Notifica senza rispettare i criteri di riparto territoriale, nullità o irregolarità?

La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza n.17533 del 22 maggio 2018, è giunta a risolvere la questione riguardante gli effetti prodotti dalla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario al di fuori dall’ambito territoriale di pertinenza dell’UNEP al quale è stato assegnato.

La soluzione delle Sezioni Unite è scaturita principalmente a seguito dell’interpretazione del combinato disposto delle norme relative alla nullità, artt. 156, primo e terzo comma, e 159 del codice di procedura civile, nonché dei criteri di riparto territoriale, di cui agli artt. 106 e 107 del decreto 15 dicembre 1959, n. 1229 relativo all’ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari.

La questione merita particolare attenzione, posto che, sul punto nel corso del tempo, si è assistito all’evolversi di orientamenti giurisprudenziali differenti.

Gli ufficiali giudiziari (al pari degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti) sono assegnati agli Uffici notificazioni, esecuzioni e protesti (UNEP), istituiti presso ciascuna Corte d’appello e presso ogni Tribunale che non sia sede di Corte d’appello (art. 3 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo vigente e art. 101, comma 1, del d.P.R. n. 1229 del 1959).

In base all’art. 106, primo comma, del sopracitato d.P.R. dicembre 1959, n. 1229: “l’ufficiale giudiziario compie con attribuzione esclusiva gli atti del proprio ministero nell’ambito del mandamento ove ha sede l’ufficio al quale è addetto”; il successivo art. 107 – dopo avere, al primo comma, stabilito che “per la notificazione degli atti in materia civile ed amministrativa da eseguire fuori del Comune ove ha sede l’ufficio, l’ufficiale giudiziario deve avvalersi del servizio postale, a meno che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona” – al secondo comma prescrive che: “tutti gli ufficiali giudiziari possono eseguire, a mezzo del servizio postale, senza limitazioni territoriali, la notificazione degli atti relativi ad affari di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale sono addetti”.

Rilevanza della nullità
L’art. 156 del codice di procedura civile sancisce il principio generale di tassatività delle nullità degli atti del processo, stabilendo che esse devono essere previste dalla legge e aggiungendo che tale principio è derogabile (nel senso che la nullità può essere in ogni caso pronunciata) soltanto nell’ipotesi in cui l’atto sia privo dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, mentre reciprocamente la nullità non può essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.

Per il successivo art. 160 cod. proc. civ. la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia oppure se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data.

Contrasto giurisprudenziale
La Corte di Cassazione in un risalente orientamento configurò la suddetta fattispecie come mera irregolarità della notificazione, sanabile con la comparizione in giudizio del destinatario considerando la competenza dell’ufficiale giudiziario come di tipo amministrativo e non giurisdizionale (Cass. 5 gennaio 1945, n. 2).

Tale orientamento venne criticato da autorevole dottrina che sostenne che tra le nullità della notificazione di cui all’art. 160 del codice procedura civile e l’inesistenza della notificazione avrebbe dovuto essere contemplata l’ipotesi di considerare come una vera e propria nullità, quella attinente ad un presupposto essenziale dell’atto di notificazione e quindi determinante un vizio logicamente precedente rispetto a quelli previsti nell’art. 160 c.p.c., come tale riconducibile alla disciplina dettata dall’art. 156 cod. proc. civ. ma sanabile dalla comparizione in giudizio del destinatario.

Nel corso del tempo nella giurisprudenza di legittimità si è dunque consolidato un indirizzo sostanzialmente conforme a tale dottrina in base al quale la notificazione effettuata da un ufficiale giudiziario extra districtum non si considera affetta da nullità assoluta, ma soltanto da nullità relativa sanabile, con effetto ex tunc, qualora l’atto abbia raggiunto il suo scopo, rappresentato dalla costituzione del destinatario in giudizio, dovendo in caso contrario il giudice disporre la rinnovazione della notifica ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (ex multis: Cass. 11 febbraio 1995, n. 1544 e di recente Cass. 19 settembre 2014, n. 19834).

Superamento dell’indirizzo precedente
La Corte di Cassazione, attraverso questa sentenza, ha ritenuto di superare, l’orientamento ormai diffuso che considera affetta da nullità la notifica eseguita da ufficiale giudiziario eccedendo i limiti delle proprie attribuzioni territoriali.

Ciò alla luce, non solo delle argomentazioni svolte dalla giurisprudenza amministrativa, la quale, muovendo dalla premessa per cui gli artt. 106 e 107 del d.P.R, n. 1229 del 1959 non regolano la “competenza” territoriale degli ufficiali giudiziari, bensì la ripartizione delle relative attribuzioni, ha precisato che la violazione delle norme di cui agli artt. 106 e 107 d. P.R. n. 1229 del 1959 non costituisce causa di nullità della notificazione, ma semplice irregolarità della stessa, non rilevante ai fini processuali (Cons. Stato Sez. IV, 13 ottobre 1983, n. 714; Cons. Stato, Sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8072), ma anche a seguito degli sviluppi della giurisprudenza di legittimità più recente, nella quale viene data ampia applicazione ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo (Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14916),

Principi a cui si sono ispirate le Sezioni Unite
Tale soluzione è conforme non solo al principio di tassatività delle nullità processuali (art. 156 cod. proc. civ.), ma anche ai principi del giusto processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost. che, in coerenza con l’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, comporta una maggiore rilevanza allo scopo del processo, costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione di merito, che impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte o che, comunque, risultino ispirate ad un eccessivo formalismo ( ex multis, Corte EDU: sentenze Běleš e altri c. Repubblica ceca, 12 novembre 2002-§ 62; Trevisanato c. Italia, 15 settembre 2016- § 45).

Dal punto di vista sistematico, questa soluzione, oltre ad avere il pregio di essere uguale a quella applicata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, con conseguente semplificazione del sistema complessivo, è anche in linea con le profonde evoluzioni che si sono avute in materia di notificazione contraddistinte dalla perdita di rilievo del requisito territoriale del notificante.

Ma vi è di più, tale soluzione è anche in linea con il progressivo evolversi della tecnologia, si pensi alla crescente diffusione delle notifiche a mezzo posta e di quelle eseguite in proprio dagli avvocati, ora anche mediante PEC ( Posta Elettronica Certificata).

