DIRETTIVA SULL’INFORMATIZZAZIONE DEGLI UFFICI PUBBLICI

Stop ai documenti aggiuntivi; sviluppo dei servizi on line; stop alla carta; maggiore trasparenza dei bandi di gara.
Sono questi i punti principali della direttiva (file in formato .pdf) sull’interscambio di dati tra le pubbliche amministrazioni e la pubblicità dell’attività negoziale firmata dal Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella P.A. il 20 febbraio scorso.

La direttiva parte dal presupposto che una visione integrata dell’innovazione non può essere dettata solo dall’applicazione delle tecnologie ma anche dalla semplificazione dei processi amministrativi e dall’interazione dei servizi tra le diverse amministrazioni.

L’obiettivo della direttiva è sostanzialmente quello di dare una forte accelerazione all’informatizzazione degli uffici pubblici e di dare piena attuazione al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD – file in formato .pdf). Nonostante il CAD sia in vigore da tempo, le amministrazioni sono, infatti, ancora in ritardo riguardo il livello tecnologico delle prestazioni e, di conseguenza, sulla capacità di interazione con cittadini e imprese.

Lo sviluppo dell’azione dell’amministrazione tramite strumenti digitali, oltre ad agevolare i rapporti con i cittadini, deve anche migliorare i processi di valutazione e monitoraggio delle strutture.

La direttiva prevede quindi che i dirigenti della pubblica amministrazione vengano valutati anche in base al livello di interazione informatica con i cittadini, cioè in base alla quantità di procedimenti attivati mediante strumenti digitali.

In particolare, la direttiva prevede.

Stop ai documenti aggiuntivi

Le amministrazioni non possono più chiedere agli utenti documentazione aggiuntiva per verificare la veridicità delle autocertificazioni, ma dovranno basarsi su banche dati aggiornate per accertare a monte la sussistenza dei requisiti richiesti. Per ridurre i tempi e semplificare le procedure è necessaria, su breve periodo, la piena cooperazione tra le amministrazioni mediante la condivisione degli archivi e delle informazioni e sul medio periodo, l’integrazione in rete dei servizi e delle procedure.

Stop alla carta

Il cittadino ha diritto di accedere agli atti amministrativi anche attraverso il rilascio delle copie dei documenti su supporto elettronico.

Servizi on line
In attesa della distribuzione della carta d’identità elettronica e della carta nazionale dei servizi, tutti i cittadini dovranno essere messi nella condizione di interagire con le amministrazioni tramite il rilascio di password e codici pin. Le iscrizioni a scuola, per fare un esempio, potranno essere fatte tramite e-mail. Lo sviluppo dei servizi on line in tutto il Paese è indispensabile anche per limitare il digital divide dovuto a condizioni sociali, fisiche o territoriali.

Trasparenza dei bandi

I bandi di gara per l’acquisizione di beni e servizi o per la realizzazione di opere pubbliche di importo superiore a 20mila euro dovranno essere pubblicizzati sui siti Internet istituzionali, per migliorare la trasparenza e l’efficienza della spesa pubblica.


Corso di Aggiornamento Calatabiano martedì 17.04.2007

Corso di Aggiornamento
martedì 17 aprile 2007
Orario 9:30 – 17:00

Comune di Calatabiano CT

Castello di San Marco
Riviera di Taormina
Via San Marco, 40
95011 Calatabiano (CT)

Con il patrocinio del Comune di Calatabiano CT
Quote di partecipazione al corso:
Soci A.N.N.A.: € 160,00 (Iscritti alla data del 31.12.2006 con rinnovo anno 2007 al 28.02.2007) (**)
Non iscritti ad A.N.N.A.: € 250,00 comprensivi della quota di iscrizione all’Associazione (**)
Non iscritti ad A.N.N.A.: € 300,00 oltre I.V.A (*) (**)

La quota di iscrizione dovrà essere versata tramite :
Conto Corrente Postale n. 55115356
Conto Corrente Bancario n. 55115356 (Poste Italiane)

ABI 07601
CAB 12100
CIN J
Intestato a:
Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Sicilia 2007
(*) Se la fattura è intestata ad Ente Pubblico, la quota è esente IVA, ai sensi dell’art. 10, D.P.R. n. 633/72 e successive modificazioni,

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, Coffee break, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.
L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo articolo a cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.

I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:
Avv. Gastaldello Attilio

Iscrizione on line


Corso Formazione di base – Polverigi – 23 febbraio 2007

Corso Formazione di base – Polverigi AN

presso la Sala Comunale

– 23 febbraio 2007 dalle ore 9:00 alle 12:00

– 26 febbraio 2007 dalle ore 17:00 alle 20:00

I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Baldoni Margherita

Resp. Messi comunali del Comune di Ancona

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.


Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 850 del 19-02-2007

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

A) Sul ricorso in appello n. 214 del 1999 proposto dal Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n.12;

C O N T R O

Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Athena Lorizio e Claudio Visciola ed elettivamente domiciliato presso la prima in Roma, Via Dora n.1;

B) Sul ricorso in appello n. 452 del 1999 proposto dal Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Athena Lorizio e Claudio Visciola ed elettivamente domiciliato presso la prima in Roma, Via Dora n.1;

C O N T R O

Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n.12;

ENTRAMBI PER L’ANNULLAMENTO

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sez.I, n.527/1997 in data 14 novembre 1997;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze (nel ricorso n.214/99) e del Ministero delle Finanze (nel ricorso n.452/99);

Vista la memoria difensiva del Comune di Firenze;

Visti gli atti tutti delle cause;

Alla pubblica udienza del 31 ottobre 2006, relatore il Consigliere Carlo Deodato, ed uditi, l’Avv. Lorizio e l’Avvocato dello Stato Varrone;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza appellata veniva annullata la delibera della Giunta Municipale di Firenze n.2202/2243 del 5 luglio 1996 (impugnata dal Ministero delle Finanze), di disciplina dell’espletamento del servizio notifiche in favore di altre amministrazioni da parte dei messi comunali, nella sola parte in cui veniva subordinata l’esecuzione delle notificazioni alla compatibilità della relativa attività con le potenzialità dell’ufficio, essendo state, invece, ritenute legittime, con conseguente reiezione delle pertinenti censure, le altre disposizioni contestate dall’Amministrazione ricorrente (e, cioè, la previsione della debenza del contributo anche nei casi in cui la legge prevede la notifica gratuita da parte dei messi comunali, la prescrizione che la richiesta di notifica deve avvenire con congruo anticipo e la determinazione del compenso dovuto per gli atti dell’Amministrazione finanziaria).

Avverso quest’ultimo capo della decisione proponeva appello il Ministero delle finanze, criticando la correttezza degli argomenti addotti a sostegno della gravata pronuncia reiettiva, insistendo nel sostenere l’incompetenza del Comune nella regolamentazione dei compensi dovuti per l’attività di notificazione dei messi comunali e nella disciplina dei tempi e delle condizioni dell’espletamento di quest’ultima, ed invocando la riforma parziale della sentenza appellata ed il conseguente annullamento della delibera commissariale, anche nella parte contestata con l’appello.

Il capo di annullamento della delibera citata veniva, invece, impugnato, con autonomo ricorso, da parte del Comune di Firenze, che contestava il giudizio di illegittimità della parte della determinazione con cui si condizionava l’espletamento del servizio alla compatibilità delle richieste con la potenzialità dell’ufficio e che concludeva, pertanto, per la sua riforma.

Alla pubblica udienza del 31 ottobre 2006 i ricorsi venivano trattenuti in decisione.

2.- Occorre preliminarmente provvedere alla riunione degli appelli indicati in epigrafe, in quanto rivolti avverso la medesima decisione.

