Non basta l’iscrizione all’Aire per evitare la tassazione in Italia

La sola registrazione nell’anagrafe dei residenti all’estero non è determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ciò che conta è il fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente esclude la residenza fiscale in Italia.
Ad affermare il principio, confermando le pretese dell’Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione con la sentenza n. 14434 del 15 giugno 2010.

L’ufficio di Arezzo, con avviso di accertamento, sulla base dei risultati delle indagini della Guardia di finanza, accertava redditi di capitale non dichiarati, derivanti da interessi che il contribuente aveva percepito a fronte di denaro dato a mutuo a vari soggetti. Sulla base, inoltre, di documenti risultanti da informative di polizia, emergevano anche documenti che evidenziavano consistenti incrementi patrimoniali, rilevanti ai fini di accertamento sintetico.
In particolare, infatti, in un testamento olografo del contribuente venivano citate le sue proprietà sia in Italia che all’estero.
Da schede personali intestate ai figli risultava inoltre che lo stesso contribuente aveva loro erogato denaro e metalli preziosi, considerati anche questi incrementi patrimoniali.

Avverso tale contestazione, in particolare, il contribuente sosteneva allora che le imposte, essendo egli iscritto all’Aire dal 1978, si potevano applicare soltanto sui redditi eventualmente prodotti all’estero.
A tal proposito, però, l’Amministrazione finanziaria evidenziava che, a norma dell’articolo 2, comma 2, del Dpr 917/86, per individuare le persone fisiche soggette alle imposte sui redditi occorre guardare non solo all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, ma anche, in alternativa, al domicilio o alla residenza nel territorio dello Stato, secondo la nozione dell’articolo 43 c.c.
Il legislatore fiscale, considerata la difficoltà di accertare il requisito della residenza come desunta dal codice civile, ha infatti affiancato a questo anche il requisito del domicilio, inteso come “luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi”.

L’ufficio evidenziava poi come, dal dettato testuale della norma, emergesse peraltro, chiaramente, che i predetti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti e come, affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia, fosse pertanto sufficiente il verificarsi di uno solo di essi.
Al riguardo, sottolineava poi che la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.

L’ufficio, infine, metteva in risalto che, affinché sussistesse il requisito della abitualità e della dimora, non era necessaria la continuità o la definitività, permanendo l’abitualità anche qualora il contribuente lavori o svolga altre attività all’estero, purché conservi in Italia l’abitazione, vi torni quando possibile e mostri l’intenzione di mantenervi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali.

Il domicilio, infatti, è una situazione giuridica caratterizzata dall’elemento soggettivo, cioè dalla volontà di stabilire e conservare in quel luogo la sede principale dei propri affari e interessi, laddove la locuzione “affari ed interessi” deve intendersi in senso ampio, comprensivo non solo di rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche morali, sociali e familiari.

A tal proposito, del resto, poteva essere d’ausilio anche il modello Ocse, il quale stabilisce una serie di criteri di collegamento della persona fisica allo Stato, quali, per esempio:
l’abitazione permanente (cioè la disponibilità materiale di un’abitazione, non rilevando il titolo di possesso, ma piuttosto il fatto che la stessa sia usufruibile su base permanente e non occasionalmente) il centro di interessi vitali (si tratta del luogo in cui il cittadino ha le più strette relazioni personali ed economiche, incluso il luogo di direzione degli affari e quello in cui amministra i suoi interessi) il soggiorno abituale (si tratta del luogo in cui il soggetto, in termini temporali, prevalentemente abita) la nazionalità (determinata in base ai dati anagrafici di cittadinanza).