Lo stesso accade anche in ambito UE sia con riguardo al titolo esecutivo europeo (Cass. 22 maggio 2015, n. 10543) sia per quel che si riferisce al riconoscimento, ai sensi del regolamento 13 novembre 2007, n. 1393/2007/CE, di una competenza generalizzata agli organi mittenti (per l’Italia: gli UNEP costituiti le Corti d’appello o presso i Tribunali che non siano sede di Corti d’appello) in relazione a tutti gli atti da notificare negli Stati membri dell’Unione, senza limiti territoriali.

Principio di diritto pronunciato dalle Sezioni Unite
“In tema di notificazione, la violazione delle norme di cui agli artt. 106 e 107 d.P.R. n. 1229 del 1959 costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e quindi non può essere configurata come causa di nullità della notificazione.
In particolare, la suddetta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari non incide sull’idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell’ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione”.


Nuove Tariffe Postali 2018

… dal sito di Poste Italiane

A partire dal 3 luglio 2018, nel rispetto dei limiti e delle prescrizioni disposte dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, varieranno le condizioni economiche di alcuni servizi universali di corrispondenza e pacchi così come di seguito indicato:

  • Le tariffe della Posta 4 (Retail) saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso, ad eccezione delle tariffe del sesto scaglione (350-1000 gr) del formato Medio Standard e del settimo scaglione (1000-2000 gr) Extra Formato che resteranno invariate, mentre le tariffe del terzo scaglione (50-100 gr) del formato Medio Standard e del quinto scaglione (250-350 gr) Extra Formato saranno ridotte. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da 0,95 euro a 1,10 euro.
  • Le tariffe della Postamail Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso, per tutte le zone tariffarie di destinazione e per tutti i canali di accettazione (fisici ed online). In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da 1,00 euro a 1,15 euro.
  • Le tariffe della Posta Raccomandata (Retail) saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da 5,00 euro a 5,40 euro. Analogamente saranno incrementate anche le tariffe delle comunicazioni connesse alle notifiche degli Atti Giudiziari (Comunicazioni ex legge 890/1982 e Raccomandate Giudiziarie).
  • Le tariffe della Posta Raccomandata Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutte le zone tariffarie di destinazione e per tutti i canali di accettazione (fisici ed online). In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da 6,60 euro a 7,10 euro.
  • Le tariffe della Posta Raccomandata Pro saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso. In particolare, la tariffa per gli invii fino a 20 grammi varierà da 3,40 euro a 3,60 euro. Tale incremento sarà applicato, per la componente di recapito, alle tariffe di Posta Raccomandata Online nazionale.
  • Le tariffe della Posta Assicurata saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso e per tutti i valori assicurati previsti. In particolare, la tariffa per gli invii di valore fino a 50,00 euro e di peso fino a 20 grammi varierà da 5,80 euro a 6,20 euro.
  • Le tariffe della Posta Assicurata Internazionale saranno incrementate in tutti gli scaglioni di peso, per tutti i valori assicurati previsti e per tutte le zone tariffarie di destinazione. In particolare, la tariffa per gli invii di valore fino a 50,00 euro e di peso fino a 20 grammi per la Zona 1 varierà da 7,80 euro a 8,30 euro.
  • La struttura degli scaglioni di peso del Pacco Ordinario Nazionale passerà dagli attuali due (0-10 kg; 10-20 Kg) a tre (0-5 kg; 5-10 Kg; 10-20 Kg). Le tariffe saranno rimodulate nella seguente modalità: 0-5 Kg = 9,00 euro;  5-10 Kg = 11,00 euro; 10-20 Kg = 15,00 euro
  • La tariffa del servizio accessorio Avviso di Ricevimento (singolo) nazionale varierà da 0,95 euro a 1,10 euro mentre la tariffa dell’Avviso di Ricevimento per l’Estero varierà da 1,00 euro a 1,15 euro.

Gli altri servizi universali di recapito non subiranno, in questa occasione, variazioni tariffarie.

Parallelamente, per quel che concerne i Servizi Integrati Notifiche, i corrispettivi dovuti per le attività di postalizzazione e notifica verranno adeguati secondo quanto indicato per le comunicazioni connesse alle notifiche.

Precisiamo che le modifiche tariffarie oggetto della presente comunicazione non tengono conto della revisione della legge 890/1982, le cui disposizioni entreranno in vigore con l’emanazione dell’apposito disciplinare da parte del Ministero dello Sviluppo Economico sulle licenze per le notifiche a mezzo posta.

Le informazioni di dettaglio relative alle variazioni introdotte sono disponibili dal 30 maggio 2018 presso gli uffici postali e negli altri centri di accettazione.


Il GDPR – General Data Protection Regulation – Regolamento generale sulla protezione dei dati personali

Il GDPR – General Data Protection Regulation – Regolamento generale sulla protezione dei dati sarà operativo dal 25 maggio 2018 anche in Italia

Il Garante italiano ha differito di sei mesi i controlli, e quindi le sanzioni derivanti dagli stessi, sull’applicazione del GDPR.

Citiamo testualmente:

“Il Garante italiano si pone nella stessa scia del CNIL, l’Autorità garante francese, che ha dichiarato l’istituzione di un grace period durante il quale non sanzionerà le aziende che, a seguito di ispezioni, dovessero risultare inadempienti rispetto ai nuovi obblighi introdotti dal Regolamento europeo 2016/679 (purché i titolari siano in buona fede, dimostrino di avere avviato un processo di adeguamento e uno spirito di collaborazione con l’Autorità); resteranno sanzionabili le condotte che violano regole già consolidate da tempo nella normativa nazionale e confermati dal GDPR. Resta ovviamente inteso che le suddette Autorità non hanno – né avrebbero potuto farlo – prorogato la piena operatività del GDPR, che rimane il 25 maggio 2018.”

ATTENZIONE: questo non significa che non si debba adeguare  a quanto previsto dal GDPR, ma che i possibili controlli non partiranno immediatamente.


La firma CAdES e la firma PAdES sono equivalenti?

La questione è stata sollevata a seguito di eccezione circa la ritualità della notifica di un controricorso, avvenuta con allegazione al messaggio di PEC di tre files con estensione <*.pdf> e non <*.p7m>, e, quindi, da ritenersi privi di firma digitale.

Con ordinanza interlocutoria (Cass., 31/08/2017, n. 20672), la sez. 6-3 ha investito le Sezioni Unite della quaestio juris relativa alla scelta tra l’alternativa PAdES, opzionata da uno dei controricorrenti, o CAdES della modalità strutturale dell’atto del processo in forma di documento informatico e firmato da notificare direttamente dall’avvocato, circa la configurabilità o meno, al riguardo, ed in particolare, quando l’atto da notificare comprende anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, di una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., posta a pena di nullità, nonché, nella stessa fattispecie, sull’applicabilità del principio di sanatoria dell’atto nullo in caso di raggiungimento dello scopo.

