Circolare 2021-002: La notificazione dell’atto impo-esattivo

LA NOTIFICAZIONE DELL’ATTO IMPO-ESATTIVO. AVVISI DI ACCERTAMENTO CON VALORE DI TITOLO ESECUTIVO
PROCEDIMENTO DI NOTIFICA E COMPETENZE DEL MESSO COMUNALE E NOTIFICATORE

Dal 1° gennaio 2020 anche gli atti di accertamento e irrogazione sanzioni emessi dai Comuni possono avere efficacia esecutiva. La legge di bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) art. 1 commi 784 ss., permette di applicare la tipologia dell’accertamento esecutivo, già operante per le imposte sui redditi, IVA e IRAP e per somme dovute a qualsiasi titolo all’INPS (ex artt. 29 e 30  del D.L. n. 78/2010), anche ai Tributi Locali.
Questi atti, definiti impo-esattivi, consentono all’Ente Locale impositore di evitare la successiva emissione dell’ingiunzione fiscale o della cartella esattoriale nel caso di procedimento di riscossione coattiva affidato all’Agenzia delle Entrate Riscossioni, qualora il contribuente non abbia provveduto al pagamento o proposto ricorso nel termine di 60 gg. dalla notificazione degli stessi.
Si tratta quindi di un importante strumento che consente di semplificare e accelerare il recupero delle entrate tributarie e patrimoniali non riscosse.
Tuttavia, proprio perché questa nuova tipologia di atti comprende in sé sia l’avviso di accertamento che il titolo esecutivo, ciò pone degli interrogativi in merito sia alle modalità di notificazione che alla relativa competenza.
Relativamente all’ingiunzione fiscale (RD n. 639/1910) questa Associazione si è già più volte espressa, escludendo la competenza del Messo Comunale.
Per quanto concerne l’avviso di accertamento con valore esecutivo, osserviamo che la L. n. 160/2019 non si esprime nel merito alle modalità di notificazione, limitandosi a prevedere i termini di esecutività dalla data di notificazione, nulla aggiungendo in merito alle forme della stessa.
Per tale motivo, in assenza di disposizioni specifiche o derogatorie, dobbiamo concludere che l’atto impo-esattivo emanato dall’Ente Locale segue le regole applicate alla notificazione dell’atto impositivo vero e proprio e poiché l’art. 1 comma 161 della legge 296/2006 non prevede procedure speciali di notificazione relativamente agli avvisi di accertamento dei Tributi degli Enti Locali, il procedimento di riferimento rimane quello indicato nel Codice di Procedura Civile.
A supporto di questa interpretazione, va rilevato che, anche nel caso degli avvisi di accertamento impo-esattivi emanati dall’Agenzia delle Entrate, l’art. 29 del DL n. 78/2010 che dispone in merito, non ha previsto l’adozione delle modalità di notificazione di cui all’art. 26 del DPR 602/1973 inerenti all’atto esattivo vero e proprio, ovvero la cartella di pagamento.
La stessa Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza n. 757/3/19 conferma quanto detto: Riguardo all’atto impo-esattivo cd. “primario”, l’art. 29 del DL n. 78/2010, al co. 1, lett. a) periodo primo, parla di notificazione senza ulteriori specificazioni, rinviando a quanto disposto dall’art. 60 del DPR n. 600/1973 che disciplina la notificazione eseguita tramite Messi…”  l’art. 60 DPR 600/1973 è citato nel testo della sentenza in riferimento alla notificazione dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e quindi confermando che il procedimento di notifica da adottare è quello previsto per la fase impositiva.

In realtà l’art. 29 del DL 78/2010 dispone solo in merito alla possibilità di ricorrere alla notificazione diretta dell’ente impositore a mezzo di raccomandata ordinaria per quello che viene definito atto impo-esattivo “secondario” mentre l’art. 1 comma 161 della legge 296/2006 prevede altrettanto per l’avviso di accertamento dei tributi degli enti locali.
Da ciò si deduce che il Messo Comunale, in forza della sua competenza generale alla notificazione degli atti della P.A, ex art. 10 L. 265/1999, potrà legittimamente provvedere anche alla notificazione della nuova tipologia di atti impo-esattivi.
Per quanto riguarda, infine, il Messo Notificatore di cui alla L. 296/2006, si ritiene che lo stesso, essendo già competente alla notificazione dell’atto impositivo così come di quello esattivo, come indicato nell’art. 1 comma 158 della legge 296/2006, abbia pieno titolo anche alla notificazione dell’atto impo-esattivo.
Si ribadisce pertanto quanto già sostenuto in precedenti circolari (Circolare 01/2015 – Avvisi di Addebito INPS, Circolare 001/2016 – Convenzione con i Comuni per la notificazione degli AVA inviati dall’INPS) relative alla notificazione di un altro atto impo-esattivo, ovvero l’avviso di addebito dell’INPS di cui all’art. 30 del DL 78/2010, per il quale il legislatore non ha dato indicazioni particolari sulle forme della notificazione eseguita dai messi comunali, determinando così il ricorso al procedimento di notifica di cui agli artt. 137 e ss. del codice di procedura civile.

Quindi, in conclusione, sia che l’atto da notificare sia un avviso di accertamento per così dire “puro” (atto impositivo) sia che si tratti di un avviso di accertamento con valore di titolo esecutivo (atto impo-esattivo), cioè redatto con le indicazioni del legislatore per conferire a questa nuova categoria di atti anche valenza di titolo esecutivo (come per l’ingiunzione fiscale/cartella di pagamento), il procedimento di notificazione non cambia, così che:

  • per i Tributi degli Enti Locali si applica il procedimento notificatorio ordinario previsto dagli artt. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile

                 competenza del Messo Comunale e del Messo Notificatore

  • per i Tributi erariali dell’Amministrazione Finanziaria Statale si applica il procedimento notificatorio previsto dall’art. 60 del DPR 600/1973

                 competenza, quale soggetto notificante, del Messo Comunale

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Cass. civ. Sez. V, Ord., (ud. 18-11-2020) 23-04-2021, n. 10860

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2975-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente-

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 41, presso lo studio dell’avvocato PEZZALI PAOLA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 145/2012 della COMM. TRIB. REG. TOSCANA SEZ. DIST. di LIVORNO, depositata il 05/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/11/2020 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Dott. SALZANO FRANCESCO che ha chiesto in rigetto del ricorso, con le conseguenze di legge.

Svolgimento del processo
Che:

Il contribuente A.G. impugnava davanti alla CTP di Livorno l’avviso di accertamento relativo ad irpef, irap ed iva per l’anno 2004 deducendo che esso conteneva un vizio che ne minava la motivazione, in quanto nell’avviso relativo a tale anno vi erano alcune pagine che si riferivano, in realtà, all’anno 2002 e viceversa.

La CTP accoglieva il ricorso e la CTR rigettava l’appello dell’ufficio.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’ufficio sulla base di due motivi.

Si costituisce il contribuente con controricorso.

In vista dell’udienza odierna, il PG ha depositato conclusioni scritte.

