LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Gaetano GAROFALO – Presidente;
Dott. Michele ANNUNZIATA – Consigliere;
Dott. Francesco CRISTARELLA ORESTANO – Consigliere;
Dott. Roberto Michele TRIOLA – Consigliere;
Dott. Francesca TROMBETTA – Rel. Consigliere;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FLAVIKER S.R.L., in persona del legale rappresentante pro – tempore Sig. SIROTTI FERMO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MICHELE DI LANDO 10, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO TAMBURELLI, che lo difende unitamente all’avvocato DOMENICO ROSATI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
FERGOLA ADDOLORATA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA THAILANDIA 27, presso lo studio dell’avvocato C. GATTI, difesa dall’avvocato PAOLILLO FRANCESCO PAOLO M, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 14/97 del Tribunale di TRANI, depositata il 09/01/97;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/99 dal Consigliere Dott. Francesca TROMBETTA;
udito l’Avvocato EUGENIO TAMBURELLI, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto RUSSO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 14 marzo 1989 la ditta Addolorata Fergola, deducendo di aver acquistato dalla Flaviker S.p.A. piastrelle in ceramica per pavimenti e di aver rilevato, al momento della posa in opera, la sussistenza di vizi occulti (striature rettilinee biancastre), conveniva in giudizio, davanti al pretore di Barletta, la suddetta società perché fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice nonché fosse condannata la medesima al risarcimento danni.
Costituitasi, la società convenuta contestava la domanda chiedendone il rigetto ed in via riconvenzionale chiedeva la condanna dell’attrice al pagamento del saldo prezzo di L. 1.444.381, oltre accessori.
Escussi testi e disposta C.T.U. il pretore di Barletta con sentenza del 14 dicembre 1991 dato atto della tempestività della denuncia dei vizi accoglieva la domanda attrice, aderendo alle risultanze della consulenza che aveva confermato l’esistenza dei vizi denunciati. Dichiarava, pertanto, la risoluzione del contratto condannando la Flaviker S.p.A. al pagamento della somma di L. 5.000.000 a titolo di risarcimento danni in favore dell’attrice, oltre interessi legali.
Su impugnazione della Flaviker il Tribunale di Trani, con sentenza 9 gennaio 1997, confermava la sentenza del pretore, condannando l’appellante al pagamento delle spese giudiziali.
Afferma il Tribunale in ordine alla ritenuta inapplicabilità della clausola n. 2 stampata sul retro della fattura (“non si accettano contestazioni di sorta sul materiale posto in opera”) e non sottoscritta da alcuna delle parti, che trattandosi di clausola vessatoria, essa andava specificamente approvata per iscritto.
Quanto all’eccezione di nullità del supplemento di C.T.U., per non essere stato il consulente di parte posto in grado di partecipare alle operazioni peritali, la nullità doveva intendersi sanata perché non tempestivamente opposta. Nel merito, non poteva trovare accoglimento la tesi della società appellante secondo la quale le piastrelle acquistate allo stato grezzo non andavano né levigate, né lucidate; per cui i vizi lamentati andavano imputati esclusivamente alla lucidatura effettuata dopo la posa in opera delle stesse.
Premesso, infatti, che alla perizia di parte non poteva essere attribuita alcuna rilevanza, non essendo essa, con certezza, ricollegabile al caso di specie, andava rilevato che, essendo stato consegnato all’appellata, al momento della scelta, un campionario lucido, privo delle lamentate striature bianche, verosimilmente le era stato lasciato intendere che, tramite la lucidatura anche con le piastrelle grezze poteva conseguirsi l’effetto estetico del campione.
Né era stato provato che la ditta Fergola fosse stata resa edotta delle conseguenze cui andava incontro in caso di lucidatura delle piastrelle acquistate; né della circostanza che il campione era costituito da una piastrella “levigata” in sede di fabbricazione.
Non vi era, poi, motivo di dubitare della correttezza del procedimento di lucidatura seguito, posto che anche quella eseguita dal C.T.U. su altre piastrelle di rimanenza (quelle che allo stato grezzo, presentavano rigature sospette) aveva evidenziato l’identico difetto. Era, in ogni caso, pacifico (v. C.T.U.) che le denunciate striature (visibili dalla non contestata documentazione fotografica allegata alla perizia di parte appellata) erano apparse a seguito della lucidatura soltanto su circa il 50% delle mattonelle poste in opera; il che confermava che il restante 50% era stato “trattato” senza dar adito a problemi, con la conseguenza che il lamentato fenomeno delle striature era dipeso dalla intrinseca inidoneità di una parte del materiale oggetto della fornitura.
