REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL SEDE DI TRENTO
composta dai magistrati:
Chiara BERSANI – Presidente
Robert SCHÜLMERS VON PERNWERTH – Consigliere
Massimo AGLIOCCHI – Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. (…) del registro di Segreteria, promosso dalla Procura regionale nei confronti di:
– F.G., nato a OMISSIS il OMISSIS, c.f. OMISSIS, residente in OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Cristina Osele del Foro di Trento – c.f. OMISSIS – con domicilio eletto presso il suo studio legale in Trento, Via Calepina, n. 75, fax (…); PEC mariacristina.osele@pectrentoavvocati.it;
– A.C. nato a OMISSIS il OMISSIS, c.f. OMISSIS, residente a OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Beatrice Tomasoni del Foro di Trento – c.f. OMISSIS – con studio in Trento, Via G. Grazioli n. 5, fax (…), PEC beatrice.tomasoni@pectrentoavvocati.it, e nel suo studio elettivamente domiciliato;
– esaminati tutti gli atti ed i documenti di causa;
– uditi, alla pubblica udienza del 19 giugno 2024, con l’assistenza del segretario dott. D.O., il magistrato relatore cons. Massimo Agliocchi, il Pubblico ministero nella persona del sostituto Procuratore generale Adamo Nicola Pepe, l’avv. Maria Cristina Osele e l’avv. Beatrice Tomasoni per i convenuti.
Svolgimento del processo
1.1 Con atto di citazione depositato il 14 febbraio 2024 la Procura regionale ha chiamato in giudizio il sig. F.G. e il sig. A.C., dipendenti, all’epoca dei fatti, del Comune di OMISSIS con qualifica, rispettivamente, di messo notificatore e di coordinatore dei messi notificatori, contestando a titolo di colpa grave un danno complessivo di Euro 294.853,39, di cui Euro 206.397,37 (pari al 70% del danno complessivo) a carico del sig. F.G. ed Euro 88.456,02 (pari al 30% del danno complessivo) a carico del sig. A.C., in seguito ad un’ipotesi di asserita responsabilità amministrativa da errata notificazione di un avviso di accertamento fiscale.
Il Requirente ricostruisce i fatti come segue:
– con nota del 17/12/2009 l’Ufficio controllo dell’Agenzia delle Entrate delegava al Comune di OMISSIS la notificazione al sig. OMISSIS di un avviso di accertamento;
– in data 22/12/2009 il sig. F.G. tentava la notifica “a mani” presso l’ultima residenza conosciuta del debitore (OMISSIS);
– ritenendo ricorrere un’ipotesi di irreperibilità assoluta del destinatario, il pubblico ufficiale procedeva alla notifica del plico ai sensi dell’art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, attestando nella relata di notifica che “in questo comune non vi è porta di abitazione, ufficio o azienda del contribuente” ed aggiungendo che “da informazioni assunte sul posto, risulta trasferito/sconosciuto pur mantenendo la residenza in questo Comune, come attesta l’allegata certificazione anagrafica”;
– quindi, prosegue l’attore, il sig. G. depositava il plico presso l’Ufficio spedizioni e notifiche del Comune di OMISSIS e contemporaneamente affiggeva all’Albo pretorio, in busta chiusa e sigillata, l’avviso di notifica che restava pubblicato dal 22/12/2009 al 30/12/2009 e il giorno 04/01/2010 l’amministrazione comunale restituiva all’Agenzia delle Entrate l’atto corredato della relata di notifica;
– in data 29/11/2010, sulla base delle attestazioni di avvenuta notifica da parte del messo comunale, OMISSIS notificava regolarmente al sig. OMISSIS – presso la sua residenza in OMISSIS presso cui il OMISSIS aveva medio tempore trasferito la residenza in data OMISSIS – una cartella di pagamento per la somma di Euro 294.853,39 a titolo di redditi non dichiarati nel 2005;
– l’ingiunzione fiscale veniva ritualmente impugnata dal debitore presso la Commissione Tributaria di I grado di Trento eccependo in via principale la nullità e/o l’inesistenza della notifica dell’atto presupposto (ossia l’avviso di accertamento). Nel contenzioso tributario la difesa del sig. OMISSIS forniva prova documentale del fatto che il ricorrente era titolare della ditta individuale denominata “OMISSIS” con sede dal 2003 nel Comune di OMISSIS in via OMISSIS;
– il procedimento tributario veniva sospeso per la definizione della querela di falso azionata dal debitore al fine di accertare la non veridicità delle dichiarazioni contenute nella relata di notifica redatta dal messo;
– il Tribunale di Trento definiva il giudizio sulla querela di falso con la sentenza n. OMISSIS dichiarando inammissibile l’istanza;
– la Commissione Tributaria di I grado di Trento con sentenza n. OMISSIS accoglieva il ricorso del sig. OMISSIS e dichiarava inesistente la notifica dell’avviso di accertamento, secondo il Requirente, “per aver il signor G. proceduto alla notifica dell’avviso ai sensi dell’art. 60 co. 1 lett. e) del D.P.R. n. 600 del 1973 in assenza dei presupposti requisiti ovvero per aver omesso di svolgere le necessarie ricerche in ordine agli ulteriori possibili recapiti del debitore all’interno del Comune dell’ultima residenza conosciuta. Consequenzialmente veniva dichiarata la nullità, derivata, della cartella di pagamento n. OMISSIS”;
– la Commissione Tributaria di II grado di Trento con sentenza n. OMISSIS respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermava la sentenza di primo grado;
– con ordinanza n. OMISSIS del OMISSIS la Corte di cassazione, sez. tributaria, consolidava la decisione del giudice tributario rigettando definitivamente le istanze dell’Agenzia delle Entrate.
Svolta tale ricostruzione dei fatti, ritiene l’attore che il danno sia eziologicamente riconducibile alla condotta omissiva del messo comunale che “con massima leggerezza funzionale non ha effettuato una verifica semplice ed elementare: vale a dire, acquisire una visura camerale e constatare che il signor OMISSIS, all’epoca della notifica, fosse titolare della ditta individuale denominata “OMISSIS” con sede, dal 2003, nel Comune di OMISSIS,, in via OMISSIS”. La verifica sull’azienda non avrebbe costituito solo un adempimento logico ed elementare, ma sarebbe stato obbligatorio anche ai sensi dell’art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, ciò in quanto in base a questa disposizione la notifica agli irreperibili assoluti può avvenire solo se ricorrono determinati presupposti.
Il Requirente espone quindi lo sviluppo della fase preprocessuale precisando che inizialmente l’invito a dedurre era stato notificato solo al sig. G., ma a seguito delle deduzioni presentate e dell’audizione personale dello stesso, era stato notificato un invito a dedurre anche nei confronti del sig. A.C. in quanto il sig. G. aveva riferito che (a) il C. gli aveva assegnato la notifica come urgente, (b) era stato il C. a dirgli di effettuare la notifica ex art. 60, c. 1, lett. e) del D.P.R. n. 600 del 1973 dopo l’esito negativo dell’accertamento anagrafico e (c) l’accesso alle visure camerali non era nella disponibilità dei messi comunali, ma lo poteva fare solo il C. in qualità di coordinatore.
L’attore confuta quindi l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa del C. rilevando che l’esecutività della sentenza di primo grado della Commissione Tributaria non rileva e il dies a quo del termine prescrizionale decorrerebbe solo dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione, perché solo con il giudicato il credito erariale sarebbe diventato irrecuperabile.
Nel merito, secondo il Requirente, non sono state formulate difese in grado di confutare la grave irregolarità del procedimento di notifica. Non rileverebbe neppure il fatto che il plico da notificare fosse chiuso e che il Tribunale di Trento avesse dichiarato inammissibile la querela di falso.
Ancora, rileva l’attore che il C. non smentisce le dichiarazioni del G. rese al PM in ordine al suo ruolo di coordinatore dei messi comunali, peraltro documentalmente riscontrato, e al fatto che solo il C. poteva effettuare la visura camerale, nonché alla circostanza che sarebbe stato proprio il C.a dire al G., dopo la verifica anagrafica, di notificare l’atto con la procedura ex art. 60, c. 1, lett. e) del D.P.R. n. 600 del 1973.
Precisa anche il Procuratore che la riferita prassi contra legem sull’applicazione del ridetto art. 60, invocata dalle difese del C., non avrebbe rilevanza nella valutazione dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa.
