Comunicazione della PEC: proroga al 30 giugno 2012

l Decreto Semplificazioni ha previsto la proroga al 30 giugno 2012 per il termine entro il quale le società che non hanno ancora provveduto, possono comunicare il loro indirizzo di posta elettronica certificata alla Camera di Commercio. L’adempimento trova quindi una ulteriore proroga dopo i chiarimenti del Ministero dello Sviluppo Economico che, nella circolare n. 224402 del 2011, aveva indicato l’opportunità alla Camere di commercio di astenersi dall’applicare le sanzioni a società e soggetti che non abbiano provveduto alla comunicazione nei termini e di considerare come corretto anche l’adempimento tardivo.

Il D.L. n. 185/2008 ha reso obbligatorio il possesso della Posta Elettronica Certificata (“PEC”) per le Società ed i Professionisti. Il termine per procedere all’adempimento ed alla relativa comunicazione presso la Camera di Commercio competente è stato ulteriormente prorogato dal Decreto Semplificazioni dopo che il termine era stato inizialmente fissato al 29 novembre 2011 dal predetto D.L..

Tenuto conto che, in base ai dati pubblicati, una quota prevalente dei soggetti sottoposti all’adempimento non aveva ancora provveduto, il legislatore, intervenuto da ultimo nel c.d. Decreto Semplificazioni, ha fissato la nuova scadenza al 30 Giugno 2012.

L’adempimento e la relativa scadenza

Il nuovo termine per il deposito della PEC presso il Registro delle Imprese stabilito dal Decreto Semplificazioni (“Decreto”) consentirà alle aziende di gestire l’adempimento entro il (nuovo) termine del 30 giugno 2012. Tale previsione è stata inserita nel Decreto nel Consiglio dei Ministri del 24.02.2012.

Sotto tale profilo, si rileva che il Ministero dello Sviluppo economico aveva in precedenza informato le Camere di Commercio della difficoltà incontrata dai gestori del sistema PEC nel far fronte alle richieste di nuovi indirizzi in prossimità della prima (ed originaria) scadenza prevista per il 29 novembre 2011. Di conseguenza, era stato chiarito che chi non comunicava il proprio indirizzo anche dopo tale scadenza non sarebbe dovuto essere soggetto a sanzione. Per il Ministero, infatti, si trattava di una situazione di oggettiva difficoltà, generalizzata e transitoria.

In particolare, il Decreto ha previsto che per la comunicazione della PEC, le imprese costituite in forma societaria che, alla data di entrata in vigore del Decreto, non hanno ancora indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificate, provvedono a tale comunicazione entro il suindicato termine del 30 giugno 2012.

Occorre ricordare che per le società costituite dopo il 29 novembre 2008 era già obbligatorio indicare un indirizzo di PEC in sede di costituzione societaria. Tale obbligo peraltro rimane. È quindi solo per le società iscritte prima di tale data al Registro imprese fatto obbligo di comunicare, entro il 30 giugno 2012, regolarizzando la propria posizione, il nuovo indirizzo di PEC basato su tecnologie certifichino la data e l’ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse.

Il Ministero dello Sviluppo Economico si era occupato della questione ed aveva pubblicato nel corso del 2011 la circolare n. 224402 in cui si segnalava alla Camera di commercio di non applicare le sanzioni a società e soggetti che non abbiano provveduto alla comunicazione nei termini e di considerare come corretto l’adempimento anche se effettuato tardivamente.

La comunicazione della PEC va effettuata dal legale rappresentante dell’impresa, per via telematica, secondo le modalità previste per le comunicazioni al Registro delle imprese (cioè attraverso la procedura di “Comunicazione Unica”, mediante l’indicazione nel riquadro 5 del modello S2, nei soli campi relativi all’indirizzo di posta elettronica certificata). Il professionista incaricato può presentare la comunicazione PEC dichiarando nelle note di essere stato incaricato dai legali rappresentanti della società e di essere regolarmente iscritto nel relativo Albo, “nel caso in cui il dispositivo di firma digitale utilizzato per sottoscrivere la domanda non sia completo del certificato di ruolo”.

Si precisa che la prima iscrizione della PEC come le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria. Le società che devono iscrivere la PEC nel registro delle imprese possono procurarsela richiedendola ad uno dei gestori autorizzati. L’elenco può essere consultato all’indirizzo internet «http://www.digitpa.gov.it/pecelencogestori».

Ambito di applicazione

È opportuno segnalare, infine, che attraverso la PEC l’azienda può comunicare, tra gli altri, con:

  1. tutti i soggetti che hanno una casella PEC;
  2. la Pubblica Amministrazione;
  3. l’INPS che a richiesta invierà sulla PEC aziendale gli attestati dei certificati di malattia dei dipendenti.

Gli atti interessati alla posta elettronica certificata possono, infatti, suddividersi nelle seguenti categorie: atti con la pubblica amministrazione, tra cui quella tributaria; atti compiuti nell’ambito di un processo civile, penale, amministrativo o tributario; atti compiuti fra soggetti di diritto privato. La domanda e la consegna, fra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria dello Stato, di attestazioni e certificazioni, nonché l’inoltro di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie, per l’esecuzione di versamenti fiscali, possono avvenire per PEC o tramite gli altri servizi telematici predisposti dall’amministrazione finanziaria (art. 38, comma 4, del D.L. n. 78 del 2010).

L’indicazione della PEC è obbligatoria negli atti d’impugnazione (appello, ricorso per revocazione), e negli atti di costituzione nel relativo giudizio. L’equiparazione della PEC alle notificazioni per mezzo della posta attribuisce al messaggio anche il requisito della «data certa» (art. 2704 cod. civ.: «la data della scrittura privata .. non … autenticata … non è certa … riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui … si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento»). Peraltro, per effetto delle recenti disposizioni, la mancata indicazione della PEC (e del codice fiscale della parte) comporta l’aumento del contributo unificato di giustizia in misura pari alla metà.

