Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 13-11-2018) 29-03-2019, n. 8814

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13349/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

EDILCLIMATIC S.R.L.;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 6634/5/16, depositata il 4 novembre 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 novembre 2018 dal Presidente Dott. Campanile Pietro;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento dei ricorso; udito per la ricorrente l’Avv. dello Stato Gianmario Rocchitta.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza depositata in data 27 marzo 2014 la Commissione Tributaria provinciale di Latina, in accoglimento del ricorso proposto dalla S.r.l Ediclimatic, ha annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, ritenendo invalida la sottoscrizione dell’atto da parte di un funzionario, Dott. C.U., capo dell’Ufficio Controlli, in assenza di una delega nominativa da parte del direttore provinciale.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR del Lazio ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio, richiamando il principio espresso da questa Corte con la decisione n. 22803 del 2015, secondo cui la delega di firma o di funzioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, deve necessariamente indicare, a pena di nullità, il nominativo del delegato.

3. Per la cassazione di tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto unico ed articolato motivo, illustrato da memoria.

4. La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

5. Con ordinanza depositata in data 17 maggio 2018 la sesta sezione civile ha rimesso la causa alla pubblica udienza.

Motivi della decisione
1. Preliminarmente va constatata la tempestività del ricorso, proposto entro il termine di cui all’art. 327 c.p.c., così come prorogato di mesi sei in forza del D.L. n. 24 aprile 2017, n. 50, art. 11, comma 9, convertito nella L. 21 giugno 2017, n. 96.

2. Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, nonchè della L. n. 241 del 1990, artt. 21 septies, 21 octies e 21 nonies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione deduce, citando specifici arresti di questa Corte e della giurisprudenza amministrativa, una serie di rilievi critici nei confronti dell’orientamento giurisprudenziale, al quale la sentenza impugnata si è conformata, che afferma, ai fini della validità della delega, l’insufficienza della mera indicazione del ruolo rivestito dal soggetto delegato e la necessità, quindi, della specificazione del nominativo del soggetto delegato. Viene richiamata la distinzione fra delegazione amministrativa di competenze e “delega di firma”, espressione di atti interni di organizzazione, che non comporta alcun problema in relazione alla riferibilità dell’avviso di accertamento all’Ufficio, in quanto comunque proveniente dal dirigente delegante, a meno che non venga “specificamene dedotta e dimostrata la non appartenenza del firmatario all’ufficio che si assume la paternità dell’atto, o addirittura, l’usurpazione del relativo potere”.

2. La questione che il ricorso in esame pone riguarda l’incidenza sulla validità dell’avviso di accertamento dei requisiti della delega rilasciata dal dirigente dell’ufficio al funzionario che, in sua sostituzione, sottoscriva l’avviso stesso.

In linea generale, la funzione della sottoscrizione dell’atto impositivo, che sottende la tematica degli aspetti di natura probatoria, nel giudizio, in caso di contestazione, da parte del contribuente, della legittimità della sottoscrizione stessa, non trova una disciplina uniforme. Non mancano, invero, ipotesi in relazione alle quali opera il principio secondo cui deve presumersi che l’atto sia riferibile all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso sia stato adottato, come affermato da questa Corte in riferimento alla cartella esattoriale, al diniego di condono, all’avviso di mora e all’attribuzione di rendita catastale (cfr., per tutte, la recente Cass., 31 ottobre 2018, n. 27871).

Ad avviso del Collegio in tale prospettiva deve essere valutata la portata della prescrizione contenuta nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, secondo cui “Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.

3. La norma non contiene alcuna specificazione in ordine alle modalità di rilascio della delega, alla sua funzione e ai requisiti di validità, dovendosi per altro rilevare che al successivo comma 3 è prevista la nullità dell’avviso qualora non rechi, tra l’altro, “la sottoscrizione”.

