Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., (ud. 11-05-2017) 31-08-2017, n. 20672

La vicenda che ha dato alla Corte lo spunto per interessare il Primo Presidente riguardava un contenzioso avente ad oggetto l’opposizione contro un provvedimento di accoglimento della contestazione del credito proposta da due creditori procedenti in un procedimento di espropriazione presso terzi. Nel corso del procedimento, la parte privata aveva utilizzato due standard diversi per le comunicazioni, il pdf e il p7m, e ciò in ragione della complessità e della diversa natura degli atti (alcuni nativi digitali, altri nativi analogici). La vicenda è giunta sino in Cassazione, dove però alcune questioni procedurali hanno reso il ricorso manifestamente inammissibile. L’occasione, tuttavia, è stata sfruttata per tentare di fare chiarezza sulla possibilità di sanare la nullità di atti che non rispettano gli standard tecnici. Effetti della violazione delle disposizioni tecniche Alle Sezioni Unite viene quindi chiesto di fare chiarezza sugli effetti della violazione delle disposizioni tecniche e in particolare sull’estensione dei file. Occorre, insomma, capire se gli atti nulli sono comunque sanabili se raggiungono il loro scopo. Per la sesta sezione, l’atto che non rispecchia le specifiche tecniche dovrebbe essere considerato non sanabile e lo standard di conversione p7m dovrebbe essere tutelato in quanto idoneo a offrire la massima garanzia possibile di conformità dei documenti che non sono stati creati in formato digitale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso iscritto al n. 16969/2016 R.G. proposto da:

UNICREDIT S.P.A. – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO, 111, presso lo studio dell’avvocato GIULIO GONNELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO GALLO;

– ricorrente –

contro

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MECENATE 27, presso lo studio dell’avvocato ANDREINA DI TORRICE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO BISCONTI;

– controricorrente –

e contro

Z.M., Z.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato MARINA MAGGIULLI, rappresentati e difesi dall’avvocato GAETANO NARO;

– controricorrenti –

e contro

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE DELLA PROVINCIA DI PALERMO IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2216/2016 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata il 26/04/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del dì 11/05/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
rilevato che:

UniCredit spa ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza (n. 2216 del 26/04/2016) con cui il tribunale di Palermo ha rigettato l’opposizione avverso l’ordinanza del 12/05/2014 del g.e. di quel tribunale, di rigetto dell’opposizione dalla medesima proposta contro il provvedimento di accoglimento della contestazione del credito proposta dai creditori procedenti Z.P., M. e G. nel procedimento di espropriazione presso terzi promosso contro il debitore esecutato Consorzio per l’Area di sviluppo industriale di Palermo in liq.ne;

in particolare, la ricorrente notifica un primo ricorso, in cui il suo difensore dichiara di agire in forza di procura generale alle liti del 29/10/2010, a mezzo p.e.c. in data 27/06/2016, ma pure ulteriore ricorso (ovvero, come specifica nella memoria il medesimo ricorso, ma semplicemente reiterandolo), sempre a mezzo p.e.c., stavolta in data 19/09/2016, nella cui intestazione continua a farsi riferimento univoco alla procura generale del 29/10/2010, ma che reca stavolta acclusa una procura speciale da parte di tale avv. V.F. – quale procuratore speciale e così legale rappresentante di UniCredit – in favore del medesimo difensore che aveva formato il primo ricorso;

degli intimati notificano separati controricorsi contro ciascuno dei due ricorsi sia Z.P. (in data 22/07 e 19/10/2016) sia, con unitario atto, Z.G. e M. (in data 25/07 e 26/10/2016), in particolare eccependo, nei primi controricorsi, l’inammissibilità per carenza di procura speciale e, nei secondi, il vizio derivante dalla reiterazione del ricorso;

non espleta attività difensiva in questa sede il Consorzio;

è formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente deposita memoria ai sensi del secondo comma, ultima parte, del medesimo art. 380 bis, con la quale, tra l’altro, solleva questione di ritualità della notifica del controricorso di Z.P., siccome avvenuta con allegazione al messaggio di PEC di tre file in formato “.pdf” e non “.p7m” e quindi da ritenersi privi di firma digitale, poi ribadendo pure la ritualità della procura allegata al ricorso notificato per secondo, siccome appunto sottoscritta digitalmente con file con estensione “.p7m”;

considerato che:

ben potrebbe immediatamente provvedersi – con altrettanto immediata individuazione della soccombenza della ricorrente – in conformità alla proposta di inammissibilità, già formulata dal relatore, per entrambi i ricorsi:

– del primo, perchè formato da difensore privo di procura speciale, non potendo valere la procura generale rilasciata il 29/10/2010 per impugnare una sentenza del 2016 (e tanto per giurisprudenza a dir poco consolidata; tra le innumerevoli: Cass. 20/11/2009, n. 24548; Cass. 31/05/2005, n. 11583; Cass. 16/05/2003, n. 7710) e neppure valendo (stando alla tesi sviluppata con la memoria) la e-mail della cliente, sul punto informata, tanto integrando una fattispecie singolarmente estranea a quella disegnata per il conferimento di una procura speciale dalle previsioni del codice di procedura civile;

– del secondo, perchè proposto – il 19/09/2016 – una volta decorso il termine breve (non soggetto, atteso l’oggetto della controversia, alla sospensione feriale: e cioè scaduto il 60 giorno dal 27/06/2016, venerdì 26/08/2016) dalla prima notificazione, sebbene relativa ad un’impugnazione inammissibile (in tali sensi, da ultimo ed ove riferimenti, Cass. Sez. U. 13/06/2016, n. 12084, già ricordata da Cass. 08/03/2017, n. 5793); nè valendo a sanare l’inammissibilità del primo per difetto di valida procura la rinnovazione della sua notifica, una volta scaduti i termini per l’impugnazione;

tuttavia, ad avviso del Collegio, il ricorso non potrebbe essere definito, sia pure anche solo ai fini di regolare le spese nei rapporti tra la ricorrente ed uno solo dei controricorrenti ( Z.P.) senza prendere posizione, anche a seguito della formale eccezione della ricorrente nella memoria depositata in vista dell’adunanza non partecipata e per gli effetti sensibili sul carico delle spese di giudizio che la sua soluzione potrebbe avere (per il valore della controversia e l’entità dell’attività svolta da prendere in considerazione ai fini della liquidazione), su di una problematica che stima il Collegio investire una questione di massima di particolare importanza, sulla quale non risulta essersi ancora consolidato un orientamento della giurisprudenza di legittimità, nonostante investa un punto focale del processo civile telematico e l’applicazione ad esso di fondamentali principi della processualistica;

tale questione ha ad oggetto gli effetti della violazione delle disposizioni tecniche specifiche sulla forma degli “atti del processo in forma di documento informatico” (o, descrittivamente, nativi informatici) da notificare – riferendosi i precedenti di legittimità noti a fattispecie di atti in formato analogico e poi trasformati e notificati in via telematica, ovvero ad altre più articolate, ma non esattamente negli specifici termini di cui appresso – e, in particolare, sull’estensione (che indica o descrive il tipo) dei file in cui essi si articolano, ove siano indispensabili per valutare la loro autenticità: sicchè va stabilito se esse prevedano o meno una nullità di forma e, quindi, se questa sia poi da qualificarsi indispensabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, rendendosi – in caso di risposta affermativa al quesito necessario poi definire l’ambito ed i limiti dell’applicabilità alla fattispecie del principio generale di sanatoria degli atti nulli in caso di raggiungimento dello scopo previsto dall’art. 156 c.p.c., comma 3;