3.- Si deve, ancora, premettere che le questioni dedotte dalle parti, in entrambi i ricorsi, sono state già esaminate e definite dalla Sezione con una recente pronuncia (Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2006, n. 604), con la quale si è, in particolare, ritenuto che non spetti al Comune la competenza relativa alla determinazione dei compensi spettanti ai messi comunali, in quanto riservata al legislatore statale, e che la potestà di autoregolamentazione dell’attività in questione non possa estendersi fino a condizionare la stessa possibilità di utilizzo del servizio in questione da parte delle amministrazioni statali, con la previsione di modalità, di condizioni e di termini per l’accesso allo stesso del tutto incompatibili con le esigenze postulate dal rispetto della normativa primaria che regola, con forza inderogabile e vincolante, le notifiche degli atti giudiziari.

4.- In coerenza con i principi appena enunciati, dai quali la Sezione non ravvisa ragioni di diritto od elementi di fatto per discostarsi, si deve, quindi, giudicare fondato l’appello del Ministero delle finanze, siccome rivolto a contestare la stessa sussistenza della potestà del Comune di dettare disposizioni relative alla debenza ed alla misura del contributo per l’attività di notificazione da parte dei messi comunali ed alle modalità temprali di presentazione delle richieste di notifica.

E’ sufficiente, al riguardo, ribadire che “il convincimento della spettanza al Comune della competenza a determinare i compensi dei messi comunali non può fondarsi sul rilievo dell’avvenuta delegificazione della materia, ad opera dell’art.4 della legge 12 luglio 1991, n.151 che, avendo abrogato il precedente regime delle tariffe del predetto servizio, aveva automaticamente riservato ai Comuni, secondo la ricostruzione della fattispecie operata in prima istanza, la potestà di disciplinare, in via regolamentare, tale aspetto dell’attività di notificazione.

Sennonché, a ben vedere, l’avvenuta abrogazione dell’art.4 della legge 10 maggio 1976, n.249 (per effetto dell’art.4, comma 2, l. n.151/91) non implica l’immediata e conseguente devoluzione ai Comuni della competenza alla determinazione dei compensi dovuti ai messi comunali; e ciò per un duplice ordine di considerazioni.

Innanzitutto, perché l’abrogazione di una norma di rango primario, ancorché produttiva di una lacuna nell’ordinamento (da colmarsi con gli ordinari strumenti ermeneutici), non comporta l’automatico effetto dell’assegnazione della competenza – alla regolamentazione della fattispecie originariamente disciplinata dalla disposizione abrogata – ad una fonte normativa secondaria o, addirittura, amministrativa (come in questo caso), se non in presenza di una esplicita clausola di delegificazione (nella specie mancante).

In secondo luogo, in quanto la conclusione raggiunta dai primi giudici si fonda sull’impropria qualificazione dell’attività di notificazione svolta dai messi comunali come direttamente pertinente alle competenze dei Comuni (donde la potestà alla loro regolamentazione), mentre, di contro, la legge 24 febbraio 1971, n.114 (che contiene la determinazione originaria delle tariffe) qualifica espressamente i compensi contestualmente stabiliti come spettanti ai messi comunali, e non ai Comuni, con la conseguenza che la fonte del potere in questione non può essere in alcun modo rinvenuta nella titolarità, da parte dell’ente locale, del servizio in questione e, dunque, del diritto alla sua remunerazione, viceversa intestato direttamente e personalmente ai messi comunali” (Cons. Stato, sez. IV, n. 604/06 cit.).

Con la conseguenza che il Comune di Firenze era del tutto sprovvisto della competenza alla determinazione dei presupposti (della relativa obbligazione) e della misura dei compensi spettanti ai messi comunali, da ritenersi ancora riservata alla legge statale.

In ordine alla seconda questione sollevata dal Ministero appellante, relativa alla parte in cui la Giunta aveva disciplinato i termini per la consegna degli atti da notificare, si osserva che “pur ammettendo la (peraltro dubbia) competenza del Comune all’autoregolamentazione dell’attività di notificazione assegnata ai messi comunali (ovviamente per profili diversi da quelli relativi al compenso dovuto a questi ultimi), deve, in ogni caso, escludersi che tale potestà possa estendersi fino a condizionare la stessa possibilità di utilizzo del servizio in questione da parte delle amministrazioni statali, con la previsione di modalità e di termini per l’accesso allo stesso del tutto incompatibili con le esigenze postulate dal rispetto della normativa primaria che regola le notifiche degli atti giudiziari.

Ne consegue che la delibera commissariale scrutinata risulta viziata anche nella parte in cui si occupa di fissare termini rigidi per la presentazione delle richieste di notifica, del tutto incompatibili con l’osservanza della disciplina legislativa sulle notificazioni, rispetto alla quale la determinazione in esame si appalesa contrastante” (Cons. Stato, sez. IV, n.604/06 cit.).

5.- Per le medesime ragioni da ultimo esposte, va anche confermato il giudizio di illegittimità, già reso in prima istanza e gravato con l’appello del Comune, del capo della delibera di Giunta con cui veniva subordinato l’espletamento del servizio alla sua compatibilità con le potenzialità dell’ufficio, posto che, anche qui, il potere di autoregolamentazione dell’attività non può spingersi fino a condizionare la stessa prestazione del servizio a fattori, quali l’organizzazione amministrativa interna, diversi ed estranei, rispetto a quelli che, secondo la normativa primaria, esonerano i Comuni dal servizio in questione od escludono il suo carattere necessario ed indefettibile.

6.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello del Ministero delle finanze e la reiezione di quello del Comune di Firenze, con il conseguente annullamento della delibera impugnata in primo grado, in tutte le parti contestate con il ricorso originario.

7.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, riunisce i ricorsi indicati in epigrafe, respinge l’appello del Comune di Firenze (n. 452/99), accoglie quello del Ministero delle finanze (n.214/99) e, in parziale riforma della decisione appellata, annulla la delibera della Giunta Municipale di Firenze n.2202/2243 del 5 luglio 1996, relativamente a tutte le parti contestate con il ricorso di primo grado; condanna il Comune di Firenze a rifondere al Ministero delle finanze le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 31 ottobre 2006, con l’intervento dei signori:

CARLO SALTELLI – Presidente f.f.

CARLO DEODATO – Consigliere, Estensore

SALVATORE CACACE – Consigliere

SERGIO DE FELICE – Consigliere

EUGENIO MELE – Consigliere


Fallimento e nozione di piccolo imprenditore: Sentenza del Tribunale di Firenze

Il Tribunale di Firenze, Terza Sezione civile, con Sentenza 31 gennaio 2007, n. 20 ha affermato il principio in base a cui il mancato rispetto dei parametri dimensionali e dei limiti quantitativi, in termini di ricavi lordi ed investimenti effettuati, fissati dal nuovo art. 1, Legge fallimentare, per stabilire chi sia assoggettato a fallimento, non determina automaticamente l’esclusione da fallimento.

In realtà, la norma richiama la nozione di piccolo imprenditore contenuta nell’art. 2083, Codice civile, indicando un criterio quantitativo per cui l’imprenditore, anche se piccolo in base a tale definizione, è comunque soggetto a fallimento.

Secondo i Giudici, i limiti stabiliti dalla nuova norma, non individuano la nozione fallimentare di imprenditore piccolo, ma, al contrario, “determinano una presunzione legale di impresa media o comunque non piccola ai fini fallimentari o addirittura di piccolo imprenditore soggetto al fallimento in via di eccezione“.


Cass. civ. Sez. I, (ud. 11-01-2007) 15-02-2007, n. 3453

Violazioni al codice della strada: se il trasgressore ha cambiato residenza, senza comunicarlo al PRA, la notifica all’indirizzo sbagliato non è valida

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MUSIS Rosario – Presidente

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Consigliere

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. GILARDI Gianfranco – Consigliere

Dott. PANZANI Luciano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TRIONFALE 21, presso l’avvocato VITTORIO BALZANI, rappresentato e difeso dall’avvocato PIANESE FRANCESCO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI LATINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1319/01 del Giudice di pace di LATINA, depositata il 05/11/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2007 dal Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Giudice di Pace di Latina M.A. proponeva opposizione, della L. n. 689 del 1981, ex art. 23 avverso la iscrizioni nei ruoli esattoriali delle sanzioni amministrative dovute per violazione dell’art. 142, comma 8, del vigente codice della strada.