Appare dunque necessario, per quanto maggiormente rileva in questa sede, un approfondimento della questione che prenda le mosse non tanto dalla funzione dell’avviso di accertamento quale atto impositivo, quanto dalla sua natura di atto amministrativo. Se, invero, come è stato già rilevato, gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione del potere impositivo, incidendo con particolare profondità nella realtà economica e sociale, deve ritenersi che la loro sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio, o da funzionario da lui delegato, sia stata prevista come essenziale garanzia per il contribuente (Cass. n. 1875 del 2014 e, da ultimo, Cass. n. 22800 del 2015). Sotto tale profilo, appare evidente come il dato fondante sia costituito dal superamento di quella generale presunzione, sopra richiamata, di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo dotato del potere di emanarlo, richiedendosi, al contrario, che tale provenienza sia avvalorata dalla sottoscrizione del capo dell’ufficio, o del funzionario da lui delegato. Giova sin d’ora evidenziare, ancorchè il rilievo sia privo, di per sè, di un decisivo valore argomentativo, non attenendo specificamente al tema della delega, come lo stesso riferimento al soggetto che riveste il ruolo apicale sia del tutto “impersonale”: a tale riguardo vale bene richiamare l’orientamento secondo cui l’avviso di accertamento è valido ove sia sottoscritto dal ” reggente”, ossia dal soggetto chiamato, ai sensi del D.P.R. n. 266 del 1987, art. 20, comma 1, lett. a) e b), a sostituire temporaneamente il dirigente assente per cause improvvise in tutte le funzioni svolte dallo stesso ai fini della direzione dell’Ufficio (Cass., 7 novembre 2018, n. 28335; Cass., 5 settembre 2014, n. 18758).

4. In relazione alla prescrizione contenuta nel citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, questa Corte ha posto in evidenza come, trattandosi di un atto esterno al giudizio, la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale: in caso di contestazione, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado del giudizio. Deve altresì ribadirsi che se l’avviso di accertamento non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio “incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio” (Cass., nn. 14626/00, 14195/00; 17044/13, 12781/16; cfr. Cass. sez. 6-5, nn. 19742/12, 332/16; 12781/16; 14877/16; 15781/17; 5200/18), poichè il solo possesso della qualifica non abilita il funzionario della carriera direttiva alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio (Cass. n. 17400 del 2012). E’ stato quindi precisato che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi 1 e 3 del citato D.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24492, in cui l’onere probatorio facente capo all’Amministrazione, in caso di contestazione, viene giustificato anche con riferimento a principi di leale collaborazione e di vicinanza della prova).

5. Quanto ai requisiti della delega, questa Corte, con la nota decisione n. 22803 del 9 novembre 2015, ha affermato il seguente principio di diritto, al quale si è conformata la sentenza impugnata:”In tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo, sicchè non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore”.

Tale indirizzo, confermato in varie decisioni successive (per tutte, Cass., ord., 6 marzo 2018, n. 5200), si fonda sul rilievo che il D.L. 15 giugno 2015, n. 78, art. 4 bis, conv. in L. n. 125 del 2015, ancorchè non applicabile alla fattispecie, disciplina l’istituto della “delega” sancendo che la stessa sia nominativa, prevedendo che “in relazione all’esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa, i dirigenti delle Agenzie fiscali, per esigenze di funzionalità operativa, possono delegare, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, a funzionari della terza area, con un’esperienza professionale di almeno cinque anni nell’area stessa, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali indette ai sensi del comma 1 e di quelle già bandite e non annullate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti, escluse le attribuzioni riservate ad essi per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell’esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonchè della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l’espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016…”.

6. La questione sottoposta all’esame del Collegio riguarda, come sopra evidenziato, esclusivamente le modalità di individuazione del soggetto delegato ai fini della sottoscrizione dell’avviso di accertamento, non essendo posti in discussione i principi relativi alla necessità di una delega scritta e agli oneri probatori come sopra evidenziati. Trattasi, per altro, di tematica sotto molti profili speculare rispetto a quella, già esaminata da questa Corte, in relazione alla sottoscrizione di atti processuali da parte di un funzionario a tanto delegato (Cass., 4 ottobre 2015, n. 20628), risolta in virtù del richiamo alla nota distinzione, operata dalla dottrina nonchè dalla giurisprudenza amministrativa, fra “delega di funzioni” e “delega di firma”.

6.1. La seconda ipotesi si verifica quando un organo, pur mantenendo la piena titolarità circa l’esercizio di un determinato potere, delega ad altro organo, ma anche a funzionario non titolare di organo, il compito di firmare gli atti di esercizio dei potere stesso: in questi casi l’atto firmato dal delegato, pur essendo certamente frutto dell’attività decisionale di quest’ultimo, resta formalmente imputato all’organo delegante, senza nessuna alterazione dell’ordine delle competenze” (Cass., n. 6113/2005).

6.2. Al contrario, l’istituto di diritto pubblico della “delegazione amministrativa” di competenze assume rilevanza esterna, ragion per cui si richiede che sia disciplinato per legge attuandosi, mediante adozione di un formale atto di delega, l’attribuzione ad un diverso ufficio od ente di poteri in deroga alla disciplina normativa delle competenze amministrative (c.d. delega di funzioni).