ritiene al riguardo il Collegio che la sesta sezione – cioè, la “sezione di cui all’art. 376, comma 1, primo periodo” del codice di procedura civile – ben possa rimettere direttamente la questione alle Sezioni Unite, anzichè alla pubblica udienza della sezione ordinaria (ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., u.c., come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), visto che la problematica della ritualità della notifica di uno o più degli atti di costituzione della parte dinanzi a questa Corte, eseguita con documento nativo informatico a mezzo p.e.c. ma con file – ricorso o controricorso e soprattutto relativa indispensabile procura speciale – con estensione (e quindi forma o struttura informatica) diversa da quella espressamente prescritta, attiene all’ammissibilità o meno dei medesimi e quindi rileva agli effetti dell’applicazione dell’art. 375 c.p.c., n. 1), materia che è riservata appunto di norma proprio alla cognizione della sesta sezione ai sensi dell’art. 376, comma 1, primo periodo, nonchè art. 380 bis c.p.c., come novellato;

ciò premesso ed al riguardo, ad avviso di questo Collegio neppure può trovare diretta ed immediata applicazione il principio generale di sanatoria della nullità, perchè l’osservanza delle specifiche tecniche sullo stesso confezionamento dei file informatici nativi dovrebbe poter attenere all’esistenza stessa dell’atto e, quanto alla procura speciale, all’ufficiosa indispensabile verifica dell’instaurazione di un valido e rituale rapporto processuale dinanzi a questa Corte, alla stregua della disciplina ormai applicabile;

pertanto, non dovrebbero poter giovare i precedenti di Cass. Sez. U. 18/04/2016, n. 7665 (siccome riferito ad un documento nativo analogico, notificato in via telematica con estensione “.doc” anzichè “.pdf”), nè di Cass. ord. 26/01/2016, n. 1403 (relativa ad un atto trasmesso mediante file con estensione “p7m” dedotto come illeggibile ma comunque decifrato o reperito al punto da consentire la piena difesa), ma, a ben guardare, neppure l’altro principio, di eguale portata generale, dell’insussistenza di un diritto all’astratta regolarità del processo (a chiarissime lettere ribadito, in materia, dalla stessa Cass. Sez. U. 7665/16, ovvero, più in generale, dalla più recente ancora Cass. Sez. U. 11141/17), visto che l’intrinseca esistenza dell’atto e della procura attiene ad elementi talmente coessenziali dell’uno e dell’altro ai fini di una valida instaurazione del rapporto processuale dinanzi al giudice di legittimità da suggerirne come indispensabile la verifica ufficiosa (sicchè neppure può trovare applicazione il principio elaborato da Cass. 19/12/2016, n. 26102, quanto alla – mera – carenza della firma digitale ad un documento formato ab origine su supporto analogico);

va allora rilevato che il formato dell’atto del processo in forma di documento informatico è regolato, in via di sostanziale delegificazione, dall’art. 12 del Provvedimento 28/12/2015 (successivo a numerosi altri analoghi) del Direttore Generale per i sistemi informativi automatizzati (DGSIA) del Ministero della Giustizia in forza dell’art. 11 del decreto del Ministro della giustizia del 21/02/2011, n. 44, recante il “Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010 n. 24″ e successive modificazioni”;

ai sensi del capoverso di tale disposizione, per quel che qui può rilevare, è stabilito poi che “La struttura del documento firmato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica;… nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un’unica estensione p7m”, mentre le definizioni degli acronimi PAdES e CAdES si rinvengono alle lett. z) ed y) del precedente art. 2 del detto provvedimento DGSIA: risultando quindi indispensabile l’estensione “p7m”, a garanzia dell’autenticità del file e cioè dell’apposizione della firma digitale al file in cui il documento informatico originale è stato formato, solo per il secondo caso, in cui cioè il documento informatico originale è creato in formato diverso da quello “pdf”;

completano il quadro normativo di riferimento, applicabile ratione temporis alla fattispecie (caratterizzata dalla notifica diretta, da parte del difensore di Z.P., del controricorso al difensore del ricorrente in data 19/10/2016 a mezzo p.e.c.), l’art. 13, lett. a), e art. 19 bis, del già richiamato provvedimento del DGSIA: ai sensi dell’uno, la notifica insieme all’atto del processo in forma di documento informatico di un allegato è consentita se questo è in formato “.pdf” – ai sensi dell’art. 13, lett. a), del richiamato provvedimento DGSIA – ma, se il secondo è firmato digitalmente, dovrebbe quest’ultimo appunto recare l’estensione in virtù del già detto cpv. dell’art. 12 – “p7m”, a garanzia della sua autenticità; ai sensi dell’altro, in caso di notificazioni eseguite in via diretta dall’avvocato, “qualora il documento informatico, di cui ai commi precedenti, sia sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata, si applica quanto previsto all’art. 12, comma 2”;

in via descrittiva, invero, parrebbe dirsi che con l’imposizione dell’elaborazione del file in documento informatico con estensione “p7m” il normatore tecnico abbia inteso offrire la massima garanzia possibile, allo stato, di conformità del documento, non creato ab origine in formato informatico ma articolato anche su di una parte o componente istituzionalmente non informatica, quale la procura a firma analogica su supporto tradizionale, al suo originale composito, incorporando appunto i due documenti in modo inscindibile e, per quel che rileva ai fini processuali e soprattutto se non altro con riferimento alla presente fattispecie – della regolare costituzione nel giudizio di legittimità (per la quale è da sempre stata considerata quale presupposto indispensabile la ritualità della procura speciale), con assicurazione di genuinità ed autenticità di entrambi in quanto costituenti un unicum;

diversa – ed in questa sede irrilevante – valenza dovrebbe avere poi il potere di autenticazione riconosciuto in via generale dalla normativa primaria all’avvocato notificante, che dovrebbe riguardare appunto la conformità degli atti già ritualmente formati ai loro rispettivi originali, ma non parrebbe riferito anche all’intrinseca o strutturale regolarità almeno della procura speciale indispensabile per il ricorso o per il controricorso in Cassazione e, verosimilmente, per la firma in calce a questi ultimi due atti in quanto tali: riguardo ai quali le formalità previste dalle norme tecniche specifiche potrebbero porsi come indispensabili presupposti od elementi di esistenza stessa di un atto riferibile a colui che vi figura essere il suo autore;

pertanto, opina il Collegio che la questione di massima di particolare importanza riguarda, nell’ambito di una pure istituzionale discrezionalità in capo alla parte notificante – donde l’onere, per la controparte, di calibrare attentamente ogni eccezione o doglianza di nullità al riguardo – nella scelta tra l’alternativa (PAdES o CAdES) della modalità strutturale dell’atto del processo in forma di documento informatico e firmato da notificare direttamente dall’avvocato, la configurabilità o meno, al riguardo e se non altro quando l’atto da notificare comprende anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, di una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c., comma 2) e posta pertanto a pena di nullità, nonchè, in caso di risposta affermativa, sull’applicabilità – e relativi presupposti ed eventuali limiti – del principio di sanatoria dell’atto nullo in caso di raggiungimento dello scopo;

ricorrono pertanto, al riguardo e ad avviso del Collegio, le condizioni per rimettere gli atti al Primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 374 c.p.c, comma 2, seconda ipotesi, sulle questioni suddette, riassunte al punto 1 delle ragioni della decisione.

