Consiglio Generale 29 04 2006

Sabato 29 aprile p.v. si riunisce il Consiglio Generale che si svolgerà alle ore 12:00 presso l’Hotel Re Enzo – Via Santa Croce, 26 – Bologna


Cass. civ. Sez. II, (ud. 02-02-2006) 15-03-2006, n. 5789

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente

Dott. EBNER Vittorio Glauco – Consigliere

Dott. TROMBETTA Francesca – Consigliere

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

M.B.S., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO TROVATO, difeso dall’avvocato RICCOTTI FRANCESCO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI RAGUSA, in persona del Sindaco pro tempore, MONTEPASCHI SERIT SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 9/03 del Giudice di pace di RAGUSA, depositata il 15/01/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/06 dal Consigliere Dott. Mario BERTUZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCHIAVON Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso al giudice di pace di Ragusa, M.B. S. proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale notificatagli il 21.11.2001, con cui gli veniva intimato il pagamento della somma di L. 225.800 a seguito di iscrizione a ruolo di una contravvenzione al codice della strada risalente al 16.1.1997, assumendo che il verbale di accertamento dell’infrazione non gli era stato mai notificato, con conseguente decadenza della potestà di riscossione coattiva. All’esito del giudizio, in cui si costituiva il Comune di Ragusa, con sentenza in data 15.1.2003 il giudice adito respingeva l’opposizione, rilevando che, pur non avendo l’opposto prodotto il verbale di contravvenzione notificato alla controparte, deducendo che, per prassi, al contravventore inviava l’originale, senza formazione e conservazione della relativa copia, tuttavia i documenti prodotti in atti testimoniavano che il Comune aveva provveduto, mediante il proprio servizio notificazioni per infrazioni al codice della strada, a notificare un atto al M. in data 26.4.1997, elemento questo che, unitamente alla presenza in atti di copia dell’avviso di contravvenzione, portava a ritenere che la notificazione del verbale fosse in realtà avvenuta.

Avverso questa decisione, con ricorso notificato il 7.2.2003, propone ricorso per Cassazione M.B.S., affidandosi a due motivi.

Il Comune di Ragusa non si è costituito.

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione della L. n. 689 del 1981, art. 23, per avere la sentenza impugnata ritenuto provata l’avvenuta notifica del verbale pur in mancanza della relativa produzione documentale, stravolgendo in tal modo le regole dell’onere della prova, in questo caso totalmente a carico del Comune, e tralasciando di trarre le dovute conseguenze dall’inadempimento ad opera dell’opposto dell’ordine di produzione emesso dal giudice nel corso del giudizio.

Con il secondo motivo si deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere il giudice esplicitato le ragioni in forza delle quali ha ritenuto non rilevante, al fine della decisione della causa, l’inadempimento del Comune al suo ordine di produrre in giudizio il verbale di contravvenzione notificato al ricorrente.

Il ricorso è fondato.

La sentenza impugnata motiva la soluzione accolta in ordine alla sussistenza della avvenuta notificazione del verbale di accertamento della infrazione sulla base di due elementi: una mera annotazione di eseguita notifica, riportante la data ma senza indicazioni del contenuto dell’atto notificato, e l’avviso di contravvenzione. Ora, a parte quest’ultimo, che palesemente è atto diverso dal verbale di accertamento, sicchè la sua esistenza nulla può dire circa la effettiva redazione e notificazione di questo, non può non osservarsi che l’annotazione in un registro, sia pure di una pubblica amministrazione, di una eseguita notifica, senza indicazione dell’atto notificato, integra un elemento privo anche di valore indiziario e comunque del tutto inidoneo a fornire la prova che un determinato atto sia stato effettivamente notificato al destinatario, prova nella specie necessaria al fine di poter superare la contestazione sollevata dal ricorrente.

L’iter logico seguito dalla decisione impugnata appare, pertanto, errato, dal momento che desume l’esistenza di un fatto il cui accertamento appare decisivo ai fini della soluzione della controversa da elementi irrilevanti ovvero privi della univocità e precisione necessaria. La sentenza va quindi cassata, con rinvio della causa ad altro giudice di pace, che provvedere anche alla liquidazione delle spese di giudizio di Cassazione.

P.Q.M.
accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice di pace di Ragusa, che provvedere anche sulle spese.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2006.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2006


Cass. pen. Sez. I, (ud. 28-02-2006) 09-03-2006, n. 8324

Notificazioni Polizia Giudiziaria

A seguito della modifica all’articolo 148 Codice di Procedura Penale, apportata dall’articolo 17 del Decreto Legge n. 144 del 2005, la polizia giudiziaria rimane organo di notificazione, in alternativa all’Ufficiale Giudiziario, anche se la sua sfera di competenza risulta limitata all’ipotesi di cui all’articolo 151.
Ne consegue che l’irregolarità verificatasi nel caso di specie – ove la polizia giudiziaria ha provveduto a notificare un atto al di fuori della sua sfera di competenza – non può ritenersi determinante l’inesistenza della notificazione, come avverrebbe nel caso in cui questa fosse effettuata da un organo del tutto privo del potere di notificazione e del relativo potere di certificazione; nè può ritenersi causa di nullità non essendo prevista tale sanzione espressamente e non essendo la predetta irregolarità riconducibile alle nullità di ordine generale, posto che comunque una notifica vi è stata, ad opera di un organo dotato di tale potere, e che essa ha prodotto il suo effetto di conoscenza, pertanto l’irregolarità non ha inciso negativamente sull’intervento e l’assistenza dell’indagato.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, 28/02/2006 C.c. (Dep. 09/03/2006), Sentenza n. 8324
(Pres. G. Fabbri,  Rel. G. Fabbri  Imp. Argentina)
UDIENZA CAMERALE DEL 15/02/2006
SENTENZA N. 634
REGISTRO GENERALE N. 045679/2005

Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. FABBRI GIANVITTORE Presidente
1.Dott.CHIEFFI SEVERO Consigliere
2.Dott.MOCALI PIERO ”
3.Dott.CORRADINI GRAZIA ”
4.Dott.PIRACCINI PAOLA ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ARGENTINA CATALDO N. IL 27/04/1977
avverso ORDINANZA del 10/10/2005
TRIB. LIBERTA’ di TARANTO
sentita la relazione fatta dal Consigliere
FABBRI GIANVITTORE
Sentite le conclusioni del P. G. Dr. Febbraro.
Rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza dell’ 10-10-2005 il Tribunale di Taranto, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Taranto il 19-9-2005, con la quale Argentina Cataldo era stato sottoposto agli arresti domiciliari per detenzione e porto di arma da fuoco, usata per sparare contro la porta dell’abitazione di Lanza Antonio.
Il tribunale disattendeva l’eccezione di nullità dell’udienza di convalida del fermo, rilevandone la tardività.
Riteneva sussistenti a carico dell’indagato i necessari indizi in base alle dichiarazioni rese alla P.G. da Barone Rosina – ex convivente dell’indagato e poi legata a Lanza Angelo – a quelle rese da Lanza Lorenzo, fratello di Angelo, e a quelle risultanti dalla registrazione di una telefonata fra quest’ultimo e il M.llo De Leonardis. Dalle prime era emerso che l’Argentina, che possedeva un fucile, aveva minacciato di sparare a Lanza Angelo e alla sua famiglia e che la sera prima dei fatti aveva detto che nella nottata sarebbero iniziati i fuochi e la guerra contro la famiglia Lanza; dalle seconde era emerso che l’indagato aveva ripetutamente cercato di rintracciare Lanza Angelo; dalle ultime era emerso che l’Argentina aveva mostrato una doppietta con le canne mozzate e aveva minacciato di sparare a chi avesse avuto una relazione con la sua ex convivente.
Il tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione di reati e non prevedibile la concessione della sospensione condizionale della pena, per l’ontologica incompatibilità di tale beneficio con il pericolo di recidiva.
Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato, deducendo due motivi.
Con il primo denuncia la violazione di legge con riferimento all’art. 148 c.p.p. Premette, in proposito, che il tribunale ha errato nel ritenere sollevata l’eccezione di nullità dell’udienza di convalida, mentre egli aveva eccepito la nullità dell’udienza per il riesame; sostiene, poi, che tale nullità — che peraltro era rilevabile anche di ufficio — sussisteva in quanto la notifica dell’avviso di udienza era stata effettuata tramite i carabinieri, contrariamente a quanto previsto dall’art. 148 comma 2 c.p.p., come modificato dal D.L. 144/2005.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 273 c.p.p. e il vizio di motivazione, sostenendo che non erano utilizzabili le dichiarazioni di Barone e Lanza Angelo, raccolte per telefono; che non è stata valutata la gravità degli indizi, semplicemente indicati; che non è stata adeguatamente motivata l’impossibilità della concessione della sospensione condizionale della pena.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo, si osserva che anche a seguito della modifica all’art. 148 c.p.p., apportata dall’art. 17 del D.L. 144/2005, la polizia giudiziaria rimane organo di notificazione, in alternativa all’ufficiale giudiziario, anche se la sua sfera di competenza risulta limitata all’ipotesi prevista dall’art. 151 c.p.p.
Ne consegue che l’irregolarità verificatasi nel caso di specie – ove la polizia giudiziaria ha provveduto a notificare un atto al di fuori della sua sfera di competenza – non può ritenersi determinante l’inesistenza della notificazione, come avverrebbe nel caso che questa fosse effettuata da un organo del tutto privo del potere di notificazione e del relativo potere di certificazione; né può ritenersi causa di nullità, non essendo prevista tale sanzione espressamente e non essendo la predetta irregolarità riconducibile alle nullità di ordine generale, posto che comunque una notifica vi è stata, ad opera di un organo dotato di tale potere, e che essa ha prodotto il suo effetto di conoscenza, di talché l’irregolarità non ha inciso negativamente sull’intervento e l’assistenza dell’indagato.
Peraltro la predetta irregolarità non può neppure considerarsi eccepita all’udienza di riesame, perché in tale sede l’eccezione risulta verbalizzata come formulata in relazione all’avviso per l’udienza di convalida del fermo, e non per quella di riesame, e che il verbale è fidefacente e non ne è stata chiesta la correzione.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Invero dall’ordinanza impugnata risulta – contrariamente a quanto affermato dal ricorrente – che la teste Barone ha reso sommarie informazioni presso la Stazione dei Carabinieri di Angri, di talché le sue dichiarazioni sono pienamente utilizzabili.
Esse, valutate dal giudice a quo come pienamente attendibili, ben possono costituire, insieme a quelle rese da Lanza Lorenzo – anche a prescindere da quelle rese da Lanza Angelo solo telefonicamente – il quadro indiziario necessario in fase cautelare, la cui gravità è stata implicitamente ritenuta dal tribunale, nel confermare la misura dopo avere specificamente indicato i predetti indizi, e può ritenersi sussistente anche indipendentemente dalle dichiarazioni telefoniche di Lanza Angelo, in base alla cosiddetta prova di resistenza che può essere effettuata anche in sede di legittimità (Sez. U. 25-2-1998, Gerina; I,  13-11-2001, Postiglione; I, n. 1495 del 2-12-1998, Archinà e altri, rv. 212274).
La valutazione della non prevedibilità della concessione della sospensione condizionale della pena è stata effettuata in conformità al sistema giuridico e in maniera non manifestamente illogica, perché l’accertamento del pericolo di reiterazione di reati vale a configurare un giudizio prognostico negativo che è ostativo alla concessione del predetto beneficio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma, il 28 febbraio 2006.
M A S S I M E
1) Procedure e varie – Polizia Giudiziaria – Notifiche – Effetti. E’ tuttora possibile l’effettuazione di notificazioni da parte della polizia giudiziaria. Costituisce infatti mera irregolarità la violazione della disposizione dell’art. 148 co. 2 cpp che, introdotta dall’art. 17 del d.l. n. 144/05, ha escluso la possibilità che le notifiche, in via generale, siano eseguite dalla P.G. Pres. Fabbri; Est. Fabbri; Imp. Argentina. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. I, 9 marzo 2006 (c.c. 28 febbraio 2006), sentenza n. 8324
2) Procedure e varie – Polizia giudiziaria – Organo di notificazione – Competenza e limiti – Fattispecie – Artt. 148 e 151 c.p.p. – Art. 17 del D.L. 144/2005. A seguito della modifica all’art. 148 c.p.p., apportata dall’art. 17 del D.L. 144/2005, la polizia giudiziaria rimane organo di notificazione, in alternativa all’ufficiale giudiziario, anche se la sua sfera di competenza risulta limitata all’ipotesi prevista dall’art. 151 c.p.p.. Ne consegue che l’irregolarità verificatasi nel caso di specie – ove la polizia giudiziaria ha provveduto a notificare un atto al di fuori della sua sfera di competenza – non può ritenersi determinante l’inesistenza della notificazione, come avverrebbe nel caso che questa fosse effettuata da un organo del tutto privo del potere di notificazione e del relativo potere di certificazione; né può ritenersi causa di nullità, non essendo prevista tale sanzione espressamente e non essendo la predetta irregolarità riconducibile alle nullità di ordine generale, posto che comunque una notifica vi è stata, ad opera di un organo dotato di tale potere, e che essa ha prodotto il suo effetto di conoscenza, di talché l’irregolarità non ha inciso negativamente sull’intervento e l’assistenza dell’indagato. Pres. Fabbri; Est. Fabbri; Imp. Argentina. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. I, 9 marzo 2006 (c.c. 28 febbraio 2006), sentenza n. 8324


Nomina del Messo Comunale

Le notificazioni possono essere effettuate soltanto dai soggetti abilitati dalla legge.

L’ordinamento vigente degli Enti Locali (D. Lgs. 267/2000) e le norme in materia di impiego pubblico (D.Lgs. 165/2001) prevedono ampia autonomia nella gestione delle risorse umane da parte dei Comuni, tenuto conto ovviamente del contratto nazionale di lavoro. Quindi, nulla vieta all’ente di affidare le funzioni di messo notificatore anche a personale dipendente che non svolge tali funzioni in via prevalente od esclusiva (come i Messi Comunali), a prescindere dall’inquadramento giuridico ed economico, fatta eccezione per le figure inquadrate nella categoria “A”, che per il tipo di scolarità richiesta e per l’esperienza professionale non presentano la necessaria competenza. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’agente notificatore svolge funzioni certificatorie (vedasi l’art 148 c.p.c.) e, nell’esercizio delle funzioni è pubblico ufficiale. Per l’affidamento è necessario che il Dirigente, cui spetta la gestione del personale, proceda ad un affidamento formale delle funzioni, ossia che il personale scelto risulti espressamente incaricato di effettuare notificazioni, seppure per un periodo transitorio o limitatamente agli atti emessi dal proprio ufficio. Si ritiene che l’affidamento di tali funzioni non possa essere di competenza del Sindaco, che sono organi di indirizzo e controllo politico e non di gestione. Solo in specifici casi previsti espressamente dalla legge, il Sindaco è competente all’attribuzione di funzioni al personale (es. art. 109 D.Lgs. 267/2000).

Circolare A.N.N.A.

NOMINA DEL MESSO COMUNALE

Le notificazioni possono essere eseguite soltanto dai soggetti abilitati dalla legge.

Alcune figure sono deputate in via generale alla notificazione (es. Ufficiali giudiziari,in materia civile, penale e amministrativa; messi del giudice di pace, tutte le notificazione relative a procedimenti avanti il giudice di pace; Messi comunali, tutti gli atti della pubblica amministrazione, con esclusione soltanto di quelli per i quali sono previste speciali formalità di notificazione).

Altre figure hanno competenza notificatoria solo per taluni atti (es. Polizia locale, provvedimenti emessi per violazione al codice della strada; uffici pubblici, notifiche a mezzo posta di propri atti).

Per la validità della notifica è, anzitutto, necessario che sia effettuata da un soggetto competente.

Il soggetto abilitato alla notificazione per taluni atti non può effettuare la notificazione di atti diversi, pena la nullità della notifica.

Così l’agente di polizia locale non può notificare atti che non rientrano nella propria competenza, bensì in quella del Messo comunale.