Infine, per completezza, l’attore riconosce che l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto segnalare nella richiesta di notifica che il destinatario era titolare di un’attività commerciale nel Comune di OMISSIS, ma ritiene tuttavia tale carenza estranea alla catena causale del danno.
Pertanto, il Requirente, dopo aver esaminato le difese preprocessuali accantona l’ipotesi del dolo e sostiene invece la colpa grave sia del G., sia del C., attribuendo al primo il 70% dell’asserito danno arrecato all’Agenzia delle entrate.
1.2 Con comparsa di difesa depositata il 30 maggio 2024 si è costituito il sig. F.G. con il patrocinio dell’avv. Maria Cristina Osele.
La difesa ricostruisce i fatti evidenziando, in particolare, quanto segue:
– L’Agenzia delle Entrate svolgeva attività di controllo sulla “OMISSIS”; – in fase istruttoria l’Ufficio controlli dell’Agenzia delle Entrate interloquiva in più occasioni con il contribuente e notificava anche invito a comparire per chiarimenti in ordine all’anno d’imposta 2005;
– il contribuente conferiva la rappresentanza ed eleggeva domicilio presso un commercialista;
– l’Agenzia delle Entrate predisponeva avviso di accertamento “riferito all’attività commerciale esercitata in OMISSIS dalla ditta individuale OMISSIS e per il quale il sign. OMISSIS aveva eletto domicilio presso il commercialista dott. OMISSIS in OMISSIS”;
– l’avviso di accertamento veniva sigillato e quindi “nei suoi contenuti risultava ignoto….”;
– l’Ufficio controlli dell’Agenzia delle Entrate trasmetteva al Sindaco del Comune di OMISSIS la nota di richiesta di notifica (a) senza specificare che il plico sigillato si riferiva ad un avviso di accertamento riferito all’anno 2005; (b) senza indicare il termine essenziale (31/12/2009) entro il quale effettuare la notifica; (c) indicando solo il nome del contribuente (“OMISSIS”), senza precisare la “RAGIONE SOCIALE” sebbene prevista dal modello recante “elenco descrittivo degli atti che si trasmettono per la notifica”;
– il 21/12/2009 il Comune di OMISSIS registrava in ingresso la lettera del 17/12/2009 dell’Agenzia delle Entrate ed il sig. C. “in tarda mattinata” incaricava della notifica il sig. F.G. competente per la zona di OMISSIS, “senza fornire precisazioni specifiche, salvo il termine del 22/12 per la notifica”;
– nel pomeriggio dello stesso giorno il sig. F.G., (a) “effettuata la verifica anagrafica, che confermava l’indirizzo di residenza indicato dall’Agenzia delle Entrate”, si recava presso l’indirizzo del destinatario “situato all’interno di un ampio edificio”; (b) controllava i campanelli del civico OMISSIS di Via OMISSIS “senza rinvenire il nominativo del sig. OMISSIS”; (c) “suonando ad un campanello a caso, riusciva ad entrare nella scala condominiale e quindi controllava tutti i portoncini d’ingresso alle abitazioni e tutte le cassette postali, purtroppo senza esito”; (d) “chiedeva informazioni a n. 3 persone presenti nell’atrio, senza ottenere evidenze oggettive circa la presenza del sig. OMISSIS”; (e) “controllava le insegne presenti nelle prossimità del numero civico OMISSIS, senza trovare alcun riferimento al sig. OMISSIS”.
– sempre il medesimo giorno 21/12/2009 il sig. G. rientrava in sede e comunicava al C. quanto avvenuto. Quindi, “Il C., verbalmente, riferiva al sig. G. di procedere con l’iter di cui all’art. 60 lett. E) del D.P.R. n. 600 del 1973. Il sig. G. procedeva in tal senso, limitandosi a cliccare un tasto del computer che, in automatico, formava la relata e la “stampa””;
– terminato il periodo di pubblicazione, il sig. C. “anziché avvisare subito l’Agenzia delle Entrate il giorno mercoledì 30.12.2009, attendeva sino al 4.1.2010 prima di restituire l’atto notificato all’Agenzia delle Entrate”;
– in data 26/04/2010 il sig. OMISSIS modificava anche formalmente la propria residenza, fissandola in OMISSIS, via OMISSIS;
– si richiamano poi le note dei Segretari generali del Comune di OMISSIS, che hanno confermato la correttezza dell’operato del messo notificatore.
Posta tale ricostruzione dei fatti, la difesa del sig. G. sostiene l’inesigibilità della condotta e l’assenza di causalità per responsabilità omissiva o commissiva di altri soggetti in rapporto di servizio, evidenziando quanto segue:
a) il sig. G. aveva meno di 24 ore per effettuare la notifica ed era solo il sig. C. che intratteneva rapporti con l’Agenzia delle Entrate;
b) nel 2009 il sig. G., al pari degli altri messi notificatori, non era abilitato alla consultazione delle visure camerali;
c) il sig. C. non ha contestato che la visura camerale poteva farla solo lui e che dopo la verifica anagrafica fu proprio lui a dire al G. di notificare ex art. 60 lett. e);
d) lo stesso sig. C., coordinatore del servizio, ha ammesso nelle sue difese che era prassi all’epoca di non chiedere la visura camerale per le notifiche a persone fisiche;
e) l’Agenzia delle Entrate aveva trasmesso l’avviso di accertamento da notificare tardivamente ed in prossimità del termine decadenziale del 31/12/2009;
f) l’Agenzia delle Entrate aveva omesso importanti informazioni di cui era a conoscenza, tra le quali (1) l’elezione di domicilio presso un commercialista da parte del contribuente (2) l’indirizzo presso cui il sig. OMISSIS esercitava l’attività di OMISSIS (3) il fatto che l’avviso di accertamento era diretto ad una ditta individuale.
Dunque, secondo la difesa, la causa del presunto danno non sarebbe rinvenibile nel comportamento del G., bensì sarebbe collegabile alle azioni od omissioni di altri soggetti.
Sostiene poi la difesa che si sarebbe anche interrotto il nesso causale nella catena eziologica degli eventi atteso che il sig. C. ha trasmesso all’Agenzia delle Entrate solo il 04/01/2010 l’esito dell’attività di notifica a fronte del perfezionarsi della procedura di pubblicazione all’Albo pretorio in data 30/12/2009. Pertanto, si sostiene, se l’Agenzia delle Entrate avesse ricevuto la relata di notifica il 30/12/2009 avrebbe potuto, in ipotesi, rendersi conto dell’errore di notifica e avrebbe potuto richiedere una nuova notifica urgente entro il 31/12/2009.
Con riferimento all’elemento soggettivo, la difesa del sig. G. sostiene la mancanza di colpa grave avendo egli eseguito il suo incarico con massima solerzia e nel rispetto delle procedure interne e delle proprie limitate competenze, atteso che il convenuto ha conseguito solo il diploma di terza media, svolgeva all’interno del Comune di OMISSIS solo funzioni esecutive ed era in possesso di minori informazioni sia rispetto al sig. C., che era l’unico soggetto abilitato ad accedere alla banca dati della Camera di commercio, sia rispetto all’Agenzia delle Entrate.
Si eccepisce poi la violazione dell’onere della prova, in quanto la Procura avrebbe dovuto dimostrare, secondo la difesa, che il contribuente (sig. OMISSIS) era solvibile all’epoca dei fatti.
La difesa sostiene anche la prescrizione della pretesa erariale, in quanto il dies a quo dovrebbe decorrere dall’estinzione della pretesa erariale, ossia il 01/01/2010.
Infine, nel caso di condanna, la difesa chiede l’applicazione del potere riduttivo e la diversa ripartizione del danno tra i convenuti nella misura del 50% ciascuno.
1.3 Con comparsa di risposta depositata il 30 maggio 2024 si è costituito il sig. A.C. con il patrocinio dell’avv. Beatrice Tomasoni.
Oltre a quanto già rilevato dalla difesa del sig. G. in ordine alle carenti informazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, si precisa che al sig. C. all’epoca dei fatti competeva solo, in quanto coordinatore del servizio, consegnare gli atti da notificare ai messi competenti per zone della città. Per cui non rileverebbe quanto asserito dalla difesa del G., ossia che il C. avrebbe detto al G. di procedere con la notifica ex art. 60 lett. e) del D.P.R. n. 600 del 1973, giacché la notifica è comunque attività di specifica competenza del messo.
