Riscossione tributi, concessa a Equitalia proroga di sei mesi

Equitalia rimane al fianco dell’Amministrazione nella riscossione dei tributi fino al prossimo 31 dicembre. Il Senato ha approvato oggi con 247 voti favorevoli e 7 astenuti il ddl n. 662, avente a oggetto la conversione in legge del Decreto sblocca pagamenti della Pubblica Amministrazione.

L’emendamento rimane in ogni caso facoltativo e i Comuni che si erano già organizzati in modo alternativo non avranno alcun obbligo comportamentale.

Senato della Repubblica

Martedì 4 Giugno 2013 – 33ª Seduta pubblica

(La seduta ha inizio alle ore 09:32)

Con voti 247 favorevoli e 7 astenuti , l’Assemblea ha approvato il ddl n. 662, avente a oggetto la conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Una modifica al disegno di legge di conversione ha introdotto disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Il testo del ddl torna alla Camera per l’approvazione definitiva.

Collegato alla manovra finanziaria in quanto concorre al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica, il provvedimento movimenta risorse per 40 miliardi e definisce criteri e procedure per accelerare i pagamenti della pubblica amministrazione e agevolare, così, l’immissione di liquidità nel sistema economico.

Nella seduta di ieri, i relatori, senatori Santini (PD) e D’Alì (PdL), hanno riferito sui contenuti del ddl, soffermandosi sulle modifiche apportate dalla Camera e sulle limitate proposte correttive avanzate dal Senato. Tra le principali novità: la previsione di una doppia garanzia dello Stato per i debiti rimasti esclusi dal provvedimento, che dovranno essere individuati con precisione dalla legge di stabilità 2014, e la pubblicazione entro il 5 luglio della lista completa dei creditori della pubblica amministrazione. Sono state approvate modifiche che attenuano le penalizzazioni per i Comuni che abbiano sforato i limiti di spesa al fine di pagare debiti pregressi; fissano al 31 dicembre il termine ultimo per avvalersi di Equitalia nella riscossione dei tributi; determinano le riduzioni dei trasferimenti in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi; a sostegno dei Comuni, in difficoltà per il rinvio della TARES e della prima rata dell’IMU, differiscono al 30 settembre il termine per la presentazione dei bilanci comunali, cancellano la riserva erariale sugli immobili comunali destinati a uso produttivo e prevedono il rimborso degli oneri richiesti illegittimamente nel 2012.

Conclusa la discussione generale con gli interventi della senatrice Bonfrisco (PdL) e del senatore Lai (PD), hanno preso la parola per la replica i relatori, senatori D’Alì (PdL) e Santini (PD), e il Sottosegretario di Stato all’economia e alle finanze Giorgetti, il quale ha formulato l’auspicio che il provvedimento inauguri una nuova fase nel rapporto tra imprese e amministrazione pubblica.

Nel passaggio all’esame degli emendamenti, sono state approvate soltanto le proposte di modifica a firma della Commissione e dei relatori. Il Governo ha poi accolto testi d’indirizzo del senatore Endrizzi (M5S) e altri, che impegnano a coprire la totalità dei debiti pregressi della pubblica amministrazione e a prevedere che i pagamenti abbiano un impatto territoriale omogeneo; un ordine del giorno del senatore Candiani (LN), volto a garantire i subfornitori della pubblica amministrazione attraverso un meccanismo di liquidazione diretto; un ordine del giorno della senatrice Bonfrisco (PdL), volto a dare priorità nei pagamenti alle piccole e medie imprese; un ordine del giorno dei senatori Linda Lanzillotta e Luigi Marino (SCpI) finalizzato a evitare discriminazioni tra forme di finanziamento sostanzialmente simili; un ordine del giorno dei relatori teso ad annoverare anche i professionisti tra i beneficiari dei meccanismi di certificazione dei debiti e compensazione dei crediti; un ordine del giorno del senatore Sangalli (PD) e altri volto ad attivare una compensazione tra crediti commerciali certificati e tutte le tipologie di debiti tributari, previdenziali e assistenziali; un ordine del giorno del senatore Fornaro (PD) volto a garantire l’assegnazione ai comuni in dissesto di adeguate risorse finanziarie per contribuire al pagamento della massa passiva; un ordine del giorno del senatore Torrisi (PdL), riguardante i criteri per un riparto più equilibrato del fondo per i comuni in dissesto finanziario.