Motivi della decisione
Che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La CTR non ha motivato sufficientemente sul motivo per cui ha escluso che l’atto avesse raggiunto il suo scopo, e quindi sulla sanatoria del vizio materiale dell’atto.

Il contribuente ha eccepito l’inammissibilità del motivo sotto tre profili.

Con il secondo motivo deduce in subordine violazione dell’art. 137 c.p.c., comma 2 e art. 148 c.p.c., nonché del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, e conseguente violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha errato nel fare riferimento alla copia notificata al contribuente anziché all’originale esibito dall’ufficio in giudizio.

Anche in relazione a tale motivo, il contribuente in controricorso eccepisce l’inammissibilità.

Il ricorso, che può essere esaminato unitariamente attesa la stretta connessione tra i due motivi, è infondato, e ciò determina che le eccezioni di inammissibilità possano considerarsi superate.

Le questioni dedotte dall’ufficio in appello, infatti, devono essere considerate nel complesso della motivazione della sentenza impugnata.

Letta unitariamente, la motivazione significa in maniera chiara che il vizio da cui era pacificamente affetto l’avviso di accertamento in questione era talmente radicale da privare il contribuente della possibilità di predisporre un’adeguata difesa, e ciò ha integrato una situazione non sanabile dall’affermato raggiungimento dello scopo.

Ora, senza poter entrare in questa sede nei profili di merito e fattuali della vicenda, se il dedotto vizio della sentenza consiste – come in effetti consiste – nella motivazione su un aspetto molto specifico dell’argomentare, e cioè la negazione del fatto che l’atto abbia comunque raggiunto il suo scopo, non si può ritenere che tale motivazione sia mancata o sia stata insufficiente, pur tenendo conto del fatto che il vizio è valutabile nella formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 anteriore alla riforma del 2012 (la sentenza è stata depositata nel giugno 2012).

La CTR ha, infatti, ritenuto che il vizio, che non è contestato, per le sue caratteristiche fattuali fosse tale da escludere la possibile sanatoria per raggiungimento dello scopo. La motivazione sulla mancata sanatoria va, quindi, ricollegata a quella parte che descrive le caratteristiche del vizio stesso, ed in tal senso non può ritenersi insufficiente.

Né può addossarsi al contribuente l’onere di procedere egli stesso alla ricostruzione dell’atto, anche se le circostanze concrete lo permettessero, essendo onere dell’amministrazione predisporre e portare a conoscenza del contribuente un atto completo.

Tra l’altro, in tema di carente motivazione dell’atto impositivo, cioè di vizi di contenuto dello stesso, questa Corte (sez. V n. 21997 del 2014) ha avuto modo di affermare:

In tema di accertamento tributario, l’insufficienza motivazionale dell’atto impositivo, che ne giustifica l’annullamento, non esclude che il contribuente possa difendersi nel merito, deducendo, mediante l’impugnazione, anche vizi di merito, poiché tale difetto non può essere sanato, ex art. 156 c.p.c., per raggiungimento dello scopo in quanto l’atto ha la funzione di garantire una difesa certa anche con riferimento alla delimitazione del “thema decidendum”.

In senso analogo, di recente, anche sez. V, n. 4070 del 2020, secondo cui:

non è consentito all’amministrazione di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’avviso di liquidazione per difetto di motivazione (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 31 gennaio 2018, n.. 2382; Cass., Sez. 6, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez, 5, 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., Sez. 5, 24 maggio 2019, n. 14185). Dunque, la “sanatoria” giudiziale non solleva dal difetto di motivazione degli atti impugnati.

Ancora, sez. V n. 16772 del 2017 ha ritenuto che se l’avviso è incompleto perché manca la sola indicazione dell’aliquota, ma è noto l’imponibile e si discute di imposte ad aliquota proporzionale (ires), questa sola mancanza non rende l’avviso nullo perché si tratta di effettuare una mera operazione matematica, ma la conclusione è diversa se le mancanze sono plurime e più rilevanti, come nel caso di specie.

Da questo principio il collegio ritiene che tra le mancanze più rilevanti, che secondo anche quest’ultima sentenza, almeno implicitamente, possono dar luogo a nullità dell’atto, vi sia certamente la mancanza di alcune pagine, con dati essenziali dell’accertamento, specie in un’imposta progressiva, come l’irpef di cui si discute nel caso di specie.

Questo è affermato esplicitamente da sez. V, n. 9196 del 2011, da cui in particolare, si ricava che l’omessa indicazione dell’aliquota in un’imposta progressiva, anche se l’accertamento unitario riguarda pure imposte con aliquota proporzionale, è idonea a determinare il vizio dell’atto.

Il tutto, sul presupposto che la versione di riferimento dell’atto impositivo sia quella notificata al contribuente.

L’avviso di accertamento è, infatti, per sua natura, atto di natura sostanziale, con il quale l’amministrazione porta a conoscenza del contribuente la pretesa tributaria. In quanto tale, l’avviso di accertamento, allo stesso tempo, circoscrive anche la pretesa tributaria e determina, infine, il campo entro il quale il contribuente potrà e dovrà esercitare la propria difesa.

Sulla base di ciò, affermare che, nel contrasto tra copia notificata ed originale in possesso dell’ufficio, sia quest’ultimo a prevalere, significa adottare un’interpretazione che può tradursi in una lesione del diritto di difesa del contribuente stesso.

E’ vero che questa Corte a sezioni unite (Sez. un. 18121 del 2016) ha affermato, in tema di notifiche, la prevalenza dell’originale sulla copia, ma nella specie non si discute di un atto processuale, quanto del contenuto dell’atto sostanziale, il quale, come già ricordato dalla giurisprudenza sopra citata (sez. V, n. 21997 del 2014) ha anche la funzione di delimitare il thema decidendum della futura controversia.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza. Sono, pertanto, a carico del ricorrente ufficio e, considerato il valore della causa, si liquidano in Euro 3.500 oltre accessori di legge.

Si dà, poi, atto della non debenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, essendo soccombente l’amministrazione pubblica, la quale prenota a debito, anzichè versare, il contributo suddetto (come confermato da sez. V, n. 23878 del 2020).

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 3.500 oltre accessori.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021


La notifica in caso di irreperibilità temporanea

Qual è il modo per assolvere l’onere della prova circa il perfezionamento di una procedura di notifica di atto impositivo mediante l’impiego diretto del servizio postale in caso di temporanea assenza del destinatario, cosiddetta “irreperibilità relativa”?

E’ sufficiente la prova della spedizione della raccomandata informativa (CAD) o è necessario il deposito dell’avviso di ricevimento di tale raccomandata?

Sono i quesiti che la Quinta sezione civile della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite e a cui queste ultime hanno dato risposta con sentenza n. 10012 del 15 aprile 2021.

Con tale pronuncia, la Suprema corte si è pronunciata in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale, secondo le previsioni della Legge n. 890/1982, qualora l’atto notificato non venga consegnato al destinatario:

  • per rifiuto a riceverlo;
  • per temporanea assenza del destinatario stesso;
  • per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo.

Notifica postale e irreperibilità relativa del contribuente
In tali ipotesi – hanno sottolineato le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione – la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale, c.d. CAD.

