Corte di giustizia tributaria di secondo grado Lazio Roma, Sez. XVII, Sent., (data ud. 21/12/2022) 30/12/2022, n. 6507

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI II GRADO DEL LAZIO
DICIASSETTESIMA SEZIONE

riunita in udienza il 21/12/2022 alle ore 09:30 con la seguente composizione collegiale:
PANNULLO NICOLA, – Presidente
MERCURIO FRANCESCO, – Relatore
FRETTONI FRANCESCO, – Giudice
in data 21/12/2022 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sull’appello n. 3244/2021 depositato il 22/06/2021
proposto da
Agenzia Delle Entrate Riscossione – (…)
Difeso da
Adriano Rocco – (…)
ed elettivamente domiciliato presso avvadrianorocco@puntopec.it
contro
(…)
Difeso da
Maria Laura Vicari – (…)
ed elettivamente domiciliato presso marialauravicari@ordineavvocatiroma.org
Avente ad oggetto l’impugnazione di:
– pronuncia sentenza n. 1698/2021 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale ROMA sez. 29 e pubblicata il 15/02/2021
Atti impositivi:
– CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) IRPEF-ALTRO 2015
a seguito di discussione in pubblica udienza
Richieste delle parti:
Ricorrente/Appellante: come in atti.
Resistente/Appellato: come in atti.

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, ha impugnato la sentenza n. 1698/2021, pronunciata il 04.02.2021 dalla Sez. 29 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma e depositata il 15.02.2021, che ha accolto il ricorso, proposto dal sig. G.G., codice fiscale (…), avverso la cartella di pagamento n. (…) relativa ad IRPEF, annualità 2015 dell’importo di Euro. 3.284,45.
Con il ricorso introduttivo in primo grado il ricorrente eccepiva l’omessa ed irregolare notifica della cartella tramite p.e.c.; l’omessa motivazione dell’atto; il corretto versamento delle imposte derivanti dalla propria dichiarazione; l’assenza di solidarietà tra sostituto e sostituito d’imposta, in relazione al mancato versamento delle ritenute d’acconto; l’omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione che eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per le questioni di merito; mentre deduceva la regolarità della notifica effettuata tramite p.e.c. e la corretta motivazione della cartella.
Con la sentenza n. 1698/2021 la CTP di Roma accoglieva il ricorso, atteso che dalla documentazione fornita dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione risultava che la notifica della cartella di pagamento proveniva dall’indirizzo p.e.c. notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it e che tale indirizzo non risultava nell’elenco del Reginde (Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della Giustizia), nonostante la ricorrente si fosse costituita in giudizio eccependo l’inesistenza della notifica.
L’Agenzia delle Entrate Riscossione ha interposto appello avverso la suddetta sentenza, eccependo: 1) la regolare notifica della cartella di pagamento, siccome avvenuta nel pieno rispetto della normativa speciale in materia di riscossione esattoriale, ritenendo sul punto inconferente la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 17346/2019; 2) la legittimità della cartella di pagamento redatta in conformità al modello ministeriale; 3) la pretestuosità dell’eccezione sul difetto di attestazione di conformità all’originale; 4) sanatoria per raggiungimento dello scopo; 5) nel merito, difetto di legittimazione passiva e richiesta di intervento adesivo dell’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale 1 di Roma; 6) legittimità della cartella esattoriale; 7) legittimità delle somme azionate a titolo di interessi e saggio. Conclude per l’accoglimento dell’appello ed in riforma dell’impugnata sentenza dichiarare la validità e l’esigibilità della stessa. Con vittoria di spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
L’atto di appello pur essendo stato regolarmente notificato anche l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 1 di Roma, non risulta costituita in giudizio.
Il sig. (…) si è costituito in giudizio, con proprie controdeduzioni, e contesta i motivi di appello poiché asseritamente infondati e ripropone le eccezioni formulate nel primo grado di giudizio. Preliminarmente eccepisce sull’inammissibilità della richiesta di intervento dell’ente impositore, posto che il giudizio di appello non può che svolgersi nei confronti delle parti già evocate nel primo grado di giudizio. Insiste che la sentenza di prime cure risulta immune dai vizi ascrittigli, avendo fatto corretta applicazione della normativa speciale e dei principi vigenti in tema di esistenza e notificazione di documenti informatici. Ribadisce che per la valida esistenza della notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali, come previsti dall’art. 3-bis della L. n. 53 del 1994, può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante, risultante da pubblici elenchi, come statuito anche dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 17346/2019. Ripropone l’eccezione di illegittimità della pretesa derivante dal mancato riconoscimento di ritenute d’acconto regolarmente operate dal ricorrente sui compensi (come risulta dalle relative parcelle) ma, presumibilmente, non versate dai sostituti di imposta. Conclude per il rigetto dell’appello e, per l’effetto, confermare la sentenza impugnata. Con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio, oltre accessori come per legge.
L’appellante ha replicato con memorie illustrative, in particolare precisa sull’eccezione di inammissibilità della richiesta di intervento dell’ente impositore e in ipotesi di mancato accoglimento debba essere tenuta indenne da qualsiasi conseguenza pregiudizievole. Ribadisce sulla fondatezza dei motivi di appello.
All’odierna trattazione in pubblica udienza le parte costituite illustrano le proprie ragioni, come in atti, e successivamente la causa viene posta in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio, preliminarmente, osserva che è inesistente la notificazione della cartella di pagamento proveniente da un indirizzo di posta elettronica certificata non risultante in nessuno dei pubblici elenchi previsti per legge. In base all’art. 3-bis, L. n. 53 del 1994, la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In particolare, l’art. 16-ter del D.L. n. 179 del 2012 ha previsto che, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, si intendono per pubblici elenchi i tre registri: IPA, REGINDE e INI-PEC. Nel caso di specie la notifica proveniva dall’indirizzo “notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it” non risultante, a nome di “Agenzia delle Entrate – riscossione” in nessuno dei citati registri. L’indirizzo da cui è giunta la cartella impugnata non è oggettivamente e con certezza riferibile all’Agenzia delle Entrate Riscossione, non risultando nell’elenco del Reginde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia), né nella pagina ufficiale del sito internet dell’Agenzia Entrate Riscossione, né tantomeno nella pagina della CCIAA (Camera di Commercio di Roma). D’Altro canto, questo Collegio non si vuole discostare dalla recente pronuncia di questa Corte, resa con la sentenza 3514/2022 del 2 agosto 2022, che ha affermato “l’illegittimità della notifica effettuata con spedizione da un indirizzo di PEC (notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it) non risultante da alcun registro pubblico degli indirizzi elettronici IPA, REGINDE o INIPEC”. Precisando, ancora, che “L’art. 16 ter, del D.L. n. 179 del 2012 (convertito in legge, con modifiche, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), rubricato “pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni”, al comma 1, dispone: “A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia” e la notifica Pec si intende validamente effettuata soltanto se effettuata a un indirizzo Pec certificato ed inviato da un indirizzo Pec anch’esso certificato. Anche l’art. 57-bis, del D.Lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale, ‘CAD’), stabilisce, al comma 1, che “al fine di assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi è istituito l’indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, nel quale sono indicati gli indirizzi di posta elettronica certificata da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi ed i privati”. Se manca un tale accreditamento, è precluso al contribuente verificare la provenienza del messaggio e, in particolare, la sua attribuibilità alla specifica Amministrazione menzionata come mittente. In altri termini, il Legislatore ha sancito la necessità che l’attività di notifica avvenga mediante l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica risultanti dai pubblici elenchi, al fine di assicurare la necessaria certezza sulla provenienza e sulla destinazione dell’atto da notificare e ciò non può valere soltanto rispetto alla parte contribuente. Dunque, nel caso in esame, non può reputarsi valida la notifica effettuata dall’Ufficio avvalendosi di indirizzi non ufficiali, poiché ciò non consente assoluta certezza della provenienza dell’atto impugnato, atta a comprovare l’affidabilità giuridica del contenuto dello stesso, profili che devono invece essere entrambi garantiti, a salvaguardia della pienezza del diritto di difesa del contribuente. Ne consegue l’inesistenza giuridica della consegna informatica dell’atto tributario proveniente da indirizzo formalmente non opponibile al contribuente.
Il vizio della notifica inviata attraverso p.e.c. non ufficiale comporta, quindi, una nullità insanabile, essendo minata proprio la certezza circa la sua provenienza, a fronte dell’oggettiva impossibilità di riferire quell’indirizzo all’AdER, non essendo lo stesso rintracciabile in alcun pubblico elenco ufficiale, conseguendone la sua inesistenza e impossibilità di operare la sanatoria ex art. 156 c.p.c. Quanto sin qui osservato trova conferma anche negli ulteriori arresti della giurisprudenza di questa Commissione (oggi Corte di Giustizia), ex multis CTR Lazio, sentenza n. 915/2022, con cui è stato chiarito che la mancata dimostrazione dell’inserimento della casella di posta elettronica erariale nei registri pubblici rende la notifica della cartella originariamente impugnata inesistente e, come tale, non suscettibile di sanatoria. Atteso che all’inesistenza consegue l’impossibilità di operare la sanatoria, escludendo qualsiasi effetto per raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., perché: “utilizzando un indirizzo pec non certificato e non inserito in pubblici registri, il messaggio di posta elettronica difetta di un requisito indispensabile a tal fine, non consentendo al destinatario di essere messo in condizioni di conoscerne il contenuto, senza correre il rischio di essere attaccato da c.d. “Malware.”
Del resto, in linea con l’indirizzo di legittimità, atteso che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17346/2019, ha stabilito che la notifica deve essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici registri. Nel caso di specie, il messaggio pec inviato al contribuente risulta proveniente dal dominio “notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it”, del tutto sconosciuto e non presente nei pubblici registri, ove invece quale dominio riferito all’Agenzia delle Entrate Riscossione risulta: “protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it” nel registro IndicePA, valevole in materia tributaria e amministrativa (e pct@pec.agenziariscossione.gov.it nel registro ReGIndE per le notifiche in materia civile). Infatti, la presenza dell’indirizzo del mittente in uno dei pubblici registri, previsti dalla legge, consente al destinatario la riconoscibilità del mittente, garantendo l’identità e la provenienza del messaggio di posta elettronica. Ancora, più recentemente, con l’ordinanza n. 3093/2020, riprendendo la citata sentenza, la Suprema Corte ha confermato il predetto principio, affermando che “La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”.
Passando al merito della controversia, la ripresa a tassazione di una ritenuta fiscale operata alla fonte, in relazione al mancato versamento delle ritenute d’acconto del sostituto d’imposta, non può essere addebitata al sostituito, posto che la Suprema Corte, con la pronuncia resa a Sezioni Unite, n. 10387 del 12/4/2019, ha definitivamente sancito l’assenza di un vincolo di solidarietà, nei confronti del Fisco, tra il sostituto e il sostituito. In particolare i giudici di legittimità hanno ribadito il principio, per cui il professionista non può rispondere per l’omesso versamento delle ritenute d’acconto regolarmente effettuate, essendo il sostituto d’imposta l’unico responsabile di detta obbligazione tributaria. Tale pronuncia rammenta che la sostituzione e la solidarietà nell’imposta sono istituti distinti, che il versamento della ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma rispetto all’imposta, e che essa grava unicamente sul sostituto e trova la sua causa nel corrispondente obbligo di rivalsa.
In conclusione, assorbita ogni altra istanza, l’appello deve essere rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio, Sezione 17a, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello. Condanna l’appellante alle spese di giudizio che liquida in Euro 1.000,00 oltre accessori di legge, se dovuti.