7. Appare evidente la differenza fra le due figure: la “delega di firma” realizza un mero decentramento burocratico: il “delegato alla firma” non esercita, infatti, in modo autonomo e con assunzione di responsabilità i poteri inerenti alle competenze amministrative riservate al delegante, ma agisce semplicemente come “longa manus” – e dunque in qualità di mero sostituto materiale – del soggetto persona fisica titolare dell’organo cui è attribuita la competenza. L’atto di “delegazione della competenza” ha, al contrario, rilevanza esterna, essendo suscettibile di alterare il regime della imputazione dell’atto, al contrario di quanto si verifica nell’ipotesi della mera delega di firma, nella quale il delegante rimane l’unico ed esclusivo soggetto dal quale l’atto proviene e del quale si assume la piena responsabilità verso l’esterno.

8. Sulla base delle superiori considerazioni va osservato come non sia condivisibile l’affermazione (v. la citata Cass. n. 22803 del 2015) secondo cui, ai fini di valutare la portata della disposizione contenuta nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, debba prescindersi dalla natura della delega, sia essa di funzioni o di firma, dovendo in ogni caso essere nominativa. In tal modo, oltre ad operarsi una sovrapposizione fra le figure in esame, si contraddice la portata della norma testè richiamata, che chiaramente, anche in base al tenore letterale, è riferibile a una delega per la sottoscrizione, e, soprattutto, viene ad applicarsi a una figura, quale la delega di firma, la disciplina dettata per la delega di funzioni. Sotto tale profilo deve osservarsi che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1 bis, si riferisce espressamente ed inequivocabilmente alla “delega di funzioni”, laddove prescrive che i dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze ad essi riservate, a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidate.

Tale rigore non si addice alla delega di firma, nella quale, come è stato già rilevato, il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante (cfr. la citata Cass. n. 20628 del 2015) e che trova titolo nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (Statuto Ag. Entrate approvato con Delib. 13 novembre 2000, n. 6, art. 11, comma 1, lett. c) e d); reg. amm. n. 4 del 2000, art. 14, comma 2,) nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio.

9. Ne consegue che, pur dovendosi ribadire l’orientamento, sopra richiamato, in relazione agli oneri probatori in capo all’amministrazione in caso di contestazione della sottoscrizione dell’avviso di accertamento, deve affermarsi che non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, nè la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire, come nella specie, attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega (Cass., 20 giugno 2011, n. 13512) e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale parimenti consente la successiva verifica della corrispondenza fra il sottoscrittore e il destinatario della delega stessa.

10. L’accoglimento del ricorso, per le indicate ragioni, comporta la cassazione dell’impugnata decisione, con rinvio alla C.T.R. del Lazio, che, in diversa composizione, applicherà il principio sopra enunciato, provvedendo, altresì, in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata decisione e rinvia, anche per le spese, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2019


Cass. civ. Sez. Unite, Sent., (ud. 03-07-2018) 26-03-2019, n. 8416

Le Sezioni Unite rammentano che, prima delle modifiche operate dalla L. 124/2017, il monopolio di Poste Italiane era limitato solo a notifiche di atti giudiziari e violazioni del Codice della Strada.

A far data dal 10 settembre 2017, è venuto meno il monopolio di Poste Italiane in materia di notificazioni. Tuttavia, già dal 2011, la riserva in favore di Poste era limitata alla sola notifica degli atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada. Di conseguenza la notifica di un’ordinanza ingiunzione emanata dalla autorità amministrativa ben poteva essere effettuata (nel 2014) da un servizio privato.

Tanto è stato precisato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 8416/2019 (qui sotto riportata) accogliendo il ricorso dell’Assessorato alle Infrastrutture della Regione Sicilia contro un condominio di Messina.

L’autorità amministrativa era intervenuta per sanzionare l’utilizzo, a fini irrigui, delle acque di un fondo di proprietà di terzi. Il Condominio, invece, interponeva con successo ricorso al Tribunale delle Acque ritenendo inesistente la notifica del verbale in quanto effettuata a mezzo di servizio di posta privata e non utilizzando quello universale (affidato, nella specie, alla s.p.a. Poste italiane).

La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’autorità amministrativa, evidenzia che nel 2014 (anno in cui è stato notificato il provvedimento) vigeva la regola di cui all’art. 4 del d.lgs. 261/1999, come modificato dal d.lgs. 58/2011. In sostanza, un provvedimento avente natura di atto amministrativo, e non giudiziario o riguardante violazioni del CdS, poteva legittimamente essere notificato tramite posta privata.

