Buona Pasqua! 2022

La Pasqua ci insegna che i momenti difficili serviranno come riflessione e preparazione ad un futuro migliore con rinnovati sentimenti di amore e solidarietà.

Buone feste!


Aggiornamento sulla trattativa per il rinnovo contrattuale della P.A.

Si è svolta il 25 marzo una giornata di mobilitazione promossa da Fp CGIL, CISL Fp e UIL Fpl con presidi nei territori e a Roma davanti alla sede del Ministero dell’Economia e Finanze. Al centro delle proteste la rivendicazione di maggiori risorse per il rinnovo dei contratti di lavoro delle Funzioni Locali e Sanità Pubblica.
Una delegazione ha incontrato la sottosegretaria Sartore, alla quale sono state rivolte le richieste delle categorie: fondamentale, tra tutte, una adeguata copertura economica indispensabile al rinnovo. Tra gli istituti da finanziare, assumono particolare rilievo il sistema della indennità e la riforma degli ordinamenti e dei sistemi di classificazione al fine di valorizzare le professionalità esistenti tra i dipendenti dei comparti.
A quanto dichiarato dalle oo.ss., l’incontro si è concluso con l’assunzione, da parte della sottosegretaria, e quindi del governo, dell’impegno al reperimento delle risorse, in accordo con Regioni e Autonomie locali.


Notifiche per irreperibilità assoluta: verifiche e condizioni

Il Messo Comunale/Notificatore non può attestare di aver proceduto ex art. 60 comma 1 lett. e) del dpr 600/1973 (irreperibilità assoluta) “per irreperibilità della destinataria, di addetti alla casa, di portiere e di vicini di casa in quanto al sopra indicato indirizzo non vi è alcuna porta di abitazione” senza dare conto delle ricerche compiute per verificare l’irreperibilità assoluta di essa ricorrente.
Come verificare l’irreperibilità assoluta lo ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 6836/2022 del 2 marzo 2022, dove si conferma che prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60 comma 1 lett. e) in luogo di quello exart. 140 c.p.c., il Messo Comunale/Notificatore avrebbe dovuto svolgere ricerche atte a verificarne l’irreperibilità assoluta, “ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale” (Cass., Sentenza n. 2877 del 07/02/2018).
Infatti“la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c. solo ove sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario che, per temporanea irreperibilità, non sia stato rinvenuto al momento della consegna dell’atto, mentre va effettuata ex art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 quando il notificatore non reperisca il contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che iltrasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune deldomicilio fiscale”.
L’irreperibilità assoluta presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento.


Buon 8 marzo

Ci sono due dichiarazioni sugli esseri umani che sono vere: che tutti gli esseri umani sono uguali, e che tutti sono differenti.

Su questi due fatti è fondata l’intera saggezza umana.