P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla questione di massima di particolare importanza indicata in motivazione.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017


TAR campano – sentenza n. 1368 del 30 agosto 2017

Quattro avvocati pubblici (dipendenti di una A.S.L. campana) nel 2016 si vedevano consegnare dal datore di lavoro il tesserino magnetico marcatempo, con l’obbligo di timbratura contenuto in apposito provvedimento, pena l’adozione di misure disciplinari; costoro, invocando il particolare status dei legali e le peculiari modalità con le quali veniva svolta la prestazione lavorativa nell’interesse dell’Ente, gravavano allora l’atto dinanzi al TAR. I legali sostenevano, nell’impugnativa, che un uso indiscriminato del sistema di rilevazione delle presenze avrebbe inevitabilmente comportato una implausibile limitazione dei profili di autonomia professionale e di indipendenza indiscutibilmente riconosciuti dal vigente ordinamento (anche) agli avvocati dipendenti delle Amministrazioni pubbliche. Nel procedimento era intervenuta ad adiuvandum, a sostegno dei ricorrenti, anche una organizzazione sindacale. Il TAR campano con sentenza n. 1368 del 30 agosto 2017 (sotto riportata) ha respinto il ricorso.

Dopo aver premesso che della questione, in generale, la giurisprudenza amministrativa aveva già avuto modo di occuparsi (il Consiglio di Stato, con decisione n. 2434 del 7 giugno 2016 ha infatti osservato che le prerogative di autonomia ed indipendenza non sono lese da ordini di servizio riconducibili alla verifica funzionale del rispetto degli obblighi lavorativi di diligenza e correttezza nei confronti del datore di lavoro, che obbligano ovviamente anche l’avvocato iscritto all’elenco speciale), i giudici salernitani hanno rilevato che con gli atti contestati non si realizza affatto una “indebita ingerenza” nell’esercizio intrinseco della prestazione d’opera intellettuale propria della professione forense, e cioè “nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente”, ai sensi dell’art. 23 Legge n. 247 del 2012 (cioè la normativa generale sulla professione di avvocato), ma, semplicemente, si sottopone l’attività a forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell’ufficio dell’avvocato dell’ente pubblico all’organizzazione amministrativa dell’ente stesso.

Leggi: TAR campano – sentenza n. 1368 del 30 agosto 2017 


Cassazione civile Sez. VI – 2, Ordinanza del 30/08/2017 n. 20582

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1450/2016 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12385/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 05/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non depositata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che:

il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia di cui al RG. 1450 del 2016, fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata dalla Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo infondati i tre motivi del ricorso perché: a) corretta la notifica dei verbali; b) il ricorrente non dà conto di quali sarebbero i canoni ermeneutici violati e di come osservandoli si sarebbe potuto pervenire ad un diverso risultato interpretativo, c) il Tribunale si è limitato a rilevare che la fotografia prodotta dal G. era illeggibile, dovendosi, per il resto ritenere escluso che la circostanza fosse pacifica per il solo fatto della contumacia dell’amministrazione.

La proposta del relatore è stata notificata al ricorrente, che ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

Considerato che:

1.- con ricorso depositato il 12.10.2010 G.G. oppose innanzi al giudice di pace di Roma tre verbali di accertamento elevati a suo carico nel febbraio 2010 per altrettante violazioni dell’art. 157 C.d.S., comma 6, con i quali gli veniva contestata la sosta dell’autovettura in via (OMISSIS) senza esposizione del ticket, l’opponente eccepiva la tardività della notificazione, in quanto effettuata ex art. 140 c.p.c., DA UN DIPENDENTE COMUNALE E PERFEZIONATASI MEDIANTE SPEDIZIONE DELL’AVVISO DI DEPOSITO DEGLI ATTI PRESSO LA CASA COMUNALE SUCCESSIVAMENTE AI 150 GIORNI PREVISTI DALL’ART. 201 C.D.S., COMMA 1. Nel merito rilevava di essere in possesso di permesso di sosta in area ZTL, ciò che gli consentiva anche il parcheggio sulla limitrofa via (OMISSIS) in forza di apposita delibera comunale.

L’Ente convenuto restava contumace;

Il Giudice di pace respingeva il ricorso;

PROPONEVA APPELLO IL G. ED IL TRIBUNALE DI ROMA RESPINSE L’OPPOSIZIONE. SECONDO IL TRIBUNALE, NEL PROCEDERE ALLA NOTIFICA DI UN ATTO, IL FUNZIONARIO COMUNALE SVOLGE UNA FUNZIONE INDIPENDENTE RISPETTO A QUELLA DELL’AMMINISTRAZIONE DI APPARTENENZA, RISPETTO ALLA QUALE È TERZO; NELLA SPECIE ANDAVANO, DUNQUE, APPLICATI I PRINCIPI GENERALI RELATIVI AL MOMENTO DI PERFEZIONAMENTO DELLA NOTIFICA, CON CONSEGUENTE RILIEVO, AI FINI DELLA VERIFICA DI TEMPESTIVITÀ, DEL MOMENTO IN CUI L’ATTO ERA STATO CONSEGNATO DAL RICHIEDENTE PER LA SUCCESSIVA NOTIFICAZIONE A MEZZO POSTA, INCOMBENTE VERIFICATOSI ENTRO IL TERMINE DI CUI ALL’ART. 201 C.D.S., COMMA 1; osservò, inoltre, che l’esenzione dal pagamento del ticket riguardava solo alcune delle strade del centro storico indicate nella delibera comunale, che non ricomprendevano l’area per la quale il g. era munito di permesso, e che era rimasto indimostrato il fatto che la segnaletica verticale presente sulla via (omissis) consentisse la sosta gratuita ai titolari del permesso medesimo.

Avverso tale sentenza G.G. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi; l’intimato non ha svolto difese;

Considerato che:

2.- con il primo mezzo il ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 4, e art. 140 c.p.c., assumendo l’erroneità della decisione nella parte in cui ha ritenuto tempestiva la notifica dei verbali; osserva, infatti, che in caso di notifica a mezzo posta rileva il diverso termine per il notificante- rendendo sufficiente a tal fine la consegna dell’atto-soltanto ove questi sia soggetto diverso dal richiedente, fattispecie qui non ricorrente perché la notifica era stata richiesta ed eseguita dall’amministrazione comunale; ed a tal fine contesta, più specificamente, il richiamo del giudice d’appello alla disciplina del processo tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 4), caratterizzato dall’effettiva autonomia del messo notificatore rispetto all’amministrazione finanziaria, invece, mancante nella fattispecie;

2.1.- La censura non è fondata;

La sentenza impugnata ha, infatti, correttamente ritenuto che il messo incaricato della notifica di atti è in posizione di autonomia funzionale rispetto all’amministrazione di appartenenza; tale rilievo trova conferma – come pure osservato dal tribunale – nel fatto che in base alla L. n. 265 del 1999, art. 10, tutte le amministrazioni possono avvalersi dei messi comunali per le notificazioni dei propri atti, ove non sia possibile ricorrere utilmente al servizio postale o alle altre forme di notifica previste dalla legge, con attribuzione agli stessi di un mandato “ex lege” e di un corrispondente rapporto di preposizione gestoria in capo all’amministrazione richiedente (cfr. Cass. n. 23679/2008), rapporto del quale la richiamata ipotesi in ambito tributario costituisce un’ulteriore esemplificazione normativa. In altri termini, quando procede alla notifica – in virtù di una facoltà espressamente attribuitagli per previsione normativa – il messo comunale svolge una funzione autonoma che lo pone in rapporto di indipendenza con l’amministrazione richiedente, quantunque si tratti di quella presso cui egli è incardinato;

3.- Con il secondo mezzo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ed, in subordine, violazione dell’art. 12 preleggi, e art. 1362 c.c. e ss., assumendo che il tribunale avrebbe, erroneamente, letto od interpretato i documenti relativi all’estensione dell’area esente da ticket, omettendo di considerare che gli stessi consentivano il parcheggio gratuito ai veicoli muniti di permesso per la ztl “(OMISSIS)”;

3.1.- La censura, per come formulata, è inammissibile, poiché per un verso il tribunale ha preso in considerazione ed espressamente valutato il contenuto del documento di cui è denunziato l’omesso esame e, per altro verso e sotto il profilo ermeneutico, il ricorrente non dà conto di quali sarebbero i canoni ermeneutici violati e di come, osservandoli, si sarebbe potuti pervenire ad un diverso risultato interpretativo;

4.- Con il terzo mezzo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., e nullità della sentenza, per aver il Tribunale ritenuto non provato il contenuto della segnaletica verticale, invece pacifico perché incontestato;

4.1.- Anche tale motivo non è fondato, poiché il tribunale sul punto si è limitato a rilevare che la fotografia prodotta dal G. era illeggibile, dovendosi per il resto ritenere escluso che la circostanza fosse pacifica per il sol fatto della contumacia dell’amministrazione.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, posto che Roma Capitale, in questa fase, non ha svolto attività giudiziale.

Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.


Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 26-04-2017) 29-08-2017, n. 20506

La sentenza in questione chiarisce che la notifica postale effettuata direttamente dall’ufficio finanziario in effetti non sottostà alle regole della legge 890/1982 sempre che non sia effettuata da un agente notificatore. Quindi, allorché sia l’ufficio finanziario a notificare l’atto direttamente, spedisce una raccomandata ordinaria e di conseguenza non è necessario che la raccomandata depositata all’ufficio postale sia accompagnata dall’avviso di deposito cosiddetto CAD, previsto dalla legge 890/1982. Inoltre non è necessario che in caso di consegna dell’atto al portiere sia dichiarato nell’avviso di ricevimento il soggetto a cui la raccomandata è stata consegnata. In particolare la Corte di Cassazione rileva che la Commissione tributaria non ha fatto corretta applicazione della normativa nel ritenere che serva la prova che l’avviso di deposito della raccomandata all’ufficio postale sia stato materialmente ricevuto dal destinatario. Quindi in definitiva si chiarisce che la notifica postale degli atti rivolti al contribuente va effettuata sempre con una raccomandata A.R. ordinaria se è l’ufficio ad effettuarla. Per i tributi degli enti locali non vi sono dubbi, poiché l’art. 1 comma 161 legge 296/2006 prevede specificatamente che si utilizzi la raccomandata A.R. ordinaria. Ovviamente in questo caso in seguito al deposito all’ufficio postale il portalettere lascia un avviso di giacenza all’ufficio postale della raccomandata non recapitata già al primo tentativo negativo di consegna, senza necessità di inviare la cosiddetta CAD prevista invece quando si applica la legge 890/1982.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12499-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE PARATORE;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2108/30/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata il 06/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/04/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Svolgimento del processo
Nella controversia originata dall’impugnazione da parte di C.A. di cartella portante IRPEF degli anni di imposta 2005 e 2006, la Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, confermava la decisione di primo grado che aveva annullato la cartella, perchè mancante la prova della notificazione degli atti prodromici, non avendo l’Ufficio prodotto l’avviso di ricevimento della raccomandata come prescritto dalla specifica normativa.

In particolare, il Giudice di appello condivideva le argomentazioni del primo Giudice circa l’irregolarità della notificazione a mezzo posta per compiuta giacenza non essendo stata fornita la prova dell’invio della necessaria raccomandata di avvertimento della giacenza stessa, e ciò in base al combinato disposto della L. n. 890 del 1982, artt. 8 e 4.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, su unico motivo, l’Agenzia delle entrate.

C.A. resiste con controricorso mentre Equitalia Centro s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e della fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, ritualmente comunicate, il controricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
1 Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, artt. 4 e 8 laddove la Commissione regionale aveva fatto derivare la nullità della notificazione degli avvisi di accertamento, prodromici alla cartella impugnata, dalla mancanza di prova dell’avvenuta ricezione della CAD, circostanza irrilevante dal momento che, per espressa disposizione di legge, in queste ipotesi gli effetti del perfezionamento della procedura notificatoria sono ancorati unicamente alla spedizione di tale comunicazione di avvenuto deposito.

2. Disattese le preliminari eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla parte privata, non essendo rispondente al vero che il mezzo tenda ad un inammissibile nuovo accertamento in fatto laddove, al contrario, è stata correttamente prospettata una violazione di legge, la censura è fondata.

3. Dalla lettura congiunta degli atti processuali (sentenza impugnata e scritti difensivi delle parti) si evince che, nel caso in esame, la notificazione degli atti prodromici la cartella impugnata è avvenuta a mezzo del servizio postale.

4. Ciò posto in fatto, va rilevato, in diritto, che la notificazione degli atti impositivi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 (in tema di imposte dirette ma richiamato dalle norme attinenti alla notificazione degli atti impositivi relative agli altri tributi) è eseguita dai messi comunali o dai messi autorizzati dall’Ufficio (lett. a) secondo le norme stabilite dagli artt. 137 c.p.c. e ss., ivi comprese, quindi, in mancanza di espressa esclusione, le modalità di cui all’art. 149 c.p.c. per la notificazione a mezzo del servizio postale. Si applicheranno, in questo, caso le norme specifiche dettate dalla L. n. 890 del 1982, artt. 7 e 8 con piena equiparazione del messo comunale o del messo autorizzato dall’Ufficio all’Ufficiale giudiziario (per tale equiparazione v., tra le tante e di recente, Cass. 14273 del 13/07/2016).

5. Per costante giurisprudenza di questa Corte, poi, è legittimamente eseguita anche la notificazione diretta da parte degli Uffici finanziari a mezzo del servizio postale universale (cfr Cass., tra le altre, n. 3254 del 18 febbraio 2016, nella quale la Corte precisa che “Tale conclusione trova conforto nel tenore letterale della L. n. 890 del 1992, art. 14 come modificato dalla L. n. 146 del 1998, art. 20 dal quale risulta che, la notifica degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari. La circostanza che tale disposizione faccia salve le modalità di notifica di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e delle singole leggi d’imposta non elide la possibilità riconosciuta agli uffici finanziari – e per quel che qui interesse alla società concessionaria – di utilizzare le forme semplificate a mezzo del servizio postale – con specifico riferimento all’inoltro di raccomandata consegnata al portiere v. D.M. 9 aprile 2001, art. 39 (cfr. Cass. n. 27319/2014) – senza il rispetto della disciplina in tema di notifiche a mezzo posta da parte dell’ufficiale giudiziario. In questa direzione, del resto, depone proprio il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1 che consente anche agli ufficiali della riscossione di provvedere alla notifica della cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, precisando che in caso di notifica al portiere, la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, prevedendo, lo stesso art. 26, il rinvio al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 unicamente per quanto non regolato nello stesso art. (cfr. Cass. n. 14196/2014)”.

Pertanto, nel caso di notificazione diretta a mezzo del servizio di posta universale non troveranno applicazione le norme dettate dall’art. 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982 ma unicamente quella concernente il servizio postale ordinario (Cass. n.ri: N. 17723 del 2006; N. 17598 del 2010, N. 20027 del 2011;, N. 270 del 2012; n. 9111 del 06/06/2012).

Con dette pronunce si è, infatti, statuito che in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, (in quanto le disposizioni di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 c.p.c.), ed, in particolare, per quello che qui interessa, quella dettata dal D.P.R. n. 655 del 1982, il cui art. 40, prevede, per le raccomandate che non abbiano potuto essere recapitate, un periodo di giacenza negli uffici di destinazione di trenta giorni, stabilendo, altresì, che “deve essere dato avviso della giacenza di oggetti raccomandati od assicurati, che non abbiano potuto essere distribuiti, ai destinatari ed ai mittenti, se identificabili”.