Notifica tramite Poste Italiane: lo sviluppo normativo

Gli Ermellini richiamano i passaggi più importanti in materia, partendo dal d.lgs. n. 261/1999, di recepimento della Direttiva 97/67/CE, il quale, nel quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali, ha mantenuto un servizio postale universale, includendo tra i servizi ad esso riservati gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie.

Il successivo d.lgs. n. 58/2011, intervenuto per recepire la Direttiva 2008/6/CE, ha stabilito che al fornitore del servizio universale sono affidati in via esclusiva i servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari, ai sensi della L. n. 890/1982, nonché i servizi inerenti le notificazioni delle violazioni al Codice della Strada ai sensi dell’art. 201 d.lgs. n. 285/1992.

Da ultimo, l’art. 1, comma 57 lett. b), L. n. 124/2017, ha invece espressamente abrogato l’art. 4 del d.lgs. n. 261/99, con decorrenza dal 10/9/2017, facendo venir meno definitivamente l’attribuzione in esclusiva alla società Poste Italiane s.p.a. dei servizi di notificazione e aprendo il mercato anche agli operatori privati.

Atto amministrativo: legittima la notifica ante 2017 con poste private

Nel periodo che interessa il caso in esame, dunque, era riservata a Poste Italiane la sola notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e delle violazioni al Codice della strada. Invece il provvedimento di ordinanza-ingiunzione emanato dall’autorità amministrativa competente, secondo le previsioni della L. n. 689/1981, è ritenuto dagli Ermellini avere natura di atto amministrativo.

Non trattandosi di atto giudiziario né di atto concernente le violazioni al CdS, concludono le Sezioni Unite, risultava pertanto legittima la relativa notificazione effettuata tramite un servizio di posta privata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21933-2016 proposto da:

ASSESSORATO INFRASTRUTTURE E MOBILITA’ DELLA REGIONE SICILIA, in persona dell’Assessore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 214/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 27/06/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/07/2018 dal Consigliere LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Pietro Garofoli per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Svolgimento del processo
Con sentenza del 27/6/2016 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha respinto il gravame interposto dall’Assessorato alle infrastrutture e mobilità della Regione Sicilia in relazione alla pronunzia Trap Palermo 15/6/2015, di accoglimento dell’impugnazione proposta dal Condominio (OMISSIS) del “processo verbale di contestazione del 28 maggio 2014 n. 94390… con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 17 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, per aver utilizzato a fini irrigui le acque di un fondo di proprietà di terzi, e gli era stata contestualmente ordinata la cessazione della condotta illecita, con obbligo di pagamento della relativa sanzione amministrativa e dei canoni non corrisposti”.

Accoglimento fondato sulla ravvisata inesistenza della notifica del suindicato p.v., “in quanto effettuata a mezzo di servizio di posta privata”.

Avverso la suindicata pronunzia del Tsap l’Assessorato alle infrastrutture e mobilità della Regione Sicilia propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione
Con unico motivo il ricorrente denunzia violazione del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole essersi dal Tsap erroneamente affermato che “la notifica del provvedimento amministrativo dovesse necessariamente essere eseguita per il tramite del servizio universale… in ragione della ritenuta prevalenza della disposizione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 6, come modificata dalla L. 3 agosto 1999, n. 265, entrata in vigore successivamente al D.Lgs. n. 261 del 1999”, laddove quest’ultimo è stato “invero modificato in parte qua da legge ancora successiva – il D.Lgs. n. 58 del 2011”.

Lamenta che il provvedimento amministrativo de quo è stato “notificato in data 5 giugno 2014”, allorquando la regula iuris ratione temporis applicabile era quella di cui “al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011”, a tale stregua invero “successiva e non precedente alla disposizione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 6, come modificata dalla L. 3 agosto 1999, n. 265”.

Si duole non essersi considerato come, pur essendo vero “che la previsione di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 richiama la notificazione a mezzo posta ex L. n. 890 del 1982”, tale rinvio sia comunque limitato esclusivamente “agli atti giudiziari e non anche ad altri atti che siano notificati a mezzo posta”.

