Nuovo art. 213 del c.d.s.

Circolare A.N.N.A. 2022-003
Codice della strada –
Art. 213

Misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria della confisca amministrativa

Nel 2003 è stato modificato l’art. 213 del Codice della Strada con l’introduzione del comma 2 quater, sollevando molte perplessità tra gli addetti di Polizia Stradale e tra coloro che dovevano notificare gli atti relativi, ovvero disporre la pubblicazione di quanto inviavano gli organi di polizia ai Comuni.

Prendiamo atto che nel dicembre 2018 tali modifiche sono state abrogate dal D.L. n. 113 del 04/10/2018 (il c.d. decreto sicurezza 1), convertito con modificazioni dalla L. n. 132 dell’01/12/2018, n. 132.

Per alcuni anni non è esistita più una norma che prevedesse la pubblicazione di qualsivoglia tipologia di documento all’Albo on Line del Comune sede della depositeria che “ospitava” il veicolo sequestrato.

Nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 10.9.2021, convertito in L. 9.11.2021, n. 156 si prevede:

  1. Nell’ipotesi in cui il presente codice prevede la sanzione accessoria della confisca amministrativa, l’organo di polizia che accerta la violazione provvede al sequestro del veicolo o delle altre cose oggetto della violazione facendone menzione nel verbale di contestazione della violazione.
  2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il proprietario o, in caso di sua assenza, il conducente del veicolo o altro soggetto obbligato in solido, è sempre nominato custode con l’obbligo di depositare il veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilità o di custodirlo, a proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio, provvedendo al trasporto in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale. Il documento di circolazione è trattenuto presso l’ufficio di appartenenza dell’organo di polizia che ha accertato la violazione. Il veicolo deve recare segnalazione visibile dello stato di sequestro con le modalità stabilite nel regolamento. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione.
  3. Nelle ipotesi di cui al comma 5, qualora il soggetto che ha eseguito il sequestro non appartenga ad una delle Forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, le spese di custodia sono anticipate dall’amministrazione di appartenenza. La liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla prefettura-ufficio territoriale del Governo. Divenuto definitivo il provvedimento di confisca, la liquidazione degli importi spetta all’Agenzia del demanio, a decorrere dalla data di ricezione del provvedimento adottato dal prefetto.
  4. È sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in cui questo sia stato adoperato per commettere un reato, diverso da quelli previsti nel presente codice, sia che il reato sia stato commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da un conducente minorenne.
  5. All’autore della violazione o ad uno dei soggetti con il medesimo solidalmente obbligati che rifiutino ovvero omettano di trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le prescrizioni fornite dall’organo di polizia, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.814 a euro 7.261, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi. In caso di violazione commessa da minorenne, il veicolo è affidato in custodia ai genitori o a chi ne fa le veci o a persona maggiorenne appositamente delegata, previo pagamento delle spese di trasporto e custodia. Quando i soggetti sopra indicati si rifiutino di assumere la custodia del veicolo o non siano comunque in grado di assumerla, l’organo di polizia dispone l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis. Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione. Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l’erario, quando, decorsi cinque giorni dalla comunicazione di cui al periodo seguente, l’avente diritto non ne abbia assunto la custodia, pagando i relativi oneri di recupero e trasporto. Del deposito del veicolo è data comunicazione mediante pubblicazione nel sito internet istituzionale della prefettura-ufficio territoriale del Governo competente; la medesima comunicazione reca altresì l’avviso che, se l’avente diritto non assumerà la custodia del veicolo nei successivi cinque giorni, previo pagamento dei relativi oneri di recupero e custodia, il veicolo sarà alienato anche ai soli fini della sua rottamazione. La somma ricavata dall’alienazione è depositata, sino alla definizione del procedimento in relazione al quale è stato disposto il sequestro, in un autonomo conto fruttifero presso la tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha ad oggetto la somma depositata; in ogni altro caso la medesima somma è restituita all’avente diritto. Nel caso di veicoli sequestrati in assenza dell’autore della violazione, per i quali non sia stato possibile rintracciare contestualmente il proprietario o altro obbligato in solido, e affidati a uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis, il verbale di contestazione, unitamente a quello di sequestro recante l’avviso ad assumerne la custodia, è notificato senza ritardo dall’organo di polizia che ha eseguito il sequestro. Contestualmente, il medesimo organo di polizia provvede altresì a dare comunicazione del deposito del veicolo presso il soggetto di cui all’articolo 214 bis mediante pubblicazione di apposito avviso nell’albo pretorio del comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione. Qualora, per comprovate difficoltà oggettive, non sia stato possibile eseguire la notifica e il veicolo risulti ancora affidato a uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis, la notifica si ha per eseguita nel trentesimo giorno successivo a quello di pubblicazione della comunicazione di deposito del veicolo nell’albo pretorio del comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione.
  6. Fuori dei casi indicati al comma 5, entro i trenta giorni successivi alla data in cui, esauriti i ricorsi anche giurisdizionali proposti dall’interessato o decorsi inutilmente i termini per la loro proposizione, è divenuto definitivo il provvedimento di confisca, il custode del veicolo trasferisce il mezzo, a proprie spese e in condizioni di sicurezza per la circolazione stradale, presso il luogo individuato dal prefetto ai sensi delle disposizioni dell’articolo 214 bis. Decorso inutilmente il suddetto termine, il trasferimento del veicolo è effettuato a cura dell’organo accertatore e a spese del custode, fatta salva l’eventuale denuncia di quest’ultimo all’autorità giudiziaria qualora si configurino a suo carico estremi di reato. Le cose confiscate sono contrassegnate dal sigillo dell’ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro. Con decreto dirigenziale, di concerto fra il Ministero dell’interno e l’Agenzia del demanio, sono stabilite le modalità di comunicazione, tra gli uffici interessati, dei dati necessari all’espletamento delle procedure di cui al presente articolo.
  7. Avverso il provvedimento di sequestro è ammesso ricorso al prefetto ai sensi dell’articolo 203. Nel caso di rigetto del ricorso, il sequestro è confermato. La declaratoria di infondatezza dell’accertamento si estende alla misura cautelare ed importa il dissequestro del veicolo ovvero, nei casi indicati al comma 5, la restituzione della somma ricavata dall’alienazione. Quando ne ricorrono i presupposti, il prefetto dispone la confisca con l’ordinanza ingiunzione di cui all’articolo 204, ovvero con distinta ordinanza, stabilendo, in ogni caso, le necessarie prescrizioni relative alla sanzione accessoria. Il prefetto dispone la confisca del veicolo ovvero, nel caso in cui questo sia stato alienato, della somma ricavata. Il provvedimento di confisca costituisce titolo esecutivo anche per il recupero delle spese di trasporto e di custodia del veicolo.
  8. Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino abusivamente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.984 a euro 7.937. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. L’organo di polizia dispone l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui all’articolo 214 bis. Il veicolo è trasferito in proprietà al soggetto a cui è consegnato, senza oneri per l’erario.
  9. La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa.
  10. Il provvedimento con il quale è stata disposta la confisca del veicolo è comunicato dal prefetto al P.R.A. per l’annotazione nei propri registri.

10-bis. Il provvedimento con il quale è disposto il sequestro del veicolo è comunicato dall’organo di polizia procedente ai competenti uffici del Dipartimento per la mobilità sostenibile di cui al comma 10 per l’annotazione al PRA. In caso di dissequestro, il medesimo organo di polizia provvede alla comunicazione per la cancellazione dell’annotazione nell’Archivio nazionale dei veicoli e al PRA.

Pertanto, NON SI DEVE PUBBLICARE all’Albo on Line la copia del verbale di accertamento (il verbale ove è indicata la sanzione pecuniaria amministrativa), la copia del verbale di sequestro del veicolo e neppure l’avviso con il quale l’Organo di Polizia comunica al proprietario di detto veicolo che se entro un predeterminato numero di giorni non ritira/non da disposizioni relative allo stesso il medesimo viene confiscato e ceduto al custode/acquirente.

Si segnala che la pubblicazione all’Albo on Line è attualmente prevista in relazione a un UNICO AVVISO PUBBLICO che deve contenere solo i DATI ESSENZIALI (per rispettare la normativa sulla Privacy) indicati solitamente, insieme ad altri, nei tre documenti precitati (li ricordiamo: verbale sanzionatorio, verbale di sequestro ed avviso con il quale si comunica ____).

Detto UNICO AVVISO PUBBLICO deve essere compilato e fatto pervenire dall’Organo di Polizia che ha accertato la violazione in questione; qualora ciò non avvenga e siano inviati “solo” i tre documenti precitati, riteniamo NON POSSIBILE (o, per dirla in altro modo, è vietata) la pubblicazione di tali tre documenti all’Albo on Line, anche se questa è esplicitamente richiesta dall’Organo di Polizia, perché tale pubblicazione NON è prevista da nessuna norma di legge o di regolamento e violerebbe le norme vigenti sulla privacy.

Si ritiene, pertanto, che il Messo Comunale/Addetto all’Albo, qualora riceva una richiesta di pubblicazione all’Albo on line del Comune del verbale di sequestro, debba RESTITUIRE l’atto all’Ente richiedente precisando che deve essere pubblicato un avviso.

Tale avviso deve essere redatto dall’Ente emittente e NON dal Messo Comunale. Esso dovrà contenere i dati previsti dal decreto dirigenziale previsto dal comma 6.

Attualmente tale decreto non è stato ancora emesso.

In assenza di un apposito modulo predisposto a livello ministeriale l’Associazione A.N.N.A. suggerisce, a puro scopo esemplificativo, il sotto riportato fac-simile di COMUNICAZIONE/AVVISO PUBBLICO DI AVVENUTO DEPOSITO.

Ad ogni buon fine si precisa che la pubblicazione all’Albo Pretorio (on Line) della COMUNICAZIONE/AVVISO PUBBLICO DI AVVENUTO DEPOSITO va fatta per il numero di giorni previsto (30 giorni pieni, escludendo quello di pubblicazione e quello di defissione), nel Comune ove è stato effettuato il sequestro (indipendentemente da quello ove il veicolo è depositato/custodito) e che la referta di detta pubblicazione va inviata all’Organo di Polizia che la ha richiesta allegando copia analogica (cioè cartacea), od ancor meglio digitale, dell’AVVISO PUBBLICO pubblicato all’Albo Pretorio (on Line).

