Anzianità
Con l’accordo raggiunto da Governo e parti sociali, i requisiti per la pensione di anzianità subiscono un rilevante modifica rispetto alle regole attuali. Dal 1 gennaio 2008 sarà necessario avere 58 anni di età (59 per gli autonomi) e 35 di contributi. Dal 1 luglio 2009 si entra invece nella fase delle “quote”: il requisito sarà una combinazione dell’età anagrafica e dei contributi, con un vincolo però sul primo requisito. In particolare, dal 1 luglio occorrerà una quota di 95, ma con età di almeno 59 anni (60 per gli autonomi); dal 1 gennaio 2011 si passerà a quota 96, con età minima di 60 anni (61 per gli autonomi); dal 1 gennaio 2013, la quota sarà di 97, con età di 61 anni (62 per gli autonomi).
Per il pensionamento di anzianità occorre, peraltro, il rispetto delle “finestre” di uscita dal lavoro e la pensione decorre dall’apertura della finestra, purchè la domanda sia stata presentata prima di quella data. In caso contrario, decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.
Bonus
Si esaurisce al 31 dicembre 2007 il “bonus” che la legge n. 243/2004 riconosceva ai dipendenti che, avendo maturato il diritto al pensionamento di anzianità, vi rinunciassero continuando lavorare. Il “bonus” consiste nell’aggiunta in busta paga della quota contributiva destinata all’Ivs, con il corrispondente “congelamento del trattamento pensionistico. Attualmente l’attenzione è posta alla possibilità, per alcune categorie di lavoratori (impiegati in attività usuranti, in mobilità) di anticipare la data del pensionamento rispetto alle regole comuni.
Commissioni
Parte della riforma è demandata al lavoro di commissioni istituite fra Governo e parti sociali:
– entro settembre 2007 una commissione dovrà definire le attività che possono essere definite “usuranti”, considerando fra esse le attività già definite tali nel 1999, i lavoratori notturni, i lavoratori addetti a produzioni in serie o a catena, i conducenti di mezzi pubblici pesanti;
– una specifica commissione esaminerà la possibilità di utilizzare quattro finestre di uscita dal lavoro per i lavoratori con alta anzianità contributiva;
– una commissione definirà la detassazione dei premi di risultato; è una commissione si occuperà dei coefficienti di trasformazione.
Donne
Non dovrebbe essere ritoccata l’età del pensionamento di vecchiaia delle donne, che rimane a 60 anni, particolare attenzione potrebbe essere loro riservata dall’apposita Commissione che si occuperà delle finestre di uscita dal lavoro. Peraltro, la legge 243/2004 prevede che in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015, sia confermata la possibilità di conseguire il diritto all’accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un’età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo.
Enti previdenziali
Si continua a prospettare l’ipotesi di razionalizzare l’organizzazione del sistema degli enti previdenziali per aumentarne l’efficacia e ridurre gli oneri di gestione del sistema stesso. Il Governo si impegna a presentare un piano industriale che individui le possibili sinergie fra gli enti relativamente alle sedi, agli acquisti, ai sistemi informatici ed agli uffici legali. Viene introdotta una sorta di “clausola di salvaguardia” per cui, se dal 2011, il processo di razionalizzazione non producesse il risparmio ipotizzato (almeno 3,5 miliardi di euro), saranno aumentati dello 0,09% i contributi su tutte le retribuzioni.
Finestre
Sarà esaminata la possibilità di inserire, nei dispositivi che regolano le pensioni di vecchiaia, sia per uomini che per donne, finestre di uscita verso la pensione. Anche in questo caso una Commissione composta dal Governo e dalle parti sociali dovrà concludere i lavori entro il prossimo mese di settembre. Il problema delle finestre, che passeranno a quattro, inerisce quei lavoratori che hanno totalizzato 40 anni di contributi pensionistici. Lo scopo è di ridurre gli attuali tempi di attesa per il pensionamento
Graduazione dei requisiti
Governo e parti sociali potranno concordare una diversa graduazione dei requisiti anagrafici e contributivi e un diverso stanziamento al fondo lavoratori usuranti, a condizione che gli oneri complessivi non superino quelli determinati dall’accordo del 20 luglio e che il fondo abbia una dotazione finanziaria non inferiore a due miliardi di euro.