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

La vicenda attiene a notificazione, effettuata il 5/6/2014, di processo verbale del 28 maggio 2014 emesso dall’odierno ricorrente Assessorato alle infrastrutture e mobilità della Regione Siciliana, con il quale è stata all’odierno intimato Condominio contestata la violazione dell’art. 17 T.U. n. 1775 del 1933 per avere utilizzato a fini irrigui acqua di fondo di proprietà di terzi, con contestuale ordine di cessazione della condotta illecita e di pagamento dell’irrogata relativa sanzione amministrativa, oltre ai canoni di utenza non corrisposti per il periodo dal 1976 al 2014.

Nell’impugnata sentenza si è dato atto che “nella versione attuale, applicabile nella fattispecie ratione temporis, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale (cioè, nella specie, alla s.p.a. Poste italiane) i servizi di notificazione in materia di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modifiche, e i servizi relativi alle notifiche a mezzo posta in materia di sanzioni amministrative connesse alle violazioni del codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201)”.

Si è quindi escluso che la notificazione del p.v. di contestazione della violazione e irrogazione della sanzione ex art. 17 T.U. n. 1775 del 1933 in argomento, “ancorchè non rientrante tra quelle previste per le violazioni del codice della strada”, possa essere effettuata da gestore privato del servizio di posta, trovando comunque “applicazione la disposizione speciale di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 18, comma 6, in base alla quale la notifica dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio con le modalità di cui alla L. n. 890 del 1992, cioè col sistema delle notifiche a mezzo posta”, giacchè tale disposizione “è stata inserita nel corpo dell’art. 18 cit. dalla L. 3 agosto 1999, n. 265, art. 10, comma 6, entrata in vigore successivamente al D.Lgs. n. 261 del 1999 nella sua versione originaria e, come tale, doveva senza dubbio essere applicata in relazione alla notifica dell’ordinanza-ingiunzione per cui è causa”.

Orbene, siffatto assunto è erroneo.

Il D.Lgs. n. 261 del 1999, di recepimento della Direttiva 97/67/CE (emanata con il preciso scopo di dettare “regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio”), ha, nel quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali, mantenuto un servizio postale universale, includendo tra i servizi ad esso riservati “gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie”.

Il servizio postale universale è espletato, all’esito della trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste, dalla società Poste Italiane s.p.a. (v. Cass., Sez. Un., 29/5/2017, n. 13452, ove si pone in rilievo come, nonostante la trasformazione, permanga tuttora in capo all’agente postale l’esercizio di poteri certificativi propriamente inerenti a un pubblico servizio, a ragione della connotazione pubblicistica della disciplina normativa che continua a disciplinarlo e del perseguimento di connesse finalità pubbliche).

Alla L. n. 689 del 1981, art. 18 è stato dalla L. n. 265 del 1999, art. 10 inserito il comma 6, ove si stabilisce che “La notificazione dell’ordinanza ingiunzione può essere eseguita dall’ufficio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890”.

Alla suindicata Direttiva del 1997 è seguita la Direttiva 2008/6/CE, recepita con D.Lgs. n. 58 del 2011, che ha modificato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4 stabilendo che “Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale: a) i servizi inerenti le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni; b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201” (cfr. Cass., 19/12/2014, n. 27021).

La L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 57 lett. b), ha quindi espressamente abrogato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, con soppressione pertanto dell’attribuzione in esclusiva alla società Poste Italiane s.p.a., quale fornitore del servizio postale universale, dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari ai sensi della L. n. 890 del 1982, nonchè dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni al codice della strada ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 201 (v. Cass., 11/10/2017, n. 23887, e, conformemente, da ultimo, Cass., 7/9/2018, n. 21884).

Detta abrogazione opera, peraltro, come dalla suindicata norma espressamente indicato, con decorrenza dal 10/9/2017, sicchè non assume nella specie rilievo, essendo stato -come detto- l’impugnato atto de quo notificato in data 5 giugno 2014.

A tale stregua, con riferimento alla disciplina ratione temporis nella specie applicabile va osservato che la riserva della notifica a mezzo posta all’Ente Poste (poi società Poste Italiane s.p.a.), pur se posteriore (L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 6, che ha modificato la L. n. 689 del 1981, art. 18) al D.Lgs. n. 261 del 1999 di liberalizzazione (nel più ampio quadro della liberalizzazione del mercato dei servizi postali) delle notificazioni, è stata successivamente limitata alla notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e alla notificazione a mezzo posta delle violazioni al Codice della strada per effetto del disposto di cui al D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, come modificato dal D.Lgs. n. 58 del 2011, vigente alla data di notifica del verbale di contestazione di cui trattasi.