Con le conseguenze che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (come ribadito di recente da Cass. n. 10245 del 26 aprile 2017.) e che, in detta ipotesi, ai fini della ritualità della notificazione, non sarà necessaria la CAD, ovvero la comunicazione dell’avvenuto deposito all’Ufficio postale da effettuarsi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 8.

6. Nella specie, disattesa l’eccezione sollevata in controricorso laddove la ratio decidendi della sentenza impugnata è unicamente quella espressa nel penultimo capoverso della seconda pagina, la Commissione tributaria regionale, invocando la normativa della L. n. 890 del 1992, ha ritenuto necessaria ai fini del perfezionamento della notificazione, la prova che l’avviso di giacenza del plico presso l’Ufficio postale (pacificamente immesso dall’agente postale in cassetta per come danno atto entrambe le parti) fosse stato materialmente ricevuto dal destinatario ma, nell’affermare ciò, non ha fatto corretta applicazione della normativa di riferimento, laddove non ha precisato i presupposti di fatto legittimanti l’applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 8.

Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana la quale provvederà al riesame, adeguandosi ai superiori principi e regolerà le spese processuali del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2017


Assenteismo, l’Inps dichiara guerra ai “fannulloni seriali”: un software scoverà i lavoratori da controllare d’ufficio

Giro di vite nella lotta all’assenteismo da parte dell’Inps. Da settembre i controlli sulle assenze dei dipendenti pubblici potranno essere effettuati anche d’ufficio, senza che sia il dirigente a farne richiesta. La novità più importante è però un nuovo software che, incrociando i dati in possesso dell’Istituto, scoverà i nomi degli “assenteisti seriali” e consentirà un piano di verifiche “selettive”.
L’obiettivo del sistema “Savio” è quello di sconfiggere in particolare il fenomeno delle assenze a ridosso del fine settimana o dei festivi. Per gli statali le visite saranno possibili sette ore al giorno, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Per i dipendenti privati, invece, resta l’orario già in vigore, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Non è escluso però che a breve gli orari vengano armonizzati.
La rivoluzione è la conseguenza dell’istituzione del “Polo unico delle visite fiscali”.

Dall’1 settembre sarà l’Inps, con il definitivo passaggio di consegne dalle Asl, a sorvegliare sulle assenze per malattia, anche se a saltare la giornata di lavoro sono dipendenti pubblici.


Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 03-05-2017) 22-08-2017, n. 20256

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16217-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

E.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONELLI, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati CRISTINA ZUNINO e VALENTINA PICCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1533/3/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA, depositata il 23/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché connessi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso illustrato da memoria, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR della Liguria, relativa a un avviso d’accertamento Irap 2008, lamentando la violazione dell’art. 142 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in combinato disposto, nonché del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 42 e 43, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 156 c.p.c., in quanto erroneamente i giudici s’appello hanno ritenuto invalida la notifica dell’atto impositivo effettuata al contribuente che era residente all’estero, mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’anagrafe degli italiani residenti all’estero, ovvero, in subordine, in caso di notifica ritenuta irregolare, comunque, sanata per il raggiungimento dello scopo, essendosi il contribuente costituito e difeso nel merito, dimostrandosi pienamente edotto della pretesa impositiva.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il ricorso è fondato.

Infatti, seppur l’art. 142 c.p.c., in tema di notificazione degli atti giudiziari a persona non residente, nè dimorante nè domiciliato nella Repubblica, faccia riferimento alle modalità di notificazione consentite dalle convenzioni internazionali (non invocate nel presente giudizio da alcuna delle parti in causa), e preveda – comma 1 – in caso d’impossibilità, che la notifica avvenga per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al Pubblico Ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona a cui è diretto l’atto, tuttavia, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 4, norma speciale prevista per la notifica degli atti impositivi che accertano una maggiore credito erariale, si prevede che “in alternativa a quanto disposto dall’art. 142 c.p.c.” la notificazione ai contribuenti non residenti “è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero”. La norma, che non fa distinzioni fra il caso del contribuente residente in paese della UE e il caso del contribuente residente in paese extra UE – quindi, applicabile anche per il cittadino residente in Svizzera come nel caso di specie – è stata introdotta dal D.L. n. 40 del 2010, art. 2, comma 1, lett. a), ed è applicabile, senza incertezze normative, alla notifica dell’avviso oggetto d’impugnazione, avvenuta il 3.10.2013.

Nel caso di specie, pertanto, il contribuente si è iscritto all’AIRE a decorrere dal 25 novembre 2008 (vedi, p. 3 del controricorso), ed ha ricevuto, in data 3.10.13, la notifica dell’avviso d’accertamento all’indirizzo comunicato all’anagrafe degli italiani residenti all’estero, notifica che risulta essere stata rituale e tempestiva; inoltre, è fondato il rilievo dell’ufficio secondo cui, la proposizione del ricorso del contribuente che si è difeso nel merito ha sicuramente sanato l’eventuale nullità della notifica dell’avviso (Cass. nn. 5057/15, 654/14, 1238/14, ord. n. 917/16) ed escluso qualsivoglia decadenza dalla potestà impositiva.

La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, affinché, riesamini il merito della controversia.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2017


Giornata di Studio Ricigliano (SA) – 12.10.2017

Locandina GdS Ricigliano SA 2017LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 12 ottobre 2017

Comune di Ricigliano (SA)

Municipio
Piazza Nuova Europa 6
Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il patrocinio del Comune di Ricigliano (SA)

Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già  socio A.N.N.A. (persona fisica già  iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2016 con rinnovo anno 2017 già  pagato al 31.12.2016. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2018 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 160,00  (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • €   70,00  (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2018 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 200,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Ricigliano 2017 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***). Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.

L’Associazione rilascerà  ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà  costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà  essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Uff. Notifiche del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività  del Messo Comunale e attività  dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità  normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà  ad effettuare l’esame di idoneità  per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà  di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività  di formazione anno 2017

Scarica: Depliant GdS Ricigliano SA 2017

Vedi: 

Vedi: 

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Ricigliano (SA) 2017

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2017

  1. Comunicazione Associazione Senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000)
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza
  6. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione
  7. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  8. Documento di identità  personale del Legale Rappresentante pro tempore

T.A.R. Campania Salerno, Sez. II, Sent., (data ud. 15/03/2017) 21/08/2017, n. 1310

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 864 del 2016, proposto da:

Istituto Professionale di Stato Per i Servizi Enogastronomici e dell’Ospitalità Alberghiera “Roberto Virtuoso”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Vuolo, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, largo Plebiscito, 6;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale in Napoli, alla vua S. Lucia n. 1

Provincia di Salerno non costituito in giudizio;

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale della Campania, Convitto Nazionale Tasso, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, alla via A.Diaz n.11;

per l’annullamento

della delibera della Giunta Regionale Campania n. 20/2016 recante dimensionamento scolastico piano dell’offerta formativa 2016/2017 nella parte in cui ha approvato l’istituzione di un nuovo indirizzo di studi concernente i servizi enogastronomici e per l’ospitalità albergheria presso il Convitto Nazionale “Torquato Tasso” di Salerno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca – di Ufficio Scolastico Regionale della Campania e di Convitto Nazionale Tasso;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2017 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con Delib. n. 20 del 26 gennaio 2016 la Regione Campania, nell’ambito del più ampio dimensionamento della rete scolastica e dell’offerta formativa per l’anno scolastico 29016/2017, ha approvato l’attivazione di un nuovo indirizzo di studio concernente i servizi enogastronomici e per l’ospitalità albergheria presso il Convitto Nazionale “Torquato Tasso” di Salerno, recependo la proposta fatta pervenire, in tal senso, dal Commissario ad acta con Delib. n. 2 del 17 novembre 2015.