Conclusione

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2022.


Comm. trib. regionale Puglia Foggia, Sez. XXVI, Sent., 12/09/2022, n. 2387

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA PUGLIA

VENTISEISIMA SEZIONE

riunita in udienza il 24/06/2022 alle ore 11:30 con la seguente composizione collegiale:

VENTURA FRANCESCO SAVERIO, – Presidente e Relatore

VALENTE MARIA MICHELA AMALIA, – Giudice

MERCURIO FRANCESCO, – Giudice

in data 24/06/2022 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 2301/2020 depositato il 24/08/2020

proposto da

(…)

Difeso da

Vincenzo Guerra – (…)

ed elettivamente domiciliato presso vincenzo.guerra159@pec.commercialisti.it

contro

(…)

Avente ad oggetto l’impugnazione di:

– pronuncia sentenza n. 1073/2019 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale FOGGIA sez. 5 e pubblicata il 12/04/2019

Atti impositivi:

– CARTELLA DI PAGAMENTO (…)

– CARTELLA DI PAGAMENTO (…)

– CARTELLA DI PAGAMENTO (…)

– CARTELLA DI PAGAMENTO (…)

a seguito di discussione in pubblica udienza

Richieste delle parti:

Svolgimento del processo

(…) avverso la sentenza n. 1073/05/2019, del 12/04/19, depositata il 26 novembre 2019, della CTP di Foggia, Sez. 5, con cui venivano rigettati i ricorsi riuniti, con condanna al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 1500,00, oltre accessori di Legge, proposti avverso numero tre cartelle di pagamento per gli anni d’imposta 2010, 2011 e 2012, proponeva appello a questa CTR, eccependo l’errata determinazione dei Giudici di cure per non avere considerato l’inesistenza giuridica e/o l’irritualità delle relative notifiche, l’errata considerazione del termine prescrizionale decennale della pretesa tributaria azionata, senza spiegarne i motivi e per non essersi pronunciati su tutti i motivi di ricorso e concludeva chiedendo la riforma della sentenza impugnata, con vittoria di spese per i due gradi di giudizio, da distrarsi in favore del difensore anticipatario.

In data 1/9/2020 si costituiva l’Agenzia delle Entrate – Riscossione di Foggia, depositando atto di controdeduzioni con cui eccepiva l’infondatezza dei motivi di appello, di cui chiedeva il rigetto, la correttezza e la piena legittimità della sentenza impugnata, le cui conclusioni chiedeva che fossero confermate, con vittoria di spese di giudizio.

Motivi della decisione

L’appello proposto dal contribuente (…) avverso la sentenza n. 1073/05/2019, del 12/04/2019, della CTP di Foggia, Sez.5, è fondato e viene, pertanto, accolto.

Osserva, preliminarmente, il Collegio, che il contribuente censura l’operato dei Giudici di Prime Cure, i quali sarebbero pervenuti alla conclusione del rigetto dei ricorsi riuniti, sul presupposto che, testualmente, “gli Uffici hanno documentato mediante esibizione di copia delle relative ricevute l’avvenuta regolare notifica delle cartelle impugnate. In particolare 1) la cartella (…) è stata regolarmente notificata in data 9/12/2014 mediante messo notificatore che consegnava l’atto alla moglie convivente del ricorrente e inviava raccomandata informativa a quest’ultimo; 2) la cartella è stata (…) regolarmente notificata in data 22/2/2014 mediante messo notificatore che consegnava l’atto alla moglie convivente del ricorrente e inviava raccomandata informativa a quest’ultimo; 3) la cartella (…) è stata regolarmente notificata in data 20/2/2016 mediante messo notificatore che consegnava l’atto alla moglie convivente del ricorrente e inviava raccomandata informativa a quest’ultimo.

Dagli atti presenti nel fascicolo processuale non emerge che il ricorrente abbia mai proposto querela di falso avverso le ricevute di consegna sopra richiamate che pertanto a giudizio di questa commissione attestano l’avvenuta regolare notifica al medesimo delle cartelle di pagamento… Alla luce delle sopra indicate date in cui si perfezionava la notifica delle cartelle di pagamento questa Commissione rileva che al momento del deposito dei ricorsi oggi in valutazione erano ampiamente decorsi i tempi per la proposizione di gravame avverso le suddette cartelle”.

Più in particolare, il contribuente eccepisce la inesistenza dei documenti probatori attestanti la ritualità della notifica delle cartelle di pagamento opposte, precisando di avere contestata tale circostanza già nel giudizio di primo grado, senza che l’Ufficio si sia preoccupato di fornire i relativi elementi di prova, in violazione di quanto disposto dall’art. 2697 c.c., lamentando una generica dichiarazione di rituale notificazione delle cartelle di pagamento anche da parte dei Primi Giudici, pur in assenza di specifica prova.

Sulla base delle suddette censure, il Collegio, prioritariamente dovrà accertare se la carenza dei suddetti elementi di prova è effettivamente sussistente, oppure no.

A tal fine occorre, preliminarmente, considerare che, per tutte le tre notifiche delle cartelle di pagamento, si è in presenza di una c.d. “irreperibilità relativa del destinatario”, temporaneamente assente al momento di accesso al suo domicilio, ove il messo notificatore dichiarava di avere avuto la presenza di persona di famiglia, individuata nella moglie del contribuente destinatario dell’atto e che, quindi, per realizzare la definizione di un corretto, efficace e valido procedimento notificatorio, occorre che risultino assolti compiutamente tutti di gli adempimenti di cui al combinato disposto dell’art. 140 c.p.c., dell’art. 26, comma 6, del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 60, comma 1, lettera b/bis, del D.P.R. n. 600 del 1973. Sotto tale profilo, il Collegio rileva che manca agli atti la prova valida dell’esistenza della lettera raccomandata informativa, della avvenuta spedizione di detta raccomandata, nonché la prova dell’effettiva ricezione della stessa da parte del destinatario dell’atto; rileva altresì che, nonostante le suddette carenze ed i suddetti vizi documentali, anche per quanto riferito alle validità fotocopie depositate dall’Ufficio, espressamente e formalmente contestate dalla difesa del contribuente sin dal primo grado di giudizio, né l’ufficio ha inteso assolvere l’onere probatorio, neppure in questa fase di giudizio, né il Giudice di prime cure ha indicato gli elementi e spiegato le ragioni, in base alle quali, contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente e supportato da riferimenti giurisprudenziali di legittimità, le notifiche delle cartelle di pagamento potevano essere considerate regolari ed efficaci.

Sulla base dei suddetti elementi di giudizio considerati, il Collegio, tenuto conto delle statuizioni giurisprudenziali di legittimità citate dalla difesa del contribuente a supporto della tesi della inesistenza delle notifiche effettuate per vizi del procedimento notificatorio, nonché delle conformi recentissime statuizioni di legittimità e di merito, richiamate e depositate in copia, (Cass. Sez.VI Civ.-T, ORD. n.06818/22, del 25/01/2022 e Ord. n. 14093/2022 del 22/03/2022 e CTR Campania Sez. 22, sent. N. 4997, del 26/10/2021), all’odierna udienza di trattazione, dal difensore del contribuente, da cui questo Giudice non ha motivo di discostarsi, ritiene che le notifiche delle cartelle di pagamento effettuate dall’Ufficio risultano inesistenti, con conseguente nullità della sottostante pretesa impositiva; pertanto, assorbite tutte le altre questioni proposte e formulate dalle parti, giacché ininfluenti ai fini della presente decisione, in riforma della sentenza impugnata accoglie l’appello del contribuente.

Le spese di giudizio vengono interamente compensate tra le parti in considerazione dei contrasti giurisprudenziali sulle questioni trattate, definite soltanto recentemente dai Giudici di legittimità e, comunque, in data successiva alla proposizione del ricorso, tenuto conto anche che l’appello viene accolto per questioni di rito, mentre il ricorrente appellante non ha mai disconosciuto, nel merito, la pretesa fiscale.

P.Q.M.

Accoglie l’appello. Spese compensate per il doppio grado di giudizio.

Conclusione

Foggia il 24 giugno 2022.


Comm. trib. regionale Lazio Roma, Sent., 02.08.2022, n. 3514

CTR-Lazio-n.-3514-del-02-agosto-2022


Comm. trib. regionale Lazio Roma, Sez. IX, Sent., 17/01/2022, n. 157

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER IL LAZIO

NONA SEZIONE

riunita in udienza il 13/01/2022 alle ore 09:00 con la seguente composizione collegiale:

FERRANTI DONATELLA, – Presidente

BALDI FULVIO, – Relatore

FLAMINI LUIGI MARIA, – Giudice

in data 13/01/2022 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 3146/2019 depositato il 23/05/2019

proposto da

Ag.entrate – Riscossione – Roma – Via Grezar 14 00142 Roma RM

Difeso da

Alessandra Paolini – (…)

ed elettivamente domiciliato presso alessandrapaolini@pec.ordineavvocatigrosseto.com

contro

A.M. – (…)

elettivamente domiciliato presso filippofantera@ordineavvocatiroma.org

Avente ad oggetto l’impugnazione di:

– pronuncia sentenza n. 20849/2018 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale ROMA sez. 29 e pubblicata il 14/12/2018

Atti impositivi:

– CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) IVA-ALTRO 2007

a seguito di discussione in pubblica udienza

Richieste delle parti:

Ricorrente/Appellante: Come da motivazione

Resistente/Appellato: Come da motivazione

Svolgimento del processo
M.A. impugnava l’estratto di ruolo relativo a cartella di pagamento per Euro 16.559 relativa a tributi rimontanti all’anno 2007.

Con sentenza n. 20849/2018, depositata il giorno 14/12/2018, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso con compensazione delle spese rilevando l’irregolarità della notifica.

Avverso detta pronuncia è stato interposto appello da parte dell’Agenzia che deduce, attraverso un unico articolato motivo, l’errata valutazione dei fatti ed atti di causa per violazione degli artt. 26 D.P.R. n. 602 del 1973 nonché dell’art. 7 L. n. 890 del 1982, ribadendo anche le doglianze di primo grado e cioè l’inammissibilità del ricorso avverso l’estratto di ruolo per effettiva notifica della cartella, per carenza di interesse ad agire nonché per la sua palese tardività.

Il contribuente nulla controdeduceva.

Motivi della decisione
L’appello è fondato.

Ed invero la cartella n. (…) è stata regolarmente notificata in data 18.4.2011 tramite raccomandata con ricevuta di ritorno e regolarmente ricevuta da chi si è qualificato portiere. Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi dell’art. 26 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, anche direttamente da parte del concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina degli art. 32 e 39 D.M. 9 aprile 2001, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente. Ne consegue che, se manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata.” (Cassazione civile, sez. V, 27/05/2011, n. 11708; conforme: Cass. civ. sez. trib., 19.09.2012, n. 15746/12; Cass. ordinanza del 08.11.2013 n. 25128; Cass., 27 gennaio 2017, n. 2100 ).

Va quindi escluso che, in caso di consegna della cartella a persona diversa dal destinatario, l’Ente della riscossione debba inviare un’ulteriore raccomandata informativa al contribuente.

Pertanto la sentenza gravata va integralmente riformata, dovendo essere riconosciuta la correttezza della notifica della cartella.