Per gli Ermellini, non è a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima.

Soluzione della Cassazione: prova notifica solo con produzione giudiziale dell’avviso
Il massimo Collegio di legittimità ha così risolto il contrasto interpretativo esistente sulla questione all’interno della giurisprudenza di legittimità, che vedeva contrapposte due diversi indirizzi.

Un primo orientamento, consolidato soprattutto nel passato, afferma che ai fini della prova del perfezionamento della notifica postale diretta in caso di assenza temporanea del destinatario, è sufficiente che l’Ente impositore notificante produca in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto notificando con l’attestazione di spedizione della Cad.

L’altra lettura, affermatasi a partire dalla sentenza n. 5077/2019, ritiene invece che per considerare perfezionata la procedura di notificazione sia necessario verificare in concreto l’avvenuta ricezione della CAD e a tal fine il notificante è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento.

Ed è a questo secondo indirizzo che le SS.UU. della Corte di Cassazione hanno ritenuto di dover dare seguito.


Riunione Giunta Esecutiva del 21.04.2021

Ai sensi dell’art. 14 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà mercoledì 21 aprile 2021 alle ore 19:00, in modalità webinar, in prima convocazione, e alle ore 21:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:
1.Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2021;
2.Iniziativa sulla valorizzazione del Messo Comunale/Notificatore;
3.Varie ed eventuali.

La riunione, per problemi organizzativi, viene spostata a venerdì 23 aprile alle ore 21:00 in seconda convocazione

Leggi: GE 23 04 2021 Verbale


Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 23-02-2021) 15-04-2021, n. 10012

La Suprema corte con sentenza sentenza n. 10012 del 15 aprile 2021 si è pronunciata in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale, secondo le previsioni della Legge n. 890/1982, qualora l’atto notificato non venga consegnato al destinatario:

  • per rifiuto a riceverlo;
  • per temporanea assenza del destinatario stesso;
  • per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Primo Presidente f.f. –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6199/2014 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BOTTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A., UFFICIO PROVINCIALE DI CASERTA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 334/46/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 08/10/2013.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/02/2021 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, il quale chiede alla Corte che venga rigettato il primo motivo del ricorso ed accolti il secondo ed il terzo.

Svolgimento del processo
1. F.A., destinataria della notifica di una cartella di pagamento per IRPEF 2006-2007, derivante da avvisi di accertamento, avversava l’atto esattivo con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di (OMISSIS), lamentando la mancata rituale notifica di detti atti impositivi prodromici e quindi l’inesistenza del titolo esecutivo (iscrizione a ruolo) legittimante la minacciata esecuzione esattoriale.

2. L’Agenzia delle entrate, ufficio locale, costituendosi eccepiva che la procedura notificatoria di detti avvisi di accertamento, in precaria assenza della contribuente dal proprio domicilio, doveva di contro considerarsi ritualmente perfezionata secondo le previsioni di legge. Si costituiva altresì l’agente della riscossione eccependo la propria carenza di legittimazione passiva.

3. La CTP rigettava il ricorso, rilevando che la F. non aveva assolto all’onere di impugnare anche nel merito gli avvisi di accertamento prodromici alla cartella esattoriale impugnata.

4. Il gravame interposto dalla contribuente veniva rigettato dalla Commissione tributaria regionale della Campania. Il giudice tributario di appello fondava la propria decisione sia sull’affermazione della ritualità della procedura notificatoria degli avvisi di accertamento sia, come il primo giudice, sull’affermazione dell’onere di impugnazione degli stessi anche nei profili di merito.

5. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la F. deducendo tre motivi.

6. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

7. La Quinta Sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 21714 dell’8 ottobre 2020, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto sulla questione, posta con il secondo motivo, di quale sia il modo per assolvere l’onere di provare il perfezionamento di una procedura notificatoria di un atto impositivo mediante l’impiego diretto del servizio postale nel caso della temporanea assenza del notificatario (c.d. “irreperibilità relativa”) ed in particolare se possa considerarsi sufficiente la prova della spedizione della raccomandata informativa (CAD) ovvero se sia invece necessario il deposito dell’avviso di ricevimento di tale raccomandata.

Il Primo Presidente ha quindi disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

Motivi della decisione
1. Il terzo motivo del ricorso va esaminato in via pregiudiziale.

Come del resto puntualmente rilevato nell’ordinanza interlocutoria, la sentenza impugnata esprime infatti due distinte ed autonome rationes decidendi, l’una, censurata per differenti profili con il primo ed il secondo motivo di ricorso, relativa alla ritualità della procedura notificatoria degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella esattoriale impugnata; l’altra, appunto censurata con il terzo motivo del ricorso, relativa all’onere di impugnare, contestualmente all’atto esattivo, tali atti impositivi -necessariamente – anche per ragioni attinenti il merito delle pretese creditorie fiscali in essi contenute.

Orbene, l’eventuale rigetto di quest’ultima censura implicherebbe l’inammissibilità delle prime due, secondo il consolidato principio di diritto che “Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (Cass., n. 2108 del 14/02/2012, Rv. 621882 – 01; conforme, da ultimo, Cass., n. 11493 del 11/05/2018, Rv. 648023 – 01).

Appare quindi evidente la necessità di trattazione pregiudiziale del terzo motivo del ricorso.

Ciò posto, tale censura è fondata.

Va infatti ribadito che “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poichè tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (v. ex pluribus, da ultimo, Cass., 1144/2018, in consolidamento di Cass., Sez U., 5791/2008).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte è dunque senz’altro consentito al contribuente impugnare una cartella esattoriale al fine esclusivo di far valere la mancata/irrituale notificazione dell’atto impositivo prodromico alla medesima, senza contestualmente aggredire l’atto stesso sotto altri profili di invalidità formale ovvero per la sua infondatezza nel merito, non sussistendo dunque alcun onere processuale della parte ricorrente al riguardo.

Su tale punto decisionale, avendo affermato il contrario, la sentenza della CTR campana è da ritenersi pertanto illegittima e meritevole di cassazione.

Ne consegue che possono quindi essere affrontati i primi due motivi del ricorso che, come detto, riguardano le modalità di notificazione degli avvisi di accertamento costituenti il presupposto della cartella di pagamento impugnata.

2. Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole della violazione degli artt. 99, 112, c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, nonchè della violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, poichè la CTR ha ritenuto la legittimità della notifica a mezzo posta degli avvisi di accertamento in questione effettuata direttamente da parte dell’Agenzia delle entrate e quindi senza l’intervento dell’ufficiale giudiziario ovvero del messo speciale notificatore.

La censura è manifestamente infondata.

Sul punto de quo infatti la sentenza impugnata – pronunciandosi espressamente nei limiti dell’oggetto processuale delimitato dalle parti, con conseguente evidente inconsistenza dei dedotti profili processuali del mezzo – risulta aver fatto piana applicazione del chiaro ed inequivoco testo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, il quale appunto prevede che “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l’impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonchè, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 26, 45 e segg. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, nonchè le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle singole leggi di imposta. Qualora i messi comunali e i messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria si avvalgano del sistema di notifica a mezzo posta, il compenso loro spettante ai sensi della L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 4, comma 1, è ridotto della metà”.

