Corte di Cassazione: Avviso di accertamento notificato al de cuius

È valido l’avviso di accertamento notificato a mezzo posta nell’ultimo domicilio del de cuius e a lui intestato, se il coniuge, persona legittimata a riceverlo in ragione dei suoi rapporti con il destinatario, firmi la ricevuta di ritorno senza rappresentare al portalettere l’avvenuto decesso. In questo caso, non è necessaria la notifica “impersonale e collettiva” a tutti gli eredi, dal momento che l’ufficio non è stato messo a conoscenza del decesso.

È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 26844 del 20/12/2007.

La controversia traeva origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento, con la quale gli eredi del contribuente deducevano la nullità della notifica avvenuta in violazione dell’articolo 65, quarto comma, del Dpr 600/1973, per non essere stata effettuata “impersonalmente e collettivamente” a tutti gli eredi nell’ultimo domicilio del de cuius.

I giudici di primo grado accoglievano il ricorso degli eredi, mentre la Commissione tributaria regionale riformava la sentenza della Ctp, rilevando la validità della notifica effettuata nell’ultimo domicilio del defunto, considerato che l’ufficio non era stato messo a conoscenza del decesso del contribuente.

Gli eredi ricorrevano per cassazione.

Prima di esaminare la sentenza in esame, è opportuno precisare brevemente che l’articolo 65 del Dpr 600/1973 prevede che:

  • gli eredi rispondano in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del dante causa
  • gli eredi debbano comunicare all’ufficio delle imposte del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale
  • la notifica degli atti intestati al dante causa possa essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con la sua efficacia che si estende nei confronti di quelli che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui sopra.

Al riguardo, è opportuno ricordare che la Corte di cassazione ha più volte affermato che l’articolo 65 considera espressamente e disciplina, di conseguenza, il solo caso in cui la morte del soggetto passivo del rapporto giuridico tributario sia nota all’ufficio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’ipotesi prevista dalla norma si articola in due sottoipotesi.

Più specificatamente, se gli eredi hanno comunicato all’ufficio le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, la notifica degli atti intestati al dante causa:

  1. può essere effettuata a ciascuno di essi personalmente e individualmente e, quindi, nel loro domicilio fiscale differenziato
  2. può essere effettuata agli stessi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del defunto, anche per i trenta giorni successivi alla presentazione diretta all’ufficio della comunicazione delle proprie generalità e del proprio domicilio fiscale, o successivi alla data di spedizione della raccomandata con ricevuta di ritorno della stessa comunicazione.

Nel caso in cui, invece, gli eredi non abbiano comunicato all’ufficio le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale, la notifica degli atti intestati al dante causa, della cui morte l’ufficio è comunque a conoscenza, è efficacemente effettuata dall’ufficio impersonalmente e collettivamente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto (cfr Cassazione, sentenze nn. 13504/1993, 16699/2005, 7645/2006, 8272/2006, 12886/2007).

Tanto premesso, la Suprema corte ha rigettato il ricorso presentato dai contribuenti, affermando che se il decesso del soggetto passivo del rapporto giuridico tributario non sia noto all’ufficio, non può trovare applicazione l’articolo 65 del Dpr 600/1973, il quale “non considera affatto l’ipotesi in cui l’ufficio non abbia alcuna conoscenza della morte del soggetto passivo d’imposta“.

In tal caso, pertanto, l’Amministrazione finanziaria potrà correttamente emettere i propri atti nei confronti del defunto, tentando la notificazione degli avvisi di accertamento presso il suo domicilio.

Peraltro, hanno concluso i giudici, la circostanza secondo cui la moglie, coerede del de cuius, non abbia rappresentato il decesso del marito all’atto della notifica, non consentiva, a maggior ragione, all’ufficio di conoscere che il contribuente non era più in vita, né di poter effettuare la notifica “impersonale e collettiva” agli eredi, secondo quanto previsto dal comma 4 dell’articolo 65.


