Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonche’ dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 09.12.2014 il DPCM 24 ottobre 2014 contenente la “definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”. Il decreto dà attuazione alla norma primaria contenuta nell’Agenda digitale italiana. SPID è un insieme di credenziali per accedere in rete a tutti i servizi della pubblica amministrazione e a quelli degli operatori commerciali che vi aderiranno. SPID consente agli utenti di avvalersi di gestori dell’identità digitale e di gestori di attributi qualificati per permettere ai fornitori di servizi l’immediata verifica della propria identità e di eventuali attributi qualificati che li riguardano.

Con l’istituzione del Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale di cittadini e imprese le pubbliche amministrazioni potranno consentire l’accesso in rete ai propri servizi, oltre che con lo stesso SPID, solo mediante la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi. La possibilità di accesso con carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi resta comunque consentito indipendentemente dalle modalità predisposte dalle singole amministrazioni.


Ammanchi all’Ufficio notificazioni UNEP di Roma: il caos gestionale non salva il contabile, condanna di 400 mila euro

Dopo la condanna penale anche il giudice contabile con sentenza del 17 dicembre 2014 ha accertato condotte dannose presso l’UNEP della Corte di appello di Roma.

Da un controllo amministrativo-contabile disposto sulla Sezione notificazioni civili dell’UNEP della Corte di appello di Roma, negli anni 2004-marzo 2006, emergevano ammanchi per euro Euro 458.797, 26.

Veniva, quindi, avviata sia l’azione da parte della Procura Penale sia l’azione da parte della Procura contabile, quest’ultima poi sospesa in attesa dell’esito del processo penale.

In particolare, sul fronte penale il Gip presso il Tribunale di Roma disponeva il rinvio a giudizio della responsabile per il reato di peculato previsto dall’articolo 314 c.p. e con sentenza penale del Tribunale di Roma n. 1380/14, depositata in data 11 aprile 2014, la stessa veniva condannata alla pena di tre anni e due mesi di reclusione.

Sul fronte contabile, sulla base di tale sentenza penale, la Procura regionale riassumeva il giudizio. Al centro della vicenda la preposta al Servizio con piena autonomia gestionale e contabile di due casse distinte esistenti nella Sezione notificazioni atti civili, e cioè la cassa restituzione atti e la cassa accettazione-notificazioni, che nel periodo di riferimento sono risultate nella sua esclusiva responsabilità gestoria.

Dagli atti di indagine è emerso che la stessa non ha saputo dare valide giustificazioni in ordine alla mancata esibizione di alcuni registri contabili, c.d. cronologici, sulla base dei quali venivano annotate giornalmente le entrate e le uscite delle due casse, nonché non ha saputo fornire altrettanto legittime giustificazioni circa l’importo dei versamenti effettuati risultati inferiori rispetto a quanto dichiarato nei registri cronologici rinvenuti e rispetto agli statini giornalieri e mensili redatti dai vari ufficiali giudiziari preposti alla ricezione degli atti, alla riscossione dei diritti e dei rimborsi da parte dei privati.

Certamente, precisa la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, nella sentenza del 17 dicembrel’aver riunito in una stessa persona le funzioni di ufficiale giudiziario tesoriere sia della cassa accettazione sia della cassa restituzione non è stata una soluzione adeguata che denota carenza organizzativa.”

Aggiunge poi il Collegio che infrazioni sono anche imputabili al Dirigente UNEP, che tuttavia non è stato convenuto in giudizio, nonostante la relazione ministeriale avesse segnalato la sua personale responsabilità connessa alla mancanza di apposite direttive che lo stesso, soltanto all’indomani dei fatti qui in esame, ebbe ad emanare per evitare il ripetersi di simili irregolarità, nonché l’omissioni di doverosi controlli in presenza di una situazione conclamata di caos, oggetto di denuncia anche da parte delle OO.SS..

Su tali basi il danno, inizialmente quantificato dalla Procura in Euro 458.797, 26 è stato ridotto ad euro 400.00,00 tenendo conto della situazione in cui è stata posta in essere la condotta illecita della convenuta e delle mancanze di altri soggetti che hanno facilitato la realizzazione dell’evento dannoso.

Conclude la Corte precisando che, pur in presenza del denunciato caos gestionale che può comportare effetti sulla determinazione del danno imputabile, resta il fatto che della somma non rendicontata la convenuta, non avendo dato alcuna dimostrazione, si presume che ne abbia tratto vantaggio personale, e quindi costituisce posta dannosa che la stessa deve risarcire. Peraltro l’esito del parallelo processo penale in primo grado ha dato ampia dimostrazione dell’attività illecita compiuta dalla convenuta che non è riuscita neppure in quella sede a dimostrare la destinazione data alle somme mancanti”.