Mark Van Doren


Cartella di pagamento per multa non notificata

Con l’opposizione ex art. 7 D.Lgs. n. 150 del 2011, esperita entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, l’opponente può limitarsi a dedurre la mancata notificazione del verbale di accertamento quale vizio di formazione della pretesa dell’Amministrazione, senza necessità di contestare il merito della violazione del Codice della Strada.
Lo ha stabilito la III Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza 18 gennaio – 14 febbraio 2022, n. 4690 
Una donna proponeva opposizione alla cartella di pagamento riguardante l’omesso pagamento di sanzioni amministrative per violazioni del Codice della Strada, deducendo di non aver mai prima ricevuto il verbale di accertamento della trasgressione.
Quindi, domandava che fosse dichiarata la nullità della cartella e del ruolo in ragione dell’omessa notificazione dell’atto presupposto.
Giudice di Pace e Tribunale rigettavano l’appello, qualificando l’azione come opposizione “recuperatoria”, cioè come rimedio volto a consentire all’opponente di essere rimesso in termini per svolgere le censure al verbale di accertamento che gli erano state precluse dalla mancata notificazione dell’atto presupposto.
Tuttavia, rilevava che, proprio per la funzione recuperatoria dell’opposizione spiegata, la donna avrebbe dovuto contestare nel merito la pretesa azionata dall’ente impositore, non già limitarsi a denunciare l’omessa notifica del verbale.
La Corte Suprema di Cassazione, annullando la pronuncia impugnata con rinvio, ha osservato che come già statuito dalle Sezioni unite (sentenza n. 22080/2017), l’art. 201, c. V, C.d.S., sancisce che l’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, si estingue nei confronti del soggetto a cui la notificazione non sia stata effettuata nel termine prescritto.
La norma, letteralmente interpretata, delinea un fatto estintivo di quell’obbligo che sorge a carico del trasgressore per effetto della commissione dell’illecito amministrativo. Così, pertanto, l’azione diretta all’autorità giudiziaria ordinaria per dedurre il fatto estintivo/impeditivo costituito dall’omessa, tardiva od invalida notificazione del verbale di accertamento, è quella disciplinata dall’art. 7 del d.lgs. n. 150/2011.
Se l’interessato non è stato posto in condizioni di fruire di tale azione, la stessa dovrà essere esercitata entro 30 giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, non potendo operare la decadenza se non a seguito della conoscenza dell’atto sanzionatorio da impugnare.
Vero è che l’opposizione tipica si deve estrinsecare nella proposizione di un motivo di opposizione tendente ad inficiare la sussistenza delle condizioni di legge per emettere il provvedimento sanzionatorio, tuttavia, queste non attengono soltanto al merito della sanzione, bensì pure al procedimento di formazione del titolo che consente la riscossione esattoriale una volta divenuto definitivo. Se il procedimento è viziato per omessa, invalida o tardiva notificazione del verbale di accertamento, il rimedio sarà quello dell’opposizione a verbale ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 150/2011.
Le Sezioni Unite hanno affermato che l’azione esercitata dopo la notificazione della cartella di pagamento per dedurre il vizio di notificazione del verbale di accertamento non è un’azione “recuperatoria” in senso proprio. Tale, infatti, si configura l’azione che venga esperita contro l’ordinanza-ingiunzione non notificata. Al contrario, quando viene “recuperata”, dopo la notificazione della cartella di pagamento, l’azione disciplinata dall’art. 7 per dedurre l’omessa od invalida notificazione del verbale di accertamento, non vi è spazio per lo svolgimento di difese diverse da questa, specificamente per difese nel merito della pretesa sanzionatoria. Infatti, se l’amministrazione, la quale è onerata della relativa prova, in ragione della natura di fatto costitutivo riconosciuto alla notificazione tempestiva, non dimostra di avere eseguito tempestivamente e validamente la notificazione del verbale di accertamento, la pretesa sanzionatoria è estinta.
Ciò che viene “recuperato” è la possibilità per il destinatario della pretesa di dedurre il fatto estintivo/impeditivo dell’omessa od invalida notificazione.
Se, per contro, l’amministrazione dimostri di avere ottemperato validamente alla notificazione, l’opposizione non potrà che essere dichiarata inammissibile: ogni difesa, anche di merito, è preclusa in quanto si sarebbe dovuta svolgere nel termine di trenta giorni decorrente da quella notificazione.
Per l’effetto, la Corte Suprema di Cassazione ha ribadito che quando l’opposizione al verbale di accertamento di trasgressioni al Codice della Strada sia stata esperita, in difetto di valida notificazione del verbale, entro 30 giorni dalla ricezione della cartella di pagamento, l’opponente può limitarsi a dedurre la mancanza di una tempestiva notificazione del verbale e che da tale censura deriva, a seconda della sua fondatezza o della sua inconsistenza, o l’annullamento dell’atto della riscossione o l’inammissibilità dell’opposizione stessa (Sez. 3, Sentenza n. 3318 del 10/02/2021).