Cassazione: permesso invalidi per zone ZTL valido in tutto il territorio nazionale

Il permesso che consente ai portatori di handicap il transito nelle zone a traffico limitato deve considerarsi valido su tutto il territorio nazionale e non soltanto nell’ambito del comune che lo ha rilasciato. E’ quanto afferma la Seconda sezione civile della Corte di Cassazione con sentenza 719/2008 che ha così accolto il ricorso di un automobilista milanese che era stato contravvenzionato per avere circolato con la sua auto in una ztl di Roma.
Il giudice di Pace della capitale, che si era interessato della vicenda non aveva ritenuto che il permesso rilasciato dal Comune di Milano potesse avere validità anche nella città di Roma.
La Cassazione ribaltando la decisione del primo giudice ha espressamente chiarito che il contrassegno deve considerarsi “valido per tutto il territorio nazionale”.
Erronea dunque, scrivono i giudici di Piazza Cavour “l’affermazione del giudice di pace che il contrassegno invalidi rilasciato dal comune di Milano nel 2002 non consentisse al ricorrente di circolare successivamente all’interno delle zone a traffico limitato del comune di Roma”.


Cassazione: quando è lecito spiare le mail dei dipendenti?

Non sempre costituisce reato leggere la posta elettronica dei dipendenti. E’ quanto afferma la quinta sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza 47096/2007.  Secondo la Corte infatti è possibile spiare le e-mail dei lavoratori a patto che la lettura della posta elettronica sia voluta dal datore di lavoro attraverso la richiesta di conoscere le loro password. Ecco dunque fin dove possono spingersi le Aziende senza violare la privacy dei dipendenti. Quando il sistema telematico sia protetto da una password – scrive al Corte – “deve ritenersi che la corrispondenza in esso custodita sia lecitamente conoscibile da parte di tutti coloro che legittimamente dispongano della chiave informatica di accesso. Anche quando la legittimazione all’accesso sia condizionata, l’eventuale violazione di tali condizioni può rilevare sotto altri profili, ma non può valere a qualificare la corrispondenza come “chiusa’ anche nei confronti di chi sin dall’origine abbia un ordinario titolo di accesso”. A questa decisione i giudici di Piazza Cavour sono giunti analizzando il caso di un’impiegata di Chivasso che era stata licenziata dopo che il datore di lavoro aveva letto il contenuto delle sue e-mail di ufficio. La Suprema Corte ha ritenuto che non c’è stata violazione della corrispondenza informatica, in base all’art. 616 del codice penale osservando che “le password poste a protezione dei computer e della corrispondenza di ciascun dipendente dovevano essere a conoscenza anche dell’organizzazione aziendale, essendo prescritta la comunicazione, al superiore gerarchico, legittimato ad utilizzarla per accedere al computer anche per la mera assenza dell’utilizzatore abituale”. La condanna dunque scatta solo se si va a leggere la posta “chiusa”. In sostanza “quando non vi sia stata sottrazione o distrazione, la condotta di chi si limita a prendere cognizione è punibile solo se riguarda ‘corrispondenza chiusa’. Chi prende cognizione di corrispondenza aperta è punito solo se l’abbia a tale scopo sottratta al destinatario ovvero distratta dalla sua destinazione”. Infatti, chiarisce la Corte, la corrispondenza telematica può “essere qualificata come ‘chiusa’ solo nei confronti dei soggetti che non siano legittimati all’accesso dei sistemi informatici di invio o di ricezione dei singoli messaggi”. Nell’impianto motivazionale della sentenza si legge inoltre che “diversamente da quanto avviene per la corrispondenza cartacea, di regola accessibile solo al destinatario, è appunto la legittimazione all’uso del sistema informatico o telematico che abilita alla conoscenza delle informazioni in esso custodite”. Proprio per questo nel caso preso in esame non c’è “stata violazione da parte del dirigente che ha fatto uso delle “chiave di accesso di cui legittimamente disponeva, come noto alla stessa impiegata”.


BUONE FESTE !!!

BUONE FESTE !!!
Piace pensare che il Natale riesca a cancellare le incomprensioni, l’indifferenza, la cattiveria che purtroppo caratterizza la vita di molti, lasciando posto ad una grande apertura di cuore.