La Cec PAC fallisce e va in pensione anticipata, arriva lo standard unico

CEC-PACLa Cec PAC è stata un fallimento quasi totale, a dirlo è l’Agenzia per l’Italia Digitale che rivela come l’82% degli utenti non ha mai inviato una mail. Pensione anticipata dunque per la Cec-Pac, il servizio è stato lanciato nel 2010 dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, ma non ha mai riscosso un gran successo. Lo spiega l’Agid, delineando le prossime fasi.
Il servizio di Postacertificata (Cec-Pac), che può essere utilizzato solo per comunicazioni verso la PA, sarà da oggi progressivamente sospeso per far convergere tutta la posta certificata sul sistema Pec.
La PEC è stata introdotta per facilitare la comunicazione tra le imprese, i cittadini e lo stato, grazie a questa casella di posta è, infatti, possibile inviare documenti che hanno lo stesso valore legale di una raccomandata A.R.. Così non è stato, il principale problema è stato infatti rilevato per la sovrapposizione di questo con altri indirizzi mail già utilizzati, insomma un doppione difficile e noioso da gestire per l’82% di coloro che ne hanno aperta una in questi 4 anni. Soltanto 1.2 milioni sono state poi le attivazioni concluse con la seconda fase in ufficio postale, ben 1 milione le pratiche ‘in sospeso’ e in attesa di verifica.
Non solo, il progetto è rimasto in un certo senso a metà, perché non esiste alcun obbligo vincolante e relativa sanzione per le amministrazioni inadempienti, ciò significa che alcuni enti sono rimasti fedeli alle raccomandate A.R.. Un programma dunque inutile in questa forma che ci farà risparmiare 19 milioni di euro non appena dismesso. Continua l’Agid con la progressiva sospensione di Cec-Pac vengono recuperati quasi 19 milioni di euro da investire in altri servizi ai cittadini e imprese, come delineato nell’ultimo documento Crescita digitale.
La chiusura sarà progressiva e con i soldi recuperati da questa inutile macchina burocratica da 19 milioni di euro si potrà reinvestire nel piano di Crescita Digitale.

Queste le prossime fasi:

  •   al 18 dicembre 2014 non saranno più rilasciate nuove caselle CEC-PAC a cittadini e pubbliche amministrazioni, anche per quelle caselle la cui richiesta di attivazione online è stata presentata in data antecedente, ma che non sono state ancora attivate presso gli uffici postali
  •  dal 18 Marzo 2015 al 17 luglio 2015 le caselle saranno mantenute attive solo in modalità di ricezione e sarà consentito agli utenti l’accesso solo per la consultazione e il salvataggio dei messaggi ricevuti
  • dal 18 luglio 2015 le caselle non saranno più abilitate alla ricezione di messaggi, e l’accesso sarà consentito, fino al 17 settembre 2015, solo per la consultazione e il salvataggio dei messaggi ricevuti
  • dal 18 settembre 2015 sarà definitivamente inibito l’accesso alla propria caselle CEC-PAC
  • dal 18 settembre 2015 al 17 marzo 2018, sarà garantita agli utenti del servizio CEC-PAC la possibilità di richiedere l’accesso ai log dei propri messaggi di posta elettronica certificata.

Dal 18 Marzo 2015 tutti gli utenti CEC-PAC potranno richiedere una casella PEC, gratuita per un anno, tramite l’indirizzo richiestapec@agid.gov.it .


Buone Feste !!!

Il Natale ritorna ogni dodici mesi, allo stesso giorno 25, con precisione matematica, non è quindi una cosa molto rara, tutti sanno come è fatto, tutti potrebbero descrivere in anticipo nei minuti particolari quello che accadrà nelle case rispettive.
Eppure se ne resta sempre sbalorditi.

DINO BUZZATI, Lo strano fenomeno che si chiama Natale


Istanze alla P.A.: per il responsabile del procedimento vige l’obbligo di motivazione sulle osservazioni presentate a seguito del preavviso di rigetto

L’art. 10-bis della legge 241/1990 “Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza” stabilisce l’obbligo per la P.A. – nei procedimenti ad istanza di parte – del c.d. preavviso di rigetto. Tale istituto si sostanzia nell’obbligo di comunicazione agli istanti, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, dei motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza. Entro il termine di 10 gg. gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale.

Si tratta senza dubbio di una norma di garanzia partecipativa che ha la finalità di consentire, anche nei procedimenti ad istanza di parte, gli apporti collaborativi dei privati, allo scopo di porli in condizione di chiarire – già nella fase procedimentale (come fattore deflattivo di contenzioso) – tutte le circostanze ritenute utili ai fini della definizione del vicenda. In questa direzione, il cittadino ha la possibilità di formulare osservazioni scritte, del cui mancato accoglimento “deve essere data ragione nel provvedimento finale” (TAR Lazio, sez. III, sentenza n. 13300/2009). E’ quindi del tutto evidente che è illegittimo il provvedimento amministrativo che riproduca in sostanza le stesse argomentazioni poste a fondamento del diniego, senza considerare e valutare le osservazioni e le eventuali controdeduzioni presentate dall’istante (a seguito del preavviso di rigetto).

Su questo delicato aspetto, vanno segnalate 2 nuove interessanti sentenze che richiamano l’attenzione sul difetto di motivazione.

TAR Sardegna, sezione II, sentenza n. 264/2014

Se è vero infatti che l’art. 10-bis della legge 241/1990 … non impone la puntuale e analitica confutazione delle argomentazioni svolte dalla parte privata – essendo sufficiente ai fini della giustificazione del provvedimento adottato la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso – è altrettanto vero che l’assolvimento dell’obbligo di dar conto nella motivazione del provvedimento finale delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate a seguito della comunicazione del motivi ostativi, non può consistere nell’uso di formule di stile che affermino genericamente la loro non accoglibilità, dovendosi dare espressamente conto delle ragioni che hanno portato a disattendere le controdeduzioni formulate.