Deduceva il ricorrente che il diritto a riscuotere le somme dovute per la violazione di cui al verbale di contravvenzione n. (OMISSIS) doveva ritenersi prescritto in data 17.4.2001, atteso che la iscrizione nei ruoli esattoriali era stata notificata all’opponente il 15.5.2001 e, pertanto, oltre il termine di cinque anni dal giorno della commessa violazione ((OMISSIS)) … .

Detto verbale era del tutto sconosciuto all’opponente, non essendogli stato mai notificato.

Dalla lettura del verbale e dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale il verbale avrebbe dovuto essere notificato a mezzo posta, forniti su richiesta dell’opponente dalla Polizia Stradale di Latina, risultava a fianco dell’indirizzo di (OMISSIS) – che costituiva la residenza dell’esponente fino alla data del trasferimento di residenza avvenuto il 27.3.1995 a (OMISSIS), ovvero oltre un anno prima dell’elevazione del verbale di contravvenzione in data (OMISSIS) – la annotazione del postino di turno “trasferito”.

Deduceva, altresì, che per la notifica analogo discorso valeva con riferimento al verbale di contravvenzione n. (OMISSIS), atteso che dal verbale e dall’avviso di ricevimento della raccomandata spedita per la notifica a mezzo posta, forniti sempre dalla Polstrada di Latina, a fianco del vecchio indirizzo risultava la annotazione del postino di turno “trasferito”.

Le suddette notifiche dovevano ritenersi mille a tutti gli effetti.

Costituitosi in giudizio il Prefetto di Latina chiedeva il rigetto della opposizione rilevando che il difetto di notifica, eccepito dall’opponente, nasceva dal mancato rispetto da parte dello stesso dell’art. 94 del vigente C.d.S..

Con sentenza del 29.10.2001, depositata in cancelleria il 5.11.2001 il Giudice di Pace adito respingeva l’opposizione, osservando che l’opposizione proposta trovava un insormontabile ostacolo nella mancata osservanza da parte del M. di quanto prescritto dall’art. 94 del vigente C.d.S., per non aver questo aggiornato tempestivamente la propria residenza si da rendersi reperibile.

Avverso tale sentenza M.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. La Prefettura di Latina non ha spiegato difese.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3);

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione al D.Lgs. 30 aprile 1992, art. 201; artt. 137 e segg. c.p.c., nonchè della L. 20 novembre 1982, n. 890.

La notificazione del plico sia nel caso del verbale di contravvenzione che in quello della cartella esattoriale, tentata all’indirizzo risultante dal Pubblico Registro Automobilistico e compiuta a mezzo della posta, non sarebbe stata completata, perchè, non essendo stato rinvenuto il destinatario, l’ufficiale postale avrebbe reso il plico con la annotazione “trasferito”. Pertanto, si sarebbe dovuto procedere alla notifica nei modi indicati dall’art. 143 cod. proc. civ..

Nè poteva ritenersi, in base all’art. 94 del vigente C.d.S., come ritenuto dal giudice a quo, che l’organo notificatore non era tenuto alla ricerca dell’indirizzo del destinatario, perchè il trasgressore non aveva ottemperato all’obbligo di tenere aggiornata la sua residenza agli atti del P.R.A. e della Motorizzazione Civile.

Tale interpretazione non sarebbe consentita da una esegesi sistematica nella norma summenzionata.

Una corretta interpretazione della stessa non consentirebbe di prescindere dalle regole generali che disciplinano la notificazione degli atti giudiziali civili a destinatari irreperibili.

Non essendosi proceduto in tal senso le notifiche di entrambi gli atti in questione sarebbero nulle.

Il ricorso è fondato.

Il giudice a quo ha motivato il rigetto dell’opposizione del ricorrente, affermando testualmente: “L’opposizione, come proposta da M.A., trova un ostacolo insormontabile nella mancata osservanza di quanto prescritto nell’art. 94 del vigente C.d.S. a suo tempo concretizzata dall’interessato col non aver tempestivamente aggiornato la propria residenza così da rendersi reperibile.

La notifica, nel primo caso del verbale di contravvenzione e nel secondo della cartella esattoriale, risulta effettuata dall’ente notificatore proprio nella residenza iscritta nel P.R.A. all’indirizzo ivi indicato. E non poteva essere altrimenti non essendo tenuto l’organo notificatore alla ricerca dell’indirizzo preesistendo, in capo all’automobilista, l’obbligo di tenere aggiornata la sua residenza agli atti del P.R.A. e della Motorizzazione Civile”.

Tale tesi non appare condivisibile.

L’art. 94 del vigente C.d.S. non disciplina la notificazione delle violazioni, ma disciplina le formalità per il trasferimento di proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e per il trasferimento di residenza del destinatario, prevedendo sanzioni amministrative pecuniarie per chi non ottempera agli obblighi imposti dalla stessa disposizione, tra i quali figura quello di chiedere la trascrizione del trasferimento di residenza.

Pertanto non può farsi riferimento a tale norma per stabilire se la notifica di una violazione sia valida o meno.

La norma che, invece, disciplina la notificazione delle violazioni è l’art. 201 del vigente C.d.S..

Il comma 3 di tale norma dispone che alla notificazione della violazione si provvede con le modalità previste dal codice di procedura civile ovvero a mezzo posta, secondo le norme sulle notificazioni a mezzo del servizio postale; che comunque le notificazioni si intendono validamente eseguite quando siano fatte alla residenza, domicilio o sede del soggetto, risultante dalla carta di circolazione o dall’archivio nazionale dei veicoli istituito presso la direzione generale della M.C.T.C. o dal P.R.A. o dalla patente di guida del conducente.

Tale disposizione non può essere interpretata nel senso che le notificazioni devono intendersi validamente eseguite quando effettuate alla residenza, domicilio o sede del soggetto risultante dall’archivio nazionale dei veicoli istituito presso la direzione generale della M.C.T.C. o dal P.R.A. anche se il destinatario non viene rinvenuto in tali luoghi per aver trasferito altrove la propria residenza.

Tale disposizione, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa corte, che il collegio condivide non ravvisando valide ragioni per dissentirne, deve esser interpretata nel senso che la validità della notificazione non è fondata sul semplice tentativo della stessa presso uno dei luoghi summenzionati, bensì sul necessario espletamento delle formalità previste per l’ipotesi d’irreperibilità del destinatario, sia per quanto riguarda la notificazione ordinaria, sia quella postale (cfr. Cass. n. 5789 del 1992; Cass. n. 7044 del 1999; n. 5907 del 2002).

Ne consegue che in ipotesi come quella di specie, nella quale l’agente postale si è limitato ad annotare sull’avviso di ricevimento della raccomandata la scritta “trasferito” senza svolgere alcuna altra attività, la notificazione non può ritenersi valida, richiedendo necessariamente per essere tale l’espletamento delle formalità previste dall’art. 140 c.p.c., per il caso di irreperibilità del destinatario.

