La pubblica amministrazione digitale frena lo spam

Necessario il consenso del titolare per fare marketing

Gli indirizzi Pec (Posta elettronica certificata) e i recapiti digitali non possono essere utilizzati se non per le comunicazioni aventi valore legale e per le comunicazioni da parte di enti pubblici. Per scopi diversi, come quelli del marketing, ci vuole il consenso dell’interessato.

Per limitare le comunicazioni elettroniche indesiderate, il decreto legislativo correttivo del Cad, Codice dell’amministrazione digitale, approvato ieri dal Consiglio dei ministri, chiarisce la portata della disposizione sull’uso dei domicili digitali, preferendo il generale divieto espresso di utilizzi diversi.

La norma è contenuta in un ampio provvedimento di modifica del dlgs 82/2005, con l’incentivo, oltre al resto, a digitalizzare i rapporti con i cittadini, promuovendo il domicilio digitale.

Nella versione finale, il testo ha cura di specificare che il domicilio digitale non deve diventare il luogo virtuale in cui facilmente accatastare (beninteso virtualmente, ma con fastidio reale) messaggi di spam.

Il Codice dell’amministrazione digitale prevede elenchi di indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti e delle pubbliche amministrazioni.

Il correttivo cambia il nome: non si parlerà più di posta elettronica certificata, ma di domicili digitali e gli elenchi delle Pec diventano elenchi di domicili digitali.

I domicili digitali comprendono, infatti, sia l’indirizzo di posta elettronica certificata sia il servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

Dei domicili digitali ci saranno tre elenchi: l’elenco dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti e cioè l’Indice nazionale dei domicili digitali (Ini-Pec, articolo 6-bis del Cad); l’Indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi (articolo 6-ter del Cad); e un terzo elenco, tutto nuovo, ovvero l’elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, chiamato dal decreto correttivo «Indice degli indirizzi delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato» (nuovo articolo 6-quater del Cad).

Siamo di fronte a liste molto appetibili, anche per il marketing. Non a caso il garante della privacy ha chiesto di modificare il nascituro articolo 6-quinquies del Cad, che si occupa di consultazione e accesso. Nel dettaglio della nuova disposizione, si prevede che la consultazione online degli elenchi di professionisti, imprese, p.a. e privati (articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater del Cad) è consentita a chiunque tramite sito web e senza necessità di autenticazione. Gli elenchi sono realizzati in formato aperto. Inoltre l’estrazione dei domicili digitali dagli elenchi sarà effettuata secondo modalità fissate da Agid nelle Linee guida.

Ma, attenzione, si aggiunge che in assenza di preventiva autorizzazione del titolare dell’indirizzo, è vietato l’utilizzo dei domicili digitali per finalità diverse dall’invio di comunicazioni aventi valore legale o comunque connesse al conseguimento di finalità istituzionali dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, del Cad (enti pubblici istituzionali, gestori servizi pubblici).

In una versione iniziale del decreto correttivo in esame si leggeva una diversa formulazione, secondo la quale in assenza di preventiva autorizzazione del titolare dell’indirizzo, comunicazioni, diverse da quelle aventi valore legali e diverse da quelle provenienti da p.a. e gestori di pubblici servizi, sarebbero state comunicazioni indesiderate ai sensi dell’articolo 130 del Codice della privacy (decreto legislativo 196/2003).

In proposito il garante della privacy ha chiesto di eliminare il riferimento all’articolo 130 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e di introdurre al suo posto un espresso divieto.

L’osservazione è stata accolta, per rendere più evidente, come spiega la relazione di accompagnamento, l’intento di limitare lo spam.

Questo generale divieto di utilizzare il domicilio digitale dovrà però essere coordinato con le norme del Regolamento Ue sulla privacy (n. 2016/679), e su questo si attendono i decreti legislativi da adottarsi ai sensi della legge 163/2017.


BUONE FESTE !!!

mail generale


Dpr 602/1973: modifiche all’art. 26

La Legge n. 172 del  4 dicembre 2017, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell’estinzione del reato per condotte riparatorie  (GU Serie Generale n.284 del 05-12-2017)  ha apportato, tra l’altro, la modifica dell’art. 26 del Dpr 602/1973 come segue:

2. All’articolo 26, primo comma, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo la parola: “municipale” sono aggiunte le seguenti: “; in tal caso, quando ai fini del perfezionamento della notifica sono necessarie più formalità, le stesse possono essere compiute, in un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, da soggetti diversi tra quelli sopra indicati ciascuno dei quali certifica l’attività svolta mediante relazione datata e sottoscritta”.

Pertanto il nuovo testo completo del succitato art. 26 è il seguente:

Art. 26. Notificazione della cartella di pagamento

La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale; in tal caso, quando ai fini del perfezionamento della notifica sono necessarie più formalità, le stesse possono essere compiute, in un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, da soggetti diversi tra quelli sopra indicati ciascuno dei quali certifica l’attività svolta mediante relazione datata e sottoscritta. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda. La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo ((del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI-PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600)). Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario. Nei casi previsti dall’art. 140, del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune. (2) L’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 del predetto decreto; per la notificazione della cartella di pagamento ai contribuenti non residenti si applicano le disposizioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. (1)

————- AGGIORNAMENTO (1) La Corte costituzionale, con sentenza del 24 ottobre – 7 novembre 2007, n. 366 (in G.U. 1a s.s. 14/11/2007, n. 44), ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 58, primo comma e secondo periodo del secondo comma, e 60, primo comma, lettere c), e) ed f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), e dell’articolo 26, ultimo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), che le disposizioni contenute nell’articolo 142 del codice di procedura civile non si applicano”.