Notifica e la compiuta giacenza

In tema di notifica per compiuta giacenza, nel caso in cui la raccomandata informativa non sia stata consegnata al destinatario perché sconosciuto, il giudizio sulla ricezione effettiva o almeno legale della stessa non può che essere negativo. Era onere dell’agente della riscossione, nella specie non adempiuto, procedere a rinnovare la notificazione non perfezionatasi.
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 2621 del 28 gennaio 2022, ha chiarito alcuni rilevanti aspetti in tema di notifica per compiuta giacenza.
Nel caso di specie, la contribuente aveva proposto ricorso alla Corte Suprema di Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, pronunciata nell’ambito di una controversia relativa ad impugnazione di un estratto di ruolo e della corrispondente cartella di pagamento emessa nei suoi confronti, quale erede, unitamente alla sorella, del padre, sulla scorta di due sentenze divenute definitive a seguito di giudizi relativi ad avvisi di accertamento IVA emessi nei confronti del de cuius.
La Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado, rilevando la regolarità della notifica della cartella di pagamento impugnata, effettuata con il rito dell’irreperibilità relativa della destinataria, e conseguentemente dichiarando inammissibile l’originario ricorso della contribuente, perché tardivamente proposto, oltre il termine di cui all’art. 21, comma 1, del Dlgs. n. 546 del 1992.
La ricorrente, per quanto di interesse, deduceva quindi la violazione degli artt. 140 cod. proc. civ. e 25 e 26 del Dpr. n. 602 del 1973, sostenendo l’inesistenza della notificazione della cartella di pagamento impugnata, effettuata ai sensi dell’art. 140 cit., in quanto la raccomandata informativa era stata restituita al mittente con la dicitura “destinatario sconosciuto”, non ricorrendo pertanto, a suo avviso, i presupposti perché operasse la c.d. “compiuta giacenza” del plico presso l’ufficio postale ove lo stesso avviso era stato depositato.
Secondo la Corte Suprema di Cassazione la censura era fondata.
Evidenziano i giudici di legittimità che era pacifico, nel caso di specie, che la notifica della cartella di pagamento fosse stata effettuata ai sensi del combinato disposto dagli artt. 26 del Dpr. n. 602 del 1973 e 140 cod. proc. civ., stante l’irreperibilità relativa della destinataria, non rinvenuta all’indirizzo indicato nell’atto, con conseguente deposito dello stesso nella casa comunale, affissione dell’avviso di avvenuto deposito alla porta di abitazione della contribuente ed invio della c.d. raccomandata informativa, la quale veniva però restituita al mittente con la dicitura “destinatario sconosciuto”.
Ciò posto, la controricorrente Amministrazione finanziaria sosteneva che, nella specie, la regolarità della notificazione discendeva dall’applicazione del disposto di cui all’art. 26, comma 4, del Dpr. n. 602 del 1973, secondo cui, nei casi previsti dall’art. 140 cod. proc. civ., di irreperibilità relativa del destinatario dell’atto, la notificazione dalla cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del Dpr. n. 600 del 1973 e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del Comune.
Al riguardo, precisava la controricorrente, essendo stata effettuata la notifica nel gennaio 2012, non era del resto applicabile la predetta disposizione nella versione risultante a seguito della pronuncia di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte cost. n. 258 del 22 novembre 2012, in base alla quale il ricorso alla procedura di cui all’art. 60 del Dpr. n. 600 del 1973 è consentito soltanto nei casi di irreperibilità assoluta del destinatario dell’atto.
Tale tesi, tuttavia, secondo la Corte Suprema di Cassazione era manifestamente infondata, alla stregua del principio giurisprudenziale, affermato dalla stessa Corte Suprema di Cassazionen in ipotesi del tutto analoga, secondo cui “Nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono “sub judice”, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito, sicché, nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata avendo riguardo alla modificazione conseguita dalla sentenza di illegittimità costituzionale, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto” (Cass. n. 33610 del 2019).
E, in applicazione di tale principio, la Corte Suprema di Cassazione ha già infatti ritenuto la invalidità della notificazione della cartella esattoriale, eseguita, in ipotesi di irreperibilità relativa del contribuente, mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento senza l’osservanza delle formalità previste dall’art. 140 c.p.c., come prescritto dall’art. 26 del Dpr. n. 602 del 1973 nel testo risultante dalla sentenza della Corte cost. n. 258 del 2012 (in termini, Cass. 10519 del 2019).
La posizione della Corte di Cassazione su notifica e compiuta giacenza
Ciò precisato, la Corte Suprema di Cassazione osserva anche che il ricorso andava comunque accolto alla stregua del principio giurisprudenziale in base al quale, in tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione, laddove in applicazione di tale principio, la Corte Suprema di Cassazione ha già ad esempio confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inesistente la notifica della cartella di pagamento, atteso che la raccomandata informativa non era pervenuta nella sfera di conoscenza del contribuente ed era stata restituita al mittente, avendo l’ufficiale giudiziario erroneamente apposto la dicitura “trasferito” sulla relata, nonostante fosse rimasta invariata la residenza del destinatario (Cass. n. 25079 del 2014; Cass. n. 9782 del 2018).
Tale orientamento, del resto, sottolineano ancora i giudici, ha trovato poi ulteriore conferma anche nella recente pronuncia di legittimità n. 10012 del 2021, secondo cui “In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo, ovvero per sua temporanea assenza, ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa”, in quanto solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della raccomandata informativa, e quindi, in ultima analisi, esprimere un ragionevole e fondato giudizio sulla sua ricezione, effettiva, o almeno “legale” (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito), della raccomandata da parte del destinatario.
In conclusione, ad avviso della Corte Suprema di Cassazione, applicando i suddetti principi al caso in esame, in cui, come detto, la raccomandata informativa non era stata consegnata al destinatario perché “sconosciuto”, era evidente che il giudizio sulla ricezione effettiva, o almeno “legale”, della stessa non poteva che essere negativo, con la conseguenza che era onere dell’agente della riscossione, nella specie non adempiuto, procedere a rinnovare la notificazione non perfezionatasi.