In ordine al contenzioso tributario, si evidenzia che la Cassazione, nel confermare le sentenze di merito, si sarebbe basata sull’assunto che fosse pacifico che il contribuente svolgesse l’attività di OMISSIS, fatto non noto ai notificatori.
In diritto, la difesa sostiene innanzitutto la mancanza di una condotta antigiuridica, sul presupposto che il convenuto non avrebbe posto in essere alcun comportamento violativo di leggi, regolamenti, ordini di servizio o regole di buona amministrazione, avendo eseguito il compito assegnato nel minor tempo possibile. Anche la restituzione del plico all’Agenzia delle Entrate in data 04/01/2010 rispettava i termini procedimentali (30 giorni).
Si sottolinea poi che la procedura dell’epoca prevedeva che per i contribuenti persone fisiche non si richiedesse la visura della Camera di commercio e tale procedura è stata confermata dal Segretario generale del Comune di OMISSIS dell’epoca e attuale.
Secondo la difesa sarebbe assente anche la colpa grave. La difesa sostiene che “il convenuto si è comportato in modo rispettoso e aderente ai propri doveri di ufficio, improntando il proprio comportamento ad un canone di assoluta diligenza, operando tempestivamente ed in aderenza alla procedura”, come risulterebbe anche dalla memoria dell’Avvocatura dello Stato nell’ambito del giudizio per querela di falso e dalla relativa sentenza del Tribunale di Trento n. OMISSIS.
Con riferimento al nesso causale, la difesa sostiene che “il danno subito dall’Amministrazione non risulta in alcun modo conseguenza immediata e diretta delle azioni dell’odierno convenuto, che si è attenuto scupolosamente ai propri doveri d’ufficio…”; inoltre la condotta del sig. C., sempre in tesi difensiva, “…in alcun modo ha determinato l’insorgenza diretta ed immediata del danno, per la cui genesi risulta imprescindibile l’attività del messo comunale G., unico deputato alla notifica di quell’atto…”.
In ordine al danno risarcibile, si richiama l’art. 1227, c. 2, del c.c. in quanto si ritiene l’Agenzia delle Entrate responsabile di aver fornito carenti informazioni ai notificatori.
Infine, si sostiene la prescrizione del danno che decorrerebbe dalla sentenza di primo grado della Commissione tributaria.
Nel caso di condanna, si chiede l’applicazione del potere riduttivo e la riduzione della quota di danno ascrivibile al C..
1.4 Con memoria depositata il 4 giugno 2024 il Procuratore regionale ha sostanzialmente ribadito le proprie argomentazioni replicando alle eccezioni nuove formulate dalle difese nelle memorie. In particolare, il Requirente sostiene che l’impossibilità per il G. di ottenere una visura camerale non avrebbe efficacia totalmente scusante anche a fronte del superficiale impulso del C.. Inoltre, il nesso causale tra il comportamento del sig. G. ed il danno non si sarebbe interrotto dal comportamento del C. per la restituzione all’Agenzia delle Entrata il 04/01/2010 della relata di notifica, poiché una catena causale certa e concreta non potrebbe sostituirsi con una catena causale alternativa ed ipotetica, oltretutto non sorretta da uno specifico obbligo giuridico a carico del C. di restituire immediatamente l’atto di notifica. Sarebbe poi eziologicamente irrilevante la circostanza che l’Agenzia delle Entrate abbia indicato ai notificatori solo la residenza del OMISSIS senza precisare che egli era titolare di un’azienda nel Comune di OMISSIS, atteso che con la visura camerale la carenza informativa sarebbe stata agevolmente superata. Con riferimento all’onere della prova, l’attore sottolinea che esso va scrutinato in relazione alla domanda concretamente azionata e non su quella alternativa proposta dalla difesa; dunque, la solvibilità del OMISSIS sarebbe un fattore eziologico estraneo alla catena causale ed irrilevante rispetto al danno contestato. Infine, secondo la Procura non vi sarebbero i presupposti per l’esercizio del potere riduttivo, considerata la massima superficialità del comportamento posto in essere dai convenuti, “che lambisce il dolo eventuale”, ed in mancanza di concreti elementi giuridici idonei a giustificarlo.
1.5 All’odierna udienza, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
2.1 Il presente giudizio ha ad oggetto l’azione di responsabilità amministrativa esercitata dalla Procura regionale nei confronti del sig. F.G. e del sig. A.C., all’epoca dei fatti dipendenti del Comune di OMISSIS con qualifica, rispettivamente, di messo notificatore e di responsabile dell’Ufficio spedizioni, in relazione ad un’ipotesi di errata procedura di notifica di un avviso di accertamento fiscale che avrebbe causato un presunto danno erariale all’Agenzia delle Entrate di Trento di complessivi Euro 294.853,39, ripartito nella misura del 70% a carico del primo (Euro 206.397,374) e del 30% a carico del secondo (Euro 88.456,02), oltre a rivalutazione monetaria ed interessi.
2.2 Va preliminarmente respinta l’eccezione di prescrizione sollevata da entrambe le difese, che individuano il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale dal momento in cui si sarebbe asseritamente estinta la pretesa erariale, ossia il 01/01/2010 (difesa G.), ovvero dal deposito della sentenza di primo grado della Commissione tributaria di Trento avvenuto in data 22/09/2015 (difesa C.), a fronte degli inviti a dedurre notificati dalla Procura in data 20/11/2023 (G.) e 22/12/2023 (C.).
Come correttamente rilevato dal Requirente, la pretesa fiscale si è, in realtà, definitivamente estinta solo con il passaggio in giudicato delle sentenze tributarie di merito di primo e di secondo grado che avevano accertato la nullità dell’atto impugnato per difetto di notifica dell’avviso di accertamento, avvenuto con il deposito dell’ordinanza R.G.N. OMISSIS della Corte di cassazione, pubblicata in data OMISSIS (sent. n. OMISSIS). Infatti, solo in questo momento è divenuto certo ed irreversibile il danno erariale e, di conseguenza, configurabile l’interesse ad agire della Procura contabile. Ed evidentemente, tra la data appena indicata e quella di notifica degli inviti a dedurre, sopra riportata, non è decorso il termine prescrizionale di 5 anni dal “fatto dannoso” di cui all’art. 1, c. 2, della L. n. 20 del 1994.
2.3 Nel merito, la domanda attorea va parzialmente accolta per le ragioni e nella misura di seguito specificate.
2.3.1 La contestazione della Procura si fonda essenzialmente sull’asserita violazione dell’art. 60 (rubricato “Notificazioni”) c. 1, lett. e) del D.P.R. n. 600 del 1973 recante “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”.
È quindi necessario analizzare tale disposizione e, più in generale, il quadro normativo di riferimento.
Dispone il richiamato art. 60, c. 1, lett. e):
“La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche:
e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 del codice di procedura civile, in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione”.
La norma richiama gli articoli 137 e ss. del c.p.c. in materia di notificazione degli atti giudiziari apportandovi tuttavia alcune modifiche, riportate al c. 1, lettere da a) ad f) e nei commi successivi, dettate evidentemente dall’esigenza di creare una disciplina speciale per gli accertamenti fiscali. Peraltro, anche per le notifiche degli avvisi di accertamento e degli altri atti inerenti alle imposte sui redditi (ivi incluse le cartelle esattoriali, ex art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973) occorre distinguere l’ipotesi della “irreperibilità relativa” (art. 140 c.p.c., disposizione la cui applicazione non è esclusa dall’art. 60, c. 1, lett. f, del ridetto n. 600/1973), che ricorre quando sia conosciuta la residenza o l’indirizzo del destinatario il quale, tuttavia, non sia stato rivenuto al momento della consegna dell’atto, dall’ipotesi della “irreperibilità assoluta” (art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973) che presuppone l’accertamento della mancanza di alcun recapito del soggetto notificatario (“abitazione, ufficio, azienda”) nel territorio comunale, con conseguente affissione all’albo comunale dell’avviso di deposito per otto giorni (diversamente, l’art. 143 del c.p.c. fa unicamente riferimento alla mancata conoscenza della residenza, dimora o domicilio del destinatario e richiede la pubblicazione all’albo pretorio per venti giorni).
Dunque, la notifica ai sensi dell’art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 si caratterizza per essere estremamente semplificata rispetto sia alla procedura di notifica di cui all’art. 143 del c.p.c., di cui costituisce il pendant in materia fiscale, sia a quella di cui all’art. 140 del c.p.c. (che impone l’affissione dell’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e l’invio di raccomandata con avviso di ricevimento).