Consiglio Stato, sezione III, sentenza n. 4021/2014

Si deve ritenere precluso alla P.A. fondare il provvedimento conclusivo su ragioni del tutto nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art. 10-bis legge 241, pena la violazione del diritto dell’interessato di effettiva partecipazione al procedimento, che si estrinseca nella possibilità di presentare le proprie controdeduzioni utili all’assunzione della determinazione conclusiva dell’ufficio. L’obbligo dell’Amministrazione inerente al contraddittorio partecipativo non implica la confutazione puntuale di tutte le osservazioni svolte dall’interessato, essendo sufficiente che il provvedimento amministrativo sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione dell’Amministrazione alle deduzioni difensive del privato


Si chiamerà Spid il Pin unico per accedere ai servizi della P.A.

Il Pin unico per accedere a tutti i servizi online prende forma. Si chiamerà ‘Spid’ un acronimo che sta per Sistema pubblico di identità digitale. E c’è già una tabella di marcia, che prevede due fasi, la prima scatterà ad aprile del 2015 per arrivare al 2017 con 10 milioni di utenti collegati. Una sola chiave quindi per accedere da casa, senza fare file allo sportello, ai diversi servizi web, da quelli previdenziali (Inps) alle pratiche fiscali (Agenzia Entrate).

Porte aperte anche per Comuni, scuole o ASL: basterà un click. Lo Spid mira così a facilitare la vita dei cittadini, riducendo costi e tempi (sarà un caso, ma la pronuncia coincide con la parola che in inglese sta per velocità).

L’accordo tra Stato, Regioni e comuni sull’Agenda per la semplificazione contiene molti altri elementi. In tutto si tratta di 37 punti, muniti di scadenze e obiettivi.
A dare l’annuncio, via web, dell’intesa è lo stesso Ministro della p.a., Marianna Madia.

In un tweet il Ministro, sotto l’hashtag #Repubblicasemplice, sintetizza così l’accordo raggiunto in Conferenza unificata: “tempi certi su digitale, fisco, welfare, edilizia, impresa”.

Cinque capitoli quindi che raccolgono semplificazioni sbandierate da anni ma mai realizzate, promesse pronunciate di recente e new entry come la dichiarazione di successione online, con riduzione di tempi e oneri (basterà un adempimento unico per denuncia di successione, voltura catastale e trascrizione).


Poste Italiane – Nuove condizioni economiche in vigore dal 01/12/2014

A partire dal 01/12/2014, nel rispetto dei limiti e delle prescrizioni contenute nella Delibera 728/13/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, varieranno le condizioni economiche di alcuni servizi universali di corrispondenza e pacchi così come di seguito indicato:

 a) Le tariffe della Posta Prioritaria (Retail) saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e formati. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da € 0,70 a € 0,80.

 b) Le tariffe della Posta Raccomandata (Retail) saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da € 3,60 a € 4,00. Tale incremento sarà applicato anche alle comunicazioni connesse alla notificazione degli Atti Giudiziari.

 c) Le tariffe dell’Atto Giudiziario saranno diminuite in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da € 7,20 a € 6,60.

 e) Le tariffe del Pacco Ordinario Nazionale saranno rimodulate in due scaglioni di peso per le due tipologie di formato esistenti. In particolare, ai pacchi da 0-10 kg (standard) sarà applicata la tariffa di € 9,00 e a quelli da 10-20 kg (standard) sarà applicata la tariffa di € 12,00.

 f) Le tariffe della Posta Prioritaria Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutte le zone tariffarie di destinazione e per tutti i canali di accettazione (fisici ed online). In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da € 0,85 a € 0,95.

 g) Le tariffe della Posta Raccomandata Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutte le zone tariffarie di destinazione e per tutti i canali di accettazione (fisici ed online).

In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da € 4,80 a € 5,30.

h) Le tariffe del Pacco Ordinario Internazionale saranno modificate e articolate in unico listino prezzi suddiviso in zone.

i) Le tariffe dell’Avviso di Ricevimento (A.R.) dei seguenti servizi saranno incrementate:

  • per l’interno: Posta Raccomandata Retail, nonché, ove accettati presso gli UP, Posta Assicurata Retail, Pacco Ordinario Nazionale e pieghi di libri da € 0,70 a € 0,80
  • per l’estero: Posta Raccomandata Internazionale, Posta Assicurata Internazionale, M-Bags Economy raccomandato, Pacco Ordinario Internazionale da € 0,85 a € 0,95.

Gli altri prodotti e servizi universali (ivi compresi quelli accessori) non subiranno variazioni tariffarie.

Le informazioni di dettaglio relative alle variazioni introdotte sono disponibili dal 1° novembre 2014 presso gli Uffici Postali e negli altri centri di accettazione.


Quale applicazione dell’art. 213 del Codice della Strada?

sequestro-veicolo-autoQuesito su circolare n. 300/A/5721/14/101/20/21/4 del 01 agosto 2014 emanata dal Ministero degli Interni.

Al Garante

per la Protezione dei dati Personali

Piazza di Monte Citorio n. 121

00186 ROMA

urp@pec.gpdp.it

e p. c.: Al Ministero dell’Interno

Piazza del Viminale n. 1

00184 ROMA

dait@pec.interno.it

 La circolare n. 300/A/5721/14/101/20/21/4 del 01 agosto 2014 emanata dal Ministero degli Interni avente ad oggetto “Nuove procedure per l’applicazione della misura cautelare del sequestro amministrativo e della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo,” nel prendere in esame le operazioni di notificazione previste dall’art. 213 comma 2 quater del Codice della Strada, inerenti i verbali di sequestro ed i relativi avvisi, dirama ai vari organi chiamati alla sua applicazione disposizioni che, a giudizio della scrivente associazione, vanno ben oltre il dettato normativo vigente, in particolare se si tiene presente che con l’art. 174 del D. Lgs. 196/2003 era stato eliminato dal nostro ordinamento la pubblicazione di una copia dell’atto da notificare all’Albo Pretorio (all’epoca non esisteva l’Albo on Line) nel caso necessitasse notificare lo stesso a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti (art. 143 CPC).

