Raccomandazioni su linee guida per indice domicili digitali di persone fisiche, professionisti ed altri enti di diritto privato

Le “linee guida relative all’indice dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro imprese (Inad) hanno ricevuto il via libera nella Conferenza Unificata del 20 maggio.
Con un documento congiunto però la Conferenza delle Regioni, l’ ANCI e l’UPI hanno voluto formulare al Governo alcune raccomandazioni(che si riportano di seguito, unitamente al link all’atto della Conferenza Unficata).
Posizione sullo schema di linee guida relative all’indice dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro imprese (Inad)
Parere, ai sensi dell’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
Punto 3) Odg Conferenza Unificata
Con precedenti Linee Guida AGID sono state dettate regole tecniche per i domicili digitali disciplinati dal CAD agli articoli 6 Bis (Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti) e 6 ter (Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi).
L’articolo 9, comma 2, del D.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217 ha introdotto l’articolo 6 quater del CAD, istituendo l’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese – INAD.
Le Linee Guida INAD rappresentano l’ultimo tassello mancante “all’elenco telefonico del terzo millennio”, ovvero ai domicili digitali previsti dal Codice dell’Amministrazione Digitale.
Nella riunione tecnica della Conferenza Unificata del 7 maggio 2021 sono state discusse le osservazioni presentate dal Coordinamento tecnico interregionale Agenda Digitale e dall’ANCI ed è stata successivamente acquisita una nuova versione delle Linee Guida (versione 1.1 del 10/05/2021).
Tutto ciò premesso
La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, L’ANCI e L’UPI esprimono parere favorevole con le seguenti raccomandazioni:
1. che nell’attività di comunicazione volta a promuovere l’INAD, soprattutto quella rivolta ai privati cittadini, siano chiariti i benefici del nuovo domicilio digitale, al fine di evitare il rischio che si contribuisca a creare nei suoi confronti un’errata percezione. L’INAD andrà ad incidere significativamente sulle modalità di interazione tra pubblica amministrazione e cittadini. Occorre, quindi, che i benefici derivanti dall’adesione allo strumento in termini di riduzione di costi, risparmi di tempo, riduzione dell’impatto ambientale, celerità e certezza dei processi amministrativi, siano adeguatamente comunicati e che si prevengano utilizzi impropri dei dati che i cittadini accettano di rendere pubblici. Il cittadino potrebbe pensare di non iscriversi all’INAD ritenendolo un mero “cestino” dove ricevere comunicazioni non sempre gradite (esempio multe, bollette, tributi, notifiche legali etc.). Occorre, al contrario, comunicare correttamente ed efficacemente i benefici del domicilio digitale in termini di riduzione dei costi (esempio: se ti invio una comunicazione via PEC e non mediante il notificatore risparmi il costo di notifica) e anche in termini di risparmio di tempo e di riduzione dell’impatto ambientale;
2. che nell’interfaccia web dell’INAD si tuteli il bilinguismo ed il multilinguismo;
3. che si preveda, in prospettiva, di affiancare alla procedura standard di registrazione all’INAD anche modalità che tengano conto del divario digitale, sia in termini culturali, sia in termini infrastrutturali di alcuni territori, nel rispetto del principio di non discriminazione, come ad esempio la possibilità di attivare un presidio fisico presso una PA territoriale, che supporti i cittadini e le imprese nelle fasi di registrazione e di gestione del domicilio digitale. Per alcuni strumenti, come l’identità digitale SPID, l’introduzione di una modalità di “intermediazione” della PA, su base volontaria, tra l’utente e il soggetto gestore dell’identità, il cosiddetto ruolo di RAO (Registration Authority Officer), ha favorito, infatti, la diffusione dello strumento, offrendo altresì un servizio aggiuntivo ai cittadini.
Roma, 20 maggio 2021


La Corte di Cassazione sulla notifica di un atto a mezzo P.E.C. senza la firma digitale nella relata

Con la sentenza n. 16746/2021, pubblicata il 14 giugno 2021, la Corte Suprema di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulle conseguenze derivanti dalla notifica di un atto a mezzo PEC senza la firma digitale dell’avvocato notificante nella relazione di notifica.