In fase di dichiarazioni di voto finale, il senatore Uras (Misto-SEL) ha annunciato l’astensione di Sinistra, Ecologia e Libertà, criticando l’enfasi eccessiva su un provvedimento propagandistico, che non affronta la questione degli appalti e delle forniture della pubblica amministrazione. Pur ponendo l’accento sulla mancata assunzione di un preciso obbligo a pagare l’intero stock del debito, la senatrice Lezzi (M5S) ha annunciato il voto favorevole del Movimento 5 Stelle. Chiedendo al Governo più coraggio nella revisione del Patto di stabilità, anchela Lega Nord, per intervento del senatore Candiani (LN-Aut), ha annunciato voto favorevole a un provvedimento giudicato però insufficiente a determinare la ripresa. Hanno annunciato, infine, convinto voto favorevole a un provvedimento che segna un mutamento di rotta negli orientamenti di politica economica, i senatori Bilardi (GAL), Fravezzi (Autonomie), Luigi Marino (SCpI), Mandelli (PdL) e Sangalli (PD).

Essendo esauriti gli argomenti all’ordine del giorno, la seduta pomeridiana non avrà luogo.

(La seduta è terminata alle ore 13:20 )


Le nuove forme della firma elettronica

Seminario 7 giugno 2013

auditorium S. Paolo dell’Università di Macerata, Piazza della Libertà

ORARI: 9,00 – 17,00

LE NUOVE FORME DELLA FIRMA ELETTRONICA.
Riflessioni sugli aspetti giuridici, tecnologici, archivistici e della conservazione digitale
Apri la pagina del seminario

Presentazione
In principio era solo digitale, poi ha assunto altre forme e consistenza e oggi nuovi strumenti stanno per entrare, a pieno titolo, nella famiglia delle firme elettroniche.

In poco più di un decennio, il legislatore italiano, seguendo anche le direttive dell’Unione europea, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una varietà di firme elettroniche, attribuendo a ciascuna di esse un valore giuridico e una forza probatoria differente. Oggi, il Codice dell’amministrazione digitale (CAD) ammette l’uso di quattro tipi di firma: firma elettronica, firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata e firma digitale. Abbiamo poi la firma remota, la firma automatica e il contrassegno a stampa. Sul mercato, inoltre, si assiste a un fenomeno decisamente interessante: i fornitori di tecnologia, nelle more di una regolamentazione tecnica disponibile in bozza da più di un anno ma non ancora emanata, con l’intento di fornire soluzioni per facilitare i processi di digitalizzazione e dematerializzazione, stanno proponendo la “firma grafometrica” come firma elettronica avanzata che, ai sensi dell’art.21, c. 2, del CAD, permette di produrre documenti informatici con l’efficacia delle scritture private (art. 2702 del codice civile). E non sono poche le organizzazioni, soprattutto in ambito bancario, che stanno già utilizzando questa tecnologia.

Questo seminario di studi vuole fornire qualche elemento di certezza in una situazione di grande confusione, valutando le prospettive di evoluzione delle firme elettroniche in ambito nazionale ed europeo ed approfondendo gli aspetti giuridici, tecnologici e della conservazione digitale connessi, in particolare, all’utilizzo della firma elettronica avanzata e della “firma grafometrica”. È inoltre prevista l’analisi delle prospettive di utilizzo del contrassegno a stampa per attribuire un valore giuridico alla copia cartacea di un documento informatico. La trattazione teorica-concettuale trova un utile completamento nella dimensione applicativa che prevede la presentazione pratica di soluzioni tecnologiche disponibili sul mercato.

Destinatari
Il seminario di studio su “le nuove forme di firma elettronica” rappresenta un momento importante di aggiornamento professionale per i diplomati del Master dell’Università di Macerata in “Formazione, gestione e conservazione di archivi digitali in ambito pubblico e privato” e vuole essere un utile incontro formativo per tutti coloro che, a vario titolo, sono chiamati a produrre, gestire e archiviare documenti informatici.


Regole tecniche per la generazione, apposizione e verifica della firma elettronica avanzata

Il codice dell’amministrazione digitale si incrementa ufficialmente, quello della firma digitale, come da dpcm 22 febbraio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 21 maggio (qui il testo completo del decreto).