Nulla vieta, però, al comune di affidare le funzioni di messo notificatore anche a personale dipendente (come i vigili) che non svolge tali funzioni in via prevalente od esclusiva (come i Messi comunali), a prescindere dall’inquadramento giuridico ed economico, fatta eccezione per le figure inquadrate nella categoria “A”, che per il tipo di scolarità richiesta e per l’esperienza professionale non presentano la necessaria preparazione.

Infatti, l’ordinamento vigente degli Enti Locali (D. Lgs. 267/2000) e le norme in materia di impiego pubblico (D.Lgs. 165/2001) prevedono ampia autonomia nella gestione delle risorse umane da parte dei Comuni, tenuto conto ovviamente del contratto nazionale di lavoro.

La nomina spetta al dirigente o al responsabile di servizio preposto alla gestione del personale, e non ad organi di indirizzo e controllo politico, quali il Sindaco o la Giunta.

L’orientamento, quindi, è che l’attribuzione delle funzioni di Messo Comunale spetti alla dirigenza e non ad organi politici, trattandosi di atto di gestione.

Vi sono indirizzi autorevoli di diverso tenore che, però, non sono oggi condivisibili.

Pertanto si coglie l’occasione per affrontare la problematica con il criterio interpretativo letterale.

Prima dell’entrata in vigore della legge 142 del 8.6.1990, la figura del Messo Comunale veniva specificamente disciplinata dall’art. 273 del R.D. 3.3.1934 n. 383 (T.U. Legge comunale e provinciale). Ai sensi del citato articolo, la nomina del Messo Comunale, da disporre con delibera dell’ente locale, doveva essere approvata dal prefetto (“… La nomina è approvata con decreto del prefetto. …”). L’art. 64 della legge 142/90 abroga il T.U. Del 1934. Inoltre, nella nuova legge, la figura del Messo Comunale non viene più disciplinata in modo specifico. Si può, dunque, affermare che secondo il tenore letterale dell’ordinamento in vigore dal 1990 viene meno l’approvazione della nomina dei Messi Comunali da parte del Prefetto. Viene meno, in altre parole, una forma di controllo del potere centrale nei confronti delle amministrazioni locali. La scelta è coerente con gli scopi della legge 142/90, finalizzata a concretizzare una effettiva autonomia degli enti locali. Anche l’ordinamento vigente degli Enti Locali (D. Lgs. 267/2000) e le norme in materia di impiego pubblico (D.Lgs. 165/2001) non prevedono specifiche forme di nomina dei Messi comunali.

Secondo l’interpretazione letterale delle norme in vigore, il Messo Comunale è soggetto alle stesse regole di assunzione e di nomina ordinariamente previste per i dipendenti comunali. La cancellazione dell’approvazione del Prefetto (decreto prefettizio) fa venir meno il controllo prefettizio, ma non comporta la necessità di “inventare” una forma di nomina diversa e non prevista dall’ordinamento.

Per l’esercizio delle funzioni del Messo Comunale è, dunque, sufficiente l’incardinazione organica nell’ente attraverso i medesimi provvedimenti ordinariamente adottati per gli altri dipendenti. Se il legislatore avesse voluto un’approvazione specifica della nomina o, comunque, un controllo ulteriore non avrebbe mancato di specificarlo, come nel caso della nomina di dirigenti e responsabili di servizi (art. 50, 10° comma, D.Lgs. 267/2000).


DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio 2006, n. 40

DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio 2006, n. 40
Modifiche al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80. (GU n. 38 del 15-2-2006 – Suppl. Ordinario n.40)

testo in vigore dal: 2-3-2006

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 1, comma 2, della legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, concernente delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo recante modificazioni al codice di procedura civile, di cui al regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443, in materia di giudizio in cassazione e di arbitrato;

Visti il regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443, recante approvazione del codice di procedura civile, ed il regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, recante disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 luglio 2005;

Acquisito il parere dell’Assemblea generale della Corte suprema di cassazione, a norma del citato articolo 1, comma 2, della legge n. 80 del 2005, reso in data 21 luglio 2005;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica resi, rispettivamente, in data 22 novembre 2005 ed in data 8 novembre 2005;

Ritenuto di accogliere tutte le condizioni formulate dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati ed esaminate le osservazioni formulate da tale medesima Commissione, nonché dalla Commissione giustizia del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 2005;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana il seguente decreto legislativo:

Capo I

Modificazioni al codice di procedura civile in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica

  1. Modifiche all’articolo 339 del codice di procedura civile.
  2. Il terzo comma dell’ articolo 339 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità a norma dell’articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia.».

  1. Modifiche all’articolo 360 del codice di procedura civile.
  2. L’ articolo 360 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 360 (Sentenze impugnabili e motivi di ricorso). – Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione:

1) per motivi attinenti alla giurisdizione;

2) per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza;

3) per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro;

4) per nullità della sentenza o del procedimento;

5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Può inoltre essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d’accordo per omettere l’appello; ma in tale caso l’impugnazione può proporsi soltanto a norma del primo comma, n. 3.

Non sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza necessità di riserva, allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il giudizio.

Le disposizioni di cui al primo comma e terzo comma si applicano alle sentenze ed ai provvedimenti diversi dalla sentenza contro i quali è ammesso il ricorso per cassazione per violazione di legge.».

  1. Modifiche all’articolo 361 del codice di procedura civile.
  2. Il primo comma dell’articolo 361 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Contro le sentenze previste dall’articolo 278 e contro quelle che decidono una o alcune delle domande senza definire l’intero giudizio, il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa.».

  1. Modifiche all’articolo 363 del codice di procedura civile.
  2. L’ articolo 363 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 363 (Principio di diritto nell’interesse della legge). – Quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi.

La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza.

Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d’ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza.

La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.».

  1. Modifiche all’articolo 366 del codice di procedura civile.
  2. L’ articolo 366 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 366 (Contenuto del ricorso). – Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità:

1) l’indicazione delle parti;

2) l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;

3) l’esposizione sommaria dei fatti della causa;

4) i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366-bis;

5) l’indicazione della procura, se conferita con atto separato e, nel caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto;

6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.

Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione.

Nel caso previsto nell’articolo 360, secondo comma, l’accordo delle parti deve risultare mediante visto apposto sul ricorso dalle altre parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, oppure mediante atto separato, anche anteriore alla sentenza impugnata, da unirsi al ricorso stesso.

Le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni tra i difensori di cui agli articoli 372 e 390 possono essere fatte al numero di fax o all’indirizzo di posta elettronica indicato in ricorso dal difensore che così dichiara di volerle ricevere, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, vigente. Si applicano le disposizioni richiamate dal secondo comma dell’articolo 176.».

  1. Articolo 366-bis.
  2. Dopo l’articolo 366 del codice di procedura civile è inserito il seguente:

«Art. 366-bis (Formulazione dei motivi). – Nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.».

  1. Modifiche all’articolo 369 del codice di procedura civile.
  2. Il numero 4 del secondo comma dell’ articolo 369 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«4. Gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda.».

  1. Modifiche all’articolo 374 del codice di procedura civile.
  2. L’articolo 374 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 374 (Pronuncia a sezioni unite). – La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell’articolo 360 e nell’articolo 362. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite.

Inoltre, il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.

Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice.».

  1. Modifiche all’articolo 375 del codice di procedura civile.
  2. All’articolo 375 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
  3. a) i numeri 2), 3), 4) e 5) del primo comma sono sostituiti dai seguenti:

«2) ordinare l’integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332 ovvero che sia rinnovata;

3) provvedere in ordine all’estinzione del processo in ogni caso diverso dalla rinuncia;

4) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione;

5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l’inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360 o per difetto dei requisiti previsti dall’articolo 366-bis.»;

  1. b) i commi secondo, terzo e quarto sono abrogati.
  2. Articolo 380-bis.
  3. Dopo l’articolo 380 del codice di procedura civile, è inserito il seguente:

«Art. 380-bis (Procedimento per la decisione in camera di consiglio). – Il relatore nominato ai sensi dell’articolo 377, se, ricorrendo le ipotesi previste dall’articolo 375, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 5), non ritiene che il ricorso sia deciso in udienza, deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei motivi in fatto e diritto in base ai quali ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio.

Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte.

Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo, conclusioni scritte, ed i secondi, memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numeri 1), 3) e 5).

Nella seduta la Corte delibera sul ricorso con ordinanza.

Se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste all’articolo 375 la Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.».