È, quindi, certamente una procedura residuale, oggettivamente meno garantista per il contribuente, che deve perciò risultare ancorata ad una puntuale ed attenta verifica dei presupposti legittimanti individuati dalla disposizione di legge (“quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente….”). Infine, è opportuno richiamare anche quanto disposto dall’art. 148 del c.p.c. che individua gli elementi essenziali ed imprescindibili che deve contenere la relazione di notifica con precisazione delle operazioni compiute dal notificatore (“L’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto.
La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario”).
2.3.2 Come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza, “In tema di notificazione degli atti impositivi, il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste, per gli “irreperibili assoluti”, dall’art. 60, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., deve svolgere le ricerche volte a verificare che il contribuente non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune nel quale aveva il domicilio fiscale” (ex multis, Cass. civ., sez. trib., ord. 03/04/2024, n. 8823; Cass. civ., sez. trib., ord. 20/03/2023, n. 7994). In particolare, è consolidato il principio secondo cui:
“…il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio; deve accertare, infatti, se il mancato rinvenimento del destinatario sia dovuto ad irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto. In sostanza, il messo o l’ufficiale giudiziario che procedono alla notifica devono pervenire all’accertamento del trasferimento del destinatario in luogo sconosciuto dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune” (ex multis, Cass. civ., sez. trib., ord., 03/04/2024, n. 8823; Cass. civ., sez. trib., ord. 11/01/2024 n. 1172; Cass. civ., sez. trib., ord. 31/07/2023, n. 23183, Cass. civ., sez. VI., ord. 08/03/2019, n. 6765).
Inoltre, per quanto attiene alla tipologia di verifiche richieste al messo notificatore prima di procedere alla notifica in caso di irreperibilità assoluta e ai contenuti delle relate di notifica, è stato più volte ribadito quanto segue:
“Con riferimento alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento delle ricerche, nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame. Pertanto, in definitiva, in tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall’art. 60 lett. e), cit. in luogo di quella ex art. 140 cod. proc. civ. il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l’irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale (tra le più recenti, Cass. 31/07/2023, n. 23183, Cass. 08/03/2019, n. 6765)” (Cass. civ., sez. trib., ord. 03/04/2024, n. 8823).
Al riguardo, è stato altresì precisato quanto segue:
“Va osservato che, in caso di irreperibilità del destinatario della notifica, due sono le possibilità che si danno all’agente notificante: identificare un’ipotesi di irreperibilità relativa, cioè in cui si abbia solo un temporaneo allontanamento del destinatario dalla propria abitazione, nel qual caso egli è tenuto – oltre ad immettere l’avviso in cassetta – a inviare una raccomandata contenente l’avviso di avvenuto deposito del plico; ovvero, dopo l’effettuazione delle opportune ricerche, identificare un’ipotesi di irreperibilità assoluta, affiggendo all’albo pretorio il relativo avviso di deposito presso l’albo del comune, in busta chiusa e sigillata, con conseguente perfezionamento nell’ottavo giorno successivo a quello dell’affissione.
Nessuno di tali adempimenti risulta nella specie essere stato eseguito (o meglio l’agente notificatore ha allegato in alcune delle notifiche i certificati anagrafici che confermavano la residenza in loco della B.B.), di talchè non poteva il messo nella specie – a fronte delle risultanze anagrafiche che inequivocabilmente indicavano nell’indirizzo cui è stato effettuato l’accesso l’abitazione della contribuente – procedere alla notifica in base alle regole proprie della irreperibilità c.d. assoluta” (Cass. civ., sez. trib., ord. 27/01/2023, n. 2480). Questa pronuncia ha altresì rilevato che le ricerche che deve compiere il notificatore non sono rese superflue “dal fatto che l’immobile sia stato genericamente valutato come ‘inagibile’, ma anzi necessarie al fine di stabilire se comunque la contribuente accedesse all’immobile stesso o avesse fissato la propria dimora in altro luogo del Comune ove si trovava la sua residenza fiscale o comunque avesse trasferito la propria residenza di fatto in luogo sconosciuto (ricerche che non si potevano ritenere astrattamente impossibili, come invece fa la Commissione d’appello, per il fatto che la città era stata attinta, quattro anni prima, dal noto evento sismico). Solo dopo aver documentato siffatte ricerche, e il loro vano esito, il messo avrebbe potuto procedere alla notifica con il rito proprio dell’irreperibilità c.d. assoluta”.
Analogamente è stato ritenuto che le informazioni raccolte dal custode dello stabile ove era ubicato il domicilio fiscale del contribuente circa il trasferimento di quest’ultimo in una località non nota non fossero sufficientemente idonee a sostanziare l’irreperibilità assoluta (v. Cass., sez. 6-5, 08/03/2019, n. 6765; id., Sez. 5, 27/07/2018, n. 19958).
I principi appena esposti sono stati ribaditi anche nella sentenza Cass. civ., sez. trib., ord. OMISSIS, n. OMISSIS, con cui è stata decisa in modo definitivo la vicenda tributaria sfociata nel presente giudizio di responsabilità. In particolare, la Cassazione ha statuito quanto segue: “La questione che si pone (se siano state rispettate oppur no le regole che riguardano la cd. “irreperibilità assoluta” di cui all’art. 60, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 cit., procedura notificatoria applicata alla fattispecie) assume particolare rilievo in quanto questa Corte ha affermato che la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi va eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, lett. e), quando il notificatore non reperisca il contribuente perché trasferitosi in luogo sconosciuto, sempre che abbia accertato, previe ricerche, attestate nella relata, che il trasferimento non sia consistito nel mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune del domicilio fiscale (cfr. Cass., 15/03/2017, n. 6788).
Con riferimento alla previa acquisizione di notizie e/o al previo espletamento delle ricerche, poiché nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere compiute né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, questa Corte, con indirizzo unanime, ha individuato, come requisito imprescindibile, ferma la libertà della forme della ricerca, che emerga con chiarezza che le ricerche siano state effettuate e che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame (v. Sez. 5, 28/09/2007, n. 20425).
In tal senso, è stato precisato che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta del procedimento notificatorio, onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell’atto sia dovuto ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto (v. Sez. 6-5, 07/02/2018, n. 2877)”.
2.4 Alla luce del quadro normativo appena riportato il Collegio rileva l’evidente antigiuridicità del comportamento posto in essere dai convenuti nel procedimento di notifica di cui trattasi. Infatti, come emerso chiaramente dagli atti a giudizio, né il messo notificatore sig. G., né il coordinatore sig. C., si sono premurati di effettuare le ricerche e le verifiche necessarie e prodromiche alla decisione di eseguire la notifica ai sensi del ridetto art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973. Risulta infatti dalla relata di notifica (doc. 2 alleg. 2 all’atto di citazione) redatta in data 22/12/2009 che il sig. G. effettuava la procedura di notifica ex art. 60 lett. e) attestando quanto segue: “poiché in questo comune non vi è porta di abitazione, ufficio o azienda del contribuente e, inoltre, da informazioni assunte sul posto, risulta trasferito/sconosciuto pur mantenendo la residenza in questo comune, come attesta l’allegata certificazione anagrafica…” (la relata di notifica non è affatto l’esito di una anonima ed automatica procedura informatica, come sostiene la difesa richiamando un altro documento, doc. 9 alla memoria G.). Appare dunque chiaro che il messo comunale sig. G. si sia limitato ad effettuare un accertamento anagrafico ed abbia reperito solo mere e sommarie informazioni in loco (che, come sopra visto, per giurisprudenza consolidata non sono sufficienti a giustificare la procedura di notifica agli irreperibili assoluti, v. Cass., sez. 6-5, 08/03/2019, n. 6765; id., sez. 5, 27/07/2018, n. 19958). Inoltre, nonostante l’espressa affermazione in relata “in questo comune non vi è porta di abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, non è stata eseguita alcuna effettiva ed attenta verifica circa l’esistenza di “abitazione, ufficio o azienda” del contribuente, ancorché il testo della disposizione più volte richiamata (art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973) sia inequivoco sul punto ed imponga un accertamento scrupoloso e completo prima di eseguire la speciale procedura di notifica agli irreperibili assoluti. Oltretutto, anche dal punto di vista anagrafico e tenuto conto dell’evidente eccezionalità della procedura di notifica agli irreperibili assoluti, il messo avrebbe dovuto altresì accertare con maggiore attenzione che il trasferimento di residenza, ancorché non risultante dal certificato anagrafico, non si fosse in realtà risolto in un mero cambio di indirizzo all’interno dello stesso Comune di OMISSIS, come effettivamente successo nel caso concreto (si veda giurisprudenza sopra citata).