Si sottolineava inoltre che, considerato che l’articolo 10 della legge 448/1998 aveva provveduto a integrare i criteri fissati dall’articolo 2 del Dpr 917/1986, introducendo il comma 2-bis (“si considerano residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati in Stati o Territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con Decreto del Ministero delle Finanze da pubblicare in G.U.”), e visto che nell’elenco del Dm 4 maggio 1999, in materia di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato, all’articolo 1, era citato, per l’appunto, anche l’Uruguay (paese dove il contribuente sosteneva di aver trasferito la propria residenza), era chiaro che il contribuente aveva trasferito la propria residenza in quel Paese al solo fine di godere di un trattamento fiscale a lui più favorevole.

La pronuncia della Cassazione
La Cassazione, quindi, con la sentenza n. 14434 del 15 giugno, ha confermato la legittimità delle pretese dell’ufficio, stabilendo che la sola iscrizione nell’anagrafe dei residenti all’estero non è determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ciò che conta è il fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente “vale a dire in modo riconoscibile da terzi”.

Ciò che rileva, evidenzia ancora la Corte suprema, è il principio di effettività e non la volontà individuale del contribuente.

In particolare, secondo i giudici di legittimità, “il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato rileva principalmente quanto alla libertà dell’effettuazione della stessa (l’ordinamento deve riconoscere e garantire l’effettivo esercizio della libertà di stabilimento del centro principale dei propri interessi), ma allorché si deve rilevare quale sia il risultato di quella scelta la volontà individuale va contemperata con le esigenze di tutela dell’affidamento dei terzi”.

Leggi: Cassazione 14434-2010 Imposte sui redditi – come determinare la residenza fiscale


Codice della partecipazione dei lavoratori ai risultati di impresa

Presentato dal ministro del lavoro il 7 luglio 2010  il “Codice della partecipazione”, un documento aperto che contiene una raccolta ragionata della normativa vigente, non solo italiana, e alcune delle buone prassi che presentano le caratteristiche virtuose della partecipazione. Partecipazione intesa in termini generali, ricomprendendo perciò le due tipologie che la ordinano:

  1. i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori
  2. la partecipazione finanziaria, a sua volta dettagliabile in partecipazione agli utili o ai profitti e partecipazione azionaria.

Il Codice è il primo frutto dell`Avviso comune sulla partecipazione firmato il 9 dicembre dell’anno scorso da tutte le associazioni datoriali e sindacali. Per la prima volta le parti hanno convenuto su una piattaforma valoriale comune che valuta, come si legge nell’Avviso comune, l`economia della partecipazione una soluzione in grado «di conciliare la solidarietà tipica del modello sociale europeo con l`efficienza richiesta dalla competizione globale».

Il Codice si divide in cinque macro-aree:

  • normativa comunitaria;
  • normativa nazionale;
  • disegni e progetti di legge;
  • accordi sindacali;
  • buone pratiche.

Obiettivo del documento è fornire alle parti sociali un strumento che consenta di individuare, attraverso il monitoraggio delle pratiche partecipative in atto, le criticità della normativa legale e contrattuale vigente e gli ostacoli, di vario ordine, che impediscono una diffusione degli istituti partecipativi così come avviene negli altri Paesi europei.

Trattandosi di un documento aperto, il Codice sarà costantemente aggiornato attraverso i contributi che giungeranno dalle parti sociali e dagli esperti della materia.

Il ricorso a tale strumento di “soft law” esalta il ruolo delle parti sociali e si pone come una sorta di nuova frontiera delle tecniche regolatorie del diritto del lavoro, segnalando una apertura del nostro sistema a istanze presenti nel Paese, ora recepite nel Libro Bianco sul futuro del modello sociale italiano dopo ampia consultazione pubblica.

Tutto ciò si basa nella consapevolezza che l’economia della partecipazione presuppone al tempo stesso, un modello d’impresa sempre più attento al valore della persona e un modello di sindacato quale soggetto attivo dello sviluppo e della diffusione del benessere. In sostanza le parti riconoscono che sussistono “obiettivi comuni condivisibili”, fra cui tutti la solidità competitiva della impresa e il rispetto e della valorizzazione del lavoro.