Help desk
Si preannuncia un periodo infuocato per gli help desk attivi presso gli istituti previdenziali e il ministero del Lavoro. Nelle prossime settimane saranno infatti chiamati a informare i lavoratori sulle novità previste dall’accordo sulla riforma previdenziale. Il Contact Center Integrato di Inps e Inail fornisce informazioni su aspetti normativi, procedimentali e su singole pratiche. Il servizio è raggiungibile attraverso il numero 803.164 ed è gratuito. Gli operatori sono a disposizione dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 20 e il sabato dalle 8 alle 14, mentre il servizio automatico è in funzione 24 ore al giorno, compresi i festivi. Per l’Inpdap è attivo il numero verde 800.10.50.00. Il risponditore automatico funziona tutti i giorni, 24 ore su 24; gli operatori rispondono dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.00 alle ore 18.00, il sabato, dalle ore 8.00 alle ore 13.00.
Incentivi
L’Accordo non prevede l’introduzione di particolari incentivi per la permanenza al lavoro, introduce però l’ipotesi di maggiore detassazione del premio di risultato per la quale verranno stanziati 150 milioni di euro per l’anno 2008.
Lavoratori parasubordinati
Viene previsto l’aumento delle aliquote contributive per la gestione separata dei collaboratori differenziando fra lavoratori parasubordinati che non hanno altre forme di previdenza obbligatoria e lavoratori che sono, invece, altrimenti assicurati. Peri primi viene previsto dal primo gennaio 2008 un aumento di un punto all’anno fino a tre punti, per gli altri l’aumento di un punto dal 1 gennaio 2008. L’aumento contributivo porterà con sè l’equivalente aumento dell’accredito ai fini pensionistici.
Minimi pensionistici
L’aumento delle pensioni di minor importo? inserito nel provvedimento in corso di discussione in Parlamento e andrà a riguardare un numero di significativo di pensionati (circa 3.100.000) di età pari o superiore a 64 anni, indipendentemente dal fatto che siano uomini o donne. Gli importi non saranno corrisposti mensilmente, ma arricchiranno nel 2007, gli assegni di fine anno, diventando, invece, a regime una sorta di quattordicesima mensilità
L’emendamento governativo prevede infatti la corresponsione, nel 2007, con la rata della pensione di novembre o con la tredicesima mensilità, mentre dal 2008 sarà corrisposta con la pensione di luglio. Gli importi dell’una tantum sono differenziati a seconda dell’anzianità contributiva del pensionato, che è richiesta in misura lievemente più alta peri lavoratori autonomi. La somma aggiuntiva spetta a condizione che l’interessato non possegga un reddito complessivo individuale, relativo all’anno di riferimento, superiore ad una volta e mezza il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Essendo tale importo pari, per l’anno 2007, a euro 5.669,82 annui, il limite reddituale che consente di beneficiare della somma aggiuntiva è, per quest’anno, pari a 8.504,73 euro.
Negoziato
L’accordo tra governo e sindacati è stato raggiunto alle 6,30 di venerdì 20 luglio, dopo una trattativa durata otto ore. La discussione era iniziata durante la campagna elettorale per le politiche del 2006, con l’inclusione dell’abolizione dello “scalone” previsto dalla riforma Maroni nel programma dell’Unione. Il negoziato vero e proprio è partito nello scorso giugno ed è stato più volte sul punto di fallire. Un primo tentativo di accordo è saltato nella notte tra il 26 e 27 giugno, quando le parti si sono accordate solamente sull’aumento delle pensioni più basse. I punti più controversi sono stati la determinazione degli “scalini” e delle “quote” e la definizione del numero di lavoratori in attività usuranti, esclusi dalla riforma. Sul tavolo anche la richiesta dei sindacati di prevedere incentivi per chi fosse rimasto volontariamente in attività oltrei termini di legge. Nei giorni scorsi l’accelerazione, dopo il richiamo del governatore di Bankitalia Draghi e le minacce di dimissione del ministro delle Politiche comunitarie Emma Bonino.
Organizzazioni sindacali
Il ruolo delle organizzazioni sindacali nella determinazione dell’età pensionabile è destinato a essere molto incisivo anche in futuro. I sindacati faranno infatti parte di tutte le commissioni che avranno il compito di definire importanti aspetti applicativi della riforma.
Premi di risultato
Nella prossima legge finanziaria sarà stanziato un importo di 150 milioni di euro per il 2008, al fine di detassare le risorse contrattate per i premi di risultato. Anche in questo caso sarà istituita una Commissione tra Governo e parti sociali che, entro il 15 settembre 2007, dovrà definire le modalità tecniche di implementazione. Al momento, infatti, la detassazione è riconosciuta solo per i premi di natura variabile e condizionata da miglioramenti produttivi o aziendali, per la parte che non supera il 3 per cento della retribuzione complessivamente corrisposta nell’anno al lavoratore.