 FAC-SIMILE DELL’AVVISO PUBBLICO/COMUNICAZIONE DI AVVENUTO DEPOSITO

AVVISO PUBBLICO/COMUNICAZIONE DI AVVENUTO DEPOSITO (*)

DA PUBBLICARE PER TRENTA GIORNI ALL’ALBO PRETORIO (ON LINE) DEL COMUNE DI ________ (__)

AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL’ART. 213 COMMA 5 DEL VIGENTE CODICE DELLA STRADA.

Il Comandante della ______________ (___)

COMUNICA

che in data ______ si è proceduto a depositare presso il custode-acquirente (articolo 214-bis CdS)  _____ il veicolo marca ____, targato ____, telaio ____, di colore ____ sequestrato con verbale n° ____/____ ai sensi dell’art. ______ del CdS a seguito del verbale n° _____/____ di contestazione della violazione (__________________) prevista e punita dall’art. _____ del CdS – il veicolo è stato sequestrato in assenza dell’autore della violazione.

Ad ogni buon fine

SI AVVISA

che qualora la notifica “ordinaria” del verbale di contestazione, unitamente a quello di sequestro recante l’avviso ad assumerne la custodia, per comprovate difficoltà oggettive non sia stata possibile ed il veicolo risulti ancora affidato ad uno dei soggetti di cui all’ articolo 214-bis CdS, LA NOTIFICA SI HA, COMUNQUE, PER ESEGUITA nel trentesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nell’Albo Pretorio (on Line) del Comune ove è avvenuto l’accertamento della violazione della presente comunicazione di avvenuto deposito del sopracitato veicolo.

Luogo e data __________                                                                IL COMANDANTE

                                                                                                         ___________________ 

 

(*) Avviso da pubblicare per trenta giorni consecutivi all’Albo Pretorio (on Line) del comune ai sensi e per gli effetti dell’art. 213 comma 5 del vigente Codice della Strada.

Novembre 2022

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Assenza temporanea del destinatario, senza prove la notifica è inesistente

La Commissione tributaria regionale della Puglia con la sentenza n. 2387/26/2022 (presidente e relatore Ventura) ha affermato che la notifica delle cartelle di pagamento in caso di irreperibilità relativa del destinatario, temporaneamente assente al momento della consegna, è inesistente se nel corso del giudizio l’amministrazione finanziaria non fornisce la prova di aver rispettato la sequenza procedurale normativa.


Notifica via pec si dimostra solo con la ricevuta di avvenuta consegna

Una sentenza del Tribunale di Latina, Sezione Lavoro, ribadisce che solo la ricevuta di avvenuta consegna (RDAC) costituisce prova della notificazione


Con la sentenza n. 982 del 04.10.2022, il Tribunale di Latina, Sezione Lavoro, nella persona del Giudice del Lavoro, Dott.ssa Valentina Avarello, ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal medesimo Tribunale per contributi previdenziali non assolti, attesa la prescrizione quinquennale.
Il Giudice, condividendo le argomentazioni dell’opponente, che disconosceva tempestivamente ex art. 2719 c.c. gli estratti in formato .pdf delle ricevute telematiche di notifica degli atti di messa in mora intervenuti medio tempore fino alla notifica del decreto ingiuntivo, ritiene che solo i file in formato .eml costituissero idonea prova della notifica.
Così si esprime il Giudice:
“Dalla documentazione in atti si evince che il credito rivendicato con il decreto ingiuntivo opposto riguarda i contributi afferenti alle annualità 1999, 2009, 2011, 2012, 2013.
Occorre esaminare la documentazione prodotta dalla Cassa al fine di verificare la sussistenza di validi atti interruttivi della prescrizione.
Con riferimento alla diffida asseritamente notificata alla parte opponente il 18.12.2013 (al. 5 in cui sono rivendicate annualità 1999; 2000; 2009; 2011; 2012), rileva il giudicante che la documentazione prodotta dalla Cassa ai doc. 5.1. e 5.2. (cfr. fasc. opposta) non è idonea ad attestare l’effettivo inoltro della pec alla sig…., trattandosi di mere stampe analogiche di avvenuta consegna della pec da cui sono evincibili come dati soltanto il giorno e la data, il mittente e il destinatario ma in assenza di una qualsiasi indicazione dell’oggetto, e quindi del contenuto del messaggio.
La mancata produzione dei file .eml della RDAC (pur disposto con ordinanza del 2.3.2021) impedisce pertanto ogni verifica in relazione al contenuto dalla pec e alla riferibilità della stessa all’atto di intimazione di cui al documento 5…
In assenza di validi atti interruttivi della prescrizione, ne consegue che i contributi dovuti per le annualità 1999, 2009, 2011, 2012, 2013 ingiunti con decreto ingiuntivo notificato in data 21.9.2020 devono ritenersi estinti per decorso del termine prescrizionale.
Il decreto ingiuntivo deve pertanto essere revocato e l’opposizione accolta.”
La normativa in tema di notifiche telematiche è chiara nell’affermare che la prova della notifica è data unicamente dalla ricevuta telematica di avvenuta consegna (c.d. RDAC).
A norma dell’art. 48 d.lgs. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale): “La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del Dpr n. 68/2005, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida.
La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.
La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al Dpr n. 68/2005, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida”.
L’art. 6 comma 3 d.p.r. 68/2005 prevede: “La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione”.
Sulla base di tale quadro normativo di riferimento, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato che in difetto della RDAC la notificazione è da considerarsi affetta addirittura da inesistenza:
“La notifica a mezzo posta elettronica certificata non si esaurisce con l’invio telematico dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del plico informatico nella casella di posta elettronica del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna. La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l’inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità” (Cass. n. 20072/2015).


Piattaforma Notifiche Digitali: pubblicato il bando per i Comuni

È uscito l’Avviso per i Comuni Misura 1.4.5 del PNRR dedicata alla Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione. Il bando ha una dotazione complessiva di 80 milioni di euro.

L’obiettivo della Piattaforma delle notifiche è risolvere la situazione delle notifiche della pubblica amministrazione, attualmente gestito singolarmente da ogni ente (al meglio possibile per le proprie capacità), con costi di notifica e spesso di “investigazione” per individuare il notificato. È l’obiettivo dell’Avviso Misura 1.4.5 “Piattaforma Notifiche Digitali” Comuni (Settembre 2022), appena pubblicato e che permetterà ai comuni di collegarsi alla nuova Piattaforma delle Notifiche.
La Piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione, istituita dalla legge di Bilancio 2020 e disciplinata dall’articolo 26 del Decreto “Semplificazioni”, consentirà alle PA di effettuare notificazioni con valore legale di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni a persone fisiche e giuridiche residenti o aventi sede legale nel territorio italiano (o comunque titolari di codice fiscale).
La piattaforma delle notifiche permette di creare uno standard nazionale per le notifiche, sia per la PA che per il cittadino, di centralizzare l’eventuale postalizzazione, di sdoganare la notifica digitale.
Cosa prevede il Bando
I soggetti attuatori dell’avviso sono i Comuni (7904 municipalità in tutta Italia). Il bando ha una dotazione complessiva di 80 milioni di euro.
Il bando non ha “bandi precedenti” con cui relazionarsi, come invece gli avvisi pubblicati il 4 Aprile, che vanno valutati in relazione al Fondo Innovazione e Bando Piccoli Comuni. È quindi simile al bando Cloud ed Esperienza del cittadino da questo punto di vista.
Le attività finanziabili fanno riferimento:
• effettuare l’integrazione dei sistemi del Comune sulla Piattaforma Notifiche Digitali;
• attivare due servizi relativi a tipologie di atti di notifica, così come descritte nel dettaglio nell’Allegato 2 all’Avviso.
L’elenco delle attività ammissibili è esplicitato nell’allegato 2. Le date di riferimento del bando sono:
12/09/2022: data apertura
11/11/2022: data chiusura del bando
15/10/2022: data inizio richiesta erogazione contributo
In particolare, i lavori dovranno essere affidati al fornitore entro 3 mesi dalla data di notifica finanziamento, e completati entro 6 mesi (in base alla dimensione dell’ente) dalla data di stipula del contratto con il fornitore. La notifica del finanziamento viene data dopo esame delle richieste di finanziamento presentate dagli enti e valutate tra la data di apertura e chiusura del bando.

Non c’è un concetto di attività avviate a partire dalla data (retroattività), trattandosi di una piattaforma nuova.
I fondi disponibili per ogni ente
I fondi sono suddivisi tra gli enti secondo il criterio della fascia di abitanti:
1) per i Comuni fino a 5.000 abitanti: €23.147
2) per i Comuni 5.001 – 20.000 abitanti: €32.589
3) per i Comuni 20.001 – 100.000 abitanti: €59.966
4) per i Comuni 100.001 – 250.000 abitanti: €69.000
5) per i Comuni > 250.000 abitanti: €97.247.
I documenti
I documenti e artefatti associati al bando sono:
Testo dell’avviso
allegato 1: vocabolario
allegato 2: specifiche tecnico / economiche / procedurali dell’avviso
allegato 3: fac simile domanda di partecipazione
allegato 4: principi DNSH per il cloud
allegato 5: fac simile domanda di erogazione
mantenendo la struttura degli avvisi precedenti.
I servizi tra cui scegliere
Resta inteso che l’erogazione del contributo per PND è prevista solo ed esclusivamente nel caso in cui l’ente abbia rispettato quanto indicato in fase di adesione, ossia abbia completato il processo di integrazione e l’attivazione dei due servizi relativi alle due tipologie di atto indicate nel progetto.
Vanno scelti 2 servizi di cui 1 obbligatorio e uno a scelta:
(obbligatorio) – Polizia Locale – Notifiche Violazioni al Codice della Strada
uno a scelta tra:
• Polizia Locale Notifiche Violazioni extra Codice della Strada
• Tributi Notifiche Riscossione Tributi (con pagamento)
• Tributi Notifiche Riscossione Tributi (senza pagamento)
• Patrimonio Notifiche riscossione entrate patrimoniali (con pagamento)
• Patrimonio Notifiche riscossione entrate patrimoniali (senza pagamento)
• Scuola Notifiche per sollecito pagamento servizi scolastici
• Anagrafe Notifiche comunicazioni VL relative ad ufficio anagrafe
• Ufficio Tecnico / SUAP Notifiche comunicazioni VL Ufficio Tecnico / SUAP
• Ordinanze Comunali (con pagamento)
• Ordinanze Comunali (senza pagamento)
• Riscossione Coattiva Comunicazioni relative a riscossioni coattive e ingiunzioni fiscali
• Il procedimento per la candidatura
Per candidarsi è necessario:
 entrare con SPID in https://padigitale2026.gov.it/
 selezionare Avviso Misura 1.4.5 “Piattaforma Notifiche Digitali” Comuni (Settembre 2022)
 confermare dati comune e rappresentante legale
 accettare le responsabilità
 configurazione del pacchetto (vedi allegato)
 selezionare “integrazione piattaforma delle notifiche digitali”
 selezionare il servizio obbligatorio
 scegliere 1 servizio opzionale
 tutti i servizi (2 di cui uno a scelta e l’altro impostato di default) sono contrassegnati come “da attivare”
 Selezionare salva bozza o avanti
 Inviare la candidatura firmata dal rappresentante legale.
 Rendicontazione
Alla domanda di erogazione del finanziamento predisposta dal Soggetto Attuatore di cui al precedente comma 1, dovranno essere allegati:
o il certificato di regolare esecuzione del RUP;
o l’eventuale check list applicabile compilata secondo le linee guida di cui all’Allegato 4;
o la certificazione di completamento delle attività: al completamento delle attività viene prodotto nell’area privata un pdf da firmare digitalmente e allegare alla domanda di erogazione.
Interessante la novità di cui al punto 3: è la piattaforma stessa a certificare l’avvenuta esecuzione delle attività.
Ci riserviamo ulteriori approfondimenti.