Pertanto il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Latina, in persona di altro magistrato, che per la decisione si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia, anche per le spese, al Giudice di Pace di Latina in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2007.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2007


Avviso di accertamento fiscale: notifica al contribuente trasferito all’estero

La notificazione dell’avviso di accertamento fiscale, ove non possa essere eseguita presso il domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi per il trasferimento all’estero del contribuente, non deve essere eseguita nelle forme consolari, ostandovi la previsione dell’art. 60, lett. f), d.P.R. n. 600 del 1973 ma, in mancanza di abitazione, ufficio o azienda nel comune di domicilio fiscale, deve essere svolta, sul presupposto dell’esecuzione di adeguate ricerche nel detto comune, non già per mezzo della spedizione della raccomandata, ma con l’affissione dell’avviso di deposito all’albo del Comune, ai sensi dell’art. 60, lett. e) d.P.R. n. 600 del 1973, senza che tale disciplina, tenuta ferma anche dallo Statuto del contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000 (art. 6, comma primo), possa dirsi lesiva del diritto di difesa del contribuente, il quale deve essere contemperato con l’interesse fiscale dello Stato.
Ciò in quanto le persone fisiche, che dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi non sono più residenti nel territorio dello Stato, per aver trasferito la propria residenza anagrafica all’estero, hanno, per espressa previsione di legge, il domicilio fiscale nel Comune in cui si è prodotto il reddito (o, se il reddito si è prodotto in più Comuni, nel Comune in cui si è prodotto il reddito più elevato) (art. 58, comma primo e secondo, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600).
Cassazione civile Sentenza, Sez. trib., 27/11/2006, n. 25095


Riunione Giunta Esecutiva del 8.02.2007

Atti della riunione della Giunta Esecutiva del 8 febbraio 2007 svoltasi a Bologna

Vedi: Verbale GE 08 02 2007


Memorandum d’intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche

PER UNA NUOVA QUALITÀ DEI SERVIZI E DELLE FUNZIONI PUBBLICHE

Il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, il Ministro dell’Economia e delle Finanze e le Organizzazioni Sindacali concordano quanto segue:
1. Una profonda riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche è un passaggio obbligato affinché l’economia italiana torni su un sentiero di crescita duratura. Per rendere più attrattiva la scelta di vivere e di investire in Italia, per dare spazio alla capacità dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese, di innovare, è necessario un deciso miglioramento della qualità dei servizi pubblici che essi utilizzano. Dalla produzione e dall’accesso a servizi universali e di qualità, di cui le Pubbliche Amministrazioni rimangono l’asse portante, dipende la stessa disponibilità dei diritti di cittadinanza previsti dal nostro ordinamento costituzionale. Investire nella qualità della Pubblica Amministrazione è indispensabile per dare efficacia all’azione pubblica nel quadro di imparzialità, buon andamento e legalità. Alle risorse necessarie può e deve concorrere la riduzione degli sprechi e la responsabilizzazione dei centri di spesa.
2. La riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e delle funzioni pubbliche, a livello centrale e locale, deve essere ispirata all’obiettivo di accrescere la produttività del sistema Paese. Ciò esige che siano create condizioni di misurabilità, verificabilità e incentivazione della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche. In questo modo si valorizzano le professionalità dei lavoratori pubblici; la dirigenza pubblica può trovare la motivazione e l’incentivo per perseguire in modo trasparente e giudicabile la missione che le è assegnata.
3. Il miglioramento delle funzioni pubbliche richiede un concorso coordinato: I) della legislazione a sostegno della piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico; II) delle disposizioni contrattuali del settore pubblico; III) della disciplina delle procedure e del sistema di contrattazione (nazionale e integrativa); IV) dell’esercizio dei diversi e distinti livelli di responsabilità; V) del sistema dei controlli e della semplificazione e delle regole contabili e amministrative; VI) della infrastruttura tecnologica; VII) delle strutture e dei modi di comunicazione con i destinatari dei servizi; VIII) dei meccanismi di reclutamento e dei sistemi di formazione del personale; IX) dell’utilizzo delle nuove tecnologie ed in modo particolare del telelavoro. In questo nuovo impianto gli aumenti di efficacia e di efficienza dovranno essere perseguiti ricorrendo alle esternalizzazioni solo per le attività no core, limitando il ricorso alle consulenze nelle pubbliche amministrazioni, e riducendo il numero di incarichi dirigenziali. Andranno inoltre realizzati risparmi sull’acquisto di beni e servizi e misure che diano piena garanzia di imparzialità e di trasparenza nel sistema degli appalti pubblici. In tale ultimo senso è diretta anche l’ottimizzazione dei servizi ispettivi e di vigilanza in materia di lavoro.
4. Per dare finalmente attuazione in modo credibile a questi obiettivi generali si è concordato che le iniziative di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche vengano attuate attraverso indirizzi e criteri generali concordati in connessione con il rinnovo dei contratti. Questi indirizzi dovranno promuovere, attraverso leve contrattuali, amministrative e normative, azioni profonde di riorganizzazione fra loro omogenee e coerenti. Esse saranno realizzate da ogni Amministrazione, locale e centrale, in relazione alle specifiche funzioni svolte e alle competenze legislative e regolamentari: la riorganizzazione richiede infatti una combinazione di strumenti e orientamenti di carattere generale e di progetti specifici, necessariamente diversi da Amministrazione a Amministrazione. In attuazione degli indirizzi politici, il responsabile della gestione predispone apposito piano operativo i cui obiettivi e modalità attuative sono oggetto di confronto con le parti sociali. In questo ambito, si procederà al riesame di tutte le forme di esternalizzazioni e di consulenze in atto per prevedere una progressiva reinternalizzazione di quelle core e valutare per le altre, secondo l’indirizzo richiamato, l’efficacia e l’efficienza.
5. In questo quadro, e comunque nell’ambito della legislatura, i sistemi di reclutamento pianificati dovranno portare alla scomparsa del precariato. Il ricorso a lavoro flessibile potrà avvenire, in base a tipologie e limiti individuati nella contrattazione collettiva. Nel breve termine, il precariato esistente che si è sedimentato in modo disordinato col passare degli anni in un contesto di blocco delle assunzioni, sarà assorbito mediante il ricorso a prove per quanti non siano già stati sottoposti a tali verifiche all’atto del primo ingresso nello svolgimento di attività nelle P.A. secondo le modalità e le risorse previste dalla Legge Finanziaria 2007.
6. Per quanto specificamente riguarda il sistema delle Regioni, ivi compresa la Sanità, e delle Autonomie locali, in ragione della autonomia costituzionalmente riconosciuta, gli interventi attuativi dei principi contenuti nel presente memorandum saranno oggetto di un ulteriore specifico accordo con le Organizzazioni Sindacali. In questo ambito, passi importanti verso la responsabilizzazione effettiva degli Enti, sia relativamente al rapporto tra gli stessi e le comunità amministrate, sia rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa, sono contenuti nella stessa Legge Finanziaria 2007. Il riordino terrà conto della ridefinizione delle competenze dello Stato e del sistema Regioni – Autonomie locali, unitamente all’individuazione dei livelli più appropriati di governo dei processi di innovazione e di coordinamento e controllo dei risultati. Per quanto riguarda gli Enti Pubblici non economici il Governo realizzerà un apposito tavolo di confronto con le Organizzazioni Sindacali applicativo del presente accordo.
7. Deve essere garantito che le fonti legislative e contrattuali rispettino gli ambiti di competenza quali definiti dalle norme generali sul lavoro pubblico. Le azioni normative, amministrative e contrattuali si ispireranno agli indirizzi e criteri generali di seguito indicati:
– Misurazione della qualità e quantità dei servizi. L’adozione e la diffusione di un metodo fondato sulla fissazione di obiettivi e sulla misurazione dei risultati dell’azione amministrativa possono e devono costituire la base dell’intero impianto di riorganizzazione della PA. La misurazione dei servizi in tutte le amministrazioni, deve divenire lo strumento con cui valutare il conseguimento degli obiettivi delle azioni amministrative, fissati in termini sia di realizzazioni, sia di effetti sul benessere dei cittadini. Deve essere la base e il riferimento oggettivo per la valutazione della dirigenza. Si tratta di produrre e pubblicizzare informazione di qualità, in via continuativa, sui risultati effettivamente conseguiti, anche sulla base di indagini sulla percezione degli utenti. Il Governo assumerà con tempestività le misure necessarie per conseguire le finalità qui indicate, anche estendendo il ricorso agli indicatori provenienti dalla contabilità economica e usando come benchmark esperienze in corso di avvio. Vanno anche previsti sedi e momenti di misurazione, anche sperimentali, che vedano la partecipazione delle Amministrazioni, delle Organizzazioni Sindacali e degli utenti.

