Valida la notifica della sentenza all’ente presso la sede secondaria

Processo tributario 
È rituale la notifica effettuata dal contribuente tramite servizio postale all’ufficio comunale che ha emesso l’atto impugnato anche se diverso dal domicilio eletto.
Nel processo tributario, il regime della notifica dell’atto processuale è speciale rispetto a quello del rito ordinario ed è prevista anche la cosiddetta “notificazione diretta” che può essere effettuata con due modalità: la spedizione del plico tramite raccomandata o la consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
In ambito tributario, è rituale la notifica della sentenza di primo grado, effettuata direttamente a mezzo posta, presso un ufficio diverso rispetto al domicilio eletto?
La questione viene rimessa alla Corte di Cassazione Sezioni Unite la quale, con la sentenza dell’11 luglio 2022 n. 21884, risponde affermativamente. Infatti, è valida la notifica della sentenza in  prima istanza effettuata direttamente dal contribuente tramite il servizio postale, all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso.
La decisione è espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale in virtù del quale occorre ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali; inoltre, si fonda sul carattere impugnatorio del processo tributario che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.
Una società agiva contro il Comune ritenendo illegittimo il silenzio-diniego avverso l’istanza di rimborso del canone sostitutivo dell’imposta sulla pubblicità (versato ex art. 62 d.lgs. 446/1997) per gli anni da 2009 a 2013. In primo grado, la Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, mentre, in sede di gravame, la Commissione tributaria regionale riformava integralmente la decisione di prime cure considerando legittimo il silenzio-diniego dell’amministrazione comunale. In particolare, per quanto qui rileva, la Commissione tributaria regionale non accoglieva l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla società. Secondo l’appellata, il Comune avrebbe depositato l’appello ben oltre il termine di 60 giorni (termine breve) decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado. Detta notifica era avvenuta non presso il domicilio eletto dal Comune, ma presso il servizio di polizia amministrativa, a mani proprie di un soggetto non individuato. Per il giudicante, la notifica era affetta da nullità e inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, pertanto, l’appello del Comune doveva considerarsi tempestivo.
È proprio sul tema della validità (o meno) della notifica effettuata presso un luogo diverso dal domicilio eletto che interviene la Corte di Cassazione nella sua più autorevole composizione.
Il processo tributario è disciplinato dal d.lgs. 546/1992, il cosiddetto Codice del processo tributario.
Per quanto riguarda le notifiche, l’art. 16 c. 2 d. lgs. cit. dispone che:
• le notificazioni sono fatte secondo le norme degli artt. 137 e seguenti del Codice di procedura civile, salvo quanto disposto dall’ art. 17 d. lgs.
L’art. 16 c. 3 introduce due forme ulteriori di notificazione con modalità diretta che il contribuente può eseguire senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o dell’avvocato autorizzato dall’ordine forense:
• direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto,
• oppure all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
Come si può notare, l’art. 16 c. 2 d. lgs. fa salvo quanto previsto dall’art. 17, la cui disciplina, quindi, prevale su quella prevista dal codice di rito ordinario.
Secondo l’art. 17 c. 1 d. lgs., le comunicazioni e le notificazioni sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio.
Per completezza espositiva, si ricorda che, anche nel processo tributario, sono state introdotte le notifiche telematiche (art. 16 bis d. lgs.).
Per quanto riguarda i termini per l’impugnazione, l’art. 51 dispone che il termine per impugnare la sentenza della commissione tributaria sia di 60 giorni (“termine breve”), decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall’ art. 38, comma 3.
L’art. 38 c. 3 prevede che, se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327 c. 1 del Codice di procedura civile, ossia si applica il “termine lungo” di 6 mesi.
La questione rimessa alla Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite riguarda la notificazione dell’atto processuale e, in particolare, della sentenza di primo grado, effettuata ai sensi degli artt. 16 e 17 del d.lgs. 546/1992. In particolare, ci si domanda:
«se, in tema di notificazioni nel processo tributario, sia rituale, o meno, la consegna della sentenza di primo grado a un ufficio dell’ente locale che non sia ubicato anche nella sua sede principale indicata negli atti difensivi, ma sia comunque riconducibile all’ufficio che ha emanato l’atto impositivo impugnato o (come nella specie) non ha emanato l’atto richiesto».
Nel caso in oggetto:
• la notifica della sentenza di primo grado all’amministrazione comunale è stata effettuata direttamente a mezzo posta,
• non presso il domicilio eletto, ossia la sede dell’ufficio tributi in persona del cui dirigente l’ente si è costituito in giudizio,
• ma presso altro ufficio comunale, già destinatario dell’istanza di rimborso proposta dal contribuente e che non aveva emesso l’atto richiesto.
Secondo il giudice del gravame, la sentenza di primo grado andava notificata presso il domicilio eletto dal Comune. Infatti, l’art. 17 d. lgs. dispone che, solo nel caso di mancanza di elezione di domicilio, la notificazione possa avvenire presso la residenza o sede dichiarata nell’atto di costituzione. Per questa ragione, la notifica è stata considerata nulla – in quanto effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto – e inidonea a far decorre il termine breve.
Invece, il ricorrente ritiene che l’art. 17 consenta la notifica tramite consegna a mani proprie, anche in luogo diverso dal domicilio eletto, infatti, la norma fa sempre salva tale modalità.
La Corte Suprema di Cassazione considera fondata la doglianza.
Per risolvere la questione sottoposta al suo scrutinio la Corte Suprema di Cassazione parte dal dettato normativo, ossia dal Codice del processo tributario (d.lgs. 546/1992). In particolare, ricorda che:
• i giudici tributari applicano le norme del processo tributario e per quanto da esse non disposto e con esse compatibili le norme del Codice di procedura civile (art. 1 c. 2 d.lgs. 546/1992),
• alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni sulle impugnazioni del Codice di procedura civile (titolo III, capo I, del libro II), e fatto salvo quanto disposto dal codice del processo tributario (art. 49 d.lgs. 546/1992).
Dal contesto normativo è agevole desumere la specialità del rito tributario. Le disposizioni che prevedono la prevalenza della norma processuale tributaria – ove esistente – su quella del codice di rito ordinario, che si applica solo in via sussidiaria e in quanto compatibile (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 8053/2014 e 14916/2016). Nel caso del ricorso alla Corte Suprema di Cassazione (art. 62 c. 1 d.lgs. 546/1992) è prevista la prevalenza delle norme processuali ordinarie dal momento che non esiste un “giudizio tributario di legittimità”.
Da quanto sopra emerge un regime differenziato tra:
• processo che si svolge dinnanzi alle commissioni tributarie,
• e giudizio civile di legittimità.
Tale differenza incide anche sull’individuazione della disciplina da applicare in caso di notificazione.
Come già ricordato, l’art. 16 c. 2 d. lgs. deroga alle regole disposte dal Codice di procedura civile, facendo salva la disciplina dell’art. 17 d.lgs.
Dal tenore letterale dell’art. 17 d. lgs. emerge che, nel processo tributario, rispetto alla notifica della sentenza di primo grado da eseguire presso il domicilio eletto dalla parte, o, in mancanza di elezione di domicilio, nella residenza o sede dichiarata dalla parte stessa, prevale la facoltà alternativa di eseguire la notifica con consegna in mani proprie quale modalità idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (ex art. 38 d.lgs.).