Assicurazioni Generali S.p.a.

“Assicurazione per colpa grave”
La polizza è riservata a tutti i nostri iscritti, con esclusione di chi rivesta la qualifica dirigenziale, che beneficeranno di una copertura assicurativa per la responsabilità civile, amministrativa e contabile, per danno a cose e persone, derivante da comportamenti gravemente colposi posti in essere nello svolgimento delle proprie funzioni.
La colpa grave rappresenta una macroscopica violazione del dovere di diligenza; si tratta di uno sbaglio grossolano che fa scattare inevitabilmente la responsabilità professionale: la conseguenza è che il suo autore dovrà pagare i danni al destinatario.
La copertura assicurativa, che sarà attiva dal 1° gennaio 2023, vige nell’anno di iscrizione all’associazione e agisce retroattivamente per i comportamenti posti in essere nei 3 anni precedenti (retroattività) (Regime di claims made – Corte Suprema di Cassazione sentenza 9140/2016) ma non ancora emersi all’atto della sottoscrizione del contratto assicurativo. Per una migliore tutela, è quindi opportuno che coloro che cessano l’attività di notificazione per pensionamento, dimissioni o cambio di mansioni, mantengano l’iscrizione ad A.N.N.A. nei 3 anni successivi, per tutelarsi rispetto ad eventuali contestazioni insorte nel periodo indicato.
Il massimale previsto per ogni assicurato è di € 1.000.000,00, senza alcuna franchigia.
In caso di sinistro, l’assicurato deve darne avviso scritto con raccomandata A.R. all’assicuratore entro 15 giorni da quando ne ha avuta conoscenza, per tale intendendo:
– Comunicazione con la quale la struttura da cui dipende manifesta l’intenzione di ritenerlo responsabile di un danno con colpa grave
– Avviso dell’inchiesta giudiziaria promossa contro di lui in relazione alle responsabilità derivanti da comportamenti illeciti con colpa grave.

Leggi: Generali Assicurazioni Polizza n. 420259963


Differenza tra duplicato informatico e copia informatica

Il duplicato informatico è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit) e la corrispondenza del duplicato informatico (in ogni singolo bit) al documento originario non emerge (come, invece, nelle copie informatiche) dall’uso di segni grafici essendo, la firma digitale infatti, una sottoscrizione in “bit” il cui segno, restando nel file, è invisibile sull’atto analogico, ovvero sulla carta; solo l’utilizzo di specifici software possono verificare e confrontare l’impronta del file originario con il duplicato. A chiarirlo è la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza, n. 27379 del 19 settembre 2022.
L’argomento affrontato dagli Ermellini nella decisione sopra richiamata è quello della differenza tra duplicato informatico e copia informatica degli atti presenti nel fascicolo informatico e che i difensori possono estrarre ed utilizzare soprattutto, ma non solo, in ambito processuale.
Nel ritenere nulla la prima notifica della sentenza di una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, parte soccombente proponeva appello entro il termine di giorni trenta, computato però non dalla prima notifica, ma dalla seconda; per tale motivo la Corte d’Appello dichiarava inammissibile per tardività l’appello proposto avverso la decisione con cui il giudice di prime cure aveva respinto l’opposizione.
Avverso tale decisione, parte soccombente propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 326 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 5, e art. 161 c.p.c., comma 2, sul rilievo che la sentenza notificata in data 25.1.2017 costituiva un documento che, ancorché autenticato dall’avvocato, non poteva essere considerato un provvedimento giurisdizionale in quanto privo sia della sottoscrizione giudice in calce all’atto, sia della firma digitale, non presentando quel documento alcun segno grafico (coccarda e stringa) da cui si potesse presumere l’avvenuta sottoscrizione; pertanto, il legale di parte opponente avrebbe autenticato un atto inesistente ex art. 161 c.p.c., inidoneo a far decorrere il termine breve ex art. 326 c.p.c., con la conseguenza che la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerare come termine di decorrenza per la proposizione dell’appello quello della seconda notifica avvenuta successivamente.
Come ben compreso dalla Corte Suprema di Cassazione, parte ricorrente, nel sostenere la nullità della prima notifica della sentenza di primo grado, per essere il documento privo di alcun segno grafico che attestasse l’esistenza della firma digitale, ha palesemente confuso l’istituto del duplicato informato della sentenza sottoscritta telematicamente con quello della copia informatica della stessa.
Dalla lettura del ricorso appare evidente che parte ricorrente abbia associato al duplicato informatico i requisiti che sono propri e appartengono, invece, alla copia informatica di un documento nativo digitale; quest’ultima, in effetti, presenta, sul bordo destro delle pagine, la “coccarda” e la stringa alfanumerica indicante i firmatari dell’atto/provvedimento, segni grafici, che sono generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari e che non rappresentano assolutamente la firma digitale, ma una mera indicazione di come una firma digitale sia stata apposta sull’originale di quel documento.
Ciò si evince, in particolare, dalle seguenti norme:
– art. 16 bis, comma 9 bis, D.L. n. 179/12;
– art. 23 bis del Codice dell’amministrazione digitale.
L’art. 16 bis, comma 9 bis del decreto-legge n. 179/12, così dispone:
Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché’ dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell’attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all’originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine.
L’art. 23 bis del Codice dell’amministrazione digitale così dispone:
I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida.
Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto, l’obbligo di conservazione dell’originale informatico.
A seguito di tale corretto ragionamento, frutto della conoscenza e dell’applicazione della vigente normativa, l’affermazione di parte ricorrente secondo la quale il duplicato informatico della sentenza (oggetto della prima notifica) sarebbe privo della firma digitale è frutto solo di un fraintendimento sul significato di duplicato informatico e sulla differenza esistente tra questo e la copia informatica.
Per tali considerazioni e motivi, la Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, in quanto manifestamente infondato, essendo la prima notifica della sentenza di primo grado pienamente valida, come correttamente deciso dalla Corte d’Appello che ha fatto decorrere il termine breve per l’impugnazione da tale notifica e non, come erroneamente sostenuto da parte ricorrente, dalla seconda.


Mansioni superiori di fatto nel pubblico impiego

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25848 del 1° settembre 2022, ha ribadito che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. la Suprema Corte di Cassazione ha inoltre ribadito che il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore a quella di inquadramento formale, non è condizionato alla legittimità, né all’esistenza di un provvedimento del superiore gerarchico, e trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento.

La speciale disciplina dello ius variandi contenuta nell’art. 52 D.Lgs. n. 165/2001 costituisce uno dei tratti di permanente specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, giustificata dalla necessità di garantire un tendenziale controllo dell’amministrazione nell’accesso alle qualifiche superiori attraverso l’utilizzo di procedure selettive o concorsuali, nonché il controllo sulla spesa pubblica.

L’art. 52 D.Lgs. n. 165/2001 prevede che: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a).L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione”.

Detta norma preclude il superiore inquadramento in via giudiziale pur nel caso di accertato svolgimento di fatto di mansioni superiori; nel rapporto di lavoro privato, invece, in caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta ed il diritto alla promozione (l’assegnazione diventa definitiva), salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.

Il comma 5 dell’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001, per quanto riguarda il pagamento delle differenze retributive, stabilisce che “Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”.

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica – anche non immediatamente – superiore a quella di inquadramento formale comporta, in forza del disposto dell’art. 52, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore ove i compiti siano stati svolti in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale e, dunque ove le mansioni superiori assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni (Cass. sez. Unite, n. 25837/2007; Cass. n. 27887/2009, Cass. n. 30811/2018, Cass. n. 9646/2019).

Un Comune del Salento proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che aveva riconosciuto ad un proprio dipendente lo svolgimento di mansioni corrispondenti al superiore inquadramento ed il conseguente diritto del medesimo alle differenze retributive.

Il Comune in questione, richiamando la giurisprudenza amministrativa, sosteneva che il trattamento economico per lo svolgimento di mansioni superiori è subordinato alle seguenti condizioni giuridiche e di fatto:

  • le mansioni devono essere svolte su un posto esistente in pianta organica vacante e disponibile;
  • non deve essere stato bandito alcun concorso per tale posto;
  • l’incarico deve essere stato conferito con atto deliberativo dell’organo competente con la verifica dei presupposti e l’assunzione delle responsabilità.

Tali requisiti, per il Comune, difetterebbero nel caso in esame, poiché non esisteva nella pianta organica dell’ente comunale un posto con qualifiche e mansioni come quelle rivendicate dal dipendente; nessun concorso era stato bandito per tale posto; non esisteva alcun atto deliberativo, collettivo o dirigenziale, conferente al lavoratore le mansioni superiori.

Da parte del Comune, si assumeva che la sentenza d’appello era stata resa in violazione del contratto collettivo di categoria enti locali, che ha previsto un nuovo sistema di classificazione del personale fondato sull’accorpamento delle precedenti qualifiche funzionali in tre aree (A, B, C); che in sede di prima applicazione l’inquadramento nell’area è effettuato in base all’ex qualifica di appartenenza, secondo la corrispondenza indicata nel contratto; che la adibizione dei dipendenti appartenenti a fasce diverse a mansioni ricomprese nella medesima area professionale non comporta il diritto alla retribuzione corrispondente alle superiori mansioni; che il dipendente aveva svolto mansioni rientranti sempre nello stesso livello economico di appartenenza; che non aveva svolto mansioni superiori di competenza dei funzionari comunali inquadrati in un superiore livello poiché non era mai esistita nella pianta organica del comune un posto con qualifica e livello come quelli rivendicati dal lavoratore.