IL PUNTO SULLA CONTRATTAZIONE

Prosegue il negoziato per il rinnovo del CCNL delle Funzioni Locali per il triennio 2019-2021.
Nell’incontro dell’8 febbraio 2022 sono state approfondite alcune questioni relative alle relazioni sindacali, al lavoro agile e ai festivi infrasettimanali: temi sui quali non si è ancora raggiunta la necessaria convergenza con l’ARAN. Su altri temi, quali la trasferta, la disciplina del lavoro a scavalco tra comuni e con le relative Unioni, la copertura assicurativa, il sindacato si è riservato un approfondimento.
La prossima settimana si terrà un ulteriore incontro durante il quale, come anticipato dall’ARAN, verrà finalmente avanzata una proposta sul tema, per noi fondamentale, dell’ordinamento.


Si possono evitare le notifiche?

Chi toglie il proprio nome dal campanello, dal citofono e dalla cassetta postale si considera irreperibile? Che fine fanno le notifiche, le cartelle, le multe e gli atti giudiziari?

Secondo la sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 2530/2022 del 27.01.2022, quando il postino o l’ufficiale giudiziario non trovano il nome del destinatario sul citofono, sul campanello e/o sulla cassetta postale non possono eseguire solo perciò la procedura per gli irreperibili assoluti. Non si può cioè, solo in base a tali indizi, presumere che il destinatario dell’atto non viva in quel luogo. Bisogna invece procedere secondo l’iter previsto per gli irreperibili relativi, e quindi con l’affissione dell’avviso sulla porta di casa e con l’invio della raccomandata A.R.. E non solo: l’incaricato deve assumere specifiche informazioni in loco sull’interessato, prima di depositare la copia dell’atto nella casa comunale; altrimenti viene meno al suo dovere di diligenza nello svolgimento dell’attività.

In sintesi, avverte la Corte Suprema di Cassazione, non basta che manchi il nome sul citofono e sulla cassetta postale per ritenere irreperibile il destinatario.

Serve quindi uno sforzo in più del Messo Comunale prima di passare al deposito dell’atto presso la Casa Comunale del Comune: compiere ogni ulteriore indagine possibile, ottenendo ad esempio da persone del luogo la conferma che il destinatario non abita a quell’indirizzo. E delle ricerche condotte l’incaricato è tenuto a dar conto nella relata di notifica, altrimenti la notifica deve ritenersi nulla.