L’ordinanza di rimessione

Il formato dell’atto del processo quale documento informatico è regolato dal provvedimento ministeriale del 28/12/2015, art. 12. La struttura del documento firmato è PAdES o CAdES e, nel caso del formato CAdES, il file generato si presenta con un’unica estensione <*.p7m>.

Secondo il collegio rimettente sarebbe sempre indispensabile l’estensione <*.p7m> a garanzia unica dell’autenticità del file, cioè dell’apposizione della firma digitale al file in cui il documento informatico originale è stato formato, solo per il caso in cui il documento informatico originale è creato in formato diverso da quello <*.pdf>.

Ciò sarebbe confermato dal rilievo che la notifica insieme all’atto del processo in forma di documento informatico di un allegato è consentita se questo è in formato <*.pdf>, ma, se il secondo è firmato digitalmente, dovrebbe quest’ultimo appunto recare sempre l’estensione <*.p7m>, a garanzia della sua autenticità (art. 12, comma 2 e art. 13, lett. a), provv. 28/12/2015).

Secondo il collegio rimettente, pertanto,

parrebbe dirsi che con l’imposizione dell’elaborazione del file in documento informatico con estensione <*.p7m> il normatore tecnico abbia inteso offrire la massima garanzia possibile, allo stato, di conformità del documento, non creato ab origine in formato informatico ma articolato anche su di una parte o componente istituzionalmente non informatica, quale la procura a firma analogica su supporto tradizionale, al suo originale composito, incorporando appunto i due documenti in modo inscindibile e, per quel che rileva ai fini processuali e soprattutto-se non altro con riferimento alla presente fattispecie – della regolare costituzione nel giudizio di legittimità (per la quale è da sempre stata considerata quale presupposto indispensabile la ritualità della procura speciale), con assicurazione di genuinità ed autenticità di entrambi in quanto costituenti un unicum”.

In tale prospettiva, per il collegio non dovrebbero poter giovare i precedenti delle sezioni unite e delle sezioni semplici, riferiti al documento nativo analogico, notificato in via telematica con estensione <*.doc> anziché <*.pdf>, ovvero ad un atto trasmesso mediante file con estensione <*.p7m> dedotto come illeggibile ma comunque decifrato, ovvero riguardanti il principio generale dell’insussistenza di un diritto all’astratta regolarità del processo,

visto che l’intrinseca esistenza dell’atto e della procura attiene ad elementi talmente coessenziali dell’uno e dell’altro ai fini di una valida instaurazione del rapporto processuale dinanzi al giudice di legittimità da suggerirne come indispensabile la verifica ufficiosa”.

La normativa italiana

Il processo telematico non è stato ancora esteso dal legislatore al giudizio di cassazione, che resta, ad oggi, un processo essenzialmente analogico.

Fanno eccezione solo le comunicazioni e le notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, secondo quanto previsto dal d.m. 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del d.I., 18/10/2012, art. 16, comma 10.

Per tale ragione, si rende necessario estrarre copie analogiche (cioè cartacee) degli atti digitali, secondo il combinato disposto degli artt. 3, 3-bis, 6 e 9 legge, 21/01/1994 n.53 e dell’art. 23, comma 1, cod. amm. Digitale, secondo cui l’avvocato, in qualità di pubblico ufficiale, ha il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonché degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione.

La normativa europea

Nella sentenza in esame, la Suprema Corte richiama la Decisione di esecuzione (UE) 2015/1506 della Commissione dell’8 settembre 2015, che stabilisce le specifiche relative ai formati delle firme elettroniche avanzate e dei sigilli avanzati che gli organismi del settore pubblico devono riconoscere, di cui all’art. 27, § 5, e all’art. 37, § 5, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno.

L’art. 1 stabilisce che

Gli Stati membri che richiedono una firma elettronica avanzata o una firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato, […], riconoscono la firma elettronica avanzata XML, CMS o PDF […]”.

L’allegato alla decisione, nel fissare l’elenco delle specifiche tecniche, stabilisce che

Le firme elettroniche avanzate di cui all’articolo 1 della decisione devono rispettare una delle seguenti specifiche tecniche ETSI, […]: Profilo di base XAdES […]. Profilo di base CAdES […]. Profilo di base PAdES […]”.

Il considerando della medesima decisione chiarisce che il Regolamento (UE) n. 910/2014 obbliga gli Stati membri, che richiedono una firma elettronica avanzata, a riconoscere le firme elettroniche avanzate, aventi formati convalidati conformemente a specifici metodi di riferimento, atteso che, in base al considerando,

Le firme elettroniche avanzate e i sigilli elettronici avanzati sono simili dal punto di vista tecnico”, laddove, in base al considerando, “La definizione di formati di riferimento è intesa a facilitare la convalida transfrontaliera delle firme elettroniche e a migliorare l’interoperabilità transfrontaliera delle procedure elettroniche”.

Pertanto, osservano le Sezioni Unite, che, secondo il diritto dell’Unione,

le firme digitali di tipo CAdES, ovverosia CMS (Cryptographic Message Syntax) Advanced Electronic Signatures, oppure di tipo PAdES, ovverosia PDF (Portable Document Format) Advanced Electronic Signature, che qui interessano, sono equivalenti e devono essere riconosciute e convalidate dai Paesi membri, senza eccezione alcuna”.

Invero,

al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell’UE, sono stati adottati degli standards europei mediante il cd. regolamento eIDAS (electronic IDentification, Authentication and trust Services, ovverosia il Reg. UE, n. 910/2014, cit.) e la consequenziale decisione esecutiva (Comm. UE, 2015/1506, cit.), che impongono agli Stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standards tra i quali figurano sia quello CAdES sia quello PAdES (Cons. Stato, Sez. 3, 27/11/2017, n. 5504)”.

La nozione di firma digitale e le differenze tra PAdES e CAdES

Secondo l’Agenzia per l’Italia Digitale, la firma digitale è il risultato di una procedura informatica – detta validazione – che garantisce l’autenticità e l’integrità di documenti informatici.

Essa conferisce al documento informatico le peculiari caratteristiche di:

  1. a) autenticità (perché garantisce l’identità digitale del sottoscrittore del documento);
  2. b) integrità (perché assicura che il documento non sia stato modificato dopo la sottoscrizione);
  3. c) non ripudio (perché attribuisce validità legale al documento).