Atteso che, diversamente da quanto affermato dal TSAP nell’impugnata sentenza, il riferimento alle “modalità di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890” va invero inteso quale mera previsione di un ulteriore strumento di notificazione di cui i soggetti al riguardo abilitati (e pertanto anche quello gestore del servizio privato) possono avvalersi, decisivo rilievo assume la circostanza che il provvedimento di ordinanza-ingiunzione emanato dall’autorità amministrativa competente secondo le previsioni della L. n. 689 del 1981 ha natura di atto amministrativo (cfr. Cass., 20/9/2006, n. 20401; Cass., 1/6/1993, n. 6088), e non già giudiziario, e non concerne violazioni al Codice della strada, risultando pertanto legittima la relativa notificazione a mezzo servizio di posta privata.

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione alla censura accolta.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa in relazione alla censura accolta l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al TSAP, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2019


Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., (ud. 06-12-2018) 20-03-2019, n. 7892

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24901-2017 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ODDO, rappresentata e difesa dall’avvocato LICIA TAVORMINA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– controricorrente –

Contro

M.M., ASSESSORATO REGIONALE DEL LAVORO- ISPETTORATO PROVINCIALE DEL LAVORO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 506/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

Svolgimento del processo
Che: con sentenza in data 8 -20 giugno 2017 numero 506 la Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, accoglieva parzialmente l’opposizione proposta da M.M. nei confronti dell’INPS, della SOCIETA’ PER LA CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (in prosieguo: SCCI) spa DELL’ASSESSORATO REGIONALE DEL LAVORO- ISPETTORATO PROVINCIALE e di RISCOSSIONE SICILIA S.p.A. avverso il fermo amministrativo iscritto dall’agente della riscossione per il mancato pagamento di 29 cartelle esattoriali;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale premetteva che l’oggetto del contendere era limitato ad un numero di sette cartelle esattoriali relative a contributi INPS ed a sanzioni amministrative e che il Tribunale aveva accolto l’opposizione per sei di esse. RISCOSSIONE SICILIA S.p.A. aveva proposto appello limitatamente a cinque cartelle, con esclusione della cartella (OMISSIS), rispetto alla quale era intervenuto il giudicato interno.

Quanto alle cartelle oggetto di appello, doveva essere respinto il motivo di impugnazione con il quale si deduceva la tardività del ricorso introduttivo per mancato rispetto del termine di quaranta giorni. Assorbente era la circostanza che RISCOSSIONE SICILIA S.p.A. non aveva dimostrato l’epoca in cui il M. aveva avuto conoscenza dell’esistenza a suo carico di un fermo amministrativo.

Erano del pari infondati gli ulteriori motivi di impugnazione.

Per tre delle cartelle (numeri (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) era decisiva la prescrizione del credito per effetto del decorso del termine quinquennale successivamente alla notifica, quand’anche regolarmente perfezionatasi (in data 9 marzo 2006 le prime due, in data 4 febbraio 2005 la terza).

In ogni caso, le cartelle erano state consegnate al portiere senza procedere all’invio della raccomandata informativa ex art. 139 c.p.c., comma 4 (o, comunque, in assenza della prova di tale adempimento).

Residuava l’esame di due cartelle (numeri (OMISSIS) e (OMISSIS), notificate rispettivamente il 18 aprile 2007 ed il 2 luglio 2009).

In ordine alla prima, era accertato documentalmente che l’agente notificatore aveva consegnato l’atto al portiere dello stabile di abitazione del M. senza darne notizia al destinatario mediante lettera raccomandata, come prescritto dall’art. 139 c.p.c., comma 4. Con riferimento alla seconda, RISCOSSIONE SICILIA S.p.A. aveva prodotto per documentare il perfezionamento della notifica una copia della distinta di accettazione di raccomandata in data 23 luglio 2009 formata dal Consorzio Olimpo.

Il giudice di prime cure aveva ritenuto, con argomentazione condivisibile e neppure oggetto di censura, che non era provato l’invio della raccomandata al M., difettando persino l’indicazione dell’indirizzo del destinatario;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso RISCOSSIONE SICILIA S.p.A, articolato in tre motivi, cui ha opposto difese con controricorso l’INPS, anche in nome e per conto di SCCI SpA; M.M. e l’ASSESSORATO REGIONALE sono rimasti intimati;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’udienza- ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che la parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
Che: la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità del procedimento; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Ha censurato la sentenza d’appello per avere respinto l’eccezione di inammissibilità della opposizione. Ha dedotto che la Corte territoriale aveva omesso di esaminare la circostanza che il ricorso era stato proposto avverso il “preavviso di fermo”, atto anteriore alla iscrizione del fermo. Il fermo amministrativo era stato iscritto in data 19-26 settembre 2011: pertanto il ricorso (depositato il 2 gennaio 2012), era sicuramente tardivo, anche rispetto alla successiva data di iscrizione del fermo;