Il codice si riferisce alla partecipazione in senso lato, intendendo per essa sia i diritti di informazione consultazione dei lavoratori sia la partecipazione finanziaria e quindi al capitale o agli utili.

Codice della partecipazione 2010


Impugnabile la “comunicazione di iscrizione a ruolo” spedita a mezzo posta

La Corte Suprema di Cassazione è tornata ad occuparsi del problema relativo all’identificazione degli atti impugnabili in sede di accertamento e processo tributario, pronunciandosi a favore dell’impugnabilità della “comunicazione di iscrizione a ruolo”, che viene equiparata alla cartella esattoriale.

Il D.Lgs. n. 546/1992 all’art. 19 elenca gli atti emanati dall’Amministrazione finanziaria o da un altro Ente che possono essere impugnati dal contribuente.

In particolare, è possibile presentare ricorso avverso il ruolo o la cartella esattoriale notificati al debitore sottoposto ad accertamento fiscale.

Nel ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dal contribuente se l’accertamento è divenuto definitivo; ovvero, la metà delle imposte contestate nel caso in cui venga impugnato l’atto dell’Ufficio.
La disposizione di cui al citato art. 19 sancisce inoltre che gli atti “diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente”.

Pertanto la legge non prevede espressamente la possibilità di impugnare la comunicazione di iscrizione a ruolo in quanto atto non citato nel D.Lgs. n. 546/1992.

Il fatto

Un contribuente impugna l’atto con il quale il proprio Comune gli richiedeva il pagamento di una somma a titolo di Tarsu, avendo in realtà già provveduto al pagamento di tale tributo.

Contestualmente viene impugnata la relativa delibera della Giunta dell’Ente locale, il ruolo e la comunicazione di iscrizione a ruolo.

I giudici di primo grado hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal contribuente, rilevando che la sola comunicazione di iscrizione a ruolo non è atto autonomamente impugnabile, non avendo né le caratteristiche della cartella esattoriale, né del ruolo.

Anche i giudici di secondo grado hanno sostenuto la stessa tesi, sottolineando che la comunicazione di iscrizione a ruolo non è un atto idoneo a produrre effetti giuridici e pertanto il contribuente non ha alcun interesse a proporne ricorso.

La pronuncia della Cassazione
I giudici della Suprema Corte, adita avverso la decisione dei giudici di merito, hanno accolto il ricorso del contribuente, ribaltando di fatto il giudizio espresso sia in primo che in secondo grado.
Secondo la Corte, l’atto qualificato come “comunicazione di iscrizione a ruolo” spedito a mezzo posta ordinaria e non tramite notifica, è da ritenersi atto autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 32, co 1, lett. a) del D.Lgs. n. 46/1999. Tale decreto disciplina la fattispecie relativa alla c.d. riscossione spontanea delle imposte dovute a mezzo ruolo, prevedendo che si considera tale la riscossione da effettuare a “seguito di iscrizione a ruolo non derivante da inadempimento”. Questa fattispecie è da applicarsi al caso in esame in quanto il contribuente ha provveduto spontaneamente al pagamento del tributo richiesto dal proprio Comune.
In subordine, i giudici di legittimità sostengono che la comunicazione di iscrizione a ruolo non è atto privo di effetti giuridici e quindi il contribuente ha l’interesse a impugnarlo a tutela della propria situazione giuridica.
Nel caso concreto l’interesse del contribuente scaturisce proprio dalla comunicazione ricevuta a mezzo posta poiché contiene “la determinazione dell’esatta somma dovuta […]” e la specifica che “in mancanza del suo pagamento seguirà l’iscrizione a ruolo […]”. Pertanto, tale atto si qualifica come una vera e propria liquidazione dell’imposta e quindi è da giudicare equipollente alla cartella esattoriale, impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546/1992.
Considerazioni conclusive
La Corte fissa un importante principio con la pronuncia n. 14373 del 2010, perché sembra ormai chiaro che un atto emanato dall’Amministrazione finanziaria o da altro Ente, avente tutte le caratteristiche intrinseche di quelli considerati dalla legge come autonomamente impugnabili in sede di ricorso, deve essere a questi equiparato, anche nel caso in cui non sia espressamente citato nell’elenco di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
Infatti la Cassazione, richiamando peraltro una precedente sentenza del luglio del 2007, ribadisce che “nel processo tributario sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del D.Lgs n. 546/1992, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda in una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla progettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto non assumendo alcun rilevo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione”.