Le spese del secondo grado di giudizio possono essere compensate alla luce della problematicità della decisione per effetto del complesso quadro normativo e delle oscillazioni giurisprudenziali.

P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, Sez. 9, così delibera:

Accoglie l’appello dell’Agenzia e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2022.


Commissione Tributaria provinciale Torino Sezione 5 Sentenza 9 agosto 2021 n. 688

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

SEZIONE 5

riunita con l’intervento dei Signori:

PASSERO GIULIANA Presidente e Relatore

VILLANI MODESTINO Giudice

NICODANO MICHELE Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 522/2020

depositato il 18/05/2020

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ADD.REG. 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ADD.COM. 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IVA-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRAP 2014

– avverso AVVISO DI INTIMAZIONE n. (…) IRPEF-ADD.REG. 201

– avverso AVVISO DI INTIMAZIONE n. (…) IRPEF-ADD.COM. 20

– avverso AVVISO DI INTIMAZIONE n. (…) IRPEF-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI INTIMAZIONE n. (…) IVA-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI INTIMAZIONE n. (…) IRAP 2014

contro:

AG.ENT. – RISCOSSIONE – TORINO

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ADD.REG. 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ADD.COM. 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IVA-ALTRO 2014

– avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRAP 2014

contro:

AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I DI TORINO

proposto dai ricorrenti:

(…)

difeso da:

(…)

difeso da:

(…)

CONCLUSIONI DELLE PARTI

RICORRENTE: (…) la nullità dell’avviso di accertamento (…)/2019 (ATTO PRESUPPOSTO) per inesistenza giuridica o nullità della notificazione, in violazione degli articoli 137 e ss., degli articoli 3, comma 1, 7, 8 e 14 Legge 890/1982 e 60 D.P.R. N. 600/73 e violazione dell’articolo 29, comma,1, letta, D.L. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122;

a) dichiari la nullità dell’intimazione di pagamento (…) (ATTO CONSEQUENZIALE) e di tutti gli atti ad esso successivi ed ulteriori per giuridica inesistenza o nullità della notificazione dell’avviso di accertamento presupposto;

b) condanni parte resistente alla refusione delle spese di lite.

AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE; Dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione in merito a fatti ed attività anteriori alla consegna del ruolo..nel merito confermare la correttezza dell’operato dell’Agente della Riscossione ….con vittoria di spese.

AGENZIA DELLE ENTRATE DP1 Interveniente volontaria Dichiarare il difetto di legittimazione passiva per quanto attiene le censure riguardanti vizi circa le attività della riscossione….- in via pregiudiziale ed assorbente dichiarare l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 19 d.lgs. 546/92 per definitività delle pretese…e/o per tardività …(art. 19 comma 3 e 21) – in via subordinata rigettare il ricorso siccome infondato in fatto e diritto….con vittoria di spese

OGGETTO Avviso di accertamento (…)/2019.

FATTI E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso avanti questa Commissione Tributaria Provinciale di Torino il contribuente riferisce che in data 08.02.2020 l’Agenzia delle Entrate – Riscossione notificava a mezzo pec l’intimazione di pagamento n. (…) (ATTO CONSEQUANZIALE), relativa all’Avviso di accertamento n. (…)/2019 (ATTO PRESUPPOSTO) asseritamente notificato in data 05.03.2019; che il summenzionato atto presupposto non verme mai ritualmente notificato al ricorrente; che null’altro verme ritualmente notificato prima del 08.02.2020. Il ricorrente effettuava le verifiche necessarie ad appurare se il mentovato avviso di accertamento fosse in suo possesso, con esito negativo. Per quanto sopra, in ricorso il contribuente eccepiva:

I. nullità dell’intimazione di pagamento (…) (atto consequenziale) per inesistenza giuridica o nullità della notifica dell’atto presupposto ivi richiamato in violazione dell’art. 50 dpr 602/73, dell’art. 60 dpr 600/73, dell’art. 29, c.1 d.l. 78/2010, nonché’ dell’art.6, c.1 legge 212/2000.

IL omessa notificazione dell’avviso di accertamento n. (…)/2019 (atto presupposto) emesso ai sensi dell’articolo 29 d.l. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 per inesistenza o nullità giuridica della notificazione, in violazione degli articoli 137 e ss. c.p.c., degli articoli 3, comma 1, 7, 8 e 14 legge 890/1982 e dell’art. 60 d.p.r. n. 600/73.

Si costituiva la ADER affermando che le doglianze del contribuente riguardano solo l’avviso di accertamento emesso dall’agenzia delle entrate e non vi è alcuna eccezione circa la successiva intimazione che da quell’avviso discende. Donde le tolte conclusioni.

Si costituiva altresì nel processo altres’ AE DP1 di Torino affermando che il contribuente non può, con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, considerarsi rimesso in termini per l’impugnativa dell’avviso di accertamento prodromico, atteso che avrebbe dovuto impugnare questo atto.

Afferma che tale avviso è stato notificato in data 5 marzo 2019 , Tatto ricevuto a mani di “familiare convivente” ex art. 139 c.p.c. L. 890/82 e l’agente postale ha correttamente provveduto a notiziare il destinatario con raccomandata informativa n. 62865764812-2.

L’udienza del 3 giugno 2021 aveva luogo in modalità di udienza a distanza, come disciplinato dall’ articolo 16, comma 4 del DL n. 119/2018 convertito dalla legge n. 136/2018 e dall’articolo 27 del DL n. 137/2020, mediante piattaforma Skype for Business. Terminata la discussione la causa era presa a riserva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sciolta la riserva, il Collegio dichiara la tempestività della costituzione dell’Agenzia delle Entrate riscossione e la legittimità dell’intervento volontario dell’Agenzia delle Entrate, comunque soggetto titolare del rapporto giuridico-tributario dedotto in giudizio che ben ha potuto, contrariamente alle difese di controparte ribadite anche alla pubblica udienza, svolgere difese e contraddire.

Nel merito della vicenda il ricorso è fondato.

Le difese dell’Agenzia delle entrate volte a censurare il ricorso perché tardivo sono infondate. Invero il contribuente non avrebbe potuto ricorrere avvero l’avviso di accertamento, atto presupposto, non essendosi mai perfezionata la notificazione di questo atto.

L’Agenzia delle Entrate da prova infatti di aver tentato la notifica dell’avviso di aceertamento in data 5 marzo 2019 che, in assenza del destinatario, il notificante lasciava a mani di un famigliare convivente (nipote). E di ciò vi è prova, per quanto in fotocopia, al fascicolo.

Di contro, nonostante l’Ente impositore affermi che il notificante, non avendo trovato direttamente il destinatario, ha proceduto come per legge con la c.d. “raccomandata informativa”, non offre alcuna prova di tale assunto che, anzi, non emerge neppure per tabulas dalla notifica 5 marzo 2019, dove non compare affatto, nell’apposito campo a ciò destinato, l’indicazione dell’invio della raccomandata.

Il Collegio ritiene di aderire alla recente giurisprudenza della Suprema Corte secondo la quale; “In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della L. n. 890 del 1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima” (Cass. SSUU 23 febbraio – 15 aprile 2021, n. 10012).

Nel caso di specie peraltro non vi è neppure alcuna prova che tale raccomandata sia stata spedita.

La caducazione dell’atto presupposto, tamquam non notificato (avviso di accertamento) porta con sé la cadueazione degli atti successivi (intimazione di pagamento).

La novità di giurisprudenza in punto notificazione laddove la Suprema Corte ha chiarito solo recentemente aspetti fondamentali della vicenda come sopra, giustificano la compensazione delle spese del grado tra tutte le parti in causa.

La Commissione Tributaria Provinciale di Torino – Sezione 5° -, definitivamente pronunciando ai sensi degli articoli, 61 e 35 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 e artt. 276, 279 del c.p.c. 1

P.Q.M.

Sciolta la riserva, accoglie il ricorso.

Compensa le spese.

Così deciso in Torino, lì 15 luglio 2021.

Depositata in Segreteria il 9 agosto 2021


Commissione Tributaria regionale LAZIO – Sezione 11, Sentenza 8 luglio 2021 n. 3440

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI LAZIO

SEZIONE 11

riunita con l’intervento dei Signori:

SORRENTINO FEDERICO Presidente
LEPORE ANTONIO Relatore
CIANCIO MARIO ROSARIO Giudice
ha emesso la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 6811/2019
depositato il 20/12/2019
– avverso la pronuncia sentenza n. 9374/2019 Sez:18 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA

contro:

AG.ENT. – RISCOSSIONE – ROMA
VIA G.GREZAR.14 00142 ROMA

difeso da:
(…)
proposto dall’appellante:
(…)
difeso da:
(…)

Atti impugnati:

CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) IVA-ALTRO 2012

1. La Srl (…) propone appello contro la sentenza n. 9374/18/2019, con la quale la CTP di Roma dichiarava la inammissibilità di un ricorso avverso l’estratto di ruolo riportante la cartella di pagamento n. (…) relativa nell’importo di Euro 26.763,16 all’IRPEF e all’IVA dovute per l’anno 2012.

Lamenta la appellante società i seguenti motivi di gravame: a) erroneamente la CTP ha ritenuto provata la regolarità della notifica della cartella, sia perché l’Agenzia si è limitata a produrre la copia di una busta in gran parte illeggibile e senza un chiaro collegamento con la cartella stessa; sia perché non risultano rispettati gli adempimenti previsti in caso di irreperibilità assoluta del destinatario; b) la CTP non ha inoltre considerato la inesistenza della procura alle liti in favore del difensore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione, chiedendo il rigetto dell’appello.

2. Osserva in via preliminare la Commissione che è oramai costante l’orientamento della Corte di Cassazione circa la ammissibilità della impugnazione degli estratti di ruolo onde contestare, con funzione recuperatola, la omessa notifica delle sottostanti cartelle di pagamento. La Corte ha infatti anche di recente affermato che la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19 comma 3 DL.gs 546/92 impone di ritenere che la prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere la invalidità della notifica di un atto, del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza (in tal senso Cass. Ord. 1423/2019, in esplicito richiamo a Cass. SS. UU. 19704/2015).

La stessa Corte di Cassazione ha altresì chiarito che, data la particolare natura dell’estratto di ruolo, non sussiste alcun termine entro il quale è possibile proporre ricorso (in tal senso Cass. 22507/2019).

3.Ciò posto l’appello della società merita accoglimento in forza delle seguenti considerazioni:

– al fine di provare la regolarità della notifica della sopra ricordata cartella di pagamento l’Agente per la riscossione si è limitato a depositare in atti la copia di una busta postale, dalla quale non risulta possibile operare alcun sicuro collegamento con la cartella stessa;

– deve inoltre rilevarsi che non è stata fornita alcuna prova circa il concreto rispetto di tutti gli adempimenti previsti ai sensi dell’art. 60 comma primo lett. e) DPR 600/73 nella ipotesi di irreperibilità assoluta del destinatario; vale a dire il deposito dell’atto nella Casa Comunale, l’affissione del deposito dell’atto nell’albo del Comune e il decorso del termine di otto giorni da tale affissione.

– va aggiunto che il meccanismo notificatorio previsto dal citato art. 60 nella ipotesi di irreperibilità assoluta richiede, al fine della sua ritualità, che il messo notificatore prima di procedere alla notifica debba effettuare nel Comune di domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta tra l’ipotesi della irreperibilità relativa e quella appunto della irreperibilità assoluta (Cass. 6911/2017, Cass. 2877/2018 e Cass. 29956/2018).