————- AGGIORNAMENTO (2) La Corte Costituzionale, con sentenza 19 – 22 novembre 2012, n. 258 (in G.U. 1a s.s. 28/11/2012, n. 47), ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nella parte in cui stabilisce che la notificazione della cartella di pagamento «Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile […] si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600», anziché «Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario […] si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, primo comma, alinea e lettera e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600»”.


Equitalia: nulle le cartelle esattoriali a mezzo pec col pdf

La Commissione Tributaria Provinciale di La Spezia conferma il proprio orientamento dichiarando illegittime le notifiche effettuate dall’Agente della Riscossione dove venga utilizzata la pec con semplice allegazione di pdf e senza attestazione di conformità

Nuovo pronunciamento della Commissione Tributaria Provinciale della Spezia in materia di notifiche a mezzo P.e.c. delle cartelle esattoriali effettuate dall’agente della riscossione.

La Commissione con la sentenza gemella (n. 420/2017 sotto allegata) ha confermato il proprio orientamento espresso pochi giorni addietro (cfr. sent. n. 415/2017) in tema di notifiche delle cartelle esattoriali a mezzo p.e.c.: sono illegittime le notifiche effettuate dall’Agente della riscossione (Equitalia), ai contribuenti dove venga utilizzata la posta elettronica certificata con semplice allegazione di un file pdf e senza tra l’altro l’attestazione di conformità.

E’ questo il principio di diritto espresso nuovamente dalla Commissione Tributaria Provinciale della Spezia con provvedimento a firma del Giudice Alessandro Ranaldi – ha visto segnare per la seconda volta il punto contro l’Agente della riscossione – da parte di società spezzina patrocinata dallo scrivente.

Con articolata sentenza, la Ctp ha accolto nuovamente le argomentazioni difensive – ribadendo e confermando la propria posizione in tema di notifiche a mezzo p.e.c. “accertato che la cartella allegata alla P.e.c. e notificata sotto forma di documento informatico risultava essere un semplice file pdf privo dell’estensione ‘p7m’, unico formato che rende valido ed esistente l’atto notificato”. La cartella come creata è illegittima così come è illegittimo l’intero processo notificatorio.

La Commissione ha evidenziato, ancora una volta, quale ulteriore criticità che l’atto notificato va attestato conforme all’originale, potere di certificazione di cui i funzionari di Equitalia sono sprovvisti.

Leggi: Ctp La Spezia, sentenza n. 420-2017


AVVISO DI SERVIZIO: CHIUSURA PER MANUTENZIONE SITO WEB annamessi.it

Il sito https://www.annamessi.it/ sarà CHIUSO per operazioni di manutenzione dalle ore 21.00 di venerdì 17.11.2017 alle ore 21:00 del giorno lunedì 20.11.2017.

Ci scusiamo per il disagio


Multe e atti giudiziari: arriva la gestione digitale delle notifiche

 L’Agcom ha avviato le procedure di consultazione sulle notifiche di multe e atti giudiziari da parte dei privati e le altre novità introdotte dalla legge sulla concorrenza

L’Autorità per le Garanzia nelle Comunicazioni è intervenuta affinché possa essere data presto attuazione alle numerose innovazioni normative introdotte dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza. Si tratta di novità che involgono diversi ambiti, tra cui le modalità di esercizio del diritto di recesso (con costi noti a priori), l’acquisizione del consenso espresso e documentato per la fornitura dei servizi in abbonamento, nonché le modalità del sistema di notificazione dopo l’addio del monopolio di Poste Italiane.

Per dare seguito a quanto previsto dalla legge, come dichiarato in un comunicato stampa del 18 settembre (qui sotto allegato), l’Agcom ha deciso di avviare quanto prima un confronto con gli operatori così da assicurare che l’implementazione delle nuove norme sia efficace ed effettiva, in particolare quanto alle misure relative al settore postale. La legge sulla concorrenza (n. 124/2017) ha rappresentato un passaggio fondamentale per il completamento del processo di liberalizzazione dei servizi postali richiesto dall’UE, volto ad abolire qualunque forma di monopolio, di riserva e di diritti speciali nel settore postale e ad adottare tutte le misure necessarie alla completa apertura del mercato Agcom ha quindi approvato un documento di consultazione (qui sotto allegato), aperto alle osservazioni degli interessati, riguardante la regolamentazione del rilascio delle licenze per le notificazioni (di atti giudiziari e violazioni codice della strada) attraverso il servizio postale, un settore liberalizzato a seguito di eliminazione dell’esclusiva riconosciuta a Poste Italiane.

Nel documento sono esposti gli orientamenti che l’Autorità intende seguire nella regolamentazione, ad esempio i requisiti che gli operatori dovranno possedere per svolgere il servizio, nonché gli obblighi a cui saranno sottoposti per assicurare la massima correttezza nello svolgimento dell’attività, e sono altresì avanzate nuove proposte. Venuto meno il monopolio di Poste sui servizi di notificazione e comunicazioni circa atti giudiziari e multe, la legge ha stabilito che spetti ad Agcom, sentito il Ministero della giustizia ed entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, la determinare obblighi e requisiti per il rilascio delle licenze individuali per lo svolgimento del servizio. Gli obblighi dovranno rispettare parametri attinenti “alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi”, i requisiti, invece, dovranno essere delineati alla luce delle richiamate nozioni di affidabilità, professionalità e onorabilità dei richiedenti.