Dunque la “notifica diretta” a mezzo posta da parte delle agenzie fiscali è, univocamente ed espressamente, consentita dalla legge, il che del resto è riscontrato dalla costante giurisprudenza di questa Corte (ex pluribus, Cass., 34007/2019, 1207/2014, 15284/2008), essendo peraltro evidente che trattasi di una disposizione legislativa speciale rispetto a quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e del c.p.c. da esso richiamate, sicchè prevale su quest’ultime in base al canone interpretativo lex specialis derogat generali.

3. Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 99, 112, c.p.c., nonchè la violazione della L. n. 890 del 1982, art. 8 e la violazione/falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., poichè la CTR ha sancito la ritualità della notifica degli atti impositivi prodromici alla cartella di pagamento impugnata.

In particolare, per un verso, si duole dell’omessa pronuncia sulla sua eccezione di invalidità della procedura notificatoria di detti atti fondata sulla mancata prova della spedizione della “raccomandata informativa” di avvenuto deposito degli atti notificandi (CAD) -la ricezione dei quali ab origine nega e che ha posto quale, esclusivo, motivo di impugnazione della cartella esattoriale- non avendo l’agenzia fiscale prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento prescritto, quale forma necessaria della raccomandata stessa, dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, che quindi, per altro verso, assume violato, unitamente al principio generale codicistico sull’attribuzione processuale dell’onere probatorio.

Il profilo processuale della censura deve ritenersi infondato, posto che, pur vero che la CTR campana non si è espressamente pronunciata sull’eccezione, devoluta in appello, in oggetto, risulta tuttavia chiaro che di un rigetto implicito si tratti.

Può pertanto al riguardo limitarsi a dare seguito al principio di diritto che “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo” (v. in tal senso, tra le molte, Cass. n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 01).

La censura tuttavia può comunque essere esaminata sotto il dedotto profilo di violazione/falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, art. 2697 c.c., secondo il consolidato principio di diritto che “Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicchè il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione” (cfr. Cass., 24953/2020, 14486/2004).

Ciò posto, come detto, la ricorrente afferma di non avere mai ricevuto la notifica degli atti impositivi prodromici alla cartella esattoriale impugnata ed in particolare, trattandosi pacificamente di notifica “postale diretta” non perfezionatasi con la consegna del plico raccomandato a causa della sua temporanea assenza, di non aver mai ricevuto la “raccomandata informativa” dell’avvenuto deposito degli atti notificandi presso l’ufficio postale (CAD) così come prescritto dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2, seconda parte; afferma altresì che era onere processuale dell’agenzia fiscale provare il contrario (solo) mediante la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della (seconda) raccomandata contenente detto avviso, non essendo, pacificamente, ciò avvenuto, poichè l’Ente impositore si è limitato a produrre giudizialmente soltanto l’avviso di ricevimento della “prima raccomandata” (quella contenente l’avviso di accertamento notificando), con l’attestazione dell’agente postale della temporanea assenza della destinataria e dell’avvenuta spedizione della “seconda raccomandata” prescritta dalla specifica disposizione legislativa appena citata.

4. La Sezione Quinta civile con la citata ordinanza interlocutoria sottopone dunque alla valutazione delle Sezioni Unite la questione che afferma oggetto di contrasto giurisprudenziale interno alla giurisprudenza di legittimità – se sia sufficiente per il giudizio di rituale perfezionamento della procedura notificatoria in esame la prova offerta dall’Agenzia delle entrate (primo avviso di ricevimento con dette attestazioni) oppure necessario, anche ed essenzialmente, che il notificante depositi l’avviso di ricevimento della “raccomandata informativa” (CAD).

In effetti, come puntualmente evidenziato dalla Sezione rimettente, si registra un’ evoluzione, piuttosto evidente, della giurisprudenza di questa Corte in ordine a tale questione giuridica.

5. Con un primo orientamento, più risalentemente consolidato, si è infatti costantemente affermato che, al fine della prova del perfezionamento della notifica postale “diretta” in caso di assenza temporanea del destinatario, è sufficiente che l’Ente impositore notificante produca in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto notificando con l’attestazione di spedizione della CAD (in questo senso, Cass., 2638/2019, 13833/2018, 26945-6242-4043/2017).

Tale orientamento – essenzialmente – si fonda sul dato letterale della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4 (nella versione applicabile ratione temporis ossia dopo la modifica operata dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, ma prima delle modificazioni successivamente operate con la L. n. 205 del 2017, art. 1 e con la L. n. 145 del 2018, art. 1), secondo il quale “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”, peraltro strettamente collegata/coordinata con la previsione di cui al comma 2, u.p., della disposizione legislativa stessa, secondo il quale, tra i contenuti dell’avviso di ricevimento della CAD, deve esserci obbligatoriamente “l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito (dell’atto noticando presso l’ufficio postale, n.d.r).

In altri termini dalla (doppia) previsione in ordine all’”effetto perfezionativo” della procedura notificatoria de qua, tale giurisprudenza ha tratto il convincimento che a provarne il presupposto fattuale sia appunto sufficiente la, puntuale e specifica, attestazione di spedizione della CAD contenuta nel “primo” avviso di ricevimento riguardante non la CAD stessa, bensì l’atto notificando.

Così si è ritrovato il punto di equilibrio nel bilanciamento degli interessi del notificante e del notificatario, dunque, in ultima analisi, tra “conoscenza legale” (conoscibilità) e “conoscenza effettiva” dell’atto notificando.

6. Tuttavia, a partire dalla ordinanza della medesima Sezione. Quinta civile n. 5077 del 21 febbraio 2019, secondo un diverso orientamento, al verificarsi della fattispecie concreta in esame (notifica a mezzo posta/assenza temporanea del destinatario ovvero di persone idonee alla ricezione dell’atto notificando), per considerare perfezionata la procedura notificatoria è invece necessario verificare in concreto l’avvenuta ricezione della CAD ed a tal fine il notificante è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento (nello stesso senso, cfr. Cass., 16601/2019, 6363-21714-23921-25140-26078/2020; successive difformi, Cass., 3307033257/2019, che si richiamano all’altro indirizzo ermeneutico).

Tale divergente indirizzo, diffusamente argomentato nella citata pronuncia della Sezione tributaria che lo ha avviato, si confronta con la letteralità della disposizione legislativa applicabile, in particolare con la “previsione di effetto” di cui al comma 4, ma ne dà una diversa connotazione giuridica, qualificando tale effetto normativo come “provvisorio” e sospensivamente condizionato a detta verifica, da effettuare giudizialmente, sull’avviso di ricevimento della “seconda raccomandata”.

La necessarietà di tale verifica e dell’onere probatorio correlativo viene fondata sull’interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica del dato normativo stesso, a sostegno della quale pone le pronuncie della Corte costituzionale n. 346 del 1998, proprio sulla L. n. 890 del 1982, art. 8 e L. n. 10 del 2010, sulla notificazione ex art. 140 c.p.c..

7. Ritiene il Collegio che debba darsi seguito a questo secondo – più recentemente consolidatosi – orientamento giurisprudenziale.