In particolare:

a)      nel corpo di pagina 8 della circolare in oggetto si afferma che è opportuno effettuare la pubblicazione all’Albo del Comune del verbale di sequestro e del relativo avviso contestualmente (quindi, nei fatti, aprioristicamente in ogni caso) al tentativo di notifica ordinario (di solito effettuato a mezzo posta);

b)  nella nota (10) a piè pagina 8 della circolare in oggetto viene precisato che “l’irreperibilità del destinatario all’indirizzo quale risulta dai pubblici registri non dovrà dar luogo a ulteriori accertamenti e tentativi di notifica, salvo l’affissione dell’atto nell’Albo del Comune in cui è situata la depositeria. Anche in questo caso, trattandosi di procedura speciale, ci si dovrà limitare alla sola affissione dell’atto all’albo.”

Relativamente a quanto evidenziato al punto a) si segnala che:

–          l’art. 213 comma 2 quater ultimo periodo del C.d.S. prevede che la notificazione sia effettuata ordinariamente ai sensi dell’art. 201 del C.d.S. e solo qualora la notifica risulti impossibile, per comprovate difficoltà oggettive, si procede mediante affissione dell’atto nell’Albo (on Line – ndr) del Comune dov’è situata la depositeria e la notifica si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello di detta affissione (a margine si ritiene che l’atto debba rimanere ivi affisso, o per meglio dire pubblicato sul WEB, continuativamente per 20 giorni alla fine dei quali dovrà essere defisso) – è immediatamente percepibile la potenziale diffusione nella rete WEB di tutti i dati contenuti nell’atto (cioè nel verbale di sequestro e nel relativo avviso), diffusione non prevista dalla legge in questi termini, viste le condizioni peculiari dalla stessa indicate per la pubblicazione.

Relativamente a quanto evidenziato al punto b) si segnala che:

–          il Ministero dell’Interno utilizzando il termine irreperibilità del destinatario (in questo contesto si ritiene volesse intendere quella cosiddetta “irreperibilità assoluta”, cioè quella ordinariamente individuata nell’art. 143 CPC) ha, nei fatti, dilatato a dismisura quella che lo stesso definisce una “procedura speciale”, cioè l’affissione dell’atto (nella fattispecie il verbale di sequestro ed il relativo avviso) all’Albo del Comune in cui è situata la depositeria – la norma di Legge, cioè l’art. 213 comma 2 quater ultimo periodo del C.d.S., prevede, invece, la pubblicazione all’Albo del Comune come possibilità residuale e solo a fronte di comprovate difficoltà oggettive nella notifica dell’atto (ad esempio se i dati anagrafici del trasgressore/obbligato in solido sono incompleti) e non se tale atto è comunque validamente notificabile (anche se sostanzialmente in modo “virtuale”) con una delle procedure previste esplicitamente dal nostro CPC (artt. 140 o 143 CPC);

–          indipendentemente da quanto sopra (cioè del quando) si chiede di sapere se sia o meno da ritenere conforme (nel come) alle indicazioni del Garante la circostanza che gli organi di Polizia Stradale chiedono ai Comuni di affiggere all’Albo gli atti in questione (cioè i verbali di sequestro ed il relativo avviso) in quanto tali, cioè in modo integrale, pubblicando, di conseguenza, in rete tutti i dati anagrafici del trasgressore, dell’eventuale obbligato in solido, eventuali estremi di documenti per la guida o di identità nonché il luogo e la data ove tale persona/veicolo è stato fermato/rinvenuto e quindi si ritiene anche essere stato ivi presente, pro tempore, il trasgressore/obbligato in solido.

Ad avviso della scrivente Associazione, invece, si ritiene corretto e rispettoso della riservatezza delle persone potenzialmente coinvolte che al citato Albo del Comune siano affissi solo ed esclusivamente i seguenti dati che si valutano sufficienti (in conformità alle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati” approvate dal Garante il 15/05/2014) a dare una appropriata “pubblicità legale” di un fatto/documento che potrà produrre degli effetti rilevanti sul bene sequestrato ma che non è stato possibile notificare con le procedure ordinarie al trasgressore/obbligato in solido:

–          identificazione sintetica del destinatario dell’atto (attraverso il Nome, Cognome, luogo e data di nascita);

–          identificazione dell’organo di Polizia Stradale procedente, il numero, la data del verbale di sequestro, nonché il luogo ove lo stesso è avvenuto,

–          il numero di targa del veicolo in questione,

–          l’identificazione completa del luogo ove il veicolo è depositato ma non i dati del custode se persona fisica, nonché un documento generico anonimo allegato che facendo solo riferimento all’organo procedente, al numero del verbale di sequestro ed alla sua data espliciti gli elementi essenziali contenuti nell’avviso previsto dall’art. 213 comma 2 quater, primo periodo del C.d.S..

Nell’occasione si chiede di sapere quali responsabilità possano nascere in capo al dipendente del Comune dall’affissione all’albo direttamente del verbale di sequestro e del relativo avviso nella loro forma integrale, riportanti pertanto i dati personali del trasgressore/obbligato in solido come richiedono gli Organi di Polizia Stradale in ossequio alla circolare ministeriale citata e se, dell’eventuale danno conseguente alla violazione delle norme sulla Privacy, debba essere imputato solo al responsabile dell’Ufficio di Polizia Stradale richiedente la pubblicazione od anche il dipendente comunale responsabile della pubblicazione all’Albo.