leggi:  Cassazione civile, Sez. Trib., Sentenza 15/06/2010, n. 14373


Benvenuto !

E’ un grande piacere averti ospite in questo sito interamente dedicato ad illustrare il mondo della notificazione. Qualunque sia la tua professionalità è possibile che tu voglia accrescere le tue conoscenze. Se è così, noi di A.N.N.A. possiamo aiutarti.

Oggi viviamo immersi nella civiltà della informazione. Ma quanti di noi sanno USARE CORRETTAMENTE IL PROCEDIMENTO NOTIFICATORIO?

E forse per la diffusa ignoranza che circonda la conoscenza delle normative e la loro corretta applicazione che molti Operatori del Settore stanno pagando personalmente gli errori di notificazione degli atti. E’ per combattere questo stato di cose che l’Associazione A.N.N.A. ha dato vita al Progetto per la valorizzazione del Messo Comunale. Noi pensiamo (ed auspichiamo) che la forza dell’Associazione possa determinare l’inizio di un reale cambiamento.

Nell’attesa di tale cambiamento, non si deve dimenticare che tutti possiamo far molto.

Il sito verrà costantemente aggiornato con l’obiettivo di renderlo sempre più completo e più ricco di contenuti. Un portale che si alimenta per creare una vera piazza telematica, aperta a tutti e da tutti costantemente aperta, un luogo virtuale in cui mettersi in collegamento, conoscersi e confrontarsi.

NOI CI SIAMO!  E tu ci sei?

=========

It ‘s a great pleasure to have you host this website entirely dedicated to illustrate the world of notification. Whatever your skills, you may want to increase your knowledge. If so, we at A.N.N.A. can help you.

Nowadays we live immersed in a culture of information. But how many of us can CORRECTLY USE THE NOTIFICATION PROCESS?

Perhaps it’s due to the widespread ignorance surrounding the knowledge of regulations and their proper application that many operators are personally paying document notification errors. In order to combat this state of things, A.N.N.A. Association has created the Project for the enhancement of the Municipal Messenger. We think (and hope) that the strength of the Association can determine the beginning of a real change. Pending this change, we must not forget that all we can do a lot. The website will be constantly updated with the aim of making it more complete and richer in contents. A portal that feeds to create a real telematic place, open to all and continuously opened by all, a virtual place where liaise, meet and discuss.

Here we are! And you?


Comunicato agli utenti

Ci scusiamo per eventuali disagi che potrebbero verificarsi con l’accessibilità ai contenuti del nostro sito web.
In questi giorni stiamo lavorando per il trasferimento dei dati in questo nuovo sito web dell’Associazione www.annamessi.it
Ci scusiamo per il disagio arrecato, in particolare con gli associati.


Multe della ditta, il portiere resta fuori

E’ nulla la notifica del verbale stradale effettuata nelle mani del portiere dello stabile in cui ha sede la società destinataria della multa.

Lo ha stabilito la corte di cassazione, sez. II civ., con la sentenza n. 9897 del 26 aprile 2010.  Una ditta ha proposto opposizione al giudice di pace contro la cartella esattoriale ricevuta in conseguenza di una multa non pagata evidenziando la mancata notifica del verbale stradale. In particolare la multa sarebbe stata notificata personalmente solo al portiere dello stabile dove ha sede la società. Il magistrato onorario ha respinto la censura ritenendo correttamente notificata l’infrazione stradale. La Corte di Cassazione è però di avviso contrario .