L’Istituto ricorrente ha impugnato la delibera in parte qua deducendo:

-l’illegittima inclusione del Convitto “Tasso” nel Piano di dimensionamento delle istituzioni Scolastiche in violazione dell’art 7 del D.p.r. n. 233/1998 atteso che le disposizioni in esso contenute non si applicherebbero ai Convitti in quanto soggetti privi di personalità giuridica autonoma;

-la violazione del procedimento previsto dalle Linee Guida Regionali in quanto la proposta del Convitto, di istituzione del nuovo indirizzo, risulterebbe intervenuta dopo la chiusura del procedimento in seno alle competenti Commissioni d’ambito;

-la elusione delle Line Guida Regionali in quanto l’istituzione del nuovo indirizzo presso il Convitto “Tasso” risulterebbe in contrasto con gli obiettivi di razionalizzazione dell’offerta formativa e contenimento della spesa in essa previsti (D.G.R. n. 512 del 27.10.2015 paragrafo n 5), non tenendo in debita considerazione il fatto che altri tredici Istituti specializzati nel settore della Enogastronomia e dell’Ospitalità sono presenti nel territorio della provincia di Salerno.

Il Convitto, infine, non disporrebbe di strutture adeguate per offrire una idonea offerta formativa e laboratoriale.

-il difetto di motivazione e di istruttoria in quanto la Regione si sarebbe limitata a recepire acriticamente e senza alcun supporto motivazionale la determinazione del Commissario ad acta e non avrebbe garantito il rispetto delle garanzie partecipative previste dalla normativa di settore a tutti i soggetti coinvolti nel procedimento.

Si è costituita in giudizio la Regione Campania deducendo l’infondatezza delle avverse censure; la delibera regionale costituirebbe, infatti, espressione di attività discrezionale, non sindacabile se non in presenza di vizi logici e carenza assoluta di motivazione, nella specie non riscontrabili.

La delibera sarebbe, comunque, compiutamente motivata e sorretta da adeguata istruttoria, nonché pienamente rispettosa delle prerogative degli enti locali coinvolti: da un lato, infatti, l’Istituto ricorrente, infatti, contava un numero di iscritti nell’anno scolastico 2015/2016 pari a ben 1207 alunni cosicchè non sarebbe a rischio di sottodimensionamento e, dall’altro, l’Istituto Tasso presentava locali e strutture sufficienti a garantire il corretto funzionamento del nuovo corso di studi.

Si costituiva in giudizio anche il MIUR- Ufficio Scolastico Regionale della Campania eccependo la nullità della procura conferita dal ricorrente all’avv. to Luigi Vuolo per asserito contrasto con l’art. 14 co. VII bis del D.p.r. n. 275/99 che, anche per gli Istituti scolastic, prevede il patrocinio obbligatorio della Avvocatura dello Stato.

Parte ricorrente depositava ulteriori memorie difensive in cui, replicando alle eccezioni ex adverso formulate, insisteva per l’accoglimento del gravame.

All’udienza pubblica del 15 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

In via preliminare, quanto alla eccezione di nullità sollevata dal MIUR, per aver l’Istituto ricorrente conferito la procura ad un avvocato del libero foro in violazione delle norme sul c.d patrocinio obbligatorio, valevoli, ex art. 14 co. VII bis del D.p.r. n. 275/99, anche per gli istituti Scolastici il Collegio ritiene che la relativa eccezione deve essere disattesa: non sussistono, infatti, nella specie, le condizioni per ritenere violate le norme sul c.d patrocinio obbligatorio.

È vero, infatti, che ai sensi dell’art.5 del R.D. 30 ottobre 1933, n.1611 nessuna amministrazione dello Stato può richiedere l’assistenza di avvocati del libero foro se non per ragioni eccezionali, inteso il parere dell’Avvocato Generale dello Stato e secondo norme che saranno stabilite dal Consiglio dei Ministri; è parimenti vero che ai sensi dell’art.14, comma 7bis, del D.P.R. n. 275 del 1999, aggiunto dall’art.1 del D.P.R. n. 352 del 2001, contenente il regolamento in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche “l’Avvocatura dello Stato continua ad assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di tutte le istituzioni scolastiche cui è stata attribuita l’autonomia e la personalità giuridica a norma dell’art. 21 della legge n.59/1997”.

Tuttavia occorre tener conto del fatto che ai sensi dell’art.43 comma 4^ del regio decreto sopracitato, sub art. 11 L. n. 103 del 1979, per le amministrazioni non statali e per quelle dotate di autonomia e personalità giuridica, il ricorso al patrocinio dell’Avvocatura è escluso nei casi di conflitto di interesse con amministrazioni statali; conflitto che l’Avvocatura deve obbligatoriamente rilevare e segnalare.

Il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, quindi, può essere sostituito da quello di un Avvocato del libero Foro qualora a questi sia necessario rivolgersi perché tra le controparti evocate in giudizio vi sia altra Amministrazione, anch’essa sottoposta obbligatoriamente al patrocinio dell’Avvocatura Erariale, con la quale si verrebbe a creare un conflitto di interessi (sent. TAR. Napoli, sez. IV, 27 aprile 2016, n. 2141), cosicchè “il ricorso ad un avvocato del libero foro in tale ipotesi … appare non solo ammissibile, ma obbligato, in quanto il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, non tollera che possano sussistere situazioni nelle quali il patrocinio venga rifiutato e non si possa adire altrimenti il giudice”(cfr. TAR Pescara, sez. I, 14 novembre 2011, n. 641).

Ciò premesso, è evidente che le suddette circostanze si sono verificate nel caso di specie essendo stato evocato in giudizio anche il MIUR in posizione antagonista rispetto a quella prospettata dal ricorrente, sicchè legittimamente, ed opportunamente, il patrocinio è stato conferito ad un avvocato del libero foro.

Quanto al merito delle dedotte censure, il ricorso è infondato.

In primo luogo, il Collegio intende condividere quanto rilevato dalla Regione Campania con nota n. 0254062 del 13.04 2016 versata in atti e ritenere che, se è vero che le istituzioni educative, come i Convitti, sono escluse ai sensi dell’art 7 del D.p.r. n. 233/1998 dalle azioni di dimensionamento scolastico, è pur vero che le stesse possono essere prese in considerazione in relazione a proposte di indirizzi, opzioni aggiuntive e/o sostitutive che rispondano all’esigenza di realizzare una offerta formativa diffusa e articolata.

Nel merito, i motivi di censura proposti avverso la delibera regionale non possono essere condivisi

Sul punto, si osserva brevemente che l’art. 3 del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233, recante Regolamento per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali degli singoli Istituti, demanda alle Regioni il compito di approvare il c.d Piano di dimensionamento scolastico sulla base dei piani predisposti dalle singole Province; nello stesso tenore, l’art. 138 comma 1 del D.lgs 31 marzo 1998 n.112, nel delineare le funzioni e i compiti attribuiti alle Regioni ed agli enti locali in materia di istruzione e disciplina della rete scolastica, attribuisce alla Regione la programmazione della rete scolastica tenuto conto dei piani provinciali e delle riscorse umane e finanziarie disponibili.

Alla luce di tali disposizioni normative, quindi, deve ritenersi che la Regione costituisca l’ente titolare della potestà pianificatoria in materia di programmazione scolastica e che gli Enti locali territoriali (Provincia e Comune) siano coinvolti in tale attività in via solo preventiva in quanto deputati alla formulazione di proposte non vincolanti per l’ente regionale: le proposte, infatti, sono predisposte dai Comuni, previa consultazione con gli Istituti scolastici interessati, e quindi, una volta delibate dalle Province, definitivamente assunte dalla Regione con delibera di Giunta o decreto del Presidente sulla base dei criteri da essa preventivamente delineati.