E neppure il sig. C., che era stato interpellato dal sig. G. in ordine alla gestione della specifica procedura di notifica, come emerso in giudizio, ha ritenuto di disporre gli ulteriori e necessari accertamenti (tra i quali sicuramente vi era anche la visura camerale) che avrebbero consentito di verificare, senza dubbio alcuno, se il notificatario sig. OMISSIS non avesse effettivamente “abitazione, ufficio o azienda” nel territorio comunale.
Anche la richiamata sentenza della Corte di cassazione (n. OMISSIS) con cui è stato definito il giudizio tributario si è soffermata sul punto precisando quanto segue: “Del resto, anche dalla relata di notifica del 22 dicembre 2009 (come trascritta in ricorso ed in controricorso e prodotta sub b) al controricorso), risulta che il messo comunale ha attestato che “non vi è porta di abitazione, ufficio o azienda (n.d.r. enfasi aggiunta) del contribuente” e che “da informazioni assunte sul posto, risulta trasferito/sconosciuto pur mantenendo la residenza in questo comune (n.d.r.: enfasi aggiunta), come attesta l’allegata certificazione anagrafica”. Alcun riferimento in relata è stato fatto, dunque, alle necessarie ricerche nell’ambito del Comune del domicilio fiscale in ordine all’effettività dell’abitazione dell’ufficio o dell’azienda del contribuente nonostante quest’ultimo svolgesse – come è pacifico l’attività di OMISSIS all’indirizzo di via (Omissis) dello stesso Comune di (Omissis) e che, per ammissione dello stesso messo notificatore, lo stesso risultasse trasferito ad altro indirizzo ma nell’ambito dello stesso Comune.
In altri termini, la verifica effettuata dal messo notificatore non spiega se il mancato rinvenimento del destinatario presso l’abitazione di Via (Omissis), in (Omissis), sia stato dovuto effettivamente ad un’ipotesi di irreperibilità assoluta, quest’ultima configurabile, si ripete, soltanto là dove nel Comune di (Omissis), già sede del domicilio fiscale, il contribuente non avesse avuto più né abitazione, né ufficio o azienda”.
Per le ragioni appena esposte non possono essere accolte, sul punto, le eccezioni svolte dalle difese in quanto: (a) risulta evidente la marcata violazione della disposizione fiscale più volte richiamata (art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973) che si caratterizza per la sua chiarezza e semplicità applicativa; (b) l’esistenza di una prassi interna all’epoca dei fatti, che non imponeva la richiesta della visura camerale in caso di notifica a persona fisica, deve ritenersi palesemente contra legem e quindi non in grado di eliminare l’antigiuridicità della condotta (v. Appello, Sez. II, sent. n. 178/2023; questa Sezione, sent. n. 23/2023).
2.5 Per quanto attiene all’elemento soggettivo della colpa grave, in termini di generale inquadramento, sono stati recentemente ribaditi dalla Sezione III centrale d’Appello (sent. 172/2024) principi generali e consolidati, che il Collegio condivide e ritiene opportuno richiamare, secondo i quali: “…occorre evidenziare che la nozione di colpa grave è tuttora sintetizzabile nella definizione datane dalle Sezioni riunite di questa Corte, nelle sentenze n. 56/A del 10 giugno 1997 e n. 23/a del 21 maggio 1998, che la hanno qualificata come “(…) l’evidente e marcata trasgressione degli obblighi di servizio o di regole di condotta che sia ex ante ravvisabile dal soggetto e riconoscibile per dovere di ufficio e si concretizzi nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto o in una marchiana imperizia, superficialità e noncuranza, e non sussistano oggettive ed eccezionali difficoltà nello svolgimento dello specifico compito d’ufficio” (citata in Sez. App. Sicilia, n. 27 del 2023).
Il giudice, quindi, per accertare l’eventuale sussistenza della colpa grave è tenuto ad effettuare una doppia valutazione, individuando, da un lato, il fondamento normativo della regola a contenuto cautelare, che esprime – in termini di prevedibilità, prevenibilità ed evitabilità – la misura della condotta sulla quale il legislatore ha riposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio del danno e, dall’altro, in concreto, il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista, in ragione delle condizioni concrete nelle quali è stato adottato il comportamento (Sez. III App. n. 248 del 2019; Sez. II App., n. 637 del 2015).
Sulla base di tale doppia valutazione, devono essere ritenute affette da colpa grave quelle evidenti e marcate trasgressioni degli obblighi di servizio o di regole di condotta, che siano “ex ante” ravvisabili e riconoscibili per dovere d’ufficio, e che, in assenza di oggettive ed eccezionali difficoltà, si concretizzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto ovvero in una marchiana imperizia o in una irrazionale imprudenza.
Rimeditata ormai da tempo la tradizionale concezione psicologica della colpa, quale nesso psichico tra agente e fatto materiale, la giurisprudenza è approdata ad una diversa ricostruzione di matrice normativa, che si traduce in un giudizio di rimproverabilità per una condotta anti-doverosa, che era possibile non assumere rispettando le norme cautelari, anche non scritte (frutto di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità di un determinato evento, in una determinata situazione), regolanti la fattispecie concreta.
Secondo detta concezione normativa, occorre avere, altresì, riguardo, come parametro soggettivo della valutazione, alle caratteristiche dell’agente, le cui condotte devono conformarsi, più che al tradizionale e astratto riferimento al “bonus pater familias”, al parametro dell’”homo eiusdem professionis et condicionis”, ovvero al modello di soggetto che svolge paradigmaticamente una determinata attività.
Pertanto, avuto riguardo alla necessità, ai fini della responsabilità amministrativo-contabile, di riscontrare la sussistenza della colpa grave, occorre verificare, secondo un giudizio prognostico, condotto ex ante ed in concreto, la misura dello scostamento tra la condotta effettivamente tenuta e quella richiesta dalla norma, cui il soggetto si sarebbe dovuto attenere (profilo oggettivo del grado della colpa), avuto anche riguardo alle circostanze del caso concreto, oltre che al parametro dell’agente modello, nel senso dianzi specificato (profilo soggettivo o individualizzante della colpa).
Definito in tal modo il parametro di riferimento del titolo soggettivo della colpa grave, occorrerà accertare, in concreto e con una valutazione ex ante, rispetto alla condotta concretamente realizzata, secondo il noto criterio della c.d. “prognosi postuma”, il grado di esigibilità della condotta “virtuosa” comandata, in ragione delle condizioni concrete dell’agire (Sez. II App., nn. 662 del 2014, 619 del 2015 e 637 del 2015; Sez. III App., nn. 155 del 2019; 7 del 2021, nonché, da ultimo, Sez. App. Sicilia n. 20 del 2023)”.
Ciò detto, a giudizio di questo Collegio, è emerso agli atti che il comportamento dei convenuti nella gestione del procedimento di notifica si sia caratterizzato, in base ad una valutazione ex ante, da colpa grave avendo gli stessi palesemente e marcatamente violato la disposizione normativa primaria più volte citata con grave negligenza, imperizia ed imprudenza, omettendo di verificare con la dovuta diligenza, pur affermando questa circostanza, se il contribuente notificatario avesse “abitazione, ufficio o azienda” nel territorio comunale, limitandosi ad un accertamento anagrafico e alla raccolta di mere informazioni sommarie presso lo stabile dove risultava all’epoca residente il sig. OMISSIS (sulla colpa nei comportamenti omissivi si veda questa Sezione, sent. n. 19/2023). Inoltre, va rilevato che la disposizione normativa applicata dal messo notificatore, con l’avallo del coordinatore sig. C., non implicava la soluzione di complesse questioni interpretative essendo assai chiaro il testo della disposizione fiscale, sopra esaminata, ben nota ai convenuti e certamente rientrante nel loro patrimonio di conoscenze professionali in qualità di addetti alle notificazioni (secondo il parametro dell’”homo eiusdem professionis et condicionis”, ovvero al modello di agente che svolge paradigmaticamente quella determinata attività; si veda questa Sezione, sent. n. 4/2023 e n. 5/2023). Infine, la circostanza che l’Agenzia delle Entrate abbia omesso di fornire al Comune notificatore le informazioni circa l’attività di OMISSIS svolta dal contribuente notificatario non esime i convenuti da grave colpa per non aver effettuato quelle verifiche che la norma richiede espressamente al soggetto che effettua l’attività di notificazione, quale elemento imprescindibile prima di procedere alla notificazione per irreperibilità assoluta.