Atto notificato con P.E.C. e casella del destinatario piena

La vertenza all’esame della Corte Suprema di Cassazione nasce dal giudizio promosso da un legale, il quale conveniva innanzi al Giudice di Pace le Poste Italiane chiedendo che quest’ultima venisse condannata al risarcimento dei danni subiti a seguito di un indebito prelievo, ad opera di sconosciuti, dal suo conto corrente abilitato al servizio telematico “online”.
La domanda veniva accolta dal Giudice di Pace. Di diverso avviso il Tribunale di Roma, il quale pronunciandosi sul gravame interposto dalle Poste Italiane contro la sentenza di primo grado la riformava ritenendo che non poteva addebitarsi nessuna responsabilità all’originaria convenuta non risultando un malfunzionamento del sistema telematico avendo, anche, avvisato la clientela di non inserire dati sensibili rispondendo ad “email” non verificate e che il sinistro doveva “ragionevolmente correlarsi all’incauta comunicazione, da parte del titolare del conto, delle credenziali di accesso a seguito della riferita ricezione e risposta a un’email “volta alla frode poi, infatti, posta in essere”.
Contro la sentenza del Tribunale, il legale proponeva ricorso alla Corte Suprema di Cassazione deducendo l’erroneità della decisione per aver omesso di prendere in considerazione la circostanza della mancata predisposizione, da parte della Poste, di misure idonee volte a prevenire frodi come quella esaminata.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte Suprema di Cassazione con sentenza n. 40758/2021 essendo stato notificato a mezzo p.e.c. al difensore delle Poste con accettazione, da parte del sistema, ma senza consegna per la “casella piena” del destinatario. In questo caso, secondo i giudici di legittimità il legale avrebbe dovuto riprendere per tempo il procedimento notificatorio con la notifica all’indirizzo del domicilio eletto dall’avvocato delle Poste.
La Corte Suprema di Cassazione:
1. nel caso in cui la notifica telematica non va a buon fine per motivi, come nel caso esaminato, non imputabile al notificante – essendo invece addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi è onere del notificante, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto, che secondo come indicato dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezione Unite con la sentenza n. 14594/2016, è il termine della metà di quello previsto dall’art. 325 c.p.c.;
2. il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale non ha soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati;
3. in altri termini nel caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato e di mancato perfezionamento della stessa per non essere stato possibile consegnare al destinatario il messaggio avendo quest’ultimo la casella piena, il notificante ha l’onere di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dall’art. 137 c.p.c. e ss (notifica a mani), e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui al comma 6 dell’art. 16, ultima parte, del D.L. n. 179 del 2012 , prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo p.e.c. dal difensore si perfeziona al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna;
4. la notifica a mezzo p.e.c. al domicilio digitale è valida nell’ipotesi in cui la stessa venga consegnata, mentre nel caso di “casella telematica piena” per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica e qualora il destinatario che abbia eletto domicilio fisico, il notificante dovrà, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto.


Divieto di notifica via PEC delle multe: il parere del Garante Privacy

di Anna Rahinò, avvocato – consulente in ICT Law | componente D&L NET e Anna Dalla Benetta, dottoressa in giurisprudenza e consulente jr. Studio Legale Lisi | 3 Gennaio 2022, ore 10:00

Come si evince dal Parere del Garante, al fine di proteggere la riservatezza dei destinatari, i verbali di accertamento delle sanzioni del codice della strada non dovrebbero essere notificati presso le caselle di posta certificata assegnate dal consiglio dell’ordine professionale di appartenenza, in quanto “potenzialmente visibili anche da altri soggetti e/o collaboratori del professionista”.

Il 17 dicembre scorso, con Circolare n. 300/STRADA/1/10060.U/2021[FC1], il Ministero dell’Interno ha reso noto il parere del Garante in merito al tema delle notifiche via PEC dei verbali di contravvenzione del Codice della strada agli indirizzi di posta certificata degli studi professionali.

Il parere del Garante

Come si evince dal Parere del Garante, al fine di proteggere la riservatezza dei destinatari, i verbali di accertamento delle sanzioni del codice della strada non dovrebbero essere notificati presso le caselle di posta certificata assegnate dal consiglio dell’ordine professionale di appartenenza, in quanto “potenzialmente visibili anche da altri soggetti e/o collaboratori del professionista”.

Lo stop dovrebbe riguardare, più precisamente, le notifiche a caselle individuate attraverso ricerche massive sull’elenco pubblico INI-PEC.

La normativa di settore (D.M. 18/12/2017, circolare del 20 febbraio 2018, n. 300/A/1500/18/127/9), prosegue il Garante, prevede la possibilità di notificare via PEC le contravvenzioni del codice stradale ove l’indirizzo sia stato comunicato direttamente dall’interessato o sia reperibile nei “nei pubblici elenchi notificazioni e comunicazioni elettroniche”.