La Regione Campania, pertanto, in attuazione delle previsioni di cui agli artt. 138 e 139 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e dell’art. 3 del D.P.R. 18 giugni 1998, n. 233 citati, con Delib. n. 512 del 17 ottobre 2015, ha approvato le linee guida per il dimensionamento della rete scolastica e la programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2016/2017, delineando una scansione procedimentale nella quale il coinvolgimento degli enti locali si sostanzia in un potere di sola proposta non vincolante, essendo il solo ente regionale deputato alla approvazione della delibera finale di programmazione.

Per ciò che concerne, invece, la natura degli atti di programmazione scolastica, è noto che essi costituiscono atti generali e dal contenuto altamente discrezionale, come tali non sindacabili in sede di legittimità se non in presenza di vizi procedimentali e/o di carenze logiche e motivazionali (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2007 n. 661; T.A.R. Milano, Sez. IV 30 settembre 2008, n. 4587); anche in base al disposto di cui all’art. 3 della L. n. 241 del 1990, quindi, l’obbligo di motivazione delle scelte pianificatore ivi espresse deve ritenersi adeguatamente e sufficientemente soddisfatto mediante l’indicazione dei criteri generali e di massima che presiedono alla loro redazione. (T.A.R. Catanzaro, sez. II, 29 luglio 2011 n.1135). (T.A.R Catanzaro, sez. II, 29 luglio 2011 n.1135; T.A.R Campania, Napoli sez. VIII, 10 aprile 2014, n. 2046; T.A.R Lazio, sez. I ter, 24 luglio 2013, n. 7548; T.A.R. Catanzaro, Calabria, sez. II, 8 maggio 2013, n. 543; T.A.R Lombardia, Brescia, sez. II, 20 novembre 2009, n. 2248), non occorrendo che la P..a, nell’adozione della scelta di Piano, controdeduca singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e/o opposizione che pervenga in sede procedimentale (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).

Quanto sin qui sinteticamente esposto, giustifica il rigetto del gravame.

Parte ricorrente, infatti, sollecita, nella specie, un riesame nel merito del provvedimento impugnato che, per come sopra evidenziato, deve intendersi precluso a questo Giudice, costituendo esso espressione di attività discrezionale di competenza regionale, cui non è dato sostituirsi in assenza di vizi logici e/o di motivazione.

Non si può ritenere, inoltre, che la delibera impugnata sia priva di motivazione in quanto, come rilevato, essa costituisce un atto di carattere generale, sufficientemente motivato con l’indicazione dei criteri di massima che avevano presieduto alla sua redazione.

La Regione, inoltre, non ha leso alcuna delle prerogative istituzionali riconosciute agli altri soggetti coinvolti nel procedimento in quanto la facoltà di adottare le scelte definitive in materia di dimensionamento scolastico anche in difformità dal piano provinciale o dalle proposte fatte pervenire dai Comuni, non è che l’espressione di quel potere di coordinamento e di verifica che le sono propri (TAR Campobasso, sez. I, 4 dicembre 2014, n. 664)

Infine, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, la delibera impugnata risulta coerente con le Linee Guida Regionali atteso che, da un lato, l’Istituto ricorrente contava, nell’anno scolastico 2015/2017, un numero di iscritti pari a ben 1207 alunni cosicchè non sarebbe a rischio di sottodimensionamento e, dall’altro, l’Istituto “Tasso” presentava locali e strutture sufficienti a garantire il corretto funzionamento del nuovo corso di studi.

Quanto alla ultima censura secondo cui la delibera impugnata sarebbe intervenuta tardivamente, basti osservare che in assenza di una espressa qualificazione contraria, i termini procedimentali previsti dalla normativa di settore devono ritenersi come meramente ordinatorio e non perentorio.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione e la peculiarità della controversia giustificano, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Conclusione
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Grasso, Presidente

Paolo Severini, Consigliere

Rita Luce, Referendario, Estensore


PayPal approda su PagoPA

PayPal si aggiunge ai sistemi di pagamento disponibili sulla piattaforma PagoPA con il supporto di Intesa Sanpaolo. Sarà utilizzabile per pagare tasse, bollo auto, mensa scolastica
Negli stessi giorni in cui sembra che il progetto ANPR riprenda velocità, arriva una notizia interessante per i servizi di pagamento di PagoPA, l’iniziativa messa a punto dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Come è risaputo PagoPA è un ecosistema di regole, standard e strumenti definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale e accettati dalla Pubblica Amministrazione, dalle Banche, Poste ed altri istituti di pagamento ( Prestatori di servizi di pagamento – PSP) aderenti all’iniziativa, e come tale dovrebbe agevolare i processi di pagamento, e favorire sia i privati sia la PA, quest’ultima con la certezza e l’automazione delle riscossioni, la riduzione dei costi grazie alla standardizzazione dei processi, e la semplificazione e la digitalizzazione dei servizi.

Con il supporto di Intesa SanPaolo la novità odierna è che tra i sistemi di pagamento possibili e disponibili su PagoPA approda anche PayPal, che sarà quindi utilizzabile per le bollette online, le tasse, la mensa scolastica, il bollo auto, direttamente dai siti di servizio della PA.
Se ne serviranno circa 6 milioni di italiani e oltre 200 milioni nel mondo, mentre Intesa Sanpaolo beneficerà della presenza diretta sulla piattaforma PagoPA con un servizio di pagamento personalizzato che comprende carte di credito, prepagate, Internet, cellulare e telefono.
Intanto PagoPA è adottato già da 22 mila uffici PA, da banche e poste, istituti di credito e privati che possono essere individuati da logo PagoPA.
E PayPal Italia a sua volta con Federico Zambelli Hosmer, GM di PayPal Italia commenta: “Semplificare attraverso il digitale il modo di pagare i tributi, la mensa scolastica ed altri servizi pubblici, significa eliminare le code agli sportelli, i tempi di attesa e contribuire al miglioramento della relazione fra il cittadino e la Pubblica Amministrazione. Il nostro obiettivo consiste nel contribuire a colmare il gap digitale che ancora ci separa dal resto dell’Europa e far sì che sempre più italiani utilizzino PayPal almeno una volta al giorno”.


La mancata notificazione telematica disposta dalla legge in via esclusiva, comporta l’annullamento della notificazione