Tali considerazioni escludevano la necessità di ulteriori approfondimenti istruttori.
Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la società Flaviker S.p.A., alla quale resiste, con controricorso, la ditta Fergola.
Motivi della decisione
Deduce la società ricorrente a motivi di impugnazione:
1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., nonché l’omessa applicazione degli artt. 1340 e 1491 c.c., illogicità di motivazione – per avere il Tribunale erroneamente:
A) ritenuto vessatoria la clausola n. 2 stampata sul retro della fattura (“non si accettano contestazioni di sorta, sul materiale posto in opera”), come la clausola “non si risponde del materiale levigato dopo la posa in opera”, nonostante si trattasse di clausole rientranti tra i c.d. usi negoziali, inserite automaticamente in ogni contratto di compravendita di piastrelle concluso tramite rappresentanti;
B) ritenuto applicabile la garanzia per vizi della cosa venduta, nonostante tale garanzia non fosse dovuta, trattandosi di vizi palesi (“sospette striature biancastre”), come accertato dal C.T.U. su alcune piastrelle di rimanenza allo stato grezzo, con la conseguenza che la loro posa in opera, comportava accettazione delle stesse;
2) l’omessa, insufficiente o, comunque, contraddittoria motivazione – per avere il Tribunale, nell’affermare che alla ditta acquirente fu consegnato un campione lucidato, privo delle striature biancastre, lasciando intendere che tramite la lucidatura si sarebbe potuto ottenere anche con le piastrelle grezze, l’effetto estetico del campione, non considerato:
A) che la ditta acquirente scelse il materiale oggetto del contratto dopo aver visionato sia le piastrelle grezze che quelle levigate;
B) che la ditta acquirente, operante da molti anni nella zona, era a conoscenza sia degli usi negoziali, che delle norme di manutenzione;
C) che sui cataloghi, listini, retro delle fatture vi era espresso richiamo alle norme d’uso e di manutenzione, secondo le quali le piastrelle “grezze” non andavano né levigate, né lucidate;
D) che non poteva esserci stata dolosa induzione in errore da parte della venditrice stante l’avvenuta stipula del contratto tramite rappresentante e la professionalità della ditta acquirente che ben conosceva le caratteristiche del materiale, anche in considerazione del prezzo di vendita (triplo quello delle piastrelle levigate);
E) che, se le striature erano visibili sul 50% delle piastrelle, bastava non porre in opera quelle viziate e farsele sostituire;
F) che comunque, anche il C.T.U. nel lucidare le piastrelle “grezze” della rimanenza non si era reso conto che esse non andavano lucidate e che la levigatura dopo la posa in opera presentava rischi;
G) che se fosse stato possibile ottenere da piastrelle grezze successivamente levigate lo stesso effetto estetico di quelle levigate sin dall’origine, non avrebbe avuto senso vendere queste ultime ad un prezzo triplo rispetto alle prime;
– per avere il Tribunale insufficientemente motivato:
A) sulla mancata considerazione della C.T.U. di parte;
B) sulla inammissibilità di una nuova perizia;
C) sulla correttezza delle operazioni peritali;
D) sulla supposta esistenza del raggiro;
E) sulla conclusione che il 50% delle mattonelle trattate non aveva dato problemi;
4) la violazione degli artt. 342, 345, 346, 350, 352, 356 c.p.c., l’illogicità di motivazione,
– per avere il Tribunale:
A) omesso di considerare in toto i motivi specifici dell’appello;
B) per aver omesso di considerare la C.T.U. di parte che si richiamava alla fattispecie concreta riferendosi alla Salso, utilizzatrice finale delle piastrelle;
C) non ammesso una nuova C.T.U. nonostante gli errori e la superficialità di quella espletata e ciò con violazione del diritto di difesa della Flaviker;
D) non ammesso nuovi mezzi di prova.
Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla Fergola, per carenza di legittimazione a ricorrere della Soc. Flaviker S.r.l. perché soggetto diverso dalla Flaviker S.p.A., società che ha preso parte alle precedenti fasi di merito.
Trattasi, infatti, di trasformazione dell’originaria società per azioni in società a responsabilità limitata, fenomeno che, come è noto, non importa l’estinzione del precedente soggetto giuridico e la creazione di un nuovo soggetto; ma implica soltanto la modifica dell’atto costitutivo della società, permanendo l’identità dell’originario soggetto.
La Flaviker S.r.l. è pertanto legittimata a ricorrere in questa sede.