Non è infatti dubbio che nel sistema della notificazione postale, in caso di mancata consegna del plico contenente l’atto notificando, la comunicazione di avvenuto deposito abbia un ruolo essenziale al fine di garantire la conoscibilità, intesa come possibilità di conoscenza effettiva, dell’atto notificando stesso.

La mera prova della spedizione di tale comunicazione non può dunque considerarsi quale fattispecie giuridica conformativa del fondamento profondo del dictum imperativo del giudice delle leggi (la citata C. Cost. 346/1998), con il quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’originaria formulazione della L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, nella parte in cui non prevedeva che, nella fattispecie concreta in esame ed in quelle assimilabili (rifiuto di ricezione di firma del registro di consegna; assenza di persone idonee al ritiro) non venisse appunto data la comunicazione stessa e che lo fosse con una “raccomandata con avviso di ricevimento”.

In particolare alla previsione di questa, particolare e rafforzata, forma di “postalizzazione” della notifica non può assegnarsi un significato pleonasticamente ridondante, ma piuttosto una pregnante direttiva anche ermeneutica – della Corte costituzionale, peraltro, pur a rilevante distanza di tempo, positivamente normativizzata con il D.L. n. 35 del 2005, citato art. 2.

D’altro canto, come giustamente sottolineato nella pronuncia “capofila” del nuovo indirizzo interpretativo, tale disciplina adeguatrice – su questo specifico segmento della procedura notificatoria – si differenzia nettamente da quella dell’art. 139 c.p.c., comma 4, ovvero della L. n. 890 del 1982, art. 7, u.c., disciplinanti i casi di consegna dell’atto notificando a persona diversa dal destinatario e che in tal caso prevedono che venga spedita a quest’ultimo una raccomandata “semplice” che gli dia notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto medesimo.

Tale, significativa, differenziazione normativa ha un senso evidente, posto che nei casi di consegna a “persona diversa” vi può essere una ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, trattandosi di persone (famigliari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) che hanno con lo stesso un rapporto che il legislatore riconosce come astrattamente idoneo a questo fine ed è per questo che ha prescelto una forma di comunicazione dell’avvenuta consegna garantita, ma semplificata.

Diversamente nel caso della L. n. 890 del 1982, art. 8 (e dell’art. 140 c.p.c.), non si realizza alcuna consegna, ma solo il deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (ovvero nella notifica codicistica presso la Casa comunale).

Ed è per tale, essenziale ragione, che la legge, con maggiore rigore, prevede che di tale adempimento venga data comunicazione dall’agente notificatore al destinatario, del tutto ignaro della notifica, secondo due distinte e concorrenti modalità: l’affissione dell’avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) ed appunto la spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Peraltro, riprendendo il filo dell’interpretazione costituzionalmente orientata che si va illustrando, in detta sentenza della Corte costituzionale vi è tuttavia in nuce un ulteriore argomento che va valorizzato, consistente nella comparazione della procedura notificatoria in questione con quella, pur sempre basata sull’identico presupposto fattuale della c.d. “irreperibilità relativa” del destinatario (e fattispecie assimilate), disciplinata all’art. 140 c.p.c., tra le modalità delle notifiche curate direttamente dall’ufficiale giudiziario. Ed in effetti il pendant logico-giuridico tra le due procedure notificatorie, a causa della loro evidente analogia, risulta piuttosto chiaro e porta senz’altro ad utilizzare la seconda (art. 140 c.p.c.) quale tertium comparationis, secondo una consolidata tecnica di valutazione delle questioni di costituzionalità, sotto il profilo della ragionevolezza.

Di conseguenza viene inevitabilmente in considerazione un’ altra successiva pronuncia di illegittimità costituzionale (C. Cost., sent. n. 3/2010) appunto dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede(va) il perfezionamento della notifica non effettuata a causa di “irreperibilità o rifiuto di ricevere” del destinatario (e delle persone addette alla casa) sul presupposto della sola spedizione della “raccomandata informativa” dell’avvenuto deposito dell’atto notificando (presso la Casa comunale), invece che con il ricevimento della stessa ovvero con il decorso di 10 giorni dalla sua spedizione.

Orbene, risulta consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, nel caso di notifica, anche di atti impositivi tributari, da parte dell’ufficiale giudiziario ai sensi di detta disposizione del codice di rito, che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio deve essere data, appunto, mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della “raccomandata informativa” (cfr. Cass., n. 25985 del 10/12/2014, Rv. 633554 – 01; n. 21132 del 02/10/2009, Rv. 609852 – 01; per la cartella di pagamento, anche a seguito di C. Cost. 258/2012, cfr. altresì Cass., n. 9782/2018; v. per argomenti nello stesso senso Cass., Sez. U., 627/2008).

Pur nella diversità delle due modalità notificatorie in parte qua ossia in relazione alla spedizione della CAD – quella codicistica attuata dall’ufficiale giudiziario con il concorso dell’agente postale, quella postale attuata esclusivamente da quest’ultimo – non può che ravvisarsi un’unica ratio legis che è quella – profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111 Cost., comma 2) – di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dalla L. n. 890 del 1982, art. 1 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali).

Solo in questi termini può dunque trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento.

Va quindi affermato che solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa”, quindi, in ultima analisi, esprimere un ragionevole e fondato – giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario.

In termini generali bisogna dunque ritenere che la produzione dell’avviso di ricevimento della CAD costituisce l’indefettibile prova di un presupposto implicito dell’effetto di perfezionamento della procedura notificatoria secondo le citate previsioni della L. n. 890 del 1982, art. 8, commi 4 e 2, che, qualora ritenuta giudizialmente raggiunta, trasforma tale effetto da “provvisorio” a “definitivo”.

Il che corrisponde alla configurazione strutturale, perfettamente aderente al dettato normativo de quo, di una fattispecie sub-procedimentale a formazione progressiva, secondo un’interpretazione conforme a Costituzione nei richiamati principi.

8. In conclusione sul punto, va formulato il seguente principio di diritto:

“In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della L. n. 890 del 1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima”.

Essendo del tutto pacifico che nel caso in esame la notificante Agenzia delle entrate non ha assolto all’onere probatorio in questione in tali termini configurato, devono pertanto affermarsi fondate sia l’eccezione di invalidità della notificazione degli avvisi di accertamento prodromici alla cartella esattoriale impugnata sia la correlata eccezione di invalidità consequenziale di tale atto della riscossione; quindi in ultima analisi deve sancirsi la fondatezza del profilo della censura in oggetto che le ripropone in forma di critica alla difforme pronuncia, ancorchè implicita, del giudice tributario di appello.

9. In conclusione, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo del ricorso, va rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito deve essere accolto il ricorso introduttivo della lite.

Tenuto conto della complessità delle questioni trattate in particolare in relazione al secondo motivo, le spese del processo possono essere compensate.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della lite; compensa integralmente le spese tra le parti.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente per impedimento dell’estensore per le disposizioni restrittive della circolazione nel territorio nazionale per l’emergenza epidemiologica Covid-19.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021


Anche senza la buca delle lettere la notifica è valida

Nel caso di notifica per irreperibilità del destinatario, non rileva se quest’ultimo non ha una cassetta per la corrispondenza: è sufficiente che l’ufficiale giudiziario depositi copia dell’atto da notificare nella casa comunale e affigga avviso di deposito alla porta dell’abitazione.