In ambito societario si rammenta che l’art. 2366 del codice civile prevede, per le società non quotate («che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio»), che lo statuto può «consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell’assemblea». Accanto alla raccomandata postale (ma la spedizione otto giorni prima rischia di pervenire dopo la data dell’assemblea), è ovviamente ammissibile l’uso della PEC. Se lo statuto contiene simile clausola, è anche opportuno che lo stesso faccia carico ai soci di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, da iscrivere nel libro dei soci. La disposizione, valida per la società per azioni, si può applicare alle società a responsabilità limitata, data l’equiparazione della PEC alla notificazione per posta menzionata dall’art. 2479-bis, comma 1, cc., e può essere estesa alle società non commerciali (cooperative e di mutua assicurazione).

Sanzioni

Con riferimento agli aspetti sanzionatori, l’omissione della comunicazione al Registro delle Imprese dell’indirizzo della casella PEC è assoggettata a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 2630 del Codice Civile, attraverso la sanzione amministrativa pecuniaria da € 206 a € 2.065 prevista, in termini generali, da chiunque essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società od in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle Imprese.

Le sanzioni sono state ridotte alla metà dalla L. n. 180/2011 e pertanto la sanzione amministrativa pecuniaria va da € 103 Euro a € 1.032, con ulteriore riduzione di un terzo laddove la inadempienza fosse corretta entro trenta giorni dopo la scadenza stabilita per legge, ossia, a seguito della pubblicazione del Decreto, successivamente al 30 giugno 2012


Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite – Notifica per posta

1. Il termine di dieci giorni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), nel testo sostituito dall’art. 2, comma 3, lettera c), numero 3, del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80, entrato in vigore il 17 marzo 2005 – secondo il quale, nel caso (quale quello di specie), in cui il piego raccomandato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna non sia stato ritirato dal destinatario, “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma…” – deve essere qualificato come termine  “a decorrenza successiva” e computato, secondo il criterio di cui all’art. 155, primo comma, c.p.c. escludendo il giorno iniziale (data di spedizione della lettera raccomandata di cui allo stesso art. 8, comma 2) e conteggiando quello finale;

2. Il termine di dieci giorni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, comma 4, deve intendersi compreso fra i “termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza”, di cui all’art. 155, quinto comma, c.p.c., aggiunto dall’art. 2, comma 1, lettera f) della legge 28 dicembre 2005, n. 263 entrato in vigore il 1 marzo 2006, con la conseguenza che il dies ad quem del termine medesimo, ove scadente nella giornata del sabato, é prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto del quinto e del quarto comma dello stesso art. 155 c.p.c.

A seguito di ricorso in data 1 dicembre 2008, presentato al Tribunale di Terni da P. Q., titolare della impresa individuale Cartoplastica P., per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione, il Giudice delegato, con decreto del 3 dicembre 2008, tra l’altro, convocò dinanzi a sé la debitrice s.r.l. Exporter, in persona del legale rappresentante pro tempore, ed il creditore istante per l’udienza del 12 gennaio 2009, mandando a tale creditore di notificare il ricorso ed il decreto “entro il termine di 15 giorni prima dell’udienza fissata, con deposito entro l’udienza dell’atto notificato”. Nell’udienza del 12 gennaio 2009, in assenza della Società debitrice, il difensore del P. fece presente che la notificazione del ricorso e del decreto alla debitrice era stata eseguita presso la sede sociale a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), con spedizione del piego raccomandato con avviso di ricevimento in data 15 dicembre 2008, e che il piego raccomandato, non potuto consegnare per assenza della destinataria, era stato depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008, ai sensi dell’art. 8, secondo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), con contestuale spedizione dell’avviso di deposito alla stessa Società debitrice, sottolineando altresì che la notificazione si era perfezionata, per compiuta giacenza ai sensi dell’art. 8, quarto comma, della stessa legge n. 890 del 1982, in data 27 dicembre 2008. Nella stessa udienza del 12 gennaio 2009 il Tribunale – preso atto del ricorso e del decreto così notificati e disposta la riunione di altra istanza per la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione, presentata dalla s. a. s. Ferramenta S. di V. D. & C. – si riservò di decidere e, con sentenza n. 7 del 30 gennaio 2009, dichiarò il fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione.

2. – A seguito di reclamo di quest’ultima – la quale sosteneva che non era stato rispettato il termine dilatorio di quindici giorni tra la data della notificazione del ricorso e del decreto di convocazione e quella dell’udienza, di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 4, del d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, applicabile ratione temporis -, la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 249/09 del 12 giugno 2009, revocò la dichiarazione di fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione. In particolare, la Corte di Perugia ha osservato che:

a) la notificazione de qua fu eseguita a mezzo del servizio postale, ai sensi della menzionata legge n. 53 del 1994;

b) per l’assenza del destinatario, il piego raccomandato fu depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna in data 16 dicembre 2008;

c) “nessuno essendosi presentato a ritirare il plico, la notifica si perfezionò con la giacenza di dieci giorni”;

d) “La giacenza si completò il giorno 29 dicembre, poiché i giorni 25 e 26 dicembre sono festivi mentre il giorno 27 era sabato ed il 28 era domenica, quindi nessuno di questi giorni era utile alla scadenza, stante il disposto degli ultimi due commi dell’art. 155 c.p.c.. Primo dei quindici giorni del termine dilatorio dell’art. 15 L.F. fu quindi il 30 dicembre. Ultimo dei quindici giorni liberi era il 13 gennaio, ma l’udienza si tenne, come disposto, lunedì 12 gennaio. All’udienza nessuno comparve per la società debitrice…. Evidente la violazione del contraddittorio, per non essere stato garantito al debitore termine pari a quello previsto dalla norma e dallo stesso decreto di convocazione, deve essere revocata la sentenza dichiarativa di fallimento, affetta da nullità”.