Non sono quindi accoglibili, sotto questo profilo, le eccezioni formulate dalle difese giacché: (a) il rispetto di asserite regole e procedure interne da parte dei convenuti, peraltro non documentalmente provate (non risulta agli atti una disposizione o direttiva o circolare interna riferita alle procedure di notifica; anzi, nella dichiarazione di terzo prodotta dalla difesa G. – doc. 15 alla memoria – il teste afferma che non esisteva all’epoca dei fatti una procedura interna nel caso di notifica ai sensi dell’art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973), non può costituire un’esimente dalla colpa grave qualora tale prassi sia chiaramente illegittima per evidente violazione di quanto disposto dall’art. 60, c. 1, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973 (cfr. Appello, Sez. II, sent. n. 178/2023; questa Sezione, sent. n. 23/2023); (b) la circostanza che il sig. G. avesse un limitato livello di scolarizzazione non è in grado di escludere un comportamento gravemente colposo, in quanto qualsiasi messo notificatore – al di là del titolo di studio posseduto – deve necessariamente conoscere alcune disposizioni normative di base ai fini del corretto adempimento dei propri compiti di servizio (“homo eiusdem professionis et condicionis”), tra cui la più volte citata norma sulle notificazioni degli atti impositivi, peraltro di semplice e lineare interpretazione. Inoltre, anche dall’esame del mansionario riportato nel regolamento organico del Comune di OMISSIS all’epoca vigente e dalla declaratoria mansionistica recata per il profilo B-base nel contratto collettivo provinciale 14 marzo 2000 (ove è confluita la figura del messo, si veda doc. 19 memoria G.) emerge che il messo notificatore debba possedere una specifica qualificazione e capacità di comprensione del contesto di intervento, giacché “svolge attività qualificate nel campo amministrativo, provvedendo al servizio di notifica di atti in genere…”, mentre secondo la declaratoria della categoria B essa “identifica insiemi di figure professionali che presuppongono il possesso di conoscenze ed abilità tecniche implicanti il ricorso ad una preparazione che garantisca la capacità di una basilare comprensione delle specifiche situazioni di intervento…livello di base, corrispondente a contenuti lavorativi qualificati…”. Analogamente, ed a maggior ragione, il sig. C., che era inquadrato nella VII q.f. con il profilo di “collaboratore amministrativo” e svolgeva anche le funzioni di capo ufficio dell’unità organizzativa spedizioni e notifiche (doc. 5 e doc. 12 della memoria C.), possedeva idonea qualifica e le capacità per comprendere il contesto normativo ed operativo nel caso specifico, tanto è vero che, come risultato dimostrato nel processo, il G. si era rivolto a lui, una volta riscontrata la difficoltà del procedimento notificatorio, evidentemente in quanto ne riconosceva sia il ruolo di referente dell’Ufficio, sia una specifica competenza professionale, oltre che essere l’unico soggetto all’epoca abilitato ad acquisire le visure camerali. Inoltre, non può essere condivisa la tesi per cui al C. spettasse unicamente di “smistare” gli affari, posto che, proprio quale “collaboratore amministrativo” doveva “svolgere l’istruttoria formale di atti e provvedimenti nel campo delle discipline amministrative e dei procedimenti amministrativi, elaborando dati e svolgendo attività di studio e ricerca….Tali attività comportano l’interpretazione e l’applicazione di norme e procedure….Ha autonomia operativa… ha facoltà di individuazione di provvedimenti necessari alla soluzione dei casi esaminati e di concrete situazioni di lavoro” (estratto dal mansionario allegato al regolamento organico del Comune di OMISSIS all’epoca vigente, doc. 12 memoria C.); (c) la sentenza del Tribunale di Trento n. OMISSIS sull’incidente di falso sollevato dal contribuente nell’ambito del giudizio tributario ha semplicemente dichiarato inammissibile la querela di falso sulla base di consolidati principi giurisprudenziali secondo cui le dichiarazioni negative rese dall’ufficiale giudiziario o dal messo notificatore nella relata di notifica non sono assistite da pubblica fede; peraltro, tale accertamento giudiziale non assume alcuna rilevanza nel presente processo quanto alla verifica dei presupposti della responsabilità amministrativa dei convenuti per aver posto in essere un comportamento omissivo gravemente colposo produttivo di danno erariale; (d) diversamente da quanto sostenuto dalle difese, che eccepiscono l’inesigibilità di “controlli smisurati” (difesa G.) o di “complesse ricerche che vadano oltre l’ordinaria diligenza per rintracciare quei contribuenti di cui è nota la residenza ma che fanno perdere le loro tracce” (difesa del C. anche sulla base di note redatte dal Segretario comunale), il Collegio ritiene che sarebbe certamente rientrato nell’ordinaria diligenza, esigibile sia dal messo notificatore sig. G., sia dal coordinatore sig. C., disporre idonei accertamenti e verifiche in ordine alla esistenza di “abitazione, ufficio o azienda” per la notifica che era stata richiesta dall’Agenzia delle Entrate, come richiede espressamente la norma. Tanto più che i tempi per l’esecuzione dell’adempimento erano ristrettissimi e, quindi, implicavano ancora maggiore attenzione, scrupolo e prudenza. Peraltro, come correttamente rilevato dalla Procura, l’estrazione di una visura camerale non avrebbe implicato alcun aggravio del procedimento, risolvendosi in un accertamento di rapida soluzione anche all’epoca dei fatti, del tutto compatibile quindi con la citata ristrettezza dei tempi per la notificazione. 2.6 Per quanto attiene al nesso causale, che deve necessariamente ed inscindibilmente legare la condotta dei convenuti in un giudizio di responsabilità amministrativa all’evento dannoso, ritiene il Collegio che non sussistano dubbi sulla sua sussistenza, atteso che si può affermare con certezza derivante da un giudizio di ragionevole probabilità logica (adeguato a costituire criterio di giudizio avanti al giudice contabile) che, se la norma fosse stata correttamente applicata dai convenuti, la notificazione si sarebbe correttamente perfezionata presso la sede dell’azienda del contribuente – attività di OMISSIS che esisteva al momento dei fatti e aveva sede dal 2003 nel Comune di OMISSIS in via OMISSIS. Nemmeno sussistono dubbi sull’attribuibilità al sig. G. ed al sig. C. dell’illecito contestato. Invero, il comportamento omissivo posto in essere (carente accertamento dell’esistenza di “abitazione, ufficio o azienda” del contribuente nel territorio comunale) è stato certamente la causa, ancorché non esclusiva, come di seguito si dirà, del danno subito dall’Agenzia delle Entrate per decadenza del credito fiscale.
Al riguardo, non può condividersi l’eccezione della difesa del sig. G. sull’interruzione del nesso causale, in quanto, come condivisibilmente rilevato dalla Procura ed eccepito anche dalla difesa del sig. C., la comunicazione disposta da quest’ultimo all’Agenzia delle Entrate il giorno 04/01/2010 era rispettosa del termine di conclusione del procedimento di notifica. Oltretutto, affatto ipotetica ed indimostrabile è la tesi della difesa G., secondo cui se la comunicazione all’Agenzia delle Entrate fosse stata eseguita al termine del periodo di pubblicazione di 8 giorni, ossia il giorno 30/12/2009 sarebbe residuato tempo sufficiente per poter emendare la nullità della notifica, visto che non è possibile provare che l’Agenzia delle Entrate si sarebbe resa conto del vizio di notifica e si sarebbe attivata, peraltro in tempi ristrettissimi (1 giorno) e in un periodo in cui i dipendenti usufruiscono abitualmente di periodi di congedo, per ordinare una nuova notifica.
Altrettanto non condivisibile è l’eccezione della difesa G. circa la mancanza di prova della solvibilità del contribuente, atteso che, nella fattispecie in esame, il danno contestato dall’attore ha assunto i caratteri della certezza, attualità e concretezza già a monte, ossia con il passaggio in giudicato delle sentenze tributarie di merito che hanno definitivamente annullato il titolo della pretesa erariale.