Il decreto fissa le regole tecniche per la generazione, apposizione e verifica della firma elettronica avanzata, qualificata e digitale, per la validazione temporale, nonché per lo svolgimento delle attività dei certificatori qualificati. Le regole tecniche fissate nel ponderoso provvedimento definiscono le caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità del documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.

Nell’ambito della firma elettronica avanzata, vengono stabilite anche le regole tecniche per la firma grafometrica, ultimo passaggio per una completa dematerializzazione, che consente la sottoscrizione in digitale anche a un pubblico non tecnologico perché riproduce esattamente il processo tradizionale. Inoltre oggi un documento che nasce informatico e necessita della sottoscrizione autografa, deve essere stampato e nella migliore delle ipotesi scannerizzato e archiviato.

Tra le disposizioni, spicca quella secondo la quale le liste dei certificati revocati e sospesi sono rese pubbliche e i certificati qualificati, su richiesta del titolare, possono essere accessibili alla consultazione del pubblico nonché comunicati a terzi, al fine di verificare la firma digitale, esclusivamente nei casi consentiti dal titolare del certificato e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Le liste pubblicate dei certificati revocati e sospesi, nonché i certificati qualificati eventualmente resi accessibili alla consultazione del pubblico, sono utilizzabili da chi li consulta per le sole finalità di applicazione delle norme che disciplinano la verifica e la validità delle firme elettroniche qualificate e digitali.


Valida la notifica effettuata presso la dimora di fatto anche se diversa da quella anagrafica

La notifica della sanzione amministrativa – e dell’atto giudiziario in genere – deve avvenire presso la dimora di fatto del destinatario. Lo ha confermato la Suprema Corte nella sentenza al link sotto riportato, cassando con rinvio la decisione del giudice di merito.
In generale dunque la notifica dell’atto, eseguita presso indirizzo diverso da quello di residenza, deve considerarsi valida: “le rilevanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, il quale è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le attese risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori di fatto in via abituale”. La Cassazione adotta dunque il criterio della dimora effettiva, ancorata alla relazione di fatto che si instaura tra questa e il destinatario del provvedimento, a nulla rilevando la circostanza che la residenza o il domicilio anagrafico potrebbe essere differente.
Inoltre, la parte interessata può produrre in giudizio ogni elemento probatorio che ritenga opportuno e necessario al fine di provare questa circostanza di fatto. Infatti “le risultanze anagrafiche possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento, come ad es. la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio, ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario”.

Leggi il testo della sentenza: Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-05-2013, n. 11550


Il dipendente pubblico, che utilizzi il telefono dell’ufficio per chiamate personali, commette il reato di “peculato d’uso”!

Può incappare nel reato di “peculato d’uso” il dipendente pubblico che faccia uso personale del telefono dell’ufficio. Lo ha evidenziato, di recente, la Corte di Cassazione con una sentenza che molti dipendenti pubblici farebbero bene a tenere in conto. (Cass. sez. unite, sent. n. 19054/2013)

Il peculato d’uso, a differenza del peculato ordinario, si configura quando il soggetto fa uso solo momentaneo della cosa appartenente alla Pubblica amministrazione e la restituisce immediatamente dopo. (art. 314 cod. pen.)

Secondo i giudici, affinché il reato sussista, è necessario che le telefonate abbiano un valore economicamente apprezzabile. Non sono, quindi, condannate le telefonate brevi, anche se solo “ricreative” e non dettate da ragioni d’urgenza.

Per misurare la rilevanza delle telefonate ai fini della condannabilità del dipendente si deve fare riferimento al tempo perso al telefono e sottratto al lavoro, e al danno economico dovuto al costo delle chiamate. Quest’ultimo si misura diversamente a seconda del tipo di contratto di utenza telefonica. Il costo sarà maggiore se il contratto prevede una tariffa a consumo e più lieve nel caso di una forfait.

Il valore economico delle telefonate è sicuramente rilevante dal punto di vista penale quando il dipendente usa di continuo il telefono dell’ufficio: più telefonate consecutive possono essere considerate come un’unica lunga e dispendiosa chiamata!

In passatola Cassazione riteneva che le telefonate prolungate fatte dal telefono dell’ufficio integrassero il reato, più grave, del “peculato ordinario”, che avviene quando il colpevole si appropria della cosa della Pubblica Amministrazione di cui dispone per ragioni di lavoro e non la restituisce. L’appropriazione avrebbe riguardato non il telefono in sé, ma “le energie costituite da impulsi elettronici” di proprietà della Pubblica Amministrazione. ( vedasi Cass. sent. n. 3883/2002)

Con il recente orientamento, invece, questa interpretazione viene superata.