Accesso ai pubblici impieghi e pianificazione del turn-over. L’accesso per concorso resta la modalità ordinaria per tutti i livelli della PA. La scelta dei settori prioritari di destinazione e la programmazione e attuazione del reclutamento e delle assunzioni devono svolgersi in modo periodico e continuo, in un orizzonte di medio periodo e in coerenza con i vincoli finanziari, in modo da soddisfare un fabbisogno di personale che emerga da un’analisi comparata delle esigenze tra le diverse unità dell’Amministrazione rispetto agli obiettivi di Governo. Verranno introdotti sistemi utili a decongestionare i concorsi, definendo in modo rigoroso e puntuale i requisiti di partecipazione e razionalizzando le procedure selettive e valutative, e sperimentando concorsi comuni alle diverse Amministrazioni.

Accesso alla dirigenza pubblica. Per la dirigenza si ricorrerà ordinariamente a concorsi pubblici, integrati da appropriate attività formative, come strumento di selezione. Nell’ambito dei concorsi riservati al personale interno, verranno individuati metodi appropriati e trasparenti per dare rilievo alle attività e ai risultati conseguiti dai candidati all’interno dell’Amministrazione.

Dirigenza: riassetto normativo e contrattuale e autonomia di bilancio. Il numero complessivo dei dirigenti pubblici deve essere ridotto, abbassando il rapporto medio dirigente/personale con vantaggi di efficienza, razionalità organizzativa e di spesa: una quota delle economie deve essere destinata alla valorizzazione delle posizioni organizzative del personale non dirigente. La dirigenza va articolata, eliminando ogni progressione automatica e collegando, con modalità da definire nei CCNL, gli incarichi e le loro retribuzioni ai risultati della valutazione nell’ambito di un processo selettivo documentato e verificabile, e togliendo alla attuale graduazione degli uffici la funzione esclusiva di meccanismo automatico di differenziazione retributiva. Il riassetto deve prevedere autonomia del dirigente nell’individuare la migliore organizzazione della propria struttura nell’ambito del sistema delle relazioni sindacali previsto dai CCNL, nonché autonomia di utilizzazione del proprio budget al fine di conseguire gli obiettivi di gestione, con l’opportunità di reinvestire nella propria stessa struttura parte dei risparmi conseguiti. Questa autonomia deve essere esercitata nell’ambito del sistema di relazioni sindacali prevista dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti. L’affidamento degli incarichi di funzione dirigenziale avverrà attraverso procedure negoziali improntate a principi di trasparenza e pubblicità. Infine, l’uscita deve costituire l’esito estremo di risultati negativi, mentre deve essere rigorosamente limitato lo spoils system alle figure apicali e a quegli incarichi dichiarati aventi natura fiduciaria dagli organi di governo in cui possono essere chiamati anche esterni all’Amministrazione. Deve essere introdotto per le funzioni dirigenziali di I° fascia e di livello superiore, il principio generale della rotazione di ogni incarico, dirigenziale in tempi di durata massima fissati con chiarezza. Nel caso in cui tale rotazione comporti mobilità fuori dalla sede di residenza verranno individuati meccanismi contrattuali di sostegno e incentivazione, mediante agevolazioni economiche sia dirette sia indirette, conseguibili attraverso il ricorso all’autonomia di bilancio delle singole Amministrazioni.

Valutazione. La dirigenza deve essere valutata coniugando le disposizioni normative e contrattuali vigenti, prendendo a riferimento la misurazione dei servizi, i parametri di capacità manageriale, nonché i risultati conseguiti valutati, con l’ausilio di appositi nuclei, secondo modalità previste dal CCNL, dai livelli funzionali dirigenziali superiori. Il sistema di incentivazione della dirigenza sarà legato alla verifica della relazione fra le risorse disponibili utilizzate (strumentali e umane) e realizzazioni ed effetti in termini di servizi, rispetto a obiettivi prefissati. La valutazione del personale con posizione organizzativa seguirà simili criteri, in analogia a quanto previsto in alcuni comparti di contrattazione, superando rigide definizioni legislative. Nel quadro dei contratti collettivi, all’introduzione di questi criteri saranno affiancate l’attribuzione alla dirigenza di effettivi poteri di gestione del personale e la previsione di adeguati sistemi di garanzia, nell’ambito del sistema di relazioni sindacali.

Percorsi professionali. Il percorso professionale dovrà dipendere in modo più significativo dai risultati conseguiti, opportunamente valutati. Oltre che ai criteri indicati per l’accesso alla dirigenza degli interni dell’Amministrazione, per le posizioni organizzative e per il restante personale, andranno realizzate sperimentazioni mirate sui percorsi centrate su meccanismi dedicati e trasparenti di selezione basati anche sulla valutazione.

Formazione e aggiornamento. Una volta svincolata da meccanismi di progressione interna, la formazione può riacquistare una natura effettivamente funzionale a incrementare la qualità e offrire al personale l’opportunità di aggiornarsi e di corrispondere all’evoluzione del fabbisogno di capacità. Affinché ciò avvenga, andrà decisamente migliorata la qualità dell’offerta formativa, promosso e monitorato il peso che alla formazione del personale viene dato da ogni singolo dirigente, valutati in modo continuativo gli esiti formativi. Verranno anche individuati enti bilaterali di formazione come nel settore privato.

Mobilità territoriale e funzionale. Per agevolare la mobilità territoriale del personale pubblico, statale, regionale e locale, a seguito di riorganizzazioni derivanti dagli indirizzi programmatici stabiliti e in attuazione del trasferimento di funzioni fra livelli istituzionali, verranno individuati meccanismi contrattuali di sostegno e incentivazione, mediante agevolazioni economiche sia dirette sia indirette, conseguibili anche attraverso il ricorso all’autonomia di bilancio. Sarà strutturato un sistema che favorisca l’incontro fra la “domanda” di Amministrazioni con carenze di personale e l’ ”offerta” di dipendenti che intendono cambiare collocazione, anche al fine di contribuire all’effettiva attuazione del decentramento delle funzioni amministrative. Verranno realizzate le semplificazioni e adottate le misure atte a rendere effettiva e fluida la mobilita’ fra Amministrazioni di uno stesso livello di governo.

Esodi. Per il personale, in caso di accertato esubero di personale non ricollocabile con processi di mobilità, si devono prevedere forme incentivate di uscita o attuare norme già previste nei contratti collettivi. Forme volontarie incentivate di uscita andranno inoltre previste, con modalità da definire, anche tenendo conto di esperienze di altri paesi europei.

Relazioni sindacali nei processi di riorganizzazione. La riorganizzazione degli uffici pubblici che comporti nuovi riparti delle funzioni fra Amministrazioni o all’interno delle Amministrazioni stesse avverrà con il coinvolgimento delle Organizzazioni Sindacali e con esplicitazione dei costi e degli impatti sull’organizzazione del lavoro e con successivo, aperto confronto valutativo pubblico. Per quanto riguarda le riorganizzazioni interne ai Dipartimenti, esse saranno oggetto di preventiva informazione e concertazione con le Organizzazioni Sindacali, secondo le previsioni contrattuali vigenti.