La vicenda riguarda l’impugnazione di una sentenza emessa dalla Corte di Appello che aveva dichiarato inammissibile il gravame per essere stato proposto tardivamente oltre il termine “breve” di trenta giorni, previsto dall’art. 327 c.p.c., decorrenti dalla notifica della sentenza che era stata eseguita a mezzo PEC.
L’appellante aveva eccepito la nullità della predetta notifica, deducendo che sulla “relata”, nonostante la diversa notazione sulla copia stampata, non era stata apposta la firma digitale dell’avvocato notificante e che, in via residuale, doveva applicarsi il termine “lungo” di cui al predetto art. 327 c.p.c.

L’eccezione dell’appellante non veniva accolta dalla Corte territoriale la quale riteneva che la mancanza della firma digitale del difensore nella relata di notificazione non rilevasse ai fini della validità di essa.

Con il ricorso per cassazione, l’originario appellante deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 3 bis e 11 della legge 53/1994 e degli artt. 125, 148 e 156 del codice di procedura civile, evidenziando che:

1. il difensore della controparte aveva trasmesso un messaggio di posta elettronica certificata contenente la comunicazione P.E.C. per la notificazione della sentenza del Tribunale a cui erano allegati i file della relata di notifica in formato nativo digitale e della copia informatica per immagine di essa, senza alcuna attestazione di conformità;

2. al file della relata di notifica ed a tutti gli altri file allegati al messaggio di PEC, nonostante la diversa notazione riportata sulla copia analogica per stampa prodotta dalla difesa della controparte, non era stata apposta la firma digitale dell’avvocato notificante;

3. il suddetto file della relata di notifica veniva allegato con estensione pdf semplice e non con estensione “p7m” o “pdf” oppure “pdf” ma con eventuale aggiunta del suffisso “signed” al nome del file tanto da presentarlo come “nomefile-signed-pdf”;

4. la corte di appello aveva errato nel ritenere che la mancanza della firma digitale del difensore nella relata di notificazione non rilevasse ai fini della validità di essa, in quanto tale orientamento si poneva in contrasto con quanto previsto dall’art. 125 c.p.c., secondo il quale tutti gli atti di parte devono essere sottoscritti dal difensore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16746/2021 ha dichiarato infondato il motivo del ricorso e lo ha rigettato.

Gli Ermellini hanno osservato che, come già affermato in altri pronunciamenti degli stessi giudici di legittimità:

1. in tema di notificazione a mezzo posta elettronica certificata (PEC), “la mancanza, nella relata, della firma digitale dell’avvocato notificante non è causa d’inesistenza dell’atto, potendo la stessa essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilità della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso, essendosi comunque raggiunti la conoscenza dell’atto e, dunque, lo scopo legale della notifica (Cass. 6518/2017);

2. la notificazione a mezzo PEC è un documento diretto inequivocabilmente dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, senza che abbia limitato i diritti difensivi della parte ricevente.

3. il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto che può essere surrogata attraverso altri elementi capaci di far individuare l’esecutore di esso (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10272 del 2015)”;

4. nella notificazione effettuata a mezzo PEC la mancata firma digitale della relata non lascia alcun dubbio sulla riconducibilità alla persona del difensore, attraverso la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita ritualmente della procura speciale;

5. la sentenza fa riferimento ad una notificazione eseguita direttamente dall’avvocato alla controparte senza organo intermediario. Tuttavia, il richiamo all’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata, (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) laddove non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto iI risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. Sez. U 7665/2016 ed, in termini, Cass. 3805/2018) ha una valenza tale che si immagina non possa essere sovvertita qualora la notificazione veda l’intervento della figura intermediaria (Ufficiale giudiziario, messo comunale, etc.). D’altro canto, in considerazione della ancora esiguità, in relazione all’uso delle nuove tecnologie”, dei giudizi dei Giudici di merito questo ci deve stimolare a monitorare con attenzione l’evolversi della giurisprudenza sulla questione. 

6. è irrilevante il riferimento al tenore “letterale”, portato dal riferimento all’art. 125 c.p.c. e, dunque, alla inclusione della notifica fra gli atti processuali di parte che necessitano della sottoscrizione del difensore, in quanto, da una parte, il richiamo appare improprio non potendosi considerare tale (e cioè ” atto processuale”) il prodotto dell’esercizio della funzione notificatoria del difensore, e, dall’altra perché l’elencazione della norma richiamata è tassativa, e non può essere estesa ai documenti che fanno parte di un procedimento, con più passaggi, come quello per via telematica per il quale è sufficiente che venga attestata la conformità all’originale dell’atto da notificare.