Le “nuove” licenze andranno rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico e l’Autorità non manca di valutare che quanto stabilito andrà letto tenendo presente il decreto legislativo, di cui il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato lo schema, recante disposizioni integrative e correttive al Codice dell’amministrazione digitale. Poiché il settore della licenza in materia di notifica a mezzo servizio postale si caratterizza per un regime più rigoroso rispetto a quella ordinaria, per l’Agcom appare necessario non solo richiamare in toto le previsioni applicabili a quest’ultima tipologia di licenza, ma anche specificare obblighi e requisiti aggiuntivi che andranno specificati con riferimento al servizio di notificazione. Lo stesso anche per quanto riguarda le norme sui titoli abilitativi (rilascio, diffida, sospensione e revoca del titolo, etc.). Tutto ciò allo scopo di tutelare l’interesse pubblico alla massima sicurezza e correttezza nello svolgimento di tale attività, ad esempio assicurando al destinatario della notificazione il diritto fondamentale a essere messo in grado di conoscere il contenuto dell’atto. All’uopo risulta necessario che l’operatore sia un soggetto qualificato affinché venga scongiurato ogni tipo di disservizio e criticità e andranno evitati procedimenti segmentati di notificazione.

Inoltre, va preservato anche l’interesse del mittente a poter scegliere l’offerta individuando, a priori, con garanzie di certezza e trasparenza, il soggetto al quale affidarsi anche al fine di determinare eventuali responsabilità. Trattandosi di attività delicata, per l’Autorità dovranno essere individuati operatori che rispondano ai menzionati requisiti di affidabilità, professionalità e onorabilità per tutte le tipologie di licenza a mezzo posta (in ambito regionale e nazionale, per atti giudiziari e per le multe) che dovranno esserci all’atto della presentazione della domanda e permanere per tutta la durata della licenza. La perdita anche di uno solo dei requisiti richiesti comporterà automaticamente la decadenza dalla licenza che verrà dichiarata dal Ministero dello sviluppo economico, il quale a tale scopo potrà svolgere controlli periodici per verificarne la permanenza.

Tra le soluzioni innovative che alcuni operatori stanno già proponendo all’utenza sempre più attratta dall’utilizzo dei servizi digitali, l’Autorità evidenzia la dematerializzazione e la digitalizzazione di fasi del procedimento di notificazione. Si tratta, ad esempio, della possibilità offerta ai destinatari di ritirare la posta raccomandata inesitata attraverso modalità digitali, scaricando l’invio digitalizzato connettendosi alla rete da qualsiasi punto e previa digitazione di apposite user id e password (e in un prossimo futuro, probabilmente, anche attraverso l’utilizzo del più semplice SPID). La gestione digitale di alcune fasi del procedimento di notifica e in particolare, di quella di recapito digitale dell’avviso di ricevimento, sembrerebbe in linea con le norme della legge 890/1982 che già prevedevano, in un diverso scenario tecnologico, la possibilità di utilizzare modalità alternative.

Laddove la modifica digitale fosse adottata anche soltanto per l’avviso di ricevimento degli atti giudiziari (uno degli aspetti più problematici dell’intera procedura di notifica), secondo l’Autorità il mercato dei servizi postali ne trarrebbe notevole giovamento, generando anche indubbi vantaggi per l’utenza servita grazie al possibile abbattimento dei costi relativi alla restituzione fisica al mittente. L’Agcom ritiene pertanto opportuno prevedere che, in sede di domanda per ottenere il rilascio della licenza il richiedente si impegni a realizzare, nel triennio successivo, un piano per la gestione digitale di alcune fasi del procedimento di notificazione. Continuità e disponibilità del servizio, secondo l’Autorità, potranno essere meglio garantiti introducendo obblighi quanto alla capillarità dei punti di raccolta e di consegna degli invii, nonché consentendo al destinatario di ritirare l’invio inesitato anche nelle ore pomeridiane.

Per ridurre al minimo l’onere del destinatario di recarsi presso una struttura fisica dell’operatore per ritirare la corrispondenza che non è stato possibile consegnare al destinatario, andrebbe prevista non solo un’adeguata diffusione dei punti di giacenza (con distribuzione omogenea in base alla popolazione e all’ambito territoriale), ma anche misure alternative, come la consegna su appuntamento, che assicurino, con continuità e certezza, la corretta gestione dell’invio inesitato attraverso il contatto con il cliente.

Ancora, al destinatario dovrà essere consentito di ritirare l’invio postale presso la struttura in cui è giacente (indicata nell’avviso) in un orario compreso almeno tra le ore 9.00 e le 19.00. A tal fine, le strutture dovranno essere aperte almeno due pomeriggi a settimana e almeno dalle ore 15.30 alle ore 19.00 oltre che il sabato mattina (orari e giorni compatibili con la normale attività lavorativa).

Leggi: AGCOM consultazione pubblica su regolamentazione del rilascio delle licenze 2017

Leggi: AGCOM Documento sulla regolamentazione del rilascio delle licenze 2017


AVVISO DI MOBILITA’ ESTERNA VOLONTARIA (Messi Notificatori) – Comune di Novara

AVVISO DI MOBILITA’ ESTERNA VOLONTARIA, AI SENSI DELL’ART. 30 DEL D.LGS. 30.3.2001 N° 165 E S.M.I., PER LA COPERTURA DI N° 1 POSTO DI COLLABORATORE SERVIZI AUSILIARI (CON MANSIONI DI MESSO NOTIFICATORE) CATEGORIA GIURIDICA B3

 SCADENZA PRESENTAZIONE DOMANDE:

11 OTTOBRE 2017 

E’ indetta una procedura di mobilità esterna volontaria per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di n° 1 posto di COLLABORATORE SERVIZI AUSILIARI (CON MANSIONI DI MESSO NOTIFICATORE) – CATEGORIA GIURIDICA B3.

