa, tenuto conto della necessità di garantire, comunque, il diritto di riservatezza dei dati del destinatario dell’atto, si chiede quindi di assumere una indicazione di indirizzo.

Certi di un cortese sollecito riscontro, si coglie, quindi, l’occasione per porgere distinti saluti.

Pietro Tacchini

Presidente Nazionale


Linee guida per i siti web della PA

Art. 4 della Direttiva n. 8/2009 del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione

Le presenti Linee guida, previste dall’art. 4 della Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione 26 novembre 2009, n. 8, intendono suggerire alle pubbliche amministrazioni criteri e strumenti per la riduzione dei siti web pubblici obsoleti ed il miglioramento di quelli attivi, in termini di principi generali, gestione e aggiornamento, contenuti minimi.
A tal fine, il documento delinea gli aspetti fondamentali del processo di miglioramento continuo dei servizi e delle informazioni rivolte al cittadino, attraverso la comunicazione via Internet, che devono contraddistinguere l’azione di ogni pubblica amministrazione.
Indirizzate a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le Linee guida intendono rappresentare uno strumento agile e fruibile, ad uso non esclusivo degli “addetti ai lavori”. Secondo quanto previsto dalla Direttiva 8/2009, le Linee guida sono oggetto di revisione almeno annuale, al fine di garantire alle pubbliche amministrazioni
un continuo aggiornamento normativo e un costante supporto tecnico-operativo.
Questo documento rappresenta la versione preliminare delle Linee guida aggiornate per il 2011 e ora sottoposte alla fase di consultazione pubblica della durata di due mesi, condotta attraverso un Forum di discussione pubblicato sul sito web del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (www.innovazionepa.gov.it), con l’obiettivo di coinvolgere gli stakeholder interessati. I riscontri e le indicazioni che perverranno durante la fase di condivisione e confronto saranno utilizzati per una revisione del documento, la cui pubblicazione – in versione definitiva – è prevista per fine luglio.

Leggi: Linee guida siti web PA 2011


Per la costituzione in giudizio, il termine decorre dalla ricezione della notifica per posta

La Corte Suprema di Cassazione con questa sentenza, ha messo un punto fermo su una questione che si sta trascinando da tempo.

Infatti, l’art. 22, D.Lgs. n. 546/1992 prescrive che la costituzione della parte ricorrente deve avvenire, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla proposizione del ricorso.

Su questo aspetto sono stati sollevati alcuni dubbi: in particolare, è incerto se, in caso di proposizione del ricorso con raccomandata, il termine decorra dalla spedizione dell’atto o dalla ricezione dello stesso.

La Corte di Cassazione interviene ora affermando che – ai fini della costituzione in giudizio del ricorrente – il ricorso tributario direttamente notificato con raccomandata a mezzo del servizio postale deve essere depositato nella segreteria della Commissione tributaria, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla ricezione da parte del destinatario e non dalla spedizione da parte del ricorrente.

Leggi: Sentenza Corte Suprema di Cassazione, sez. trib., sentenza 21 aprile 2011, n. 9173


L’attività di formazione dell’Associazione – anno 2011

Il “Progetto per la valorizzazione del Messo Comunale” è una iniziativa dell’Associazione A.N.N.A. che ha come obbiettivo principale quello di riqualificare la figura ed il ruolo del Messo Comunale attraverso la conoscenza dei principi fondamentali del Procedimento notificatorio.

L’Associazione attraverso tale iniziativa, che promuove su tutto il territorio nazionale, intende dare il proprio contributo affinché l’applicazione delle norme che regolano il Procedimento notificatorio sia la più uniforme possibile .

I Corsi di formazione di base e di aggiornamento, di carattere prevalentemente pratico, affrontano la materia delle notifiche attraverso l’analisi, lo sviluppo ed il coordinamento delle norme procedurali.
I docenti sono operatori di settore che, con una collaudata metodologia didattica, assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati.
Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

PRIMO SEMESTRE 2011

 

Data Luogo Tipologia
Martedì 01 Febbraio Fara in Sabina Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Martedì 08 Febbraio Udine (UD) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Martedì 15 Febbraio Zola Predosa (BO) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 04 Marzo Lainate (MI) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 11 Marzo Maserà di Padova (PD) Corso su “Sistema documentale e Albo On Line”
Venerdì 01 Aprile Pineto TE) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 15 Aprile Tortona (AL)(R) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori
Mercoledì 20 Aprile Montecchio Emilia (RE) Corso su “Sistema documentale e Albo On Line”
Venerdì 13 Maggio Cisterna Latina (LT)(R) Corso di aggiornamento Agenti Notificatori