Notifica a mezzo posta degli avvisi di accertamento. Compiuta giacenza

La recente sentenza n. 16183/2021 della Corte di Cassazione, l’ordinanza della Corte di Cassazione depositata il 9 giugno 2021, ha confermato che, nella notifica diretta a mezzo posta di atti impositivi da parte degli Enti Locali, senza intermediazione dell’Ufficiale giudiziario, in caso di temporanea assenza del destinatario, la notificazione si intende eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito del plico presso l’ufficio postale.


Notifica tramite P.E.C. e allegati illeggibili

Per la Corte di Cassazione, il destinatario che contesta la regolarità della notifica telematica deve segnalare al mittente la presenza di problemi in un’ottica di collaborazione

In materia di notifiche eseguite con mezzi telematici, se il messaggio ricevuto via P.E.C. contiene degli allegati che risultano completamente o parzialmente illeggibili, il destinatario deve informarne il mittente non colpevole, della difficoltà di conoscere la comunicazione, in un’ottica di collaborazione.
Queste le conclusioni della Corte di Cassazione nella sentenza n. 15002/2021, emessa al termine di una vicenda processuale che ha inizio quando una signora, comproprietaria di un immobile agisce sostenendo di essere titolare del diritto di passaggio sui fondi dei convenuti in virtù di scrittura privata unilaterale del suo dante causa o per usucapione.
Poiché tale diritto di passaggio è stato impedito dai convenuti attraverso la costruzione di opere dagli stessi realizzate, parte attrice chiede la rimessione, il risarcimento dei danni morali e materiali e l’accertamento della illiceità dell’installazione di tubi di acqua lurida nel sottosuolo della sua proprietà da parte di due dei convenuti, chiedendone la rimozione e i relativi danni.
I convenuti in via riconvenzionale chiedono la condanna dell’attrice a completare la costruzione del muro di cinta e la determinazione della relativa indennità. Il Tribunale accerta l’avvenuto acquisto della servitù di passaggio sul fondo dei convenuti da parte dell’attrice e rigetta tutte le altre domande attoree e dei convenuti in riconvenzionale.
La Corte d’Appello adita dalla signora però accoglie il suo appello e per questo condanna i convenuti a ripristinare il passaggio, arretrare il muro di confine e rimuovere la condotta di scarico dalla proprietà di parte attrice.
I convenuti ricorrono in Cassazione sollevando quattro motivi di ricorso, ma la Suprema Corte di legittimità adita non si pronuncia sugli stessi perché il ricorso, per le ragioni che si vanno a esporre, è tardivo e quindi inammissibile.
La Corte infatti, per prima cosa, verifica l’ammissibilità del ricorso perché la contro-ricorrente ne ha eccepito la tardività per avvenuta notificazione della sentenza d’appello il 14 ottobre 2015.
Dagli atti è emerso che il file denominato “Corte d’appello di Cagliari sent. n. (…) .pdf” allegato al messaggio PEC conteneva pagine bianche, e che nel file denominato “Relata di notifica (…).pdf” erano visibili solo puntini neri.
La Cassazione, preso atto di quanto sopra, alla luce della documentazione che ha provato l’avvenuta accettazione e ricezione del messaggio di consegna, precisa che l’onere della prova della disfunzione del sistema grava sulla parte che contesta la regolarità della notificazione.
Recente Cassazione ha infatti affermato che: “una volta acquisita al processo – in questo caso attraverso l’asseverazione -, la prova della sussistenza della ricevuta telematica di avvenuta consegna, solo la concreta allegazione, da parte del destinatario, di una qualche disfunzionalità dei sistemi telematici potrebbe giustificare migliori verifiche sul piano informatico, con onere probatorio a carico del medesimo destinatario.”
La Corte ha infatti già affermato che quando gli allegati della p.e.c. risultano illeggibili “spetta al destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all’utilizzo dello strumento telematico.” Il ricorso poiché tardivo è inammissibile.