4. Alla soccombenza segue la condanna alle spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

La Commissione accoglie l’appello e condanna l’Agenzia delle Entrate Riscossione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 comprensivi del rimborso forfettario delle spese generali.

Così deciso in Roma il 9 giugno 2021.

Depositata in Segreteria l’8 luglio 2021.


Comm. trib. regionale Basilicata Potenza, Sez. I, Sent., 09/06/2021, n. 142

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BASILICATA
PRIMA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

DE LUCE ANTONIO – Presidente

MORLINO ALDO – Relatore

DI FLORIO VINCENZO – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. 230/2020

depositato il 28/07/2020

– avverso la pronuncia sentenza n. 220/2020 Sez:3 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di POTENZA

contro:

G.A.

V/LE G. C A DALLA C. 35 G 85016 P.

difeso da:

DE BONIS VITTORIO

VIA DUE TORRI 4 85100 POTENZA

contro:

G.M.

V A. C A. 2 SC B I. 5 84122 S.

difeso da:

DE BONIS VITTORIO

VIA DUE TORRI 4 85100 POTENZA

contro:

G.C. DI L.A.M. SAS

P.ZZA A. DE G. N. 10 85100 P.

difeso da:

DE BONIS VITTORIO

VIA DUE TORRI 4 85100 POTENZA

contro:

L.A.M.

VIALE S. M. Z. 24 85016 P.

difeso da:

DE BONIS VITTORIO

VIA DUE TORRI 4 85100 POTENZA

proposto dall’appellante:

AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE POTENZA

VIA DEI MILLE 85100 POTENZA PZ

Atti impugnati:

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRPEF-ALTRO 2014

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IVA-OP.IMPONIB. 2014

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRAP 2014

Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Potenza, faceva notificare al contribuente, avvisi di accertamento, relativi ad Iva e Irap, con i quali, rettificava, per l’anno 2014, in aumento i ricavi determinati sulla base di presunzioni da indagini finanziarie sui c/c intestati ai soci.

Avverso tale atto la “G.C. di L.A.M. sas” in persona del socio accomandatario e legale rappresentante e i soci G.M. e A. quali litis consortili necessari proponevano ricorso eccependo violazione e falsa applicazione degli artt. 39, co. 2, D.P.R. n. 600 del 1973, 54, D.P.R. n. 633 del 1972, 32, D.P.R. n. 600 del 1973, e 2667 c.c. per illegittimità della determinazione induttivo extracontabile del reddito sotto il profilo della carenza di motivazione e della erronea valutazione degli elementi probatori; violazione e falsa applicazione dell’art. 12, co. 7, L. n. 212 del 2000, in combinato disposto con l’art. 5, D.Lgs. n. 218 del 1997, per violazione del contraddittorio endoprocedimentale e del termine dilatorio di gg. 60 necessario al perfezionamento del contraddittorio endoprocedimentale; violazione degli artt.10 L. n. 265 del 1999, e 1, co. 158, L. n. 296 del 2006, per inesistenza giuridica dell’atto per illegittimità della notificazione.

Chiedevano annullamento degli avvisi di accertamento.

La Commissione Tributaria Provinciale di Potenza, sez. III, in data 10.02/03.03.20 ritenendo che la notifica fosse stata effettuata da soggetto sprovvisto della specifica funzione e nominato dal responsabile dell’area affari generali e non dl Sindaco come previsto dalla normativa, accoglieva il ricorso compensando le spese.

Avverso tale decisione propone appello l’ufficio eccependo violazione e falsa applicazione dellart.36 D.Lgs. n. 546 del 1992 per difetto di motivazione avendo omesso il giudice di indicare gli elementi da cui aveva desunto il proprio convincimento e non avendo effettuato alcuna disamina dei motivi dell’ufficio ; violazione e falsa applicazione degli artt. 60, D.P.R. n. 600 del 1973, e 148, c.p.c. stante la legittimità e correttezza della notifica avvenuta per il tramite di messo comunale. Nel prosieguo dell’atto, non essendo state esaminate dal primo giudice le ulteriori argomentazioni poste a sostegno dell’atto impositivo e rappresentate nel corso del giudizio di primo grado, le ripropone ritrascrivendole e chiedendone l’esame.

Chiede in conseguenza un riesame dell’intera vicenda con conferma degli avvisi di accertamento e trattazione in pubblica udienza.

Con atto in data 01.02.21 il contribuente deposita controdeduzioni con le quali contestata la fondatezza dei motivi d’impugnazione insiste per la conferma della decisione di primo grado.

Per l’odierna l’udienza, in data 15 maggio 2021 il contribuente deposita istanza per la partecipazione da remoto

All’udienza odierna, constata la regolarità delle comunicazioni di trattazione, udite le conclusioni delle parti, come da separato verbale, la causa veniva decisa.

Motivi della decisione
Sul primo motivo con il quale si lamenta la omessa motivazione su tutte le questioni sottoposte all’esame del giudicante va richiamata una recente decisione di legittimità (Cass. civ. sez. V, n. 9262 del 3 aprile 2019,) nella quale si afferma che “Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia.”

Nel caso di specie non manca il provvedimento con il quale si forniva la soluzione del caso ed è presente l’argomentazione, anche con richiami giurisprudenziali e normativi, idonea a rappresentare l’iter logico giuridico seguito per pervenire alla decisione con la quale si statuiva che l’atto d’impulso del giudizio (avviso di accertamento) fosse da considerarsi inesistente per mancanza della qualifica di legge in capo al soggetto che aveva effettuato la consegna.

Orbene la questione affrontata dal primo giudice attenendo alla regolare instaurazione del giudizio è preliminare cosicché la sua fondatezza precludeva al giudicante qualsivoglia esame delle altre questioni di merito che restavano e restano tutte assorbite, in senso improprio, nella decisione di inesistenza della notificazione e quindi di mancata regolare instaurazione del giudizio.

La figura dell’assorbimento è in senso improprio quando, come nel caso, la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto delle domande.

Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento. (Cass. civ., sez. I, sent. n. 28663 del 27.12.2013)

Passando all’esame del secondo motivo, con il quale l’appellante lamenta una non corretta interpretazione della normativa attinente al processo di notificazione assumendo la correttezza del proprio operato e la piena legittimità della notifica che ove ritenuta illegittima e, giammai inesistente, sarebbe comunque sanata dal raggiungimento dello scopo. Va precisato che nella specie non si discute del processo notificatiorio “strictu sensu” ma dei riflessi che su questo ha l’essere stato messo in atto da soggetto non in possesso delle necessarie qualifiche per operare la notifica stessa. Infatti, nella prima ipotesi l’atto sarebbe affetto da nullità sanabile per raggiungimento dello scopo, nella seconda ipotesi lo atto sarebbe affetto da insanabilità tale da farlo considerare inesistente.

Il mancato rispetto del procedimento notificatorio non può che produrre l’inesistenza giuridica della notifica e dell’atto stesso, da cui discende l’impossibilità di procedere a sanatoria per il raggiungimento dello scopo. Infatti, a fronte dell’eccezione di carenza di potere del messo, scatta, in capo al resistente, l’onere di provare che il messo era in realtà abilitato alle notifiche; in caso contrario, l’eccezione sollevata dal contribuente deve essere accolta sulla base dei principi relativi all’onere della prova.

Ciò posto, la notifica dell’atto di accertamento non può considerarsi validamente eseguita: pur se nella relata di notificazione vi è la sottoscrizione di chi l’ha redatta, ed è indicata la qualità di messo comunale, con apposizione del timbro del Comune di Pietragalla, in quanto è stata dimostrata dal contribuente l’insussistenza della suddetta qualifica in capo al redattore della relata. Nella documentazione in atti, depositata dallo stesso ufficio, infatti, risulta copia del provvedimento di nomina dell’unico messo comunale del Comune di Pietragalla, effettuata non già dal Sindaco, unico soggetto in grado di attribuire le funzioni di messo comunale a soggetto avente i requisiti, ma dal Dirigente dell’Area Affari Generali ed Amministrativi non avente titolo e potere per potere effettuare la nomina ovvero per potere conferire l’incarico di messo notificatore.

Nella pratica, infatti, è nulla, per difetto di legittimazione all’espletamento delle funzioni di agente notificatore, la notifica effettuata dal messo comunale in assenza del decreto di nomina del sindaco.

Passando a valutare se nel caso, come acclarato, si possa parlare di nullità ovvero di inesistenza dell’atto va detto come la giurisprudenza di legittimità tenda a delimitare (correttamente) ed individuare i casi in cui le notificazioni possano definirsi inesistenti. Da ultimo le SS.U. della Cassazione, pronunciandosi, sono state lapidarie nell’affermare che “ogni qual volta la notifica è posta in essere da un soggetto non qualificato e privo in base alla legge della possibilità di espletare questa attività, la stessa, per totale carenza di potere deve ritenersi inesistente.”

Le Sezioni Unite della Cassazione, dunque, individuano in maniera chiara che ogni qual volta l’attività di notificazione sia posta in essere da un soggetto privo della “posizione giuridica” per poter svolgere tale attività, la stessa non può essere oggetto di sanatoria ex articolo 156 c.p.c., in quanto inesistente, determinando, se contestata come nel caso , la nullità dell’atto che porta la irregolarità, non essendo azione sanante l’impugnazione dell’atto medesimo.

Da quanto detto consegue la reiezione di entrambe i motivi di appello che precludono l’esame di ulteriori questioni poste dal contribuente con il ricorso introduttivo ovvero delle argomentazioni difensive opposte dall’ufficio nelle proprie controdeduzioni.

La particolarità della questione, in deroga al principio si soccombenza, consente e legittima la compensazione delle spese tra le parti nel presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Rigetta l’appello proposto dall’ufficio. Spese compensate.

Conclusione
Potenza, il 26 maggio 2021.