Infatti, come sopra ricordato, la Corte Suprema di Cassazione Sezioni Unite ha già avuto modo di sottolineare la specialità del rito tributario rispetto a quello ordinario (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 14916/2016). La disciplina delle notificazioni si estende «con carattere di specialità e, quindi, di prevalenza» alla fase di impugnazione. Tale circostanza emerge anche dalla lettura dell’art. 38 c. 2 d. lgs. che è stato modificato nel 2010 (ex d.l. 40/2010) ed ha operato un espresso richiamo alla disciplina delle notificazioni previste dall’art. 16 d. lgs. cit. Pertanto, la notifica può avvenire:
• seguendo le regole dettate dall’art. 137 c.p.c. e seguenti
• ma anche tramite la notificazione cosiddetta “diretta” (ex art. 16 c. 3 d. lgs.).
Dalla notifica così effettuata decorre il termine di 60 giorni per proporre appello (termine breve) in difetto trova applicazione quanto disposto dall’art. 327 c.p.c. (termine lungo).
Le forme di notificazione diretta: diverse e alternative tra loro
Il regime di notificazione nel processo tributario è speciale rispetto a quello previsto dal codice di rito ordinario e ciò emerge:
• dal già citato art. 16 d. lgs. cit. che rinvia all’art. 17 come eccezione rispetto alla disciplina dettata dall’art. 137 e ss. c.p.c.,
• dalla previsione di una notificazione diretta (art. 16 c. 3 d. lgs. cit.) che può avvenire a) tramite raccomandata ordinaria senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario e non in base alle regole della legge 890/1982, e b) tramite consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
Le forme di notificazione diretta sono diverse e alternative tra loro (Corte Suprema di Cassazione SS.UU. 13452/2017 e 13453/2017; Corte Suprema di Cassazione 299/2020), infatti:
• nella prima (sub a) l’atto in plico è spedito per posta e la prova della ricezione è data dall’avviso di ricevimento;
• nella seconda (sub b) l’atto è consegnato all’impiegato addetto e la prova della consegna è data dalla “ricevuta sulla copia” rilasciata dal ricevente.
Per quanto riguarda, la notifica a mezzo posta nel processo tributario può avvenire:
• secondo le regole dettate dall’art. 149 c.p.c., nel rispetto della legge 890/1982, stante il richiamo operato dall’art. 16 d. lgs. cit all’art. 137 e ss. c.p.c.,
• oppure tramite la notifica diretta del plico raccomandato (art. 16 c. 3 d. lgs.).
La notifica diretta tramite servizio postale universale è caratterizzata da «modalità semplificate che, data anche la spiccata specificità del processo tributario non violano gli artt. 3 e 24 Cost.» (Corte Suprema di Cassazione SS. UU. 13452/2017 e 13453/2017).
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale
Un solo precedente della Corte Suprema di Cassazione(1) ha considerato rituale la notificazione dell’atto processuale effettuata presso un ufficio periferico e non presso la sede principale (Corte Suprema di Cassazione 20851/2010). La giurisprudenza(2) considera valida la notifica effettuata presso un ufficio dell’Agenzia delle entrate non territorialmente competente in quanto diverso da quello che ha emesso l’atto impositivo. A tale conclusione si è giunti considerando il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate. «Al tempo stesso, si è dato risalto ai principi di collaborazione e buona fede, in forza dei quali, alla luce del principio di buon andamento (art. 97 Cost.), deve essere improntata l’azione dell’amministrazione pubblica, per cui l’atto del privato che venga indirizzato all’organo esattamente individuato, benché privo di competenza per esigenze organizzative specifiche ad esso, produce gli effetti che la legge gli riconnette, essendo onere dell’ufficio curarne la trasmissione a quello competente». Oltre a ciò, viene in rilievo il principio della tutela dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, in ambito tributario, è codificato dall’art. 10 dello statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000). Il citato orientamento giurisprudenziale ha fatto leva sul principio di effettività della tutela giurisdizionale in virtù del quale occorre ridurre al massimo le ipotesi di inammissibilità dei rimedi giurisdizionali; inoltre, si fonda sul carattere impugnatorio del processo tributario che attribuisce la qualità di parte necessaria all’organo che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato.
La Corte Suprema di Cassazione mette in evidenza i diversi principi che vengono in rilievo al fine di risolvere la questione sottoposta al suo esame:
• il principio di affidamento del cittadino nel buon andamento della funzione pubblica,
• il carattere impugnatorio del processo tributario,
• la specialità del rito in tema di notificazioni degli atti del processo tributario e, in particolare, della sentenza emessa nel giudizio di merito,
• e il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, “nella sua essenziale tensione verso una decisione di merito” (Corte Suprema di Cassazione SS.UU. 13453/2017).
In particolare, quest’ultimo principio impone all’interprete di evitare un eccessivo formalismo e trova il proprio punto fermo:
• nelle garanzie costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.),
• nelle norme sovranazionali (art. 24 Carta di Nizza, art. 19 TUE, art. 6 CEDU).
I principi di cui sopra hanno trovato espressione nell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la notifica della decisione ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso può essere effettuata all’Agenzia delle Entrate presso la sede centrale o presso un ufficio periferico. Infatti, è stata attribuita agli uffici periferici la stessa capacità di stare in giudizio già attribuita agli uffici che hanno emesso l’atto impugnato (Corte Suprema di Cassazione 1954/2020; Corte Suprema di Cassazione 27976/2020).
In relazione alla posizione dell’ente impositore occorre valorizzare quanto disposto dall’art. 11 c. 3 d. lgs. cit., infatti, «anche nel caso dell’ente locale la legge sul processo tributario viene a configurare una legittimazione passiva concorrente,
• sia in capo al legale rappresentante dell’ente stesso (per cui, nel caso del comune, essa farà capo, di norma, al sindaco, salvo diverse previsioni statutarie),
• sia in capo al dirigente ufficio tributi».
La Corte Suprema di Cassazione considera fondato il primo motivo di ricorso, in quanto la notifica effettuata dal contribuente è valida e l’appello del Comune risulta inammissibile perché proposto oltre il termine breve per formulare l’appello. La sentenza della Commissione tributaria regionale viene cassata senza rinvio e le spese compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie oggetto di cognizione.
Infine, viene enunciano il seguente principio di diritto:
• «La notifica, effettuata dal contribuente direttamente tramite il servizio postale, ai sensi dell’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, della sentenza di primo grado all’ente locale non presso la sede principale indicata negli atti difensivi, ma presso altro ufficio comunale diversamente ubicato, che abbia emesso (o non abbia adottato) l’atto oggetto del contenzioso, è valida e, quindi, idonea, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 51, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, a far decorrere il termine di sessanta giorni per impugnare».
NOTE
[1] La Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite evidenzia come, relativamente alla notifica della sentenza di primo grado effettuata presso l’ufficio periferico dell’ente comunale impositore si rinvenga un solo precedente (Cass. 20851/2010). Tale decisione ha ammesso la validità della notifica indirizzata all’amministrazione in una sede diversa da quella legale, nondimeno, non risolve il problema della validità della consegna a mani anche se non disposta al legale rappresentante dell’ente locale. Altre decisioni hanno dichiarato la nullità della notifica per violazione dell’art. 17 d. lgs. 546/1992 (Cass. 4222/2015; Cass. 4616/2018; Cass. 10776/2018; Cass. 27400/2020).
[2] Cass., 15 dicembre 2004, n. 23349; Cass., 26 gennaio 2008, n. 1925; Cass., 17 dicembre 2008, n. 29465; Cass., 3 luglio 2009, n. 15718; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30753; Cass., 21 gennaio 2015, n. 1113; Cass., 11 marzo 2015, n. 4862; Cass., 24 settembre 2015, n. 18936; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21593.