Comunicato incontro con le OO.SS. del 24 maggio

Si è tenuto lunedì 24 maggio l’incontro promosso da A.N.N.A. con le segreterie nazionali della Funzione Pubblica di CGIL, CISL e UIL per analizzare la situazione professionale dei Messi Comunali e dei Messi Notificatori e valutare quali prospettive di riqualificazione vi possono essere in vista del prossimo rinnovo contrattuale 2019-2021.
Abbiamo rappresentato ai nostri interlocutori l’esigenza, non più rinviabile, di un adeguamento dell’inquadramento, ritenendo la Cat. C come quella la più adeguata e aderente alle caratteristiche del profilo.
L’evoluzione normativa che ha interessato la materia della notificazione, unitamente ai nuovi processi informatici introdotti nelle procedure, richiedono degli addetti con una professionalità più avanzata, maggiori responsabilità e livelli di formazione in continua evoluzione.
L’evoluzione delle conoscenze giuridiche e tecnico informatiche necessario per svolgere nella quotidianità il lavoro del Messo, non sempre sostenuta come sarebbe doveroso dalle Amministrazioni Comunali, ha portato ad una crescita professionale complessiva degli operatori della notifica, crescita alla quale non ha corrisposto un adeguato riconoscimento giuridico ed economico.
Piena consapevolezza del problema è stata espressa dalla parte sindacale che non ha mancato di rilevare che la piattaforma per il rinnovo contrattuale indica tra gli obiettivi “la valorizzazione delle professioni, la ridefinizione dei sistemi di classificazione con conseguente crescita economica e il superamento di varie situazioni di sotto inquadramento, nonché il definitivo superamento della Cat. A”.
Sono state anche valutate le questioni relative alle indennità già in essere, con particolare riferimento alle “specifiche responsabilità” ex art. 70 quinquies lett. d) del vigente CCNL.
Nel prendere atto che gli Enti Pubblici usano sempre più le procedure notificatorie a mezzo posta o a mezzo PEC abbiamo chiesto alle Organizzazioni Sindacali che quando si confronteranno con la parte datoriale sulle esternalizzazioni dei servizi dei Comuni non si dimentichino di contrastare le esternalizzazioni delle notifiche a mani.
Sempre più gli Enti, in particolare quelli di piccole e medie dimensioni, al pensionamento del Messo Comunale non assumono nuovo personale e non cercano di creare le condizioni per gestire in forma associata/convenzionata la funzione notificatoria ma, in modo semplicistico, esternalizzano le notifiche a mani a privati del luogo o a gestori privati di respiro nazionali creando tutta una serie di problematiche sia ai richiedenti che ai destinatari degli atti in questione: su tale situazione noi abbiamo chiesto che le ditte che si offrono per gestire la funzione notificatoria dei Comuni abbiano obbligatoriamente un minimo di requisiti attraverso un percorso di accreditamento, questo direttamente, per quanto compatibile, nel testo del CCNL o con un altro strumento giuridico, in analogia a quanto avvenuto con il passaggio delle notifiche previste dalla L. n. 890/1982 (le cosiddette Raccomandate AR verdi) dalle POSTE ITALIANE alle ditte private.
Dal confronto è emerso il riconoscimento della legittimità, fondatezza e ponderatezza delle nostre richieste e la necessità di approfondire le compatibilità economiche dell’operazione, i percorsi praticabili e le relative tempistiche.
Nel merito di tali questioni abbiamo palesato la disponibilità della nostra Associazione Professionale ad esaminare gli aspetti di maggiore criticità che dovessero emergere e ad individuare insieme le soluzioni possibili.
A seguito di tale impegno si è concordato un successivo incontro a breve per approfondire ulteriormente i punti sopra analizzati ed eventuali ulteriori problematiche che dovessero emergere anche in relazione al confronto che le Organizzazioni Sindacali prevedono di avere, nel breve, con il Comitato di Settore delle Funzioni Locali.

Leggi: lettera a Ministro Brunetta per inquadramento Messi Comunali e Notificatori


Incontro rinnovo contrattuale comparto funzioni locali

Si svolgerà lunedì 24 p.v. in modalità webinar l’incontro, da noi richiesto, con le segreterie nazionali della Funzione Pubblica- Enti Locali di CGIL, CISL e UIL sui temi del prossimo rinnovo contrattuale, con particolare riguardo all’inquadramento dei messi comunali nell’ambito della classificazione dei dipendenti degli enti locali.
Come più volte esplicitato anche in sedi autorevoli, consideriamo la collocazione dei messi in Cat. B ormai ampiamente superata alla luce dell’evoluzione legislativa e tecnologica che ha trasformato, rendendolo sempre più impegnativo, il ruolo del messo comunale e notificatore.
Intendiamo mettere a disposizione delle organizzazioni sindacali il prezioso contributo di idee ed esperienze dei nostri associati, attivando un utile confronto con i soggetti titolari della contrattazione che si sono mostrati interessati e disponibili a valutare le nostre proposte.
Sarà nostra cura dare tempestiva informazione sugli sviluppi del confronto.