Comm. trib. regionale Campania Napoli Sez. XXIII, Sent., 18-05-2021, n. 4291

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

COMM. TRIB. REG. PER LA CAMPANIA

VENTITREESIMA SEZIONE/COLLEGIO

Con ricorso alla C.T.P. di Napoli …omissis… impugnava nei confronti dell’Agenzia delle Entrate D.P. Il di Napoli nonché di Agenzia Riscossione della Provincia di Napoli Equitalia sud, il preavviso di iscrizione di fermo amministrativo n. 07180201500051577000, notificato il 6 luglio 2015, nonché l’avviso di accertamento n. TF501AL054068/2014 in esso richiamato, relativo ad IRPEF e IRAP per l’anno di imposta 2009, eccependo in via preliminare trattarsi del primo atto con il quale egli era venuto a conoscenza della pretesa dell’Ufficio, non essendogli mai stato in precedenza notificato l’avviso di accertamento in questione. A sostegno dell’impugnazione deduceva tra l’altro il contribuente, unitamente alla illegittimità dell’atto impositivo per violazione del diritto di difesa e per carenza di potere del funzionario emittente, la decadenza dell’Amministrazione Finanziaria, nonché l’infondatezza anche nel merito dell’atto presupposto, concludendo con la richiesta di annullamento del preavviso di fermo e dell’avviso di accertamento impugnati, con vittoria di spese.
Nel procedimento così introdotto si costituiva l’Agenzia delle Entrate documentando l’avvenuta notifica dell’accertamento in data 27.11.2014 mediante consegna a mani proprie del destinatario, e conseguentemente concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
Nessuno si costituiva invece per l’Agenzia Riscossione. Depositata quindi dal ricorrente copia della querela di falso proposta dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata per accertare la non autenticità della firma in calce alla relata di notifica dell’accertamento impugnato, con sentenza n. 11280 depositata in data
20.6.2016 e non notificata la CTP disattendeva l’istanza di sospensione del processo proposta dal …omissis… e rigettava il ricorso.
Avverso l’indicata sentenza proponeva appello il contribuente deducendo la violazione dell’art. 39 D. L.gs. N. e l’omessa motivazione della sentenza, nonché in ogni caso l’erroneità nel merito della 546/1992 decisione, così insistendo per l’accoglimento dell’originario ricorso e l’annullamento degli atti impugnati.
Nel giudizio di gravame si costituiva l’Agenzia delle Entrate D.P. II di Napoli che eccepiva l’infondatezza dell’impugnazione chiedendone il rigetto.
Disposta la fissazione dell’udienza di discussione del ricorso, e successivamente la sospensione del procedimento ex art. 39 D. L.gs. N. 546/1992, con istanza depositata in data 11.2.2021 l’appellante comunicava l’intervenuta definizione del procedimento per querela di falso promosso dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, e chiedeva la prosecuzione del presente procedimento, per la qual cosa veniva fissata l’udienza di trattazione per il 4/5/2021 ex art. 27 D_L n. 137/2020, in vista della quale il …omissis… depositava memoria illustrativa alla quale nulla replicava l’Ufficio.
All’udienza la Commissione decideva come da dispositivo.
Motivi della decisione
Rileva la Commissione che l’appello deve ritenersi fondato e meritevole pertanto di accoglimento.
Ed invero l’appellante ha documentalmente provato che con sentenza n. 303 pubblicata il 7/2/2020, non opposta da nessuna delle parti e quindi passata in giudicato (v. attestazione dell’Ufficio giudiziario competente), il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato non autografa la firma a nome di …omissis… apposta in calce alla relazione di notificazione dell’avviso di accertamento indicato in narrativa, emesso nei confronti del suddetto contribuente. Per effetto di detta pronuncia la dedotta notifica dell’avviso di accertamento risulta inesistente, e pertanto improduttiva di effetti giuridici, con conseguente nullità del preavviso di fermo impugnato nel presente procedimento, per inesistenza dell’atto presupposto e della stessa pretesa tributaria che costituisce oggetto dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del …omissis…, per decadenza dell’Ufficio ex art. 43 DPR n. 600/1973. A questo proposito giova infatti rilevare che, trattandosi nella specie di “inesistenza” della notifica dell’atto impositivo, giammai potrebbe ravvisarsi una ipotetica sanatoria del vizio rilevato. Del resto, anche a voler ammettere l’applicabilità ai caso in esame dell’art. 156 c.p.c. in tema di “raggiungimento dello scopo”‘, la sanatoria non potrebbe che ritenersi intervenuta dal momento della notifica del preavviso di fermo amministrativo {e non dal momento di proposizione del ricorso, come sostenuto dall’appellante …omissis…), e quindi alla data del 6 luglio 2015, allorché era già maturato il termine di decadenza previsto per l’Ufficio dalla citata norma, che nella versione vigente all’epoca dei fatti era fissato al “31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”, venendo pertanto a scadere ii 31.12.2014.
In accoglimento dell’appello la sentenza gravata, inopportunamente emessa dal giudice senza sospendere il processo in attesa dell’esito del procedimento per querela di falso promosso dal contribuente, deve pertanto essere riformata con l’integrale accoglimento del ricorso introduttivo del M.
Le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con attribuzione ai difensori antistatari.

P.Q.M.
In accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso introduttivo del Xxxxx, annulla gli atti impugnati e dichiara la illegittimità della pretesa impositiva oggetto dell’avviso di accertamento n. (…). Condanna gli uffici appellati, in solido tra loro, al rimborso in favore del contribuente delle spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidando quelle del primo grado in complessivi Euro duemila,00 e quella della fase di appello in Euro duemilacinquecento,00 oltre C.U. e accessori come per legge, con attribuzione agli avv.ti. Xxxx Xxxxx e Xxxx Xxxxx, anticipatari.

Così deciso in Napoli, il 4 maggio 2021.


Comm. trib. prov. Lazio Roma, Sez. XX, Sent., 16/12/2020, n. 10571

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ROMA

VENTESIMA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

CAPOZZI RAFFAELE – Presidente

ANTONIANI GINA – Relatore

VELLETTI MONICA – Giudice

ha emesso la seguente

ORDINANZA

– sul ricorso n. 4910/2019

spedito il 05/04/2019

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) IVA-ALIQUOTE 2018

contro:

AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE ROMA 2

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…) IVA-ALIQUOTE 2018

contro:

AG.ENTRATE – RISCOSSIONE – ROMA

VIA GIUSEPPE GREZAR 14

proposto dal ricorrente:

E. S.R.L.

R. in data

difeso da:

PARISELLA MASSIMO

PIAZZA STROZZI, 30 00195 ROMA RM

Svolgimento del processo
La società E. s.r.l., C.F. (…), rappresentata e difesa come in atti, proponeva ricorso avverso la cartella di pagamento n. (…), notificata a mezzo pec dal’A.E.R. S.p.A. R. in data 7.01.2019 riportante la richiesta di imposte tributarie con la quale era stato intimato il pagamento di complessivi Euro 611.081,86.

La ricorrente sollevava, in via preliminare, la questione della nullità della notifica a mezzo pec dell’atto impugnato per violazione della normativa in materia di notifica degli atti a mezzo posta certificata come ampiamente esposto e, in sede di memoria contestava la nullità della notifica effettuata da indirizzo pec non ufficiale. Eccepiva, inoltre, l’illegittimità delle sanzioni iscritte a ruolo e nel merito, l’illegittimità della pretesa impositiva da parte dell’Ente impositore.

Con memoria telematica del 10.06.2019, si costituiva l’Agente della Riscossione eccependo, preliminarmente, l’omessa chiamata in causa dell’Ente impositore. Eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alle eccezioni riguardanti l’attività dell’Ente impositore; l’infondatezza dell’eccepita illegittimità della notifica della cartella di pagamento a mezzo pec perché eventuali irregolarità erano state sanate ex art. 156 E 160 c.p.c.; sosteneva la legittimità della notifica della cartella di pagamento avvenuta a mezzo pec perché eseguita nel rispetto della normativa speciale regolante la specifica materia della riscossione dei tributi, come da referto che produceva in atti unito con l’estratto di ruolo della cartella di riferimento.

Concludeva per il rigetto del ricorso e vittoria di spese a carico della parte soccombente.

In data 8.08.2019 si costituiva in giudizio con intervento volontario ex art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1992, l’Agenzia delle Entrate DP II di Roma la quale, nel merito, affermava la legittimità dell’iscrizione a ruolo dell’imposta dichiarata e non versata e che le ragioni addotte dalla ricorrente erano infondate perché il mancato pagamento del debito della società M.N.R., debitrice della ricorrente, non era causa di forza maggiore per il mancato versamento dell’Iva dichiarata e non versata, stante anche l’assenza di prova attestante azioni di recupero delle somme nei confronti della sopra citata società. Concludeva con la richiesta di rigetto del ricorso e vittoria di spese.

In data 2.03.2020, la ricorrente presentava memoria di replica chiedendo termine per la notifica del ricorso all’Ente impositore e nel merito precisava che oggetto della controversia era l’applicazione delle sanzioni le quali, a dire della ricorrente, avrebbero dovute essere contestate alla società M.N.. Insisteva nelle eccezioni sollevate e ne chiedeva l’accoglimento. In data 14.02.2020 parte ricorrente depositava nomina di nuovo difensore.

La cartella di cui trattasi era stata notificata da “AVI Lazio notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it (cfr. copia allegata dall’AdER).

In data 2.11.2020, la ricorrente depositava memoria stante il deposito d’intervento volontario art.14 D.Lgs. n. 546 del 1992 dell’Agenzia delle Entrate. Nella memoria la ricorrente ripercorreva il succedersi delle circostanze e degli accadimenti che avrebbero causato la non tempestività del versamento IVA di cui si discuteva. A supporto depositava CTP asseverata e insisteva nella illegittimità delle sanzioni. Concludeva per l’accoglimento del ricorso, e per l’effetto dichiarare nullo e/o annullare l’atto impugnato, con ogni conseguenza di legge, considerando che l’Iva dovuta era stata interamente versata, con vittoria di spese ed onorari, e distrazione degli stessi a favore del difensore, che qui si dichiarava antistatario, ex art. 93 c.p.c.

All’udienza del 30.09.2020 Il Collegio rinviava la discussione del ricorso al 2.12.2020 dando termine alle parti fino al 15.11.2020 per deposito di memorie difensive.

In data 8.10.2020 la DP II di Roma presentava memoria sostenendo che dopo la costituzione in giudizio, la ricorrente provvedeva a versare tramite delega di pagamento F24 a saldo zero, la sola imposta IVA a debito in data 24.09.2020, ovvero pochi giorni prima dell’udienza presso la Commissione adita, fissata per il 30.09.2020 e rinviata al 02.12.2020.

Alla luce di questa operazione, l’Ufficio faceva presente che detta delega di pagamento, che tra l’altro non includeva le sanzioni per il mancato versamento dell’IVA in dichiarazione, non poteva essere considerata utile ai fini di una soluzione della controversia in quanto, in presenza di una cartella di pagamento (oggetto del presente ricorso), la controparte avrebbe dovuto effettuare il versamento direttamente all’Agente della Riscossione secondo le loro modalità e non con il modello F24. D’Altro canto voleva rappresentare che, trattandosi, come detto, di un F24 a saldo zero, la ricorrente poteva tranquillamente richiedere all’Ufficio l’annullamento della delega di pagamento.

Alla luce di quanto esposto, l’Ufficio riteneva che la cartella di pagamento doveva essere ancora considerata valida, in quanto, alla data del deposito della memoria, ancora non estinta.

Concludeva per il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese di giudizio.

In data 2.11.2020 la ricorrente presentava memoria con allegata relazione tecnica asseverata al fine di dimostrare e documentare la causa di forza maggiore sopravvenuta nel periodo d’imposta in contestazione e le contrazioni subite al fine di versare, anche se tardivamente l’imposta dichiarata e non versata. A tal fine chiedeva la non applicazione delle sanzioni non sussistendo colpa e/o dolo che avrebbero potuto orientare l’Ufficio per l’applicazione.

La data della trattazione è stata tempestivamente notificata alle parti costituite nel domicilio eletto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 31 del D.Lgs. n. 546 del 1992, come verificato preliminarmente dalla Commissione.

A seguito della trattazione del ricorso il Collegio ha deciso come da dispositivo.

Motivi della decisione
In via preliminare deve essere esaminata la validità della notifica della cartella di pagamento impugnata stante l’eccepita nullità da parte della società ricorrente la quale, oltre ai vizi propri eccepiti in sede di ricorso, con la memoria di replica, effettuata la verifica sulla documentazione prodotta dall’AdER, aveva eccepito anche la nullità della notifica a mezzo pec non istituzionale.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ha stabilito che anche per le notifiche a mezzo pec si applica il condiviso e consolidato orientamento giurisprudenza della stessa Corte, secondo cui “il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali – pertanto – la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario” (Cass., sez. lav. n. 13857 del 2014;). Il risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguito dalla previsione legale del ricorso alla PEC. La Corte ha, inoltre, precisato che : ” è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte”. Corte Cassazione SS. UU. n. 7665/2016.