Leggi: Bando mobilità Messo Notificatore – Comune di Novara


Anche l’avvocato pubblico deve usare il badge?

Quattro avvocati pubblici (dipendenti di una A.S.L. campana) nel 2016 si vedevano consegnare dal datore di lavoro il tesserino magnetico marcatempo, con l’obbligo di timbratura contenuto in apposito provvedimento, pena l’adozione di misure disciplinari; costoro, invocando il particolare status dei legali e le peculiari modalità con le quali veniva svolta la prestazione lavorativa nell’interesse dell’Ente, gravavano allora l’atto dinanzi al TAR. I legali sostenevano, nell’impugnativa, che un uso indiscriminato del sistema di rilevazione delle presenze avrebbe inevitabilmente comportato una implausibile limitazione dei profili di autonomia professionale e di indipendenza indiscutibilmente riconosciuti dal vigente ordinamento (anche) agli avvocati dipendenti delle Amministrazioni pubbliche.

Nel procedimento era intervenuta ad adiuvandum, a sostegno dei ricorrenti, anche una organizzazione sindacale. Il TAR campano con sentenza n. 1368 del 30 agosto 2017 (sotto riportata) ha respinto il ricorso. Dopo aver premesso che della questione, in generale, la giurisprudenza amministrativa aveva già avuto modo di occuparsi (il Consiglio di Stato, con decisione n. 2434 del 7 giugno 2016 ha infatti osservato che le prerogative di autonomia ed indipendenza non sono lese da ordini di servizio riconducibili alla verifica funzionale del rispetto degli obblighi lavorativi di diligenza e correttezza nei confronti del datore di lavoro, che obbligano ovviamente anche l’avvocato iscritto all’elenco speciale), i giudici salernitani hanno rilevato che con gli atti contestati non si realizza affatto una “indebita ingerenza” nell’esercizio intrinseco della prestazione d’opera intellettuale propria della professione forense, e cioè “nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente”, ai sensi dell’art. 23 Legge n. 247 del 2012 (cioè la normativa generale sulla professione di avvocato), ma, semplicemente, si sottopone l’attività a forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell’ufficio dell’avvocato dell’ente pubblico all’organizzazione amministrativa dell’ente stesso.

Leggi: TAR campano – sentenza n. 1368 del 30 agosto 2017 


Rischia la reclusione chi falsifica o altera le email

La Cassazione conferma la condanna per una dipendente comunale che ha falsificato la notifica di ricezione di una mail

Rischia il carcere chi falsifica le mail oppure l’avvenuta ricezione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, V sezione penale, nella sentenza n. 39768/2017 (sotto riportata) con cui ha confermato la condanna a otto mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, a una donna che aveva falsificato la notifica di ricezione di una mail.
In particolare, l’imputata era stata condannata ex art. 617-sexies c.p. (Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche) poiché, in quanto dipendente comunale, aveva formato falsamente e inviato alla persona interessata, facendone così uso, la notifica di avvenuta lettura della e-mail di convocazione, in realtà mai pervenuta alla stessa, per un colloquio per il posto di agente di Polizia Municipale.
Tutto questo allo scopo di occultare la propria responsabilità relativamente all’invio di tale comunicazione all’indirizzo e-mail errato, errore che aveva determinato l’esclusione della concorsista dalla graduatoria.
La condotta del delitto punito dall’art. 617-sexies c.p., precisano i giudici, consiste nel formare, falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione informatica o telematica, ovvero nell’alterare, sopprimere, in tutto o in parte, il contenuto di una comunicazione informatica o telematica vera, anche se solo occasionalmente intercettata, allo scopo di procurarsi un vantaggio o di arrecare ad altri un danno.
Il reato, pur inserito nel corpo della sezione dedicata ai delitti contro l’inviolabilità dei segreti, delinea una particolare figura di falso, caratterizzata in ragione del suo oggetto: il dolo richiesto per l’ipotesi delittuosa in esame è specifico e consiste infatti nella coscienza e volontà di procurarsi direttamente o indirettamente un vantaggio, non necessariamente di carattere patrimoniale, o di recare ad altri un danno.
Deve poi essere oggettivamente riscontrabile, in conseguenza dell’azione del soggetto agente, la materiale alterazione o soppressione dell’informazione attinta. Occorre infine che dell’alterazione compiuta l’agente abbia fatto uso o abbia semplicemente tollerato un uso a opera di altri; deve quindi esservi stata consapevolezza della diffusione esterna di una rappresentazione informativa non genuina o non corrispondente a verità.
Inutile per la ricorrente insistere sulla mancanza del “corpo del reato” (che avrebbe potuto essere solo un documento informatico) e sulla mancata ispezione tecnica e verifica peritale dei personal computer sia della denunciante, sia della denunciata, senza la quale non avrebbe potuto ritrarsi alcuna certezza circa la pretesa falsificazione informatica.
La prova della falsificazione del documento informatico, prosegue il provvedimento, può essere ricavata da un esame tecnico diretto delle memorie dei due computer interessati e tuttavia può essere raggiunta, in modo convincente e oltre ogni ragionevole dubbio, anche sulla base di elementi probatori differenti da una perizia tecnica, che dimostrino in modo certo l’avvenuta alterazione.
Nella fattispecie gli elementi di prova raccolti e analizzati confortavano comunque, al di là del ragionevole dubbio, la ritenuta sussistenza della falsificazione, pertanto è legittima la condanna della donna posto che la cornice edittale prevista dalla norma punisce il colpevole con la reclusione da uno a quattro anni.