Questo sopra in quanto la scrivente Associazione ha, al momento, consigliato ai propri associati di dare pedissequa esecuzione a quanto richiedono gli Organi di Polizia Stradale che agiscono in conformità alla circolare in oggetto.

In attesa di un cortese riscontro alla presente si inviano distinti saluti.

Il Presidente Nazionale

Pietro Tacchini

Firmata digitalmente

Risposte:

Garante – applicazione dell’art. 213 del Codice della Strada

Leggi:

Circolare Ministero interno del 01 08 2014


Precisazioni sul rientro anticipato dalla malattia del dipendente pubblico

L’INPS indica che il dipendente può essere riammesso in servizio solo in presenza di un nuovo certificato.
L’INPS con il messaggio n. 6973 del 12.9.2014 ha fornito chiarimenti a numerosi quesiti formulati in materia di assenza per malattia e alla casistica del rientro anticipato nel luogo di lavoro.
Il decreto legislativo 165/2001 prevede che l’assenza per malattia dei dipendenti pubblici sia attestata mediante certificato medico inoltrato per via telematica. Gli stessi medici possono inviare – durante tutto il periodo di prognosi – certificati che annullano i precedenti o li rettificano. Tale eventualità si verifica nell’ipotesi in cui i medici abbiano modo di riscontrare nel paziente un decorso più favorevole della malattia.
Il datore di lavoro (nella PA è il dirigente) nella prassi dispone soltanto dell’attestato di malattia non essendo legittimato a raccogliere certificati recanti l’indicazione della diagnosi oltre a quella dei giorni di assenza accordati dal medico.
Pertanto, non potendo conoscere l’effettivo contenuto incapacitante della malattia, lo stesso datore non è in grado di valutare se – e in che misura – il dipendente abbia effettivamente recuperato le proprie energie psicofisiche, tali da garantire sé stesso e l’ambiente di lavoro da qualsivoglia evento nocivo.
Ne deriverebbe, diversamente, l’impossibilità di fatto per il datore di assolvere agli obblighi imposti dalle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L’INPS pertanto chiarisce che ogni dipendente assente per malattia che – consideratosi guarito – intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante, potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica dell’originaria prognosi.


Costituzione di Internet: testo ufficiale della bozza online!

La Costituzione di Internet è realtà: sul sito della Camera è disponibile il testo (bozza) composto da 14 punti che sono disponibili alla consultazione su un’apposita piattaforma online nell’intento di raccogliere nei prossimi quattro mesi pareri e suggerimenti.

Nella bozza, denominata Dichiarazione dei diritti in Internet, si afferma l’importanza di un’adeguata tutela dei dati personali in Rete; si riconosce come fondamentale il diritto di accesso a Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate, e il diritto alla neutralità della Rete.

Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.

Dal 27 ottobre, sulla piattaforma ad hoc della Camera voluta da Stefano Rodotà e Laura Boldrini, partirà ufficialmente la consultazione pubblica dei cittadini che potranno intervenire con proposte di modifica e integrazione.

I punti salienti della Costituzione di Internet

Neutralità della rete. La Costituzione stabilisce che i dati trasmessi e ricevuti da ogni persona in rete non subiscano discriminazioni.

Tutela dati personali. La Carta sancisce che i dati possano essere raccolti e trattati solo con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge.

Anonimato. Sì del trattato all’anonimato in rete come libero esercizio delle libertà civili e politiche senza subire discriminazioni o censure.

Diritto all’oblio. Diritto inviolabile di ciascuno a ottenere la cancellazione dai motori di ricerca dei dati o informazioni che, per il loro contenuto o per il tempo trascorso dal momento della loro raccolta, non abbiano più rilevanza.

Sicurezza. E’ un bene da tutelare, di interesse pubblico, è scritto nella bozza. NO a limitazioni di manifestazione del pensiero, ma garanzia della tutela della dignità delle persone.

Governo della rete. Il difficile tema della regolamentazione internazionale. Nella Carta è scritto: “La gestione della Rete deve assicurare il rispetto del principio di trasparenza, la responsabilità delle decisioni, l’accessibilità alle informazioni pubbliche, la rappresentanza dei soggetti interessati“.

 DICHIARAZIONE DEI DIRITTI IN INTERNET

Testo elaborato dalla Commissione per i diritti e i doveri in Internet costituita presso la Camera dei deputati

(Bozza)

PREAMBOLO

Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità.

L’Unione europea è oggi la regione del mondo dove è più elevata la tutela costituzionale dei dati personali, esplicitamente riconosciuta dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, che costituisce il riferimento necessario per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet, anche in una prospettiva globale.

Questa Dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona. La garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale.

Internet si configura come uno spazio sempre più importante per l’autorganizzazione delle persone e dei gruppi e come uno strumento essenziale per promuovere la partecipazione individuale e collettiva ai processi democratici e l’eguaglianza sostanziale.

I principi riguardanti Internet tengono conto anche del suo configurarsi come uno spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico.

Una Dichiarazione dei diritti di Internet è strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale.

1.RICONOSCIMENTO E GARANZIA DEI DIRITTI

Sono garantiti in Internet i diritti fondamentali di ogni persona riconosciuti dai documenti internazionali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalle costituzioni e dalle leggi.