Secondo i giudici, infatti, l’abuso di telefonate dall’ufficio può configurare solo peculato d’uso che presuppone un uso solo momentaneo della cosa pubblica.


INCENTIVI ADDIO: vietato il bonus per il recupero dell’evasione

In mancanza di una legge che disciplini la materia come accadeva per l’ICI, non è possibile per i regolamenti comunali riconoscere gli incentivi al personale per la lotta all’evasione IMU.

Lo ha stabilito la Corte dei Conti del Veneto con il parere n° 22/2013.

A vietarlo, secondo i giudici contabili, è prima di tutto il principio di omnicomprensività, che trova fondamento nel decreto legislativo 165/2001 e precisamente nell’art. 2 (per i dirigenti) e 45 (per i dipendenti).

In virtù di questo principio, nulla è dovuto – oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio – al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio.


Eletti i nuovi Organi dell’Associazione

Si è svolta presso il Comune di Forlì, che ha concesso il patrocinio del Comune, la riunione dell’Assemblea Generale Ordinaria dell’Associazione che all’unanimità dei presenti ha eletto gli Organi statutari che rimarranno in carica per 4 anni.

Vengono riconfermati il Presidente Nazionale, Pietro Tacchini e la Vice Presidente Nazionale, Baldoni Margherita.

Nuovi Organi:

CONSIGLIO GENERALE
Cognome Nome Comune Pr.
Barletta Giuseppe Comune di Castrovillari CS
Belardinelli Tonino Comune di Ostra AN
Berretta Andrea Comune di Urbino PU
Bottoni Manuela Comune di Roma RM
Busco Martha Comune di Udine UD
Cappellozza Sandro Comune di Padova PD
Caringi Massimo Comune di Terracina LT
Chiorboli  Patrizio Comune di Montagnana PD
Ferrucci Alberto Comune di Bologna BO
Lombardi Giuseppe Comune di Alessandria AL
Martino Anna Comune di Montegranaro FM
Mazzari Mara Comune di Maserà di Padova PD
Montanari  Sandra Comune di Montecchio Emilia RE
Mucci Francesco Comune di Benevento BN
Paterniti Isabella Giorgio Comune di Capo d’Orlando ME
Penso Mirco Comune di Venezia VE
Peracchio Renato Comune di Iglesias CI
Scardovi Sabrina Comune di Zola Predosa BO
Tonelli Lorenzo Comune di La Spezia SP
Zoni Claudio Comune di Lainate MI
CONSIGLIO GENERALE – MEMBRI SUPPLENTI
Cognome Nome Comune Pr.
Corradi Angelo Comune di Ascoli Piceno AP
Gisolfi Giuliana Comune di Alessandria AL
Pollini Massimo Comune di Cesena FC
Ruffilli  Christian Comune di Forì FC
Salustri Annunziata Comune di Fara in Sabina RI
GIUNTA ESECUTIVA
Cognome Nome Comune Pr.
Andreangeli Stefano Comune di Roma RM
Asirelli Corrado Comune di Cesena FC
Baldoni Margherita Comune di Ancona AN
Durì Francesco Comune di Udine UD
Fontana Lazzaro Comune di Quattro Castella RE
Passaretti Natalina Comune di Ascoli Piceno AP

Le parole del Messo Comunale fanno fede fino a querela di falso

Il contenuto intrinseco delle dichiarazioni ricevute è assistito da presunzioni iuris tantum: in assenza di prova contraria, il giudice non può contestare la regolarità dell’attività

Le attestazioni dell’agente notificatore di non avere rinvenuto la società destinataria di una notifica presso la sua sede legale – perché, secondo quanto appreso, questa aveva la sua sede “effettiva” altrove – e di aver eseguito la consegna dell’atto presso tale sede a persona qualificatasi “addetta” alla ricezione per la società sono assistite da fede fino a querela di falso, attenendo a circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale. Di contro, il contenuto intrinseco delle notizie apprese circa la sede “effettiva” e della dichiarazione di chi si sia qualificato “addetto” alla ricezione per conto della società notificata è assistito da presunzioni iuris tantum, che, in assenza di prova contraria, non consentono al giudice di disconoscere la regolarità dell’attività di notificazione.