La notificazione della multa stradale alle persone giuridiche non può essere effettuata nelle mani del portiere dello stabile.

Al massimo questa facoltà è ammessa con riferimento al luogo di residenza del rappresentante della società ma non certo al mero indirizzo legale. In buona sostanza non è possibile notificare validamente una multa stradale limitandosi a consegnare una copia dell’atto al portiere dello stabile ove ha sede legale la ditta interessata alla sanzione.


Corso di Formazione ad Asciano (SI): nuova data

L’attività di formazione dell’Associazione A.N.N.A. è divenuta un punto di riferimento per gli Enti e per i colleghi che hanno fatto aumentare in modo considerevole la richiesta di Corsi di Formazione.
Pertanto al fine di poter meglio gestire tutte le richieste viene spostato il corso di formazione che si doveva tenere ad Asciano il 20 maggio al 1 OTTOBRE 2010, stesso luogo ed orari.


Notifica consentita all’avvocato anche il giorno di scadenza

Rivoluzionaria la pronuncia del Consiglio di Stato n. 2055 del 13 aprile 2010 che sovverte la restrittiva opinione del Tar Piemonte: gli avvocati a ciò autorizzati dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza possono notificare gli atti anche l’ultimo giorno di scadenza giovandosi del principio generale della scissione degli effetti notificante-destinatario affermato dalla sentenza della Consulta n. 477 del 26 novembre 2002.

Va ricordato che la Legge n. 53 del 1994 permette agli avvocati di notificare propri atti giudiziari a mezzo del servizio postale istituendo particolari registri e buste ed apponendo una peculiare relazione di notificazione, munita di cronologico, rispettando le formalità normativamente imposte. Opinando in modo difforme gli effetti della notifica si produrrebbero soltanto con l’arrivo a destinazione del plico o con equipollente conoscenza legale dell’atto. Inutile sottolineare la comodità del sistema, che svincola il legale dalle file avanti agli Uffici UNEP in orari contingentati.

Per miglior chiarezza espositiva si scorra il testo dell’Art. 149 del Codice di Procedura Civile, intitolato “notificazione a mezzo del servizio postale”, nella versione che ha recepito la fondamentale deliberazione della Corte Costituzionale. Il Consiglio di Stato ha adoperato i principi affermati dalla sentenza n. 477/2002 operando un’equiparazione tra la consegna alle poste a cura dell’avvocato e quella, del tutto conforme, eseguita dall’Ufficiale Giudiziario.


Notificazione, va provato il ricevimento

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, che dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 cod. proc. civ, la Corte Suprema di Cassazione, civile, con sentenza n. 7809 del 31.03.2010 ha statuito che è necessario che il notificante, affinché la notificazione possa ritenersi legittimamente effettuata, provi il ricevimento, diversamente configurandosi la nullità della notificazione.


Notifica a mezzo del servizio postale – Illeggibilità sottoscrizione

La Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite ha modificato l’orientamento delle Sezioni che, con ordinanza 14528/2009, avevano affermato il seguente principio di diritto: «se dall’avviso di ricevimento della notificazione effettuata ex art. 149 c.p.c. a mezzo del servizio postale non risulti che il piego sia stato consegnato dall’agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dall’art. 7, comma 2, della legge n. 890 del 1982, deve ritenersi che la sottoscrizione illeggibile apposta nello spazio riservato alla firma del ricevente sia stata vergata dallo stesso destinatario, la notificazione è valida, non risultando integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all’art. 160 c.p.c.». La Corte Suprema di Cassazione ha ricordato che “Prevede l’art. 4, della l. 20 novembre 1982, n. 890 (in tema di notificazioni di atti a mezzo posta), da un lato, che l’avviso di ricevimento del piego raccomandato, completato in ogni sua parte e munito del bollo dell’ufficio postale recante la data dello stesso giorno di consegna, è spedito in raccomandazione all’indirizzo già predisposto dall’ufficiale giudiziario (comma 1), dall’altro, che l’avviso di ricevimento costituisce prova della eseguita notificazione (comma 3). Dispone, ancora, l’art. 7, della stessa legge, da un lato, che l’agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito (comma 1), dall’altro, che l’avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l’aggiunta, se trattasi di familiare, dell’indicazione di convivente anche se temporaneo (comma 4)”.