Partecipano:

DE GREGORIO DAVIDE – U.I.L.
GALANTE BRUNO – U.I.L
PURIFICATO ALESSANDRO – C.G.I.L.
SANTOMASSIMO ANTONIO – C.G.I.L.
COSENTINO GIANCARLO – C.I.S.L.
CARUSO GERMANA – C.I.S.L.
Componenti la Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Leggi: Richiesta incontro cgil cisl uil su inquadramento contrattuale messi comunali


DOCUMENTI INFORMATICI – Prorogata la data di entrata in vigore delle linee guida

Prorogato al 1° gennaio 2022 il termine a decorrere dal quale sarà obbligatoria l’adozione delle Linee Guida su formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici.
Lo ha stabilito l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) con la determinazione n. 371 del 18 maggio 2021, posticipando così la scadenza originariamente stabilita al 7 giugno 2021.

A seguito di numerose interlocuzioni e richieste di modifica provenienti da associazioni di categoria e amministrazioni, per quanto attiene in particolare, AgID ha introdotto alcuni importanti cambiamenti nell’ottica della semplificazione, ai fini della gestione e individuazione dei metadati che devono accompagnare i documenti informatici fin dalla loro formazione aggiornando gli Allegati 5 (Metadati) e 6 (Comunicazione tra AOO di Documenti Amministrativi Protocollati) e ha, inoltre, provveduto alla correzione di alcuni refusi nel testo delle Linee guida.


L’iscrizione a ruolo non interrompe la prescrizione

In tema di imposta di registro, il decorso del termine prescrizionale decennale per la riscossione dell’imposta definitivamente accertata non può ritenersi interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria ma solo dalla notifica della relativa cartella di pagamento.
Il principio è desumibile dalla Sentenza n. 11605 del 4 maggio 2021.
La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso avverso una cartella di pagamento notificata dalla società Equitalia Servizi di riscossione s.p.a. per somme dovute a titolo di imposta di registro, con cui il contribuente ha eccepito la prescrizione della pretesa tributaria.
Il ricorso è stato respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale che Regionale sul rilievo che il termine prescrizionale decennale era stato interrotto dalla notifica dell’avviso di liquidazione, nel termine triennale prescritto dall’art. 76 del D.P.R. n. 131/1986, con la conseguente reiezione dell’eccezione di decadenza sollevata dalla contribuente.
Per quanto di interesse la Commissione Tributaria Regionale ha affermato anche che il termine prescrizionale era stato interrotto non solo dalla notifica dell’atto impositivo ma anche a seguito dell’iscrizione a ruolo del debito tributario. È proprio su tale punto si è espressa la Corte di Cassazione dopo il ricorso proposto dal contribuente, accogliendo i relativi motivi di doglianza.
A riguardo il Collegio di legittimità ha richiamato il principio per cui, il termine decennale previsto per la riscossione dell’imposta di registro definitivamente accertata di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131/1986, “non può ritenersi interrotto dalla sola formazione del ruolo da parte dell’Amministrazione finanziaria, atteso che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2943 cod. civ., la prescrizione dei diritti è interrotta solo da un atto che valga a costituire in mora il debitore e, quindi, avente carattere recettizio, mentre l’iscrizione a ruolo di un tributo resta un atto interno dell’amministrazione”.
In altri termini, in materia di riscossione delle imposte, solo la prova della notificazione della cartella esattoriale è atto idoneo ad interrompere la prescrizione del credito tributario perché atto recettizio, in linea con l’art. 2943 co. 2 c.c. che prevede che la prescrizione è interrotta da ogni atto che valga a costituire in mora il debitore.
Nella fattispecie in commento, la prescrizione – già interrotta dalla notifica dell’avviso di liquidazione – decorre dalla data in cui l’avviso è stato notificato. Il nuovo atto interruttivo da considerare non è certamente l’iscrizione a ruolo, bensì la consegna della cartella all’ufficiale postale per la notifica.
Sulla base di tali motivazioni la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata con rimessione degli atti alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per il riesame della controversia nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.


