Cass. civ. Sez. I, Sent., (ud. 05-03-2019) 02-05-2019, n. 11562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8408/2014 proposto da:

Comune Benevento, in persona del Sindaco pro tempore elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Gracchi 39, presso lo studio dell’avvocato Ester Perifano, che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.D., elettivamente domiciliato in Roma via Barnaba Tortolini 30, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Ferrara, e rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Ferrara, in forza di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2644/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO FERRARA, munito di delega dall’avvocato SILVIO FERRARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata.

Svolgimento del processo
1. V.D. ha convenuto in giudizio dinanzi alla Corte di appello di Napoli il Comune di Benevento, proponendo opposizione avverso la determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione da questo offerta con riferimento al terreno espropriato con Decreto n. 6367 del 15-18/9/2003.

Si è costituito in giudizio del Comune, che ha chiesto il rigetto delle domande dell’attore, e la Corte di appello ha sospeso il giudizio in attesa della definizione dell’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del decreto di esproprio.

Dopo la conferma in tale sede della legittimità dell’esproprio, la riassunzione del giudizio e l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 25/6/2013 la Corte di appello ha determinato in Euro 161.490,00 l’ammontare della giusta indennità di esproprio e in Euro 11.332,63 quello della giusta indennità di occupazione e ha condannato il Comune di Benevento al deposito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze delle differenze fra le predette indennità e le somme già versate a tali titoli presso la Cassa Depositi e Prestiti, con il favore delle spese di giudizio.

2. Avverso la predetta sentenza, indicata come notificata il 31/1/2014, con atto notificato il 26/3/2014 ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Benevento, svolgendo tre motivi.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il Comune ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, poichè la Corte di appello di Napoli aveva completamente omesso di considerare che la particella di (OMISSIS) m.q., censita a catasto terreni al Foglio (OMISSIS), erroneamente ricompresa nel calcolo dell’indennità, era di proprietà del Comune di Benevento a far data dal 9/11/1999, in forza di atto di cessione bonaria rep. (OMISSIS) del 9/11/1999, stipulato fra il V. e il Dirigente dell’Ufficio tecnico dinanzi al Segretario comunale di Benevento.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alle norme in tema di edificabilità legale di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, artt. da 1 a 4.

In primo luogo la doglianza trae origine dal fatto che la Corte territoriale aveva considerato edificabili aree che ricadevano, in parte, in fascia di rispetto stradale secondo il P.U.C. in vigore e, in parte, in zona E3 del P.R.G. – area agricola ordinaria a prevalente uso agricolo, forestale e pascolivo (per la precisione: parte in Zona E1- verde privato vincolato, parte in Zona E2 – aree private di rispetto stradale, e parte in Zona E3 – aree private di verde agricolo, incolto e boschivo).

In secondo luogo, il Comune ricorrente lamenta che la Corte napoletana abbia adottato illegittimamente il criterio di valutazione del “valore medio comprensoriale”, basandosi sull’individuazione di un comprensorio omogeneo, al cui servizio è posta la viabilità attuata sui fondi, e calcolando il prezzo di mercato dei beni espropriati nella media dei valori dei fondi edificabili e di quelli destinati invece a viabilità, non applicando invece l’unico criterio legale legittimo, basato sulla verifica dell’edificabilità o meno del terreno espropriato.

2.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il Comune ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, anche in rapporto alla nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4, poichè la Corte di appello di Napoli, ai fini della quantificazione del valore di mercato dell’area, aveva utilizzato, senza motivare adeguatamente, criteri di stima presi in esame da altro consulente in un diverso giudizio e relativi a fondi non omogenei e con caratteristiche differenti da quelli in esame.

3. Con atto notificato il 5/5/2014 ha proposto controricorso V.D., chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.

4. In data 20/1/2019 il controricorrente V.D. ha provveduto a notificare alla controparte un elenco di documenti relativi all’ammissibilità del ricorso ex art. 372 c.p.c. (originale in forma esecutiva della sentenza 2644/2013 della Corte di appello di Napoli corredato da plurime notifiche; originale dell’attestato della Corte di Appello di Napoli del 3/2/2014 relativo alla mancata impugnazione della predetta sentenza; estratto dell’Albo degli Avvocati di Benevento; originale del certificato di iscrizione all’Albo dell’avv. Luigi Giuliano; estratto della Delib. Consiglio Comunale Benevento 28 aprile 2016, n. 344).