 Secondo la Corte Suprema di Cassazione, con sentenza  n. 9962 del 27-04-2010 (Notifica a mezzo del servizio postale – Illeggibilità sottoscrizione) “Non prescrivendo la norma positiva che l’avviso di ricevimento debba essere sottoscritto, dal consegnatario del piego, con firma leggibile, è palese che il precetto di legge è soddisfatto anche nella eventualità – come nella specie – in cui la sottoscrizione sia illeggibile”.

 In una tale eventualità – inoltre – è irrilevante – contrariamente a quanto si adombra nella ordinanza 14528 del 2009 – che non siano state indicate, dall’agente postale, le esatte generalità della persona a mani della quale è stato consegnato il piego. Certo, infatti – come ricordato sopra – che l’agente postale ai sensi del primo comma dell’art. 7 della legge n. 890 del 1892, è tenuto a consegnare al destinatario la copia dell’atto da notificare e che, ove la copia non venga consegnata personalmente al destinatario, detto agente è tenuto, ai sensi del sopra trascritto art. 7 quarto comma, a specificare nella relata la persona diversa nei cui confronti la notifica fu eseguita, l’eventuale grado di parentela esistente tra il destinatario e tale persona cui la copia dell’atto fu consegnata, l’eventuale indicazione della convivenza sia pure temporanea tra il destinatario e la persona cui la copia dell’atto fu consegnata è palese che la omessa indicazione da parte dell’agente postale del compimento delle formalità previste dal quarto comma del citato art. 7 induce a ritenere, salvo querela di falso, che tale agente abbia consegnata la copia dell’atto da notificare personalmente al destinatario, e che questo ultimo ha sottoscritto l’avviso di ricevimento, a nulla rilevando che manchi nell’avviso di ricevimento stesso l’ulteriore specificazione “personalmente al destinatario” (in questo senso cfr. ad esempio, Cass. 10 marzo 2003, n. 3065, in motivazione)”.

 D’altro canto, proseguono le Sezioni Unite, è “irrilevante, al fine di pervenire a una diversa conclusione e di affermare (come ritenuto dalla sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione e auspicato dall’ordinanza n. 14528 del 2009 di questa Corte) che in una tale eventualità sussiste nullità della notificazione, è la circostanza che il modello dell’avviso di ricevimento predisposto dalla Amministrazione postale prevede ben dieci ipotesi di ricevente con altrettante caselle destinata a essere barrate dall’agente postale che effettua la consegna e che tra tali ipotesi (e tra tali caselle) le prime due concernono proprio il destinatario, persona fisica o giuridica, sicché tutte le volte che il modulo risulti compiutamente compilato dall’agente postale è comunque rivelata la qualità rivestita dal consegnatario, quand’anche egli sia lo stesso destinatario, mentre, nella specie nessuna delle caselle risulta barrata”.

In conclusione, “nessun obbligo sussiste per l’agente postale, allorché consegna il piego al destinatario dello stesso di far risultare (nelle caselle che precedono la sottoscrizione o di seguito a questa) che la consegna è avvenuta a mani proprie dello stesso destinatario”.


E’ valida la consegna della notifica al convivente del contribuente.

La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica fatta al familiare del contribuente è valida.

La Corte accogliendo il ricorso del fisco ha stabilito che “la notifica mediante consegna a persona di famiglia non postula necessariamente l’ulteriore requisito della convivenza”  non espressamente menzionato dall’art. 139 c.p.c. è risultato sufficiente l’esistenza di un vincolo (di parentela o di affinità) tale da giustificare la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario.