3. – Avverso tale sentenza il Fallimento della s.r.l. Exporter in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, illustrati con memoria. Resiste, con controricorso, la s.r.l. Exporter in liquidazione, la quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un motivo, cui resiste, con controricorso, il Fallimento. 3.1. – Con il primo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, nel testo vigente”), e con il secondo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga in caso di scadenza in giorno festivo: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, e relative modifiche”) – i quali possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo alla loro stretta connessione -, il Fallimento ricorrente principale critica la sentenza impugnata, sostenendo che il termine di cui all’art. 8 della legge n. 890 del 1982, non é qualificabile come “termine processuale”, con la conseguenza che ad esso non si applica la disciplina di cui all’art. 155 c.p.c.. Al riguardo, il ricorrente – premesso che per “termini processuali” debbono intendersi “quelli che ineriscono al (e si inseriscono nel) processo” e che “più in particolare il riferimento di cui all’art. 155 c.p.c., é ai termini previsti dal codice di rito” – afferma che il termine di cui all’art. 8 della legge n. 890 del 1982, oltre ad essere previsto da una legge estranea al codice di rito, non é preordinato allo svolgimento di attività processuali, limitandosi a contenere una “previsione assoluta di conoscenza dell’atto da parte del destinatario della notifica”; sostiene, inoltre, che il termine previsto dall’art. 155 cod. proc. civ. “attiene ad una attività da compiersi da parte di colui a favore del quale quel termine é posto”, vale a dire, con riferimento all’attività di notificazione, “ad un’attività del soggetto notificante”, l’attività processuale del quale “si é esaurita con la richiesta di notifica”; aggiunge, infine, che la proroga del termine che scade in giorno festivo non é prorogabile sempre e comunque ma soltanto in relazione ai termini “acceleratori” e, quindi, soltanto “per coloro che ne sono destinatari”.

Nella specie, trattandosi dei termine previsto dall’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, cioè di un termine “dilatorio”, la sua scadenza nel giorno di sabato non era prorogabile al giorno del lunedì successivo, con la conseguenza che, nel giorno del 12 gennaio 2009 (celebrazione dell’udienza di convocazione del debitore), il termine dilatorio di quindici giorni, di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, doveva ritenersi pienamente rispettato. Con il terzo motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al regime applicabile al procedimento finalizzato alla dichiarazione di fallimento instauratasi nel dicembre 2008): art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 15 D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169”), il ricorrente principale critica per altro verso la sentenza impugnata, sostenendo che il termine di quindici giorni di cui all’art. 15, terzo comma, della legge fallimentare, non é qualificabile come “termine libero”, con la conseguenza che – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte perugina – il dies a quo non deve essere computato, mentre va computato il dies ad quem, con l’ulteriore conseguenza che l’udienza di convocazione del debitore del 12 gennaio 2009 doveva considerarsi assolutamente valida; Con il quarto motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento al computo dei termini ed alla loro eventuale proroga in caso di scadenza in giorno di sabato: art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., art. 155 c.p.c., art. 8 L. 890/82, e relative modifiche”), il ricorrente principale critica, infine, la sentenza impugnata, sostenendo che – contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici a quibus -la giornata del sabato deve considerarsi “lavorativa”, in particolare anche quanto all’attività di notificazione degli atti sia per il notificante sia per il notificato.

3.1.1. – La controricorrente eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso principale, in quanto il curatore fallimentare non avrebbe né la legittimazione né l’interesse a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza impugnata, senza neppure il previo parere del comitato dei creditori. 3.2. – Con l’unico motivo (con cui deduce: “Violazione e falsa applicazione di norme di legge, con specifico riferimento agli artt. 47-quinquies del R.D. 12/41, e dell’art. 158 c.p.c.: art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., artt. 47-quinquies R.D. 12/41, e dell’art. 158 c.p.c.”), la ricorrente incidentale critica la sentenza impugnata, affermando che la Corte d’Appello aveva respinto l’eccezione, dalla stessa sollevata, relativa al vizio di costituzione del collegio giudicante in primo grado ed osservando al riguardo che il Tribunale di Terni era stato presieduto da un giudice anziano e non dal Presidente del Tribunale che, in quanto in servizio, avrebbe dovuto e potuto presiedere il collegio giudicante, con conseguente nullità della sentenza dichiarativa di fallimento per vizio di costituzione del giudice, in quanto la sostituzione del Presidente del Tribunale non risultava dettata né da previsione tabellare né da motivato impedimento dello stesso. A conclusione del motivo, la ricorrente incidentale formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se sia valida e/o esistente la sentenza dichiarativa di fallimento emessa da un Tribunale in composizione Collegiale e riunito in Camera di Consiglio composto tra gli altri da un Giudice facente funzioni di Presidente anziché dal Presidente del Tribunale senza previsione tabellare e/o ragioni e motivi di impedimento ovvero se la stessa sia invalida e/o nulla e/o inesistente in quanto tale da violare l’art. 47-uqinquies del R.D. 12/41 … e le prescrizioni in materia tabellare”. 3.2.1. – Il ricorrente principale eccepisce l’inammissibilità del ricorso incidentale, innanzitutto, perché la sentenza impugnata non si é pronunciata sulla questione; in secondo luogo, perché il motivo é privo di autosufficienza; in terzo luogo, perché é stato formulato un quesito di diritto plurimo e tautologico; infine, perché le tabelle concernenti i collegi giudicanti si riferiscono alle udienze pubbliche e non alle adunanze in camera di consiglio, relativamente alle quali il collegio può essere presieduto sia dai presidente del tribunale sia dal giudice che ne esercita le funzioni sia dal giudice più anziano.