L’indirizzo P.E.C. non è valido, cartelle annullate: il pasticcio dell’Agenzia delle entrate

Gli atti che l’Agenzia delle entrate trasmette ai soggetti fiscali mediante posta elettronica certificata (pec) possono essere nulli se inviati da un indirizzo che non appare negli elenchi pubblici. I giudici tributari sono divisi in due, alcune volte danno ragione al contribuente, altre volte all’autorità.
Non è cosa nuova, se ne parla da diversi anni ma il tema ritorna occasionalmente agli onori delle cronache anche perché, con il passare del tempo, non si crea uniformità nel diritto.
La Legge 53/1994, all’articolo 3 bis, sancisce che le notifiche telematiche possono essere fatte soltanto da un indirizzo di posta elettronica certificato che compare negli elenchi pubblici. Nonostante ciò, le Commissioni tributarie italiane ricevono ricorsi basati proprio sulla non idoneità degli indirizzi pec mediante i quali le cartelle sono state inviate.
Il vizio di notifica ha indotto la Commissione tributaria di primo grado competente ad annullare il debito nei confronti dell’erario di un imprenditore assisano, 71 cartelle per un valore di 1,4 milioni di euro. Se gli atti provengono da un indirizzo pec diverso da quello ufficiale presente nei registri pubblici, è come se non fossero mai stati notificati.
I registri pubblici che fanno stato: Ipa, Reginde e Inpec. Un caso per spiegare meglio: lo scorso mese di luglio 2022 la Commissione tributaria di Napoli ha annullato una cartella esattoriale inviata al contribuente dall’indirizzo pec: notifica.acc.campania@pec.agenziariscossione.gov.it, diverso da quello presente nei registri, ossia: protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it.
I legali dei contribuenti, in fase di contestazione delle cartelle, fanno ricorso alla già citata legge 53/1994 e alle numerose sentenze che, di fatto, si limitano a ribadire il contenuto della legge medesima.
L’Agenzia delle entrate replica rispolverando l’articolo 26 del decreto del presidente della Repubblica 602/1973 (modificato nel 2017) nel quale viene specificato che è l’indirizzo pec del destinatario, quello che deve essere presente negli elenchi pubblici. Un ribaltamento di 360° accolto da diverse Commissioni tributarie che escludono la nullità degli atti.
Le Commissioni tributarie che danno ragione all’Agenzia delle entrate ignorano però la sentenza 17346/2019, mediante la quale, la Cassazione conferma la necessità che anche l’indirizzo pec del mittente debba essere inserito negli elenchi pubblici, in caso contrario la notifica al contribuente è viziata ed insanabile.
Manca quindi quell’uniformità che spinge la parte soccombente ad adire le Commissioni tributarie di grado superiore, causando perdite di tempo e costi che si potrebbero risparmiare, oltre alle perdite per l’erario.


Sì al secondo lavoro ma non per gli statali.

Orario programmato o il dipendente potrà rifiutarsi di lavorare
l datore di lavoro non potrà impedire ai propri dipendenti di svolgere un’altra attività al di fuori dell’orario di lavoro. Ma attenzione, questa norma non si applicherà ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per i quali resterà valido quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 in materia di incompatibilità e cumulo di incarichi.
E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 104 del 2022, che attua la Direttiva europea relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione. Un provvedimento denso di novità per i lavoratori sia pubblici che privati. Il decreto entrerà in vigore dal 13 agosto 2022, e le novità che introduce non sono affatto poche.
Lo scopo della direttiva recepita attraverso il decreto legislativo del governo è quello di migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e soprattutto “prevedibile”. I lavoratori devono essere messi nelle condizioni di avere pieno accesso alle informazioni che riguardano il loro rapporto di lavoro. Dunque, il datore dovrà innanzitutto comunicare al dipendente, in modo chiaro e completo, una serie di informazioni che riguardano il rapporto di lavoro. Si tratta per molti versi di informazioni standard: l’inquadramento, la qualifica, la data di inizio del rapporto di lavoro, il periodo di prova, la durata delle ferie, i congedi retribuiti ai quali si ha diritto, la retribuzione, le modalità di pagamento. Ma ci sono alcune novità contenute nel decreto legislativo che attuano la direttiva europea, che non sono di poco conto. Come la “programmazione” dell’orario di lavoro.
Dunque, fra le informazioni “essenziali” da dare al dipendente, c’è quella della “programmazione dell’orario ordinario di lavoro”. Il provvedimento prevede che debba essere comunicata al lavoratore la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile. Se non è possibile prevedere un orario di lavoro programmato, il lavoratore dovrà essere informato sulla “variabilità” della programmazione del lavoro, sul periodo minimo di preavviso e sulle ore e i giorni di riferimento. Senza queste comunicazioni il dipendente può anche rifiutarsi di svolgere le proprie mansioni “senza subire pregiudizio”. Ed ancora. Il lavoratore dovrà poter pianificare la propria attività. Se gli viene affidato un incarico che poi viene revocato o non più richiesto, il datore dovrà dare un preavviso “congruo” della revoca. Senza un periodo “ragionevole” di preavviso, il dipendente avrà diritto a una somma a titolo di compensazione non inferiore al 50 per cento della cifra convenuta per la prestazione annullata. Inoltre, i lavoratori con anzianità di servizio di sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. Ma anche per questa disposizione c’è una esclusione espressa per i dipendenti pubblici.
I dipendenti, come detto, potranno avere anche un secondo lavoro al di fuori dell’orario lavorativo alle dipendenze del proprio datore. Quest’ultimo non potrà vietarlo, a meno che questo secondo lavoro non comporti rischi per la salute e la sicurezza del dipendente o nel caso vi sia un conflitto di interessi tra le due attività.
La norma spiega poi che, per i dipendenti pubblici, resta in vigore quanto previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001. Il comma sette dell’articolo 53 del decreto 165 prevede che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.

Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione deve verificare l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.


BUON FERRAGOSTO !!!


La presenza della Cad agli atti legittima la notifica

La comunicazione di avvenuto deposito portata in giudizio dall’Agenzia, anche se firmata dal postino, prova il fatto che la raccomandata è effettivamente giunta al recapito del destinatario