Ammettendo la legittimità della notifica della cartella di pagamento a mezzo pec anche con estensione diversa da quella voluta dal legislatore, tale notifica deve essere, comunque, ritenuta illegittima nei confronti della ricorrente dacché, come si evince dall’allegata relata di notifica, era proveniente da notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it, indirizzo PEC non presente nei pubblici registri validi ex lege ai fini in esame.

In proposito, infatti, va qui ribadito, a seguito della produzione documentale di controparte, che è insanabilmente viziata e nulla tale notifica, in quanto l’Ente della Riscossione, in qualità di soggetto notificante, non ha utilizzato la PEC attribuita all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, di cui all’elenco ufficiale “IPA” (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), ossia protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it, bensì un ignoto indirizzo notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it che la giurisprudenza di merito e di legittimità ha già ritenuto irrituale e illegittima.

In tema di notifica a mezzo PEC, d’altronde, l’art. 16-ter del D.L. n. 179 del 2012, convertito in L. n. 221 del 2012 recita: “a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto”, ovvero “IPA”, “Reginde”, “Inipec”.

Detta illegittimità – identica a quella del caso de quo – è stata rilevata proprio dalla Commissione Tributaria Provinciale Roma – Sez. 38 -Sentenza 601/2020 del 17.01.2020: “”in effetti l’ufficio ha depositato in atti copia della relata della pec del 15/2/2018 con cui ha notificato dall’indirizzo PEC notifica.acc.lazio@pec. agenziariscossione.gov.it” la cartella per cui è lite.

Peraltro detto indirizzo non è oggettivamente e con certezza riferibile all’A.E.R., non risultando nell’elenco del Reginde (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia) – né nella pagina ufficiale del sito internet di Agenzia Entrate Riscossione, né nella pagina della CCIAA.

La notifica della cartella esattoriale è insanabilmente nulla (nella forma giuridica della nullità), in quanto l’Ente della Riscossione, in qualità di soggetto notificante, non aveva utilizzato la PEC attribuita all’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

In conclusione, dai documenti versati in atti è emerso il fatto storico inconfutabile che la cartella di pagamento è state trasmesse da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nel pubblico registro (IPA) per la notifica dei provvedimenti esattivi di natura tributaria; tale scenario risulta in contrasto con la richiamata normativa, pertanto la contestata notifica deve ritenersi priva di effetti giuridici e di conseguenza gli atti impugnati sono nulli”.

La giurisprudenza di merito citata dalla ricorrente è stata ribadita dalla Suprema Corte in materia di notifica di atti civili, con la recente ordinanza n. 17346/19, dove ha osservato che la notifica effettuata con modalità telematiche è da considerarsi viziata, se il notificante utilizza il proprio “indirizzo di posta elettronica certificata” non risultante da pubblichi elenchi, a mente dell’art. 3-bis, L. n. 53 del 1994.

L’AdER n sede di memoria di costituzione in giudizio non ha documentato la legittimità della notifica dell’atto impugnato nei modi e nelle forme previste dal legislatore ma ha solo depositato la copia dell’avvenuta spedizione e consegna dell’atto nell’indirizzo pec del contribuente.

Ritiene il Collegio che è da disattendere l’invocata sanatoria da parte dell’AdER ex art. 156 c.p.c. della notifica dell’atto opposto perché la notifica a mezzo PEC da sito non ufficiale degli atti tributari sostanziali e processuali è inesistente e come tale non suscettibile di alcuna sanatoria.

Dalla documentazione da questa prodotta a sostegno della propria tesi, ovvero che l’atto sarebbe stato notificato all’indirizzo pec indicato dal contribuente, emerge chiaramente che l’eccezione non è quella a cui ha risposto bensì dimostra che il notificante non ha utilizzato il proprio sito ufficiale ovvero protocollo@pec.agenziaricossione.gov.it.

Da quanto sopra ne consegue che l’eccezione di nullità della notifica della cartella di pagamento sopra esaminata è pregiudiziale/preliminare ed assorbente di ogni altra questione sottoposta all’esame di questo Collegio. Il ricorso deve essere accolto. Le spese del giudizio, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo

P.Q.M.
La Commissione accoglie il ricorso stante la nullità della notifica della cartella di pagamento.

Condanna l’AdER al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.600,00 oltre accessori, in favore della ricorrente.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

 


Comm. trib. prov. Lazio Roma Sez. XIII, Sent., 24-11-2020, n. 9274

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ROMA

TREDICESIMA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

MAFFEI CORRADO – Presidente

PATRONE FRANCESCO – Relatore

D’ORSO LUIGI – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 6896/2019

depositato il 24/05/2019

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n.(…)

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n.(…)

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n.(…)

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n.(…)

– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n.(…)

contro:

AG.ENTRATE – RISCOSSIONE – ROMA

difeso da:

(…)

proposto dal ricorrente:

(…)

difeso da:

PROIETTI TOPPI GIAN LUCA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Premessa.

(…) ha proposto in data 6.2.2019 ricorso avverso la cartella di pagamento n.(…) notificatagli in data 8.1.2019, riferita a crediti di natura tributaria (ICI, IMU e tasse automobilistiche), in relazione a tre ruoli differenti.

Si tratta, in particolare, delle pretese relative ai seguenti ruoli:

1. (…), riferito all’accertamento n. (…), notificato il 22.5.2015, per ICI 2010 e all’accertamento n. (…), notificato il 22.5.2015, per ICI 2011;

per 2. (…), riferito all’accertamento n. (…), notificato il 26.11.2015, per IMU 2012 e all’accertamento n. (…), notificato il 26.11.2015, per IMU 2012;

per 3. (…), riferito a tassa automobilistica per l’anno 2016.

Il ricorrente, costituitosi in data 24.5.2019, eccepisce in primo luogo la decadenza dell’agente della riscossione dal potere di notificare la cartella di pagamento relativa agli, avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2010 e 2011, dal momento che la cartella avrebbe dovuto essere notificata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo (art. 1.183 L. n. 296 del 2006); anche ove detti avvisi si considerassero effettivamente e ritualmente notificati nella data indicata in cartella (19.5.2015), quest’ultima avrebbe dovuto essere notificata entro il 31 dicembre 2018; ne deriva che la notifica della cartella, avvenuta in data 8.1.2019, deve considerarsi tardiva.

La società ricorrente eccepisce inoltre che la cartella di pagamento deve considerarsi inesistente, essendo stata notificata attraverso una mail certificata spedita da un indirizzo pec sconosciuto (“notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it”), in quanto non risultante dai registri ufficiali né riferibile all’agente della riscossione anche attraverso il ricorso a fonti aperte; cita in ausilio giurisprudenza della Corte di Cassazione e della CTP Roma (sent. 601 e 2799/2020) e CTP Perugia (sent. 379/2019).

L’indirizzo “notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it” utilizzato per la notifica della cartella impugnata non sarebbe oggettivamente e con certezza riferibile all’Agenzia delle Entrate Riscossione, non risultando nell’elenco del Reginde – (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici gestito dal Ministero della Giustizia) – né nella pagina ufficiale del sito internet di Agenzia Entrate Riscossione, né nella pagina della CCIAA, né in quella di INDICEPA, Indice delle Pubbliche Amministrazioni.

Un ulteriore motivo di ricorso concerne la mancata consegna da parte dell’agente della riscossione dei ruoli, oggetto di espressa impugnazione unitamente a quella delle cartella di pagamento, così impedendo un controllo sulla correttezza del titolo esecutivo.

Chiede pertanto l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese da distrarsi a, favore del difensore avv. G.L.P.T., dichiaratosi antistatario.

Agenzia delle Entrate-Riscossione, costituitasi in data 27.6.2019, chiede di ordinare la chiamata in causa dell’ente impositore Roma Capitale e di respingere il ricorso, con vittoria di spese.

Con memorie illustrative presentate prima dell’udienza la società ricorrente, nel ribadire quanto esposto in ricorso, chiede – stante la mancata contestazione da parte del concessionario della riscossione – di applicare il noto principio di non contestazione e di accogliere il ricorso, senza che occorra estendere il giudizio all’ente impositore, essendo state rilevate questioni di esclusiva pertinenza dell’ente riscossore.

All’udienza del 13 ottobre 2020 la Commissione ha deciso come in atti.

Fatto e diritto.

Il ricorso è fondato.

La cartella di pagamento impugnata deve considerarsi inesistente, essendo stata notificata – come dimostrato dalla documentazione prodotta dalla società ricorrente – attraverso una casella PEC spedita da un indirizzo di posta certificata (“notifica.acc.lazio@pec.agenziariscossione.gov.it”) non risultante dai registri ufficiali Reginde o Indice PA, né riferibile all’agente della riscossione neanche attraverso il ricorso al sito web dell’Agenzia.

Come già ritenuto da altra recentissima sentenza di questa Commissione (sent. 601/38/20), dalla sentenza della CTP Perugia 379/19 e dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 17346/19, “la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”; nel caso concreto, essendosi fornita la dimostrazione, che la cartella è stata spedita da un indirizzo mail diverso da quelli contenuti nei pubblici elenchi, deriva che la notificazione dell’atto impugnato deve considerarsi inesistente.

Attesa la peculiarità della vicenda sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.
accoglie il ricorso. Spese compensate.

Deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.