Contrattazione integrativa. La contrattazione integrativa si deve svolgere sulle materie e nelle modalità definite dai contratti nazionali. Le parti concordano nei prossimi rinnovi contrattuali di finalizzare l’utilizzo dei fondi anche per conseguire nella contrattazione integrativa risultati mirati alla qualità e la quantità dei servizi; ad esempio, l’ampliamento degli orari di apertura dei servizi, riduzione dei tempi di attesa, misure integrative di stabilizzazione del precariato, innovazioni di processo. Le risorse finanziarie destinate alla contrattazione integrativa sono individuate dai contratti collettivi evitando ricorsi a interventi legislativi e normativi per integrare le risorse non conseguenti ad accordi tra le parti finalizzati a specifici obiettivi di miglioramento della qualità dei servizi o a seguito di eventi straordinari o per l’implementazione di riforme amministrative. La contrattazione integrativa deve rispondere a criteri omogenei e cogenti dettati dai contratti collettivi nazionali in cui siano riflessi a fini premiali i risultati positivi della gestione. Saranno introdotti nei CCNL sistemi di valutazione e misurazione e criteri di accertamento dell’apporto individuale alla produttività. Il raggiungimento dei risultati costituisce uno strumento di differenziazione del trattamento economico. Sui risultati vanno altresì introdotti controlli concertati tra le Amministrazioni, le confederazioni sindacali e i cittadini utenti, predisponendo appositi strumenti di rilevazione del loro grado di soddisfazione dei servizi erogati, al fine di verificare l’effettiva efficacia delle politiche di gestione dell’incentivazione. Al tempo stesso, verrà assicurato che, come nella contrattazione nazionale, l’Amministrazione sia reale controparte del sindacato. Va, inoltre, affidata alla contrattazione nazionale la definizione di regole e criteri che contrastino la dispersione e la frantumazione degli ambiti e delle sedi di contrattazione integrativa. Va data attuazione all’Osservatorio per la contrattazione integrativa prevista dal decreto legislativo 165/2001.

8 Ai fine di attuare gli indirizzi esposti al punto 7, verranno individuate le misure e le norme conseguenti. Le disposizioni dei contratti daranno pieno seguito alle finalità sopra prefigurate. Il lavoro sui profili normativi individuerà anche gli impedimenti che derivano da norma di legge: verranno suggerite le modifiche legislative eventualmente necessarie, che il Governo poi promuoverà con provvedimenti separati. Gli indirizzi costituiranno anche la base di sperimentazioni decise e valutate congiuntamente. I provvedimenti che interessino anche il personale del Servizio Sanitario Nazionale, di Regioni e Enti Locali, saranno concordati con Regioni, Province e Comuni.

9 In attuazione degli indirizzi richiamati, verranno anche individuati i criteri generali (metodi per l’identificazione degli indicatori, obblighi informativi sui servizi, operatività, efficacia e trasparenza dell’azione dei nuclei di valutazione, obblighi e modalità di informazione in via continuativa, etc.) utili alla misurazione dell’efficacia e della qualità della Pubblica Amministrazione e alla piena accessibilità e verificabilità di tali informazioni.

10. In coerenza con gli obiettivi di una nuova qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche, come delineati nel punto 1 del presente documento, si attiverà un apposito confronto sui temi della Scuola, della Ricerca, dell’Università e dell’Alta Formazione Artistica e Musicale.

11 Viene costituito un Gruppo di lavoro ristretto incaricato di dare agli indirizzi e criteri generali qui indicati, traduzione tecnica e operativa, anche ai fini della predisposizione da parte del Governo e dei Comitati di Settore, degli atti di indirizzo per il rinnovo di tutti i contratti di lavoro e dell’attuazione di norme. Contestualmente si definiranno gli incrementi contrattuali, in analogia con il metodo adottato con i protocolli degli anni 2002 e 2005.

Roma, 18 gennaio 2007

Il Ministro per le Riforme e le Innovazioni
nella Pubblica Amministrazione

Ministro dell’Economia e delle Finanze

CGIL
CISL
UIL


Notifica alla Ditta Individuale

La ditta individuale rappresenta una forma giuridica semplice in quanto per la costituzione non sono richiesti particolari adempimenti.

Si ha una ditta individuale nel caso in cui una persona fisica intraprende un’attività economica volta alla produzione e/o allo scambio di beni o servizi, organizza e coordina a tale fine i fattori produttivi necessari (essenzialmente, capitale e lavoro), assumendo personalmente il rischio di tale attività.

Il titolare della ditta individuale è l’unico responsabile dell’attività ed è esposto al rischio d’impresa.

Infatti, egli risponde delle obbligazioni assunte in nome della ditta con tutto il proprio patrimonio presente e futuro (responsabilità illimitata).

La ditta individuale può configurarsi anche come impresa familiare o azienda coniugale.


Cass. civ. Sez. lavoro, (ud. 23-01-2007) 23-01-2007, n. 1418

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERCURIO Ettore – Presidente

Dott. FIGURELLI Donato – Consigliere

Dott. CUOCO Pietro – Consigliere

Dott. MAIORANO Francesco Antonio – rel. Consigliere

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA R. GRAZIOLI LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BONAIUTI, rappresentato e difeso dall’avvocato PETTINAU ANDREA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 230/03 della Sezione distaccata di Corte d’Appello di SASSARI, depositata il 08/09/03 – R.G.N. 85/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 13/11/06 dal Consigliere Dott. MAIORANO Francesco Antonio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso alla Corte d’Appello è i Cagliari, sezione di Sassari, C.G.L., dipendente del Ministero del Tesoro in qualità di direttore dell’Ufficio Provinciale di Sassari, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Sassari con la quale era stata rigettata la sua domanda per l’integrale rimborso (ai sensi del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, art. 18, convertito in L. 23 maggio 1997, n. 135) delle spese di difesa da lui sopportate in un giudizio intrapreso contro di lui per il reato di cui all’art. 323 c.p., (abuso d’ufficio) e dal quale era stato assolto con sentenza del 14/12/1999. Precisava che l’Amministrazione di appartenenza aveva autorizzato con nota del 18/6/2000 la rifusione della somma di L. 13.935.240, a fronte di un totale di L. 21.586.220 da lui erogate per sostenere la difesa, come da fatture emesse dai due avvocati, Marsali e Concas, che l’avevano difeso nel procedimento penale e dell’avv. Speranza che l’aveva assistito nel procedimento disciplinare, conclusosi con l’archiviazione dopo l’assoluzione in sede penale.

L’Amministrazione appellata contrastava il gravame e la Corte d’Appello lo rigettava sulla base delle seguenti considerazioni:

l’eccezione di incompetenza della Sezione staccata di Sassari per le cause in materia di lavoro in cui fosse parte una Amministrazione dello Stato, era infondata trattandosi non di una questione di competenza ma di una semplice ripartizione degli affari tra sezioni del medesimo ufficio giudiziario e ed essendo noto l’orientamento del presidente della Corte d’Appello di assegnare alla sezione di Sassari tutti i provvedimenti emessi dai Tribunali di Sassari, Nuoro e Tampio Pausania.

Nel merito, il gravame era infondato: il procedimento disciplinare non rientrava fra quelli per i quali al pubblico dipendente spettasse il rimborso delle spese legali e comunque non c’era la prova della relativa erogazione. Per le spese dei giudizio penale spettava il rimborso delle spese, in caso di assoluzione, previo parere di conformità dell’Avvocatura dello Stato che era immune da censure; il richiamo fatto dal ricorrente al parere di congruità espresso dal Consiglio dell’ordine su richiesta dell’avvocato non era calzante, sia perchè non era obbligatorio come nella specie (ma necessario per il professionista che intendesse ricorrere a forme coattive di recupero del suo credito), sia perchè la valutazione dell’Avvocatura riguardava non la conformità della parcella alle tariffe forensi ma il rapporto fra importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiedeva il rimborso.