Il Comune osservava anche che la Corte d’appello aveva fondato il proprio convincimento solo sui dati documentali, omettendo di esaminare le deposizioni testimoniali che avrebbero potuto determinare un esito diverso della controversia.

Con la sentenza n. 25848 del 1° settembre 2022, la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Comune pugliese, applicando al caso in esame i principi che andiamo ad esporre.

Per la Suprema Corte di Cassazione, la Corte d’appello, nel riconoscere lo svolgimento, da parte del dipendente comunale, di mansioni corrispondenti al superiore inquadramento ed il conseguente diritto del medesimo alle differenze retributive, si era attenuta all’orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione, secondo cui, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nell’art. 52, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (Cass. n. 2102/2019; Cass. n. 18808/2013).

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25848 del 1° settembre 2022, ci ricorda, altresì, un altro principio di diritto dalla stessa Corte enunciato in materia di pubblico impiego contrattualizzato, ossia che il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore a quella di inquadramento formale, ex art. 52, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, non è condizionato alla legittimità, né all’esistenza di un provvedimento del superiore gerarchico, e trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Cass. n. 24266/2016).


Solidarietà al popolo marchigiano

L’Associazione A.N.N.A. esprime dolore e solidarietà alle popolazioni marchigiane colpite dall’evento calamitoso di giovedì scorso.
La nostra vicinanza è particolarmente rivolta alle persone che hanno subito gravissime perdite negli affetti e nei beni materiali.
Si esprime, altresì, la nostra vicinanza particolare ai nostri iscritti dei comuni della zona di Ostra e Senigallia.
Quanto accaduto nelle Marche è un fenomeno che ci porta tutti a interrogarci su come gli eventi naturali possano diventare anche catastrofici per molteplici responsabilità.


Piattaforma notifiche digitali, verso i bandi per l’onboarding: cosa cambierà per cittadini e PA

E’ prossima l’uscita del bando per finanziare l’onboarding degli enti locali sulla Piattaforma notifiche digitali degli atti pubblici (PND) che introduce la possibilità della notifica digitale in sostituzione di quella analogica.

La Piattaforma delle notifiche digitali (PND) è la prossima piattaforma abilitante con cui la Pubblica Amministrazione si confronterà e che potrà integrare nei propri sistemi.

Si aggiunge alle ormai più note IO, pagoPA, SPID/CIE, ANPR, ed è inoltre la prima piattaforma che nasce con un finanziamento specifico del PNRR, e per cui è previsto un bando – di prossima uscita – rivolto a tutti i Comuni, per finanziare l’onboarding degli enti locali interessati; da questo punto di vista, sono in partenza anche alcune sperimentazioni, in modo da testare il funzionamento della piattaforma.

L’obiettivo o meglio il problema che vuole risolvere la piattaforma è definito nel sito ufficiale di PagoPA (che è anche il gestore della piattaforma), in cui viene pubblicata anche la documentazione fino ad ora disponibile:

La PND “ha l’obiettivo di semplificare e rendere certa la notifica degli atti amministrativi con valore legale verso cittadini e imprese, con un risparmio di tempo e costi” sia per i cittadini, che per le imprese, e soprattutto per l’amministrazione pubblica.

La notifica degli atti a valore legale diventa in taluni casi per le pubbliche amministrazioni un misto tra una caccia al tesoro e un’indagine alla Sherlock Holmes, per trovare “l’introvabile” – cittadino o l’impresa – a cui notificare l’atto.

La PND mira a togliere questa parte investigativa facendosene carico, introducendo la possibilità della notifica digitale in sostituzione di quella analogica.

Nei comuni, tipicamente le notifiche riguardano alcune tipologie di atti, come ad esempio:

un terzo delle notifiche totali: codice della strada (multe);

un terzo delle notifiche totali: tributi (tari, imu…) collegate anche a procedimenti di riscossione coattiva (ovvero verso chi non ha pagato rate pregresse);

un quarto delle notifiche totali: ordinanze dirette ai singoli cittadini (tipo demolizione opere abusive e altri atti disposti dal comune, comprese nomine scrutatori, comunicazioni ai neoconsiglieri comunali, ad esempio nel 2021 ci sono state le amministrative);

la parte rimanente: comunicazioni di altri enti, come ad esempio Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, decreti di cittadinanza (della Prefettura), nomine Presidenti e Scrutatori di Seggio (Corte d’Appello).

Quindi: multe, riscossione coattiva, ordinanze dirette ai cittadini coprono l’85-90% delle notifiche.

L’architettura della Piattaforma notifiche

La prima cosa che va definita nel processo è l’atto, che viene costruito come segue:

  • creazione atto: es. multa;
  • l’atto viene firmato digitalmente dal responsabile del procedimento (se previsto);
  • l’atto viene protocollato o numerato nel registro particolare;
  • all’atto viene aggiunto l’avviso di pagamento (es. in caso di multa, ad oggi vengono aggiunti 2 avvisi: l’avviso con “sconto” se pagamento effettuato entro 5 giorni dalla notifica, avviso senza sconto se pagato dopo i 5 giorni fino al sessantesimo giorno);

A questo punto si ha il “pacchetto” da notificare.

Prima della Piattaforma Notifiche il tutto veniva messo in una busta e mandato con atto giudiziario (busta verde o 890) o A/R, con notevole dispendio di costi e di risorse umane dedicate.

Come avviene la notifica

Versione sintetica: prima di tutto il “pacchetto” viene inviato sotto forma di file (PDF) alla PND, che lo riceve e restituisce un codice di riferimento degli allegati; l’Ente invierà l’atto da notificare tramite appositi servizi dedicati che collegano i propri back office gestionali alla Piattaforma stessa, quindi senza l’intervento diretto di operatori.

Nella richiesta di invio notifica viene specificato il destinatario mediante il CF (CreditorTaxId) oltre ad altri parametri (tra cui gli allegati da considerare parte della notifica ed eventuale modalità di invio che può essere digitale + analogica o anche solo analogica).

Se tutto formalmente corretto, la PND genera quindi l’Avviso di Avvenuta Ricezione (AAR) che contiene le informazioni relative all’esistenza della notificazione, il suo IUN e le indicazioni sulle modalità che il destinatario può utilizzare per accedere agli atti notificati.

Versione estesa: il processo di notificazione inizia con la PA mittente che richiede a PND di prendere in carico l’effettuazione di una notifica.

Questa operazione avviene in due fasi:

nella prima fase, la PA fornisce a PND gli atti da notificare unitamente, se del caso, a quanto necessario per il pagamento da parte del destinatario (obbligatoriamente l’avviso pagoPA e, se necessario, l’eventuale F24, uno per ciascun tipo di processo di notificazione adottabile per raggiungere il cittadino in quanto hanno costi diversi).

Nella seconda fase, la PA genera la richiesta di creazione della notifica, fornendo i dati del destinatario (CF, se si tratta di persona fisica o giuridica, nome e cognome o ragione sociale, indirizzo fisico del domicilio noto alla PA, domicilio digitale speciale, Codice Avviso e Codice Fiscale della PA), un numero di protocollo, modalità dell’eventuale spedizione analogica (890 /AR), importo e data di scadenza del pagamento (se presente), eventuale attivazione della spedizione cartacea degli atti qualora venga intrapreso il percorso di notificazione analogico, i documenti facenti parte della notifica (attraverso gli identificativi forniti da PND nella precedente fase) e l’hash SHA-256 dei documenti stessi.

La PA indica anche quali dei documenti allegati devono essere obbligatoriamente visualizzati dal destinatario o dal suo delegato per poter stabilire il perfezionamento della notifica per presa visione.

Inoltre, la PA può indicare che, nel caso di notificazione analogica, i documenti vengano inviati congiuntamente all’AAR. In questo caso non è possibile abilitare il pagamento attraverso F24 in quanto il costo di notifica dipenderebbe dal numero di pagine stampate. PND, ricevute queste informazioni, verifica che siano sintatticamente corrette e restituisce al mittente un token che servirà alla PA stessa per ricevere l’esito delle successive attività di verifica poste in atto da PND. A questo punto PND verifica che lo SHA-256 fornito dalla PA coincida con quello calcolato da PND a partire dai documenti allegati, che ciascun CF fornito esista veramente e che esista un indirizzo fisico noto per ciascun destinatario (quest’ultima verifica per garantire la possibilità di notificare al destinatario). Se le verifiche hanno successo, PND genera lo IUN che viene restituito alla PA mittente unitamente al token generato all’atto di creazione della notifica. Questo perfeziona la notifica per la PA mittente con data della creazione della notifica stessa. In caso contrario PND informa la PA della presenza di errori nella richiesta inoltrata inviando un codice di errore unitamente al token generato all’atto di creazione della notifica.

Da qui la PND inizia a tentare la notifica, prima la notifica digitale, con 2 tentativi per ogni canale digitale disponibile.

I canali sono 3 e sono sempre domicili digitali, vagliati nella sequenza indicato sotto:

  • Domicilio digitale di piattaforma (domicilio digitale indicato nella PND)
  • Domicilio digitale speciale (domicilio digitale indicato specificatamente per alcuni atti)
  • Domicilio digitale generale (preso da INAD o INI-PEC)

La PND può fare massimo due tentativi per domicilio digitale (es. può ripeterlo per casella piena). Il primo andato a buon fine conclude il percorso.

Se la notifica digitale tramite Piattaforma non va a buon fine

Contemporaneamente, la Piattaforma invia un messaggio tramite app IO, con il link a cui può accedere il cittadino; se nel termine di 7 giorni non viene effettuato l’accesso alla piattaforma, a questo punto l’invio viene tentato per via analogica.

Nel caso il destinatario sia irreperibile all’indirizzo fisico fornito, PND tenta di determinare un secondo indirizzo fisico di inoltro.

Nel caso in cui il primo invio fosse stato effettuato verso l’indirizzo fisico fornito dalla PA, PND ricerca un nuovo indirizzo fisico in ANPR o nel Registro delle Imprese.

Nel caso in cui non si riesca a determinare un nuovo indirizzo fisico presso questi registri o nel caso in cui il primo invio fosse stato effettuato verso un indirizzo fisico fornito da ANPR o Registro delle Imprese, PND utilizza, se disponibile, l’indirizzo fisico fornito dall’operatore postale a seguito di una indagine effettuata presso l’indirizzo fisico di primo inoltro.