Comm. trib. regionale Piemonte Torino Sez. III, Sent., 11-06-2019, n. 757

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PIEMONTE
TERZA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:
GIUSTA MAURIZIA – Presidente e Relatore
BUCARELLI ENZO – Giudice
CAPUTO ANTONIO – Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
– sull’appello n. 1188/2018
depositato il 03/12/2018
– avverso la pronuncia sentenza n. 444/2018 Sez:6 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di TORINO
contro:
(…)
difeso da:
(…)
e da
(…)
proposto dall’appellante:
AGENZIA ENTRATE DIREZIONE REGIONALE PIEMONTE
Atti impugnati:
AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRES-ALTRO 2012
AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IVA-ALIQUOTE 2012
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate -Direzione Regionale del Piemonte- operava una verifica fiscale per gli anni d’imposta 2012 e 2013 nei confronti della società (…) che si concludeva con processo verbale di constatazione in data 12.9.2016.
All’esito della verifica fiscale l’Ufficio emetteva e notificava in data 24.7.2017 l’avviso di accertamento n.(…) per l’anno di imposta 2012, formulando le seguenti contestazioni;
-IRES interessi attivi al tasso legale ai sensi dell’art.89, c. 5 D.P.R. n. 917 del 1986 -maggiore imponibile euro 1.042.707,99;
-IRES interessi attivi su capitale sociale in violazione dell’art. 89, c. 5 D.P.R. n. 917 del 1986 -maggiore imponibile euro 750.000,00;
-IVA errata applicazione dell’Iva in violazione dell’art.21 D.P.R. n. 633 del 1972; maggiore imposta euro 63.085,00;
-IVA indebita detrazione in violazione dell’art. 19 D.P.R. n. 633 del 1972; maggiore imposta euro 186.554, 55.
Con ricorso presentato alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino la società (…) impugnava l’avviso di accertamento e irrogazione di sanzioni deducendo, quali motivi di annullamento, le seguenti circostanze:
-giuridica inesistenza della notifica dell’atto impoesattivo e quindi giuridica inesistenza dell’atto stesso trattandosi di atto recettizio che non si perfeziona se non in quanto notificato;
-violazione dell’art.42 D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 56 D.P.R. n. 633 del 1972;
– illegittimità dell’atto per violazione del principio del contraddittorio;
– nel merito, infondatezza dei rilievi relativi a interessi attivi da prefinanziamento; interessi attivi da presunto finanziamento ai soci; Iva e conseguente asserita errata fatturazione al 10% delle somme corrisposte a titolo di premi di accelerazione; insussistenza dell’indebita detrazione dell’Iva ad aliquota ordinaria, applicata sulle fatture della (…) ricevute da (…) e inerenti alla Direzione dei lavori;
-violazione dell’art.7 e degli artt. 4 e 5 D.Lgs. n. 472 del 1997 nonché dell’art. 7 D.L. n. 269 del 2003 illegittimità dell’applicazione della sanzione per mancata valutazione delle cause di non punibilità, mancata individuazione del trasgressore e della sussistenza dell’elemento soggettivo integrante l’illecito.
L’Agenzia delle Entrate svolgeva controdeduzioni eccependo l’infondatezza delle doglianze della ricorrente.
La Commissione Tributaria Provinciale di Torino con sentenza n. 444/06/18, pronunciata in data 10.4.2018 accoglieva il ricorso e disponeva la compensazione delle spese di lite.
Argomentava la Commissione Tributaria Provinciale di Torino che costituiva “profilo assorbente” l’eccezione proposta dalla ricorrente di violazione dell’art. 2 del CAD D.Lgs. n. 82 del 2005, nonché di violazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005, ritenendo pacifico tra le parti il fatto che l’atto impugnato sia stato sottoscritto in forma digitale e notificato nelle forme ordinarie, dando atto della conformità della copia cartacea notificata all’originale archiviato presso l’Ufficio.
Per la riforma di tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate -Direzione Regionale del Piemonte per i seguenti motivi:
-nullità della sentenza per travisamento dei fatti in quanto l’avviso di accertamento era sottoscritto in forma autografa e non in forma digitale;
-vizio di ultrapetizione in ragione della mancata proposizione dell’eccezione di violazione dell’art. 2 del CAD e dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005 da parte della società ricorrente, facendo rilevare che la sentenza impugnata aveva accolto un’eccezione in realtà mai formulata dalla parte ricorrente;
-legittimità e fondatezza dei singoli rilievi, analiticamente esaminati e illustrati;
-legittimità dell’irrogazione delle sanzioni.
La parte appellante chiedeva pertanto l’accoglimento delle conclusioni sopra riportate.
La società (…) si costituiva nel giudizio di appello con memoria di controdeduzioni e appello incidentale; dichiarava di aderire alla contestazione svolta dall’Ufficio con il primo motivo di appello relativo alla nullità della sentenza per travisamento dei fatti e vizio di ultrapetizione assumendo che la sentenza appellata aveva accolto un’eccezione di violazione dell’art. 2 del CAD e dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005 in realtà mai formulata dalla parte ricorrente e insussistente sul piano fattuale; chiedeva pertanto la riforma della sentenza di primo grado, riproponendo tutti i motivi del ricorso introduttivo, ritualmente dedotti e non esaminati; deduceva, in via preliminare l’inammissibilità dell’appello in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato.
Entrambe le partì depositavano successivamente memorie illustrative.
All’esito della pubblica udienza del 27.5.2019 la Commissione decideva come da dispositivo in calce alla presente sentenza.
Motivi della decisione
Osserva preliminarmente la Commissione che la sentenza appellata deve essere annullata per travisamento dei fatti e vizio di ultrapetizione, in accoglimento del primo motivo di appello formulato dall’appellante, cui ha dichiarato di aderire la parte appellata; la conclusione discende dal rilievo che la sentenza impugnata ha accolto un’eccezione di violazione dell’art. 2 del CAD e dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005 in realtà mai formulata dalla parte ricorrente.
Passando all’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato, osserva il Collegio che la parte appellata ha evidenziato che l’atto di appello reca la sottoscrizione del Dott. (…) non quale soggetto autonomamente legittimato ma quale soggetto legittimato per delega del Direttore generale Dott. (…) senza peraltro allegare copia di tale atto di delega e senza indicarne gli estremi.
L’assunto non è accoglibile in quanto superato dalla considerazione che dalla delega di firma prodotta dall’Agenzia delle Entrate quale allegato alla memoria illustrativa risulta che il Direttore generale Dott. (…) conferiva delega al Dott. (…) (Dirigente Ufficio legale e riscossione) per varie attribuzioni, tra cui -per quanto qui rileva- la trattazione di controversie in cui è parte la Direzione Regionale, ivi comprese quelle relative ad atti emessi dall’Ufficio Grandi contribuenti, con tutte le inerenti attività di rappresentanza in giudizio, sottoscrizione di atti processuali e conciliazione giudiziale.
L’appello va pertanto dichiarato ammissibile e deve essere esaminato il motivo pregiudiziale svolto dalla società (…) con il primo motivo di ricorso e in questa sede riproposto nella forma di appello incidentale.
Al riguardo, la società appellata ha affermato la giuridica inesistenza della notifica dell’atto impoesattivo e dell’atto stesso trattandosi di atto recettizio che non si perfeziona se non in quanto notificato.
Secondo l’assunto dell’appellata l’atto impoesattivo cumula in sé, in modo indissolubile, le tre funzioni di accertamento, titolo esecutivo e precetto e trova la sua specifica disciplina nell’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010.
Osserva la Commissione che la tesi di parte appellata, sul punto, trova riscontro nel dettato normativo, secondo l’interpretazione che appare preferibile.
La disciplina dell’azione impositiva realizzata con il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, ispirata a ragioni di economicità e funzionalità operativa, ha inteso eliminare la tradizionale separazione tra il momento impositivo del prelievo e il momento esattivo, prevedendo l’emissione di un solo provvedimento che comprende in sé, in modo inscindibile, sia l’attività impositiva, sia quella di formazione del titolo esecutivo e del precetto, si dà legittimare l’avvio dell’esecuzione forzata senza la necessità della formazione del ruolo e della sua riproduzione nella cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione.
Dal momento della notifica dell’atto così delineato decorre un termine, variamente articolato in funzione di eventi variabili, per la produzione di effetti che, in difetto di adempimento spontaneo, consentono l’immediato accesso alla procedura espropriativa.
La citata disposizione (art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010) al primo comma, lettera a) espressamente prevede che l’atto indicato debba essere notificato e che dal decorso di un ulteriore termine dalla notifica derivi l’efficacia di titolo esecutivo; il secondo periodo dell’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, primo comma, lettera a) stabilisce che l’intimazione ad adempiere al pagamento è contenuta altresì nei successivi atti da notificare al contribuente – anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento- in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, Irap e Iva.
Appare conforme al tenore letterale della normativa richiamata distinguere tra atto impoesattivo c.d. primario (disciplinato dal primo periodo della lettera a) dell’art. 29 comma primo del D.L. n. 78 del 2010 e atto impoesattivo c.d. secondario, cui si riferisce il secondo periodo dell’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, primo comma, lettera a) sopra riportato.
Ritiene il Collegio che dalla lettura dei dati normativi citati si evince che l’atto impoesattivo c.d. primario deve essere notificato in senso proprio, tramite un agente della notificazione che deve redigere e sottoscrivere la relativa relata, in considerazione della sua attitudine ad acquisire efficacia esecutiva; che gli atti impoesattivi secondari possono anche essere inviati direttamente dall’Ufficio che li ha formati, anche avvalendosi del servizio postale
Riguardo all’atto impoesattivo c.d. primario l’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, al primo comma, lettera a) periodo primo parla di notificazione senza ulteriori specificazioni, rinviando a quanto disposto dall’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 che disciplina la notificazione eseguita tramite messi, mentre relativamente agli atti impoesattivi secondari l’art. 29 del D.L. n. 78 del 2010, al primo comma, lettera a) – secondo periodo consente espressamente che la notifica possa avvenire anche direttamente, cioè senza l’intermediazione di messi notificatori, mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
L’indicata distinzione legislativa non può che essere intesa nel senso di ammettere la notifica “anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento” per i soli atti impoesattivi secondari.
Quanto alla funzione che la notificazione assume nella fattispecie impoesattiva, va rilevato che il citato art. 29, lettera b), dispone che gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso, legittimando l’agente della riscossione a procedere a espropriazione forzata sulla base dell’atto avente efficacia di titolo esecutivo senza la preventiva notifica della cartella di pagamento.
La circostanza che la decorrenza del termine inizia dal compimento della notificazione dell’atto impoesattivo primario attribuisce alla notificazione dell’atto stesso carattere costitutivo e produttivo dell’effetto dell’atto, che rientra pertanto nella categoria degli atti ricettizi in senso stretto; l’efficacia costitutiva della notificazione dell’atto per la produzione dei suoi effetti, inoltre, esclude la configurabilità di ipotesi di equipollenza o sanatoria, ivi compresa quella del raggiungimento dello scopo dell’atto, elaborata in riferimento agli atti processuali civili.
Discende da quanto sin qui detto che il difetto di notifica dell’atto impoesattivo primario comporta il mancato perfezionamento dell’atto stesso e l’inesistenza giuridica dei relativi effetti.
Nel caso in esame, costituisce un dato pacifico che l’atto impugnato è un atto impoesattivo primario che è stato spedito al destinatario direttamente dall’Ufficio con plico raccomandato con avviso di ricevimento senza una formale notificazione tramite l’intermediazione dell’organo notificatorio; in applicazione di principi giuridici sopra richiamati, si deve concludere affermando la giuridica inesistenza dell’atto e l’improduttività di ogni effetto.
Tale conclusione esime dal valutare le ulteriori questioni controverse tra le parti.
Per tali considerazioni, previa declaratoria di nullità della sentenza impugnata, deve provvedersi come da dispositivo.
Quanto al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla parziale soccombenza dell’appellata in punto eccezione di inammissibilità dell’appello e all’oggettiva controvertibilità della questione trattata, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione.
P.Q.M.
La Commissione in accoglimento dell’appello incidentale dichiara la nullità dell’avviso di accertamento impugnato. Spese compensate.
Così deciso in Torino il 27 maggio 2019.


Comm. trib. prov. Campania Salerno, Sez. VI, Sent., 08/11/2018, n. 4284

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI SALERNO
SESTA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

CERVINO FILOMENA EGIDIA – Presidente e Relatore

ORILIA ANTONIO – Giudice

TRITTO FRANCESCA – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 2010/2018

depositato il 20/04/2018

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TRIB.ERARIALI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2016

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2005

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2005

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRAP 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2004

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2007

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2003

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2016

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2004

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2008

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TRIB.LOCALI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2015

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2008

contro:

AG.ENTRATE – RISCOSSIONE – SALERNO

difeso da:

AVV. POLITO GIUSEPPINA

C.SO ITALIA N.3 FRAZ. VIBONATI 84079 VIBONATI

proposto dal ricorrente:

COMUNE DI CAMEROTA

PIAZZA SAN VINCENZO 84040 CAMEROTA SA

difeso da:

ROMANIELLO EMILIO

VIA PASSARELLI 84078 VALLO DELLA LUCANIA SA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Avverso estratti di ruolo relativo a cartelle esattoriali portante un presunto debito di Euro 376.243,89, riferito a n. 51 cartelle di pagamento asseritamente riferite ad atti portanti presunte imposte, tasse e / o tributi, propone formale e rituale ricorso il Sig. S.M.S., nella qualità di Sindaco p.t. del Comune di Camerota, rappresentato e difeso dal Rag. Emilio Romaniello, eccependo l’infondatezza della pretesa fiscale.