4. – I ricorsi sono stati assegnati alla Prima Sezione civile. Tale Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 5144/11 del 3 marzo 2011, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale rimessione dei ricorsi alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ., presentando essi una questione di massima di particolare importanza. Al riguardo, il Collegio rimettente ha osservato: “La questione… riguarda la corretta qualificazione dell’attività che il notificando avrebbe dovuto porre in essere per l’acquisizione dell’atto notificato, dovendosi più precisamente chiarire se l’atto del ritiro della notifica possa essere inteso come atto processuale, e se la coincidenza dell’ultimo giorno fissato per il deposito dell’atto con la giornata di sabato determini o meno la proroga al primo giorno seguente non festivo”. Tale chiarimento, ad avviso della Prima Sezione, presenta profili di delicatezza in ragione della diversità dei momenti di verificazione degli effetti della notifica per il notificante e per il notificato (Corte costituzionale, sentenza n. 477 del 2002), della decorrenza degli effetti della notifica per il destinatario che abbia ritirato il plico dopo l’ultimo dei prescritti dieci giorni di giacenza (art. 8, quarto comma, della legge 20.11.1982, n. 890), della possibilità per il notificando di ritirare comunque il plico anche dopo la scadenza del decimo giorno, fermi gli effetti legali sopra richiamati riconducibili alla scadenza dell’ultimo giorno di giacenza, per la potenziale incidenza della interpretazione data sul punto dal giudice di legittimità su una pluralità di controversie.

5. – Assegnati i ricorsi a queste Sezioni unite, ambedue le parti hanno depositato memorie. All’odierna udienza di discussione, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del primo, secondo e quarto motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo motivo dello stesso ricorso principale ed il ricorso incidentale.

In caso di notificazione eseguita a mezzo del servizio postale (ai sensi dell’art. 8, secondo e quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890), il perfezionamento della notifica può coincidere, oltre che con il materiale recapito o con il ritiro del plico da parte del destinatario, anche con lo spirare del termine di 10 giorni stabilito per la «compiuta giacenza».

Con pronuncia resa a Sezioni Unite la Corte di Cassazione ha chiarito che il termine di 10 giorni va considerato di natura processuale e a decorrenza successiva. Ne discende l’applicazione delle regole ordinarie stabilite dal codice di procedura civile (dunque, se il termine dei 10 giorni scade in un giorno festivo, o nella giornata di sabato, la scadenza va prorogata al primo giorno seguente non festivo).

In primis, occorre considerare l’art. 149, terzo comma, cod. proc. civ., – aggiunto dall’art. 2, comma 1, lettera e) della legge 28 dicembre 2005, n. 263, entrato in vigore il 1 marzo 2006, che, nel disciplinare la notificazione a mezzo del servizio postale, dispone: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto”.
Tale disposizione, afferma la Corte, codifica il principio di scissione fra i due momenti di perfezionamento della notificazione, conformemente a quanto più volte affermato dalla Corte costituzionale: “… risulta ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioè come atto della sequenza del processo, la notificazione é destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; pur restando fermo che la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati é condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti”.
La stessa disposizione, inoltre – nella parte in cui stabilisce che la notifica si perfeziona per il destinatario dal momento in cui questo “ha la legale conoscenza dell’atto” si collega proprio alla notificazione tramite posta, nella quale il perfezionamento della notifica non sempre coincide con il materiale recapito o ritiro del piego raccomandato da parte del notificato, potendo invece coincidere, come nella specie, con l’inutile spirare del termine di “compiuta giacenza”, di cui all’articolo 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982.

Ancora, l’articolo 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, – nel testo sostituito dall’articolo 2, quarto comma, lettera c) numero 3 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1 della legge 14 maggio 2005, n. 80, entrato in vigore il 17 marzo 2005 , stabilisce che “La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”.

Per la Corte, “tale disposizione realizza – contemperandoli – due diversi e contrapposti interessi: quello del notificante, anche sia comunque assicurato un termine finale per il perfezionamento del procedimento di notificazione dallo stesso promosso, spirato il quale, appunto, “la notificazione si ha per eseguita” anche in mancanza di ritiro del piego depositato da parte del destinatario, che pertanto, da tale momento, “ha la legale conoscenza dell’atto”; quello del notificato – nei casi, di cui al secondo comma dello stesso articolo 8, di mancato recapito del piego – a disporre di un termine ragionevole per il ritiro dello stesso presso l’ufficio postale preposto alla consegna, dal momento che la previsione di tale termine risponde al “fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell’atto notificatogli” (cfr. Corte costituzionale n. 346 del 1998).

Infine, l’art. 155 cod. proc. civ., sul computo dei termini, dispone, ai comma 4, che, “se il giorno di scadenza é festivo, la scadenza é prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo”, e, ai commi quinto e sesto – aggiunti dall’articolo 2, comma 1, lettera f, della citata legge n. 263 del 2005, entrati in vigore il 1 marzo 2006, applicabili anche ai processi pendenti a tale data (art. 58, comma 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69: cfr. le ordinanze nn. 7841 del 2011, 454 del 2010, 15636 del 2009 e la sentenza n, 6212 del 2010) , che: “La proroga prevista dal comma 4, si applica altresì ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato (quinto comma). Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto é considerata lavorativa (sesto comma)”.

Per la Corte, tali commi aggiunti per un verso (quinto comma), assimilano il giorno del sabato a quello festivo, limitatamente però “ai termini per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza che scadono nella giornata del sabato”, per l’altro (sesto comma), puntualizzano tuttavia che in tale giornata – “ad ogni effetto considerata lavorativa”“resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari”.
L’art. 155, quinto comma, cod. proc. civ., secondo il quale tale disposizione, diretta a prorogare al primo giorno non festivo il termine che scada nella giornata del sabato, opera con esclusivo riguardo ai termini a decorrenza successiva e non anche per quelli che si computano “a ritroso” con l’assegnazione di un intervallo di tempo minimo prima del quale deve essere compiuta una determinata attività, in quanto, altrimenti, si determinerebbe l’effetto contrario dell’abbreviazione dell’intervallo, in pregiudizio delle esigenze garantite con la previsione del termine medesimo.

La realizzazione dei contrapposti interessi del notificante – al perfezionamento del procedimento di notificazione – e del notificato – alla conoscibilità effettiva dell’atto – richiede che per quest’ultimo “trascorrano” o “decorrano”, appunto, dieci giorni dal momento in cui lo stesso, con la spedizione dell’avviso di deposito, é stato posto in condizione di conoscere effettivamente il contenuto dell’atto.