Con memoria in data 29/1/2019 il controricorrente, tra l’altro, ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per tardività, poiché la sentenza impugnata era stata notificata, già una prima volta, in data 2/10/2013, ai due difensori costituti per il Comune di Benevento nel giudizio di secondo grado, avvocati Luigi Giuliano e Maria Di Florio, prima della seconda notifica eseguita il 31/1/2014, a cui aveva fatto riferimento il ricorrente nel suo ricorso.

Con memoria del 20/2/2019 il Comune di Benevento ha eccepito l’inammissibilità delle produzioni ed eccezioni avversarie, a suo dire proposte alla Corte di Cassazione in palese violazione del principio del contraddittorio, perché relative ad atti, fatti e avvenimenti risalenti a epoca anteriore alla notifica del ricorso e soprattutto alla notifica del controricorso da parte del V..

Motivi della decisione
1. La Corte in via del tutto preliminare deve esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso del Comune di Benevento per tardività, sollevata dal controricorrente con la memoria del 29/1/2019.

2. In via ulteriormente preliminare, la Corte deve valutare l’eccezione difensiva del Comune, che ha sostenuto l’inammissibilità delle avversarie produzioni e la tardività delle eccezioni avversarie, perché proposte alla Corte di Cassazione in palese violazione del principio del contraddittorio, e relative ad atti, fatti e avvenimenti risalenti a epoca anteriore alla notifica del ricorso e soprattutto alla notifica del controricorso da parte del V..

2.1. In sostanza, il Comune sostiene che tali produzioni ed eccezioni avrebbero dovuto essere sollevate con il controricorso, momento nel quale, effettivamente, la controparte disponeva già di tutti gli elementi per procedere in tal senso.

2.2. Tale assunto non ha fondamento nel diritto processuale positivo.

L’art. 372 c.p.c., comma 2, è del tutto inequivoco nello stabilire che il deposito dei documenti relativi all’ammissibilità (ovviamente: del ricorso) può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve essere notificato mediante elenco, alle altre parti.

Ciò significa, senz’ombra di dubbio, che tali produzioni possono essere effettuate anche successivamente alla notificazione del controricorso, seppur dirette a dimostrare l’inammissibilità del ricorso.

Questa Corte ha affermato che la produzione di atti e documenti di cui all’art. 372 c.p.c., riguardanti l’ammissibilità del ricorso per cassazione, da parte dell’intimato che abbia proposto tardivamente il controricorso, al quale i documenti siano stati allegati, è valida ed efficace, ed i documenti stessi possono conseguentemente essere esaminati e valutati dalla Corte (nella specie, per verificare l’intempestività della notifica del ricorso, e quindi la formazione di un giudicato interno) a condizione che l’intimato stesso partecipi alla discussione orale (Sez. 5, n. 9093 del 21/06/2002, Rv. 555253 – 01). Inoltre al fine di assicurare la garanzia del contraddittorio nella trattazione delle questioni relative all’ammissibilità del ricorso per cassazione questioni che danno luogo ad una fase autonoma del processo, comprendente una sia pur limitata attività istruttoria relativamente alle fonti di prova addotte a fondamento delle stesse l’adempimento della notificazione dell’elenco dei documenti al riguardo prodotti può essere validamente surrogato da un’adeguata indicazione degli stessi nel controricorso, mentre la loro produzione non deve necessariamente avvenire negli stessi termini fissati per il deposito del ricorso o del controricorso, ma, in assenza della precisazione del relativo termine da parte dell’art. 372 c.p.c., comma 2, può ritenersi consentita fino all’udienza di discussione, prima dell’inizio della relazione (salva restando la facoltà del difensore della controparte di richiedere un rinvio per formulare eventuali rilievi). (Sez. L, n. 3736 del 28/03/2000, Rv. 535121 – 01; Sez. L, n. 13865 del 19/10/2000, Rv. 541068 – 01).