Non ci si salva dalla notifica di atti giudiziari o di cartelle esattoriali se non si ha una cassetta delle lettere. Anche in tali casi, infatti, nonostante il rischio di smarrimento della corrispondenza lasciata sulle scale antistanti il portone, la notifica nei confronti del destinatario irreperibile è valida (ovviamente, sempre che l’ufficiale giudiziario abbia effettuato tutti gli adempimenti previsti dalla legge).

L’inesistenza della buca delle lettere è irrilevante ai fini della validità della notifica quando il destinatario non è presente a ritirare, di persona, la posta.

È questa la conclusione cui è pervenuta una sentenza della Corte di Cassazione n. 22883 del 08.10.2013

Del resto, ragionando diversamente, si arriverebbe a una conseguenza del tutto illogica: sarebbe sufficiente togliere la cassetta delle lettere per impedire all’Ufficiale di effettuare una notifica valida.

Pertanto, cosa succede in questi casi?

Il Messo Comunale deposita la copia dell’atto da notificare nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gli invia una raccomandata con avviso di ricevimento, a prescindere poi dal fatto che non vi sia la predetta cassetta postale ove “buttare” tale lettera.

Vedi anche: Consiglio di Stato sentenza n. 1024/2014

 


Non è sufficiente il semplice controllo delle risultanze anagrafiche

Nel caso di irreperibilità del contribuente presso la propria residenza, il messo deve svolgere effettive ricerche non essendo sufficiente un mero controllo delle risultanze anagrafiche. E ciò vale anche se già precedenti tentativi di notifica non sono andati a buon fine. Ad affermarlo la Cassazione con la sentenza n. 9292/2021 depositata il 7 aprile 2021.
Un contribuente, attraverso l’acquisizione di una copia dell’estratto di ruolo, scopriva l’esistenza di un precedente accertamento divenuto definitivo perché mai impugnato. Proponeva così ricorso al giudice tributario eccependo anche il vizio di notifica del provvedimento prodromico.
Entrambi i giudici di merito confermavano però la validità del procedimento notificatorio, nel presupposto che il messo notificatore aveva depositato l’atto presso la casa comunale con successiva affissione dell’avvenuto deposito, non avendo rinvenuto l’interessato presso la residenza nota. Peraltro, già in precedenza erano state tentate altre notifiche a mezzo posta non perfezionate sempre per irreperibilità, con la conseguenza che, secondo la Ctr, era legittima la procedura prevista per gli irreperibili assoluti.
Il contribuente ricorreva così in Cassazione lamentando un’errata interpretazione della norma (articolo 60, comma 1 lettera e, del Dpr 600/1973). Egli, infatti, era residente nell’indirizzo dove era stata tentata la notifica e pertanto il messo avrebbe dovuto considerarlo al più irreperibile relativo ossia momentaneo.
La Suprema corte, accogliendo la doglianza, ha rilevato che l’irreperibilità assoluta è quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente (articolo 60, comma 1 lettera e, del Dpr 600/1973).
Se, poi, nonostante le ricerche che il messo deve svolgere nel comune, non rinvenga l’effettiva abitazione, la notifica è ritualmente effettuata con deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune senza necessità di comunicazione all’interessato.
Il messo è così tenuto in primo luogo ad effettuare le necessarie ricerche per verificare l’eventuale mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune e che egli non abbia più né l’abitazione, né l’ufficio, né l’azienda nel Comune. Solo una volta accertata la sua irreperibilità è legittima la procedura di notifica attraverso il deposito nella casa comunale (Cassazione 4657/2020).
In tal senso, non è sufficiente rilevare le risultanze di una certificazione anagrafica poiché occorre che il messo effettui effettive ricerche e che di esse ne dia espresso conto nella relata (Cass. 24107/2016, nr. 19958/2018).


Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 09-02-2021) 07-04-2021, n. 9292

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37752-2019 proposto da:

A.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO DE BONIS;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 220/1/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della BASILICATA, depositata il 30/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

Svolgimento del processo
che:

1. A.P.A. ha proposto ricorso, dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Potenza, avverso l’avviso d’accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate nei suoi confronti, relativamente all’anno d’imposta 2008, in materia di Irpef, ed avverso la relativa iscrizione a ruolo, assumendo di essere venuto a conoscenza dell’atto impositivo solo a seguito dell’acquisizione di copia dell’estratto di ruolo ed eccependo l’inesistenza e la nullità della notifica dello stesso accertamento.

L’adita CTP ha rigettato il ricorso.

2. Il contribuente ha allora proposto appello dinnanzi la Commissione tributaria regionale della Basilicata, che lo ha respinto con la sentenza n. 220/01/2019, depositata il 30 aprile 2019, ritenendo che la notifica dell’avviso di accertamento al contribuente fosse ritualmente avvenuta il 20 ottobre 2012, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), tramite messo notificatore, il quale aveva provveduto al deposito dell’atto presso la casa comunale ed alla successiva affissione dell’avvenuto deposito all’albo comunale.

Il ricorso a tale procedura di notificazione dell’atto impositivo, secondo la CTR, era legittimo, in quanto sebbene dal certificato anagrafico acquisito agli atti il contribuente risultasse, al momento della notifica, residente nel medesimo indirizzo menzionato nella relata del messo, tuttavia il 21 luglio 2012 un precedente tentativo di notifica, a mezzo posta, allo stesso destinatario e presso la medesima residenza anagrafica, non si era perfezionato, in conseguenza dell’irreperibilità del destinatario, come risultava dalla compilazione del relativo avviso di ricevimento, nel quale era barrata la voce “per irreperibilità del destinatario”, nel riquadro “mancata consegna del plico a domicilio”.

Pertanto la CTR, ritenuta regolare la notifica dell’accertamento, ha considerato tardivo ed inammissibile il ricorso del contribuente nei confronti dell’accertamento presupposto ed ha rigettato l’appello.

3. Il contribuente ha quindi proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza impugnata.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Motivi della decisione
che:

1. Per motivi di ordine logico, appare opportuno trattare anticipatamente il secondo motivo, per la sua potenziale capacità assorbente.

Con il secondo motivo, infatti, il contribuente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, denuncia l’omessa pronuncia in ordine al motivo d’appello “inteso a rilevare la violazione e la falsa applicazione della L. n. 265 del 1999, art. 10, nonché della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 158”.

Secondo il ricorrente, la CTR non si sarebbe pronunciata in ordine alla sua eccezione di inesistenza giuridica della notificazione in considerazione della carenza di legittimazione dell’agente notificatore il quale, rivestendo la qualifica di messo notificatore, ma non quella di messo comunale, avrebbe potuto legittimamente notificare esclusivamente atti di accertamento dei tributi locali e comunque atti provenienti dal Comune di appartenenza.

Il motivo è infondato.