TESSERAMENTO 2008

La Giunta Esecutiva, nella seduta del 13.11.2007, ha deliberato le quote per il tesseramento 2008 che rimangono invariate:
1. Tipo A – Messi Comunali: € 60,00
2. Tipo B – Messi del Giudice di Pace e di Conciliazione: € 60,00;
3. Tipo C – Ufficiali Giudiziari: € 60,00;
4. Tipo D – Messi Provinciali: € 60,00;
5. Tipo E – Comuni fino a 10.000 abitanti: € 100,00;
6. Tipo F – Comuni con popolazione da 10.001 a 100.000 abitanti: € 150,00;
7. Tipo G – Comuni con popolazione oltre i 100.001 abitanti: € 200,00;
8. Tipo H – Altri Enti: € 250,00;
9. Tipo I – Soggetti privati: € 250,00.


Incontro con il Ministro della Giustizia

Si terrà il 30.11.2007 a Roma l’incontro al Ministero della Giustizia tra l’Associazione e il Ministro Sen. Clemente Mastella.
L’incontro verterà in particolar modo sulla situazione dei Messi Comunali e l’istituzione della nuova figura dell’Agente Notificatore


Corte di Cassazione: Circolari Agenzia delle Entrate non vincolanti

Con Sentenza 9 ottobre 2007, n. 23031 (depositata il 2 novembre 2007) le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno affermato che le Circolari con le quali l’Agenzia delle Entrate interpreta una norma giuridica in ambito tributario non sono vincolanti in quanto esprimono esclusivamente un parere dell’Amministrazione finanziaria.

Secondo la Corte, la Circolare, anche se impartisce direttive agli uffici gerarchicamente subordinati affinché si uniformino ad essa, può essere disattesa sia dagli stessi uffici dell’Agenzia, che dal contribuente; questi, viceversa, non può impugnarla ne davanti al giudice amministrativo ne davanti al giudice tributario, in quanto non si tratta di un atto generale di imposizione o di esercizio di potestà impositiva.

In particolare, rileva la Corte, un Provvedimento non può considerarsi illegittimo per violazione di quanto affermato nella Circolare. Se l’interpretazione contenuta nella Circolare è corretta, il Provvedimento sarà illegittimo per violazione di legge, in caso contrario, esso sarà legittimo.


Atti fiscali: notifica anche per i non residenti (A.I.R.E.)

La Corte Costituzionale, con Sentenza 24 ottobre 2007, n. 366 (depositata il 7 novembre 2007), ha ritenuto ammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto di cui agli artt. 58 e 60,  D.P.R. n. 600/1973 e art. 26, D.P.R. n. 602/1973 in quanto violano i precetti costituzionali posti a garanzia della tutela dell’effettiva e tempestiva conoscenza degli atti da parte del destinatario.

Secondo la Corte Costituzionale la conoscibilità degli atti fiscali deve essere garantita anche ai contribuenti residenti all’estero. Le norme in oggetto, invece, dispongono che nel caso di notificazione ad un residente all’estero, non debbano applicarsi le norme di cui all’art. 142, C.p.c


Diritto di accesso agli atti amministrativi e privacy

Il Consiglio di Stato fissa un punto di equilibrio tra l’interesse all’informazione, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa e costituisce esplicazione dei valori di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa e quello alla riservatezza dei soggetti terzi, tutelato dal legislatore nella normativa sulla privacy.

Consiglio di Stato Sentenza, Sez. V, 29/09/2007, n. 4999

La sentenza del Consiglio di Stato affronta il problema dell’apparente conflitto tra l’interesse all’informazione, che si realizza attraverso l’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa e costituisce esplicazione dei valori di trasparenza ed imparzialità dell?azione amministrativa e quello alla riservatezza dei soggetti terzi, che inerisce alla sfera degli assetti privatistici e si traduce, nella necessità di garantire la segretezza dei c.d. dati sensibili, quali risultano individuati e definiti dal legislatore nella normativa sulla privacy.

Ad agire è infatti una associazione di volontariato con finalità statutaria la difesa degli animali e la lotta al randagismo, la quale si doleva che il TAR aveva riconosciuto il suo diritto di accesso agli atti amministrativi della ASL competente, relativi ad un Canile, ma con le cautele dettate dall’esigenza di salvaguardare la riservatezza dei terzi, ai sensi della legge sulla protezione dei dati personali. In ottemperanza a tale decisione la Asl aveva fornito soltanto pochi dati, generici e anonimi: in pratica dati non sufficienti ad accertare eventuali condotte illegittime.