A seguito dell’introduzione del “domicilio digitale” (D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-sexies, modificato dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114), non è più possibile procedere, ai sensi del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende la controversia e ciò anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario.
In applicazione del principio sopra trascritto, la Corte di Cassazione con la decisione n. 17048 del 11 luglio 2017 ha ritenuto nulla la notifica della sentenza d’appello eseguita presso la cancelleria della Corte d’Appello posto che la stessa doveva essere notificata alla PEC del destinatario risultante dal REGINDE o da INIPEC.
Alla nullità della notificazione segue l’inidoneità della stessa a far decorrere il termine di impugnazione di cui all’art. 325 cod. proc. civ., con la conseguenza che il ricorso proposto dalla ricorrente prima della scadenza del termine “lungo” previsto dall’art. 327 cod. proc. civ. deve essere considerato tempestivo.
Il principio applicato dalla Suprema Corte è corretto al pari delle conseguenze scaturite dalla sua applicazione; dal 25 giugno 2014 è infatti in vigore l’art. 16 sexies DL. 179/12 introdotto dall’art. 52 del DL 90/14 il quale dispone che:
“Salvo quanto previsto dall’articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia.”.
Ciò significa che se il destinatario della notifica non ha eletto domicilio nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa, il difensore dovrà notificare la relativa sentenza (ai fini della decorrenza del termine breve) non in cancelleria ma alla PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi e quindi da INIPEC o dal REGINDE.
Ancora prima dell’introduzione dell’art. 16 sexies DL 179/12, le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 10143 del 20 giugno 2012, avevano di fatto affermato che a seguito dell’obbligo per il difensore di indicare nell’atto il proprio indirizzo PEC (introdotto alla luce delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c, apportate dall’art. 25 della L. 12 novembre 2011, n. 183, in vigore dal 1° febbraio 2012) e ciò in quanto “…dopo l’entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c., apportate rispettivamente dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest’ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l’obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell’onere di elezione di domicilio di cui all’art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.
Nel caso oggetto di commento, la Corte di Cassazione deve preliminarmente esaminare l’eccezione di tardività del ricorso formulata dal contro ricorrente considerando che, ove la stessa fosse risultata fondata, comporterebbe l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata e l’inesistenza del potere decisorio degli Ermellini.
Il controricorrente ritiene e sostiene che il ricorso per Cassazione sia stato notificato a termine ormai scaduto posto che la sentenza d’appello era stata notificata presso la cancelleria della Corte d’appello di Milano in data 11 giugno 2015 e che, pertanto il termine per proporre ricorso per cassazione doveva considerarsi scaduto il successivo 10 settembre, mentre il ricorso era stato effettivamente notificato in data 22 ottobre 2015.
Aggiunge il controricorrente che la notificazione presso la cancelleria si era resa necessaria e pertanto giustificata considerando che l’attuale ricorrente nel giudizio di appello non avrebbe effettuato elezione di domicilio alcuna e che l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore era indicato solamente quale recapito per le comunicazioni di cancelleria ma non anche per le notificazioni.
La società ricorrente sostiene, invece, che la controparte non avrebbe potuto notificare la sentenza presso la cancelleria della corte d’appello, avendo l’onere di procedere alla notificazione presso l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante in atti.
La Suprema Corte, dopo aver attentamente e scrupolosamente passato in rassegna il quadro normativo di riferimento, ritiene infondata l’eccezione sollevata dalla controricorrente ritenendo assolutamente tempestivo il ricorso per cassazione notificato nel rispetto dei termini di cui all’art. 327 c.p.c.
In assenza della norma sul “domicilio digitale” ricorrerebbero le condizioni alle quali per il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82, comma 2, (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore) l’attuale ricorrente avrebbe dovuto considerarsi domiciliata ex lege presso la cancelleria della Corte d’appello di Milano ma, il R.D. ora citato deve essere raccordato (dal 25 giugno 2014) con la disciplina del c.d. “domicilio telematico” e delle notificazioni a mezzo di posta elettronica certificata (PEC).
Diverse pronunce della Cassazione hanno tuttavia ridimensionato il rilievo della “elezione” del domicilio telematico affermando (per fatti verificatisi prima del 25 giugno 2014) che, “..mentre l’indicazione della PEC senza ulteriori specificazioni è idonea a far scattare l’obbligo del notificante di utilizzare la notificazione telematica, non altrettanto può affermarsi nell’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica sia stato indicato in ricorso per le sole comunicazioni di cancelleria” così come stabilito da: Sez. 6 – 3, sentenza n. 25215 del 27/11/2014, Rv. 633275; Sez. 6 – 3, ordinanza n. 2133 del 03/02/2016, Rv. 638920 e, da ultimo, Sez. 3 sentenza 20 giugno 2017 n. 15147.
Ma, come già evidenziato, anche l’ambito applicativo del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 ha subito, a sua volta, un giusto e doveroso ridimensionamento considerando che, a seguito di tutte le modifiche normative la domiciliazione ex lege presso la cancelleria è oggi prevista solamente nelle ipotesi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario. Nelle restanti ipotesi, ovverosia quando l’indirizzo PEC è disponibile, è fatto espresso divieto di procedere a notificazioni o comunicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa.
Residua, tuttavia, un ristretto margine di applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Si tratta del caso in cui l’uso della PEC è impossibile per causa non imputabile al destinatario. In tale ipotesi, le comunicazioni della cancelleria e le notificazioni degli atti vanno effettuate nelle forme ordinarie, ai sensi degli artt. 136 ss. cod. proc. civ.: solamente in tale eventualità assume rilievo – ai fini del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 cit., comma 2, – l’omessa elezione del domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario.

La sentenza è oltremodo interessante visto che non viene ritenuta valida la notificazione non effettuata all’indirizzo pec del destinatario a fronte di quanto disposto dall’art. 16-bis del DL 179/2012.
Tale norma infatti dispone la notifica in via esclusiva all’indirizzo pec del destinatario, quindi tale decisione sembra aprire ad ulteriori annullamenti delle notificazioni effettuate in contrasto all’obbligo di notifica telematica esclusiva che potrebbe riguardare in futuro anche gli atti dell’A.d.E., visto che la mancata attuazione del combinato disposto degli artt. 6-bis e 3-bis del dlgs 82/2005 e art. 60, 7° comma del DPR 600/1973, pone sostanzialmente sullo stesso piano le due situazioni.

Leggi il testo della sentenza: Cassazione Civile, sez. III, sentenza 11.07.2017 n. 17048


Stop al monopolio delle Poste Italiane su multe e atti giudiziari

Concorrenza, la riforma è legge

Il provvedimento interessa assicurazioni, mercato dell’energia, liberi professionisti, Poste, banche ma anche albergatori e farmacie.

Il provvedimento sulla concorrenza interviene anche nel settore dei servizi postali con la soppressione, a partire dal 10 settembre 2017, del monopolio di Poste Italiane nel servizi di notifica e comunicazione degli atti giudiziari oltre che delle notifiche relative a violazioni del Codice della Strada.

A partire dal 10 settembre, dunque, multe e atti giudiziari non saranno consegnati solo dai postini, ma anche da altri operatori, e le notifiche saranno valide a tutti gli effetti, col conseguente venir meno di tutte le sentenze che avevano sancito sinora la nullità  delle consegne effettuate da servizi privati.

Testo approvato dal Parlamento in data 2 agosto 2017 e non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale:

58. Al decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)       all’articolo 2, comma 14, lettera b), le parole: «e dei proventi per i servizi affidati in via esclusiva, di cui all’articolo 4» sono soppresse a decorrere dal 10 settembre 2017;

b)      l’articolo 4 è abrogato a decorrere dal 10 settembre 2017;

c)       all’articolo 5, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il rilascio della licenza individuale per i servizi riguardanti le notificazioni di atti a mezzo della posta e di comunicazioni a mezzo della posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, nonché per i servizi riguardanti le notificazioni a mezzo della posta previste dall’articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve essere subordinato a specifici obblighi del servizio universale con riguardo alla sicurezza, alla qualità , alla continuità , alla disponibilità  e all’esecuzione dei servizi medesimi.»;

d)      all’articolo 10, comma 1, le parole: «e dai servizi in esclusiva di cui all’articolo 4» sono soppresse a decorrere dal 10 settembre 2017;

e)      all’articolo 21, il comma 3 è abrogato a decorrere dal 10 settembre 2017.

58. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Autorità  nazionale di regolamentazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u quater), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, determina, ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del predetto decreto legislativo n. 261 del 1999, e successive modificazioni, sentito il Ministero della giustizia, gli specifici requisiti e obblighi per il rilascio delle licenze individuali relative ai servizi di cui all’articolo 5, comma 2, secondo periodo, del medesimo decreto legislativo n. 261 del 1999, introdotto dal comma 57 del presente articolo; con la stessa modalità  l’Autorità  determina i requisiti relativi all’affidabilità , alla professionalità  e all’onorabilità  di coloro che richiedono la licenza individuale per la fornitura dei medesimi servizi.