Invero, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, l’affermazione della legittimazione legale dell’agente notificatore, rispetto allo specifico atto da notificare, costituisce un necessario antecedente logico e giuridico di ogni verifica e pronuncia in ordine alla validità della specie di notifica concretamente effettuata dallo stesso operatore. Infatti, come questa Corte ha avuto occasione già di chiarire, “L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016).

Pertanto, l’ipotetico accoglimento dell’eccezione che l’attività di notificazione non fosse stata svolta da un soggetto qualificato e dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, avrebbe avuto come necessaria conseguenza l’inesistenza della notifica sub iudice, a prescindere dalle forme nelle quali la fase di consegna si è realizzata, che sarebbe stato superfluo valutare. Dunque, valutando esistente e valida la notifica in relazione alle modalità con le quali si è compiuta la fase di consegna dell’atto, la CTR ha implicitamente, ma necessariamente, affermato la legittimazione dell’agente notificatore e, quindi, implicitamente rigettato il motivo dell’appello del contribuente che la negava, in coerenza con l’adottato dispositivo di totale rigetto dell’impugnazione.

In questo senso si è infatti espressa più volte questa Corte, affermando che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019); ovvero quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, non occorrendo una specifica argomentazione in proposito, per cui è sufficiente quella motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 7662 del 02/04/2020; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020).

2. Con il primo motivo il contribuente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia la violazione e la falsa applicazione “del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), (…) Violazione della fattispecie astratta di accesso alla procedura di notificazione per irreperibilità assoluta”.

Va premesso che il ricorrente riproduce nel corpo del ricorso – dopo averne indicato l’avvenuta produzione nel merito, del resto confermata dalla stessa sentenza d’appello – la copia della relata della notifica del 20 ottobre 2012, eseguita dal messo notificatore del Comune di Potenza, e la copia della parte anteriore dell’avviso di ricevimento di precedente notifica, a mezzo posta, allo stesso destinatario ed al medesimo indirizzo, datata 26 luglio 2012 e recante l’attestazione della mancata consegna del plico per irreperibilità del destinatario.

Tanto premesso, il contribuente censura la decisione della CTR per aver ritenuto la notifica, eseguita dal messo sul presupposto dell’irreperibilità assoluta del destinatario e con le forme previste per tale fattispecie, valida pur in assenza della menzione, nella relata, di qualsiasi attività di ricerca del consegnatario effettuata presso la residenza anagrafica di quest’ultimo (la cui corrispondenza con quella indicata nella relata trova conferma nel certificato riprodotto nello stesso ricorso e prodotto nel giudizio di merito, come risulta dalla sentenza impugnata).

Non era sufficiente, aggiunge il ricorrente, ad escludere la necessità delle predette ricerche, la circostanza che, nel precedente tentativo di notifica a mezzo posta, il destinatario fosse irreperibile presso il medesimo luogo di residenza, trattandosi di altra fattispecie di notificazione, disciplinata diversamente e mai perfezionatasi.

Il motivo è fondato.

Recita il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e): “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e ss. c.p.c., con le seguenti modifiche: (…) e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c., in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione;”.

Come questa Corte ha già chiarito, “La notificazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), è ritualmente eseguita solo nell’ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non rinvenga l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. Solo in questi casi la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, nè di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 3378 del 12/02/2020).

Sempre riguardo alla necessità dell’accertamento dell’irreperibilità assoluta, presso la residenza anagrafica del contribuente destinatario, si è detto che “La notificazione di un avviso o altro atto impositivo viene svolta nelle forme di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), nel caso in cui il contribuente, che ne è destinatario, risulti trasferito in luogo sconosciuto. In tale ipotesi, il messo notificatore, svolte le ricerche nel Comune in cui si trova il domicilio fiscale del contribuente per verificare l’eventuale mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune e accertata la sua irreperibilità presso la residenza anagrafica, procede alla notifica, effettuando il deposito nella casa comunale e inviando la raccomandata informativa, con avviso di ricevimento, ex art. 140 c.p.c., la cui produzione in giudizio costituisce prova dell’avvenuto perfezionamento della notificazione.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 4657 del 21/02/2020).

Era stato del resto già ribadito che “In tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e), in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più nè l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2877 del 07/02/2018, ex plurimis). Pertanto, “Il ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l’ufficiale giudiziario dia espresso conto.” (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 24107 del 28/11/2016).

Quanto poi alla specie delle ricerche che l’agente notificatore deve compiere, ed alla conseguente indicazione nella relata, è stato precisato che “In tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19958 del 27/07/2018). Tanto premesso, l’esame della relata della notifica del 20 ottobre 2012, eseguita dal messo notificatore, non contiene alcuna menzione di ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non avesse più nè l’abitazione nè l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale. In particolare, la relata non riferisce di alcuna ricerca relativa all’irreperibilità assoluta del destinatario presso la residenza anagrafica di quest’ultimo nel medesimo Comune, menzionata nello stesso atto e corrispondente a quella certificata. Non risulta, quindi, che il messo abbia constatato in loco ed in punto di fatto l’eventuale divergenza dai dati anagrafici che, attestavano formalmente la persistente residenza in loco del destinatario della notifica (cfr. (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 19958 del 27/07/2018, cit., in motivazione).

Tale inerzia totale (per come rilevabile dalla relata) del notificatore, in ordine alle ricerche indispensabili ai fini della legittima configurazione dell’irreperibilità assoluta, presupposto della notifica D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 60, lett. e), determina la nullità di quest’ultima.

Non può, invero, ritenersi altrimenti che le ricerche propedeutiche alla constatazione dell’irreperibilità assoluta, ai fini della validità della notifica eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), nel caso di specie non fossero necessarie perché allo stesso destinatario, al medesimo indirizzo, non era stato possibile effettuare, diversi mesi prima, la notifica a mezzo posta per irreperibilità.

Infatti, questa Corte ha già avuto occasione di rilevare che “ai fini della legittimità del ricorso alle forme previste dall’art. 143 c.p.c., non è sufficiente il vano tentativo di eseguire la notifica all’indirizzo indicato (…)” (Cass. 12/12/2017, n. 29671).

E, del resto, l’irreperibilità annotata, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 9, sul predetto avviso di ricevimento, quale indicazione del motivo del mancato recapito e della restituzione dell’invio al mittente in raccomandazione, non risulta a sua volta preceduta da alcuna ricerca. Nè, comunque, potrebbe ritenersi diligente, da parte del mittente, la limitazione aprioristica delle ricerche alla mera presa d’atto del mancato buon fine di un tentativo di notifica di parecchi mesi antecedente a quello poi effettuato nelle forme dirette agli irreperibili in senso assoluto.

Va quindi accolto il primo motivo e va pertanto cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo per ogni necessario accertamento in fatto e per le questioni rimaste assorbite dalla decisione cassata.