In applicazione del riportato principio di diritto,la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21817 del 5 dicembre 2012, ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate in una complessa vicenda giudiziaria concernente la regolarità della notifica a una società di un atto di accertamento tributario.

La Commissionetributaria regionale della Campania, respingendo l’appello proposto da una società avverso la sfavorevole sentenza di prime cure, confermava il decisum della Commissione provinciale che aveva dichiarato legittima la cartella di pagamento per Iva 1994, emessa a seguito di avviso di rettifica dell’ufficio di Benevento, ritenuto definitivo perché correttamente notificato e non impugnato.

In particolare,la Ctrdi Napoli – sul rilievo che non era stata proposta querela di falso – considerava incontestabile il contenuto della relata di notifica dell’atto tributario presupposto, specificamente laddove il messo notificatore aveva dato atto che la società contribuente non era più rinvenibile presso la sede legale e che, per tale ragione, si era proceduto alla notifica presso la sede “effettiva” a mani di persona qualificatasi “addetta” alla ricezione.

Nel prosieguo della controversia, la Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 4377/2005) cassava con rinvio la pronuncia del giudice tributario regionale, stabilendo che la relata di notifica dell’avviso in questione poteva contestarsi senza necessità di proporre querela di falso, sia riguardo alla dichiarazione del Messo Comunale di aver proceduto alla notifica presso la sede “effettiva” della società, sia riguardo alla dichiarazione secondo cui la persona che aveva ricevuto l’atto era “addetta” al ricevimento della corrispondenza diretta all’ente.

A seguito di riassunzione del giudizio, con sentenza n. 23/41/2006 del 21 febbraio 2006, la Ctr, in diversa composizione, definiva il giudizio di rinvio, annullando la cartella di pagamento, per inesistenza della notifica dell’avviso di rettifica presupposto.

In particolare, la nuova sentenza del giudice regionale – ritenendo chela Suprema Corte di Cassazione non aveva attribuito validità alcuna ai fatti indicati nella relata – affermava che gli elementi di prova forniti dall’ufficio dell’Agenzia sull’esistenza della sede “effettiva” dell’ente accertato (ad esempio, la presenza di tre linee telefoniche intestate alla contribuente presso tale sede) dovevano considerarsi semplici “illazioni” e che, inoltre, l’ufficio non aveva fornito elementi idonei a dimostrare il collegamento tra la società contribuente e il sedicente “addetto” alla ricezione che aveva preso in consegna gli atti diretti all’ente.

Contro la sentenza del giudice di rinvio, l’Agenzia delle Entrate ricorreva in sede di legittimità, lamentando che la Ctr aveva violato i dettami della pronuncia della Suprema corte, erroneamente reputando che la Cassazione avesse negato valenza di prova al contenuto della relata di notifica, e così esonerando il giudice di rinvio dal riesame delle prove che l’ufficio di Benevento aveva portato a sostegno della verità dei fatti riportati nella relata stessa.

Inoltre, sempre secondo la difesa erariale, la circostanza che i giudici di legittimità avevano escluso che al contenuto intrinseco delle attestazioni del messo potesse attribuirsi la fede privilegiata non poteva comportare anche la negazione della legittimità dell’attività dallo stesso svolta e la valenza privilegiata di ogni altra attestazione di fatti avvenuti alla presenza del messo Comunale (quali, nello specifico, il mancato rinvenimento della società presso la sua sede legale; le indicazioni ricevute circa la sede “effettiva”; le dichiarazioni del consegnatario di essere “addetto” alla ricezione degli atti).

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 21817/2012, ha accolto in toto il ricorso dell’Agenzia, decidendo nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della parte privata, condannata altresì agli oneri processuali del grado di legittimità, oltre a spese prenotate.

Nella motivazione della decisione, i giudici si riportano al costante insegnamento per il quale, seppure il contenuto delle dichiarazioni ricevute dal Messo Comunale o l’esito delle sue ricerche non possono far fede fino a querela di falso – a differenza, ad esempio, da quanto il Messo Comunale dichiari avvenuto in sua presenza o dalle attività che egli affermi di aver compiuto – è altresì vero che, in entrambi i casi, sia il contenuto di dette dichiarazioni che l’esito delle ricerche svolte “debbono presumersi veritiere sino a contraria dimostrazione e questa ovviamente da darsi a chi contesta la notifica (Cass. 25860/2008; Cass. 12311/2007)”.