  1. Articolo 380-ter.
  2. Dopo l’articolo 380-bis del codice di procedura civile, è inserito il seguente:

«Art. 380-ter (Procedimento per la decisione sulle istanze di regolamento di giurisdizione e di competenza). – Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numero 4), il presidente, se non provvede ai sensi dell’articolo 380-bis, primo comma, richiede al pubblico ministero le sue conclusioni scritte.

Le conclusioni ed il decreto del presidente che fissa l’adunanza sono notificati, almeno venti giorni prima, agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, limitatamente al regolamento di giurisdizione.

Non si applica la disposizione del quinto comma dell’articolo 380-bis.».

  1. Modifiche all’articolo 384 del codice di procedura civile.
  2. L’ articolo 384 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 384 (Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa nel merito). – La Corte enuncia il principio di diritto quando decide il ricorso proposto a norma dell’articolo 360, primo comma, n. 3), e in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi del ricorso, risolve una questione di diritto di particolare importanza.

La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte, ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione.

Non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione.».

  1. Modifiche all’articolo 385 del codice di procedura civile.
  2. All’ articolo 385 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Quando pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 375, la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave.».

  1. Modifiche all’articolo 388 del codice di procedura civile.
  2. L’ articolo 388 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

«Art. 388 (Trasmissione di copia del dispositivo al giudice di merito). – Copia della sentenza è trasmessa dal cancelliere della Corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinché ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima. La trasmissione può avvenire anche in via telematica.».

  1. Modifiche all’articolo 391 del codice di procedura civile.
  2. I primi tre commi dell’articolo 391 del codice di procedura civile sono sostituiti dai seguenti:

«Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge, la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, altrimenti provvede il presidente con decreto.

Il decreto o la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.

Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione.».

  1. Modifiche all’articolo 391-bis del codice di procedura civile.
  2. All’articolo 391-bis del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
  3. a) al primo comma, dopo le parole: «Se la sentenza» sono inserite le seguenti: «o l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’articolo 375, primo comma, numeri 4) e 5),»;
  4. b) il secondo comma è sostituito dal seguente: «La Corte decide sul ricorso in camera di consiglio nell’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 380-bis.»;
  5. c) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti:

«Sul ricorso per correzione dell’errore materiale pronuncia con ordinanza. Sul ricorso per revocazione pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza.».

  1. Articolo 391-ter.
  2. Dopo l’articolo 391-bis del codice di procedura civile è inserito il seguente:

«Art. 391-ter (Altri casi di revocazione ed opposizione di terzo). – Il provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito è, altresì, impugnabile per revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 del primo comma dell’articolo 395 e per opposizione di terzo. I relativi ricorsi si propongono alla stessa Corte e debbono contenere gli elementi, rispettivamente, degli articoli 398, commi secondo e terzo, e 405, comma secondo.

Quando pronuncia la revocazione o accoglie l’opposizione di terzo, la Corte decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto; altrimenti, pronunciata la revocazione ovvero dichiarata ammissibile l’opposizione di terzo, rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.».

  1. Articolo 420-bis.
  2. Dopo l’articolo 420 del codice di procedura civile è inserito il seguente:

«Art. 420-bis (Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi). – Quando per la definizione di una controversia di cui all’articolo 409 è necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide con sentenza tale questione, impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa fissando una successiva udienza in data non anteriore a novanta giorni.

La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza.

Copia del ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità del ricorso, essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricorso alle altre parti; il processo è sospeso dalla data del deposito.» .

  1. Modifiche alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.
  2. Al titolo III delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
  3. a) all’articolo 133 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«L’articolo 129, terzo comma, si applica altresì se il processo si estingue dopo la pronuncia delle sentenze previste dall’articolo 360, terzo comma, del codice.»;

  1. b) dopo l’articolo 134 è inserito il seguente:

«Art. 134-bis (Residenza o sede delle parti). – All’atto del deposito di ricorso, controricorso o memoria, i difensori dichiarano il luogo di residenza o la sede della parte.»;

  1. c) l’articolo 138 è abrogato;
  2. d) l’articolo 142 è sostituito dal seguente:

«Art. 142 (Ricorso di competenza delle sezioni unite e delle sezioni semplici). – Se nel ricorso sono contenuti motivi di competenza delle sezioni semplici insieme con motivi di competenza delle sezioni unite, queste, se non ritengono opportuno decidere l’intero ricorso, dopo aver deciso i motivi di propria competenza, rimettono, con ordinanza, alla sezione semplice la causa per la decisione, con separata sentenza, degli ulteriori motivi.

Le sezioni unite possono disporre ai sensi del primo comma anche nel caso di rimessione ai sensi dell’articolo 374, terzo comma, del codice.»;

  1. e) dopo l’articolo 146 è inserito il seguente:

«Art. 146-bis (Accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi). – Nel caso di cui all’articolo 420-bis del codice si applica, in quanto compatibile, l’articolo 64, commi 4, 6, 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.»;

  1. f) il primo comma dell’articolo 151 è sostituito dal seguente:

«La riunione, ai sensi dell’articolo 274 del codice, dei procedimenti relativi a controversie in materia di lavoro e di previdenza e di assistenza e a controversie dinanzi al giudice di pace, connesse anche soltanto per identità delle questioni dalla cui risoluzione dipende, totalmente o parzialmente, la loro decisione, deve essere sempre disposta dal giudice, tranne nelle ipotesi che essa renda troppo gravoso o comunque ritardi eccessivamente il processo. In queste ipotesi la riunione, salvo gravi e motivate ragioni, è, comunque, disposta tra le controversie che si trovano nella stessa fase processuale. Analogamente si provvede nel giudizio di appello.»;

  1. g) dopo l’articolo 144-ter è inserito il seguente:

«Art. 144-quater (Restituzione del fascicolo d’ufficio e dei fascicoli di parte). – Dopo la definizione del giudizio, il fascicolo d’ufficio trasmesso ai sensi dell’articolo 369 del codice e gli atti ed i documenti depositati dalle parti e già prodotti nei precedenti gradi del processo sono restituiti, decorsi novanta giorni dal deposito della decisione, alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.».

Capo II

Modificazioni al codice di procedura civile in materia di arbitrato

  1. Modifiche al capo I, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo I è sostituito dal seguente:

«Capo I – della convenzione d’arbitrato – 806 (Controversie arbitrabili). – Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.

Le controversie di cui all’articolo 409 possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.

807 (Compromesso). – Il compromesso deve, a pena di nullità, essere fatto per iscritto e determinare l’oggetto della controversia.

La forma scritta s’intende rispettata anche quando la volontà delle parti è espressa per telegrafo, telescrivente, telefacsimile o messaggio telematico nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti teletrasmessi.

808 (Clausola compromissoria). – Le parti, nel contratto che stipulano o in un atto separato, possono stabilire che le controversie nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato La clausola compromissoria deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’articolo 807.

La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria.

808-bis (Convenzione di arbitrato in materia non contrattuale). – Le parti possono stabilire, con apposita convenzione, che siano decise da arbitri le controversie future relative a uno o più rapporti non contrattuali determinati La convenzione deve risultare da atto avente la forma richiesta per il compromesso dall’articolo 807.

808-ter (Arbitrato irrituale). – Le parti possono, con disposizione espressa per iscritto, stabilire che, in deroga a quanto disposto dall’articolo 824-bis, la controversia sia definita dagli arbitri mediante determinazione contrattuale. Altrimenti si applicano le disposizioni del presente titolo.

Il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente secondo le disposizioni del libro I:

1) se la convenzione dell’arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812;

4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo;

5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l’articolo 825.

808-quater (Interpretazione della convenzione d’arbitrato). – Nel dubbio, la convenzione d’arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce.

808-quinquies (Efficacia della convenzione d’arbitrato). – La conclusione del procedimento arbitrale senza pronuncia sul merito, non toglie efficacia alla convenzione d’arbitrato.».

  1. Modifiche al capo II, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo II è sostituito dal seguente:

«Capo II – degli arbitri – 809 (Numero degli arbitri). – Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari.

La convenzione d’arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli.

In caso d’indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810. Se manca l’indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall’articolo 810.