Leggi: Carcere per chi falsifica le mail – Cassazione sentenza n. 39768/2017 


Notifica via pec non valida se non contiene file con estensione .p7m

E’ stato stabilito dalla CTP di Reggio Emilia che non ha validità la notifica di un atto impositivo avvenuta via PEC, se l’atto in essa contenuto ha l’estensione pdf e non quella p7m.
Il motivo è che solo quest’ultima estensione garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, nonché l’identificabilità del suo autore con firma digitale.
La sentenza che l’ha stabilita è la n.204/2017 che ha affrontato per la prima volta la questione sull’estensione del file che contiene l’atto impositivo, soprattutto considerando che oltre alle cartelle nei prossimi mesi anche gli avvisi di accertamento saranno notificati via Posta Elettronica Certificata.
Nel caso specifico, una società si era vista notificare diverse cartelle di pagamento, alcune delle quali via PEC. Tuttavia, il file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione era il pdf.
E’ stato dunque ribadito che la notifica via PEC non è valida se avviene, come nella fattispecie, tramite messaggio di posta elettronica certificata che contenga il file della cartella con questa estensione, poiché con la notifica via PEC in formato pdf, non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale.
Al contrario, l’estensione p7m del file notificato, che rappresenta la cosiddetta busta crittografica contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma.
Nei casi in cui venga a mancare questa estensione del file, la notificazione via PEC delle cartelle di pagamento viene considerata non valida con annullamento derivato delle cartelle stesse.

Leggi: CPT RE 204-2017 (Notifica) (atto firmato PDf e non P7M)


Assenteismo, l’Inps dichiara guerra ai “fannulloni seriali”: un software scoverà i lavoratori da controllare d’ufficio

Giro di vite nella lotta all’assenteismo da parte dell’Inps. Da settembre i controlli sulle assenze dei dipendenti pubblici potranno essere effettuati anche d’ufficio, senza che sia il dirigente a farne richiesta. La novità più importante è però un nuovo software che, incrociando i dati in possesso dell’Istituto, scoverà i nomi degli “assenteisti seriali” e consentirà un piano di verifiche “selettive”.
L’obiettivo del sistema “Savio” è quello di sconfiggere in particolare il fenomeno delle assenze a ridosso del fine settimana o dei festivi. Per gli statali le visite saranno possibili sette ore al giorno, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Per i dipendenti privati, invece, resta l’orario già in vigore, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Non è escluso però che a breve gli orari vengano armonizzati.
La rivoluzione è la conseguenza dell’istituzione del “Polo unico delle visite fiscali”.

Dall’1 settembre sarà l’Inps, con il definitivo passaggio di consegne dalle Asl, a sorvegliare sulle assenze per malattia, anche se a saltare la giornata di lavoro sono dipendenti pubblici.


PayPal approda su PagoPA

PayPal si aggiunge ai sistemi di pagamento disponibili sulla piattaforma PagoPA con il supporto di Intesa Sanpaolo. Sarà utilizzabile per pagare tasse, bollo auto, mensa scolastica
Negli stessi giorni in cui sembra che il progetto ANPR riprenda velocità, arriva una notizia interessante per i servizi di pagamento di PagoPA, l’iniziativa messa a punto dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Come è risaputo PagoPA è un ecosistema di regole, standard e strumenti definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale e accettati dalla Pubblica Amministrazione, dalle Banche, Poste ed altri istituti di pagamento ( Prestatori di servizi di pagamento – PSP) aderenti all’iniziativa, e come tale dovrebbe agevolare i processi di pagamento, e favorire sia i privati sia la PA, quest’ultima con la certezza e l’automazione delle riscossioni, la riduzione dei costi grazie alla standardizzazione dei processi, e la semplificazione e la digitalizzazione dei servizi.

Con il supporto di Intesa SanPaolo la novità odierna è che tra i sistemi di pagamento possibili e disponibili su PagoPA approda anche PayPal, che sarà quindi utilizzabile per le bollette online, le tasse, la mensa scolastica, il bollo auto, direttamente dai siti di servizio della PA.
Se ne serviranno circa 6 milioni di italiani e oltre 200 milioni nel mondo, mentre Intesa Sanpaolo beneficerà della presenza diretta sulla piattaforma PagoPA con un servizio di pagamento personalizzato che comprende carte di credito, prepagate, Internet, cellulare e telefono.
Intanto PagoPA è adottato già da 22 mila uffici PA, da banche e poste, istituti di credito e privati che possono essere individuati da logo PagoPA.
E PayPal Italia a sua volta con Federico Zambelli Hosmer, GM di PayPal Italia commenta: “Semplificare attraverso il digitale il modo di pagare i tributi, la mensa scolastica ed altri servizi pubblici, significa eliminare le code agli sportelli, i tempi di attesa e contribuire al miglioramento della relazione fra il cittadino e la Pubblica Amministrazione. Il nostro obiettivo consiste nel contribuire a colmare il gap digitale che ancora ci separa dal resto dell’Europa e far sì che sempre più italiani utilizzino PayPal almeno una volta al giorno”.