Corte Suprema di Cassazione, Ordinanza n. 9590 depositata il 22 aprile 2010


1° Maggio 2010 – Rimini

I Messi Comunali di tutta Italia si incontrano il 1° Maggio a Rimini (RN) per una valutazione complessiva sulla prospettiva del Messo Comunale nel futuro della P.A.. Tale iniziativa è promossa dai colleghi Calamo Salvatore (Comune di Fasano [BR]) e Vito De Bellis (Comune di Valenzano [BA]).

Per info rivolgersi ai succitati Colleghi


PEC Day, posta (certificata)

E’ partito il servizio Posta Certificat@, la casella di posta elettronica sicura che garantisce valore legale alle comunicazioni via e-mail tra cittadini e Pubblica amministrazione. “Il servizio innovativo, voluto dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione e realizzato da Poste Italiane, Telecom Italia e Postecom – si legge sul sito del Ministero per la P.A. e l’Innovazione – renderà sempre più veloce e comodo il dialogo con le istituzioni e semplificherà le procedure, permettendo ai cittadini di inviare e ricevere on line messaggi di testo e allegati che hanno il medesimo valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno senza l’obbligo di recarsi personalmente agli sportelli della P.A. centrale o locale. Una svolta storica che ridurrà gradualmente il ricorso alla comunicazione cartacea e diminuirà i costi e i tempi di procedura.
Per richiedere l’attivazione del servizio PostaCertificat@ sarà sufficiente collegarsi al portale www.postacertificata.gov.it e seguire la procedura guidata che consente di inserire la richiesta in maniera semplice e veloce. Trascorse 24 ore dalla registrazione online ci si potrà quindi recare (entro tre mesi) presso uno degli uffici postali abilitati per l’identificazione e la conseguente firma sul modulo di adesione. L’elenco degli uffici postali abilitati è disponibile su www.postacertificata.gov.it. Il richiedente dovrà portare con sè il documento originale di riconoscimento personale, utilizzato per la registrazione online, e un documento comprovante il codice fiscale (la tessera del codice fiscale o del servizio sanitario nazionale), lasciandone una copia all’ufficio postale. Al termine della verifica dei dati forniti dal cittadino e della sottoscrizione del modulo di adesione per l’attivazione del servizio, la casella PostaCertificat@ sarà pronta all’uso.

Insieme al servizio di posta elettronica certificata, i cittadini possono accedere gratuitamente, a partire da oggi, anche a una serie di servizi correlati come il servizio di notifica, tramite e-mail tradizionale, della presenza di messaggi sulla casella PostaCertificat@; il fascicolo elettronico personale per la memorizzazione dei documenti; gli indirizzari delle caselle PostaCertificat@ della P.A. Nei prossimi mesi saranno inoltre disponibili altri servizi accessori, a pagamento, come la firma digitale tramite smart card; la notifica, via sms, telefono o posta cartacea, della presenza di messaggi nella casella di posta; il calendario degli eventi della P.A. e il servizio di fascicolo elettronico personale del cittadino con dimensioni personalizzate.

Il Raggruppamento Temporaneo di Impresa costituito da Poste Italiane in qualità di mandataria, Telecom Italia e Postecom, si è aggiudicato la gara per il servizio di Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e cittadino – indetta dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione – per la durata di quattro anni. Il servizio è stato realizzato in linea con le normative vigenti e con gli standard tecnologici attualmente in uso per questa tipologia di servizio.


Trasmissione telematica dei certificati di malattia all’Inps

L’Inps fornisce le prime istruzioni per la trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’Inps.