810 (Nomina degli arbitri). – Quando a norma della convenzione d’arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna, di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all’altra l’arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l’invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni successivi, le generalità dell’arbitro o degli arbitri da essa nominati.

In mancanza, la parte che ha fatto l’invito può chiedere, mediante ricorso, che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato oppure, se tale luogo è all’estero, al presidente del tribunale di Roma.

Il presidente del tribunale competente provvede alla nomina richiestagli, se la convenzione d’arbitrato non è manifestamente inesistente o non prevede manifestamente un arbitrato estero.

Le stesse disposizioni si applicano se la nomina di uno o più arbitri è demandata dalla convenzione d’arbitrato all’autorità giudiziaria o se, essendo demandata a un terzo, questi non vi ha provveduto.

811 (Sostituzione di arbitri). – Quando per qualsiasi motivo vengono a mancare tutti o alcuni degli arbitri nominati, si provvede alla loro sostituzione secondo quanto è stabilito per la loro nomina nella convenzione d’arbitrato. Se la parte a cui spetta o il terzo non vi provvede, o se la convenzione d’arbitrato nulla dispone al riguardo, si applicano le disposizioni dell’articolo precedente.

812 (Incapacità di essere arbitro). – Non può essere arbitro chi è privo, in tutto o in parte, della capacità legale di agire.

813 (Accettazione degli arbitri). – L’accettazione degli arbitri deve essere data per iscritto e può risultare dalla sottoscrizione del compromesso o del verbale della prima riunione.

Agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

813-bis (Decadenza degli arbitri). – Se le parti non hanno diversamente convenuto, l’arbitro che omette, o ritarda di compiere un atto relativo alle sue funzioni, può essere sostituito d’accordo tra le parti o dal terzo a ciò incaricato dalla convenzione d’arbitrato. In mancanza, decorso il termine di quindici giorni da apposita diffida comunicata per mezzo di lettera raccomandata all’arbitro per ottenere l’atto, ciascuna delle parti può proporre ricorso al presidente del tribunale a norma dell’articolo 810, secondo comma. Il presidente, sentiti gli arbitri e le parti, provvede con ordinanza non impugnabile e, se accerta l’omissione o il ritardo, dichiara la decadenza dell’arbitro e provvede alla sua sostituzione.

813-ter (Responsabilità degli arbitri). – Risponde dei danni cagionati alle parti l’arbitro che:

1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all’incarico senza giustificato motivo;

2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826.

Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall’articolo 2, commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117.

L’azione di responsabilità può essere proposta in pendenza del giudizio arbitrale soltanto nel caso previsto dal primo comma, n. 1).

Se è stato pronunciato il lodo, l’azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l’accoglimento dell’impugnazione con sentenza. passata in giudicato e per i motivi per cui l’impugnazione è stata accolta.

Se la responsabilità non dipende da dolo dell’arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compensò convenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, pari al triplo del compenso previsto dalla tariffa applicabile.

Nei casi di responsabilità dell’arbitro il corrispettivo e il rimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullità parziale del lodo, sono soggetti a riduzione.

Ciascun arbitro risponde solo del fatto proprio.

814 (Diritti degli arbitri). – Gli arbitri hanno diritto al rimborso delle spese e all’onorario per l’opera prestata, se non vi hanno rinunciato al momento dell’accettazione o con atto scritto successivo. Le parti sono tenute solidalmente al pagamento, salvo rivalsa tra loro.

Quando gli arbitri provvedono direttamente alla liquidazione delle spese e dell’onorario, tale liquidazione non è vincolante per le parti se esse non l’accettano. In tal caso l’ammontare delle spese e dell’onorario è determinato con ordinanza dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, su ricorso degli arbitri e sentite le parti.

L’ordinanza è titolo esecutivo contro le parti ed è soggetta a reclamo a norma dell’articolo 825, quarto comma. Si applica l’articolo 830, quarto comma.

815 (Ricusazione degli arbitri). – Un arbitro può essere ricusato:

1) se non ha le qualifiche espressamente convenute dalle parti;

2) se egli stesso, o un ente, associazione o società di cui sia amministratore, ha interesse nella causa;

3) se egli stesso o il coniuge è parente fino al quarto grado o è convivente o commensale abituale di una delle parti, di un rappresentante legale di una delle parti, o di alcuno dei difensori;

4) se egli stesso o il coniuge ha causa pendente o grave inimicizia con una delle parti, con un suo rappresentante legale, o con alcuno dei suoi difensori;

5) se è legato ad una delle parti, a una società da questa controllata, al soggetto che la controlla, o a società sottoposta a comune controllo, da un rapporto di lavoro subordinato o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o associativa che ne compromettono l’indipendenza; inoltre, se è tutore o curatore di una delle parti;

6) se ha prestato consulenza, assistenza o difesa ad una delle parti in una precedente fase della vicenda o vi ha deposto come testimone.

Una parte non può ricusare l’arbitro che essa ha nominato o contribuito a nominare se non per motivi conosciuti dopo la nomina.

La ricusazione è proposta mediante ricorso al presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione della nomina o dalla sopravvenuta conoscenza della causa di ricusazione. Il presidente pronuncia con ordinanza non impugnabile, sentito l’arbitro ricusato e le parti e assunte, quando occorre, sommarie informazioni.

Con ordinanza il presidente provvede sulle spese. Nel caso di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza dell’istanza di ricusazione condanna la parte che l’ha proposta al pagamento, in favore dell’altra parte, di una somma equitativamente determinata non superiore al triplo del massimo del compenso spettante all’arbitro singolo in base alla tariffa forense.

La proposizione dell’istanza di ricusazione non sospende il procedimento arbitrale, salvo diversa determinazione degli arbitri. Tuttavia, se l’istanza è accolta, l’attività compiuta dall’arbitro ricusato o con il suo concorso è inefficace.».

  1. Modifiche al capo III, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo III è sostituito dal seguente:

«Capo III – del procedimento – 816 (Sede dell’arbitrato). – Le parti determinano la sede dell’arbitrato nel territorio della Repubblica; altrimenti provvedono gli arbitri.

Se le parti e gli arbitri non hanno determinato la sede dell’arbitrato, questa è nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato. Se tale luogo non si trova nel territorio nazionale, la sede è a Roma.

Se la convenzione d’arbitrato non dispone diversamente, gli arbitri possono tenere udienza, compiere atti istruttori, deliberare ed apporre le loro sottoscrizioni al lodo anche in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato ed anche all’estero.

816-bis (Svolgimento del procedimento). – Le parti possono stabilire nella convenzione d’arbitrato, o con atto scritto separato, purché anteriore all’inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento e la lingua dell’arbitrato. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio e determinare la lingua dell’arbitrato nel modo che ritengono più opportuno. Essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. Le parti possono stare in arbitrato per mezzo di difensori. In mancanza di espressa limitazione, la procura al difensore si estende a qualsiasi atto processuale, ivi compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo. In ogni caso, il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione.

Le parti o gli altri arbitri possono autorizzare il presidente del collegio arbitrale a deliberare le ordinanze circa lo svolgimento del procedimento.

Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere con lodo non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta a deposito.

816-ter (Istruzione probatoria). – L’istruttoria o singoli atti di istruzione possono essere delegati dagli arbitri ad uno di essi.

Gli arbitri possono assumere direttamente presso di sé la testimonianza, ovvero deliberare di assumere la deposizione del testimone, ove questi vi consenta, nella sua abitazione o nel suo ufficio. Possono altresì deliberare di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto risposte a quesiti nel termine che essi stessi stabiliscono.

Se un testimone rifiuta di comparire davanti agli arbitri, questi, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono richiedere al presidente del tribunale della sede dell’arbitrato, che ne ordini la comparizione davanti a loro.

Nell’ipotesi prevista dal precedente comma il termine per la pronuncia del lodo è sospeso dalla data dell’ordinanza alla data dell’udienza fissata per l’assunzione della testimonianza.

Gli arbitri possono farsi assistere da uno o più consulenti tecnici. Possono essere nominati consulenti tecnici sia persone fisiche, sia enti.

Gli arbitri possono chiedere alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al giudizio.