La mancata notificazione telematica disposta dalla legge in via esclusiva, comporta l’annullamento della notificazione

A seguito dell’introduzione del “domicilio digitale” (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-sexies, modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114), non è più possibile procedere, ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende la controversia e ciò anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.
In applicazione del principio sopra trascritto, la Corte di Cassazione con la decisione n. 17048 del 11 luglio 2017 ha ritenuto nulla la notifica della sentenza d’appello eseguita presso la cancelleria della Corte d’Appello posto che la stessa doveva essere notificata alla PEC del destinatario risultante dal REGINDE o da INIPEC.
Alla nullità della notificazione segue l’inidoneità della stessa a far decorrere il termine di impugnazione di cui all’art. 325 cod. proc. civ., con la conseguenza che il ricorso proposto dalla ricorrente prima della scadenza del termine “lungo” previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. deve essere considerato tempestivo.
Il principio applicato dalla Suprema Corte è corretto al pari delle conseguenze scaturite dalla sua applicazione; dal 25 giugno 2014 è infatti in vigore l’art. 16 sexies DL. 179/12 introdotto dall’art. 52 del DL 90/14 il quale dispone che:
“Salvo quanto previsto dall’articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia.”.
Ciò significa che se il destinatario della notifica non ha eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, il difensore dovrà notificare la relativa sentenza (ai fini della decorrenza del termine breve) non in cancelleria ma alla PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi e quindi da INIPEC o dal REGINDE.
Ancora prima dell’introduzione dell’art. 16 sexies DL 179/12, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 10143 del 20 giugno 2012, avevano di fatto affermato che a seguito dell’obbligo per il difensore di indicare nell’atto il proprio indirizzo PEC (introdotto alla luce delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c, apportate dall’art. 25 della L. 12 novembre 2011, n. 183, in vigore dal 1° febbraio 2012) e ciò in quanto “…dopo l’entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c., apportate rispettivamente dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest’ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.
Nel caso oggetto di commento, la Corte di Cassazione deve preliminarmente esaminare l’eccezione di tardività del ricorso formulata dal contro ricorrente considerando che, ove la stessa fosse risultata fondata, comporterebbe l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata e l’inesistenza del potere decisorio degli Ermellini.
Il controricorrente ritiene e sostiene che il ricorso per Cassazione sia stato notificato a termine ormai scaduto posto che la sentenza d’appello era stata notificata presso la cancelleria della Corte d’appello di Milano in data 11 giugno 2015 e che, pertanto il termine per proporre ricorso per cassazione doveva considerarsi scaduto il successivo 10 settembre, mentre il ricorso era stato effettivamente notificato in data 22 ottobre 2015.
Aggiunge il controricorrente che la notificazione presso la cancelleria si era resa necessaria e pertanto giustificata considerando che l’attuale ricorrente nel giudizio di appello non avrebbe effettuato elezione di domicilio alcuna e che l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore era indicato solamente quale recapito per le comunicazioni di cancelleria ma non anche per le notificazioni.
La società ricorrente sostiene, invece, che la controparte non avrebbe potuto notificare la sentenza presso la cancelleria della corte d’appello, avendo l’onere di procedere alla notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante in atti.
La Suprema Corte, dopo aver attentamente e scrupolosamente passato in rassegna il quadro normativo di riferimento, ritiene infondata l’eccezione sollevata dalla controricorrente ritenendo assolutamente tempestivo il ricorso per cassazione notificato nel rispetto dei termini di cui all’art. 327 c.p.c.
In assenza della norma sul “domicilio digitale” ricorrerebbero le condizioni alle quali per il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, comma 2, (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore) l’attuale ricorrente avrebbe dovuto considerarsi domiciliata ex lege presso la cancelleria della Corte d’appello di Milano ma, il R.D. ora citato deve essere raccordato (dal 25 giugno 2014) con la disciplina del c.d. “domicilio telematico” e delle notificazioni a mezzo di posta elettronica certificata (PEC).
Diverse pronunce della Cassazione hanno tuttavia ridimensionato il rilievo della “elezione” del domicilio telematico affermando (per fatti verificatisi prima del 25 giugno 2014) che, “..mentre l’indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l’obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica, non altrettanto può affermarsi nell’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica sia stato indicato in ricorso per le sole comunicazioni di cancelleria” così come stabilito da: Sez. 6 – 3, sentenza n. 25215 del 27/11/2014, Rv. 633275; Sez. 6 – 3, ordinanza n. 2133 del 03/02/2016, Rv. 638920 e, da ultimo, Sez. 3 sentenza 20 giugno 2017 n. 15147.
Ma, come già evidenziato, anche l’ambito applicativo del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 ha subito, a sua volta, un giusto e doveroso ridimensionamento considerando che, a seguito di tutte le modifiche normative la domiciliazione ex lege presso la cancelleria è oggi prevista solamente nelle ipotesi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario. Nelle restanti ipotesi, ovverosia quando l’indirizzo PEC è disponibile, è fatto espresso divieto di procedere a notificazioni o comunicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa.
Residua, tuttavia, un ristretto margine di applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Si tratta del caso in cui l’uso della PEC è impossibile per causa non imputabile al destinatario. In tale ipotesi, le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni degli atti vanno effettuate nelle forme ordinarie, ai sensi degli artt. 136 ss. cod. proc. civ.: solamente in tale eventualità assume rilievo – ai fini del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 cit., comma 2, – l’omessa elezione del domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario.