Nel caso di specie, osservala Suprema Corte di Cassazione, una contraria prova, sulla non veridicità del luogo di rinvenimento della sede “effettiva” e della ricezione da parte di un “addetto”, non era stata fornita dalla società contribuente, sulla quale gravava il relativo onere probatorio.

Il giudice di merito, prosegue la sentenza “ha quindi violato le regole sul riparto della prova fissate in subiecta materia e ciò allorquando ha onerato l’Ufficio della dimostrazione della realtà della sede “effettiva” e dell’“addetto” alla ricezione della notifica. Fatti la cui contrarietà a verità, seppur dimostrabile senza querela di falso, spettava alla contribuente… di provare”.

In poche parole, insomma, il giudice tributario – in assenza della contraria prova che come detto incombeva sulla società contribuente – avrebbe dovuto ritenere correttamente eseguita la notifica dell’avviso di rettifica “presupposto”, e rigettare il ricorso proposto contro la cartella di pagamento, in quanto, secondo la pronuncia in commento, “non c’erano altri fatti da accertare ed in quanto erano da ritenersi presunti la sede “effettiva” e la ricezione della notifica da parte dell’“addetto””.

La sentenza si segnala per la puntualità delle argomentazioni giuridiche, rispetto a una vicenda fattualmente complessa, proponendosi come esempio paradigmatico per la valutazione probatoria delle risultanze della relazione di notificazione, strumento mediante il quale (articolo 148 c.p.c.) l’agente notificatore “certifica l’avvenuta notificazione”, datando e sottoscrivendo la stessa in calce all’originale e alla copia dell’atto.

La relata di notifica, in quanto atto pubblico, “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” (articolo 2700 codice civile).

Su questo punto è bene operare un distinguo, perché non tutte le attestazioni della relata godono della valenza di fede privilegiata.

Per consolidata giurisprudenza (Cassazione n. 13216/2007, n. 1856/2001 e n. 8799/2000), fanno piena prova, salva querela di falso, soltanto le attività che il pubblico ufficiale dichiari di avere svolto, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza e il ricevimento delle dichiarazioni a lui rese, queste ultime limitatamente al loro contenuto “estrinseco” (nel caso di specie, quindi, le ricerche fatte per rinvenire la sede dell’ente; l’aver appreso determinate notizie circa l’esistenza di una sede “effettiva”; l’aver ricevuto la dichiarazione di un soggetto che si era qualificato “addetto” alla sede).

Di contro, non ha pubblica fede il contenuto “intrinseco” di tali ricerche e delle dichiarazioni ricevute (nella specie, che corrispondesse a verità che quella rinvenuta era proprio la sede “effettiva” e che il soggetto che aveva ricevuto l’atto era proprio un “addetto”) che, pertanto, costituendo una presunzione semplice può essere contestato con prove idonee, senza che sia necessaria la querela di falso. Con la logica conseguenza che, in assenza di tale prova contraria da parte del destinatario della notifica, il giudice non potrà disconoscere la regolarità dell’attività di notificazione.


INFORTUNI SUL LAVORO: la colpa del dipendente non libera il datore di lavoro

Il datore di lavoro è sempre responsabile, in caso di infortunio sul lavoro, anche nel caso in cui la condotta del lavoratore sia stata colposa. Il comportamento seppur colposo del dipendente, infatti, non è tale da liberare dalle proprie responsabilità il datore di lavoro.

E’ questa l’importante novità stabilita dalla Corte di Cassazione (sez. lavoro, sentenza n. 2512 del 4-2-2013), con alcuni importanti aspetti:

  • il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio avvenuto e non può invocare il “concorso  di  colpa” del lavoratore danneggiato, avendo egli il dovere di proteggere l’incolumità di quest’ultimo nonostante la sua imprudenza o negligenza
  • la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio (derivante dal regime di subordinazione)va addebitata al datore di lavoro, il quale  – con l’ordine di eseguire un’incombenza lavorativa pericolosa determina la causa dell’evento dannoso
  • l’azione del lavoratore contro il datore di lavoro, diretta ad ottenere il risarcimento del danno sofferto per la mancata adozione (da parte dello stesso datore) delle misure previste dall’art. 2087 codice civile, si ricollega direttamente al rapporto di lavoro, dando luogo ad una controversia di lavoro.

Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti (INI-PEC)

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il DM del 19.03.2013 pubblicato sulla G.U. il 09.04.2013 relativo all’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti (INI-PEC). Un “passettino” verso l’applicazione dell’art. 149 bis c.p.c.

Leggi il testo:   Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti _INI-PEC_2013


Divieto di intestazione fittizia dei veicoli

Come è noto, l’art. 12 della L. 120/2010, ha introdotto nel Codice della strada un articolo, l’art. 94 bis, con il quale si afferma il divieto di intestazione fittizia dei veicoli, sia sulla carta di circolazione che sul certificato di circolazione che sul certificato di proprietà ovvero sul certificato di circolazione dei ciclomotori, e prevede la loro cancellazione d’ufficio dal P.R.A. e dall’archivio nazionale dei veicoli …. (Circ Min Interno 4587-2012 (Intestazione fittizia dei veicoli)  (Circ Min Interno 2403-2013 Intestazione fittizia dei veicoli)


Cancellazione della società dal registro delle imprese – effetti sostanziali e processuali

Le Sezioni Unite, risolvendo una questione di massima di particolare importanza, hanno statuito i seguenti principi di diritto:

 1) «Qualora all’estinzione della società, conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: (a) le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; (b) si trasferiscono del pari ai soci, in regime di con titolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, ma non anche le mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né i diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato».

2) «La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio. Se l’estinzione della società cancellata dal registro intervenga in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ., con possibile eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci. Ove invece l’evento estintivo non sia stato fatto constare nei modi previsti dagli articoli appena citati o si sia verificato quando il farlo constare in quei modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta» (nello stesso senso, la “gemella” n. 6071 del 2013).

Testo Completo: Sentenza 12 marzo 2013, n. 6070


Buona Pasqua!

In tempi tristi e cupi, che questa Pasqua, primavera di vita, sia foriera di infinita speranza e letizia.
Auguri di Buona Pasqua!

MOBILITA’ VOLONTARIA: esclusa dai tetti di spesa per le assunzioni

La mobilità volontaria deve essere attivata obbligatoriamente prima della indizione di un concorso pubblico, mentre non ci sono opinioni differenti sul vincolo della sua messa in atto prima dell’uso di una graduatoria esistente nell’ente.

E’ necessario, in qualunque circostanza, il consenso dell’amministrazione cedente:

  • il placet va espresso mediante il parere del dirigente competente
  • infatti continua ad essere utilizzabile la modalità per interscambio e (ad eccezione della preferenza per il personale in comando) è necessario attivare procedure di comparazione e dare una giusta pubblicità preventiva alla sua utilizzazione.

Dunque prima della indizione del concorso pubblico è necessario attivare le procedure di mobilità volontaria previste dall’art. 30 d.lgs 165/2001. Le regole per la mobilità volontaria devono essere stabilite da ciascun ente e devono fare fede ai principi di pubblicità contemplati dall’ordinamento, il personale in comando presso il medesimo ente ha diritto di precedenza nelle assunzioni in mobilità.

Il ricorso a questo istituto non può essere allargato al personale non dipendente delle P.A., nemmeno a quelle delle società in house assunti mediante concorso pubblico. La mobilità non può essere circoscritta al personale del medesimo comparto e, in attesa della tabella di equiparazione, questo procedimento deve essere realizzato da ogni ente.

La Corte spiega che la mobilità può proseguire ad essere disposta anche come interscambio tra enti, nonostante ci sia stata l’abrogazione delle norme contrattuali grazie all’art. 62 del decreto-legge 5/2012.

Il parere spiega che “l’abrogazione della disposizione contrattuale di cui all’art. 6 comma 20 del dpr 268/1987 non preclude agli enti locali di poter attivare una mobilità reciproca o bilaterale con altre amministrazioni locali in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 6 del d.lgs 165/2001.