SECONDO SEMESTRE 2011

Data Luogo Tipologia
Venerdì 30  Settembre Tortona (AL) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 7 Ottobre Ramacca (CT) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 14 Ottobre Ancona Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 21 Ottobre Cisterna Latina (LT) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 28 Ottobre Maserà di Padova (PD) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Mercoledì 9  Novembre Montecchio Emilia (RE) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Venerdì 25  Novembre Cesena (FC) Corso aggiornamento Agenti Notificatori
Giovedì 1 Dicembre Ancona Corso su “Sistema documentale e Albo On Line” 


Corso di formazione Cisterna Latina rinviato al 21 ottobre 2011

Molti colleghi pur manifestando la volontà di partecipare al corso di formazione di venerdì 13 maggio p.v. a Cisterna Latina, hanno comunicato l’impossibilità a partecipare causa le imminenti elezioni amministrative.

Al fine di accogliere tali esigenze lavorative, il corso in programma il 13 maggio viene RINVIATO al 21 0ttobre p.v., stesso luogo ed orari.

Ci scusiamo per l’eventuale disagio arrecato.


Riunione Giunta Esecutiva del 1.06.2011

Oggetto: Convocazione Giunta Esecutiva

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà mercoledì 01 giugno 2011 alle ore 9:30 presso il Comune di Ancona – Palazzo Municipale – Largo XXIV Maggio 1, in prima convocazione, e alle ore 11:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
  2. Elaborazione linee guida T.U.N.;
  3. A.N.N.A. Service;
  4. Varie ed eventuali.

P.S.

Si invitano i Membri della Giunta Esecutiva a comunicare l’eventuale non partecipazione alla riunione.

Leggi: Verbale GE 01 06 2011


Software MC3-W per la gestione delle notifiche, albo on line e depositi

E’ stato presentato il nuovo software che la Proveco Software P.A., nostro partner informatico, ha realizzato per la gestione delle notifiche, albo on line e depositi presso la Casa Comunale.

Tale software è una web application che ben si integra con altre applicazioni che sono attualmente in uso negli Enti (protocollo generale, anagrafe, delibere, determine, etc.)  che denota una maggiore intuitività della precedente versione client-server MC3 in particolare nell’inserimento dei dati che è stato semplificato.

Il software MC3-W eredita l’esperienza acquisita dalla versione MC3, software usato da centinaia di Comuni in tutta Italia.

Vedi: Valutazione MC3-W


Pubblicazioni di matrimonio e affissioni relative alle istanze di modifica del nome o del cognome

La Direzione Centrale per i Servizi demografici del Ministero dell’Interno ha diramato con la circolare n. 13 del 21.04.2011 le direttive relative alle Pubblicazioni di matrimonio e affissioni relative alle istanze di modifica del nome o del cognome, da parte delle amministrazioni comunali sui propri siti informatici . Precedente Circolare n. 28 del 5 gennaio 2011.

Leggi: Circolare 13-2011 Pubblicazioni Matrimoni e Cambio Nome-Cognome


Riscossione tributi: possibilità di slittamento al 31.12.2011 delle gare ad evidenza pubblica

L’art. 3 del DL n.203/2005 contiene l’ultima riforma generale della riscossione. In forza di questa disposizione, le società di Equitalia gestiscono in via di affidamento diretto ope legis le entrate degli enti locali sino al 31.10.2010. Dopo questa data, come precisato nel DL n. 40/2010, la gestione della riscossione sia spontanea sia coattiva delle stesse, da parte di Equitalia, può avvenire solo previa procedura ad evidenza pubblica. Ne consegue che, in assenza di modifiche legislative, i Comuni non potrebbero più contare sull’intervento «automatico» dell’agente della riscossione per l’incasso dei propri tributi.


Presunzione di conoscenza nel caso di rifiuto o irreperibilità del destinatario

Riscossione – Notificazione della cartella di pagamento -Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia dell’atto – in tali casi, la notificazione si ha per eseguita il giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito dell’atto è affisso all’Albo Pretorio On Line. Conseguente impossibilità che il termine per l’impugnazione della cartella dinanzi al Giudice tributario decorra dalla concreta conoscibilità di essa da parte del destinatario, procurata dal ricevimento della raccomandata informativa, art. 26 del DPR n. 602/1973.

Leggi: Ordinanza della Corte Costituzionale n. 63 del 25.02.2011