La associazione lamenta, insomma, la insufficiente realizzazione del suo diritto alla informazione, diritto strumentale alla tutela degli interessi statutariamente perseguiti. Ciò contrasterebbe con la giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto che la tutela della riservatezza dei soggetti terzi è destinata a recedere allorché l’accesso sia esercitato per la difesa di un interesse giuridico (Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2223).

Il Consiglio di Stato ritiene tuttavia che il bilanciamento tra i due valori vada effettuato caso per caso, in modo da garantire, da un lato, la difesa di un interesse giuridicamente rilevante, ancorché nei limiti in cui l’accesso sia effettivamente necessario alla tutela di quell’interesse (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5718) e, dall’altro, in modo da salvaguardare, ove ciò risulti (e fino a quando risulti) possibile tutelare il diritto alla riservatezza, al quale la legge riconosce ugualmente una particolare tutela.

Nel caso contemplato, in definitiva, il principio stabilito nella sentenza impugnata del TAR poteva ritenersi corretto: atteso che si era ordinato di consentire in via generale l’accesso ai documenti, solo salvaguardando l’esigenza delle riservatezza attraverso meccanismi che rendessero non conosciuti i nominativi dei terzi coinvolti.

L’inconveniente denunciato dalla Associazione (ostruzionismo e consenso all’accesso di soli dati generici e limitati, oltre che anonimi) non è quindi la conseguenza di un errata decisione del Tar, ma, al contrario della sua elusione da parte della Asl intimata; per questa parte la associazione potrà agire con il giudizio di ottemperanza per ottenere l’accesso a una più ampia serie di dati.

Per la individuazione dei responsabili invece, ipotizzandosi atti di rilevanza penale, lo schermo della riservatezza potrà essere superato dall’Autorità Giudiziaria in sede di procedimento e processo penale.

Alberto Marcheselli, Magistrato e Professore a contratto di Diritto Tributario presso l’Università degli Studi di Torino
Tratto da Quotidiano Giuridico Ipsoa 2007


NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

SENTENZA NOTIFICA RICEVUTA DALL’INCARICATO DEL DIFENSORE IN LUOGO DIVERSO DALLO STUDIO RISULTANTE AGLI ATTI

La Corte di Cassazione – Sezione Prima Civile, Sentenza 20 ottobre 2007, n. 21291 si è posta in consapevole contrasto contro il proprio orientamento espresso con Sentenza 26844/2006, che aveva ritenuto inammissibile il ricorso in cassazione qualora la notifica nel domicilio del procuratore intimato, non costituito in giudizio, diverso da quello eletto nel giudizio “a quo”, non sia accompagnata dalla documentazione comprovante il nuovo domicilio.
Secondo la Cassazione, “una tale conclusione può giustificarsi infatti nell’ipotesi in cui la notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio di merito non abbia avuto buon fine, come del resto più volte la giurisprudenza ha affermato (Cass. 14033/2005; Cass. 8287/2002; Cass. 2740/1998) e non già allorché, come nel caso in esame, abbia avuto invece esito positivo, dovendosi in tal caso, nel quadro di una interpretazione che privilegi, come si è osservato, il riferimento personale rispetto a quello topografico, desumere dal ricevimento dell’atto operato dallo stesso difensore (o dal suo incaricato) la corrispondenza del luogo indicato nella relata con il suo nuovo domicilio. In sostanza, in tal caso è lo stesso difensore domiciliatario a confermare con il ricevimento dell’atto, sia pure attraverso un suo incaricato, attestato dall’ufficiale giudiziario, l’avvenuto mutamento del domicilio nel luogo in cui è avvenuta”.
Secondo il nuovo orientamento della Cassazione, dunque: “anche se eseguita in luogo diverso da quello indicato dal domiciliatario e pur in assenza di alcuna indicazione negli atti processuali, in cui non risulta nemmeno un’eventuale comunicazione all’Ordine degli Avvocati da parte del destinatario, la notifica a mani della persona “addetta al ritiro” deve ritenersi perfettamente valida, dovendosi privilegiare il riferimento personale su quello topografico in quanto, ai fini della notifica dell’impugnazione ai sensi dell’art. 330 C.P.C., l’elezione di domicilio presso lo studio del procuratore assume la mera funzione di indicare la sede dello studio ed è priva di una sua autonoma rilevanza. …


Relata di notifica, tutto nelle mani del giudice di merito

Insindacabile in sede di legittimità il giudizio sulla sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo

L’interpretazione della relata di notifica spetta al giudice di merito, che deve anche valutare la sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla notifica ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, in base al quale, quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo comunale e la notificazione si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Questa valutazione, che costituisce giudizio di fatto, è insindacabile in sede di legittimità.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 20426, depositata il 28 settembre 2007.