Conseguentemente, questo termine deve essere computato secondo i normali criteri, escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale (art. 155, primo comma, cod. proc. civ.).

Si tratta di stabilire, ora, se quello previsto dall’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982 sia, o no, termine previsto “per il compimento degli atti processuali svolti fuori dell’udienza” (art. 155, quinto comma, cod. proc. civ.), con la conseguenza – in caso di risposta affermativa – che esso, se scadente nella giornata del sabato, é prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (art. 155, quarto comma, cod. proc. civ.).

Al riguardo – tenute presenti tutte le considerazioni che precedono e, in particolare, il rilievo che per “atti processuali”, di cui all’ora menzionato quinto comma dell’art. 155 devono intendersi quelli che hanno rilevanza, diretta o indiretta, nel processo (cfr., supra, n. 3.1.2., lettera C) – é agevole rilevare che l’intero (tradizionale) procedimento di notificazione di atti inerenti al processo – sia esso promosso ed eseguito dall’avvocato ai sensi della citata legge n. 53 del 1994  (come nella specie), ovvero eseguito dall’ufficiale giudiziario, previa consegna a quest’ultimo dell’atto da notificare – si svolge necessariamente “fuori dell’udienza” fino al suo compimento, come ovviamente fuori dell’udienza si effettua in particolare, nelle notificazioni a mezzo del servizio postale, anche l’eventuale “ritiro” del piego depositato presso l’ufficio postale preposto alla consegna da parte del notificato. “Ritiro” che, d’altro canto, é certamente qualificabile come “atto processuale” ai sensi del menzionato quinto comma, art. 155, costituendo esso, se anteriore al compimento del periodo di “giacenza” di cui all’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, l’altra forma di perfezionamento del procedimento di notificazione eseguito a mezzo del servizio postale, nei casi di mancata consegna del piego al destinatario o alle persone abilitate a riceverlo di cui allo stesso art. 8, comma 2 (“Resta… fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo”: così la citata sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, n. 3.2. del Considerato in diritto).

Ne discende che, nel caso in cui il termine di dieci giorni, di cui all’art. 8, quarto comma, della legge n. 890 del 1982, scada della giornata del sabato, la scadenza é prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5.

Leggi: Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite – Sentenza 1 Febbraio 2012, n. 1418


Riunione Giunta Esecutiva del 28.01.2012

Ai membri della Giunta Esecutiva

Ai Soci Fondatori

Oggetto: Convocazione Giunta Esecutiva

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 28 gennaio 2012 alle ore 7:30 presso il Comune di Cesena – Palazzo Municipale – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 9:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione;
  2. Bilancio 2011 – approvazione bilancio consuntivo;
  3. Convegno Nazionale del 2.03.2012;
  4. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale GE 28 01 2012


Convegno Nazionale « NOTIFICAZIONE E PUBBLICITÀ LEGALE DEGLI ATTI NELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA DIGITALE ». Roma – 2 marzo 2012

Vedi:

Depliant/programma

Foto del Convegno


Equitalia deve avvalersi dei soggetti autorizzati per recapitare le cartelle esattoriali

Equitalia deve avvalersi dei soggetti autorizzati per recapitare le cartelle esattoriali, questa la conclusione alla quale sono giunti i giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Parma, della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce e della Commissione Tributaria Regionale di Milano in merito al recapito a casa a mezzo dei servizi postali delle cartelle esattoriali.

Secondo le tre commissioni qualsiasi cartella recapitata dal Concessionario in tal modo potrebbe essere considerata giuridicamente inesistente:  l’art. 26 del DPR n. 602/1973, nella quale si parla di “notificazione” di un atto, ovvero di un atto non spedito direttamente all’utente, ma che deve essere intermediato da soggetti abilitati. Si ricorda che poche sono le categorie autorizzate a ciò, e sarebbero nello specifico soltanto gli Ufficiali della Riscossione, gli Agenti della Polizia Municipale, i Messi Comunali, ma soltanto nel caso in cui esista una convenzione tra Comune e Concessionario, e qualunque altro soggetto legalmente abilitato dal Concessionario stesso. Soltanto questi ultimi possono redigere la “relata di notifica”, la quale sarebbe un passaggio determinante nel procedimento di notificazione:  il contribuente, quindi, sarebbe autorizzato a livello giuridico a obiettare l’inesistenza di una cartella esattoriale qualora manchi della relata di notifica. Equitalia, vittima nelle ultime settimane di numerosi attentati alle proprie sedi per mano di gruppi di anarchici, non avrebbe ancora esposto il suo parere riguardo alla possibilità che a causa del summenzionato cavillo legale, molti contribuenti sarebbero di fatto autorizzati a non pagare quanto dovuto.


Spese di pubblicità. Chiarimenti

L’art. 6, comma 8, del D.L. 78/2010, convertito con modifiche ed integrazioni nella L. 122/2010, prevede che nel 2011 non è possibile sostenere spese per pubblicità per un ammontare superiore al 20% della spesa dell’anno 2009 per le medesime finalità.
In prima istanza la Sezione Regionale Lombardia della Corte dei Conti con delibera n. 1076 del 23 dicembre 2010 aveva stabilito che le limitazioni di cui sopra non ricomprendevano gli oneri a carico dell’Ente funzionali a promuovere la conoscenza dell’esistenza e delle modalità di fruizione del servi:!:i pubblici da parte della collettività.
La delibera n. 60 del 21 settembre 2011 della Corta del Conti a Sezione Riunite ha completamente stravolto la suddetta interpretazione chiarendo che le tipologie di spese non soggette a limitazioni sono solo quelle relative alle forme di pubblicità previste dalla Legge come obbligatorie. Tutte le altre forme, anche a carattere Istituzionale, rientrano nei limiti di quanto previsto dalla norma.


