REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente
Dott. BURSESE Gaetan0 Antonio – Consigliere
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere
Dott. MATERA Lina – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13717/2006 proposto da:
M.G. (OMISSIS), G.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato PELLEGRINO Giovanni, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
B.C., C.M.A., C.C. D.;
– intimati –
sul ricorso 19503/2006 proposto da:
C.M.A. (OMISSIS), B.C. (OMISSIS), C.C.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo studio GARDIN, rappresentati e difesi dall’avvocato SARACINO DONATO PANTALEO;
– controricorrenti ricorrenti incidentali –
contro
G.M. (OMISSIS), M.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato PELLEGRINO GIOVANNI, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti al ricorso incidentale –
avverso la sentenza n. 144/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 27/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2012 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;
udito l’Avvocato Amina L’ABBATE con delega depositata in udienza dell’Avvocato Giovanni PELLEGRINO, difensore dei ricorrenti che ha chiesto di riportarsi agli scritti depositati;
udito l’Avvocato SARACINO, difensore dei resistenti che ha chiesto di riportarsi anch’egli;
udito il P.M., persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 9 luglio 2001 il Tribunale di Lecce, in accoglimento delle domande proposte da C.S. e B.C. nei confronti di G.M. e M.G., condannò i convenuti a demolire la porzione di una costruzione che avevano realizzato a distanza inferiore a sei metri dal confine tra i rispettivi fondi delle parti, nonchè a risarcire agli attori i relativi danni, liquidati in L. 10.000.000.
Impugnata dai soccombenti, la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Lecce, che con sentenza del 27 febbraio 2006, ferma la condanna alla riduzione in pristino, ha escluso quella al risarcimento dei danni.
G.M. e M.G. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. C.M.A., C.C.D. (eredi di C.S.) e B. C. si sono costituiti con controricorso, formulando a loro volta un motivo di impugnazione in via incidentale, cui G. M. e M.G. hanno opposto un proprio controricorso.
C.M.A., C.C.D. e B. C. hanno presentato una memoria.
Motivi della decisione
In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale G.M. e M.G. contestano l’esattezza della distinzione, prospettata nella sentenza impugnata, tra norme di azione e di relazione nell’ambito della disciplina delle distanze tra costruzioni: sostengono che in materia l’unica differenziazione rilevante è tra disposizioni integrative – o non – di quelle dettate dal codice civile.
La censura è inconferente, poiché la tesi di cui si tratta è stata esposta dalla Corte d’appello in linea teorica ed astratta, senza alcuna pratica e concreta influenza sulla decisione, la quale si basa sul rilievo che in effetti G.M. e M.G. avevano violato le prescrizioni del piano regolatore di Lecce, le quali esigono il rispetto di distanze maggiori di quelle stabilite dall’art. 873 c.c., e segg..
Appunto questa affermazione del giudice a quo viene contraddetta con il secondo e il terzo motivo di ricorso, con i quali G. M. e M.G. sostengono che per le strutture aggettanti, come quella da loro realizzata, la regolamentazione locale impone di osservare la distanza non già di sei metri dal confine, ma di tre.
L’assunto non è fondato.
L’art. 4 del regolamento edilizio annesso al piano regolatore del comune di Lecce dispone che la distanza minima dei fabbricati dai confini deve essere misurata “in proiezione orizzontale della superficie coperta”, la quale superficie coperta è definita dall’art. 3 come “la proiezione sul piano orizzontale del massimo ingombro della costruzione sovrastante il piano di campagna, con esclusione dei soli balconi aperti a sbalzo e degli aggetti normali quali pensiline, cornicioni, gronde ed elementi decorativi”. Nessun esonero è dunque previsto per “i bow-windows e le costruzioni in aggetto”, cui si riferisce l’art. 86, il quale è invocato dai ricorrenti nella parte in cui prescrive che per tali manufatti “la distanza in proiezione orizzontale dal confine non deve essere inferiore a m 3,00”. Ma il richiamo a tale disposizione non è pertinente, poiché essa riguarda, come risulta dal contesto in cui è inserita, le strutture pensili che sporgono sul suolo pubblico, sicché le suddette distanze minime sono quelle da rispettare lateralmente, rispetto ai confini con i fondi privati contigui. Se ne ha conferma dall’ulteriore previsione dello stesso art. 86, secondo cui “qualsiasi aggetto, con la sola esclusione delle sporgenze dei tetti o dei cornicioni minori di cm. 70, si considera nei riguardi del distacco minimo tra i fabbricati e della distanza minima dai confini di cui al precedente art. 4”.
Così corretta la motivazione della sentenza impugnata (nella quale l’art. 86 era stato ritenuto inapplicabile nel diverso presupposto che non riguardasse la zona B13, in cui sono ubicati gli immobili in questione) il ricorso principale va rigettato.
Con il motivo addotto a sostegno dell’incidentale C.M. A., C.C.D. e B.C. si dolgono del mancato accoglimento della loro domanda di risarcimento di danni per equivalente pecuniario, che la Corte d’appello ha rigettato osservando che la disposta riduzione in pristino costituiva ristoro in forma specifica del diritto tutelato e che non vi era stata allegazione e prova di una diminuzione patrimoniale economicamente valutabile.
La censura deve essere accolta, alla luce della giurisprudenza di questa Corte richiamata dai ricorrenti incidentali (ribadita, da ultimo, da Cass. 16 dicembre 2010 n. 25475 e Cass. 24 maggio 2011 n. 11382) secondo cui “in tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile e dalle norme integrative dello stesso, quali i regolamenti edilizi comunali, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, finalizzata al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell’illecito, sia quella risarcitoria, ed il danno che egli subisce (danno conseguenza e non danno evento), essendo l’effetto, certo ed indiscutibile, dell’abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento, che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà medesima, deve ritenersi in re ipsa, senza necessità di una specifica attività probatoria”.
Rigettato pertanto il ricorso principale e accolto l’incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Lecce, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il principale; accoglie l’incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2012