Non è ravvisabile alcun vizio del procedimento notificatorio, quando, agli atti, c’è anche l’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito, individuata con l’esatto numero indicato nella prima raccomandata. Tale avviso, firmato dall’agente postale, attesta sia la persistente assenza del destinatario, sia l’avvenuta immissione in cassetta della raccomandata di avviso del deposito. Lo ha affermato la Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 19333 del 15 giugno 2022.
La controversia ha origine dell’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini Irpef e addizionali, Irap e Iva, e della comunicazione di rigetto dell’istanza di accertamento con adesione, presentata oltre il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto (articolo 6, comma 2, Dlgs n. 218/1997). Il contribuente, esercente attività di elaborazione di dati contabili, è stato inserito nel piano annuale dei controlli avendo dichiarato, per il periodo d’imposta 2007, componenti negativi di reddito, rientranti nella categoria “altre spese documentate” (RE19, quadro RE. Unico PF) di ammontare rilevante rispetto ai ricavi. L’ufficio, al fine di riscontrare la veridicità dei predetti componenti negativi, nonché il rispetto dei principi di inerenza degli stessi, ha notificato al professionista un invito al contraddittorio chiedendo giustificazione delle spese residuali e ha riconosciuto, sulla base della documentazione prodotta, l’importo totale dei costi ammessi in deduzione per € 100.204, in quanto spese documentate e afferenti all’attività esercitata. Ha, invece, recuperato a tassazione i costi non inerenti e non documentati pari a circa € 208.608.
La Commissione tributaria provinciale, accogliendo le eccezioni preliminari dell’ufficio, ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi (il primo, per intempestività perché proposto oltre il termine di 60 giorni dalla notifica – ex articolo 21, Dlgs n. 546/1992 – l’altro per inammissibilità, poiché la comunicazione di rigetto dell’istanza di adesione non è inclusa nell’elenco degli atti impugnabili previsti dall’articolo 19, dello stesso Dlgs). Anche in secondo grado il contribuente è risultato soccombente. La Ctr, infatti, ha respinto l’appello, ritenendo validamente notificato l’avviso di accertamento poiché:
• l’atto era stato spedito il 3 dicembre 2012 dall’ufficio postale, con tentativo di recapito il successivo 5 dicembre 2012 da parte dell’addetto
• l’agente postale, vista la temporanea assenza del destinatario, aveva immesso il relativo avviso nella cassetta della corrispondenza dello stabile trascorsi (almeno) 10 giorni dal tentativo di recapito, il 17 dicembre, il plico postale contenente l’avviso, non essendo stato ritirato dal destinatario, veniva rispedito all’indirizzo dell’ufficio mittente.
Il professionista ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione di legge:
• poiché la Ctr aveva ritenuto validamente notificato l’atto impositivo, sebbene l’avviso di ricevimento relativo alla notifica di tale atto non contenesse le indicazioni prescritte ex lege e, in particolare, dei motivi che giustificavano il ricorso alle forme previste dall’articolo 140 cpc (articoli 21, Dlgs n. 546/1992; 60, Dpr n. 600/1973 e. 139, 140 e 148 cpc), inoltre – sebbene l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa (Cad), non prodotta in giudizio, non contenesse le indicazioni previste ex lege (articolo 8, legge n. 890/1982).
La Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo infondato il motivo, e ha affermato che la sentenza impugnata, “confermando sul punto l’accertamento compiuto nella sentenza di primo grado, ha ripercorso l’iter del procedimento notificatorio dell’avviso di accertamento riportando puntualmente i passaggi ritenuti essenziali ai fini della sua validità” (Corte Suprema di Cassazione, n. 19333/2022).
I giudici della Corte Suprema di Cassazione sono stati chiamati a valutare la conformità al dettato legislativo sia del procedimento notificatorio effettuato mediante servizio postale (ex articolo 14, legge n. 890/1982) sia degli adempimenti posti in essere dall’addetto postale in caso di assenza temporanea del destinatario dell’atto.
Con riferimento alla “notifica postale” degli atti tributari, la Corte Suprema di Cassazione ha affermato che l’articolo 20 della legge n. 146/1998, modificando l’articolo 14 della legge n. 890/1982, ha previsto che la notificazione degli avvisi e degli atti, che per legge devono essere notificati al contribuente, può eseguirsi a mezzo posta direttamente dagli uffici finanziari.
A decorrere dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della legge n. 146), pertanto, è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale, fermo rimanendo, “ove ciò risulti impossibile”, che la notifica possa essere effettuata a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla stessa legge n. 890/1982 (Corte Suprema di Cassazione, n. 2365/2022). Gli uffici finanziari notificanti, cioè, ferma restando l’intermediazione dell’ufficio postale, possono procedere con modalità di notificazione semplificata, applicando le norme sul servizio postale ordinario. In particolare, la disciplina della notifica postale, non prevedendo la redazione della relata di notifica o l’annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona consegnataria, consente di ritenere che plico e atto, pervenuti all’indirizzo del destinatario, devono ritenersi a lui ritualmente consegnati, stante la presunzione di conoscenza (ex articolo 1335 cc), superabile solo se il destinatario dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (Corte Suprema di Cassazione, nn. 8293/2018 e 10131/2020).
Nel caso in esame, il contribuente ha riferito, che l’addetto al recapito della raccomandata:
a) ha sbarrato le caselle dell’avviso di ricevimento in cui si dava atto della “temporanea assenza del destinatario” e dell’”immesso avviso cassetta corrisp. dello stabile in indirizzo”
b) ha annotato di aver spedito la comunicazione di avvenuto deposito, la Cad.
Al riguardo, la Cassazione ha affermato che «La notifica risulta… conforme al disposto del D.P.R. n. 890 del 1982, art. 14, non occorrendo alcuna delle indicazioni previste dagli artt. 139 e 140 c.p.c.”.
Con riferimento agli adempimenti richiesti nella notifica “postale diretta”, in caso di temporanea assenza del destinatario, la Corte Suprema di Cassazione ha precisato che, per considerare perfezionata la notificazione, è necessario verificare in concreto l’avvenuta ricezione della Cad e, a tal fine, l’ufficio notificante è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento (Corte Suprema di Cassazione, sezioni unite, n. 10012/2021).
Nell’ipotesi di ulteriore assenza del destinatario in occasione del recapito della relativa raccomandata, non seguita dal ritiro del piego entro il termine di giacenza, il controllo sulla legittimità del procedimento notificatorio deve riguardare l’attestazione dell’agente postale in ordine all’avvenuta immissione dell’avviso di deposito nella cassetta postale o alla sua affissione alla porta dell’abitazione.
Ciò in quanto, nella fattispecie prevista dall’articolo 8 della legge n. 890/1982 (e dell’articolo 140 c.p.c.), non si realizza alcuna consegna, ma solo il deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (ovvero, nella notifica codicistica, presso la Casa comunale). Ed è per tale ragione, che la legge, con maggiore rigore, prevede che di questo adempimento venga data comunicazione dall’agente notificatore al destinatario, del tutto ignaro della notifica secondo le due distinte e concorrenti modalità: l’affissione dell’avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) e la spedizione di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento (Corte Suprema di Cassazione, sezioni unite, n. 10012/2021). Solo qualora tali formalità siano attuate entro il termine di giacenza, la notifica si perfeziona trascorso il decimo giorno dalla spedizione della raccomandata stessa.
Resta salva, comunque, la possibilità per il destinatario contestare, adducendo le relative ragioni di fatto e proponendo querela di falso, se, nonostante quanto risultante dalla Cad, in concreto, non si siano realizzati i presupposti di conoscibilità richiesti dalla legge oppure egli si sia trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prendere cognizione del piego.
Nel caso esaminato, la Corte Suprema di Cassazione ha concluso che la prova della notifica ben poteva ritenersi raggiunta attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento, effettuata dall’Agenzia delle entrate come confermato dal contribuente nello stesso ricorso, non occorrendo, diversamente da quanto sostenuto dal professionista, la produzione della stessa comunicazione a riprova del suo contenuto.
La produzione dell’avviso di ricevimento della Cad, sia esso sottoscritto dal destinatario o da persone abilitate, sia esso annotato dall’agente postale in ordine all’assenza di persone atte a riceverlo, infatti, assolve alla funzione di fornire prova, non già della consegna, ma del fatto che la raccomandata sia effettivamente giunta al recapito del destinatario.


Regolamento recante piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione

La trasformazione digitale dello Stato compie un nuovo passo avanti con la firma del decreto per la notifica degli atti della Pubblica Amministrazione da parte dei Ministri dell’Economia Daniele Franco e dell’Innovazione tecnologica Vittorio Colao.

Regolamento recante piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 giugno 2022, n. 130.