Ad oggi, tuttavia, l’unico elenco attivo in cui poter rintracciare gli indirizzi è il Registro INI-PEC, ovvero quello contenente i domicili digitali di imprese e professionisti, non essendo ancora operativo l’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (INAD).

Tramite la ricerca nel registro INI-PEC, pertanto, è possibile individuare una casella riferibile al destinatario della contravvenzione che, essendo utilizzata in ambito lavorativo, risulta potenzialmente accessibile ad altri soggetti.

Pertanto, ribadendo quanto aveva già precedentemente affermato, con nota prot. n. 18521 del 20 maggio 2020, secondo l’Authority, le “ricerche massive e indiscriminate” di indirizzi nel registro INI-PEC sono da considerarsi illegittime e dovrebbe effettuarsi una valutazione specifica per singolo caso, al fine di valutare se tale casella possa essere ad uso esclusivamente personale o anche accessibile ad altri.

Alla luce dei numerosi reclami ricevuti e, in ossequio ai principi di minimizzazione dei dati, integrità e riservatezza sanciti all’art. 5 del GDPR, il Garante adotta quindi una misura estrema, stabilendo che, fino all’entrata in vigore dell’INAD, le violazioni non potranno essere notificate agli indirizzi PEC assegnati dagli Ordini professionali, poiché quest’ultimi potrebbero proprio rientrare nella fattispecie innanzi detta, ma solo tramite la classica notifica cartacea.

L’INAD e la facoltà di specifica dei professionisti

Tale problematica, a parere del Garante, potrà considerarsi risolta soltanto quando l’INAD diventerà pienamente operativo. Istituito ai sensi dell’art. 6-quater del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005), l’INAD renderà finalmente effettivo il diritto, spettante a chiunque, di eleggere il proprio domicilio digitale. Al secondo comma, tuttavia, il Legislatore ha previsto che i domicili digitali dei professionisti iscritti all’INI-PEC siano automaticamente inseriti anche nell’INAD come domicili digitali in qualità di persone fisiche, fermo restando il diritto del professionista di eleggerne uno differente ad uso personale.

Come, altresì, chiarito da AgID nelle Linee guida del 15 settembre 2021, gli indirizzi e i nominativi dei professionisti trasferiti provvisoriamente nell’INAD, saranno poi resi pubblici ove   entro 30 giorni dall’inserimento i professionisti non avranno usufruito della propria facoltà di modifica. Sono doverose talune considerazioni in riferimento all’efficacia della notificazione con strumenti telematici, anche a seguito delle novità introdotte dal Decreto Semplificazioni n. 76/ 2020 convertito in Legge 120/2020 che riforma, tra gli altri, gli artt. 16 e 16 ter del DL n. 179/2012.

Alcune considerazioni sulla normativa

In particolare, proprio l’art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012) prevede che nei procedimenti civili e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di PEC risultante da “pubblici elenchi” o comunque accessibili alle Pubbliche Amministrazioni.

Di seguito, il testo del comma 4 dell’art. 16: “Nei procedimenti  civili e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”

Tale norma appare sufficiente per sottolineare l’efficacia della notifica mediante indirizzo PEC, anche dei professionisti iscritti ad albi, poiché la contingenza personale non è rinvenibile in alcuna norma. Tutt’al più è onere del titolare provvedere al rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali all’interno del proprio studio professionale o organizzazione garantendo quelle misure minime di sicurezza.