Tali diritti devono essere interpretati in modo da assicurarne l’effettività nella dimensione della Rete.

Il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona, che costituiscono i principi in base ai quali si effettua il bilanciamento con altri diritti.

2. DIRITTO DI ACCESSO

Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.

L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda sistemi operativi, software e applicazioni.

L’effettiva tutela del diritto di accesso esige adeguati interventi pubblici per il superamento di ogni forma di divario digitale – culturale, infrastrutturale, economico – con particolare riferimento all’accessibilità delle persone con disabilità.

3. NEUTRALITÀ DELLA RETE

Ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze in relazione al mittente, ricevente, tipo o contenuto dei dati, dispositivo utilizzato, applicazioni o, in generale, legittime scelte delle persone.

La neutralità della Rete, fissa e mobile, e il diritto di accesso sono condizioni necessarie per l’effettività dei diritti fondamentali della persona. Garantiscono il mantenimento della capacità generativa di Internet anche in riferimento alla produzione di innovazione. Assicurano ai messaggi e alle loro applicazioni di viaggiare online senza discriminazioni per i loro contenuti e per le loro funzioni.

4. TUTELA DEI DATI PERSONALI

Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati che la riguardano, per garantire il rispetto della sua dignità, identità e riservatezza.

I dati personali sono quelli che consentono di risalire all’identità di una persona e comprendono anche i dati identificativi dei dispositivi e le loro ulteriori elaborazioni, come quelle legate alla produzione di profili.

I dati devono essere trattati rispettando i principi di necessità, finalità, pertinenza, proporzionalità e, in ogni caso, prevale il diritto di ogni persona all’autodeterminazione informativa.

I dati possono essere raccolti e trattati solo con il consenso effettivamente informato della persona interessata o in base a altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Il consenso è in via di principio revocabile. Per il trattamento di dati sensibili la legge può prevedere che il consenso della persona interessata debba essere accompagnato da specifiche autorizzazioni.

Il consenso non può costituire una base legale per il trattamento quando vi sia un significativo squilibrio di potere tra la persona interessata e il soggetto che effettua il trattamento.

Sono vietati l’accesso e il trattamento dei dati personali con finalità anche indirettamente discriminatorie.

5. DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE INFORMATIVA

Ogni persona ha diritto di accedere ai propri dati, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per chiederne l’integrazione, la rettifica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge. Ogni persona ha diritto di conoscere le modalità tecniche di trattamento dei dati che la riguardano.

Le raccolte di massa di dati personali possono essere effettuate solo nel rispetto dei principi e dei diritti fondamentali.

La conservazione dei dati deve essere limitata al tempo necessario, tenendo conto del principio di finalità e del diritto all’autodeterminazione della persona interessata.

6. INVIOLABILITÀ DEI SISTEMI E DOMICILI INFORMATICI

Senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nei soli casi e modi previsti dalla legge, è vietato l’accesso ai dati della persona che si trovino su dispositivi personali, su elaboratori remoti accessibili tramite credenziali da qualsiasi elaboratore connesso a Internet o simultaneamente su dispositivi personali e, in copia, su elaboratori remoti, nonché l’intercettazione di qualsiasi forma di comunicazione elettronica.

7. TRATTAMENTI AUTOMATIZZATI

Nessun atto, provvedimento giudiziario o amministrativo, decisione comunque destinata ad incidere in maniera significativa nella sfera delle persone possono essere fondati unicamente su un trattamento automatizzato di dati personali volto a definire il profilo o la personalità dell’interessato.


Viola la privacy il Comune che non utilizza il plico chiuso per notificare la sanzione “particolare”

Se il Comune non assume i dovuti accorgimenti, è tenuto a risarcire il danno per violazione del diritto alla privacy del destinatario di provvedimento sanzionatorio inerente violazione amministrativa legata al fenomeno della prostituzione, nel caso in cui la notifica avvenga non in plico sigillato. E’ quanto ha confermato la Suprema corte avallando la decisione del giudice del merito, dichiarando in parte inammissibile il ricorso proposto da un Comune italiano.
L’ordinanza ingiunzione, dopo un primo tentativo (fallito) di notifica a mezzo servizio postale presso il domicilio eletto dal resistente, era stata affidata per la notifica ai Messi Comunali, i quali provvedevano alla stessa a mezzo plico, non in busta chiusa, alla residenza del destinatario, dunque a mani alla madre dello stesso.
Il destinatario della sanzione lamentava che sua madre era venuta in questo modo a conoscenza della vicenda.
L’uomo si trovava in una particolare situazione dato che era in corso una causa di separazione e la conoscenza da parte di terzi di una simile sanzione sarebbe stata idonea a provocargli serio pregiudizio.
La Suprema corte, pur disconoscendo l’esistenza di un vero e proprio obbligo a carico della pubblica amministrazione di procedere in ogni caso alla notifica presso il domicilio eletto dal destinatario – e non, come nel caso di specie, eseguirla presso la residenza – fa riferimento ai principi generali di trasparenza, lealtà e imparzialità della pubblica amministrazione, data l’evidente manifestazione di preferenza del destinatario ad interloquire con l’ente pubblico in modalità particolare.
La Corte Suprema di Cassazione conferma come sia applicabile al caso di specie l’art. 15 del d.lgs. 196/2003 (codice privacy) il quale afferma che “sussiste responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento illegittimo dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose“. In questo senso, la pubblica amministrazione procedente avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo risarcitorio solo provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; circostanza non dimostrata in grado di merito.
Infatti, il Comune avrebbe dovuto provare di non aver potuto ricorrere a nessun’altra forma di notifica, che, “seppur non imposta dalle leggi in materia, avrebbe consentito, più adeguatamente rispetto alla notifica a mezzo dei messi comunali, di evitare il danno derivante dal trattamento dei dati sensibili, ricollegabile alla propagazione del contenuto dell’oggetto della violazione sanzionata con l’ordinanza ingiunzione“. Di conseguenza, il comportamento dell’ente comunale “non si è affatto concretato nell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto“.