Notifica digitale: tutti i vantaggi
La notifica digitale renderà meno costose e più semplici le comunicazioni di atti e avvisi con valore legale tra amministrazione e cittadini con un vantaggio economico per tutti.
Tramite questa piattaforma, che sarà gestita da PagoPa, sarà possibile notificare atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni tramite PEC, rendendoli disponibili telematicamente su un apposito portale
Dei due euro 1 euro è per chi spedisce la cartella e 1 euro invece è per chi gestirà la piattaforma. L’extra aggiuntivo di 1,40 euro invece è previsto solo se l’invio deve essere effettuato in modalità cartacea a quei soggetti meno tecnologici che non hanno la PEC.
Gli importi tengono conto di tutta una serie di fattori, come i costi che i mittenti sostengono per l’elaborazione degli atti e dei provvedimenti, per il deposito, per PagoPa che si occuperà della gestione della piattaforma e poi naturalmente anche per quelli che sostiene il soggetto che fornisce il servizio di consegna cartacea della copia.
Il percorso di trasformazione digitale della PA è iniziato nel 2019, con l’approvazione della Legge n. 160/2019, che all’art. 1 si poneva l’obiettivo di:
«rendere più semplice, efficiente, sicura ed economica la notificazione con valore legale di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni della pubblica amministrazione, con risparmio per la spesa pubblica e minori oneri per i cittadini».
L’introduzione di una piattaforma per la notifica digitale di atti e avvisi di accertamento tributari, era stata prevista poi dal comma 402 della Legge di Bilancio 2020, dall’art. 26 del decreto-legge n. 76/2020 e dettagliata dall’articolo 26 del decreto Semplificazioni.
Nelle fasi iniziali del percorso, il Garante ha rilevato diversi elementi di rischio per i diritti e le libertà degli interessati dal momento che le informazioni oggetto di trattamento hanno un carattere strettamente personale e producono effetti giuridici sugli interessati. Il Ministero ha tuttavia recepito le modifiche suggerite in modo da rispettare il principio di limitazione della finalità del trattamento.
Notifica digitale: come funziona la piattaforma?
In attesa della versione definitiva del decreto e in base alle informazioni attualmente disponibili, la notifica digitale prevede questi passaggi:
     • adesione dell’amministrazione al servizio con l’elezione di un funzionario incaricato
     • accesso alla piattaforma da parte del funzionario tramite SPID o CIE
     • caricamento del documento da notificare sulla piattaforma, con l’inserimento del codice fiscale e del domicilio del cittadino
     • il sistema prenderà in carico la richiesta generando il codice identificativo dell’operazione e lo consegnerà al destinatario (con marcatura temporale)
   • anche per il cittadino le modalità di accesso sono tramite SPID o CIE (per aziende e persone giuridiche verranno utilizzati SPID o CIE dei rispettivi legali rappresentanti); una volta entrati nella piattaforma essi potranno eleggere uno o più “domicili digitali”, consultare i documenti messi a disposizione dalle varie amministrazioni ed eventualmente scaricarne una copia o inviarla.
Generalmente la notifica avverrà tramite PEC presso il domicilio digitale scelto dal destinatario nella piattaforma. Nel caso in cui invece il cittadino non avesse una casella di posta elettronica certificata (pec) o un servizio elettronico di recapito certificato, l’amministrazione dovrà inviare la tradizionale notifica cartacea.
Notifica digitale: i costi per la PA e per il cittadino
Dalla bozza del decreto attuativo si legge che l’importo della notifica attraverso la piattaforma digitale sarà di 2,00 euro, di cui un euro andrà a favore di chi spedisce la cartella o l’atto e un euro al gestore della piattaforma (PagoPa).
Se il cittadino non ha ancora la pec è previsto un costo aggiuntivo di 1,40 euro.
Con riferimento agli avvisi, alle cartelle e alle intimazioni di pagamento che provengono dall’amministrazione finanziari e dall’agente della riscossione, il decreto prevede infatti la ripetibilità delle spese. In particolare sono a carico del destinatario:
     • le somme spettanti al gestore della piattaforma che offre il servizio di notifica;
     • le somme spettanti a chi fornisce il servizio universale se la notifica della copia avviene in forma cartacea;
     • le spese degli avvisi cartacei.
Per quanto riguarda gli atti finanziari, non sono ripetibili i costi sostenuti dall’amministrazione finanziaria e dall’agente della riscossione.

Ulteriori considerazioni

Innanzi tutto, occorrerebbe distinguere tra adesione ed utilizzo della piattaforma.
In specie si ritiene che lo strumento, tale è, sia a disposizione di tutte le amministrazioni che hanno necessità di notificare i propri atti, con le esclusioni previste ed individuate dalla legge, sia quelle individuate dal DL 76/2020 che nel Regolamento entrato in vigore 21.06.2022.
La domanda circa il fatto che ”l’adesione a questa piattaforma è da ritenersi obbligatoria oppure alternativa alle modalità previste da altre norme di legge? Nell’Ufficio Legale ci sono pareri discordanti”, lascia alquanto perplessi perché sia il verbo utilizzato “possono” che la lettura del comma 3 dell’art. 26 del DL 76/2020 siano estremamente chiari, prevedendo la facoltà, tanto che, diventa difficile comprendere perché viene posto un quesito di tale natura.
Ma, andando oltre, addirittura troviamo nel Dossier Parlamentare 21 luglio 2020 “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” esplicitamente la seguente nota:
“Le amministrazioni pubbliche – nell’accezione così definita – hanno facoltà – non già obbligo – di rendere disponibili sulla piattaforma i documenti informatici ai fini della notificazione di atti, provvedimenti, avvisi e comunicazioni (anche in materia tributaria) – ed anche per atti per i quali non viga un obbligo di notificazione al destinatario. Così prevede il comma 3. Resta dunque ferma – può aggiungersi – la possibilità, per le amministrazioni, di effettuare la notificazione con le modalità previste dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile o secondo le modalità previste dalle leggi speciali.“ (pag. 278 e 279 del citato Dossier parlamentare)
Altri sono i meccanismi che indurranno gli enti ad usufruirne, fra cui si cita quello individuato dal comma 10, con cui la messa a disposizione del documento da notificare impedisce qualsiasi decadenza dell’amministrazione e interrompe il termine di prescrizione correlato alla notificazione: si pone qui una deroga al regime ordinariamente recettizio dell’atto interruttivo della prescrizione. E qui qualche disputa la vedremo, perché finora la Corte Costituzionale e la Corte Suprema di Cassazione hanno sempre sancito in modo che diverse leggi non causassero profonde differenze circa le possibilità di difesa del cittadino ed ora si introduce una norma che addirittura interrompe la decadenza degli atti destinati a notificazione.
Poi ci sono tutti gli altri problemi relativi al fatto che, in modalità telematica la platea dei destinatari oggi disponibile sia ristretta a coloro che, già ora per legge, debbono avere un indirizzo di posta elettronica certificata, mentre per gli altri cittadini nelle more della adozione del domicilio digitale dei cittadini, legato all’A.N.P.R., si passerebbe alla notificazione di un avviso a mezzo posta, ai sensi della Legge 890/1982 con cui si indica che esiste un documento messo a disposizione nella piattaforma. Quindi a maggiori costi per il cittadino, ovvero la somma di quello che sarà il costo dell’utilizzo della piattaforma e quello della notificazione a mezzo posta dell’avviso di avvenuta messa a disposizione del documento.
A pensar male … sarà che Poste Italiane SpA è di proprietà per il 35% di Cassa Depositi e Prestiti e per il 29,26 % del Ministero dell’Economia e delle Finanze e per il 23,51% di “Investitori Istituzionali” che si è trovata la quadratura per passare da un sistema, invero obsoleto, in cui le notificazioni sono davvero un costo ad un nuovo modello per cui le notificazioni diverranno un business per lo Stato.

Vai: Corso on line di approfondimento della nuova piattaforma notifiche digitali degli atti pubblici (PND)

Leggi: Decreto ministeriale 08/02/2022, n. 58
Regolamento recante piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 giugno 2022, n. 130.

Leggi: Manuale Operativo PND

Leggi: Misure urgenti per la semplificazioni-Dossier parlamentare 21 07 2020

 

 


Rinnovo CCNL Funzioni Locali 2019-2021

Come previsto nei precedenti incontri, è proseguito il 20 u.s. il negoziato per il rinnovo del CCNL relativo al triennio 2019-2021.
La proposta presentata dall’Aran risulta ancora carente di una chiara indicazione sulle nuove declaratorie di area, tale da definire l’intero impianto ordinamentale in tempi rapidi. L’impegno assunto da parte dell’Aran in tal senso prevede un prossimo incontro in data 27 luglio.
Nell’incontro appena svolto l’Aran ha presentato, tra l’altro, le tabelle con i valori economici relativi agli aumenti tabellari previsti, comprensivi del conglobamento dell’elemento perequativo.
L’aumento medio previsto è del 4,51% che, unitamente all’aumento del fondo del salario accessorio, portano le risorse disponibili per il rinnovo al 5,22%.