La sentenza è oltremodo interessante visto che non viene ritenuta valida la notificazione non effettuata all’indirizzo pec del destinatario a fronte di quanto disposto dall’art. 16-bis del DL 179/2012.
Tale norma infatti dispone la notifica in via esclusiva all’indirizzo pec del destinatario, quindi tale decisione sembra aprire ad ulteriori annullamenti delle notificazioni effettuate in contrasto all’obbligo di notifica telematica esclusiva che potrebbe riguardare in futuro anche gli atti dell’A.d.E., visto che la mancata attuazione del combinato disposto degli artt. 6-bis e 3-bis del dlgs 82/2005 e art. 60, 7° comma del DPR 600/1973, pone sostanzialmente sullo stesso piano le due situazioni.

Leggi il testo della sentenza: Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11.07.2017 n. 17048


Stop al monopolio delle Poste Italiane su multe e atti giudiziari

Concorrenza, la riforma è legge

Il provvedimento interessa assicurazioni, mercato dell’energia, liberi professionisti, Poste, banche ma anche albergatori e farmacie.

Il provvedimento sulla concorrenza interviene anche nel settore dei servizi postali con la soppressione, a partire dal 10 settembre 2017, del monopolio di Poste Italiane nel servizi di notifica e comunicazione degli atti giudiziari oltre che delle notifiche relative a violazioni del Codice della Strada.

A partire dal 10 settembre, dunque, multe e atti giudiziari non saranno consegnati solo dai postini, ma anche da altri operatori, e le notifiche saranno valide a tutti gli effetti, col conseguente venir meno di tutte le sentenze che avevano sancito sinora la nullità  delle consegne effettuate da servizi privati.

Testo approvato dal Parlamento in data 2 agosto 2017 e non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale:

58. Al decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)       all’articolo 2, comma 14, lettera b), le parole: «e dei proventi per i servizi affidati in via esclusiva, di cui all’articolo 4» sono soppresse a decorrere dal 10 settembre 2017;

b)      l’articolo 4 è abrogato a decorrere dal 10 settembre 2017;

c)       all’articolo 5, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, nonché per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall’articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità , alla continuità , alla disponibilità  e all’esecuzione dei servizi medesimi.»;

d)      all’articolo 10, comma 1, le parole: «e dai servizi in esclusiva di cui all’articolo 4» sono soppresse a decorrere dal 10 settembre 2017;

e)      all’articolo 21, il comma 3 è abrogato a decorrere dal 10 settembre 2017.

58. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Autorità  nazionale di regolamentazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u quater), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, determina, ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del predetto decreto legislativo n. 261 del 1999, e successive modificazioni, sentito il Ministero della giustizia, gli specifici requisiti e obblighi per il rilascio delle licenze individuali relative ai servizi di cui all’articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo n. 261 del 1999, introdotto dal comma 57 del presente articolo; con la stessa modalità  l’Autorità  determina i requisiti relativi all’affidabilità , alla professionalità  e all’onorabilità  di coloro che richiedono la licenza individuale per la fornitura dei medesimi servizi.


Nuova modulistica di Poste Italiane

Poste Italiane ha modificato le buste e le relative cartoline per la notificazione postale ed introdotto un nuovo prodotto che va a colmare una lacuna. Il nuovo prodotto è la raccomandata contenente una comunicazione inerente il procedimento notificatorio. La legge 890/1982 infatti dispone non solo in merito alla notificazione postale vera e propria ma anche a quegli avvisi che l’agente notificatore deve inviare a casa del destinatario quando la notificazione non è avvenuta mediante consegna a mani proprie, attività attualmente rientrante nella riserva esclusiva di Poste Italiane. Si tratta quindi della raccomandata del 139 c.p.c., della raccomandata A.R. del 140 c.p.c. e della raccomandata di cui all’art. 60 lett. b-bis DPR 600/1973 per quanto riguarda le notifiche realizzate dai Messi Comunali.
Nonostante la legge 890/1982 si riferisca sia alla notifica postale che alle comunicazioni connesse alla notificazione, Poste Italiane aveva predisposto il modello postale solo per le buste e relative cartoline per la notifica postale, tanto che gli ufficiali giudiziari utilizzavano la busta verde anche per la raccomandata del 139 c.p.c. che non necessiterebbe di avviso di ricevimento e per il 140 c.p.c. con un avviso di ricevimento con restituzione in raccomandazione, quindi con costi più elevati del necessario.
Il nuovo prodotto di poste italiane quindi giunge con molto ritardo a colmare un vuoto che si protrae dal 1982. In effetti le buste e cartoline necessarie alle raccomandate in questione, dovranno essere fornite da Poste Italiane e dovranno essere predisposte secondo precisi criteri, pena la mancata accettazione tranne che l’ufficio che ne ha necessità non intenda dotarsi delle relative buste e cartoline in proprio, ma ovviamente osservando scrupolosamente i particolari limiti e criteri previsti per il prodotto. Si tratta di criteri di localizzazione dell’indirizzo del destinatario e del mittente in determinati spazi e apposizione del relativo codice in una zona precisa che serviranno a garantire una lettura automatica e quindi uno smistamento più preciso e veloce di questo tipo di corrispondenza. Inoltre per le raccomandate A.R., come ad esempio quella del 140 c.p.c., è prevista la restituzione dell’avviso di ricevimento decorso il decimo giorno dal deposito presso l’ufficio postale senza ritiro del plico. Ciò consentirà di disporre dell’avviso di ricevimento prima dei 30 giorni necessari al compimento dei termini previsti per il deposito postale. Tale beneficio quindi è subordinato all’acquisto delle buste e delle cartoline presso l’ufficio postale, già dotate di codice di spedizione, che si tradurrà in un costo che inciderà ulteriormente sul prezzo di spedizione al quale viene applicata la stessa tariffa che Poste Italiane applica alle CAN e CAD previste dagli artt. 7 e 8 della legge 890/1982.
La novità quindi è solo sul fronte della tipologia di prodotto postale ma non su quello normativo. Se dovessimo ritenere che sia indispensabile spedire le raccomandate previste dall’art. 139 c.p.c., 140 c.p.c. e art. 60 lett. b-bis, dovremmo chiederci come mai la mancanza del relativo prodotto per così tanti anni non abbia determinato vizi di notificazione. Quindi, a fronte di un beneficio come ad esempio sarà la restituzione dell’avviso del plico depositato decorso il 10° giorno e la presunta velocizzazione e precisione dello smistamento, bisogna anche considerare i costi.
Attualmente la raccomandata A.R. inerente l’art. 140 c.p.c., costa euro 4,10 se spedita con macchina affrancatrice o mediante affidamento a Poste Italiane con specifico contratto, a fronte di euro 5,00 per la CAN (art. 139 c.p.c. e art. 60 lett. b-bis) ed euro 5,95 per la CAD (art. 140 c.p.c.), quindi se non interverranno ulteriori novità che costringano i Messi Comunali a passare al nuovo prodotto la differenza sostanziale è sui costi e quindi soprattutto su questo fronte sembra si affermerà o meno la nuova modalità di spedizione delle raccomandate connesse alla notificazione.