2.7 Con riferimento alla ripartizione del danno tra i convenuti l’Attore formula domanda risarcitoria nella misura del 70% del danno complessivo a carico del sig. G. (Euro 206.397,37) e per il restante 30% a carico del sig. C. (Euro 88.456,02).
Al riguardo, va richiamato, in particolare, quanto disposto dall’art. 1, c. 1-quater, della L. n. 20 del 1994, in base al quale “se il fatto dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso”. Tale norma, in caso di responsabilità parziaria, è interpretata dalla costante giurisprudenza contabile nel senso di attribuire al Collegio giudicante il potere di stabilire l’incidenza partecipativa di ciascun convenuto nella causazione del danno e la relativa ripartizione del nocumento erariale in base alle risultanze processuali, anche in proporzione diversa rispetto a quella indicata dall’attore pubblico (cfr., ex multis, questa Sezione, sent. n. 1/2024, sent. n. 6/2023; Appello Sez. II, sent. n. 523/2022; Appello Sez. II, n. 613/2022; Appello Sez. I sent. n. 133/2021; Appello Sez. II sent. n. 88/2021; Appello Sez. II, sent. n. 263/2020; Appello Sez. II, sent. n. 60/2020; Appello Sez. III, n. 274/2004; Sez. giur. Lazio, n. 229/2015). È stato infatti rilevato che “spetta al collegio giudicante, a fronte delle prospettazioni dei fatti causativi del danno fornite dalle parti privata e pubblica, stabilire, ove del caso, quale deve essere il ristoro patrimoniale da assegnare all’amministrazione per il depauperamento subito, chi deve essere il soggetto o i soggetti che ne rispondono e di quale importo devono essere le quote da porre a loro carico” (Appello Sez. III, n. 274/2004).
In altre parole, quando il danno accertato in giudizio deve essere ripartito tra i soggetti responsabili in base al criterio del ruolo e del contributo causale dato alla sua produzione, “spetta al Collegio, nell’esercizio del potere sindacatorio, ogni valutazione relativa alla incidenza partecipativa di ciascun soggetto nella commissione del fatto dannoso, pervenendo a conclusioni che eventualmente possono discostarsi dalla proposta di ripartizione dell’addebito formulata dall’accusa nella domanda e comunque sempre coerenti con le indicazioni desumibili dal contesto dei fatti e dai motivi di diritto enunciati nella domanda” (Sez. giur. Lazio, n. 229/2015; v. altresì Appello Sez. II, n. 613/2022, secondo cui “per consolidata giurisprudenza contabile, l’art. 1, comma 1- quater, della L. 14 gennaio 1994, n. 20 … consente che la ripartizione del danno tra più soggetti responsabili sia effettuata dal giudice anche in proporzioni diverse da quelle indicate dall’attore pubblico, essendo rimessa alla fase del giudizio la valutazione dell’incidenza causale di ciascuna condotta illecita rispetto al danno prodotto, con le determinazioni che ne conseguono in termini di quantificazione del danno addebitabile a ciascuno dei corresponsabili (così, testualmente Corte conti, Sez. n. 60/2020; id., Sez. II n. 948/2016 e n. 741/2015).”).
2.7.1 Ciò detto, il Collegio ritiene che la responsabilità dei convenuti nella causazione del danno contestato debba essere ripartita in misura equivalente (50% ciascuno), non potendosi rilevare un contributo causale prevalente nelle condotte poste in essere dal G., quale messo notificatore, o dal C., in veste di coordinatore dei messi comunali. Infatti, se è pur vero che la responsabilità della notifica spettava al sig. G., è altrettanto sicuro, e risulta comprovato agli atti, che il sig. C. fosse perfettamente al corrente delle criticità emerse in fase notificatoria e avesse partecipato fattivamente alla decisione di attivare la procedura di notifica agli irreperibili assoluti (pur non sussistendone i presupposti di legge). In sostanza, entrambi i convenuti hanno apportato il loro contributo causale in misura equivalente nella vicenda in esame.
Pertanto, in difformità dalla richiesta avanzata dall’Attore nell’atto di citazione, il Collegio ritiene che il danno imputabile ai convenuti debba essere ripartito nella misura del 50% per ciascuno.
2.8 Venendo ora alla misura del danno concretamente addebitabile ai convenuti, va richiamato quanto disposto dall’art. 83, c. 2, del c.g.c. in base al quale: “Quando il fatto dannoso è causato da più persone ed alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se si tratta di responsabilità parziaria, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza”. Inoltre, in base a quanto disposto dall’art. 1227 del c.c. in caso di concorso colposo del creditore alla produzione del danno il risarcimento deve essere ridotto (c. 1) ovvero escluso (c. 2).
2.8.1 Ciò detto, in accoglimento delle eccezioni sollevate dalle difese, il Collegio ritiene che la pretesa risarcitoria attorea debba essere significativamente decurtata tenuto conto dell’evidente concorso causale alla determinazione del danno imputabile ad altri soggetti non coinvolti in questo giudizio ovvero allo stesso creditore. È infatti risultato documentato agli atti che l’Agenzia delle Entrate (e, per essa, i funzionari responsabili del procedimento di verifica fiscale di cui trattasi), nella nota con cui veniva richiesta al Comune di OMISSIS la notificazione dell’avviso di accertamento, abbia negligentemente omesso di precisare che il contribuente era titolare della ditta individuale “OMISSIS” (si veda doc. 2, all. 1, all’atto di citazione), di cui l’Ufficio fiscale trentino conosceva perfettamente l’indirizzo (si veda pag. 3 dell’avviso di accertamento, doc. 1 alla memoria G.). Inoltre, il modello dell’Agenzia delle Entrate di richiesta di notificazione (si veda doc. 2 all. 1 all’atto di citazione), ancorché non facesse riferimento esplicito alle ditte individuali (bensì a “cognome e nome del contribuente, o denominazione dell’ente o società o ragione sociale”) avrebbe dovuto suggerire maggiore precisione nella compilazione di quel campo nel caso di contribuente notificatario titolare di un’attività d’impresa oggetto di accertamenti fiscali (come nel caso di specie). Diversamente, nel richiamato modello è stato scritto unicamente il nome e cognome del contribuente (“OMISSIS”), mentre sarebbe stato sicuramente opportuno e proficuo fornire anche ulteriori indicazioni (quali “OMISSIS titolare della ditta individuale OMISSIS con sede in…..”), tenuto anche conto che il ridetto art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973 richiede da parte dei notificatori la verifica anche dell’esistenza (o meno) nel territorio comunale di ufficio o azienda del contribuente.
Tali circostanze, pur non potendo escludere in toto la responsabilità dei convenuti, hanno certamente contribuito eziologicamente a produrre il danno in concreto verificatosi. Invero, l’Agenzia delle Entrate non ha fatto quanto era in suo dovere fare quale soggetto delegante, e le sue omissioni informative hanno concorso con la condotta gravemente colposa dei soggetti notificatori, inserendosi nella catena concausale che ha determinato il risultato della mancata notifica.
E ciò va confermato anche se per giurisprudenza pacifica la notifica di un atto impositivo ad una ditta individuale deve essere effettuata al domicilio fiscale della persona fisica dell’imprenditore, giacché all’impresa individuale non può essere riconosciuta alcuna soggettività, o autonoma imputabilità, diversa da quella del suo imprenditore (v. Cass. civ. sez. trib. – 20/07/2021, n. 20650; Cass. civ. 30/05/2007, n. 12757; Cass. civ. 15/01/1981, n. 344), in quanto la norma violata (art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973) consentiva ed anzi imponeva ai notificatori, prima di procedere alla notificazione per irreperibilità assoluta, di verificare la fattibilità della notifica anche presso la sede di ufficio o azienda del contribuente. Una maggiore cautela avrebbe comunque dovuto suggerire all’Agenzia delle Entrate, e per essa ai suoi funzionari, di fornire più informazioni possibili ai notificatori ai fini del buon esito del procedimento di notifica (carenza informativa peraltro non sottaciuta neppure dal Requirente, che infatti ha definito nell’atto di citazione – pag. 12 – l’operato dell’Agenzia delle Entrate “poco aderente ai canoni di efficienza funzionale”).
Inoltre, va anche rilevato che la richiesta di notifica dell’Agenzia delle Entrate è stata inviata al Comune di OMISSIS solo in prossimità della scadenza del termine decadenziale (31/12/2009) creando, evidentemente, una situazione di impellenza che non ha certamente giovato alle condizioni oggettive nelle quali l’adempimento notificatorio andava a espletarsi (la nota dell’Agenzia delle Entrata perveniva al Comune di OMISSIS solo in data 21/12/2009).