– con il secondo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., comma 4. Con il motivo, proposto in via gradata, si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto nulla la notifica delle cartelle esattoriali per la mancata spedizione della raccomandata informativa prescritta dalla norma;

– con il terzo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto estinto per prescrizione il credito riportato nelle tre cartelle esattoriali notificate in data 9 marzo 2006 e 4 febbraio 2005 per decorso del termine quinquennale laddove in caso di mancata opposizione avverso la cartella di pagamento trovava applicazione il termine decennale di cui all’art. 2946 c.c.;

che ritiene il collegio si debba rigettare il ricorso;

che, invero:

– con il primo motivo si assume la tardività della opposizione avverso le cartelle esattoriali per decorso del termine di quaranta giorni di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24.

Per censurare l’accertamento di tempestività della opposizione compiuto nella sentenza impugnata la parte ricorrente avrebbe dovuto allegare specificamente- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – un fatto storico risultante dagli atti di causa (ed avente rilievo decisivo) non esaminato nella sentenza impugnata.

Il motivo, come precisato nella memoria, evoca un ragionamento presuntivo, nei seguenti termini:

– il contribuente aveva sicuramente ricevuto il preavviso di fermo anteriormente alla data di iscrizione del fermo (il 19-26 settembre 2011);

– tale fatto era dimostrato dal deposito del ricorso introduttivo del giudizio “in opposizione al preavviso di fermo”;

– il termine di 40 giorni, dunque, cominciava a decorrere in epoca anteriore alla iscrizione del fermo.

La censura così proposta sollecita questa Corte ad un inammissibile riesame del merito.

Il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, concerne infatti l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali; nella fattispecie di causa la parte ricorrente non espone da quali atti di causa emergeva che il preavviso di fermo era stato comunicato al M. in data anteriore alla iscrizione del fermo. Il mero fatto del deposito del ricorso introduttivo avverso il preavviso di fermo prova, infatti, la comunicazione del preavviso impugnato soltanto alla stessa data del ricorso e non rispetto ad un momento anteriore.

Le censure proposte sotto il profilo della violazione di legge e della nullità del procedimento non sono invece pertinenti al contenuto della impugnazione, che non pone in questione la interpretazione ed applicazione da parte del giudice dell’appello di norme di diritto, sostanziali o processuali;

– quanto al secondo motivo, correttamente la sentenza ha ritenuto la nullità della notifica delle cartelle esattoriali sulla base del preliminare accertamento in fatto che le stesse erano state consegnate al portiere, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 3, e che non era seguita la spedizione della raccomandata informativa di cui al successivo comma 4 (o comunque non era stata raggiunta la prova di tale spedizione).

La statuizione è conforme al principio espresso dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 31 luglio 2017 n. 18992, essendosi ivi ritenuto che “nella notificazione eseguita ex art. 139 c.p.c., comma 3, l’omessa spedizione della raccomandata prescritta dal comma 4 della disposizione cit., costituisce un vizio dell’attività dell’ufficiale giudiziario che determina, fatti salvi gli effetti della consegna dell’atto dal notificante all’ufficiale giudiziario medesimo, la nullità della notificazione nei riguardi del destinatario”. Nel citato arresto si è valorizzata la funzione dell’avviso nella struttura complessiva di una notificazione che si perfeziona a persona non legata da quei particolari vincoli evidenziati nell’art. 139 c.p.c cit., comma 2, sicchè l’atto entra a far parte della sfera di effettiva conoscibilità del destinatario ma in una sua porzione connotata da un grado minore di possibilità di prendere immediata conoscenza dell’atto rispetto alle altre fattispecie indicate dal comma 2, per le quali è assai stretta la natura del vincolo che lega il consegnatario dell’atto al destinatario. Un tale minor grado di conoscibilità- se non degrada la consegna al punto di rendere necessario lo spostamento ulteriore del momento di perfezionamento della notifica (come accade per l’ipotesi contemplata dall’art. 140 c.p.c.)- esige però almeno di essere colmato con quel quid pluris costituito dalla spedizione dell’ulteriore avviso, sia pure ex post e non incidente sul tempo in cui l’attività notificatoria si è svolta e compiuta. A tale principio deve assicurarsi in questa sede continuità;