Oggetto di discussione è stata anche la disciplina delle progressioni economiche e il calcolo dei nuovi differenziali economici. Tali risorse devono essere rese effettivamente disponibili per consentire il finanziamento degli strumenti di valorizzazione professionale ed economica del personale, all’esito della definizione del nuovo impianto ordinamentale.


Prosegue il negoziato per il rinnovo del CCNL Funzioni Locali 2019-2021

Nell’incontro del 5 luglio sono stati approfonditi alcuni temi relativi ai profili dell’area socio-sanitaria, della vigilanza e dei servizi scolastico-educativi, con lo scopo di valorizzare particolari figure professionali e definirne il corretto inquadramento o attribuendo alle stesse adeguate indennità, riconoscendo lo sviluppo di alcune professionalità.
Altri incontri sono programmati per la prossima settimana.
È nostro auspicio che, nel prosieguo della trattativa, nella revisione del sistema di classificazione sia tenuto nella dovuta considerazione il particolare ruolo svolto dal messo comunale\notificatore, anche in relazione all’importante innovazione normativa introdotta con la “piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione”.


Nullità della notifica del ricorso introduttivo: è sempre ammessa la rinnovazione

Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 148 del 9 luglio 2021, che ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 44, comma 4, del Codice del processo amministrativo, in caso di nullità della notifica il giudice deve sempre ordinare la sua rinnovazione e perciò, senza giudicare sulla scusabilità dell’errore, assegnare alla parte ricorrente un nuovo termine che, ove rispettato, consente la sanatoria in via retroattiva del relativo vizio processuale. Il patrocinio in giudizio delle università pubbliche da parte dell’Avvocatura di Stato, anche dopo la legge 9 maggio 1989, n. 168, è comunque un patrocinio ex lege, “organico ed esclusivo”, originando il rapporto tra Avvocatura e l’ateneo assistito direttamente dalla legge ordinaria. Per le amministrazioni universitarie il regime processuale delle notifiche diverge da quello previsto per le amministrazioni statali e perciò non opera la regola di cui all’art. 11 R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. Questo afferma Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza 4 aprile 2022, n. 2442.
La sentenza tratta del regime dei vizi della notifica degli atti introduttivi del processo amministrativo e il caso riguarda l’impugnazione degli esiti di una procedura di individuazione del contraente, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), disposta da un’università pubblica.
L’aggiudicazione del contratto di appalto era stata impugnata una prima volta e il Tar Lombardia aveva pronunciato l’annullamento dell’aggiudicazione per vizi inerenti il giudizio di congruità sull’offerta. Rinnovato il procedimento di verifica, l’università – stazione appaltante confermava l’aggiudicazione ma tale aggiudicazione veniva nuovamente impugnata e il ricorso veniva notificato presso la sede dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, ma non presso la sede dell’ateneo.
La questione si affronta partendo necessariamente dalla qualificazione dell’ente intimato per poi passare al regime del vizio processuale.
Secondo un orientamento consolidato, alle università statali, dopo la riforma della L. 9 maggio 1989, n. 168 sull’autonomia universitaria, non compete più la qualità di organi dello Stato, bensì quella di enti pubblici autonomi; ne consegue che, ai fini della rappresentanza e difesa ex lege da parte dell’Avvocatura dello Stato, non opera il patrocinio obbligatorio degli artt. da 1 a 11 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, bensì, in virtù dell’art. 56 r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, non abrogato dalla citata legge n. 168/1989, il patrocinio c.d. autorizzato (o facoltativo) degli art. 43 (come modificato dall’art. 11 della L. 3 aprile 1979 n. 103) e 45 del r.d. n. 1611/1933, con i limitati effetti di una tale forma di assistenza legale, e segnatamente:
a) esclusione della necessità del mandato e facoltà, salvo i casi di conflitto, di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato con apposita e motivata delibera;
b) inapplicabilità del foro dello Stato (art. 25 c.p.c.) e dunque della domiciliazione presso l’Avvocatura dello Stato ai fini della notificazione di atti e provvedimenti giudiziali (art. 144 c.p.c.), previsti per le sole amministrazioni dello Stato (ex plurimis: Cass. civ. sez. Unite, sent. 10/05/2006, n. 10700, Cons. stato sez. VI, sent. 22/04/2020, n. 2556).
Relativamente agli enti di istruzione e ricerca, analoghe considerazioni:
• valgono per le Accademie delle Belle Arti, dopo la riforma di cui alla l. 21 dicembre 1999, n. 508 (Tar Puglia, Lecce sez. III, sent. 28 maggio 2021, n. 820) ed Enti pubblici di ricerca (INGV, ASI, OGS etc., Tar Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, ord. 22 ottobre 2020, n. 363);
• non valgono per Uffici scolastici regionali, Istituti scolastici e Circoli didattici statali (Tar Campania, Salerno sez. II, sent. 21 agosto 2017, n. 1310; Cons. stato sez. VI, sent. 24 giugno 2015, n. 3202).
L’art. 11 r.d. n. 1611/33 prevede che: “tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente.
Ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono essere notificati presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza.
Le notificazioni di cui ai commi precedenti devono essere fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullità da pronunciarsi anche d’ufficio”.
Ne deriva che la notifica dell’atto introduttivo (o della sentenza, per la decorrenza del termine breve) presso l’Avvocatura dello Stato è valida per i soli casi in cui l’Avvocatura stessa abbia la rappresentanza necessaria (patrocinio obbligatorio) delle amministrazioni.
Nel Codice del processo amministrativo la disciplina dei vizi del ricorso e della notificazione è contenuta nell’art. 44 che è stato in due occasioni dichiarato parzialmente incostituzionale. Da ultimo, con la sentenza del 9 luglio 2021, n. 148, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità del quarto comma limitatamente all’incidentale, “se ritiene che l’esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante,” in relazione agli artt. 3, 24 e 113 Cost.
La Corte ha ravvisato che nel processo amministrativo, nel quale vi sono termini decadenziali per l’azione e non opera l’istituto contumaciale, la limitazione della rinnovazione della notificazione del ricorso alle sole ipotesi in cui la nullità non sia imputabile al notificante «non risulta proporzionata agli effetti che ne derivano, tanto più che essa non è posta a presidio di alcuno specifico interesse che non sia già tutelato dalla previsione del termine di decadenza».
La notifica di un ricorso giurisdizionale presso la sede dell’Avvocatura distrettuale anziché presso la sede dell’ateneo costituisce vizio sanabile perché determina un’unica conseguenza automatica: l’onere di integrazione del contraddittorio processuale mediante rinnovazione della notifica; il vizio non è di inammissibilità o irricevibilità dell’atto (art. 35. Cod. proc. amm.). Naturalmente la sanatoria del vizio può avvenire anche mediante costituzione in giudizio dell’ateneo intimato. In ogni caso l’inescusabilità dell’errore del notificante è ormai una circostanza neutra, senza valore né conseguenze processuali.
Certamente, ragioni di proporzionalità ed efficienza processuale, inducono ad ammettere la sanabilità una tantum, e non anche qualora pure la seconda notifica sia nuovamente nulla (per la medesima ragione per la quale lo fu la prima), ma sul punto non risultano pronunce.
In conclusione, a proposito del vizio di notifica è necessario tener presente che, indipendentemente da quanto deciso dalla Corte Costituzionale in merito all’art. 44, comma 4, Cod. proc. amm., nel tempo si è formato anche un indirizzo giurisprudenziale alternativo, maggiormente severo.
Il Consiglio di Stato, in qualche occasione, ha infatti dichiarato che la notifica fatta presso l’Avvocatura dello Stato non è solamente nulla, ma persino “inesistente” in quanto manca un collegamento fra il destinatario dell’atto e il luogo in cui la notifica è effettuata (Cons. stato sez. VI, sent. 23 maggio 2019, n. 3381 e Cons. stato sez. IV, sent. 13 ottobre 2014, n. 5046). Laddove si prospetti l’inesistenza della notifica, la radicalità del vizio non comporterebbe la sanabilità mediante rinnovazione.