BUON ANNO 2012


Antitrust multa di € 39 mln a Poste per abuso posizione dominante

L’Antitrust sanziona Poste Italiane. Quasi 40 milioni di euro (39,377 per l’esattezza) per “avere abusato della propria posizione dominante, con l’obiettivo di ostacolare lo sviluppo dei mercati liberalizzati relativi al recapito a data e ora certa e alla notifica attraverso messo notificatore”. La decisione, si legge in una nota, è arrivata al termine dell’istruttoria, avviata alla luce di una denuncia dell’azienda di spedizioni Tnt, che ha portato a individuare una serie di condotte di Poste Italiane tese a escludere i concorrenti e a indebolirne le capacità competitive.

Secondo quanto ricostruito dall’Antitrust, “Poste italiane, a partire dal 2007, ha sfruttato il proprio potere di mercato, detenuto nei servizi postali tradizionali e fondato, tra l’altro, sul possesso di una rete integrata, per entrare sia nel mercato del servizio di recapito “a data e ora certa che in quello del servizio di notifica attraverso messo. La società ha posto in essere varie condotte connesse al trattamento della corrispondenza dei concorrenti e soprattutto applicando prezzi predatori, non praticabili da concorrenti in quanto resi possibili dalla mancata imputazione di costi relativi all’utilizzo della rete già usata per il servizio universale. Tali comportamenti, che rientrano in un’unica strategia, hanno anche avuto l’obiettivo di mantenere integra la propria posizione dominante sui mercati della posta massiva e del servizio di notifica tramite il servizio postale”.


Proroga riscossione tributi ad Equitalia

E’ stata prorogata di un anno a Equitalia e slittamento al 2013 dell’obbligo di gara per la riscossione dei tributi locali. Ma “salta” l’ingiunzione fiscale per gli esterni che, a meno di nuovi interventi, dal 2013 non potranno effettuare la “riscossione coattiva”.

Queste sono le principali novità per i Comuni varate in fase di conversione del Dl 201/2011, insieme all’affidamento esterno della riscossione spontanea.


Suap esclusivamente telematico: dietro front?

di Domenico Trombino

 Dal 30 settembre scorso è interamente abrogato il d.P.R. 20.10.1998, n. 447 “Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59”, decorso un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.P.R. 7.9.2010, n. 160 recante “Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6.8.2008, n. 133”, per effetto dell& rsquo; art. 12, comma 7, di tale provvedimento.

Non teneva conto dell’annosa precarietà della disciplina dei procedimenti amministrativi e dell’ipersensibilità del Suap ai cambiamenti normativi chi pensava (o sperava) che da tale data si sarebbe stabilizzato il quadro della sua riforma, già messa a dura prova dai forti sussulti registrati dopo la pubblicazione del d.P.R. 160/2010, a causa delle rilevanti modifiche e integrazioni al d.lgs. 7.3.2005, n. 82 e successive modificazioni, codice dell’amministrazione digitale (Cad), introdotte dal decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, delle disposizioni del d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito da legge di conversione 12.7.2011, n. 106 (c.d. decreto sviluppo), in particolare gli articoli 5 (Costruzioni private) e 6 (Ulteriori riduzione e semplificazioni degli adempimenti burocratici), nonché degli articoli 3 (Abrogazione delle indebit e restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche) e 6 (Liberalizzazione in materia di segnalazione certificata di inizio attività, denuncia e dichiarazione di inizio attività. Ulteriori semplificazioni)del d.l. 13.8.2011, n. 138, convertito, con modificazioni, da legge 14.9.2011, n. 148 (c.d. manovra economica bis), a voler limitare la disamina agli interventi più rilevanti, e comunque dimenticare le insignificanti e fastidiose circolari ministeriali o interministeriali che si sono succedute nello stesso lasso di tempo, volte a soddisfare l’interesse alla conservazione, o comunque al contenimento della portata delle riforme promosse dallo stesso Governo, il più delle volte dimenticando la gerarchia delle fonti, piuttosto che fornire linee interpretative chiare, come sarebbe stato senz’altro utile.

Ebbene no! Un rantolante Governo Berlusconi ci ha lasciato altri due provvedimenti, pubblicati postumi nella Gazzetta Ufficiale n. 267 del 16.11.2011, attraverso i quali ha cercato evidentemente di riconciliarsi con tutti quelli che avevano mal digerito la forte spinta innovatrice inferta ai rapporti tra le imprese e le amministrazioni pubbliche, con la previsione dell’esclusività del canale telematico di comunicazione reciproca: il d.P.C.M. 22.7.2011 recante “Comunicazioni con strumenti informatici tra imprese e amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 5-bis del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7.3.2005, n. 82 e successive modificazioni”, a firma congiunta, per il Presidente del Consiglio, del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro per la semplificazione normativa e del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e il decreto 10.11.2011 recante “Misure per l’attuazione dello sportello unico per le attività produttive di cui all’articolo 38, comma 3-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”, a firma congiunta del Ministro per la semplificazione normativa e del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.

Quest’ultimo nasce dal citato art. 6del d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito con modificazioni da legge 12.7.2011, n. 106, che ha aggiunto il comma 3-bis all’art. 38 del d.l. 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6.8.2008, n. 133, con il quale, per l’appunto, si demanda ad un decreto interministeriale l’individuazione delle “eventuali misure che risultino indispensabili per attuare, sul territorio nazionale, lo sportello unico e per garantire, nelle more della sua attuazione, la continuità della funzione amministrativa, anche attraverso parziali e limitate deroghe alla relativa disciplina”.

Si fa evidentemente riferimento ai comuni che non hanno istituito il Suap e a quelli dove questo non risponde ai requisiti di cui all’art. 4, comma 10 del d.P.R. 160/2010, richiesti per l’accreditamento, ergo per evitare la delega alla camera di commercio dell’esercizio delle funzioni. In mancanza d’altro, tuttavia, non possono lasciare indifferenti i comuni “idonei”, quantomeno le disposizioni relative ad aspetti che non sono riconducibili a tali requisiti.