816-quater (Pluralità di parti). – Qualora più di due parti siano vincolate dalla stessa convenzione d’arbitrato, ciascuna parte può convenire tutte o alcune delle altre nel medesimo procedimento arbitrale se la convenzione d’arbitrato devolve a un terzo la nomina degli arbitri, se gli arbitri sono nominati con l’accordo di tutte le parti, ovvero se le altre parti, dopo che la prima ha nominato l’arbitro o gli arbitri, nominano d’accordo un ugual numero di arbitri o ne affidano a un terzo la nomina.

Fuori dei casi previsti nel precedente comma il procedimento iniziato da una parte nei confronti di altre si scinde in tanti procedimenti quante sono queste ultime.

Se non si verifica l’ipotesi prevista nel primo comma e si versa in caso di litisconsorzio necessario, l’arbitrato è improcedibile.

816-quinquies (Intervento di terzi e successione nel diritto controverso). – L’intervento volontario o la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammessi solo con l’accordo del terzo e delle parti e con il consenso degli arbitri.

Sono sempre ammessi l’intervento previsto dal secondo comma dell’articolo 105 e l’intervento del litisconsorte necessario.

Si applica l’articolo 111.

816-sexies (Morte, estinzione o perdita di capacità della parte). – Se la parte viene meno per morte o altra causa, ovvero perde la capacità legale, gli arbitri assumono le misure idonee a garantire l’applicazione del contraddittorio ai fini della prosecuzione del giudizio. Essi possono sospendere il procedimento.

Se nessuna delle parti ottempera alle disposizioni degli arbitri per la prosecuzione del giudizio, gli arbitri possono rinunciare all’incarico.

816-septies (Anticipazione delle spese). – Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte.

Se una delle parti non presta l’anticipazione richiestale, l’altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all’anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale.

817 (Eccezione d’incompetenza). – Se la validità, il contenuto o l’ampiezza della convenzione d’arbitrato o la regolare costituzione degli arbitri sono contestate nel corso dell’arbitrato, gli arbitri decidono sulla propria competenza.

Questa disposizione si applica anche se i poteri degli arbitri sono contestati in qualsiasi sede per qualsiasi ragione sopravvenuta nel corso del procedimento. La parte che non eccepisce nella prima difesa successiva all’accettazione degli arbitri l’incompetenza di questi per inesistenza, invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato, non può per questo motivo impugnare il lodo, salvo il caso di controversia non arbitrabile.

La parte, che non eccepisce nel corso dell’arbitrato che le conclusioni delle altre parti esorbitano dai limiti della convenzione arbitrale, non può, per questo motivo, impugnare il lodo.

817-bis (Compensazione). – Gli arbitri sono competenti a conoscere dell’eccezione di compensazione, nei limiti del valore della domanda, anche se il controcredito non è compreso nell’àmbito della convenzione di arbitrato.

818 (Provvedimenti cautelari). – Gli arbitri non possono concedere sequestri, né altri provvedimenti cautelari, salva diversa disposizione di legge.

819 (Questioni pregiudiziali di merito). – Gli arbitri risolvono senza autorità di giudicato tutte le questioni rilevanti per la decisione della controversia, anche se vertono su materie che non possono essere oggetto di convenzione di arbitrato, salvo che debbano essere decise con efficacia di giudicato per legge.

Su domanda di parte, le questioni pregiudiziali sono decise con efficacia di giudicato se vertono su materie che possono essere oggetto di convenzione di arbitrato. Se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato, la decisione con efficacia di giudicato è subordinata alla richiesta di tutte le parti.

819-bis (Sospensione del procedimento arbitrale). – Ferma l’applicazione dell’articolo 816-sexies, gli arbitri sospendono il procedimento arbitrale con ordinanza motivata nei seguenti casi:

1) quando il processo dovrebbe essere sospeso a norma del comma terzo dell’articolo 75 del codice di procedura penale, se la controversia fosse pendente davanti all’autorità giudiziaria;

2) se sorge questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione d’arbitrato e per legge deve essere decisa con autorità di giudicato;

3) quando rimettono alla Corte costituzionale una questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’articolo 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Se nel procedimento arbitrale è invocata l’autorità di una sentenza e questa è impugnata, si applica il secondo comma dell’articolo 337.

Una volta disposta la sospensione, il procedimento si estingue se nessuna parte deposita presso gli arbitri istanza di prosecuzione entro il termine fissato dagli arbitri stessi o, in difetto, entro un anno dalla cessazione della causa di sospensione. Nel caso previsto dal primo comma, numero 2), il procedimento si estingue altresì se entro novanta giorni dall’ordinanza di sospensione nessuna parte deposita presso gli arbitri copia autentica dell’atto con il quale la controversia sulla questione pregiudiziale è proposta davanti all’autorità giudiziaria.

819-ter (Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria). – La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice. La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L’eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell’eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio.

Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295.

In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l’invalidità o inefficacia della convenzione d’arbitrato.».

  1. Modifiche al capo IV, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il capo IV è sostituito dal seguente:

«Capo IV – del lodo – 820 (Termine per la decisione). – Le parti possono, con la convenzione di arbitrato o con accordo anteriore all’accettazione degli arbitri, fissare un termine per la pronuncia del lodo.

Se non è stato fissato un termine per la pronuncia del lodo, gli arbitri debbono pronunciare il lodo nel termine di duecentoquaranta giorni dall’accettazione della nomina.

In ogni caso il termine può essere prorogato:

  1. a) mediante dichiarazioni scritte di tutte le parti indirizzate agli arbitri;
  2. b) dal presidente del tribunale indicato nell’articolo 810, secondo comma, su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti; il termine può essere prorogato solo prima della sua scadenza.

Se le parti non hanno disposto diversamente, il termine è prorogato di centottanta giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell’àmbito di ciascuno di essi:

  1. a) se debbono, essere assunti mezzi di prova;
  2. b) se è disposta consulenza tecnica d’ufficio;
  3. c) se è pronunciato un lodo non definitivo o un lodo parziale;
  4. d) se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito l’arbitro unico. Il termine per la pronuncia del lodo è sospeso durante la sospensione del procedimento. In ogni caso, dopo la ripresa del procedimento, il termine residuo, se inferiore, è esteso a novanta giorni.

821 (Rilevanza del decorso del termine). – Il decorso del termine indicato nell’articolo precedente non può essere fatto valere come causa di nullità del lodo se la parte, prima della deliberazione del lodo risultante dal dispositivo sottoscritto dalla maggioranza degli arbitri, non abbia notificato alle altre parti e agli arbitri che intende far valere la loro decadenza.

Se la parte fa valere la decadenza degli arbitri, questi, verificato il decorso del termine, dichiarano estinto il procedimento.

822 (Norme per la deliberazione). – Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli arbitri pronunciano secondo equità.

823 (Deliberazione e requisiti del lodo). – Il lodo è deliberato a maggioranza di voti con la partecipazione di tutti gli arbitri ed è quindi redatto per iscritto. Ciascun arbitro può chiedere che il lodo, o una parte di esso, sia deliberato dagli arbitri riuniti in conferenza personale.

Il lodo deve contenere:

1) il nome degli arbitri;

2) l’indicazione della sede dell’arbitrato;

3) l’indicazione delle parti;

4) l’indicazione della convenzione di arbitrato e delle conclusioni delle parti;

5) l’esposizione sommaria dei motivi;

6) il dispositivo;

7) la sottoscrizione degli arbitri. La sottoscrizione della maggioranza degli arbitri è sufficiente, se accompagnata dalla dichiarazione che esso è stato deliberato con la partecipazione di tutti e che gli altri non hanno voluto o non hanno potuto sottoscriverlo;

8) la data delle sottoscrizioni.

824 (Originali e copie del lodo). – Gli arbitri redigono il lodo in uno o più originali. Gli arbitri danno comunicazione del lodo a ciascuna parte mediante consegna di un originale, o di una copia attestata conforme dagli stessi arbitri, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del lodo.

824-bis (Efficacia del lodo). – Salvo quanto disposto dall’articolo 825, il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria.

825 (Deposito del lodo). – La parte che intende fare eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale, o in copia conforme, insieme con l’atto contenente la convenzione di arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo, lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione o annotazione la sentenza avente il medesimo contenuto.

Del deposito e del provvedimento del tribunale è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti dell’articolo 133, secondo comma.