Se viene identificato un nuovo indirizzo fisico, PND tenta la notifica una seconda volta con le stesse modalità, tranne per l’assenza della verifica di esistenza di un nuovo indirizzo fisico. Nel caso in cui il destinatario sia del tutto irreperibile, l’AAR sarà comunque disponibile per il destinatario attraverso il portale di PND o gli altri meccanismi di accesso agli atti sopra descritti. La notifica si perfeziona per il destinatario dopo 10 giorni dalla consegna dell’AAR oppure 10 giorni dal fallimento della stessa

Perfezionamento della notifica

Il perfezionamento è il momento in cui l’atto viene considerato notificato al destinatario, e da quel momento decorreranno gli effetti giuridici conseguenti.

Su questo tema è stato pubblicato qualche mese fa un apposito Decreto, che contiene le regole per l’utilizzo della Piattaforma.

La notifica si perfeziona:

  • per l’amministrazione, nella data in cui il documento informatico è reso disponibile sulla piattaforma, ovvero all’atto della creazione della notifica;
  • per il destinatario:
  • il settimo giorno successivo alla data di consegna dell’Avviso di Avvenuta Ricezione in formato elettronico;
  • nei casi di casella postale satura, non valida o non attiva, il quindicesimo giorno successivo alla data del deposito dell’Avviso di Mancato Recapito;
  • il decimo giorno successivo al perfezionamento della notificazione dell’Avviso di Avvenuta Ricezione in formato cartaceo, incluso il caso di irreperibilità del destinatario;
  • in ogni caso, se anteriore, nella data in cui il destinatario, o il suo delegato, ha accesso, tramite la piattaforma, al documento informatico oggetto di notificazione. Questo si traduce nell’accesso in Piattaforma Notifiche al dettaglio della notifica.

Su questo punto, il manuale operativo di PND specifica che:

“Laddove la notifica non si sia perfezionata secondo le modalità descritte nelle sezioni relative alla notificazione analogica e digitale, l’accesso da parte del destinatario o di un suo delegato, attraverso PND o app IO, a tutti i documenti identificati dalla PA come rilevanti per il perfezionamento della notifica, perfeziona la notifica anche in via anticipata.

Lo stesso accade se il destinatario ottiene gli atti notificati attraverso la rete RADD o attraverso una persona delegata. PND genera un’attestazione opponibile ai terzi indicante la data e l’ora di perfezionamento.”

Lo stato di avanzamento della notifica

Ovvero se anche la notifica non è stata ancora inviata in forma cartacea, ma il destinatario o delegato accede alla notifica mediante PND o mediante rete RADD (degli sportelli di accesso fisico alla PND, ovvero degli sportelli di Poste), la notifica viene considerata perfezionata e il momento di perfezionamento diventa quello di accesso agli atti notificati.

Questo perché, per agevolare l’accesso “digitale” alla Piattaforma, Il mittente potrà in ogni momento chiedere lo stato di avanzamento della notifica per capire quindi come muoversi in caso di perfezionamento.

Il momento di perfezionamento è quello che – nell’esempio delle multe – permetterebbe di cambiare il valore dello IUV da “valore multa con sconto” a “valore multa senza sconto” laddove siano passati i 5 giorni dalla data di perfezionamento notifica, quindi facilitando di parecchio il cittadino ed evitando errori e successivi controlli da parte dell’Amministrazione.

Accesso alla Piattaforma

La PND metterà a disposizione un’interfaccia web per il mittente (ente) per la gestione delle notifiche, che a grandi linee è simile alla dashboard di IO, ovvero permette invio di notifiche manuali, gestione delle notifiche e dei log, analisi dei costi.

L’ente – nella maggior parte dei casi – utilizzerà però le specifiche API di integrazione con i propri back office gestionali, in modo da inviare automaticamente l’atto da notificare alla Piattaforma, senza alcuna operazione manuale.

Ogni destinatario inoltre potrà accedere alla Piattaforma mediante identità digitale o con delega per la lettura dei documenti notificati.

La PND permette che il destinatario che possiede SPIE o CIE possa autenticare sul portale web di piattaforma o su App IO. Per permettere ai cittadini non dotati di tali strumenti o che comunque non vogliano accedere con modalità digitali alla piattaforma, viene realizzata una rete di operatori che forniscono servizi di accesso alla piattaforma. Questa rete è indicata con il nome di Rete di Assorbimento del Digital Divide (RADD). Tale rete prevede diverse modalità di accesso (diretta, con delega …).

La versione web della Piattaforma permette la gestione completa della notifica (sia per mittente che per destinatario) e PND conserva i documenti della notifica per 120 giorni dalla data di perfezionamento.

Ulteriori dettagli si trovano sul manuale operativo.

I costi

Se la notifica avviene mediante la piattaforma in modalità digitale, secondo il decreto 30 maggio 2022, già pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, i costi sono così indicati:

  • due euro per la notifica digitale, di cui 1 per l’ente gestore della piattaforma e 1 per l’ente mittente della notifica (a discrezione, il Comune può anche farsi carico dell’euro di sua spettanza, ad esempio per determinate tipologie di atti);
  • nel caso di notifica cartacea, occorre sommare un extra aggiuntivo di 1,40 euro per chi non ha ancora la pec (domicilio digitale)
  • vanno aggiunte le ulteriori spese di spedizione – ancora da quantificare, che saranno definite in seguito alla gara ad evidenza pubblica in corso;

A questi va sommato l’ulteriore costo nel caso in cui la persona, ricevuta la notifica analogica, non sia in grado di visualizzarla da sola e debba andare presso gli sportelli della Posta per poter fare accesso alla piattaforma delle notifiche.

Ovviamente, se l’atto notificato è relativo ad un tributo o ad una multa, va aggiunto anche il pagamento del servizio specifico.

La Piattaforma notifiche e le altre piattaforme

Un aspetto di rilevante importanza è che la Piattaforma Notifiche è nativamente integrata con le banche dati di interesse nazionale, utili a portare a termine il processo: quindi ANPR per la verifica dei dati anagrafici, e INI PEC per la verifica del dato dell’indirizzo PEC per imprese e professionisti iscritti ad Albi; appena sarà disponibile, anche INAD, e in futuro altre banche dati che potessero rivelarsi utili.

Un bell’esempio di cosa vuol dire progettare un servizio con visione nel lungo periodo, non limitandosi alle funzioni di base.

Il principale tema che gli Enti debbono approfondire adesso riguarda le modalità di integrazione dei propri back office (gestionali verticali) alla piattaforma notifiche: il partner naturale sarebbe il partner tecnologico di pagoPA per due motivi: è una piattaforma di pagoPA, e comunque un avviso anche di 2 euro devo comunque staccarlo se uso la piattaforma delle notifiche, per cui il flusso lo coinvolge. Se ogni fornitore si collega alla piattaforma c’è il rischio di creare un grafo di integrazioni nuovamente da fare e pagare.

In ogni caso, l’Ente è libero di decidere lo scenario migliore per la propria organizzazione.

La PND interviene nel processo di notifica non modificando la normativa specifica prevista nel Codice di Procedura Civile (artt. da 138 in poi), ma mettendo a disposizione un’infrastruttura tecnologica dedicata, con le seguenti funzionalità:

  1. la centralizzazione degli atti (tutti gli atti vengono notificati mediante la stessa piattaforma);
  2. la standardizzazione del metodo di notifica degli atti;
  3. la possibilità di notifica sia digitale (prima) che analogica (dopo);
  4. riduzione dei tempi di investigazione per raggiungere cittadino o impresa e “massimizzazione” degli stessi (un’entità lo fa per tutti gli enti);
  5. riduzione dei costi di spesa di notifica per cittadino che per l’ente

Da analisi fatte al momento dell’analisi e progettazione, si è stimato che, ad esempio, per l’Agenzia delle Entrate potrebbe attendersi una significativa riduzione dei costi netti di notifica e spedizione, attualmente stimati in circa 41 milioni di euro annui (calcolati al netto delle somme recuperate a titolo di rimborso per le spese di notifica e spedizione, ove previsto).

Inoltre, risparmi consistenti ci sarebbero anche i Comuni, con ricadute positive sui servizi che potrebbero essere erogati ai cittadini. A titolo esemplificativo, “la sola Città di Napoli ha ipotizzato, grazie all’introduzione di questa norma, un risparmio complessivo di circa 12 milioni di euro”.

Conclusioni

È bene precisare che i principali benefici della Piattaforma non sono sole nel risparmio delle spese di spedizione, ma soprattutto nella maggiore certezza del momento dell’avvenuta notifica (quindi eliminazione del contenzioso e maggiore celerità nella riscossione coattiva), ma anche nel risparmio del personale dedicato a questo compito, che può essere assegnato ad altri compiti.


Linee guida dell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e dei professionisti, vers. 2.0