Inoltre è stato rilevato che la norma di cui all’art. 372 c.p.c. – nel consentire la produzione di documenti (anche in fotocopia, con i limiti probatori di cui all’art. 2719 c.c.) relativi alla ammissibilità del ricorso, dei quali deve essere data notizia alla controparte mediante notifica del suo elenco – non fissa un termine, sicché tale produzione è consentita fino all’udienza di discussione, prima dell’inizio della relazione. La eventuale contestazione non può consistere nella mera obiezione alla produzione di fotocopia ma deve avere specificamente ad oggetto la conformità all’originale ed in tal caso al giudice della legittimità è demandato di svolgere una, sia pure limitata, attività istruttoria di accertamento delle fonti di prova sulle quali la richiesta stessa si fonda, che può comprendere anche la verifica della autenticità del documento prodotto. Tale verifica, dovendo rispettare il principio del contraddittorio, può comportare il superamento dell’indicato limite temporale ed eventualmente il rinvio della causa. (Sez. L, n. 23321 del 15/12/2004, Rv. 578184 – 01) 2.3. Né può essere condivisa la censura di violazione del contraddittorio, sollevata dal Comune di Benevento, considerato che l’elenco delle produzioni è stato notificato alla controparte, i documenti sono stati depositati, la memoria difensiva è stata portata a conoscenza del ricorrente, che ha conseguentemente potuto esercitare nella dialettica processuale le proprie difese, preferendo tuttavia con la memoria ex art. 378 c.p.c., limitarsi a sostenere la mera inammissibilità delle produzioni ed eccezioni avversarie, senza affrontarle nel merito e senza partecipare alla discussione orale all’udienza del 5/3/2019.

2.4. Non merita condivisione neppure l’argomentazione spesa in memoria dal ricorrente per delineare il pregiudizio processuale che avrebbe subito per effetto della condotta avversaria, circa la preclusione del controricorso incidentale che sarebbe stata determinata dalla ritardata proposizione dell’eccezione da parte del V..

Il controricorrente non ha affatto impugnato la sentenza e si è limitato a formulare una eccezione di carattere preliminare che non avrebbe comunque potuto legittimare un’impugnazione incidentale da parte del ricorrente principale.

2.5. D’altro canto, il punto fondamentale è che la tempestività del ricorso è soggetta a verifica ex officio.

Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini all’uopo stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi di carattere generale e indisponibile e, come tale, è insanabile, oltre che rilevabile d’ufficio (Sez. U, n. 6983 del 05/04/2005, Rv. 580150 – 01; cfr anche: Sez.un. 226 del 25/5/2001, Rv. 548189-01; Sez.Lav. n. 16847 del 26/6/2018, rv 649326-01; Sez.3, n. 25342 del 26/10/2017, Rv. 646457-02).

Tali principi hanno condotto ad affermare anche che la rilevabilità dell’inammissibilità del ricorso per Cassazione notificato tardivamente rispetto al termine breve, decorrente dalla data di notifica della sentenza impugnata, non può essere esclusa per il fatto che il controricorso, con il quale si eccepisce la inammissibilità dell’impugnazione e si indica la prova documentale della notifica della sentenza, sia a sua volta tardivo, ove tale prova documentale, ancorché depositata unitamente al controricorso, sia posta a disposizione del ricorrente. (Sez. L, n. 886 del 13/02/1989, Rv. 461890 – 01).

2. La parte controricorrente ha prodotto la sentenza di secondo grado notificata congiuntamente ai due difensori costituiti nel giudizio di secondo grado, avv. Luigi Giuliano e Maria De Florio, al domicilio da loro eletto a (OMISSIS), presso l’avv. Massimo Pagano, in data 2/10/2013, anteriormente quindi alla seconda notifica, eseguita il 31/1/2014 della quale dà atto il ricorso del Comune di Benevento.

2.1. E’ del tutto evidente che la validità ed efficacia della prima notifica priverebbe di qualsiasi rilievo la seconda notifica del 31/1/2014, per qualsiasi ragione essa sia stata successivamente effettuata.