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo e rigetta il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2021


Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-02-2021) 02-04-2021, n. 12780

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Presidente –

Dott. BONI Monica – rel. Consigliere –

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.A., nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 14/10/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MONICA BONI;

lette/sue le conclusioni del PG Dr. Cocomello Assunta, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Svolgimento del processo
1. Con ordinanza emessa in data 14 ottobre 2020 il Tribunale di sorveglianza di Catania rigettava la domanda, proposta da R.A., volta ad ottenere l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

A fondamento della decisione il Tribunale ha osservato che il provvedimento emesso in data 1 luglio 2020 non costituisce una duplicazione della precedente ordinanza dello stesso Tribunale di sorveglianza in quanto, pur riguardando lo stesso titolo, esecutivo, nell’ordine di carcerazione sospeso per errore la pena era stata fatta decorrere dal 30 dicembre 2014, anziché dal 30 dicembre 2015, per cui l’anno di differenza deve ancora essere espiato.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore avv.to Mario Luciano Brancato, il quale ha dedotto:

a) vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza respinto l’opposizione avverso la precedente ordinanza dell’1 luglio 2020 di ammissione del ricorrente all’affidamento in prova per espiare il residuo pena di un anno, relativo alla condanna inflittagli con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Messina del 16 marzo 2016, non espiata in precedenza a seguito dell’ordine di esecuzione del 5 aprile 2016 della Procura della Repubblica di Messina per un errore di calcolo, sebbene la pena fosse stata dichiarata estinta con provvedimento del 6 giugno 2018 che non era stata impugnata dalla Procura procedente, divenendo definitiva. La motivazione è del tutto insufficiente rispetto alle doglianze già esposte con l’opposizione e non tiene conto che il divieto di bis in idem è riferibile anche alle decisioni assunte in fase esecutiva.

b) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1 in quanto l’udienza camerale era stata celebrata senza la presenza obbligatoria del difensore di fiducia, avv.to Alfio Grasso, che non aveva ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza stessa, sebbene giek, designato in precedenza e destinatario della notificazione dei provvedimento dell’1 luglio 2020.

3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, Dott.ssa Assunta Cocomello, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per la fondatezza del secondo motivo di ricorso.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e va dunque accolto.

1. Il secondo motivo di ricorso assume valore dirimente ed assorbente rispetto alla ulteriore doglianze di cui al primo motivo. Risulta dalla documentazione agli atti, resa accessibile a questo giudice di legittimità per la natura processuale della questione dedotta, che l’avv.to Alfio Grasso del foro di Catania con studio professionale in (OMISSIS), designato difensore di fiducia del R., non aveva ricevuto la notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale del 14 ottobre 2020, in quanto l’atto era stato inoltrato a mezzo posta elettronica ad altro legale omonimo, avente però studio in (OMISSIS), con indirizzo pec (OMISSIS), diverso da quello del legale designato difensore di fiducia, che è “(OMISSIS)”. La notificazione dunque era stata compiuta nei confronti di un avvocato reperibile ad un diverso indirizzo, sia in senso fisico quale recapito professionale, sia in senso telematico ai fini dell’impiego della posta elettronica certificata senza che chi aveva ricevuto l’avviso avesse un qualsiasi collegamento professionale con il condannato che aveva rivolto la propria richiesta al Tribunale di sorveglianza. L’udienza si era poi celebrata alla presenza di un difensore d’ufficio prontamente reperito.

2. La trattazione del procedimento in assenza del difensore di fiducia ha pregiudicato l’effettività dell’esercizio del diritto di difesa da parte del legale prescelto dal condannato. Tanto è causa di nullità assoluta degli atti processuali e dell’ordinanza impugnata, secondo quanto già affermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, per le quali “L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 179 c.p.p., comma 1, quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97 c.p.p., comma 4, (In motivazione, la Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato che ove, in presenza di una rituale e tempestiva nomina fiduciaria effettuata dall’interessato, il giudice proceda irritualmente alla designazione di un difensore d’ufficio, viene ad essere leso il diritto dell’imputato “ad avere un difensore di sua scelta”, riconosciuto dall’art. 6, comma 3 lett. c), della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo)” (Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015, Maritan, Rv. 263598).

Ne discende l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania che dovrà pronunciarsi previa instaurazione rituale del contraddittorio con la difesa del condannato.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catania.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2021


Sospensione per l’attività di notifica di nuove cartelle dell’Agenzia Entrate Riscossione, fino al 30 aprile

Con il decreto cd. “Sostegni” sono state previste ulteriori novità in materia di riscossione. In primo luogo – agendo sul decreto cd. “cura Italia” – è stato prorogato al 30 aprile 2021 (in precedenza era 28 febbraio 2021) il periodo di sospensione per l’attività di notifica di nuove cartelle, avvisi e di tutti gli altri atti di competenza dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. Prorogato al 30 aprile 2021 anche il termine di sospensione dei versamenti di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento esecutivo, avvisi di addebito Inps, la cui scadenza ricade nel periodo tra l’8 marzo 2020 (ovvero dal 21 febbraio 2020 per i soggetti con residenza, sede legale o la sede operativa nei comuni della cd. “zona rossa” di cu all’allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020) ed il 30 aprile 2021. I pagamenti “sospesi” ed i relativi versamenti dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 maggio 2021.

Sempre fino al 30 aprile 2021 restano sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19/5/2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati. Cessati gli effetti della sospensione, e quindi a decorrere dal 1° maggio 2021, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore.

Rimarranno sospese fino al 30 aprile anche le verifiche di inadempienza delle Pubbliche Amministrazioni e delle società a prevalente partecipazione pubblica, da effettuarsi, ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/1973, prima di disporre pagamenti di importo superiore a 5.000 euro. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati dal 1° marzo 2021 alla data di entrata in vigore del decreto e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi.


Buona Pasqua !!!


Saturazione della casella di posta elettronica del destinatario

” Il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest’ultimo, in ragione dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”. Leggi

Leggi anche: TAR Lazio sent. 106/2021

 


Ai dipendenti comunali con la qualifica di messo non spetta alcun compenso aggiuntivo per l’attività di notificazione di atti richiesta al Comune dall’amministrazione finanziaria

La massima:
Ai dipendenti comunali con la qualifica di messo non spetta alcun compenso aggiuntivo per l’attività di notificazione di atti richiesta al Comune dall’amministrazione finanziaria, rientrando tali funzioni tra gli ordinari compiti d’ufficio spettanti ai detti dipendenti, posto che il principio di omnicomprensività della retribuzione impedisce di attribuire compensi aggiuntivi per lo svolgimento di attività lavorative comunque riconducibili ai doveri istituzionali dei dipendenti pubblici.

Leggi: Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 18-10-2018) 29-04-2019, n. 2724


Riunione Giunta Esecutiva del 18.03.2021

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata d’URGENZA la riunione della Giunta Esecutiva  che si svolgerà giovedì 18 marzo 2021 alle ore 19:00, in modalità webinar, in prima convocazione, e alle ore 21:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

1. Attività formativa 2021;

2. Varie ed eventuali.

Leggi: GE 18 03 2021 Verbale


Recovery plan: la nuova P.A.

Presentate alle Camere le schede-progetto riviste dall’attuale Governo. Entro il 2022 si investirà su una infrastruttura cloud per la pubblica amministrazione con servizi disponibili entro il 2024 e la notifica degli atti della P.A. entro l’anno 2026 quando il 75% del personale pubblico avrà fatto percorsi di formazione.