È irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file «pdf nativo» quando l’atto in essa contenuto, precedentemente notificato, è noto al ricorrente e quando non si contesta la sua difformità rispetto all’originale. In questo modo si è espressa la Corte Suprema di Cassazione civile con la sentenza n. 28852/2023.
La società Alfa s.r.l. impugnava una comunicazione preventiva di iscrizione di fermo amministrativo su veicolo di sua proprietà notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione a mezzo PEC lamentando, tra le modalità di notifica, l’allegazione di file PDF e la mancata sottoscrizione digitale.
Il giudizio innanzi alla CTP ed alla CTR
Svolto in giudizio in contraddittorio con l’agente della riscossione, la domanda attore veniva disattesa in ambedue i gradi di merito.
Il giudice territoriale ha ritenuto irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file «pdf nativo» sul rilievo che si trattava di «atto già notificato nell’anno 2017, e quindi ben noto all’opponente, che, per di più, non contesta affatto la sua difformità rispetto all’originale».
La pronuncia della Corte Suprema di Cassazione
La contribuente ha proposto ricorso per la Corte Suprema di Cassazione con sei motivi, di cui due relativi alla notifica a mezzo PEC:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per giuridica inesistenza della notificazione, avvenuta a mezzo pec, per allegazione alla mail dell’atto in formato .pdf (copia per immagine su supporto informatico) e non già come documento informatico provvisto di firma digitale (.pdf nativo digitale);
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per giuridica inesistenza della notificazione, concretata nel caso dalla trasmissione di una mera scansione dell’atto, oltremodo priva della sottoscrizione digitale.
La Corte Suprema di Cassazione ha affrontato congiuntamente i 2 motivi, ritenendoli infondati.
Va premesso che il D.P.R. 68/2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. La lett. i ter), art. 1, del CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), – poi, definisce “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre la lett. i quinquies), art. 1, del medesimo CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c),- nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.
La Corte Suprema di Cassazione si è ripetutamente espressa sul punto ritenendo che la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”).
Per tale motivo va esclusa la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, poiché era nella facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico.
Inoltre, nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.
Già le Sezioni Unite avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.
Come già affermato dal giudice territoriale, la Corte Suprema di Cassazione ribadisce che non appare necessaria l’attestazione di conformità atteso che, ai sensi dell’art. 22 CAD, comma 3 – come modificato dal D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, art. 66, comma 1, “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta”.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso, dà atto che sussistono i presupposti ex art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento da parte della ricorrente del doppio del contributo unificato e nulla statuisce sulle spese in mancanza di costituzione degli intimati.
Orientamenti giurisprudenziali