Inoltre, L’art. 16 ter d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012) riformato dall’art. 28 d.l. n. 76/2020 ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, sono “pubblici elenchi” dai quali possono essere attinti gli indirizzi PEC dei destinatari delle notifiche telematiche quelli previsti dalle seguenti norme:

  • 6 bis CAD (rubricato Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti), il quale prevede la istituzione di un pubblico elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero dello sviluppo economico;
  • 6 quater CAD (rubricato Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese), che non risulta essere stato ancora istituito;
  • 62 CAD (rubricato Anagrafe nazionale della popolazione residente-ANPR), non ancora istituito. Al completamento dell’ANPR di cui all’art. 62, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) provvede al trasferimento dei domicili digitali contenuti nell’elenco di cui all’art. 6 quater CAD nell’ANPR;
  • 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221/2012), il quale prevede la istituzione di un registro, formato dal Ministero della giustizia, contenente gli indirizzi di PEC delle PP.AA., consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati;
  • 16 comma 6 d.l. n. 185/2008 (conv. con modif. dalla l. n. 2/2009) ovvero il Registro delle Imprese;
  • il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia, il quale contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo di PEC dei soggetti abilitati esterni (avvocati, curatori, CTU e ausiliari del giudice in genere);
  • 6 ter CAD (rubricato Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi), realizzato e gestito dall’AgID, ma solo in caso di mancata indicazione nell’elenco di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012.

La notifica via PEC di un atto non inerente all’attività professionale

Già nel 2019, prima ancora dello slancio di digitalizzazione avuto con la crisi pandemica e le relative norme, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24160 del 2019, ha ritenuto valida la notifica mediante PEC di un atto anche non inerente all’attività professionale. Difatti, la stessa Corte ha sostenuto la validità della notifica anche agli indirizzi risultanti dal registro INI- PEC in quanto deriverebbe da un fatto del tutto esogeno al procedimento notificatorio.

Non si può pensare, nelle more della piena attuazione di tali registri, di fare un passo indietro e ritornare al cartaceo. Sarebbe un bypassare norme del CAD e l’opera di digitalizzazione che si cerca di perfezionare da tempo. L’attenzione alla protezione del dato deve essere d’ausilio agli strumenti digitali.

È opportuno ricordare l’art. 48 del CAD che disciplina, al comma 2: “La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.”

L’attenzione ricade perciò sugli effetti della notifica con trasmissione via PEC e, ove volessimo tralasciare le novità introdotte sui pubblici elenchi, appare assai restrittivo e non rinvenibile normativamente l’uso “di default” della PEC lavorativa ad altri soggetti quale presupposto per una limitazione del procedimento notificatorio.

Conclusioni

La posizione del Garante, decretando un ritorno alle forme ordinarie di notifica, risulta in palese contrasto con quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione Digitale in merito al diritto al domicilio digitale e alla valenza giuridica della trasmissione telematica.

Viene da chiedersi per quale motivo l’Autorità abbia deciso di adottare un provvedimento che ostacola il processo di digitalizzazione che, ormai, da anni investe il nostro paese mettendo al centro l’utilizzo del domicilio digitale. Lo stesso Piano triennale per l’Informatica 2021-2023 ha come obiettivo principale un utilizzo centralizzato e di tutti i soggetti pubblici e privati del proprio domicilio digitale e della trasmissione telematica quale canale esclusivo.

Inoltre, l’inerenza o meno dell’atto notificato alla propria attività o professionalità del soggetto notificato presupporrebbe un accertamento sostanziale il cui espletamento non trova alcun riferimento normativo specifico e del tutto estraneo al procedimento di notifica inteso in senso stretto.

Tuttavia, l’indicazione del Garante sarebbe condivisibile solo qualora l’asserito utilizzo “promiscuo” della PEC del professionista fosse palesemente valutabile e ad ogni modo, si ribadisce il principio di accountability per cui è onere del titolare realizzare politiche e misure adeguate a garantire (ed essere in grado di dimostrare) che il trattamento dei dati personali effettuato sia conforme al GDPR.

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Notifica nulla se nella relata non è spiegato come e dove si è cercato il destinatario