Osservano i Giudici che

la stessa Agenzia precisa che la firma digitale in formato CAdES dà luogo ad un file con estensione finale <*.p7m> e può essere apposta a qualsiasi tipo di file, ma per visualizzare il documento oggetto della sottoscrizione è necessario utilizzare un’applicazione specifica. Invece, la firma digitale in formato PAdES, più nota come «firma PDF», è un file con normale estensione <*.pdf>, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato; inoltre prevede diverse modalità per l’apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato predisposto o meno ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni, il che rende sì il documento più facilmente fruibile, ma consente di firmare solo documenti di tipo PDF. Dunque, anche l’Agenzia certifica la piena equivalenza, riconosciuta a livello europeo, delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES”.

In realtà, precisano le Sezioni Unite,

sin dal 2006 il CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione), organismo all’epoca competente, e la società titolare del marchio (Adobe Systems) fu sottoscritto un protocollo, che riconobbe il formato PDF valido per la firma digitale, così come definita dal Codice dell’amministrazione digitale e in conformità alla Delib. CNIPA/4/2005”.

La firma nel processo civile

L’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014 (contenente le Specifiche tecniche previste dall’art. 34 d.m. 21 febbraio 2011 n. 44), stabilisce, al primo comma, che

L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti:

a) è in formato PDF;

b) è privo di elementi attivi;

c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;

d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti;

e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata”.

Al secondo comma, precisa:

La struttura del documento firmato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica; è fatto divieto di inserire nella busta crittografica le informazioni di revoca riguardanti il certificato del firmatario. La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo «firme multiple indipendenti» o «parallele», e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. Il meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple”.

Concludono i Giudici

Dunque, secondo la normativa nazionale, la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES. Il certificato di firma è inserito nella busta crittografica, che è pacificamente presente in entrambi gli standards abilitati (www.agid.gov.it/sites/default/files/linee guida/firme multiple.pdf) a mente dell’art. 1, lett. y) – z), del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014. Solo nel caso del formato CAdES l’art. 12 è, ovviamente, tenuto a precisare che il file generato si presenta denominato coll’estensione finale <*.p7m>, detta anche suffisso, ovverosia <nomefile.pdf.p7m>. Nel caso del formato PAdES, invece, l’art. 12 non dà alcuna indicazione, perché tecnicamente il file sottoscritto digitalmente secondo tale standard mantiene il comune aspetto, che è solo apparentemente indistinguibile, poiché la busta crittografica generata con la firma PAdES contiene sempre il documento, le evidenze informatiche e i prescritti certificati. Il che offre tutte le garanzie e verifiche del caso, anche secondo il diritto euro-unitario (http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/infrastrutture- architetture/firme-elettroniche/software-verifica)”.

Venendo alle conclusioni, secondo gli ermellini

si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti (pure a livello di diritto dell’UE) comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. Né sono ravvisabili elementi obiettivi, in dottrina e prassi, per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, laddove il diritto dell’UE e la normativa interna certificano l’equivalenza delle due firme digitali, egualmente ammesse dall’ordinamento sia pure con le differenti estensioni <*.p7m> e <*.pdf>. Addirittura, nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo standard PAdES (artt. 1, 5, 6, specifiche tecniche p.a.t., d.P.R. 16/02/2016, n. 40), mentre la giurisprudenza amministrativa riconosce la validità degli standards dell’UE tra i quali figurano, come già detto, sia quello CAdES, sia quello PAdES (Cons. Stato, n. 5504/2017, cit.)”.

Leggi: Cass. Sez. Unite 10266-2018 Equiparazione firma CADES e PADES


Mobilità volontaria: Comune di Gorgonzola (MI)

Il Comune di Gorgonzola (Città metropolitana di Milano) ha la necessità di procedere all’assunzione URGENTE (da: prima possibile) di un  collaboratore amministrativo – messo comunale, categoria B3, a tempo pieno e indeterminato.

Si  chiede pertanto di conoscere l’interesse alla mobilità volontaria presso il predetto Ente di personale appartenente a tale categoria professionale, si chiede altresì l’esistenza di eventuali graduatorie concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato in corso di validità, per la predetta categoria e profilo professionale, da cui poter  attingere previa sottoscrizione di apposita convenzione.

Per informazioni:

Dott.ssa Rosamarina Facchinetti

Responsabile dei servizi di Amministrazione generale e Gestione delle Risorse Umane

Città di Gorgonzola

Via Italia 62 – 20064 Gorgonzola MI

(Ingresso Piazzetta C. Ripamonti – 20064 Gorgonzola MI)

marina.facchinetti@comune.gorgonzola.mi.it

Tel. 02 95701 260 – Fax. 02 9511 176


Pasqua 2018

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Nuovo regolamento privacy (GDPR): cos’è e cosa cambia

Ne sentiamo parlare ormai da diverse settimane sui media, sui social e negli ambienti professionali in modo tamburellante; alcuni si spingono a dipingere scenari foschi per le imprese che devono aggiornarsi ed adeguarsi alle nuove regole.

La prossima entrata in vigore, prevista per il 25 maggio 2018, del Regolamento Europeo della Privacy n. 2016/679, comunemente detto GDPR, pone la necessità di evidenziare le principali differenze tra tale normativa e quella attualmente in vigore in Italia, in modo da avere presente quali devono essere i punti di attenzione per  risultare in linea con la disciplina europea.

Invero, il D. Lgs. n. 196/2003, Codice del trattamento dei dati personali, non viene del tutto abrogato, ma alcune disposizioni in esso contenute devono essere modificate o integrate alla luce delle disposizioni del GDPR, il cui scopo è fornire a tutti gli Stati membri della UE regole comuni in materia di trattamento dei dati personali, in modo da eliminare le disparità di trattamento tra i soggetti dell’Unione.

Fin dalla sua pubblicazione nella gazzetta Ufficiale della UE, nel 2016, il GDPR ha posto questioni interpretative, alcune delle quali ancora da risolvere da parte principalmente del Garante Privacy (non solo italiano, ma di qualunque Stato membro) e di coordinamento con la disciplina nazionale già in vigore. A tal fine, il Garante Privacy ha attivato non solo una serie di tavoli di lavoro con i rappresentanti delle maggiori realtà associative italiane, private e pubbliche, ma sta anche svolgendo un lavoro interpretativo e coordinativo, in modo da fornire agli interessati le indicazioni chiare e necessarie per poter adeguarsi alla nuova normativa.