Nella specie, non poteva essere censurata la decisione del Ministero perchè lo stesso si era attenuto al parere dell’Avvocatura dello Stato, nè il parere medesimo che non era errato o fuorviante: dagli atti prodotti emergeva infatti che il processo, per quanto delicato non era di tale importanza da giustificare la nomina di due difensori e quindi la spesa per la doppia difesa non era giustificata.

L’imputato era libero di nominare più difensori, ma non poteva pretendere il rimborso delle due parcelle; tale rimborso, infatti, non poteva avvenire a piè di lista, ma in base alla congruità delle stesse. La valutazione dell’Avvocatura poteva essere contestata in sede giudiziale, dimostrando la necessità della doppia difesa cosi da rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell’avvocatura erariale e non semplicemente richiamando il proprio diritto a nominare due difensori, come nella specie. La sentenza quindi doveva essere confermata.

E’ domandata ora la Cassazione di detta pronuncia con un solo motivo, col quale si lamenta contraddittorietà e insufficienza della motivazione, per non avere il Giudice considerato che egli è un dirigente a contratto, per cui un’eventuale condanna avrebbe comportato la cessazione del rapporto di lavoro; tale eventualità è stata scongiurata soltanto a seguito dell’assoluzione in sede penale, perchè questa ha comportato l’archiviazione del procedimento disciplinare. Il parere dell’Avvocatura è stato espresso dopo l’assoluzione, mentre la valutazione in ordine alla necessità di una adeguata difesa deve essere fetta in via preventiva. La previsione secondo cui il rimborso deve avvenire “nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato” si riferisce al controllo di congruità rispetto alla tariffe, analogamente a quanto fa il Consiglio dell’ordine nell’esprimere il suo parere.

L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.

Nei giudizi intrapresi nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni statali per responsabilità civili, penali ed amministrative, in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza che escluda la loro responsabilità, è previsto il rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese legali, che viene effettuato ai sensi del D.L. n. 67 del 1997, art. 18, conv. in L. n. 135 del 1997, nei “limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”. Questa esegue una valutazione caratterizzata essenzialmente da aspetti di discrezionalità tecnica, in quanto riferita al parametro della tariffa penale, nonché alla natura e alla complessità della causa ed all’importanza delle questioni trattate, alla durata del processo, alla qualità dell’opera professionale prestata ed al vantaggio arrecato al cliente (cfr. TAR Veneto n. 01033 del 14/4/04). La previsione legislativa, infetti, è di così ampia portata da giustificare pienamente l’interpretazione del Giudice d’appello, secondo cui è fior di luogo il richiamo al parere di congruità espresso dal Consiglio dell’ordine su richiesta dell’avvocato che intenda agire nei confronti del cliente per il recupero della sue spettanze, sia perché quel parere non è obbligatorio, come nella specie, ma necessario, sia perché la valutazione dell’Avvocatura riguarda non solo la conformità della parcella alla tariffe forense (oltre la quale il rimborso sarebbe illegittimo), ma il rapporto fra l’importanza e delicatezza della causa e le somme spese per la difesa e delle quali si chiede il rimborso.

Osserva in proposito la Corte che tale interpretazione è confermata direttamente dalla ratio legis, che è quella di tenere indenne il funzionario per le spese legali, indispensabili ai fini della difesa da un’accusa ingiusta per fatti inerenti ai compiti e responsabilità dell’ufficio, e indirettamente anche dalla norma finale e di chiusura di cui al D.L. medesimo, art. 20, secondo cui “l’attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto deve risultare coerente con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica stabilito con la nota di aggiornamento al documento di programmazione economico – finanziaria per il triennio 1997 – 99”. In sostanza il dipendente, ingiustamente accusato di abuso d’ufficio, ha diritto al rimborso da parte della Amministrazione di appartenenza delle spese sopportate per la sua difesa, ma entro il limite di quanto strettamente necessario (trattandosi di erogazioni che gravano sulla finanza pubblica e devono quindi essere contenute al massimo) secondo il parere di un organo tecnico altamente qualificato per valutare sia le necessità difensive del funzionario, in relazione alle accuse che gli vengono mosse ed ai rischi del giudizio penale, e sia la conformità della parcella presentata dal difensore alla tariffa professionale. Emerge così nettamente la differenza fra questo parere dell’Avvocatura dello Stato, con quello emesso dal Consiglio dell’ordine in merito alla parcella dell’avvocato in vista del contenzioso col suo cliente privato e per il quale deve essere controllata soltanto la conformità alla tariffa professionale, essendo assolutamente irrilevante l’ammontare complessivo della spesa.

Questa Corte però ha ripetutamente affermato che la discrezionalità tecnica è variamente limitata, sia dal rispetto delle norme di comune prudenza e diligenza, poste a tutela del principio del “neminem iaedere” (Cass. n. 1501/97; SU n. 3567/97), sia dalle esigenze di tutela dei diritti soggettivi perfetti (Cass. SU n. 9477/97; 10737/98; 117/99); da qui deriva la conseguenza che il parere espresso dall’Avvocatura erariale è soggetto al vaglio del Giudice ordinario per il necessario controllo del rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti, riconosciuti dalla Costituzione, in modo da poter escludere che la discrezionalità tecnica si trasformi in arbitrio. Il parere dell’Avvocatura quindi è soggetto alla valutazione di congruità da parte del Giudice, come ogni questione che influisca sui diritti soggettivi.

In punto di fatto, tale valutazione è stata già espressa dal Giudice di merito che, attenendosi a questo principio di diritto, ha ritenuto che tale parere non è “logicamente errato o altrimenti fuorviante: il processo penale, per quanto delicato e non semplice, non era – né comunque ciò è stato dimostrato con la produzione dei relativi atti o altrimenti – di tale importanza da consigliare la nomina di due difensori”. Lo stesso Giudice specifica poi quale prova doveva essere data ai fini dell’accoglimento della domanda ed aggiunge che il parere in questione può essere contestato, non richiamando semplicemente il diritto dell’istante a nominare due difensori, ma dimostrando che “per la particolare natura dell’affare, per l’esigenza di apporto specialistico di un legale versato in una branca non comune, o per altre particolari circostanze, è opportuna (e non solo consentita) la difesa da parte di due professionisti, sì da rendere incongrua ed ingiustificabile la valutazione dell’Avvocatura erariale per la liquidazione della parcella ad un solo legale”. Questa valutazione non è stata minimamente contestata e quindi il ricorso va rigettato. Non vi è luogo a provvedere in ordine alle spese non essendosi costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.
LA CORTE Rigetto il ricorso e dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2006.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2007


NUOVO CODICE DELLE AUTONOMIE LOCALI

Il Consiglio dei Ministri del 19 gennaio scorso ha approvato in via preliminare uno schema di disegno di legge che dà attuazione agli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione (modificati dalla riforma del 2001) conferendo al Governo delega a individuare e ripartire le funzioni amministrative che spettano a Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, adeguare l’ordinamento degli enti locali, disciplinare l’ordinamento di Roma capitale.
Il provvedimento, che disciplina altresì il procedimento di istituzione delle città metropolitane, contiene due ulteriori deleghe a effettuare la revisione delle circoscrizioni delle Province, finalizzata a razionalizzarne gli assetti territoriali a seguito della definizione e attribuzione delle funzioni fondamentali amministrative degli enti locali, nonché ad adottare la “Carta delle autonomie locali”, strumento di coordinamento sistematico (formale e sostanziale) delle disposizioni statali che risulteranno dall’attuazione delle deleghe.

Il disegno di legge delega è una vera e propria Carta fondativa dei rapporti tra diversi livelli di Governo, coniugando l’attuazione del Titolo V della Costituzione con il nuovo Codice delle Autonomie. In questo senso contiene la ridefinizione delle funzioni fondamentali degli enti locali per semplificare, ridurre i costi e consentire il controllo da parte dei cittadini e la riduzione o la razionalizzazione dei livelli di governo.