Contro il decreto che nega o concede l’esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d’appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza.

826 (Correzione del lodo). – Ciascuna parte può chiedere agli arbitri entro un anno dalla comunicazione del lodo:

  1. a) di correggere nel testo del lodo omissioni o errori materiali o di calcolo, anche se hanno determinato una divergenza fra i diversi originali del lodo pure se relativa alla sottoscrizione degli arbitri;
  2. b) di integrare il lodo con uno degli elementi indicati nell’articolo 823, numeri 1), 2), 3), 4).

Gli arbitri, sentite le parti, provvedono entro il termine di sessanta giorni. Della correzione è data comunicazione alle parti a norma dell’articolo 824.

Se gli arbitri non provvedono, l’istanza di correzione è proposta al tribunale nel cui circondario ha sede l’arbitrato.

Se il lodo è stato depositato, la correzione è richiesta al tribunale del luogo in cui è stato depositato. Si applicano le disposizioni dell’articolo 288, in quanto compatibili. Alla correzione può provvedere anche il giudice di fronte al quale il lodo è stato impugnato o fatto valere.».

  1. Modifiche al capo V, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo V è sostituito dal seguente:

«Capo V – delle impugnazioni – 827 (Mezzi di impugnazione). – Il lodo è soggetto all’impugnazione per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo.

I mezzi d’impugnazione possono essere proposti indipendentemente dal deposito del lodo.

Il lodo che decide parzialmente il merito della controversia è immediatamente impugnabile, ma il lodo che risolve alcune delle questioni insorte senza definire il giudizio arbitrale è impugnabile solo unitamente al lodo definitivo.

828 (Impugnazione per nullità). – L’impugnazione per nullità si propone, nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo, davanti alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato.

L’impugnazione non è più proponibile decorso un anno dalla data dell’ultima sottoscrizione.

L’istanza per la correzione del lodo non sospende il termine per l’impugnazione; tuttavia il lodo può essere impugnato relativamente alle parti corrette nei termini ordinari, a decorrere dalla comunicazione dell’atto di correzione.

829 (Casi di nullità). – L’impugnazione per nullità è ammessa, nonostante qualunque preventiva rinuncia, nei casi seguenti:

1) se la convenzione d’arbitrato è invalida, ferma la disposizione dell’articolo 817, terzo comma;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi prescritti nei capi II e VI del presente titolo, purché la nullità sia stata dedotta nel giudizio arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell’articolo 812;

4) se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’articolo 817, quarto comma, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso;

5) se il lodo non ha i requisiti indicati nei numeri 5), 6), 7) dell’articolo 823;

6) se il lodo è stato pronunciato dopo la scadenza del termine stabilito, salvo il disposto dell’articolo 821;

7) se nel procedimento non sono state osservate le forme prescritte dalle parti sotto espressa sanzione di nullità e la nullità non è stata sanata;

8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purché tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento;

9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;

10) se il lodo conclude il procedimento senza decidere il merito della controversia e il merito della controversia doveva essere deciso dagli arbitri;

11) se il lodo contiene disposizioni contraddittorie;

12) se il lodo non ha pronunciato su alcuna delle domande ed eccezioni proposte dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato.

La parte che ha dato causa a un motivo di nullità, o vi ha rinunciato, o che non ha eccepito nella prima istanza o difesa successiva la violazione di una regola che disciplina lo svolgimento del procedimento arbitrale, non può per questo motivo impugnare il lodo.

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impugnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico.

L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è sempre ammessa:

1) nelle controversie previste dall’articolo 409;

2) se la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato.

Nelle controversie previste dall’articolo 409, il lodo è soggetto ad impugnazione anche per violazione dei contratti e accordi collettivi.

830 (Decisione sull’impugnazione per nullità). – La corte d’appello decide sull’impugnazione per nullità e, se l’accoglie, dichiara con sentenza la nullità del lodo. Se il vizio incide su una parte del lodo che sia scindibile dalle altre, dichiara la nullità parziale del lodo.

Se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commi primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) o 12), terzo, quarto o quinto, la corte d’appello decide la controversia nel merito salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione di arbitrato o con accordo successivo. Tuttavia, se una delle parti, alla data della sottoscrizione della convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta.

Quando la corte d’appello non decide nel merito, alla controversia si applica la convenzione di arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità o inefficacia.

Su istanza di parte anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, la corte d’appello può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo, quando ricorrono gravi motivi.

831 (Revocazione ed opposizione di terzo). – Il lodo, nonostante qualsiasi rinuncia, è soggetto a revocazione nei casi indicati nei numeri 1), 2), 3) e 6) dell’articolo 395, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.

Se i casi di cui al primo comma si verificano durante il corso del processo di impugnazione per nullità, il termine per la proposizione della domanda di revocazione è sospeso fino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla nullità.

Il lodo è soggetto ad opposizione di terzo nei casi indicati nell’articolo 404. Le impugnazioni per revocazione e per opposizione di terzo si propongono davanti alla corte d’appello nel cui distretto è la sede dell’arbitrato, osservati i termini e le forme stabiliti nel libro secondo.

La corte d’appello può riunire le impugnazioni per nullità, per revocazione e per opposizione di terzo nello stesso processo, se lo stato della causa preventivamente proposta consente l’esauriente trattazione e decisione delle altre cause.».

  1. Modifiche al capo VI, titolo VIII, libro IV.
  2. Al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile il Capo VI è sostituito dal seguente:

«Capo VI – dell’arbitrato secondo regolamenti precostituiti – 832 (Rinvio a regolamenti arbitrali). – La convenzione d’arbitrato può fare rinvio a un regolamento arbitrale precostituito.

Nel caso di contrasto tra quanto previsto nella convenzione di arbitrato e quanto previsto dal regolamento, prevale la convenzione di arbitrato.

Se le parti non hanno diversamente convenuto, si applica il regolamento in vigore al momento in cui il procedimento arbitrale ha inizio.

Le istituzioni di carattere associativo e quelle costituite per la rappresentanza degli interessi di categorie professionali non possono nominare arbitri nelle controversie che contrappongono i propri associati o appartenenti alla categoria professionale a terzi.

Il regolamento può prevedere ulteriori casi di sostituzione e ricusazione degli arbitri in aggiunta a quelli previsti dalla legge.

Se l’istituzione arbitrale rifiuta di amministrare l’arbitrato, la convenzione d’arbitrato mantiene efficacia e si applicano i precedenti capi di questo titolo.».

Capo III

Disposizioni finali

  1. Modifiche all’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  2. All’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono apportate le seguenti modificazioni:
  3. a) al quinto comma, le parole: «ricorribile per cassazione» sono sostituite dalla seguente: «appellabile» ;
  4. b) l’ultimo comma è abrogato.
  5. Disciplina transitoria.
  6. Gli articoli 1 e 19, comma 1, lettera f), si applicano ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tuttavia, ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina previgente.
  7. Le restanti disposizioni del Capo I si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
  8. Le disposizioni dell’articolo 20 si applicano alle convenzioni di arbitrato stipulate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
  9. Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  10. Le disposizioni dell’articolo 26 si applicano alle ordinanze pronunciate ed alle sentenze pubblicate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
  11. Abrogazioni.
  12. Alla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati gli articoli 833, 834, 835, 836, 837, 838 del codice di procedura civile.
  13. Copertura finanziaria.
  14. Dall’attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.

Riunione Giunta Esecutiva del 9.02.2006

Atti della riunione della Giunta Esecutiva del 9 febbraio 2006 svoltasi a Padova

Leggi: Verbale GE 09 02 2006


Nuove disposizioni in materia di notificazione

L’art. 2 della legge 28.12.2005, n. 263, ha introdotto sostanziali modifiche al codice di procedura civile, che riguardano anche la materia delle notificazioni.
Le nuove disposizioni entreranno in vigore dal 1° marzo 2006, come disposto dall’art. 2 comma 1°, del decreto legge 30.12.2005, n. 271, che al comma 4 dell’art. 2 della legge 28.12.2005, n. 263, sostituisce le parole “1° gennaio 2006” con le seguenti “1° marzo 2006”.