Tra le varie iniziative finora intraprese, lo stesso Garante ha pubblicato una Guida in cui illustra le principali modifiche che il GDPR apporta al D. Lgs. n. 196/2003, rilevando le differenze tra le due leggi. Scopo del presente articolo è, quindi, riassumere in maniera sintetica le più rilevanti tra tali modifiche.

  • Fondamenti di liceità del trattamento: sono indicati nell’art. 6 del GDPR e, in linea di massima, coincidono con quelli del D. Lgs. n. 196/2003 (consenso, adempimento obblighi contrattuali, interessi vitali della persona interessata o di terzi, doveri del titolare, interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri, interesse legittimo prevalente del titolare o di terzi cui i dati sono comunicati), con alcuni cambiamenti:
    • Consenso: (i) deve essere esplicito per i dati sensibili e in caso di trattamenti automatizzati, compresa la profilazione. “Esplicito” non è sinonimo di forma scritta, benché questa è la modalità idonea per configurare l’inequivocabilità del consenso e, in ogni caso, il titolare deve essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il consenso a uno specifico trattamento; (ii) il consenso dei minori è valido a partire dai 16 anni.
    • Interesse vitale di un terzo: è invocabile a condizione che, nella fattispecie concreta, nessuna delle altre condizioni di liceità può trovare applicazione.
    • Interesse legittimo prevalente di un titolare o di un terzo: il bilanciamento tra tale interesse e i diritti e la libertà dell’interessato spetta allo stesso titolare (estensione del principio di “responsabilizzazione”, uno dei cardini del GDPR).
    • Informativa: i contenuti dell’Informativa sono tassativamente indicati negli artt. 13, par. 1, e 14, par. 1, del GDPR. In particolare, essa deve contenere: (i) i dati di contatto del RDP-DPO (Responsabile della protezione dati – Data Protection Officer), ove esistente; (ii) la base giuridica del trattamento; (iii) l’interesse legittimo, se costituisce la base legittima del trattamento; (iv) se i dati sono trasferiti in Paesi terzi e, in caso affermativo, attraverso quali strumenti; (v) periodo di conservazione dei dati o i criteri per stabilire tale periodo; (vi) diritto di presentare un reclamo all’autorità di controllo; (vi) in caso di processi decisionali automatizzati, compresa la profilazione, indicazione della logica di tali processi e delle conseguenze previste per l’interessato.
      Nell’ipotesi di dati personali non raccolti direttamente presso l’interessato, l’Informativa deve essere fornita entro un tempo non superiore a un mese dalla raccolta, oppure al momento della comunicazione dei dati.