Fra queste, quelle che consentono canali alternativi di comunicazione fra imprese e p.a. – ai sensi dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28.12.2000, n. 445, che al primo comma contempla anche il fax – indipendentemente dal possesso della dotazione minima richiesta per certificare l’idoneità del Suap, quella cioè indispensabile per consentire l’automazione dei flussi informativi e l’interscambio dei dati, pur nelle more dell’adozione di soluzioni tecnologiche più adeguate e performanti.

Detto decreto, sul punto di essere emanato, nel mese di settembre, è stato rimesso alla Conferenza unificata.

Nell’attesa è stata emanata la circolare MSN 0001431 P-4.34.11 del 28.9.2011 degli uffici legislativi del Ministro per lo sviluppo economico e del Ministro per semplificazione normativa, che possiamo iscrivere fra gli interventi “salva CCIAA” del Governo, in linea con la stessa disposizione di cui all’art. 6 del d.l. 70/2011, citata in apertura, sulla strada già percorsa dalla circolare del 25 marzo u.s., che apriva alla possibilità di continuare a presentare la documentazione secondo le tradizionali modalità cartacee, in manifesta deroga del d.P.R. 160/2010, sebbene solo nei comuni che non sarebbero stati (ancora) in grado di operare in modalità esclusivamente telematica.

Quanto al d.P.C.M., è opportuno ricordare preliminarmente che il “codice dell’amministrazione digitale” (CAD), uno dei capisaldi del nuovo regolamento Suap, come rileva peraltro dal preambolo normativo del d.P.R. 160/2010, detta in via generale le norme in materia di digitalizzazione dell’attività amministrativa e di gestione informatizzata dei procedimenti.

Sotto il profilo dei rapporti fra p.a. e impresa, nel Cad l’art. 5-bis, in rubrica “Comunicazioni tra imprese ed amministrazioni pubbliche”, sancisce il principio dell’interlocuzione esclusivamente telematica e l’art. 10 lo ribadisce con riferimento allo sportello unico.

Il d.P.C.M. attua la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 5-bis, con riferimento alle modalità indicate al primo comma 5-bis. Comunicazioni tra imprese e amministrazioni pubbliche 1. La presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Con le medesime modalità le amministrazioni pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro per la semplificazione normativa, sono adottate le modalità di attuazione del comma 1 da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e fissati i relativi termini.

L’art. 1 del d.P.C.M. è già molto significativo.

In concreto, una proroga all’1.7.2013 del termine di cui all’art. 12 comma 1, lett. a), del d.P.R. 160/2010, in base al quale l’art. 2, comma 2 (“Le domande, le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività di cui al comma 1 ed i relativi elaborati tecnici e allegati sono presentati esclusivamente in modalità telematica.”), e l’art. 4, comma 7 (“Le domande, le dichiarazioni, le segnalazioni, gli atti dell’amministrazione e i relativi allegati sono predisposti in formato elettronico e trasmessi in via telematica secondo quanto disposto dall’Allegato tecnico di cui all’articolo 12, comma 5.”), che sanciscono l’esclusività del canale telematico di trasmissione delle pratiche e la loro completa dematerializzazione, sono efficaci dal 29.3.20 11.

Il primo comma dell’art. 2 del d.P.C.M., poi, stabilisce che le amministrazioni centrali, alcune delle quali, non dimentichiamolo, sistematicamente coinvolte nei procedimenti Suap (si pensi fra queste ai Vigili del Fuoco), entro il termine del 30.6.2013, dovranno provvedere alla “completa informatizzazione delle comunicazioni di cui all’art. 1, ossia – stante l’espressa possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata di cui all’art. 65, comma 1, lett. c-bis), del CAD, nelle more dell’indicato termine e, successivamente allo stesso, in tutti i casi in cui non sia prevista una modalità diversa (art. 2, comma 2, e art. 3, comma 2) – di là dalla dematerializzazione degli atti e dei documenti, dovranno adottare standard informatici che rendano possibile la compilazione telematica di istanze, dichiarazioni ecc., attraverso campi dinamici, non modulistica statica.

Tutto ciò ove siano già attive alla data di pubblicazione del d.P.C.M. (ex art. 2, comma 2) le procedure informatizzate, altrimenti resta ammissibile anche la forma cartacea sino al 1 luglio 2013, sia per istanze, dichiarazioni, e dati sia per la documentazione allegata (art. 4, comma 2).

Prescrizioni certe, non c’è che dire, al netto però delle contraddizioni fra dette disposizioni del d.P.C.M. e quelle del d.m., pur pubblicati nella medesima Gazzetta Ufficiale: ciò che nel primo è considerato assetto transitorio, come tale ammissibile sino al I luglio 2013, nel secondo è assunto come indice d’inidoneità del Suap, nonché presupposto per il suo commissariamento, ai sensi dell’art. 38, comma 3-bis, del decreto legge 25.6.2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6.8.2008, n. 133.

Conseguenze in caso d’inosservanza?

L’art. 5 del d.P.C.M. richiama solo la responsabilità dirigenziale ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 e ai sensi dell’articolo 12, comma 1-ter, del codice dell’amministrazione digitale, ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa e di quella individuale degli stessi.

Resta, in conclusione, l’ardua valutazione in ordine alla prevalenza di una fonte sull’altra, fra d.P.C.M. e d.P.R. 160/2010.

In base al criterio di specialità, come noto, norma speciale deroga a norma generale.

Codice dell’amministrazione digitale (e relativa normativa di attuazione) e d.P.R. 160/2010 (e il suo allegato tecnico) sono senza dubbio in rapporto genus a species, per cui il secondo prevale sul primo.

Ciononostante, occorre tener presente che l’art. 5-bis, pur nell’ambito di un codice dell’amministrazione digitale (e relativa normativa di attuazione) che detta norme generali in materia di digitalizzazione dell’attività amministrativa e di gestione informatizzata dei procedimenti, guarda alla specialità dei rapporti fra p.a. e impresa, ove giocoforza s’inquadra il Suap e la sua disciplina. In tal senso, possiamo ritenere l’art. 5-bis, e il suo d.P.C.M. attuativo, integranti la lex specialis/statuto dell’impresa di cui al d.P.R. 160/2010, quantomeno sotto il profilo delle interrelazioni fra p.a. e impresa, non certo sotto quello della disciplina di adempimenti e procedimenti, per cui norma successiva deroga a norma precedente.