Per la Corte Suprema di Cassazione, l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale deve compiere ricerche effettive per notificare a mani o per verificare se esistono i presupposti per la notifica di cui all’art. 140 c.p.c.
La notifica è nulla se l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale dichiara nella relata di aver compiuto ricerche che si sono rivelate vane, senza indicare però quali ricerche ha compiuto nel procedere alla notifica a mani o per accertare se sussistono i presupposti per provvedere alla notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. Questi i chiarimenti ribaditi dall’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 40467/2021.
Un soggetto propone opposizione tardiva a un provvedimento d’ingiunzione ai sensi dell’art 650 c.p.c. prevista nei casi in cui l’intimato è comunque legittimato a opporsi anche “scaduto il termine fissato nel decreto, se prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.” Nel ricorso avanza anche domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento, che viene accolta dal Tribunale.
A tale decisione però si appella la s.r.l soccombente e la Corte Suprema di Cassazione adita lo accoglie perché ritiene tardiva l’opposizione al decreto ingiuntivo, condannando conseguentemente l’intimato al pagamento di una somma, oltre interessi. La Corte Suprema di Cassazione chiarisce che la notifica del decreto è stata eseguita alla residenza anagrafica del destinatario a mezzo del servizio postale, ma con esito negativo per irreperibilità del destinatario. In seguito, la notifica viene compiuta da un Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale che dichiara che all’indirizzo si trovava uno stabile privo della portineria, il nome del destinatario non compariva sul citofono e neppure sulla cassetta postale per cui non poteva procedersi alla notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e che vane si erano rivelate le ricerche del destinatario sul posto.
Notifica a cui la Corte Suprema di Cassazione riconosce validità in quanto, in mancanza di querela di falso, non può non riconoscersi valore alla dichiarazione con cui l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale ha attestato l’avvenuto espletamento dell’attività di notifica e il vano esperimento delle ricerche effettuare sul posto, il tutto tra l’altro coerentemente alla precedente notifica a mezzo postale che ha avuto esito negativo a causa della irreperibilità del destinatario.
La decisione della Corte di Appello viene però impugnata dall’intimato soccombente, che solleva in particolare il seguente motivo.
Il ricorrente rileva che la dichiarazione delle vane ricerche dell’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale non era stata corredata dalla necessaria relazione in cui avrebbe dovuto dare conto delle ricerche effettivamente eseguite per eseguire la notifica a mani o ai sensi dell’art 140 c.p.c., spiegando per quali ragioni il destinatario doveva ritenersi trasferito altrove, visto che trattandosi di zona abitata sarebbe stato sufficiente chiedere notizie ai vicini. Non può ricorrere il caso d’ignoranza incolpevole anche perché il destinatario aveva residenza stabile all’indirizzo indicato nella notifica (come noto al notificante) dal quale era assente solo per motivi di lavoro.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso perché fondato, dichiarando conseguentemente assorbito il secondo motivo.
La Corte Suprema di Cassazione ricorda infatti che: “l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione. Il ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale dia espresso conto (Cass. n. 24107 del 2016), il che vai quanto dire, come affermato da Cass. n. 18385 del 2003, che – l’Ufficiale Giudiziario/Messo Comunale debba comunque preliminarmente concretamente accedere nel luogo di ultima residenza nota, al fine – fra l’altro – di attingere, anche nell’ipotesi di riscontrata assenza di addetti o incaricati alla ricezione della notifica, comunque eventuali notizie utili in ordine alla residenza attuale del destinatario della notificazione.”


Buon Anno 2022


BUONE FESTE !!! 2021


Rinnovo contrattuale 2019-2021. Inquadramento Messi Comunali e Messi Notificatori

In relazione alla nostra richiesta di incontro con le OO.SS. del 27.04.2021 e dell’incontro svoltosi il 24.05.2021, vi sono stati ulteriori contatti telefonici determinati a chiarire ulteriormente la situazione lavorativa del Messi Comunali e dei Messi Notificatori. 

Abbiamo, quindi, inviato il 5 novembre 2021(1) una nota ove ribadiamo la nostra proposta di reinquadramento del Messi Comunali e Messi Notificatori.

Le OO.SS. con nota del 16.12.2021(2) hanno comunicato la “… volontà di rappresentare nel corso della trattativa per il rinnovo contrattuale l’istanza di riclassificazione dei Messi Comunali e dei Messi Notificatori.”  

(1) Rinnovo contrattuale 2019-2021. Inquadramento dei Messi Comunali e dei Messi Notificatori

(2) Risposta OO.SS. unitaria reinquadramento messi comunali e notificatori CCNL FFLL


MANUTENZIONE

Si comunica che dal giorno

20 dicembre dalle ore 14:00 alle ore 24:00

sino al 24 dicembre 2021

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Ci scusiamo per il disagio, ringraziando per la collaborazione