2.2. L’avv. Luigi Giuliano, all’atto della prima notifica della sentenza 2644/2013, era iscritto all’Albo ordinario degli Avvocati, essendo poi deceduto solo il 18/4/2014; la sua originaria nomina, quale avvocato iscritto all’Albo speciale quale dipendente comunale, non risulta revocata; dalla sentenza 2644/2013, che riporta in epigrafe i nominativi dei due difensori del Comune, non risulta in ogni caso che l’avv. Giuliano sia stato sostituito da altro difensore.

E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, 14/12/2016, n. 25638; Sez. L, n. 3143 del 1999; Sez. L, n. 5729 del 1999; Sez. U, n. 363 del 18/5/2000; Sez. 1, n. 20361 del 23/7/2008; Sez. L, n. 11529 del 14/5/2013), gli avvocati e procuratori dipendenti di enti pubblici ed iscritti nell’albo speciale annesso all’albo professionale sono abilitati al patrocinio esclusivamente per le cause e gli affari propri dell’ente presso il quale prestano la loro opera, onde la cessazione del rapporto di impiego, determinando la mancanza di legittimazione a compiere a ricevere atti processuali relativi alle cause proprie dell’ente, comporta il totale venir meno dello ius postulandi per una causa equiparabile a quelle elencate dall’art. 301 c.p.c., a nulla rilevando l’eventuale formale permanenza dell’iscrizione nell’albo speciale; ne consegue che la notifica della sentenza al procuratore cessato dal rapporto d’impiego deve ritenersi inesistente e perciò inidonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, non essendo ipotizzabile la protrazione dell’attività lavorativa dell’avvocato – funzionario oltre il limite di durata del rapporto di impiego ed essendo perciò inapplicabile alla fattispecie la disciplina dettata dall’art. 85 c.p.c..

Nella fattispecie, tuttavia, l’avv. Luigi Giuliano aveva conservato ad altro titolo lo jus postulandi, risultando iscritto all’Albo Ordinario degli avvocati, dopo la cessazione del rapporto di impiego.

2.3. In ogni caso, la sentenza è stata notificata anche all’avv. Maria De Florio, iscritta all’Albo Speciale, condifensore costituito nel giudizio di secondo grado, come risulta anche dalla sentenza 2644/2013.

Sia dalla sentenza, sia dall’estratto dell’Albo risulta infatti il nominativo Maria De Florio, e non Maria Teresa De Florio, a cui è stata diretta la seconda notifica, che non vi è peraltro motivo d dubitare che sia la stessa persona.

2.4. Secondo giurisprudenza costante di questa Corte, qualora il mandato alle liti venga conferito a più difensori, ciascuno di essi, in difetto di un’espressa ed inequivoca volontà della parte circa il carattere congiuntivo, e non disgiuntivo, del mandato medesimo, ha pieni poteri di rappresentanza (Sez. 3, 20/06/2017, n. 15174; Sez. 6, 22/09/2016, n. 18622; Sez. un., 09/06/2014, n. 12924).

Da tale principio discende il corollario consequenziale della sufficienza della notificazione ad uno solo dei procuratori costituiti sul quale ricade l’onere di informazione del condifensore (Sez. 1, 31/08/2017, n. 20626; Sez. 6, 22/09/2016, n. 18622; Sez. 2, 27/01/2012, n. 1234).

Pertanto, anche a voler considerare ormai inefficace il mandato difensivo all’avv. Luigi Giuliano per effetto della sua cancellazione dall’Albo speciale e del passaggio all’Albo ordinario, la sentenza sarebbe stata utilmente notificata all’ormai unico difensore, avv. Maria De Florio.

2.5. L’atto risulta consegnato il 2/10/2013 a R.R., portiere dello stabile di (OMISSIS) del domiciliatario avv. Massimo Pagano, con il conseguente invio della lettera raccomandata ex art. 139 c.p.c..

In caso di notificazione effettuata, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., mediante consegna al portiere dell’atto da notificare con contestuale spedizione della prescritta raccomandata, la spedizione della raccomandata non si configura come elemento costitutivo della fattispecie notificatoria, in quanto tale ipotesi di notificazione si perfeziona con la modalità e nel momento della consegna dell’atto al portiere (Sez. lav., 13/05/2003, n. 7349); la norma infatti prevede l’invio al destinatario della notizia “dell’avvenuta notificazione”.