AGENZIA PER L’ITALIA DIGITALE: Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN»

COMUNICATO

Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN» (14A07133)

(GU n.216 del 17-9-2014)

 L’Agenzia per l’Italia digitale informa le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, che sul proprio sito istituzionale è pubblicata la circolare n. 66/2014 recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN».

Con tale circolare l’Agenzia informa le amministrazioni che mette a loro disposizione a titolo gratuito i codici GS1 GLN per il biennio 2015/2016, in forza di un contratto sottoscritto con la Indicod-ECR-GS1 Italy.

Tali codici potranno essere utilizzati dalla pubbliche amministrazioni, centrali o locali, per la codifica dei relativi pagamenti in incasso.

Per la procedura di rilascio dei codici GS1 GLN si rinvia a quanto indicato nella stessa circolare.


DIRITTO DI ACCESSO

Nella sentenza del Consiglio di Stato – sez. IV n. 1768 del 11.4.2014 una ricca rassegna di massime, in tema di accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni, è contenuta.

La decisione ha confermato il giudizio di primo grado (TAR Lazio -sentenza 10152/2013) nella controversia insorta tra il Comune di Montalto di Castro, la Società Autostrada Tirrenica e l’ANAS. Il giudice di appello ha riconosciuto al Comune il diritto di accesso agli atti inerenti la concessione per la realizzazione di una infrastruttura, condannando le società a consentire l’accesso – mediante presa visione ed estrazione di copia -ai documenti richiesti. Nelle motivazioni della sentenza viene riaffermato il diritto di accesso a tutte le tipologie di attività del soggetto pubblico, anche quando tale attività sia disciplinata dalle norme del diritto privato. Ed viene ribadito che il diritto di accesso compete, non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi. Il diritto di accesso riconosciuto all’ente comune trova fondamento nella specialità di quello riconosciuto dal TUEL ai consiglieri comunali.

La sentenza, attraverso i vari richiami giurisprudenziali:

1. Accesso ai documenti per curare o difendere interessi giuridicamente tutelati

Il diritto di accesso è consentito non solo al fine di esercitare una azione giurisdizionale, ma in tutti i casi in cui la conoscenza dei documenti sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridicamente tutelati. In questo caso: “la posizione giuridica è riconosciuta come diritto soggettivo a un’informazione qualificata … essendo sufficiente che l’istanza di accesso sia sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso”.

2. Diritto di accesso degli enti esponenziali di interessi collettivi

“E’ giurisprudenza consolidata quella per cui il diritto di accesso – oltre che alle persone fisiche – spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza”.

3. Il diritto di accesso dei consiglieri comunali

L’art. 43 del d.lgs 267/2000 prevede una forma “speciale” di accesso da parte del consigliere comunale, che la giurisprudenza ha interpretato nella massima ampiezza, ricollegandolo alla funzione esponenziale esercitata.

“In tema di diritto di accesso agli atti da parte di consiglieri l’orientamento giurisprudenziale è consolidato nel senso di riconoscerne il fondamento nell’art. 43 comma 2 del TUEL e di qualificarlo come espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, direttamente funzionale non tanto a un interesse personale del consigliere medesimo, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito; in tale quadro i consiglieri risultano titolari di un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità per l’espletamento del loro mandato e in ciò il diritto di accesso riconosciuto ai rappresentanti del corpo elettorale locale ha una ratio diversa e più ampia di quella che contraddistingue il diritto di accesso riconosciuto a tutti i cittadini dal medesimo TUEL (art. 10), nonché dagli artt. 22 ss. della legge 241/1990”. “Per cui da un lato il consigliere può accedere non solo ai “documenti” ma, in genere, a qualsiasi “notizia” o “informazione” utili all’esercizio delle funzioni consiliari, ma non è neppure tenuto a motivare la sua richiesta, né l’ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l’esercizio del mandato, perché altrimenti gli organi dell’amministrazione sarebbero arbitri di stabilire l’ambito del controllo consiliare sul proprio operato; ed è per questo che il diritto non incontra neppure limiti derivanti dalla natura riservata agli atti richiesti, in quanto il consigliere è vincolato all’osservanza del segreto”.

Elementari ragioni di coerenza sistematica impediscono, ovviamente, anche soltanto di ipotizzare che la funzione “esponenziale” propria del singolo consigliere comunale non componga, come parte del tutto, quella a propria volta esercitata dall’ente rispetto alla comunità dei cittadini dallo stesso amministrata. Ma se così è, non può negarsi che tra i poteri/doveri del comune rientri anche quello di fornire dettagliata informazione ai propri amministrati delle attività destinate a svolgersi sul proprio territorio; che tale potestà sussiste e prescinde dalla possibile futura intrapresa di azioni giurisdizionali; che anche indipendentemente dalla detta esigenza, il comune ha il diritto di conoscere in che modo si andrà in concreto a strutturare un’attività in corso di svolgimento sul proprio territorio, al fine di potere organizzare e modulare -rispetto a quest’ultima – le attività proprie.