Notifica postale valida, anche se l’A.R. ha la firma del consegnatario illeggibile

La notifica è valida anche quando manca l’indicazione delle generalità della persona cui l’atto è stato consegnato e questi abbia apposto sulla “ricevuta di ritorno” una sottoscrizione non intelligibile.
Ai sensi dell’articolo 26 del Dpr n. 602 del 1973 è ammessa la notificazione “diretta” della cartella di pagamento a mezzo di raccomandata cosiddetta “ordinaria”, per il cui perfezionamento è sufficiente che la consegna del plico sia stata eseguita presso il domicilio del destinatario e che l’agente postale abbia acquisito sul registro di consegna e sull’avviso di ricevimento la firma di un legittimo consegnatario.
Questa, in sintesi, la regula iuris ribadita dalla Commissione tributaria regionale del Lazio nella sentenza n. 157 del 17 gennaio 2022, ove si precisa altresì che, in questa ipotesi, la notifica è valida anche nel caso in cui sull’A.R. manchi l’indicazione delle generalità della persona cui l’atto è stato consegnato e altresì quando questi abbia apposto sulla “ricevuta di ritorno” una sottoscrizione non intelligibile.
Un contribuente impugnava dinanzi la Commissione tributaria provinciale di Roma l’estratto di ruolo relativo a cartella di pagamento emessa nei suoi confronti per vari tributi.
Il Giudice accoglieva il gravame, ritenendo invalida la notificazione dell’atto della riscossione, che risultava essere stata eseguita a mani del portiere dello stabile in cui era il recapito del destinatario.
Ricorrendo in appello, la parte pubblica lamentava l’errata valutazione dei fatti e degli atti di causa per violazione dell’articolo 26 del Dpr n. 602 del 1973 e dell’articolo 7 della legge n. 890 del 1982, entrambi concernenti la disciplina della notificazione.
In particolare, l’appellante ribadiva la piena legittimità della notifica della cartella eseguita all’indirizzo del contribuente a mezzo di raccomandata postale, nelle mani di persona ivi rinvenuta che si era qualificata portiere.
La Commissione tributaria regionale del Lazio ha ribaltato il verdetto di prime cure, affermando la regolarità della notifica dell’atto riscossivo oggetto del contendere, e richiamando sul punto la giurisprudenza di legittimità per la quale, in base all’articolo 26 del Dpr n. 602/1973, la cartella di pagamento può essere notificata anche direttamente da parte dell’agente della riscossione mediante raccomandata “ordinaria” con avviso di ricevimento, con la conseguenza che, per il perfezionamento del relativo iter procedimentale, è sufficiente “che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente”.
Nella fattispecie per la ritualità della notifica non è necessaria né l’indicazione sull’A.R. delle generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, né che la relativa sottoscrizione sia intelligibile: ciò in quanto la relazione tra la persona cui il piego è destinato e quella cui è stato consegnato “costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata”.
La disciplina positiva della notificazione degli atti del procedimento amministrativo tributario prevede una serie di strumenti e modalità a disposizione degli uffici e dell’Agente della riscossione. A grandi linee, la notifica nei confronti del contribuente può avvenire sia per il tramite di un agente notificatore (ad esempio, ufficiale giudiziario, messo comunale, messo speciale autorizzato), sia “direttamente”, vale a dire senza l’intermediazione di detto pubblico ufficiale, a mezzo del servizio postale o attraverso la posta elettronica certificata. Per quanto riguarda in particolare la cartella di pagamento, l’articolo 26, primo comma, del Dpr n. 602 del 1973, dopo aver disposto al primo periodo che la cartella “è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale…”, nel periodo immediatamente successivo precisa che la notifica “può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento…”.
In proposito, l’orientamento della Corte Suprema di Cassazione è costante nell’affermare che la notificazione della cartella può essere eseguita “anche mediante invio diretto, da parte dell’agente della riscossione, di raccomandata con avviso di ricevimento, senza l’intermediazione dei soggetti indicati nel primo periodo del primo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 …, atteso che il secondo periodo di tale comma prevede una modalità di notificazione alternativa rispetto a quella del primo periodo e integralmente affidata all’agente della riscossione e all’ufficiale postale” (Corte Suprema di Cassazione, n. 7746/2022, n. 8362/2022, n. 11431/2022 e n. 11469/2022).
Inoltre, è stato chiarito che quando la notifica della cartella è eseguita mediante raccomandata postale “diretta” trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 (Corte Suprema di Cassazione n. 4820/2022, n. 6820/2022, n. 9989/2022, n. 12706/2022; n. 36403/2021) e che, di conseguenza, “non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento, e quindi in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico” (Corte Suprema di Cassazione n. 17289/2021, n. 20766/2021, n. 35641/2021, n. 36215/2021).
Con riguardo al profilo della sottoscrizione illeggibile apposta sull’A.R. il Giudice di nomofilachia è costante nel ritenere che anche laddove manchino sull’avviso di ricevimento “le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato… e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur sempre valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c. c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata” (Corte Suprema di Cassazione n. 4160/2022, n. 6041/2022, n. 7746/2022, n. 11461/2022).


Gli accertamenti tributari per omessa dichiarazione si notificano dopo sei anni

La Corte Suprema di Cassazione torna ad occuparsi dei termini decadenziali entro i quali occorre notificare gli accertamenti relativi ai tributi comunali. La sentenza 20 maggio 2022, n. 16467 ricostruisce minuziosamente il quadro di riferimento, arrivando a una conclusione, non solo condivisibile e confermativa di altri casi, ma soprattutto chiarissima, sicché il problema che ancora oggi vede qualche giudice di merito seguire altri sentieri interpretativi, dovrebbe ritenersi definitivamente risolto. La Corte Suprema di Cassazione si occupa di un’omessa dichiarazione Ici/Imu di un’area fabbricabile, ma le conclusioni, ovviamente, valgono anche per gli altri tributi comunali. La sentenza in commento merita anche di essere segnalata per un’altra importante conferma, ovvero l’assoggettabilità ad Imu come area fabbricabile delle aree destinate ad attrezzature e impianti di interesse generale, come il verde pubblico.


Avviso di ricezione per provare la notifica

Se il messo si avvale del servizio postale, la regolarità della notifica agli irreperibili relativi è provata solo dall’avviso di ricevimento della raccomandata informativa. Così la Cassazione con la sentenza n. 15782/2022. La procedura notificatoria per il caso degli irreperibili relativi (momentaneamente assenti al domicilio) ha ormai definito esattamente tutti i requisiti necessari per la validità della notifica.

In particolare è necessario:

  • il deposito della copia dell’atto in busta sigillata nella casa comunale;
  • l’affissione alla porta dell’avviso di deposito
  • invio al destinatario della raccomanda con avviso di ricevimento contenente la notizia del deposito.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezioni unite (sentenza 10012/2021) aveva chiarito che la prova del perfezionamento della procedura notificatoria è rappresentata esclusivamente dall’avviso di ricevimento della raccomandata informativa (Cad). Con la sentenza n. 15782/2022, la Cassazione ha ulteriormente evidenziato che l’efficacia probatoria privilegiata degli atti pubblici è circoscritta solo ai fatti avvenuti in presenza o compiuti dal pubblico ufficiale.
Ne consegue che il Messo Comunale/Messo Notificatore che si avvale del servizio postale per l’invio della raccomandata informativa, potrà dare atto di aver consegnato all’ufficio postale l’avviso informativo ma non può attestare l’effettivo inoltro. L’invio di tale raccomandata, infatti, non è un’attività eseguita in presenza del Messo Comunale/Messo Notificatore e pertanto non è assistito dal carattere fidefaciente. A tal fine, quindi, la prova è costituita solo dalla ricevuta di invio e poi dal successivo avviso di ricezione della raccomandata informativa.