      • Caratteristiche dell’Informativa: concisa, trasparente, intellegibile per l’interessato e facilmente accessibile, uso di un linguaggio chiaro e semplice e previsione di idonee informative per i minori.
      • Forma dell’Informativa: date le imprescindibili caratteristiche sopra delineate, in linea di principio è data per iscritto e preferibilmente in formato elettronico, fermo restando che sono ammessi altri mezzi, compresa la forma orale. È ammesso l’uso di icone che ne riassumono i contenuti principali, ma solo in combinazione con l’Informativa estesa. Le icone devono essere uguali in tutti gli Stati membri e saranno definite dalla Commissione europea.
      • Tempi: l’Informativa deve essere fornita all’interessato prima di effettuare la raccolta dei dati o, se questi non sono raccolti direttamente presso l’interessato, deve comprendere anche le categorie dei dati personali oggetto di trattamento. Il titolare deve sempre comunque specificare la propria identità e quella dell’eventuale rappresentante nel territorio italiano, le finalità del trattamento, i diritti degli interessati e, se esiste un responsabile del trattamento, la sua identità e quali sono i destinatari dei dati.
  • Diritti degli interessati:
    • Modalità per l’esercizio dei diritti (artt. 11 e 12 GDPR): il termine per la risposta all’interessato è un mese, estendibile fino a tre mesi in casi di particolare complessità. Il titolare deve sempre dare un riscontro all’interessato entro un mese dalla richiesta, anche in caso di diniego. Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro all’interessato e l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere a quest’ultimo, ma solo se si tratta di richieste manifestamente infondate o eccessive o ripetitive, o se prevedono il rilascio di più copie dei dati personali nell’ipotesi di diritto di accesso. La risposta all’interessato deve essere data per iscritto (la forma orale è ammessa solo se espressamente richiesta dall’interessato), concisa, trasparente, facilmente accessibile ed espressa con un linguaggio semplice e chiaro.
    • Diritto di accesso (art. 15 GDPR): è il diritto a ricevere una copia dei dati personali oggetto di trattamento nonché l’indicazione del periodo di conservazione previsto o, se non è possibile prevederlo, dei criteri utilizzati per definire tale periodo e le garanzie applicate in caso di trasferimento dei dati in Paesi terzi.
    • Diritto di cancellazione – diritto all’oblio (art. 17 GDPR): è il diritto di cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. I titolari hanno l’obbligo, se hanno reso pubblici tali dati, ad esempio pubblicandoli su un sito web, di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione”. Rispetto al D. Lgs. n. 196/2003 l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati anche dopo la revoca del consenso al trattamento.
    • Diritto di limitazione del trattamento (art. 18 GDPR): è un diritto diverso e più esteso rispetto all’attuale “blocco” del trattamento previsto dall’art. 7, comma 3, lett. a) del D. Lgs. n.196/2003. Il GDPR prevede, infatti, che tale diritto possa essere esercitato non solo in caso di violazione dei presupposti di liceità del trattamento (quale alternativa alla cancellazione dei dati), bensì anche se l’interessato chiede la rettifica dei suoi dati o si oppone al trattamento, in attesa della valutazione di tale opposizione da parte del titolare.
    • Diritto alla portabilità dei dati (art. 20 GDPR): è uno dei nuovi diritti introdotti dalla normativa europea. Esso non si applica ai trattamenti non automatizzati (archivi o registri cartacei); sono portabili solo i dati trattati con il consenso dell’interessato o sulla base di un contratto stipulato con l’interessato e solo i dati che siano stati forniti dall’interessato al titolare. Quest’ultimo deve, inoltre, essere in grado di trasferire direttamente i dati portabili a un altro titolare indicato dall’interessato, se tecnicamente possibile.
  • Titolare, Responsabile, Incaricato del trattamento (artt. 26 e ss. GDPR):
    • Contitolarità del trattamento (art. 26 GDPR): i titolari devono definire specificamente con un atto giuridicamente valido il rispettivo ambito di responsabilità e i relativi compiti con particolare riguardo all’esercizio dei diritti degli interessati, che hanno la possibilità di rivolgersi indifferentemente a qualunque titolare operante congiuntamente. Con riferimento al predetto atto giuridicamente valido, l’art. 29 GDPR specifica che deve trattarsi di un contratto (o altro atto giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente le materie riportate all’art. 28, par. 3, al fine di dimostrare che il titolare offre garanzie sufficienti (natura, durata e finalità del trattamento, categorie di dati oggetto di trattamento, misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle istruzioni impartite dal titolare e delle disposizioni regolamentari). È consentita la nomina di sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (art. 28, par. 4 GDPR) per specifiche attività di trattamento. Il responsabile risponde davanti al titolare per eventuali inadempimenti del sub-responsabile, salvo che dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo imputabile”.
    • Obblighi specifici in capo ai responsabili del trattamento, distinti da quelli dei titolari: tenuta del registro dei trattamenti svolti (art. 30, par. 2 GDPR); adozione di misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei trattamenti (art. 32 GDPR); designazione di un RDP-DPO nei casi previsti dal Regolamento o dalla normativa nazionale (art. 37 GDPR).
      Importante, infine, la previsione dettata dall’art. 27, par. 3, GDPR relativa all’obbligo di nomina di un rappresentante in Italia da parte del responsabile non stabilito nella UE.
  • Approccio basato sul rischio e misure di accountability (i.e. responsabilizzazione) di titolari e responsabili: in generale, si tratta dell’adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del Regolamento. In pratica, viene affidato ai titolari il compito di stabilire autonomamente le modalità, le garanzie e i limiti del trattamento dei dati personali, sempre nel rispetto delle normative e dei criteri contenuti nel GDPR.
    • Data protection by default e by design (art. 25 GDPR): analisi preventiva per configurare il trattamento prevedendo a monte, ovvero prima di procedere al trattamento, le garanzie indispensabili al fine di soddisfare i requisiti del Regolamento e tutelare i diritti degli interessati. L’analisi preventiva deve attuarsi attraverso una serie di attività specifiche e dimostrabili, tra cui quelle connesse al rischio inerente al trattamento. Tale rischio è rappresentato da impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati, che devono essere analizzati attraverso un apposito processo di valutazione, al cui esito il titolare potrà autonomamente decidere se iniziare il trattamento (perché ha adottato misure idonee a mitigare sufficientemente il rischio) o a consultare l’autorità di controllo competente per avere informazioni su come gestire il rischio. Da notare che l’intervento dell’autorità è quindi successiva alle determinazioni del titolare e non è autorizzativa. Ciò spiega l’abolizione, a partire dal 25 maggio 2018, della notifica preventiva dei trattamenti e della verifica preliminare prevista dall’art. 17 del D. Lgs. n. 196/2003.
    • Registro dei trattamenti (art. 30, par. 5 GDPR): tutti i titolari e i responsabili del trattamento, eccettuati gli organismi con meno di 250 dipendenti, ma solo se non effettuano trattamenti a rischio, devono tenere un registro dei trattamenti effettuati, in forma scritta, anche elettronica, che dovrà essere esibito dietro richiesta del Garante.
    • Misure di sicurezza (art. 32 GDPR): il Regolamento prevede una lista aperta e non esaustiva delle misure tali da garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio del trattamento. Dopo il 25 maggio 2018 non potranno sussistere obblighi generalizzati di adozione di misure minime di sicurezza, la cui valutazione sarà rimessa, caso per caso, al titolare e al responsabile in rapporto ai rischi specificamente individuati.
    • Notifica delle violazioni di dati personali: prevede l’obbligo in capo a tutti i titolari di notificare all’autorità competente le violazioni di dati personali di cui vengano a conoscenza entro 72 ore e comunque senza giustificato ritardo, ma soltanto se ritengono probabile che da tale violazione derivino rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Ne deriva che la notifica all’autorità non è obbligatoria, essendo subordinata (e qui ritorna il principio di responsabilizzazione) alla valutazione da parte del titolare.
    • Responsabile della protezione dei dati (RDP-DPO): è finalizzata a facilitare l’attuazione del Regolamento da parte del titolare/responsabile. Tale figura (che deve rispondere ai requisiti di indipendenza, autorevolezza e competenza managariale), infatti, deve, tra l’altro, sensibilizzare e formare il personale in merito agli adempimenti privacy, nonché sorvegliare sulla valutazione di impatto del rischio. La sua designazione è obbligatoria nei casi previsti dall’art. 37. Si rimanda alle Linee Guida stabilite dal Gruppo art. 29 per le maggiori specifiche relative alla DPO.
  • Trasferimenti di dati verso Paesi terzi e organismi internazionali (artt. 45 ss. GDPR):
    Resta in vigore la necessità della previa autorizzazione del Garante solo nel caso in cui il titolare desidera utilizzare clausole contrattuali non riconosciute come adeguate dalla Commissione europea oppure accordi amministrativi stipulati tra autorità pubbliche. Il Regolamento consente di ricorrere anche a codici di condotta o schemi di certificazione per dimostrare le garanzie adeguate previste dall’art. 46 GDPR. Ne consegue che i titolari o i responsabili del trattamento dei Paesi terzi potranno far valere gli impegni sottoscritti attraverso l’adesione a codici di condotta o a schemi di certificazione, ove questi disciplino anche o esclusivamente i trasferimenti di dati verso Paesi terzi. In ogni caso, tali titolari dovranno assumere un impegno vincolante mediante uno specifico strumento contrattuale o altro strumento giuridicamente vincolabile o azionabile dagli interessati. È vietato il trasferimento verso Paesi terzi sulla base di decisioni giudiziarie o ordinanze amministrative emesse da autorità di tale Paese terzo in mancanza di accordi internazionali di mutua assistenza giudiziaria o simili. In deroga al principio generale, il Regolamento ammette il trasferimento di dati personali verso un Paese terzo non adeguato “per importanti motivi di interesse pubblico”, purché tale interesse sia riconosciuto dal diritto dello Stato membro del titolare o dal diritto dell’UE (quindi, non  rileva l’interesse pubblico riconosciuto dal solo Paese terzo).

Leggi: REGOLAMENTO (UE) 2016-679 privacy 2018


Agcom: emanato il regolamento per le multe e atti giudiziari notificati dai privati

Emanato il regolamento Agcom per il rilascio delle licenze individuali per lo svolgimento del servizio di notifica multe e atti giudiziari da parte dei privati

Venuto meno il monopolio di Poste Italiane sui servizi di notificazione e comunicazioni per atti giudiziari e multe la legge ha attribuito ad Agcom, sentito il Ministero della giustizia ed entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, la determinazione degli obblighi e dei requisiti per il rilascio delle licenze individuali per lo svolgimento del servizio.