La versione 1.0 delle Linee Guida dell’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese, era stata pubblicata da AgID in data 15 settembre 2021 con determinazione 529/2021; il 7 luglio 2022, con determina 191/2022, AgID ha pubblicato la versione 2.0 delle citate linee guida contenente le integrazioni derivanti dall’art. 27, comma 1, lett. a) e c) del D.L. 6 novembre 2021, n. 152.
Le Linee Guida sono, naturalmente, adottate ai sensi dell’art. 71 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e s.m.i. recante il “Codice dell’Amministrazione digitale” (CAD) e della Determina AgID n. 160 del 2018 recante il “Regolamento per l’adozione di linee guida per l’attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale”; le stesse stabiliscono, come detto, le modalità di realizzazione e gestione operativa dell’INAD (Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese) nonché le modalità di accesso allo stesso, il tutto ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 quater del CAD.
Si riportano alcuni degli aspetti più singolari e importanti delle nuove linee guida del domicilio digitale.
1) Il domicilio digitale:
Il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (di seguito PEC) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del CAD.
2) Chi può eleggere il proprio domicilio digitale mediante nell’INAD:
a) le persone fisiche che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e che abbiano la capacità di agire;
b) i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi ai sensi della legge n. 4/2013 (di seguito Professionisti);
c) gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’INI-PEC.
Tutti i soggetti sopra indicati che intendono eleggere il proprio domicilio digitale, devono preventivamente registrarsi all’INAD accedendo tramite il relativo portale web e identificandosi mediante il sistema pubblico di identità digitale (SPID) o la carta d’identità elettronica (CIE) o la carta nazionale dei servizi (CNS).
La registrazione dei Professionisti nell’INAD è soggetta alla verifica (automatizzata), dell’assenza del soggetto all’interno dell’INI-PEC.
Nel caso in cui il Professionista risulti già presente nell’INI-PEC, non gli sarà consentita la registrazione all’INAD e, conseguentemente, gli sarà preclusa la possibilità di eleggere, in tale sistema, il domicilio digitale in qualità di Professionista, ferma restando, in ogni caso, la facoltà di registrazione nell’INAD in qualità di persona fisica.
3) Per i professionisti: domicilio digitale professionale o domicilio digitale personale?
i professionisti hanno facoltà di eleggere nell’INAD sia un domicilio digitale professionale sia un domicilio digitale personale e la distinzione tra i due domicili digitali, appartenenti al medesimo soggetto, è resa evidente all’interno dell’INAD sia al diretto interessato, al momento dell’elezione del domicilio, sia agli utenti al momento della consultazione dell’INAD.
Resta ferma, in ogni caso, la facoltà di eleggere al di fuori dell’INAD un domicilio speciale per determinati atti o affari, ai sensi dell’articolo 47 c.c.
Il domicilio eletto dalle persone fisiche può essere utilizzato anche per le comunicazioni aventi valore legale a loro dirette nella qualità di tutori, curatori, procuratori o altre forme di rappresentanza di altre persone fisiche, previste dalla legge.
4) Può essere volontariamente dismesso il domicilio digitale in uso?
Le linee guida prevedono la facoltà di cessazione del domicilio digitale in uso da parte del titolare senza elezione di un nuovo domicilio digitale; ciò però non sempre è possibile in quanto la cessazione volontaria, non è consentita a coloro che risultano contemporaneamente iscritti nell’INI-PEC in qualità di professionisti, ai sensi dell’art. 6-quater, comma 2 del CAD.
5) Il professionista può modificare o eliminare la propria attività professionale o le proprie attività professionali indicate nell’INAD?
Con specifico riferimento alla figura del professionista, è altresì prevista la facoltà del medesimo di modificare o eliminare la propria attività professionale o le proprie attività professionali indicate nell’INAD. Qualora il professionista non svolga più alcuna attività professionale e, pertanto, proceda all’eliminazione di tale indicazione, l’INAD procede alla cessazione del domicilio digitale e della posizione associata al Professionista, mantenendo, ove già presente, la differente posizione dello stesso soggetto quale persona fisica.
6) È prevista in INAD la storicizzazione delle operazioni sul domicilio digitale?
Le linee guida prevedono che, al fine di dare evidenza delle operazioni effettuate durante le fasi di elezione, modifica e cessazione del domicilio digitale, anche d’ufficio e in casi particolari, viene generata, ai soli fini probatori, la tracciatura di tali operazioni, mediante registrazione su supporto informatico:
a) della modalità di identificazione dell’utente per le operazioni richieste;
b) della data e dell’ora di accesso all’INAD;
c) della data, dell’ora e del tipo di operazione effettuata (elezione, modifica, conferimento e revoca della delega, cessazione volontaria e cessazione in casi particolari) e del domicilio digitale a cui è riferita l’azione;
d) della data e dell’ora di validazione o annullamento della richiesta telematica al Gestore INAD.
I dati della tracciatura sono associati al soggetto richiedente e inviati in conservazione ove resteranno disponibili per dieci anni dalla trasmissione al sistema di conservazione, a garanzia di eventuali esigenze probatorie nell’ordinario termine di prescrizione dei diritti, in considerazione delle finalità del domicilio digitale.
7) INAD e domicilio digitale dei professionisti già presenti in INI-PEC:
il domicilio digitale dei professionisti iscritti nell’INI-PEC sarà inserito anche nell’INAD quale domicilio digitale in qualità di persone fisiche, fermo restando il diritto di eleggerne uno diverso; ciò in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 6-quater, comma 2 del CAD.
Il Ministero per lo Sviluppo Economico, avvalendosi del Gestore di INIPEC, renderà disponibili al Gestore dell’INAD gli indirizzi e i nominativi dei professionisti presenti nell’INI-PEC, tramite servizi informatici le cui specifiche tecniche sono definite in fase di sviluppo dell’INAD.
L’inserimento nell’INAD degli indirizzi elettronici presenti nell’INI-PEC consta delle seguenti fasi:
a) recupero, tramite i suddetti servizi, dei domicili digitali e dei nominativi dei professionisti inseriti nell’INI-PEC, messi a disposizione dal Gestore dell’INIPEC al Gestore dell’INAD;
b) inserimento provvisorio nell’INAD per 30 giorni, senza pubblicazione, dei domicili digitali e dei relativi nominativi. Nel caso di professionisti iscritti a più ordini o collegi professionali è inserito nell’INAD l’ultimo domicilio digitale cronologicamente dichiarato nell’INI-PEC.
c) il Gestore INAD, provvederà a fornire ai professionisti iscritti in INI-PEC le istruzioni utili al completamento della procedura di registrazione all’INAD, necessaria all’abilitazione delle funzioni di gestione del proprio domicilio.
Qualora, entro 30 giorni dall’inserimento provvisorio di cui sopra, il professionista non abbia usufruito della propria facoltà di modifica del domicilio digitale trasmesso dall’INI-PEC, il Gestore INAD provvederà alla pubblicazione del domicilio digitale e del relativo nominativo del professionista.
Qualora il professionista abbia optato per la modifica del domicilio digitale, al fine di eleggerne uno personale in INAD diverso da quello presente in INI-PEC, il Gestore INAD procede alla cancellazione del domicilio digitale inizialmente trasmesso dall’INI-PEC.
8) L’ambito di utilizzo del domicilio digitale:
a) l’utilizzo del domicilio digitale è disciplinato dagli articoli 3-bis, 6 e 6-quinquies del CAD.
b) I domicili digitali presenti nell’INAD sono utilizzabili per l’invio di comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter) del CAD.
Codice dell’amministrazione digitale – Art. 6 – Utilizzo del domicilio digitale
1. Le comunicazioni tramite i domicili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies. Le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all’articolo 3-bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. La data e l’ora di trasmissione e ricezione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle Linee guida.
1-bis. COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 13 DICEMBRE 2017, N. 217.
1-ter. L’elenco dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti è l’Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti di cui all’articolo 6-bis.
L’elenco dei domicili digitali dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), è l’Indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, di cui all’articolo 6-ter. L’elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato diversi da quelli di cui al primo e al secondo periodo è l’Indice degli indirizzi delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato di cui all’articolo 6-quater.
1-quater. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, notificano direttamente presso i domicili digitali di cui all’articolo 3-bis i propri atti, compresi i verbali relativi alle sanzioni amministrative, gli atti impositivi di accertamento e di riscossione e le ingiunzioni di cui all’articolo 2 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, fatte salve le specifiche disposizioni in ambito tributario. La conformità della copia informatica del documento notificato all’originale è attestata dal responsabile del procedimento in conformità a quanto disposto agli articoli 22 e 23-bis.
Art. 6-quinquies – Consultazione e accesso
1. La consultazione on-line degli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater è consentita a chiunque senza necessità di autenticazione. Gli elenchi sono realizzati in formato aperto.
2. L’estrazione dei domicili digitali dagli elenchi, di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, è effettuata secondo le modalità fissate da AgID nelle Linee guida.
3. In assenza di preventiva autorizzazione del titolare dell’indirizzo, è vietato l’utilizzo dei domicili digitali di cui al presente articolo ((per l’invio di comunicazioni commerciali, come definite dall’articolo 2, comma 1, lettera f, del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70).
4. Gli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater contengono le informazioni relative alla elezione, modifica o cessazione del domicilio digitale.


Cartelle esattoriali: nulla la notifica se da PEC non ufficiale

Notifica delle cartelle esattoriali solo da PEC ufficiale. In caso contrario si considera nulla. A stabilirlo diverse pronunce giurisprudenziali, ed è quindi importante per il contribuente verificare l’indirizzo di posta elettronica certificata del mittente.
Sono diverse le pronunce giurisprudenziali sul tema accomunate dall’aver evidenziato la nullità delle attività di notifica mediante caselle di posta elettronica certificata non inserite nei pubblici registri.
Questo è quanto stabilito ad esempio dalla ventesima Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma con l’ordinanza numero 10571 del 16 dicembre 2020.
In buona sostanza, a conferma fra l’altro dell’orientamento giurisprudenziale, secondo i giudici tributari risulta priva di effetto ab origine, e quindi inesistente e non suscettibile di sanatoria, la notifica dell’Agenzia delle Entrate proveniente da questo indirizzo:
notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it
Nel caso di specie, infatti, l’Ente della Riscossione in qualità di soggetto notificante, non aveva utilizzato una delle PEC riferite all’Agenzia delle Entrate Riscossione riportate nel pubblico registro (Indice delle Pubbliche Amministrazioni).
La sentenza numero 10571 del 16 dicembre 2020 della ventesima CTP ha confermato l’orientamento ormai consolidato secondo cui la notificazione via PEC, per considerarsi valida, deve essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che risulti da pubblici elenchi.
Nel in cui il contribuente si ritrovi nella casella di posta una cartella proveniente da un qualsiasi altro indirizzo, deve reputare quella notifica priva di efficacia perché inesistente.
Non si potrà, per tale ragione, invocare la “sanatoria per raggiungimento dello scopo” prevista dall’articolo 156 del Codice di Procedura Civile, perché la notifica irrituale degli atti tributari, ancor prima che nulla, è inesistente.
L’articolo 156 citato, in tema di rilevanza delle nullità, stabilisce infatti quanto segue:
“Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.
Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.
La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.
Ciò significa che, secondo il principio di tassatività, l’inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento determina la nullità solamente nei casi previsti dalla legge.
La fattispecie richiamata, tra l’altro, fa riferimento alle cosiddette nullità formali che intervengono soltanto in casi eccezionali perché, in ipotesi di raggiungimento dello scopo, il relativo vizio viene sanato.
Ebbene, i giudici tributari hanno escluso l’applicazione di questo principio al caso di specie ed hanno ritenuto insanabile l’irregolarità della notifica.
Secondo quanto stabilito dall’ordinanza in commento, infatti, la Commissione Tributaria ha considerato la notifica per mezzo di una PEC non ufficiale, ancor prima che nulla, inesistente.
Non è quindi da ricomprendere nei vizi sanabili nel caso di raggiungimento dello scopo, così come disposto dal citato articolo 156, ossia nel caso di avvenuta conoscenza dell’atto notificato (le cartelle esattoriali).
Vi è infatti una fondamentale differenza tra inesistenza e nullità di un atto, i cui caratteri sono spesso oggetto di diatribe dottrinali e giurisprudenziali.
In estrema sintesi, la prima consiste nella più grave forma di invalidità, comminata laddove sussista una anomalia dell’atto nella sua formazione, perché privo di uno degli elementi essenziali o comunque illecito.
Nullità che, fra l’altro, in alcuni casi può essere sanata (nullità relativa) e in altri persiste definitivamente (nullità assoluta).
La seconda, viceversa, interviene quando il vizio è talmente grave da non consentire nemmeno di identificare l’atto, nemmeno nei suoi requisiti minimi essenziali.
D’altronde, l’articolo 16 ter del D.L. 179/2012 definisce pubblici elenchi quelli previsti gli articoli 4 e 16, comma 12, dello stesso decreto, ovvero “IPA”, “Reginde”, “Inipec”.
Ecco, quindi, che l’indirizzo da cui è giunta la cartella impugnata non è oggettivamente e con certezza riferibile all’Agenzia delle Entrate Riscossione, non risultando nell’elenco del Reginde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia), né nella pagina ufficiale del sito internet dell’Agenzia Entrate Riscossione, né tantomeno nella pagina della CCIAA (Camera di Commercio di Roma).
È l’articolo 3-bis della legge n. 53/1994 a definire le regole in materia di notifica di atti tramite PEC e, in particolare, il comma 1 prevede che:
“La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”
Gli elenchi pubblici a cui si fa riferimento nell’ambito delle attività di notifica delle cartelle esattoriali sono quindi quelli sopra individuati: Reginde, INIPEC e IPA. In caso di indirizzi di posta elettronica certificata non inclusi, la notifica è quindi ritenuta nulla.
Questo è l’orientamento che ha caratterizzato le ultime pronunce in materia, e oltre a quella sopra analizzata si cita, a titolo esemplificativo, il recente intervento della CTR del Lazio con la sentenza n. 3514 del 2 agosto 2022, secondo il quale le notifiche effettuate tramite PEC non incluse in elenchi pubblici sono nulle e si considerano inesistenti.
Gli esempi di cui sopra consolidano quindi un orientamento ormai diffuso, a tutela dei diritti dei contribuenti.