Piattaforma unica InPa: come cambiano i concorsi pubblici

Il Portale unico del reclutamento sarà operativo dal 1° luglio 2022 e, a decorrere dalla medesima data, potrà essere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche
È stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale (n. 100 del 30 aprile 2022) del Dl 30 aprile 2022 n. 36 il decreto contenente “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Principalmente, il provvedimento riguarda i concorsi pubblici, formazione e mobilità dei dipendenti. Previsto l’obbligo di accedere al portale inPA per tutte le procedure di selezione, in prima battuta per le amministrazioni centrali, e il rafforzamento di Formez PA e della Scuola Nazionale dell’Amministrazione.
All’articolo 2, il decreto si occupa dell’assunzione a tempo determinato e indeterminato nelle amministrazioni pubbliche centrali di cui all’articolo 1, comma 2, e nelle autorità amministrative indipendenti, – che – avviene mediante concorsi pubblici orientati alla massima partecipazione ai quali si accede mediante registrazione nel Portale unico del reclutamento, disponibile all’indirizzo www.InPA.gov.it , sviluppato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la gestione. All’atto della registrazione al Portale l’interessato compila il proprio curriculum vitae, completo di tutte le generalità anagrafiche ivi richieste, con valore di dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, indicando un indirizzo PEC a lui intestato al quale intende ricevere ogni comunicazione relativa alla procedura cui intende partecipare, ivi inclusa quella relativa all’eventuale assunzione in servizio, unitamente ad un recapito telefonico. La registrazione al Portale è gratuita e può essere realizzata esclusivamente mediante i sistemi di identificazione di cui all’articolo 64, commi 2-quater e 2-nonies, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. L’iscrizione al Portale comporta il consenso al trattamento dei dati personali per le finalità e con le modalità di cui al regolamento (UE) n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Non si tiene conto delle iscrizioni che non contengono tutte le indicazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per la registrazione nel Portale o richieste dai bandi di concorso. bandi per il reclutamento e per la mobilità del personale pubblico sono pubblicati sul Portale secondo lo schema predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica. Il Portale garantisce l’acquisizione della documentazione relativa a tali procedure da parte delle amministrazioni pubbliche in formato aperto e organizza la pubblicazione in modo accessibile e ricercabile secondo parametri utili ai cittadini che intendono partecipare a tali procedure.
Il Portale unico del reclutamento sarà operativo dal 1° luglio 2022 e, a decorrere dalla medesima data, potrà essere utilizzato dalle amministrazioni pubbliche centrali di cui all’articolo 1, comma 2, e dalle autorità amministrative indipendenti. Dal 1° novembre 2022 le medesime amministrazioni utilizzano il Portale per tutte le procedure di assunzione a tempo determinato e indeterminato.
A decorrere dal 1° novembre 2022 i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici svolti secondo le modalità previste dall’articolo 4, comma 3-quinquies, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e dall’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono individuati nel rispetto dei principi della parità di genere, attraverso il Portale Fino alla predetta data, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, anche avvalendosi della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 35, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nomina i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi pubblici unici e delle procedure selettive sulla base di elenchi di nominativi scelti tra soggetti in possesso di requisiti di comprovata professionalità e competenza. Gli elenchi sono formati dalle amministrazioni destinatarie delle predette procedure concorsuali che assicurano il rispetto del principio di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alla procedura di nomina delle sottocommissioni e dei comitati di vigilanza.
I concorsi per l’assunzione del personale non dirigenziale delle amministrazioni, ivi inclusi quelli indetti dalla Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), prevedono:
– l’espletamento di almeno una prova scritta, anche a contenuto teorico-pratico, e di una prova orale, comprendente l’accertamento della conoscenza di almeno una lingua straniera. Le prove di esame sono finalizzate ad accertare il possesso delle competenze, intese come insieme delle conoscenze e delle capacità tecniche o manageriali, che devono essere specificate nel bando e definite in maniera coerente con la natura dell’impiego per il profilo richiesto. Il numero delle prove d’esame e le relative modalità di svolgimento e correzione devono contemperare l’ampiezza e profondità della valutazione delle competenze definite nel bando con l’esigenza di assicurare tempi rapidi e certi di svolgimento del concorso orientati ai principi espressi nel comma 2;
– l’utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali e nel limite delle pertinenti risorse disponibili a legislazione vigente;
– le prove di esame possano essere precedute da forme di preselezione con test predisposti anche da imprese e soggetti specializzati in selezione di personale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, e possono riguardare l’accertamento delle conoscenze o il possesso delle competenze di cui alla lettera a, indicate nel bando;
– che i contenuti di ciascuna prova siano disciplinati dalle singole amministrazioni responsabili dello svolgimento delle procedure di cui al presente articolo, le quali adottano la tipologia selettiva più conferente con la tipologia dei posti messi a concorso, prevedendo che per l’assunzione di profili specializzati, oltre alle competenze, siano valutate le esperienze lavorative pregresse e pertinenti. Le predette amministrazioni possono prevedere che nella predisposizione delle prove le commissioni siano integrate da esperti in valutazione delle competenze e selezione del personale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le procedure di reclutamento si svolgono con modalità che ne garantiscano l’imparzialità, l’efficienza, l’efficacia e la celerità di espletamento, che assicurino l’integrità delle prove, la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni, ricorrendo all’utilizzo di sistemi digitali diretti anche a realizzare forme di preselezione ed a selezioni decentrate, anche non contestuali, in relazione a specifiche esigenze o per scelta organizzativa dell’amministrazione procedente. Nelle selezioni non contestuali le amministrazioni assicurano comunque la trasparenza e l’omogeneità delle prove somministrate in modo da garantire il medesimo grado di selettività tra tutti i partecipanti.
Codice di comportamento dei dipendenti pubblici
Previsto l’aggiornamento del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (Dpr 62/2013) introducendo, in particolare, una sezione dedicata all’utilizzo dei social network per tutelare l’immagine della Pa. Si stabilisce, inoltre, lo svolgimento di un ciclo di formazione sui temi dell’etica pubblica e del comportamento etico per i neoassunti, la cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità.


COMUNICATO RINNOVO CONTRATTUALE

Prosegue il negoziato per il rinnovo del CCNL funzioni Locali per il triennio 2019-2021.
Nell’incontro del 4 u.s. il sindacato ha valutato positivamente l’atto di indirizzo adottato dal Comitato di Settore ARAN, con il quale si destinano le risorse necessarie a finanziare il sistema indennitario e altri istituti del salario accessorio, oltre alla riforma del sistema di classificazione. Nel dare atto che sono venuti meno alcuni ostacoli di carattere finanziario, da parte sindacale sono state ribadite le richieste già avanzate, con particolare riferimento alla introduzione dell’Area delle Elevate Professionalità, alla corretta riclassificazione dei profili, ad un nuovo sistema indennitario atto a riconoscere la professionalità dei lavoratori, alla revisione delle sezioni professionali.
Un nuovo incontro è previsto per il 16 maggio; è nostro auspicio che finalmente vengano date risposte concrete e risolutive alle problematiche che più interessano la nostra categoria e, cioè, il riconoscimento della professionalità e un giusto inquadramento contrattuale.


Buona Pasqua! 2022

La Pasqua ci insegna che i momenti difficili serviranno come riflessione e preparazione ad un futuro migliore con rinnovati sentimenti di amore e solidarietà.

Buone feste!