Bilancio 2004

Atti relativi al Bilancio dell’Associazione dell’anno 2004 approvato dalla Giunta Esecutiva del 29.03.2005 e dall’Assemblea Generale del 14.06.2005

Vedi: Bilancio 2004 web


Qualifica di Pubblico Ufficiale del Messo Comunale

La figura del Messo Comunale era prevista dall’art. 273 del T.U.L.C.P. n. 383 del 3.3.1934. La L. 142/1990 ha abrogato questo articolo che prevedeva tra l’altro la nomina Prefettizia. Nonostante questa abrogazione la figura del Messo Comunale continua a d essere presente nel nostro Ordinamento giuridico essendo la figura stessa, e le sue caratteristiche, prevista da altre leggi tuttora vigenti.

Ai sensi dell’allegato A) del D.P.R. 347/1983 le notificazioni degli atti amministrativi sono state attribuite all’area amministrativa della quarta qualifica funzionale. In molti comuni italiani, visto il tipo di lavoro e di responsabilità che questo comporta, è stato inquadrato nell’area dei collaboratori amministrativi (ex 5^ qualifica). Con il contratto di lavoro degli EE.LL. del 1.4.1999 il Messo Comunale rientra nella fascia B.

Qualche tempo fa si era aperta una discussione sulla qualifica di Pubblico Ufficiale del Messo Comunale. Alcuni ritengono che l’art. 64 della L. 142/1990 avendo abrogato l’art. 273 del T.U.L.C.P. n. 383 del 1934, ha determinato la perdita della qualifica di pubblico ufficiale da parte del Messo Comunale. Non bisogna dimenticare, però, che nonostante l’intervento della L. 142/1990, varie leggi demandano al Messo Comunale le funzioni notificatorie (es. R.D. 642/1907; d.p.r. 600/1973).

La competenza della nomina è passata dalle Prefetture al Comune che individua il personale idoneo a questo tipo di lavoro e l’importanza di questa figura professionale continua ad essere confermata anche da norme recenti (Art. 10, L. 265/1999).

Il Messo Comunale è pubblico ufficiale in quanto con la redazione della relata di notifica esplica poteri certificativi (pubblica funzione), e non tanto in conseguenza dell’autorità che procede alla nomina.

Si riporta di seguito l’art. 357 del C.P. che definisce la qualifica di pubblico ufficiale: «Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi».

Nell’esercizio delle sue funzioni, quindi, il Messo comunale riveste la veste di Pubblico Ufficiale, ciò sia agli effetti delle garanzie che la legge riconosce a tale funzione, sia agli effetti delle responsabilità che ad essa si collegano.


Cass. civ. Sez. V, (ud. 10-01-2006) 01-02-2006, n. 2223

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PRESTIPINO Giovanni – Presidente

Dott. RUGGIERO Francesco – Consigliere

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

C.A.M., C.P., S.L.;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte (Torino), Sez. 23, n. 123/23/98, del 28 maggio 1998, depositata il 14 luglio 1998, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 10 gennaio 2006 dal Relatore Cons. Dott. Raffaele Botta;

Preso atto che nessuno è presente per le parti;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
La controversia concerne una convenzione stipulata il 8 novembre 1991 relativamente alla dilazione dell’imposta di successione dovuta dagli intimati nella loro qualità di eredi di C.G.: i contribuenti hanno proposto ricorso al Giudice tributario avverso la pretesa dell’Ufficio di ottenere il pagamento degli interessi sulla dilazione nella misura del 9%, prevista dalla nuova normativa di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 38, in luogo di quella del 5% prevista dalla normativa vigente all’epoca dell’apertura della successione (27 dicembre 1989). L’impugnazione – rigettata in primo grado sulla base della considerazione che la convenzione relativa alla dilazione conteneva una clausola che faceva “salva l’eventuale variazione degli interessi legali” – era accolta in grado di appello, con la sentenza in epigrafe, che riteneva inapplicabile nella specie la nuova disciplina sulla base della disposizione di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 63.

Avverso tale sentenza, l’Amministrazione finanziaria propone ricorso per Cassazione con unico motivo. I contribuenti non si sono costituiti.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso, l’amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 38, comma 2, e art. 63, art. 1418 c.c. e art. 11 preleggi, sostenendo che la convenzione di dilazione, in ragione della propria autonomia, “costituendo un atto eventuale ed ulteriore del procedimento di riscossione, deve ritenersi disciplinata dalla “legge vigente al momento del suo venire in essere”: ad avviso della parte ricorrente, “nella misura in cui la legge detta disposizioni ad hoc per la concessione di dilazione, tali disposizioni saranno applicabili a tutte le dilazioni intervenute sotto la vigenza delle norme stesse, a meno di non voler dare al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 63, un significato di ultrattività della norma abrogata che l’art. 63 non intende certo attribuire”.

Il motivo è infondato. Secondo l’orientamento costantemente espresso da questa Suprema Corte, “l’art. 38, secondo comma del D.Lgs. n. 346 del 1990, in tema di interessi per il caso di dilazione del pagamento dell’imposta di successione, non si applica, ai sensi dell’art. 63 della stessa normativa, per le successioni che si siano aperte anteriormente al 1 gennaio 1991, anche se posteriore a detta data si riveli la concessione della dilazione in questione” (così cfr. Cass. n. 8823/2000; e, nella stessa prospettiva, cfr. Cass. nn. 3840/1999;

9685/1999; 8773/2000; 8779/2000; 7325/2003).

Il ricorso deve essere, quindi, rigettato. In ragione della mancata costituzione dei contribuenti non occorre provvedere sulle spese.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2006.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2006


RINVIO ENTRATA IN VIGORE NUOVO PROCESSO CIVILE

L’entrata in vigore della disciplina che ha modificato il processo civile, recata dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 e dalla recente legge 28 dicembre 2005, n. 263 è stata rinviata al 1° marzo 2006


ACCESSO AL SITO WEB A.N.N.A.

Dal 1 febbraio 2006 l’accesso ai contenuti del sito web annanotifiche.it è riservato solo ai soci regolarmente iscritti. Per accedere ai contenuti del sito web www.annanotifiche.it occorre iscriversi on line compilando la form che si trova alla voce “Iscrizioni” e successivamente su “Adesione per tipologia A,B,C,D,I” (per i Messi comunali).
E’ importante indicare una email valida ed automaticamente verrà comunicata sulla casella della posta elettronica, la login e password per accedere al sito.
Si ricorda, comunque, che l’abilitazione avverrà al momento del ricevimento dell’iscrizione on line e al versamento della quota di adesione all’Associazione.


Caso Laziomatica: iniziativa dell’Associazione

Il provvedimento del 6.10.2005 “Il caso Laziomatica. Prescrizioni a tutti i comuni sulla gestione delle anagrafi (G.U. n. 248 del 24.10.2005)”, ha posto serie preoccupazioni per le implicazioni pratiche che ne derivano, tali da compromettere la celerità di cui hanno bisogno i procedimenti notificatori e la loro legittimità.
Tale provvedimento “impedisce” di fatto l’accesso diretto da parte del Messo comunale all’archivio anagrafico del proprio comune per le visure necessarie al procedimento notificatorio.
Al fine di poter esprimere con forza il nostro dissenso a tale provvedimento, sono state raccolte le firme a sostegno della lettera che l’Associazione ha inviato al Garante della Privacy.


PROCEDURE NOTIFICATORIE

La guida non vuole essere esaustiva della complessa ed articolata attività notificatoria, bensì un utile strumento di consultazione che aiuti l’Agente Notificatore all’espletamento del delicato servizio cui è preposto ed in particolare, una guida per affrontare i più frequenti casi di notificazione oggetto di contenzioso, sui quali la giurisprudenza non sempre si esprime in senso univoco.

Lo scopo, pertanto, è quello di fornire una guida quanto più possibile completa per l?applicazione della legislazione vigente in materia.

Leggi: Le procedure notificatorie


Caso Laziomatica. Prescrizioni a tutti i comuni sulla gestione delle anagrafi (G.U. n. 248 del 24.10.2005)

SOTTOSCRIVI IL DOCUMENTO DI DISSENSO AL PROVVEDIMENTO DEL GARANTE ED INVIALO ALLA SEDE OPERATIVA DELL’ASSOCIAZIONE

Lettera al Garante Privacy

Modulo Firme Soci per documento Garante Privacy

Firme ricevute per Garante 2005