Contrasto tra copia notificata ed originale in possesso dell’ufficio

L’avviso di accertamento notificato al contribuente senza alcune pagine, e quindi privo di dati essenziali, risulta nullo, anche se la copia originale in possesso dell’Ufficio è corretta. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10860 del 23 aprile 2021


La notifica in caso di irreperibilità temporanea

Qual è il modo per assolvere l’onere della prova circa il perfezionamento di una procedura di notifica di atto impositivo mediante l’impiego diretto del servizio postale in caso di temporanea assenza del destinatario, cosiddetta “irreperibilità relativa”?

E’ sufficiente la prova della spedizione della raccomandata informativa (CAD) o è necessario il deposito dell’avviso di ricevimento di tale raccomandata?

Sono i quesiti che la Quinta sezione civile della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite e a cui queste ultime hanno dato risposta con sentenza n. 10012 del 15 aprile 2021.

Con tale pronuncia, la Suprema corte si è pronunciata in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale, secondo le previsioni della Legge n. 890/1982, qualora l’atto notificato non venga consegnato al destinatario:

  • per rifiuto a riceverlo;
  • per temporanea assenza del destinatario stesso;
  • per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo.

Notifica postale e irreperibilità relativa del contribuente
In tali ipotesi – hanno sottolineato le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione – la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale, c.d. CAD.

Per gli Ermellini, non è a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima.

Soluzione della Cassazione: prova notifica solo con produzione giudiziale dell’avviso
Il massimo Collegio di legittimità ha così risolto il contrasto interpretativo esistente sulla questione all’interno della giurisprudenza di legittimità, che vedeva contrapposte due diversi indirizzi.

Un primo orientamento, consolidato soprattutto nel passato, afferma che ai fini della prova del perfezionamento della notifica postale diretta in caso di assenza temporanea del destinatario, è sufficiente che l’Ente impositore notificante produca in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto notificando con l’attestazione di spedizione della Cad.

L’altra lettura, affermatasi a partire dalla sentenza n. 5077/2019, ritiene invece che per considerare perfezionata la procedura di notificazione sia necessario verificare in concreto l’avvenuta ricezione della CAD e a tal fine il notificante è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento.

Ed è a questo secondo indirizzo che le SS.UU. della Corte di Cassazione hanno ritenuto di dover dare seguito.


Anche senza la buca delle lettere la notifica è valida

Nel caso di notifica per irreperibilità del destinatario, non rileva se quest’ultimo non ha una cassetta per la corrispondenza: è sufficiente che l’ufficiale giudiziario depositi copia dell’atto da notificare nella casa comunale e affigga avviso di deposito alla porta dell’abitazione.

Non ci si salva dalla notifica di atti giudiziari o di cartelle esattoriali se non si ha una cassetta delle lettere. Anche in tali casi, infatti, nonostante il rischio di smarrimento della corrispondenza lasciata sulle scale antistanti il portone, la notifica nei confronti del destinatario irreperibile è valida (ovviamente, sempre che l’ufficiale giudiziario abbia effettuato tutti gli adempimenti previsti dalla legge).

L’inesistenza della buca delle lettere è irrilevante ai fini della validità della notifica quando il destinatario non è presente a ritirare, di persona, la posta.

È questa la conclusione cui è pervenuta una sentenza della Corte di Cassazione n. 22883 del 08.10.2013

Del resto, ragionando diversamente, si arriverebbe a una conseguenza del tutto illogica: sarebbe sufficiente togliere la cassetta delle lettere per impedire all’Ufficiale di effettuare una notifica valida.

Pertanto, cosa succede in questi casi?

Il Messo Comunale deposita la copia dell’atto da notificare nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gli invia una raccomandata con avviso di ricevimento, a prescindere poi dal fatto che non vi sia la predetta cassetta postale ove “buttare” tale lettera.