COMUNICATO RINNOVO CCNL FUNZIONI LOCALI

Sottoscritta il 4 agosto l’ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto dei 430.000 dipendenti delle Funzioni Locali per il triennio 2019-2021.

Il testo sottoscritto è ora sottoposto alla certificazione della Corte dei Conti e alla valutazione dei lavoratori e lavoratrici nelle assemblee. Il percorso si concluderà prevedibilmente entro il mese di settembre, consentendo agli enti di adeguare i salari ed erogare gli arretrati entro la fine dell’anno.
Riservandoci un giudizio più articolato sui risultati complessivi ottenuti dal sindacato con questo rinnovo anticipiamo alcune valutazioni sul capitolo relativo al nuovo ordinamento professionale, argomento che riveste particolare interesse tra i nostri associati e sul quale A.N.N.A. conduce da tempo una battaglia per il giusto riconoscimento del ruolo dell’agente notificatore in termini di professionalità e responsabilità.
Il nostro impegno per la valorizzazione della figura del messo comunale ha sempre caratterizzato la nostra iniziativa, fin dai primi passi compiuti dall’associazione: senza mai indulgere in posizioni corporative, abbiamo perseguito l’obiettivo del corretto inquadramento contrattuale, rivolgendo le nostre istanze ai vari livelli istituzionali e mediante un proficuo rapporto con il sindacato. Ricordiamo, per tutti, il convegno di Roma del 2008, che ha visto la qualificata presenza dei segretari nazionali di categoria di Cgil, Cisl e Uil; l’interlocuzione con il sindacato non è mai venuta meno e si è intensificata nell’occasione dell’ultimo rinnovo contrattuale, allorchè abbiamo rinnovato le nostre richieste per la categoria trovando ascolto e interesse anche se, a volte, con dei distinguo.
Sinceramente ci aspettavamo decisioni più incisive. Registriamo, però, alcune novità di rilievo: il nuovo ordinamento introduce un sistema di classificazione basato non più sulle Categorie A, B, C e D, ma su Aree Professionali (Area degli Operatori, Area degli Operatori Esperti, Area degli Istruttori, Area dei Funzionari e delle Elevate Qualificazioni), con nuove possibilità di progressione orizzontale con il sistema dei differenziali economici, per un numero massimo stabilito nella Tabella A e di progressione verticale tra aree. Nell’area che interessa in particolare la nostra categoria, oggi collocata prevalentemente in Cat. B, in fase di prima applicazione, e cioè fino al 31/12/2025, la progressione verticale può aver luogo con procedure valutative, superando lo sbarramento rigido del possesso del titolo di studio, che rappresentava, per diversi Messi Comunali, un ostacolo insormontabile per gli sviluppi di carriera verso la Cat. C. Tali progressioni, inoltre, sono specificamente finanziate con risorse aggiuntive fino allo 0,55% del monte salari del 2018.
Il personale in servizio sarà inquadrato secondo la Tabella B di trasposizione dal 5° mese successivo alla sottoscrizione del nuovo contratto; all’interno dell’Area, come già accennato, al dipendente possono essere attribuiti uno o più differenziali stipendiali, con procedura selettiva attivabile annualmente in relazione alle risorse disponibili nel Fondo Risorse Decentrate. Ciò consentirà di remunerare il maggior grado di professionalità acquisito, in aggiunta alla retribuzione maturata nella posizione economica già conseguita, anche ai dipendenti che avevano raggiunto le posizioni economiche più elevate (es. i B7).
È inoltre prevista la progressione (verticale) tra aree, da attuarsi con procedura comparativa basata su valutazione, assenza di provvedimenti disciplinari, possesso di titoli o competenze professionali, incarichi rivestiti, così come disciplinato dagli enti.
Spetta infatti agli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificare i profili professionali e collocarli nella corrispondente area. Le declaratorie di cui all’All. A indicano l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento in ciascuna di esse; i profili professionali descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie dell’area. Saranno quindi gli enti a identificare i singoli profili professionali, come ad esempio il messo, collocandoli nelle rispettive aree nel rispetto delle declaratorie (art. 12 c. 6). Dalla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento è disapplicato l’All. A del ccnl 31/03/1999, le cui declaratorie collocavano in modo alquanto rigido il messo in Cat. B (già IV q.f.). Viene meno, pertanto, l’ostacolo che impediva agli enti di inquadrare il messo in una categoria superiore e viene demandato alla scelta responsabile degli Enti la corretta definizione del profilo del messo che dovrebbe, a nostro avviso, fare riferimento alle caratteristiche dei profili dell’Area degli Istruttori. L’accesso a questa area è possibile per chi:

  • sia in possesso del diploma della scuola secondaria di 2° grado e almeno 5 anni di esperienza maturata nell’area di provenienza,

oppure

  • abbia assolto l’obbligo scolastico e abbia maturato almeno 8 anni nell’area degli operatori esperti.

Resta in vigore il sistema delle indennità quali l’indennità condizioni di lavoro (art. 70 bis), l’indennità per specifiche responsabilità (art. 84) fino ad un importo massimo di € 3.000,00 annui.

L’individuazione dei profili professionali e la loro collocazione in una determinata area compete, come sopra accennato, alle amministrazioni, ma sarà necessariamente oggetto di confronto con la RSU, come previsto nell’art. 5.
Si aprono dunque nuove possibilità di far valere le giuste istanze della categoria, riguardo ad un inquadramento più consono all’evoluzione del ruolo e della figura del messo comunale/notificatore che, realisticamente, dovrebbe rientrare nella declaratoria dell’Area degli Istruttori per come descritta nell’All. A che sotto trascriviamo:
“Appartengono a quest’area i lavoratori strutturalmente inseriti nei processi amministrativi-contabili e tecnici e nei sistemi di erogazione dei servizi e che ne svolgono fasi di processo e/o processi, nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate, anche attraverso la gestione di strumentazioni tecnologiche. Tale personale è chiamato a valutare nel merito i casi concreti e ad interpretare le istruzioni operative. Risponde, inoltre, dei risultati nel proprio contesto di lavoro.
Specifiche professionali:

  • Conoscenze tecniche esaurienti;
  • Capacità pratiche necessarie a risolvere problemi di media complessità, in un ambito specializzato di lavoro;
         Responsabilità di procedimento o infraprocedimentale, con eventuale responsabilità di coordinare il lavoro dei colleghi”.

Si aprirà quindi, dopo la sottoscrizione definitiva, una stagione non facile di contrattazione decentrata. Da parte nostra, come Associazione, seguiremo con attenzione l’andamento del confronto tra le parti, con l’obiettivo di monitorare l’applicazione delle norme e per raggiungere l’obiettivo abbiamo ed avremo bisogno della massima partecipazione e del sostegno dei nostri iscritti che rappresentano la nostra forza.

L’auspicio è che si raggiunga uniformità di trattamento sui territori e che l’inquadramento possa essere il più vantaggioso possibile per i messi, nel rispetto dei diritti dei lavoratori nostri associati.