Cass. civ. Sez. Unite, (ud. 14-12-2006) 19-01-2007, n. 1139

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNIRUBERTO Giuseppe – Primo Presidente f.f.

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Consigliere

Dott. GRAZIADEI Giulio – Consigliere

Dott. MERONE Antonio – Consigliere

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere

Dott. BONOMO Massimo – Consigliere

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.D.H.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato L. NAPOLITANO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARONE GHERARDO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE, in persona del Rettore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio dell’avvocato LORENZONI FABIO, che la rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 345/04 del Consiglio di Stato di ROMA, depositata il 03/02/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/06 dal Consigliere Dott. Bruno BALLETTI;

uditi gli avvocati Domenico IARIA per delega dell’avvocato Gherardo Marone, Pasquale MOSCA per delega dell’avvocato Fabio Lorenzoni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso dinanzi al T.A.R. del Lazio T.D.H.C. richiedeva la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore – Facoltà di Medicina e Chirurgia sulla istanza notificata in data 22 novembre 2002, e l’annullamento del Decreto 26 agosto 2002, con cui era stato bandito un concorso per l’assegnazione di dodici borse di studio, riservate agli iscritti al primo anno delle scuole di specializzazione medica, nonchè del provvedimento che la escludeva dalla assegnazione delle cennate borse di studio.

Con sentenza del 17 marzo 2003 il T.A.R. Lazio – ritenuta fondata l’eccezione di inammissibilità formulata dalla resistente Università Cattolica del Sacro Cuore – dichiarava inammissibile il ricorso della T.D.H. e – su impugnativa della soccombente e ricostituitosi il contraddittorio – il Consiglio di Stato, con decisione del 3 febbraio 2004, rigettava l’appello compensando le spese di giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza T.D.H.C. propone ricorso affidato ad un unico complesso motivo concludendo per “la declaratoria del giudice amministrativo”.

L’intimata Università Cattolica del Sacro Cuore resiste con controricorso e deposita memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione
1 – Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente – denunciando “violazione dell’art. 111 Cost.” rileva che “nel caso di specie il Giudice amministrativo non poteva giudicare in quanto si trattava sicuramente di diritto soggettivo, (atteso che) l’attribuzione della borsa di studio è indipendente da qualsiasi valutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione perchè si tratta della particolare procedura di affidamento della borsa di cui alla L. n. 398 del 1989; e in virtù di quella norma l’Amministrazione deve solo prendere atto della esistenza della graduatoria di ammissione alla scuola di specializzazione e attribuire, nell’ordine di inserimento in quella graduatoria, le borse di studio”. 2 – Il ricorso come dianzi proposto di appalesa infondato. Dalla normativa applicabile in materia di borse di studio postuniversitarie (spec. L. n. 398 del 1985, art. 6) si evince, infatti, che è proprio la “particolare procedura di affidamento della borsa ex L. n. 398 cit., pure richiamata dalla ricorrente, che impone il ricorso alla procedura concorsuale al fine di accertare il reddito personale e l’eventuale cumulo con altre borse di studio allo stesso titolo da parte dei candidati.

Nel caso di specie, con il bando rettorale n. (OMISSIS), l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha dato attuazione alla cennata normativa – che prevede, appunto l’assegnazione delle borse di studio in base alla graduatoria di merito salvo l’accertamento, a mezzo di apposito procedura, degli ulteriori requisiti di legge -:

per cui; trattandosi di procedura concorsuale, la posizione giuridica soggettiva che i concorrenti possono dedurre in giudizio riveste natura di interesse legittimo sulla quale ha giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo.

E’ , altresì, da rilevare che nella decisione impugnata il Consiglio di Stato, in relazione alla prospettazione difensiva della T. D.H. che l’Università non avrebbe dovuto bandire alcun concorso per l’assegnazione delle borse di studio in contestazione, ha prettamente osservato, che “l’Università non ha derogato al criterio di assegnare le borse di studio sulla base della graduatoria di merito, ma solo previsto, nell’ambito di una scelta logica e comprensibile, che gli studenti collocati in posizione utile possono presentare la domanda di assegnazione, onde evitare che la assegnazione delle borse di studio potesse avvenire a beneficio di studenti non più interessati ovvero privi dei requisiti richiesti dalla legge”; sicchè – vale ribadire – il giudizio de quo verteva sulla pretesa tutela di posizione di interesse legittimo e, sotto altro profilo, la ricorrente non poteva, comunque, vantare un diritto soggettivo all’assegnazione della borsa di studio da far valere dinanzi al giudice ordinario, non avendo presentato la domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, finalizzata, all’accertamento dei requisiti previsti dalle disposizioni di cui alla L. n. 398 del 1989 cit., art. 6. Al riguardo, a conferma dell’infondatezza del ricorso, si rimarca che la giurisdizione si determina sulla base della domanda e, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (Cass. Sez. Un. n. 10180/2004).

In particolare, il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato è circoscritto ai motivi inerenti alla giurisdizione, ossia ai vizi concernenti l’ambito della giurisdizione in generale o il mancato rispetto dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo (ipotesi, quest’ultima, che ricorre anche quando il Consiglio di Stato, in materia attribuita alla propria giurisdizione limitatamente al solo sindacato di legittimità degli atti amministrativi, abbia compiuto un sindacato di merito), con esclusione di ogni sindacato sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale, cui invece attengono gli errori “in indicando” e “in procedendo”, i quali esorbitano dai confini dell’astratta valutazione di sussistenza degli indici definitori della materia ed investono l’accertamento della fondatezza, o meno, della domanda (Cass. Sez. Un. n. 17553/2002). Con l’ulteriore precisazione che il ricorso in cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, consentito per i soli motivi inerenti alla giurisdizione dall’art. 111 Cost., è ammissibile per il difetto assoluto di giurisdizione solo quando manchi nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l’interesse dedotto in giudizio, sì che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere; non è, per contro, ammissibile – come nella fattispecie – il ricorso in cassazione che asserisca un’erronea interpretazione della norma di diritto, inidonea in concreto a tutelare l’interesse affermato dalla parte, poichè in tal caso la questione attiene al merito della controversia e non alla giurisdizione (così, testualmente, Cass. Sez. Un. n. 10734/2003).

3 – In definitiva – affermata la giurisdizione del giudice amministrativo – il ricorso proposto da T.D.H. deve essere rigettato e la ricorrente, per effetto della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2600,00, di cui Euro 2500,00, per onorario, oltre alle “spese generali ed agli accessori di legge”.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2006.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2007


Multe notificate al vecchio indirizzo di casa? La notifica è illegittima

La Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 24673/2006) ha stabilito che la notifica al trasgressore della multa per violazione delle norme del Codice della Strada effettuata a mezzo servizio postale al vecchio indirizzo di residenza risultante dagli archivi non aggiornati, non può ritenersi correttamente eseguita, quando l’interessato (che non l’ha ritirata) abbia provveduto alla tempestiva comunicazione della relativa variazione anagrafica. Con questa decisione i Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che nel caso in cui il cittadino abbia diligentemente comunicato la variazione anagrafica, gli effetti negativi di una notifica effettuata al vecchio indirizzo “non possono ricadere sul cittadino che abbia diligentemente ottemperato a tale onere, e ciò anche nel caso in cui si verifichi un ritardo nell’aggiornamento dei relativi archivi per l’inefficienza della pubblica amministrazione”.


Legge Finanziaria 2007

LEGGE 27 dicembre 2006, n. 296
Ripubblicazione del testo della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante: “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”, corredato delle relative note. (Legge pubblicata nel supplemento ordinario n. 244/L alla Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 299 del 27 dicembre 2006). (GU n. 8 del 11-1-2007- Suppl. Ordinario n.7)