Dietro front, dunque, sulla telematica come via esclusiva e ritorno/mantenimento del cartaceo: una risposta alle difficoltà d’adeguamento ai rigidi precetti del d.P.R. 160/2010 sin qui emerse, non solo nei comuni?

Pubblicato su “la gazzetta degli enti locali”


Dpcm sull’attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale – Processo da completare entro il 1 Luglio 2013

Il processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione, soprattutto per quel che riguarda gli scambi di documenti con le imprese, dovrà completarsi entro l’1 luglio del 2013. E’ quanto stabilisce il Dpcm sull’attuazione del Codice dell’amministrazione digitale, . Il decreto prevede, inoltre, una stretta sulle retribuzioni di risultato negli uffici che ritardano ad adeguarsi, dato che la mancata attivazione dei cronoprogrammi previsti sempre dal decreto peserà negativamente sulla valutazione della performance organizzativa e individuale.

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 267 del 16-11-2011

Leggi: Dpcm attuazione CAD


Cartella esattoriale illegittima? Le spese le paga insieme al Comune anche Equitalia.

Nel caso che la cartella esattoriale sia illegittima emesso a seguito di ruolo su tributi locali, Equitalia deve farsi carico delle spese processuali insieme al Comune. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Corte con sentenza n.23459/2011.
Secondo la ricostruzione della vicenda, il Tribunale di Roma aveva accolto l’appello proposto da un contribuente nei confronti di Equitalia e del Comune di Roma avverso la sentenza del giudice di pace della stessa città e, in riforma di quest’ultima sentenza, aveva dichiarato la nullità della cartella esattoriale impugnata, condannando la citata Equitalia, in solido con il Comune di Roma, alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio.
Su ricorso per cassazione proposto da Equitalia, al fine di ottenere l’annullamento della decisione impugnata limitatamente alla disposta condanna al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi della controversia, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha spiegato che “secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (…), la soccombenza costituisce un’applicazione del principio di causalità, per il quale non è esente da onere delle spese la parte che col suo comportamento abbia provocato la necessità del processo, prescindendosi dalle ragioni – di merito o processuali – che l’abbiano determinata e dagli specifici motivi di rigetto della loro pretesa, oltre che delle rispettive posizioni processuali assunte da più convenuti ritenuti passivamente legittimati (…). “La statuizione sulle spese adottata dal giudice di merito – ha aggiunto la Corte – è sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di violazione del divieto, posto dall’art. 91 c.p.c., di porre anche parzialmente le spese a carico della parte vittoriosa o nel caso di compensazione delle spese stesse fra le parti adottata con motivazione illogica o erronea, mentre in ogni altro caso e, in particolare, ove il giudice, pur se in assenza di qualsiasi motivazione, le abbia poste a carico del soccombente, anche disattendendone l’espressa sollecitazione a disporne la compensazione, la statuizione è insindacabile in sede di legittimità, stante l’assenza di un dovere del giudice di motivare il provvedimento adottato, senza che al riguardo siano configurabili dubbi di illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 111 Cost”.

Leggi: Corte di Cassazione, sentenza n .23459 depositata il 10 novembre 2011


Linee guida per i siti Web

Linee guida per i siti Web pubblicate da Forum P.A.. Si segnala che nelle pagine 105 e seguenti ( fino a 117) è contenuto il vademecum per la pubblicazione dei documenti nell’albo on line.
Leggi: Linee guida per i siti web della PA 2011


La notifica effettuata presso l’abitazione di chi è andato a vivere in una Casa di Riposo è valida

Anche se il destinatario di una notifica è andato a vivere in una casa per anziani la notifica può essere validamente eseguita presso la sua abitazione. Secondo il giudizio della Corte di Cassazione, il ricovero in una casa di riposo non implica in sé il trasferimento di domicilio perché tale trasferimento richiede una scelta volontaria. Nella parte motiva della sentenza la sesta sezione penale ha spiegato che il domicilio individua il luogo ove la persona, alla cui volontà occorre avere principalmente riguardo, ha stabilito il centro principale dei propri affari e interessi, sicché riguarda la generalità dei rapporti del soggetto – non solo economici, ma anche morali, sociali e familiari – che va desunta alla stregua di tutti gli elementi di fatto dai quali, direttamente o indirettamente, risultino la presenza di tale complesso di rapporti in quel determinato luogo e il carattere principale attribuitogli dall’interessato, a prescindere dalla dimora o dalla presenza effettiva ivi dello stesso pertanto, al di ritenere verificatosi un trasferimento del domicilio, debbano risultare inequivocabilmente accertati sia il concreto spostamento da un luogo all’altro del detto centro di riferimento dei complesso dei rapporti, sia l’effettiva volontà della persona d’operarlo. Gli Ermellini, cassando la sentenza di merito e rinviandola ai giudici territoriali per un nuovo giudizio, hanno così deciso il ricorso affermando il principio secondo il quale non può essere dichiarata automaticamente nulla la notifica ex articolo 303, comma 2, c.p.c. effettuata all’indirizzo di casa dell’anziana che si è trasferita in una casa per anziani, ben potendo la destinataria conservare all’originario recapito il centro dei propri interessi specialmente laddove l’interessata abbia mostrato di avere contezza di precedenti comunicazioni effettuate al medesimo indirizzo.

Consulta il testo della sentenza della Corte Cassazione 21370-2011  depositata il 15 ottobre 2011


Accertamenti esecutivi dal primo ottobre: chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di precisazioni e di chiarimenti, anche mediante una nota diretta agli Uffici periferici, riguardo agli atti di accertamento, esecutivi a partire dal 1° ottobre 2011.

Leggi: Avviso di accertamento 2011 Circolare Agenzia delle Entrate