Multe e atti giudiziari ai privati: il regolamento Agcom

Di questo tema si occupa la delibera n. 77/18/Cons (sotto allegata), con la quale l’Agcom ha approvato il regolamento in materia di rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada, dando attuazione alle modifiche introdotte dalla legge sulla concorrenza (n. 124/2017) per la liberalizzazione del servizio. In particolare gli obblighi riguardano il rispetto dei parametri attinenti «alla sicurezza, alla qualità, alla continuità, alla disponibilità e all’esecuzione dei servizi medesimi», i requisiti, invece, dovranno essere delineati alla luce delle richiamate nozioni di affidabilità, professionalità e onorabilità dei richiedenti.

 Requisiti per il rilascio della licenza individuale speciale

La licenza individuale speciale può avere ad oggetto: l’abilitazione a svolgere l’attività di notificazione degli atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada; l’abilitazione a svolgere la sola attività di notificazione delle violazioni del codice della strada.

Il soggetto richiedente può essere anche l’operatore capogruppo per il servizio di notificazione svolto con il medesimo segno distintivo e con un’organizzazione unitaria composta dall’aggregazione di più operatori postali che siano titolari di licenza individuale in base al regolamento generale.

 Ai fini del rilascio della licenza è necessario possedere i requisiti di affidabilità; della professionalità, con effettiva esperienza nell’attività di notificazione dimostrata dal richiedente attraverso la produzione di dati di bilancio del biennio precedente da cui risulti: l’attività svolta nel settore postale relativa ad invii certificati e registrati per una percentuale del fatturato totale non inferiore al 10% nel biennio; ovvero, l’attività svolta attraverso messi notificatori, comprovata da almeno tre attestazioni positive qualificate, per un importo non inferiore al 10% del fatturato totale nel biennio; per attestazioni qualificate si intendono quelle relative ad affidamenti da parte di pubbliche amministrazioni, enti locali, compagnie di servizi di pubblica utilità e, più in generale, grandi utenti. Ed infine dell’onorabilità, in primis, dimostrando di non aver commesso violazioni definitivamente accertate, nel triennio anteriore alla data della domanda per il rilascio della licenza, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui risiedono.

Il regolamento stabilisce obblighi in materia di personale dipendente: in particolare quello di «sottoscrivere esclusivamente contratti di lavoro subordinato per l’assunzione del personale addetto alle fasi di accettazione e di recapito del servizio di notificazione a mezzo posta; impiegare un numero di dipendenti non inferiore ai limiti previsti nell’allegato 1, in relazione all’ambito geografico oggetto della licenza») e di qualità di servizio.

Leggi: AGCOM delibera 77-18-CONS 20 02 2018

Leggi: AGCOM delibera 77-18-CONS ALLEGATO A 20 02 2018


8 Marzo 2018 – Festa della donna

FESTA-DONNE-MONDO-2-554x420Ma perché proprio la mimosa per celebrare l’8 marzo? Perché proprio i rametti dai pallini gialli dal profumo intenso e delicato? La mimosa, appartenente alla famiglia delle Mimosaceae, è il simbolo per eccellenza della Festa delle Donne, per via di un avvenimento storico tutto italiano. Nel 1946, su iniziativa delle attiviste Rita Montagnana e Teresa Mattei, l’UDI (Unione Donne in Italia), giunse a scegliere la mimosa, dopo un percorso alquanto complesso. Le donne preferivano l’orchidea, ma la Mattei, che l’anno dopo avrebbe fatto parte dell’Assemblea Costituente, per evitare la scelta ricadesse su un fiore costoso come quello, si inventò una leggenda cinese, raccontando che la mimosa rappresentava per quel popolo il calore familiare e il simbolo della gentilezza femminile, convincendo così il gentil sesso a propendere per i rametti. Una pianta pioniera, spontanea, scelta come simbolo della rivendicazione dei diritti femminili, come emblema della lotta per farli valere; facilmente reperibile proprio in questo periodo, poco costosa, con fiori luminosi, solari, apparentemente delicati, ma forti e rigogliosi… caratteristiche che, a ben vedere, sono tipiche di tutte le donne!

Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida, che non finisce mai.
(Oriana Fallaci)

Inquadramento contrattuale dei Messi Comunali

In occasione dell’attuale fase di rinnovo contrattuale del comparto autonomie Locali, l’Associazione ha ritenuto utile sottoporre all’attenzione delle Organizzazioni sindacali alcune considerazioni e proposte maturate nel dibattito interno e in occasioni pubbliche in merito alla attuale classificazione degli operatori nostri associati.

Leggi: CCNL rinnovo pro memoria inquadramento Messi Comunali 2018


Nulla la notifica se la p.e.c. del destinatario è attribuita a due società

L’attribuzione del medesimo indirizzo p.e.c. a due società rende nulla, ai sensi dell’articolo 160 del codice di procedura civile, la notifica dell’udienza prefallimentare eseguita utilizzando tale indirizzo se non è possibile accertare se essa è stata effettivamente ricevuta dal destinatario corretto.

Della vicenda, rara ma evidentemente non impossibile, si è occupata la sentenza numero 710/2018 della Corte di cassazione (qui sotto allegata), che ha cassato con rinvio la decisione del Tribunale di Roma di respingere il reclamo proposto da una donna contro la sentenza che aveva dichiarato il fallimento di una società sua debitrice.

P.e.c., dubbi sul destinatario

Come correttamente rilevato anche dal Tribunale (nonostante il diverso approdo), a fronte dell’attribuzione dello stesso indirizzo p.e.c. a due diversi soggetti l’unica ipotesi possibile è che il messaggio sia stato ricevuto solo da uno di loro. Nel caso di specie: o solo dalla società fallita o solo dalla società estranea alla vicenda.

Posto quindi che, dinanzi a una simile situazione, non è possibile sapere con certezza chi dei due abbia ricevuto l’atto notificato, ci si trova di fronte all’ipotesi disciplinata dall’articolo 160 del codice civile, ovverosia all’ipotesi di nullità della notificazione per incertezza assoluta della persona a cui è fatta (superabile solo se l’identità del soggetto può essere comunque ricostruita dal tenore complessivo dell’atto notificato e della relata).

Leggi: Corte di cassazione sentenza numero 710-2018 Nulla la notifica se la pec del destinatario è attribuita a due società


Disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni al C.d.S.