Vedi anche: Consiglio di Stato sentenza n. 1024/2014

 


Non è sufficiente il semplice controllo delle risultanze anagrafiche

Nel caso di irreperibilità del contribuente presso la propria residenza, il messo deve svolgere effettive ricerche non essendo sufficiente un mero controllo delle risultanze anagrafiche. E ciò vale anche se già precedenti tentativi di notifica non sono andati a buon fine. Ad affermarlo la Cassazione con la sentenza n. 9292/2021 depositata il 7 aprile 2021.
Un contribuente, attraverso l’acquisizione di una copia dell’estratto di ruolo, scopriva l’esistenza di un precedente accertamento divenuto definitivo perché mai impugnato. Proponeva così ricorso al giudice tributario eccependo anche il vizio di notifica del provvedimento prodromico.
Entrambi i giudici di merito confermavano però la validità del procedimento notificatorio, nel presupposto che il messo notificatore aveva depositato l’atto presso la casa comunale con successiva affissione dell’avvenuto deposito, non avendo rinvenuto l’interessato presso la residenza nota. Peraltro, già in precedenza erano state tentate altre notifiche a mezzo posta non perfezionate sempre per irreperibilità, con la conseguenza che, secondo la Ctr, era legittima la procedura prevista per gli irreperibili assoluti.
Il contribuente ricorreva così in Cassazione lamentando un’errata interpretazione della norma (articolo 60, comma 1 lettera e, del Dpr 600/1973). Egli, infatti, era residente nell’indirizzo dove era stata tentata la notifica e pertanto il messo avrebbe dovuto considerarlo al più irreperibile relativo ossia momentaneo.
La Suprema corte, accogliendo la doglianza, ha rilevato che l’irreperibilità assoluta è quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente (articolo 60, comma 1 lettera e, del Dpr 600/1973).
Se, poi, nonostante le ricerche che il messo deve svolgere nel comune, non rinvenga l’effettiva abitazione, la notifica è ritualmente effettuata con deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del comune senza necessità di comunicazione all’interessato.
Il messo è così tenuto in primo luogo ad effettuare le necessarie ricerche per verificare l’eventuale mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune e che egli non abbia più né l’abitazione, né l’ufficio, né l’azienda nel Comune. Solo una volta accertata la sua irreperibilità è legittima la procedura di notifica attraverso il deposito nella casa comunale (Cassazione 4657/2020).
In tal senso, non è sufficiente rilevare le risultanze di una certificazione anagrafica poiché occorre che il messo effettui effettive ricerche e che di esse ne dia espresso conto nella relata (Cass. 24107/2016, nr. 19958/2018).


Sospensione per l’attività di notifica di nuove cartelle dell’Agenzia Entrate Riscossione, fino al 30 aprile

Con il decreto cd. “Sostegni” sono state previste ulteriori novità in materia di riscossione. In primo luogo – agendo sul decreto cd. “cura Italia” – è stato prorogato al 30 aprile 2021 (in precedenza era 28 febbraio 2021) il periodo di sospensione per l’attività di notifica di nuove cartelle, avvisi e di tutti gli altri atti di competenza dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. Prorogato al 30 aprile 2021 anche il termine di sospensione dei versamenti di tutte le entrate tributarie e non tributarie derivanti da cartelle di pagamento, avvisi di accertamento esecutivo, avvisi di addebito Inps, la cui scadenza ricade nel periodo tra l’8 marzo 2020 (ovvero dal 21 febbraio 2020 per i soggetti con residenza, sede legale o la sede operativa nei comuni della cd. “zona rossa” di cu all’allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020) ed il 30 aprile 2021. I pagamenti “sospesi” ed i relativi versamenti dovranno essere effettuati entro il mese successivo alla scadenza del periodo di sospensione e, quindi, entro il 31 maggio 2021.

Sempre fino al 30 aprile 2021 restano sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto Rilancio (19/5/2020), su stipendi, salari, altre indennità relative al rapporto di lavoro o impiego, nonché a titolo di pensioni e trattamenti assimilati. Cessati gli effetti della sospensione, e quindi a decorrere dal 1° maggio 2021, riprenderanno ad operare gli obblighi imposti al soggetto terzo debitore.

Rimarranno sospese fino al 30 aprile anche le verifiche di inadempienza delle Pubbliche Amministrazioni e delle società a prevalente partecipazione pubblica, da effettuarsi, ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/1973, prima di disporre pagamenti di importo superiore a 5.000 euro. Restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati dal 1° marzo 2021 alla data di entrata in vigore del decreto e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi.


Buona Pasqua !!!


Saturazione della casella di posta elettronica del destinatario

” Il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest’ultimo, in ragione dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”. Leggi

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