Quanto al profilo sub A del primo motivo, non può essere condivisa la tesi della ricorrente che, attribuendo natura di usi negoziali alle clausole riprodotte nel retro delle fatture, afferma la loro inclusione automatica nel contratto stipulato dalle parti.
Infatti, nella presente fattispecie, trattandosi di clausole che incidono sulla responsabilità della parte venditrice, limitando la facoltà di opporre eccezioni dell’acquirente, la natura vessatoria delle stesse, anche ove fosse provata l’esistenza dell’uso contrattuale dedotto, escluderebbe la loro inserzione automatica nel contenuto del contratto, non potendosi la parte onerata ritenere obbligata in forza di una manifestazione tacita di volontà, qual è quella che costituisce il presupposto dell’operatività automatica degli usi contrattuali; ed occorrendo, viceversa, una espressa manifestazione di volontà delle parti, al momento della conclusione del contratto, attuata con le forme di cui all’art. 1342 c.c.
Tali clausole, infatti, valide, come si assume nella specie, per tutti i contratti aventi ad oggetto la vendita di mattonelle, e stipulati a mezzo di rappresentanti, sono assimilabili alle condizioni generali predisposte dagli imprenditori del settore.
Infondato è il profilo sub B del motivo in esame.
Premesso, infatti, che la facile riconoscibilità dei vizi che esclude la garanzia ex art. 1491 c.c., presuppone che essi siano tali al momento della conclusione del contratto (v. sent. n. 5075/83; n. 6073/95), per cui la citata norma non opera quando, come nella specie, trattandosi di contratto concluso a mezzo di rappresentante, la consegna della merce è successiva alla stipula del contratto; va rilevato che, l’onere di diligenza imposto dall’art. 1491 c.c. al compratore, deve essere apprezzato tenendo presenti le particolari circostanze della vendita, e nella specie che la scelta è avvenuta in base ad un campione lucido, che non presentava striature di sorta.
Ciò aveva fatto supporre all’acquirente (ed in tal senso, secondo il Tribunale il consenso si è perfezionato tra le parti) che, qualunque fosse stato l’aspetto delle mattonelle grezze, il risultato, dopo la lucidatura, sarebbe stato conforme a quello della mattonella mostrata al momento della conclusione del contratto.
Nessuna accettazione di mattonelle viziate può, quindi, ritenersi intervenuta attraverso la loro posa in opera.
Sulla base delle suddette specifiche modalità di conclusione del contratto, nonché dell’accertamento di fatto operato dal Tribunale, secondo cui solo il 50% delle mattonelle poste in opera hanno presentato gli inconvenienti lamentati, si appalesano prive di fondamento le censure sollevate con il secondo motivo di ricorso, dal momento che, come il Tribunale ha rilevato, non è stata la lucidatura a determinare le striature evidenziatesi sulle mattonelle; ma esse sono derivate dalla intrinseca struttura del materiale. Ne consegue che restano prive di rilievo le considerazioni della ricorrente, sia in ordine alla necessaria conoscenza da parte dell’acquirente dei rischi, in termini di risultato, cui si andava incontro con il sottoporre a lucidatura o levigatura le mattonelle grezze (rischi che, peraltro, come ha evidenziato il Tribunale non risultavano fatti presenti in sede di contrattazione), sia in ordine all’insussistenza della dolosa induzione in errore da parte della venditrice ai danni dell’acquirente; induzione in errore che, secondo il Tribunale ben poteva essersi verificata in mancanza di prova circa la conoscenza da parte dell’acquirente, che la levigatura o lucidatura della mattonella campione era avvenuta in sede di fabbricazione e non successivamente.
Non sussiste, poi, il vizio di motivazione dedotto nel motivo in esame, sia in ordine al mancato esame della perizia di parte, avendo il Tribunale spiegato che la stessa non poteva essere con certezza riferita al caso di specie, a causa della carenza di oggettivi termini di riferimento; sia in ordine alla ritenuta inammissibilità di una nuova perizia la cui disposizione è rimessa al potere discrezionale ed insindacabile del giudice di merito.
Del tutto infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso che evidenzia una serie di censure generiche sulle quali in parte si è già risposto specificamente (ad es. quelle relative alle consulenze tecniche); e che per il resto rimangono superate alla luce della ratio decidendi seguita dalla sentenza impugnata.
Il ricorso va, pertanto, respinto e la società ricorrente va condannata al pagamento in favore della ditta Fergola, delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese del presente giudizio nella misura di L. 357.900, oltre a L. 1.200.000 di onorari.
Così deciso in Roma il 27 aprile 1999.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 26 GENNAIO 2000.