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16.01.2018 il Decreto del Ministero dell’Interno sulla disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del Codice della Strada, tramite posta elettronica certificata.

Il presente decreto si applica al procedimento di notificazione dei verbali di contestazione, redatti dagli organi di Polizia Stradale, di cui all’art. 12 del Codice della Strada, a seguito dell’accertamento di violazioni del Codice della Strada.


La notifica tramite p.e.c richiesta dopo le 21 si perfeziona alle 7 del giorno dopo

Per la Cassazione, pertanto, è intempestivo il ricorso di legittimità notificato dopo tale orario del giorno della scadenza dei termini per l’impugnazione

Dalla recente sentenza della Corte di Cassazione numero 30766/2017 (qui sotto riportata) emerge un importante principio in materia di notificazione: la notifica con modalità telematiche richiesta dopo le ore 21 si perfeziona alle ore 7 del giorno successivo.

Di conseguenza, per i giudici di legittimità, il ricorso in Cassazione richiesto oltre il predetto orario del giorno di scadenza del termine per impugnare deve ritenersi intempestivo e, pertanto, inammissibile.

Estensione delle delimitazioni di orario

La Corte di Cassazione ha sul punto chiarito che, infatti, il legislatore, con l’articolo 16-septies del decreto legge numero 179/2012, ha deciso di dare seguito alla linea di pensiero in base alla quale alle notificazioni telematiche debbano estendersi i medesimi limiti temporali fissati dal codice di procedura civile per le notificazioni tradizionali tramite ufficiale giudiziario/Messo Comunale. In tal modo, quello che il codice di rito aveva qualificato come un divieto di compiere materialmente la notifica è stato trasformato in un “meccanismo per cui la notificazione, se viene comunque eseguita, “si considera comunque perfezionata” solo alle 7 del giorno dopo”.

Scissione del perfezionamento della notifica

Nella pronuncia i giudici hanno anche ribadito la scissione del momento perfezionativo della notifica tra notificante e notificato, ricordando che, per il primo, esso coincide con il momento in cui è generata la ricevuta di accettazione, mentre, per il secondo, con quello in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna.

Di conseguenza, “Quindi, per il notificante ciò che rileva è il momento in cui egli ha richiesto la notifica (attestato dalla ricevuta di accettazione), non quello in cui la notifica viene consegnata al destinatario (attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna), momento diverso che rileva solo per il destinatario.”

Leggi: Corte di Cassazione Sez. Civile n. 30766/2017 : Perfezionamento notifica tramite P.E.C.


Firmato l’accordo per il contratto degli statali

È stato siglato il nuovo contratto degli statali per il triennio 2016-2018 che pone fine a un blocco durato otto anni. Al termine di una trattativa lunghissima Aran e i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Confsal (non hanno firmato Usb, Cgs e Cisa) hanno raggiunto l’accordo che prevede un aumento medio mensile pari a regime a circa 85 euro lordi sullo stipendio base.

L’intesa prevede una forbice di aumenti sullo stipendio base dai 63 ai 117 euro mensili lordi a regime. A questo aumento tuttavia va aggiunto un l’assegno per dieci mensilità tra i 21 e i 25 euro per le retribuzioni più basse mentre alcune amministrazioni potranno erogare un bonus supplementare.

Oltre all’aumento medio di 85 euro il rinnovo del contratto – evidenzia la Fp Cgil – salvaguardia il bonus di 80 euro, mentre su tutto il nuovo comparto delle Funzioni Centrali (Ministeri, Epne e Agenzie Fiscali), arriveranno gli arretrati del 2016 e 2017 e ripartirà la contrattazione per il trattamento accessorio. L’intesa – sottolineano i sindacati – riduce la precarietà grazie a una regolamentazione delle forme di rapporto di lavoro flessibile. Si riconferma infatti come il normale rapporto di lavoro nella pubblica amministrazione è a tempo indeterminato mentre le forme di rapporto di lavoro flessibile saranno due: il tempo determinato e la somministrazione.

Viene inoltre introdotto un nuovo sistema di relazioni sindacali con il ritorno della contrattazione e l’incremento dei poteri demandati alle Rsu. I sindacati sottolineano anche il nuovo ordinamento professionale con il varo di “una commissione che dovrà immediatamente produrre un corretto inquadramento, nuove regole per le progressioni, il riconoscimento pieno delle professionalità e delle competenze”.

Il contratto conferma le 36 ore per l’orario di lavoro e introdotta una certa flessibilità di orario che risponde alle esigenze dei lavoratori, accrescendo allo stesso tempo la qualità dei servizi. Regolate anche questioni importanti – spiega Fp Cgil – come la pausa esigibile, diritto delle lavoratrici e dei lavoratori. Infine si conferma l’esclusione del Jobs Act dal contratto, a partire dal mantenimento dell’articolo 18.

“Un risultato storico. Un contratto che da più diritti e archivia la legge brunetta”. Così commenta la segretaria generale della Fp Cgil, Serena Sorrentino: “Dopo oltre nove anni finalmente restituiamo un contratto nazionale ai lavoratori pubblici, il primo che sottoscriviamo è quello delle Funzioni Centrali che riguarda i lavoratori dei ministeri, delle agenzie e degli enti pubblici non economici”.


Agenzia delle Entrate: mancata notificazione via P.E.C.

L’ANCI relativamente alle richieste di chiarimenti dei comuni indirizzate all’A.D.E. riferentesi alla mancata notificazione via P.E.C. da intraprendersi dal 1° luglio 2017 e conseguente impedimento all’utilizzo dei Messi Comunali ha emanato la circolare sotto riportata.

La principale causa del mancato ricorso alla pec viene attribuita alla formulazione dell’art. 2 del Dlgs 82/2005 comma 6.
Peraltro trattasi di perplessità che avevamo già evidenziato all’indomani della modifica del CAD del 2016.
Tuttavia la possibilità di avvalersi comunque del Messo Comunale viene attribuita al 1° comma dell’art. 60, senza che le clausole di accesso al Messo Comunale di cui all’art. 10 della legge 265/1999, che invece dovrebbero essere residuali, possano impedire il ricorso a tale figura.
Poi, finalmente, ammettono di non essere ancora pronti al deposito telematico, peraltro l’area riscossioni dell’Agenzia non ha questi problemi.
E comunque si ribadisce che la notifica tramite P.E.C. resta una possibilità, conclusione questa a nostro parere del tutto arbitraria.
Leggi: ANCI – Notifiche atti accertamento Agenzia delle Entrate
Leggi: Nota Agenzia delle Entrate del 7.11.2017 su notifica atti tributari