La controversia in esame segue l’impugnazione di un avviso di mora, con il quale l’ufficio aveva chiesto il pagamento delle maggiori imposte sui redditi accertati.
Secondo il contribuente, detto avviso di mora era invalido in quanto non preceduto dalla rituale notificazione dell’avviso di accertamento.
Il ricorso non trovava accoglimento e anche l’appello del contribuente era rigettato dalla Commissione tributaria regionale.

In particolare, i giudici di appello ritenevano che la notifica dell’avviso di accertamento (che aveva preceduto l’avviso di mora impugnato) era stata correttamente eseguita, ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, considerato che dalla lettura della relata di notificazione, allegata all’avviso, risultava che il contribuente si era trasferito per “ignota destinazione”.

Nel ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado, il ricorrente lamentava che nella specie fosse applicabile l’articolo 140 Cpc e non l’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, posto che al momento della notifica egli aveva mantenuto il proprio domicilio fiscale nell’ambito del medesimo comune, variando solo l’indirizzo, come testimoniato dal certificato di residenza storico.
Per di più, lo stesso ricorrente eccepiva che dalla relata di notifica, oltre a non risultare che il messo notificatore aveva effettuato le dovute ricerche presso gli uffici anagrafici comunali (per accertare se il contribuente risiedesse ancora in quel comune o si fosse trasferito altrove), era anche emerso che costui si era limitato ad annotare “il trasferimento in luogo ignoto” a margine dell’atto di accertamento e non nella stessa relata.

Le ragioni alla base del provvedimento dei giudici di legittimità meritano un preventivo, seppur breve, esame della normativa di riferimento.
Come è noto, la notificazione dell’avviso di accertamento deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’articolo 140 Cpc quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché quest’ultimo (o altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo da dove, tuttavia, non risulti trasferito.
Diversamente, la notifica deve essere effettuata applicando la disciplina di cui all’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, quando il messo notificatore non reperisca il contribuente il quale, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto (cfr Cassazione n. 10189/2003).
Conseguentemente, nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 140 Cpc, il messo notificatore deposita la copia dell’atto presso la casa comunale, affigge l’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta di abitazione dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, dandogliene notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

Invece, nel caso di irreperibilità “assoluta”, ovvero quando nel Comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso di deposito prescritto dall’articolo 140 del Cpc, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del Comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione.
In quest’ultima ipotesi, non è previsto l’obbligo di dare al destinatario comunicazione per raccomandata con avviso di ricevimento della predetta affissione dell’avviso di deposito (cfr circolare 136/7/4027 del 20 ottobre 1978).

Tanto precisato, tornando alla sentenza in commento, i giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso presentato dal contribuente, hanno affermato che, se esiste un’attestazione del messo notificatore dalla quale risulti il trasferimento del notificatario “per ignota destinazione”, la notifica stessa non deve essere eseguita nella forma prevista dall’articolo 140 Cpc (pena la nullità), bensì in quella prevista dall’articolo 143 del Codice di procedura civile “salvo che, a seguito delle ricerche e richieste di informazioni suggerite nel caso concreto dall’ordinaria diligenza, non sia noto o non avrebbe potuto essere noto, il nuovo luogo di effettiva residenza, dimora o domicilio, giacché in tal caso la notificazione va invece eseguita (sempre a pena di nullità dell’atto) nell’individuato nuovo luogo di effettiva residenza”.

In altri termini, la Corte ha ritenuto che la notifica effettuata ai sensi dell’articolo 60, comma 1, lettera e), del Dpr 600/1973 (sostitutivo, per il processo tributario, dell’articolo 143 Cpc), è valida anche se successivamente risulti che il trasferimento sia intervenuto nell’ambito dello stesso comune, purché, nonostante le ricerche anagrafiche effettuate dal messo notificatore, permangano ignoti il nuovo indirizzo del contribuente e il relativo comune.