Ulteriore carenza informativa è riscontrabile nel fatto che “l’avviso di accertamento è stato inviato all’indirizzo del contribuente mentre valeva l’elezione di domicilio presso il commercialista” (fatta nella fase di invito a comparire per chiarimenti in relazione all’anno d’imposta 2005 ex art. 60, c. 1, lett. d, del D.P.R. n. 600 del 1973, come si legge a pag. 5 della sentenza della Commissione tributaria di I grado di Trento); l’Agenzia delle Entrate non aveva comunicato ai notificatori, neppure ad ogni buon conto, che il contribuente aveva eletto domicilio presso il commercialista che aveva partecipato alla fase istruttoria dell’accertamento tributario.
2.8.2 Nel complesso, il Collegio ritiene che l’incidenza causale del comportamento posto in essere dallo stesso soggetto danneggiato (art. 1227, c. 1, c.c.), ovvero da altri soggetti preposti all’Agenzia delle Entrate di Trento (art. 83, c. 2, del c.g.c.), sia stata estremamente rilevante, tale che possa valutarsi nel 90% del contributo al fatto dannoso. Seppur permanga il nesso causale rispetto alle condotte dei convenuti, poiché nella concreta situazione l’aver proceduto senza le previe verifiche di cui al citato art. 60 ha comunque costituito inadempimento delle formalità di legge di loro specifica competenza, se nella ridetta nota l’Agenzia delle Entrate avesse indicato con maggior dovizia e diligenza l’indirizzo, di cui era a conoscenza, della ditta individuale (oggetto degli accertamenti fiscali) di cui il contribuente era titolare, con ogni probabilità anche l’attività di ricerca dei messi notificatori (ex art. 60, c. 1, lett. e, del D.P.R. n. 600 del 1973) si sarebbe diversamente e fruttuosamente orientata.
Pertanto, in considerazione di quanto appena esposto, il danno causalmente imputabile ai convenuti deve essere rideterminato nella misura complessiva di Euro 29.485,34 (Euro 294.853,39-90%), da ripartirsi, come sopra visto, in quote uguali tra i convenuti, pertanto in Euro 14.742,67 ciascuno.
2.9 Posta tale quantificazione del danno causalmente imputabile ai convenuti, il Collegio ritiene che sussistano altresì i presupposti per l’applicazione del potere riduttivo di cui all’art. 52 del T.U. n. 1214/1934 e giungere alla determinazione della quota di danno in condanna nella misura di 1/3 di quanto a ciascuno imputabile (Euro 14.742,67:3 = Euro 4.914,22). Ciò in ragione dell’esistenza all’epoca dei fatti di un contesto operativo non chiaro per mancanza di idonee ed affidabili procedure interne (si veda doc. 15 memoria G.). Inoltre, secondo quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza contabile non versandosi nel caso di specie in una ipotesi di condotte contrassegnate dall’elemento psicologico del dolo (il che escluderebbe la possibilità di applicare il potere riduttivo; cfr. Sez. giur. Sardegna, sent. n. 263/2021; Appello Sez. II sent. n. 277/2018), l’esistenza di una “prassi” relativa ad un comportamento illegittimo (ossia quello di non richiedere la visura camerale nel caso di notifica a persona fisica), pur non potendo valere quale esimente, può comunque essere considerata ai fini dell’esercizio del potere di riduzione dell’addebito (cfr. Appello, Sez. II, sent. n. 31/A del 03/02/1998; Sez. giur. Veneto, sent. 259/1996).
In sostanza, la consuetudine illegittima assume rilievo unicamente quale concreta situazione oggettiva esterna al soggetto – quali altre, considerate a tale fine dalla giurisprudenza, come, ad esempio, le difficoltà organizzative e gestionali, l’insufficiente preparazione professionale fornita dall’amministrazione, la gravosità delle condizioni di lavoro o ambientali, l’eccessivo carico di lavoro per carenze di personale – che ha sicuramente contribuito a creare una situazione di maggior rischio operativo, ai fini che ci occupano, nella quale i convenuti si sono trovati ad agire.
2.10 In conclusione, va dichiarata la responsabilità amministrativa del sig. F.G. e del sig. A.C. per il danno arrecato all’Agenzia delle Entrate di Trento nella misura di Euro 4.914,22 da porre a carico di ciascuno, secondo la determinazione sopra effettuata.
2.10.1 I convenuti dovranno rifondere all’Agenzia delle Entrate di Trento la somma appena individuata da rivalutarsi sulla base degli indici ISTAT, precisamente l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), con decorrenza dalla maturazione del diritto – e cioè dal momento del fatto illecito, rinvenibile nel caso specifico dal passaggio in giudicato delle sentenze tributarie di merito – fino alla data di deposito della presente decisione.
2.10.2 Sulla somma rivalutata, in quanto dovuta a titolo risarcitorio, dovranno essere corrisposti da parte dei convenuti, di anno in anno, gli interessi compensativi, che, in mancanza di migliori elementi di giudizio sul punto (non offerti dalle parti), possono fissarsi in via equitativa nel tasso degli interessi legali (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712), al fine di compensare l’ente danneggiato del mancato godimento delle somme stesse nel periodo considerato.
2.10.3 Al riguardo, la Sezione non ignora che in sede di appello sono state rese pronunce che escludono il riconoscimento degli interessi compensativi in difetto di apposita specifica domanda, nonché di idonea prova, da parte del Requirente (cfr. Appello, sez. II, sent. n. 44/2024 e n. 304/2020; parimenti, nello stesso senso, cfr. Cassazione civ., sez. III, sentt. n. 25906 del 05/09/2023 e n. 4938 del 16/02/2023).
Tuttavia, sia in sede civile che in sede contabile, tale orientamento appare minoritario rispetto all’opposto principio secondo il quale gli interessi “compensativi” (o risarcitori) sono invece dovuti dal debitore in caso di credito al risarcimento del danno extracontrattuale, senza che occorra alcuna specifica richiesta della parte interessata, comprendendo la domanda della parte creditrice relativa al capitale anche quella per gli interessi (cfr., ex multis, Appello, Sez. II, sentt. n. 56/2023, n. 372/2019, n. 342/2019, n. 315/2019, n. 260/2019, n. 257/2019, n. 154/2019, n. 749/2018, n. 592/2018; parimenti, nello stesso senso, cfr. Cassazione civ., sez. VI, ord. n. 9612 del 24/03/2022; Cassazione civ., sez. III, sent. n. 35257 del 18/12/2023, ord. n. 14417 del 24/05/2023, ord. n. 21814 del 20/07/2023, ord. n. 32985 del 09/11/2022, ord. n. 24468 del 04/11/2020; Cassazione civ., sez. II, ord. n. 30804 del 06/11/2023, ord. n. 39376 del 10/12/2021; Cassazione civ., Sez. I, ord. n. 8766 del 10/04/2018, sent. n. 18243 del 17/09/2015).
2.10.4 Vanno inoltre corrisposti da parte dei convenuti gli interessi legali, ai sensi dell’art. 1282, 1 c., c.c., dalla pubblicazione della presente decisione fino all’effettivo soddisfo.
2.11 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate con separata nota a cura della Segreteria, in applicazione dell’art. 31, c. 5, c.g.c..
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL TRENTINO – ALTO ADIGE/SÜDTIROL SEDE DI TRENTO
definitivamente pronunciando e disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, accoglie parzialmente la domanda attorea, nei limiti indicati in motivazione, e condanna:
– il sig. F.G. al pagamento di Euro 4.914,22 in favore dell’Agenzia delle Entrate di Trento;
– il sig. A.C. al pagamento di Euro 4.914,22 in favore dell’Agenzia delle Entrate di Trento.
Gli importi sopra indicati dovranno essere incrementati di rivalutazione monetaria ed interessi compensativi sulla somma rivalutata, come da motivazione, oltre ad interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza sino al soddisfo.
I convenuti sono altresì condannati al pagamento, in solido tra loro, delle spese di giudizio in favore dello Stato che sono quantificate, a cura della Segreteria, come da nota a margine della presente sentenza.
DECRETO
Si dispone, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che a cura della Segreteria venga apposta, sull’originale della presente sentenza, l’annotazione per cui in caso di riproduzione della stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti nominati.
Conclusione
Così deciso, in Trento, nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 19 agosto 2024.