La parte ricorrente nell’analizzare in dettaglio le cartelle esattoriali premette che non sono mai state notificate nei modi di legge.

Eccepisce l’irregolarità formale dell’estratto di ruolo perché fondato su atti mai notificati; la nullità e/o inesistenza giuridica della notifica delle cartelle e la conseguente impugnabilità dell’estratto di ruolo. Sottolinea l’onere della prova a carico del Concessionario.

Rileva che anche ove venga fornita la prova la notifica è da considerare nulla perché eseguita direttamente da Equitalia senza l’intermediazione di un Ufficiale della riscossione e perché notificata a mezzo pec con file privo della firma digitale. Fa rilevare che considerati gli anni di riferimento i tributi sono prescritti. Impone stanti le precise contestazioni di ordine formale e sostanziale all’Agenzia Entrate Riscossione di depositare regolari relate di notifica delle cartelle in contestazione, nonché copia conforme delle cartelle stesse.

Rileva la decadenza dei tributi ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 602 del 1973.

Conclude per l’accoglimento del ricorso.

Nelle successive memorie illustrative nell’insistere nell’accoglimento delle proprie ragioni evidenzia dall’analisi della documentazione prodotta dalla parte resistente, che l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali non veniva eseguita nei modi di legge previsti e non può considerarsi valida. Insiste nella non validità delle notifiche effettuate via Pec con file diverso dal .p7m.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, a sua volta, ritualmente costituita in giudizio, nel controdedurre alle eccezioni sollevate rileva in diritto l’inammissibilità del ricorso, ribadisce la legittimità del proprio operato documentando la regolare notifica delle cartelle prodromiche l’estratto di ruolo. Rileva la carenza di giurisdizione per i crediti non tributari.

In via subordinata nel merito controdeduce alle altre eccezioni.

Allega documentazione probatoria, relate di notifica e supporto informatico contenente file formato .eml delle cartelle notificate a mezzo pec e procura ad litem firmata digitalmente .p7m. Insiste per il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto.

La controversia è stata trattata in pubblica udienza giusta istanza di parte.

La Commissione dopo un accurato esame delle istanze contrapposte, valutati gli atti di causa, osserva preliminarmente che le cartelle di pagamento di cui all’atto impugnato riguardano oltre che crediti di natura tributaria anche crediti di natura ordinaria rispetto ai quali va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice ordinario.

Il Collegio è chiamato in via preliminare a decidere in ordine alla questione, rilevabile d’ufficio, della autonoma impugnabilità degli estratti di ruolo.

Preliminarmente osserva che l’estratto di ruolo può essere impugnato solo qualora costituisca l’unico mezzo per far valere le pretese del contribuente. Nel caso in esame la parte ricorrente ha proposto autonoma impugnazione avverso gli estratti di ruolo, dei quali ha avuto cognizione prima della proposizione del ricorso oggetto del presente giudizio, sulla ritenuta sussistenza dell’interesse a verificare la propria posizione fiscale.

Ai fini del corretto decidere, tale circostanza induce a valutare alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 19704/15 che ha affermato, entro certi limiti, l’ammissibilità del ricorso. Con tale sentenza la Suprema Corte non ha affermato l’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo, attesa l’inidoneità dell’estratto a contenere qualsivoglia pretesa impositiva, diretta o indiretta, e quindi la assoluta mancanza di interesse (ex art. 100 c.p.c.) del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, ma ha ritenuto la sussistenza di un interesse del richiedente ad impugnare il contenuto del documento stesso ossia gli atti che nell’estratto di ruolo sono riportati ed indicati. I suddetti atti risultano inequivocabilmente impugnabili per espressa previsione del combinato disposto degli artt. 19, lett. d) e 21, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992. Dunque il contribuente che sia venuto a conoscenza attraverso il c.d. estratto di ruolo di iscrizioni a proprio carico o della emissione di cartelle esattoriali, ha la possibilità di far valere le proprie ragioni in relazione ad un atto non validamente notificatogli, senza bisogno ad attendere la notifica di un atto successivo.

Ne consegue, dunque, l’ammissibilità della domanda, laddove il ricorrente prospetta la mancata o invalida notifica delle cartelle esattoriali menzionate nell’estratto di ruolo.

Nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, convenuta in giudizio, nel rappresentare, in ordine alla eccezione di omessa notifica, che le stesse sono state correttamente notificate ha fornito documentazione probatoria.

A riguardo la Commissione osserva che il Concessionario deve dimostrare di aver notificato le cartelle di pagamento contestate e produrre in giudizio prova. Statuisce, infatti, la Corte di Cassazione SS.UU. n.5791/2008 che: “la correttezza dei procedimenti di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, sopratutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa.

Riguardo alle eccezioni riguardanti il procedimento notificatorio occorre ribadire che le cartelle risultano notificate all’Ente, effettuate direttamente presso l’Amministrazione destinataria.

La notifica, generalmente, avviene consegnando una copia dell’atto nelle mani del destinatario. Nel momento in cui tale consegna avviene, per legge il destinatario è da considerarsi a conoscenza dell’esistenza e del contenuto dell’atto o del documento che gli è stato notificato. L’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo in forza della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se lo stesso destinatario dia prova di essersi incolpevolmente trovato nell’impossibilità di prenderne cognizione. In altri termini la prova dell’arrivo della raccomandata fa presumere l’invio e la conoscenza dell’atto. In caso di notifica via posta la cartolina di ricevimento costituirà la prova dell’avvenuta notifica. Sarà l’addetto al servizio relativo a curare la consegna della busta chiusa contenente l’atto al destinatario.

Sono pertanto da considerare valide le relative notifiche effettuate all’Amministrazione pubblica.

Del pari non risulta intervenuta prescrizione della pretesa creditoria in presenza di validi atti interruttivi. Invero dalla data di notifica delle cartelle presupposte inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione del tributo, per cui la prescrizione non risulta maturata.

In ogni caso l’attività dell’Agente della riscossione deve ritenersi soggetta al termine ordinario di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c., il quale stabilisce che “… salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.

Relativamente all’eccepito disconoscimento della copia fotostatica la Commissione osserva che in tema di prova documentale l’onere di disconoscere la conformità della copia fotostatica prodotta in giudizio, all’originale, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive.

La contestazione ai sensi dell’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

L’art. 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale. Dunque occorre rilevare che non è sufficiente eccepire l’assenza dell’originale, ma è necessaria la presenza di una doglianza specifica, idonea a confutare la validità della notifica. In tal senso Cass. 29 luglio 2016, n. 15790; Cass. 07 settembre 2018, n. 21908; Cass. 04 aprile 2018, n. 8246.

Ai fini del corretto decidere, per quanto concerne la notifica a mezzo pec, la Commissione, nel rispetto del principio in virtù del quale l’Agente della riscossione può utilizzare lo strumento della notifica degli atti a mezzo PEC, osserva che la stessa deve avvenire nel rispetto dei requisiti volti a garantire la piena legittimità della procedura e, quindi, con l’avvertenza che il documento informatico allegato alla pec debba necessariamente essere dotato di firma digitale per garantire l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del file in conformità all’art. 20, comma 2, del D.Lgs. n. 82 del 2005.

Tali requisiti vengono a mancare nel formato PDF il quale non consente di rispettare detti parametri, dovendo il documento essere firmato digitalmente e, quindi, avere un formato “.p7m”.

Quindi qualora la trasmissione via pec delle cartelle di pagamento contenga il solo allegato in formato “pdf” la notifica deve essere considerata non valida, producendo la illegittimità del documento in allegato perché privo dell’estensione “.p7m”.

Tale eccezione è preliminare e pregiudiziale di ogni altra: la decisione comporta una attenta disamina delle norme che disciplinano la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento.

Occorre ribadire quanto alla disciplina della firma elettronica digitale che l’art.71 del D.Lgs. n. 82 del 2005 rinvia al DPC Cons. 22 febbraio 2013. Tanto premesso, richiamando l’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973 con la posta elettronica certificata, in luogo della copia della cartella di pagamento si notifica il documento informatico della cartella medesima.

Nel caso di specie il formato digitale del file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione è il c.d. “.pdf”.

Alla Commissione spetta, quindi, il compito delegatole dall’art. 20, comma 1-bis D.Lgs. n. 82 del 2005, di accertare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale del .pdf garantisca la conformità del documento informatico notificato all’originale e se sia valida la firma digitale dell’esattoria.

Sulla base delle norme richiamate in materia ed in particolare degli artt. 20, comma 2 e 71, D.Lgs. n. 82 del 2005 ritiene la Commissione che la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato “.pdf,” senza l’estensione c.d. “.p7m,” non sia valida e di conseguenza rende illegittime le cartelle impugnate allegate alla PEC, appunto in tale formato.

La certificazione della firma è, infatti, attestata dall’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la c.d.”busta crittografica”, che contiene al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica.

Detta estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.

In difetto di detta estensione del file, la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento non è valida con illegittimità derivata delle stesse cartelle.

D’altra parte la giurisprudenza della Suprema Corte ha da ultimo chiarito che l’Agente della riscossione, di fronte alle contestazioni del ricorrente relative alla notifica a mezzo pec delle cartelle di pagamento, ha l’onere di dimostrare di aver provveduto alla regolare notifica di esse in forma di “documento informatico” (e non di mera copia informatica di documento cartaceo), di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso via pec, nonché la regolarità della trasmissione telematica dell’atto (cfr – Cass.Civile, Sez. VI, 19.06.2018, n. 16173). I motivi di merito sono assorbiti dalla decisione sulla notificazione.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte e della documentazione versata in atti la Commissione dichiara il difetto di giurisdizione relativamente alle cartelle aventi ad oggetto crediti non tributari; in parziale accoglimento del ricorso dichiara non valide e di conseguenza illegittime le cartelle notificate a mezzo pec in formato “.pdf” senza l’estensione del file “.p7m”, quale motivo pregiudiziale ed assorbente su ogni altra questione sollevata, riferito, in particolare, alle cartelle n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…);

rigetta nel resto confermando l’operato del concessionario.

Quanto alle spese di giudizio, considerato il parziale accoglimento del ricorso, la novità e complessità della questione e le situazioni giuridiche connesse, la Commissione ritiene giusto compensarle tra le parti.

P.Q.M.
La Commissione dichiara il difetto di giurisdizione per i crediti non aventi natura tributaria, in parziale accoglimento del ricorso dichiara non valide e di conseguenza illegittime le cartelle notificate a mezzo pec in formato “.pdf” senza l’estensione del file “.p7m”; rigetta nel resto.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Conclusione
Salerno il 22 ottobre 2018.


CTR Lombardia: Sentenza n. 2479 del 29 maggio 2018

Leggi: CTR lombardia Sentenza n. 2479 del 29 maggio 2018


Comm. trib. prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. III, Sent., 02-03-2015, n. 74

La Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia ha stabilito che la notifica all’estero di un avviso di accertamento è inesistente se manca la firma del destinatario sulla ricevuta.

Leggi: Comm. trib. prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. III, Sent., 02-03-2015, n. 74


CTR Lazio – sentenza n. 3711/39/14

Leggi ctr-lazio-37112014-serve l’intermediario all’agente della riscossione