Proseguendo nelle proprie argomentazioni, i giudici hanno rilevato, in ordine al previo espletamento delle ricerche anagrafiche, che nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute dal messo notificatore, nè con quali espressioni verbali e in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche; è necessario, invece, che “emerga chiaramente che le ricerche siano state effettuate e che esse siano attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame”.

In ogni caso, compete al giudice di merito interpretare la relata di notificazione e valutare la sufficienza o meno delle ricerche effettuate dal messo notificatore prima di procedere alla notifica ai sensi dell’articolo 60, lettera e), del Dpr 600/1973, posto che dette valutazioni, costituendo un giudizio di fatto, sono precluse in sede di legittimità.

La Cassazione, nel ribadire che la relata di notificazione fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, nonché la contestazione dei fatti avvenuti in sua presenza e il ricevimento delle dichiarazioni resegli, mentre fa fede fino a prova contraria per tutte le altre attestazioni che non siano frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri, ha rilevato che anche la prova contraria offerta dal ricorrente (nella specie, il certificato di residenza storico) doveva essere valutata dal giudice di merito con giudizio sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale.

Francesca La Face
Fisco oggi


Cassazione: nulla la notifica alla convivente

“In tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli art. 138 e 139 c.p.c, che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell’atto al destinatario, la consegna della copia a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi, quindi nulla, salvo poi a risultare una tale nullità sanabile con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l’atto d’impugnazione. Occorre poi considerare che fra le persone di famiglia (che, se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell’atto da notificare, sono abilitate a riceverlo, ai sensi dell’art. 139 secondo comma c.p.c.) possono comprendersi soltanto i componenti del nucleo familiare in senso stretto e gli altri parenti od affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, purché la loro presenza in detta casa sia non occasionale”. Questi sono i principi ricavabili dalla lettura di una recente pronuncia della Corte di Cassazione con Sent. n. 19218/2007 la quale sullo stesso tema precisa che “la notificazione effettuata a mani di persona che si assume essere il c.d. coniuge di fatto del destinatario (qualificatasi all’ufficiale giudiziario quale moglie del destinatario) e che sia avvenuta in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario abbia il domicilio o la dimora deve ritenersi nulla”.


Protocollo per garantire il buon funzionamento della P.A.

Il 10 ottobre 2007 il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais e l’Alto Commissario anticorruzione, Achille Serra, hanno firmato un protocollo d’intesa per garantire il buon funzionamento delle amministrazioni pubbliche, incentivare la trasparenza, snellire le procedure e potenziare il sistema dei controlli. Questi i punti programmatici dell’ attività di collaborazione:

a) valutazione della normativa e della sua applicazione in tema di personale pubblico, con riferimento ai sistemi di reclutamento, promozione, verifica e valutazione; ai programmi di formazione; all’effettiva applicazione delle sanzioni disciplinari; all’integrità dei dipendenti; alla trasparenza degli incarichi e dei compensi;

b) promozione delle azioni per prevenzione la corruzione e le altre forme di illecito nella pubblica amministrazione;

c) collaborazione nello sviluppo degli interventi con particolare riferimento alla creazione di un sistema informativo integrato della giustizia penale. Per agevolare la concreta attuazione dell’attività di collaborazione, sono individuati referenti nell’ambito del Dipartimento della funzione pubblica, del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione e dell’Alto Commissario.


A V V I S O IMPORTANTE !!!

A V V I S O IMPORTANTE !!!

Si comunica che nei prossimi giorni le funzionalità del sito web potrebbe essere parzialmente accessibile causa aggiornamento del sito. Ci scusiamo con gli utenti per il disagio arrecato.


Dal 1° settembre addio alle marche da bollo

E’ ormai imminente l’uscita dal commercio delle vecchie marche da bollo (fatta eccezione per i foglietti bollati e le marche da bollo per cambiali), che dovranno essere sostituite con i contrassegni emessi in via telematica. E’ quanto ha previsto il D.M. 25 maggio 2007, pubblicato nella G.U. 2/06/2007, n. 146.

Chi avesse ancora delle marche da bollo deve quindi provvedere ad utilizzarle entro venerdì 31 agosto, in quanto dal giorno successivo le stesse, oltre ad essere inutilizzabili, non daranno diritto a sostituzione o a rimborso del corrispondente importo in denaro.