Quote
Dal primo luglio 2009 i requisiti per il pensionamento di anzianità dovrebbero essere sostituiti dal meccanismo delle “quote”: una combinazione tra l’età anagrafica con gli anni di contribuzione. Le quote vanno in progressione: si parte da 95 nel 2009 per i lavoratori dipendenti (96 per gli autonomi), per arrivare dal primo gennaio 2013 a quota 97 per i dipendentie 98 per gli autonomi.
Scalone e scalino
Se fosse rimasta in vigore la legge 243/2004,dal primo gennaio 2008 l’età minima per il pensionamento di anzianità dei lavoratori dipendenti sarebbe passata in uno solo colpo da 57 a 60 anni, quella dei lavoratori autonomi a 61, restando fermo il requisito contributivo, minimo, di 35 anni.
L’età non sarebbe stata rilevante solo in presenza di almeno 40 anni di contribuzione. Lo “scalone” è stato sostituito, nell’accordo raggiunto fra Governo e Parti sociali, con un aumento graduale, ossia con “scalini” che ogni 18/24 mesi fanno aumentare i requisiti per il pensionamento di anzianità.
Tassi e coefficienti
Viene rimandato al lavoro dell’apposita commissione uno dei punti più discussi e controversi che più hanno reso travagliato questi ultimi mesi. La revisione dei coefficienti di trasformazione, la cui applicazione determina la rivalutazione dei contributi versati ai fini del trattamento pensionistico, è stato infatti rinviato al 2010 con la sostituzione della tabella A allegata alla legge n.335/1995. Inoltre, i coefficienti saranno applicati automaticamente ogni tre anni.Nelle more dell’eventuale modifica legislativa proposta dalla commissione che dovrà considerare le dinamiche attuariali e demografiche che incidono sui coefficienti, si applica la normativa vigente, nella quale viene, però, introdotta l’applicazione ogni tre anni dei coefficienti, il cui aggiornamento è effettuato con decreto Interministeriale lavoro-economica.
Usuranti
L’ipotesi conclusiva che una Commissione appositamente costituita da Governo e parti sociali dovrà elaborare entro il mese di settembre 2007, parte dall’intenzione di anticipare di tre anni il pensionamento dei lavoratori che svolgono lavori usuranti.
Dovranno essere considerati:
– lavoratori impegnati nelle attività previste dal decreto del ministero del lavoro del 1999;
– lavoratori considerati notturni secondo i criteri del d.lgs. 66/2003;
– lavoratori addetti a linea catena; – conducenti di mezzi pubblici pesanti.
Vecchiaia
Il diritto alla pensione di vecchiaia dovrebbe continuare a scattare quando si verificano le seguenti tre condizioni: età (65 anni per gli uomini, 60 per le donne) contribuzione minima (almeno 20 anni, comunque accreditati, da attività lavorativa, da riscatto, figurativa ecc.).
Bastano 15 anni di contributi per coloro che al 31 dicembre 1992: avevano già tale anzianità o avevano già compiuto l’età pensionabile prevista all’epoca (55 anni per le donne e 60 per gli uomini) o erano stati autorizzati ai versamenti volontari cessazione del rapporto di lavoro, per i soli lavoratori dipendenti. Quanto sopra è peculiare del regime retributivo, che continua ad applicarsi a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano almeno 18 anni di contribuzione.
Il regime contributo è, invece, proprio di chi ha cominciato a lavorare dopo la riforma introdotta dalla legge n.335/1995, e tiene conto della totalità dei contributi versati, rivalutati in base all’andamento del prodotto interno lordo. Con la legge n.243/2004, a partire dal 2008 l’et? pensionabile sarà di 65 anni di età per gli uomini e 60 anni per le donne. Un terzo sistema è quello “misto” che si applica a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano un’anzianità contributiva inferiore ai 18 anni. In base a questo sistema l’importo della pensione viene calcolato pro-quota tenendo conto degli anni trascorsi nei due diversi regimi.
Zero costi
L’impatto della riforma pensionistica sarà di dieci miliardi di euro in dieci anni, ma i costi delle nuove misure, come spiegato venerdì 20 luglio dal ministro dell’Economia Padoa-Schioppa “saranno pari a zero”, cioè coperti interamente all’interno del sistema previdenziale. Nello specifico, la revisione dello “scalone” costerà 7,1 miliardi e il Fondo per i lavori usuranti 2,9 miliardi. La copertura verrà principalmente dagli Enti previdenziali (3,5 miliardi) e dall’aumento delle aliquote per la gestione separata dei lavoratori parasubordinati (3,6 miliardi) e dei parasubordinati non esclusivi (0,8).
Altre risorse verranno dalla sospensione per un anno dell’indicizzazione delle pensioni superiori a 8 volte il minimo (1,4 miliardi) e dall’armonizzazione di fondi speciali (0,7 miliardi).