Circolare di Poste Italiane

Spett.le ENTE
Roma, 02 febbraio 2017
Come è noto, la notifica degli atti giudiziari e delle comunicazioni connesse costituisce un momento fondamentale dei procedimenti giudiziari ed amministrativi. In tale ottica, Poste Italiane ha progettato una serie di migliorie che, permetteranno ai clienti di beneficiare di un servizio di maggiore qualità. Le iniziative oggetto dell’intervento sono le seguenti, valide dal 27 febbraio 2017. Revisione della modulistica dell’Atto Giudiziario Per facilitare la gestione delle spedizioni e consentire puntuali attività di verifica e ricerca dell’invio, l’Azienda ha rivisto l’avviso di ricevimento – modello 23L/AG – riportando sullo stesso oltre al codice della cartolina stessa, un’etichetta spellicolabile con il codice identificativo del piego. I due codici – c.d. codice 23L e codice AG – saranno univoci e collegati tra loro da un offset (intervallo numerico standard) predefinito.
La soluzione consentirà di differenziare in questo modo il piego e l’avviso di ricevimento e di migliorare, così, notevolmente la qualità del processo di notifica grazie al passaggio ad una lavorazione meccanizzata. Sviluppo di specifiche caratteristiche per le Comunicazioni connesse all’Atto Giudiziario
L’identificazione univoca delle comunicazioni connesse alla notifica degli atti giudiziari effettuate dagli Ufficiali Giudiziari, Messi Notificatori ed altri Soggetti legittimati da specifiche disposizioni (ossia le raccomandate ex artt. 139, 140, 660 Cod. Proc. Civ. e 157 e 161 Cod. Proc. Pen.) al fine di distinguerle, in maniera netta, soprattutto da un punto di vista operativo, dagli atti giudiziari e dagli altri invii raccomandati, costituisce un obiettivo fondamentale sia per l’Azienda che per i clienti, in quanto è funzionale alla corretta gestione degli invii. A tale scopo, Poste Italiane, in conformità a quanto stabilito dalla legge 890/1982 o dalla sentenza n. 3/2010, ha definito caratteristiche di prodotto ad hoc nonché appositi moduli e buste, di colore verde.
Continueranno ad applicarsi, inoltre, le condizioni economiche e il trattamento fiscale degli invii attuali. Al fine del raggiungimento delle finalità proposte, è di fondamentale importanza che i Clienti che si avvalgono direttamente delle citate comunicazioni connesse alla notifica degli atti giudiziari utilizzino esclusivamente i nuovi modelli predisposti da Poste; in caso di errato allestimento, i Clienti dovranno confezionare nuovamente gli invii.
Nella certezza che entrambe le iniziative assunte produrranno i benefici attesi, si precisa che, per consentire la transizione graduale, nell’adozione dei nuovi moduli, sarà previsto un periodo di temporanea coesistenza delle vecchie e nuove modalità di spedizione, della durata di 6 mesi dalla data di avvio del nuovo servizio. In tal modo anche i Vostri Uffici potranno adeguarsi senza disagi alle specifiche tecniche sopra citate, disponibili sul sito www.poste.it, e smaltire le eventuali scorte di modelli già approvvigionati che non potranno, naturalmente, essere utilizzati oltre tale data. Si precisa inoltre che i quantitativi di moduli non utilizzati non saranno rimborsati o sostituiti con i nuovi modelli Si precisa che i clienti in possesso di Autorizzazione alla stampa in proprio /omologazione di Atti Giudiziari e relativi mod. 23L, autoproduttori di modulistica (busta + Mod. 23L), dovranno provvedere entro sei mesi dalla data di avvio dei nuovi servizi, all’allineamento della loro produzione alle nuove Specifiche tecniche e comunque non oltre la data di scadenza dell’autorizzazione in essere. Le modalità previste per il processo di allineamento sono semplificate e il Centro Omologazione Prodotto struttura centrale, provvederà, a conclusione di tale processo, al rilascio del nuovo codice di omologazione e dei nuovi range identificativi. Tutte le novità saranno debitamente pubblicate sul sito www.poste.it negli Uffici Postali e presso i Centri di Impostazione grandi Clienti.
Si resta a disposizione per qualsiasi evenienza o chiarimento.
Cordiali saluti
Il responsabile