In passato la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla notificazione mediante consegna al portiere, riteneva anzi che l’invio della lettera raccomandata di cui al comma 4 dello stesso articolo, non attenesse alla perfezione dell’operazione di notificazione, sicchè la sua omissione si risolve in una mera irregolarità di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità previste dall’art. 160 c.p.c. (Sez. 2, 05/07/2006, n. 15315).

Tale orientamento è stato ormai rimeditato e le Sezioni Unite (Sez. un. 31/7/2017 n. 18992), ritengono che l’adempimento della spedizione della lettera raccomandata sia prescritto a pena di nullità.

Le Sezioni Unite hanno infatti autorevolmente osservato: “invero, l’art. 139 c.p.c., prevede, ai suoi commi 3 e 4, che “in mancanza delle persone indicate nel comma precedente”, e cioè del destinatario di persona, oppure di una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda (purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace), “la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda…”: nel qual caso, “il portiere… deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”; l’omissione dell’avviso è ormai, nella giurisprudenza più recente di questa Corte, chiaramente qualificata – non più, come nei primi decenni dall’entrata in vigore del codice, come mera irregolarità (per tutte: Cass. 04/04/2006, n. 7816; Cass. 04/02/1980, n. 755; in precedenza, nello stesso senso: Cass. 4111/79, 397/74, 353/71, 198/68, 1204/67), bensì – come causa di nullità della notificazione per vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario notificante, fatti salvi gli effetti della consegna dell’atto dal notificante all’ufficiale stesso (Cass. 30/06/2008, n. 17915; Cass. 30/03/2009, n. 7667), secondo un principio esteso pure alla notifica a mezzo posta (Cass., ord. 25/01/2010, n. 1366; Cass. 21/08/2013, n. 19366);tale interpretazione va confermata, attesa la funzione dell’avviso nella struttura complessiva di una notificazione che si perfeziona a persona non legata da quei particolari vincoli evidenziati del medesimo art. 139 c.p.c., comma 2, ma pur sempre da altri di peculiare intensità: l’atto entra a far parte della sfera di effettiva conoscibilità del destinatario, ma in una sua porzione connotata da un grado minore di possibilità di prendere immediata conoscenza dell’atto, rispetto a quelle altre fattispecie indicate dal comma 2 per la natura assai stretta del vincolo che lega al destinatario il consegnatario dell’atto; ed un tale minor grado di conoscibilità, se non la degrada al punto di rendere necessario lo spostamento ulteriore del momento di perfezionamento della notifica come accade appunto per l’ipotesi contemplata dall’art. 140 c.p.c., esige però almeno di essere colmato con quel quid pluris costituito dalla spedizione dell’ulteriore avviso, sia pure ex post e appunto non incidente sul precedente tempo in cui l’attività notificatoria si è svolta e compiuta; rimane ovviamente fermo che, nell’ipotesi dell’art. 139 c.p.c., comma 3, il tempo di perfezionamento della notifica si identifica con la consegna ad una persona comunque inserita nella richiamata sfera di conoscibilità del destinatario, ma stavolta latamente intesa, siccome identificata in base ora ai rapporti giuridici nascenti dal portierato in un fabbricato per civili abitazioni ed agli obblighi in capo al portiere in favore dei singoli occupanti”.

Nella fattispecie la lettera raccomandata ex art. 139 c.p.c., risulta spedita in forza dell’attestazione contenuta nella relata di notifica, sicchè non è consentito di dubitare della validità ed efficacia della notificazione eseguita in data 2/10/2013.

2.6. Il ricorso è stato consegnato per la notificazione in data 26/3/2014 e quindi tardivamente, oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata previsto dall’art. 325 c.p.c., in data 2/10/2013, ut supra esposto; i sessanta giorni previsti dall’art. 325 c.p.c., venivano a scadere domenica 1/12/2013, con proroga ex lege al primo giorno feriale successivo, ossia al 2/12/2013.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per tardività e il Comune ricorrente soccombente deve essere condannato alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre 15% spese generali, ed in Euro 200,00 per esposti, oltre oneri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2019