E’ previsto un periodo transitorio di tre mesi durante il quale il medico potrà ancora procedere al rilascio dei certificati cartacei di malattia, secondo le consuete modalità. Come si legge nella circolare, la trasmissione del certificato di malattia telematico comprende obbligatoriamente l’inserimento da parte del medico curante dei seguenti dati: “codice fiscale del lavoratore; residenza o domicilio abituale; eventuale domicilio di reperibilità durante la malattia; codice di diagnosi, mediante l’utilizzo del codice nosologico ICD9-CM, che sostituisce o si aggiunge alle note di diagnosi; data di dichiarato inizio malattia, data di rilascio del certificato, data di presunta fine malattia nonché, nei casi di accertamento successivo al primo, di prosecuzione o ricaduta della malattia; modalità ambulatoriale o domiciliare della visita eseguita.


PEC, il countdown è scattato

Da lunedì 26 aprile la casella di posta certificata sarà attivata per 50 milioni di italiani.
La casella di posta elettronica che ha lo stesso valore di una raccomandata con avviso di ricevimento sarà attiva per 50 milioni di italiani, tutti i maggiorenni che possiedono il codice fiscale. I comuni pronti, che hanno cioè pubblicato la Pec, sono finora 1.745 su 8 mila, circa il 22%, la maggior parte concentrata al Nord, ma l’obiettivo è quello di arrivare entro lunedì a coinvolgere circa l’80-90% delle amministrazioni. In tutto, a oggi, sono 12 mila le Pec attivate dalle pubbliche amministrazioni centrali (7.315) e locali (4.685), 80 mila le caselle richieste dai cittadini, oltre un milione i professionisti che hanno adempiuto all’obbligo di dotarsene (scattato a novembre scorso) e oltre 110 mila le imprese che hanno già attivato un indirizzo Pec. I numeri sono stati forniti nel corso di una conferenza stampa dal ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta. Il quale ha anche diffuso alle amministrazioni pubbliche interessate la circolare n. 2/2010 con la quale vengono fornite informazioni per la gestione della posta certificata. “Penso che il 2010 sia l’anno della convergenza, ci sono tutte le condizioni perché nella pubblica amministrazione sia eliminata la carta” ha osservato il ministro precisando che l’obiettivo e’ di arrivare entro l’anno “a 10 milioni” di utenti Pec. “Per lunedì” prossimo – ha aggiunto Brunetta – contiamo che tutti i comuni capoluogo siano dotati di Pec”. Il titolare della Funzione Pubblica ha ricordato che finora sono già 60 su 107 i comuni capoluogo in regola, mentre sono già pronte al 100% le camere di Commercio e le Regioni, la copertura è dell’85% per i ministeri, all’80% per le province e al 50% per le Università.

Come attivare il servizio
La Pec al cittadino, spiega una nota del dicastero, è lo strumento che consente di inviare e ricevere messaggi di testo ed allegati con lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento. In questo modo si può dialogare con tutti gli uffici della PA direttamente via e-mail senza dover più produrre copie di documentazione cartacea ma soprattutto senza doversi presentare personalmente agli sportelli. Per richiedere l’attivazione del servizio di Posta Certificata al cittadino, a partire come detto da lunedì 26 aprile, sarà sufficiente collegarsi al portale www.postacertificata.gov.it e seguire la procedura guidata che consente di inserire la richiesta in maniera semplice e veloce. Trascorse 24 ore dalla registrazione online (ed entro 3 mesi) ci si potrà quindi recare presso uno degli Uffici postali abilitati per l’identificazione e la conseguente firma sul modulo di adesione. Il richiedente dovrà portar con sè un documento di riconoscimento personale e uno comprovante il codice fiscale (codice fiscale in originale o tessera sanitaria). Bisogna inoltre portare anche una fotocopia di entrambi i documenti che dovranno essere consegnate all’ufficio postale. Ad oggi sono oltre 80 mila le Pec richieste dai cittadini, grazie alla sperimentazione avviata a fine settembre 2009 da Aci e Inps. Pur essendo una casella di posta elettronica come le altre, ricorda il ministero, la Pec al cittadino è l’unica dedicata esclusivamente ai rapporti con la pubblica amministrazione.