4. Accesso come regola e tassatività delle eccezioni

La disciplina legale della estensibilità dei documenti amministrativi pone anzitutto, sul piano oggettivo, un rapporto di regola/eccezione, nel senso che la regola è data dall’accesso mentre le specifiche eccezioni -analiticamente indicate -costituiscono ipotesi derogatorie (preordinate alla protezione di dati riservati in possesso, capaci, se divulgati, di recare pregiudizio alla tutela di interessi super individuali, ovvero alla protezione della riservatezza di soggetti terzi). Il Consiglio di Stato ha affermato che “la ditta subappaltatrice dell’impresa titolare di un contratto di appalto di opere pubbliche ha diritto di accesso, ai sensi dell’art. 22 legge 241, alla copia del registro di contabilità, trattandosi di documentazione che -pure se afferente a rapporti interni tra stazione appaltante e appaltatore, e quindi formalmente privatistica – ciò nondimeno attiene al contratto e all’esecuzione dei lavori, e quindi ad un ambito di rilevanza pubblicistica, giacché attraverso l’esecuzione delle opere l’amministrazione mira essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali”.

5. Accesso agli atti disciplinati dal diritto privato dell’attività amministrativa

Può quindi affermarsi che, in via generale, in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. legge 241, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica (Adunanza Plenaria CdS, 22.4.1999 n. 4, dove si è ritenuto che “ai sensi del citato art. 22 sono soggette all’accesso tutte le tipologie di attività delle PA e quindi anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso che essi rientrano nell’attività di amministrazione in senso stretto degli interessi della collettività e che la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operatività dei principi della trasparenza e dell’imparzialità e non ha garantito alcuna “zona franca” nei confronti dell’attività disciplinata dal diritto privato”), purché concernenti attività di pubblico interesse; la risposta che in passato la giurisprudenza ha specificamente fornito è quella per cui tale sia l’attività esecutiva di un appalto.

D’altro canto l’attività amministrativa soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando la PA esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati.

6. Accesso c.d. defensionale

Ai fini dell’accesso cd. defensionale ai documenti amministrativi, cioè propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio, non rileva che quest’ultimo sia già pendente o da introdurre: la parte titolare di un interesse che la legittimerebbe a proporre una impugnazione ha il diritto (senza che neppure debba chiarire od anticipare, in concreto, la tipologia di azione che intende intentare) di acquisire la documentazione che in astratto la legittimerebbe ad intraprendere le dette azioni. Le eventuali preclusioni decadenziali, ove effettivamente sussistenti, saranno rilevate dal Giudice adito; la parte potrebbe comunque avere interesse ad acquisire la documentazione suddetta anche ai fini di far valere fattispecie di remissione in termini per errore scusabile, possibili “riaperture dei termini” ascrivibili a determinazioni novative, etc..


Sito non accessibile per manutenzione archivi ed implementazione nuovo software – Lunedì 15 settembre 2014

Nell’ambito dei miglioramenti  finalizzati ad un miglior utilizzo del sito ed ad una maggiore sicurezza,  nei giorni di Lunedì 15 settembre sino alla fine delle operazioni (presumibilmente sino alle ore 23,00 di martedì 16 settembre),  il sito non sarà accessibile per implementazione software e manutenzione archivi.

Ci scusiamo per il disagio.


STRESS LAVORO-CORRELATO: lavorare con un superiore troppo controllante

Da quanto emerge da una ricerca dell’università australiana che è stata pubblicata su Plos One, a generare stress nei lavoratori e a farli ammalare non sarebbe tanto la quantità dei carichi di lavoro, ma il fatto di dover eseguire mansioni essendo sottoposti ad un eccessivo controllo da parte dei superiori. Ossia, dover portare avanti una gran quantità di compiti sui quali si è privati della possibilità di esercitare un controllo.

A conferma di ciò, un altro studio australiano capitanato dallo psichiatra Sam Harvey dell’Università del New South Wales – che si occupa di pazienti affetti da depressione – è stato condotto su circa 7000 soggetti di mezza età in stato di buona salute. La ricerca ha evidenziato che coloro che lavoravano in uffici caratterizzati da elevati livelli di stress usufruivano di almeno due settimane o più di congedo malattia all’anno per gestire sintomi come la mancanza di respiro, dolori al torace, nausea e insonnia. Un assenteismo che quindi avrebbe potuto essere facilmente evitato se il luogo di lavoro fosse stato meno stressante e più sano. Sarebbe riduttivo, ovviamente, concludere che chi lavora troppo rischia di ammalarsi o cadere in depressione.

Ma da quello che emerge da questi studi ci sarebbero prove significative per affermare che una combinazione di marcate pressioni dall’alto e di basso controllo sul proprio lavoro possa favorire lo sviluppo di una malattia cardiovascolare e di sintomi psichici legati all’ansia e alla depressione.

E’ dunque fondamentale, da parte del lavoratore, avere la sensazione di poter esercitare un controllo sul proprio lavoro, giorno per giorno. A un livello più ampio, risulta cruciale la sensazione di controllo che si può avere sull’organizzazione globale, sulla possibilità di evidenziare problemi e proporre possibili soluzioni. Come in ogni lavoro che si rispetti, è proprio la parte più creativa a risultare maggiormente gratificante e motivante rispetto a quella meramente esecutiva ed è per questo che risulta importante che ad ogni lavoratore venga consentito un relativo margine di gestione creativa del proprio operato, svincolata dal controllo esterno. Per il bene del lavoratore e dell’azienda stessa.