A darne la conferma è il decreto del ministero dell’Economia, di concerto con quello del Lavoro, pubblicato in Gazzetta ufficiale
Fino al biennio 2021/2022 si potrà andare in pensione a 67 anni. A darne la conferma, dopo l’anticipazione data nei giorni scorsi (leggi Pensione a 67 anni fino al 2022) è il decreto del ministero dell’Economia, di concerto con quello del Lavoro, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 15 novembre.
«Dal 1° gennaio 2021 i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici non sono ulteriormente incrementati». Questo perché la speranza di vita non è cresciuta e quindi i requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia non s’innalzano. Così il decreto e in molti possono tirare un respiro di sollievo. Il provvedimento determina gli eventuali aggiornamenti dell’età di vecchiaia e di altri requisiti alla variazione della speranza di vita: il possibile aumento di un mese, conseguente all’incremento della longevità registrato nel 2018, non scatterà grazie all’arrotondamento alla terza cifra dopo la virgola.
L’aumento della speranza di vita a 65 anni è di 0,021 decimi di anno. E dunque «Trasformato in dodicesimi di anno equivale ad una variazione di 0,025 che, a sua volta arrotondato in mesi, corrisponde ad una variazione pari a 0». Nero su bianco il riferimento è all’anno 2021 ma, considerato che gli adeguamenti sono biennali, il livello fissato a 67 anni resterà in vigore anche l’anno successivo.
Si cambia dal 2023: da quel momento scatterà l’ulteriore adeguamento che, comunque, non potrà superare in ogni caso i 67 anni e 3 mesi, se si tiene presente che il requisito dell’età può aumentare per un massimo di 3 mesi alla volta. Resta il requisito dei 20 anni di contributi versati per andare in pensione a 67 anni. Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 – regime contributivo – è necessario avere un trattamento pari a una volta e mezzo il minimo. In ogni caso c’è quota 100.