La mobilità volontaria è uno strumento fondamentale per giungere ad una migliore allocazione del personale nelle P.A.; i suoi costi non sono inclusi nel tetto della spesa per le assunzioni ed i suoi risparmi non si possono calcolare con l’intento di stabilire il tetto di spesa per le nuove assunzioni. (Corte dei Conti sezione controllo del Veneto parere n. 65 del 6.3.2013)

Il parere prevede limitazioni nella sua utilizzazione concreta: “la mobilità deve avvenire tra enti soggetti entrambi ai medesimi vincoli assunzionali; l’interscambio deve avvenire tra dipendenti appartenenti alla stessa qualifica funzionale; l’interscambio deve avvenire entro un periodo di tempo congruo che consenta agli enti di non abbattere le spese di personale qualora l’assunzione del dipendente in entrata slitti dal punto di vista temporale rischiando di traslarsi all’esercizio successivo”.

Ed ancora è necessario garantire ”la neutralità finanziaria” e ”il personale soggetto ad interscambio non deve essere dichiarato in eccedenza o sovrannumero”.

La F.P. ha evidenziato che la mobilità necessita del consenso tanto dell’ente cedente che di quello ricevente, oltre che naturalmente l’iniziativa del dipendente. Diversamente dal passato, con il testo dellart.30 del d.lgs 165/2001 (modificato dalla legge Brunetta) il nulla osta continua quindi in pratica a permanere, ma nella forma del “parere” del dirigente individuato come competente dall’amministrazione (ente ricevente), parere che deve essere preceduto da quello del dirigente dell’articolazione organizzativa presso cui il dipendente fornisce la sua attività lavorativa (ente cedente).

Dunque, contro la volontà dell’ente presso cui il dipendente presta servizio, non è possibile dare corso alla mobilità. (Funzione Pubblica parere n. 10395-2013)


Il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici.

E’ stato approvato l’8 marzo 2013 dal Consiglio dei ministri il nuovo Codice di comportamento per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni.

Il provvedimento va a completare alcuni precedenti interventi normativi tra cui le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

Nel regolamento della legge anti-corruzione via all’operazione trasparenza contro i meri conflitti di interesse, oltre che le tangenti. Stretta sui telefoni di ufficio

Via all’operazione trasparenza nella pubblica amministrazione. Il Consiglio dei Ministri approva, salvo intese, un regolamento contenente il codice di comportamento dei dipendenti pubblici. In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale vale la pena di prefigurare le novità contenute nel provvedimento emanato in attuazione della legge anti-corruzione (la 190/2012), in linea con le raccomandazioni Ocse in materia di integrità ed etica pubblica: chi sgarra incorre nella responsabilità disciplinare. Tra le principali novità, sono previsti a carico dei pubblici dipendenti: l’obbligo di astensione da qualunque atto del proprio ufficio nell’eventualità in cui si prospetti un conflitto di interessi, anche solo potenziale (previsti specifici obblighi di comunicazione; il divieto di chiedere o accettare regali, compensi o altre utilità di valore superiore a 150 euro (anche sotto forma di sconto);  per i dirigenti, nuove regole di trasparenza e di tracciabilità dei processi decisionali adottati(regole che annoverano anche precisi obblighi di comunicazione prima dell’assunzione delle loro funzioni), comprovati da adeguati supporti documentali.

Assoluto lo stop all’uso privato di informazioni acquisite per ragioni d’ufficio. Inoltre, il codice sancisce espressamente che l’utilizzo delle attrezzature e del materiale di servizio (telefono, auto, dotazioni telematiche e quant’altro), va strettamente limitato, nel rispetto dei vincoli posti dell’amministrazione statale.

I dipendenti dovranno anche comunicare l’eventuale appartenenza ad associazioni ed organizzazioni (ad esclusione dei partiti politici e dei sindacati) i cui settori d’interesse possano influenzare lo svolgimento delle attività d’ufficio.

Limiti anche all’uso dei mezzi di trasporto messi a disposizione dalla PA. L’utilizzo è ammesso solo per ragioni di servizio e ciò vale anche per l’eventuale trasporto di terzi.

Per quanto riguarda le attrezzature anche telematiche e telefoniche dell’ufficio potrà utilizzarle nel “rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione”.

L’impiegato inoltre deve garantire documentalmente la tracciabilità e trasparenza dei processi decisionali adottati.

Previste pene molto più severe per le violazioni del codice (che sono fonti di responsabilità disciplinare), tenuto conto della gravità del comportamento e del pregiudizio (anche morale) cagionato “al decoro o al prestigio dell’amministrazione”: in casi di particolare rilevanza o nell’ipotesi di recidiva, gli illeciti possono comportare anche il licenziamento.

Testo del decreto: Il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici 2013