Leggi: Comunicato A.N.N.A. sulla preintesa 2022

Leggi: Ipotesi CCNL Funzioni locali 2019 2021


Sempre ok la notifica postale dell’accertamento Impoesattivo

Via libera da parte della Corte Suprema di Cassazione all’amministrazione finanziaria, al recapito, anche per questo tipo di atti, tramite raccomanda con avviso di ricevimento L’articolo 29 del Dl n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010, seppure abbia previsto che l’avviso di accertamento rechi anche l’intimazione ad adempiere agli obblighi di pagamento contenuti nell’atto, non ha invece introdotto deroghe all’ordinaria disciplina in tema di notificazione postale degli avvisi di recupero tributario che, di conseguenza, possono legittimamente essere notificati dall’ufficio anche in via diretta a mezzo del servizio postale.
Così si è espressa la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 23435 del 27 luglio 2022, che ha confermato un principio sempre più consolidato presso il Giudice di legittimità.
Un contribuente impugnava dinanzi alla competente Commissione tributaria provinciale l’atto “impoesattivo” con il quale erano stati accertati a suo carico maggiori redditi d’impresa.
Il verdetto di prime cure, sfavorevole all’interessato, veniva confermato dal Collegio regionale della Sicilia con sentenza n. 2630/08/2021 del 10 febbraio 2021 veniva ribadita la regolarità della notifica dell’atto impositivo, contestata dal contribuente in quanto effettuata dall’ufficio in via diretta a mezzo del servizio postale.
Ricorrendo in sede di legittimità, la parte privata riproponeva la doglianza relativa all’asserito vizio della notificazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 14 della legge n. 890/1982 e 60 del Dpr n. 600/1973, nonché degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile.
In breve, secondo il ricorrente, la notifica dell’atto tributario doveva ritenersi giuridicamente inesistente perché effettuata da un soggetto non autorizzato dall’ufficio, ovvero tramite un agente postale e non da un messo notificatore speciale.
La Corte Suprema di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando la piena legittimità dell’iter notificatorio utilizzato dall’ufficio e precisando che l’articolo 29, comma 1, lettera a), del Dl n. 78/2010 “nulla ha innovato riguardo alla notifica dell’atto impositivo, limitandosi a prevedere, in considerazione della necessità di operare la «concentrazione della riscossione nell’accertamento», che l’avviso di accertamento rechi anche l’intimazione ad adempiere agli obblighi di pagamento contenuti nell’atto c.d. impoesattivo”.
In particolare, si legge nella pronuncia in commento, nessuna modifica è stata apportata all’articolo 14 della legge n. 890/1982 “che continua a prevedere «la notificazione degli avvisi […] che per legge devono essere notificati al contribuente», «a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari», senza alcuna distinzione tra i vari tipi di atti, impositivi o impoesattivi”.
La notificazione – vale a dire il procedimento, le cui forme e modalità sono prestabilite dalla legge, che si sostanzia in una serie di attività finalizzate a determinare la “conoscenza legale” di un atto in capo ad un soggetto specificamente individuato – è prevista da una pluralità di norme con riguardo a tutti gli atti attraverso i quali l’amministrazione finanziaria esplica la potestà impositiva nei confronti del contribuente.
La disposizione generale di riferimento in materia è costituita dall’articolo 60 del Dpr n. 600/1973, il quale al primo comma prevede che la notificazione è eseguita “secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile…”, con alcune modifiche ivi espressamente disciplinate.
Detto articolo 60 concerne essenzialmente le notificazioni eseguite in via “personale”, vale a dire quelle effettuate tramite un ufficiale notificatore, categoria che in ambito tributario ricomprende anche i messi comunali e i messi speciali autorizzati dell’ufficio finanziario (articolo 60, primo comma, lettera a), del Dpr n. 600/1973), nonché le notificazioni a mezzo posta elettronica certificata (settimo comma della norma in questione).
In materia tributaria, peraltro, in virtù di quanto previsto dall’articolo 14, primo comma, della legge n. 890/1982, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente può avvenire anche a mezzo del servizio postale, con l’impiego di plico sigillato, e “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge”.
Al riguardo, la Corte Suprema di Cassazione ha precisato che l’articolo 14 della legge n. 890 “consente in via generale la notifica diretta degli atti dell’Amm.ne Finanziaria mediante ricorso diretto, cioè senza l’intervento di ufficiali giudiziari o messi notificatori, al servizio postale” (Cassazione, n. 21797/2020) e che la facoltà di utilizzo di tale modalità di notificazione è operativa dal 15 maggio 1998, data di entrata in vigore dell’articolo 20 della legge n. 146/1998, che ha modificato in tali termini il ridetto articolo 14 (Cassazione, nn. 2365/2022, 35640/2021 e 14745/2021).
Tanto precisato, va ricordato che, relativamente agli accertamenti “esecutivi” o “impoesattivi” di cui all’articolo 29 del Dl n. 78/2010, era stata sostenuta la tesi secondo cui gli stessi dovessero essere portati a conoscenza dell’interessato esclusivamente attraverso le modalità di notificazione “personale”, vale a dire attraverso un pubblico ufficiale notificatore quale il messo comunale o il messo speciale autorizzato dell’ufficio.
Intervenendo sulla problematica, peraltro, la Corte Suprema di Cassazione (sentenza n. 16679/2016) aveva smentito questa ricostruzione, riconoscendo invece la possibilità per l’ufficio di procedere anche mediante utilizzo diretto del servizio postale.
Sulla stessa linea interpretativa è successivamente intervenuta Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 38010/2021, ove si legge in particolare che “non può ritenersi che tale disposizione legislativa (il ridetto articolo 29 del Dl n. 78/2010) abbia un qualsiasi effetto abrogante dell’art. 14, legge 890/1982, che appunto prevede, senza alcuna distinzione tra gli atti ivi indicati, la facoltà degli Enti impositori di procedere alla notificazione a mezzo posta senza intermediazione alcuna, se non appunto quella dell’agente postale”.
L’ordinanza in esame ribadisce, dunque, una regola che appare consolidata sottolineando che anche laddove l’articolo 29 richiamato letteralmente prevede che la notificazione a mezzo posta è consentita per gli atti “successivi” all’avviso di accertamento, tale disposizione non si pone su un piano di incompatibilità logica o di implicita contraddizione con la più generale previsione di cui all’articolo 14 della legge n. 890/1982, ma, piuttosto, “rende evidente l’intento del Legislatore di specificare che anche per queste nuove tipologie di atti, ovvero i c.d. “atti successivi” … è attribuita all’amministrazione fiscale la facoltà di procedere alla loro notificazione mediante l’utilizzo della più snella modalità costituita dall’invio diretto a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento”.


Sanzioni amministrative tributarie non trasmissibili agli eredi

L’obbligazione al pagamento delle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie non si trasmette agli eredi. È quanto sancito dall’art. 8 del D. Lgs. n. 472/1997 segnato “Intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi”.
Lo ha rammentato la Corte di cassazione con sentenza n. 25315 del 24 agosto 2022.
Violazione di norme tributarie: intrasmissibilità delle sanzioni
Difatti, diversamente dalle sanzioni civili, che si sostanziano in sanzioni aggiuntive, destinate a risarcire il danno ed a rafforzare l’obbligazione con funzione di deterrente per scoraggiare l’inadempimento, le sanzioni amministrative e quelle tributarie hanno un carattere afflittivo ed una destinazione di carattere generale e non settoriale.
Rientra, quindi, nella discrezionalità del legislatore stabilire, nei limiti della ragionevolezza, quando la violazione debba essere colpita da un tipo di sanzione piuttosto che da un altro.
A questa scelta si ricollega anche il regime applicabile per quanto riguarda la trasmissibilità agli eredi, prevista solo per le sanzioni civili, quale principio generale in materia di obbligazioni, e non per le altre, per le quali opera il diverso principio dell’intrasmissibilità, quale corollario del carattere personale della responsabilità.
La Corte Suprema di Cassazione ha accolto il motivo di doglianza con cui gli eredi di una contribuente avevano lamentano l’error in iudicando in cui era incorsa la CTR nella parte in cui, nella sentenza impugnata, non aveva motivato sull’invocata questione dell’intrasmissibilità delle sanzioni tributarie.
Nella specie, costituiva dato pacifico in causa il fatto che la controversia promossa dalla contribuente in opposizione di una cartella esattoriale era stata proseguita dai figli, quali eredi della medesima.
Alla luce, quindi, di quanto disposto dall’art. 8 del D. Lgs. n. 472/1997, l’obbligazione al pagamento delle sanzioni per violazioni tributarie non spettava loro, non essendosi trasmessa in via di successione.
Ne discendeva, quanto alle sanzioni, l’annullamento della cartella di pagamento impugnata.


Compiuta giacenza: quando la notifica è nulla

Nonostante siano trascorsi 10 giorni senza che l’atto sia stato ritirato, la notifica non si perfeziona se non sono eseguiti gli adempimenti di cui all’art. 140
La compiuta giacenza di un atto giudiziario non consegnato al destinatario per assenza dello stesso o per rifiuto a riceverlo comporta il perfezionamento della relativa notifica una volta che siano decorsi dieci giorni senza che l’atto stesso sia stato ritirato dal soggetto interessato.
È tuttavia necessario che nel procedimento notificatorio non siano state omesse le formalità richieste dall’articolo 140 del codice di procedura civile.
Tale norma, in particolare, prevede che nel caso in cui non sia possibile eseguire la consegna dell’atto da notificare in quanto le persone individuate dal precedente articolo 139 c.p.c. sono irreperibili o incapaci o rifiutino di ritirarla, l’ufficiale giudiziario deve in primo luogo depositare la copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi.
Egli, poi, deve affiggere un avviso di deposito sulla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda del destinatario dell’atto. In tale avviso devono necessariamente essere indicati il nome della persona che ha chiesto la notificazione, il nome del destinatario, la natura dell’atto, il giudice che ha pronunciato il provvedimento, la data o il termine di comparizione e la data e la firma dell’ufficiale giudiziario.
L’ultima incombenza alla quale è tenuto l’ufficiale giudiziario è quella di dare notizia del deposito al destinatario mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Nel caso in cui una di tali formalità manchino, la notifica, nonostante la compiuta giacenza, si considera nulla.
Peraltro, l’ufficiale giudiziario che esegue il deposito deve stare particolarmente attento: se esso avviene presso l’ufficio di una frazione del comune, considerato impropriamente come casa comunale, vi è comunque nullità della notifica (Cass. n. 1321/1993).
Sempre in materia di nullità è inoltre interessante sottolineare che la Corte Suprema di cassazione con la sentenza numero 7809/2010 ha sancito che, a seguito della sentenza numero 3/2010 della Corte costituzionale con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 140 c.p.c. laddove prevedeva che la notifica si perfezionasse per il destinatario con la spedizione della raccomandata informativa e non con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, è oggi necessario che il notificante comprovi tale ulteriore circostanza. In caso contrario la notificazione deve ritenersi nulla.
Ancor più interessante la sentenza numero 24416/2006 della Corte Suprema di Cassazione che si è occupata di un particolare caso di nullità della notifica. In essa si è infatti chiarito che “qualora sussistano i requisiti richiesti dalla legge, ai sensi degli art. 44 c.c. e 31 att. c.c., per opporre il trasferimento di residenza ai terzi di buona fede, ovvero la doppia dichiarazione fatta al comune che si abbandona e a quello di nuova residenza, con consequenziale cancellazione dall’anagrafe del comune di provenienza e iscrizione nell’anagrafe del comune di nuova residenza, aventi la stessa decorrenza, la notifica effettuata ex art. 140 c.p.c., in cui il piego relativo alla raccomandata ed attestante l’avvenuto compimento delle formalità previste dalla legge sia stato restituito al mittente per compiuta giacenza, è nulla, in quanto la notifica ex art. 140 c.p.c. non esclude ma al contrario postula che sia stato esattamente individuato il luogo di residenza, domicilio o dimora del destinatario, e che la copia non sia stata consegnata per mere difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l’incapacità o il rifiuto delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c. di ricevere l’atto”.