– il terzo motivo, con cui si assume la durata decennale del termine di prescrizione a seguito della mancata proposizione della opposizione avverso le cartelle esattoriali notificate, è inammissibile, tanto alla luce della definitività della statuizione di nullità della notifica delle cartelle esattoriali che a tenore dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, essendo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, all’esito dell’arresto delle Sezioni Unite del 17 novembre 2016 n. 23397, il principio, applicato dalla sentenza impugnata, secondo cui la prescrizione dei contributi previdenziali, nel caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale, rimane quinquennale e non si converte in decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c. che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti dell’INPS, che ha concluso per la inammissibilità o il rigetto del ricorso;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2019


Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 18-12-2018) 19-03-2019, n. 7641

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26944-2017 proposto da:

R.A., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO CAROZZA, LUCA CITARELLA;

– ricorrente –

contro

UNILEVER ITALIA MANUFACTURING S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE ROBERTO ARDIGO’ 42, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BRAGAGLIA, rappresentata e difesa dagli avvocati EMANUELE ANTONIO NATALE, GIULIO GOMEZ D’AYALA;

– controricorrente – avverso la sentenza n. 1350/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/06/2017 R.G.N. 4557/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica Udienza del 18/12/2018 del Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO CARMELO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato DOMENICO CAROZZA;

udito l’Avvocato EMANUELE ANTONIO NATALE.

Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 1350/2017, pubblicata il 28 giugno 2017, la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, con la quale il Tribunale della stessa sede, in accoglimento del ricorso proposto da Unilever Italia Manufacturing S.r.l., aveva dichiarato la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato ad R.A., con lettera del 3/3/2010, per avere svolto, in periodo di assenza per infortunio, attività lavorativa consistita nella guida di automezzi e in operazioni di carico/scarico di cerchi in lega per autovetture, tale da compromettere o ritardare la guarigione.

2. La Corte ha rilevato a sostegno della propria decisione che i fatti contestati, giunti a conoscenza della società attraverso un’indagine investigativa, avevano trovato conferma nelle dichiarazioni degli investigatori e che la consulenza d’ufficio disposta in primo grado aveva consentito di accertare la potenzialità dannosa del comportamento addebitato, il quale, pertanto, integrando un inadempimento degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e la violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, era da ritenersi di gravità tale da giustificare il recesso datoriale, anche in difetto di previsione del contratto collettivo o del codice disciplinare.

3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore con tre motivi, illustrati da memoria, cui ha resistito la società con controricorso.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, deducendo ex art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e L. n. 604 del 1966, art. 5 nonchè dell’art. 24 Cost., il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto accertati i fatti descritti nella relazione investigativa prodotta in giudizio dalla società, sebbene tali fatti fossero stati puramente confermati “in blocco” dai testimoni escussi e la relazione, in quanto documento di parte, non avesse ex se efficacia probatoria.

2. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119, 2106, 1175, 1375 e 1455 c.c., nonchè dell’art. 70 c.c.n.l. Industria Alimentare, il ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che anche una condotta potenzialmente idonea a compromettere o ritardare la guarigione, quale delineata dal consulente d’ufficio in esito alle proprie indagini, potesse integrare la giusta causa di recesso, di conseguenza trascurando, su tale premessa, di ricercare e di accertare i fatti che potessero dimostrare la sussistenza, in concreto (e non solo in astratto), di tale nesso di causalità.

3. Con il terzo motivo, deducendo il vizio di cui all’art. 360, n. 5, il ricorrente si duole del fatto che la Corte non abbia preso in esame le deduzioni e i rilievi critici formulati con il ricorso in appello e che, con il supporto della relazione medico-legale allegata, avrebbero consentito di smentire la validità delle conclusioni raggiunte dal consulente d’ufficio.

4. Il primo motivo è inammissibile.

5. Come più volte precisato da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 13395/2018), “la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove” – come con il motivo ora in esame “oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5)”.

6. E’ altresì consolidato il principio, secondo il quale “la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale” (Cass. n. 4699/2018).

7. Il secondo motivo è infondato.

8. La Corte di appello ha invero correttamente richiamato l’orientamento, per il quale “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonchè dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sè, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio” (Cass. n. 26496/2018; conforme, fra le più recenti, Cass. n. 10416/2017).

9. La Corte ha peraltro positivamente accertato come la condotta imputata al lavoratore fosse stata tale, anche in concreto, da ritardare la guarigione, avendo osservato che egli “guidando autovetture e sollevando cerchi in lega nei giorni (OMISSIS)” aveva “disatteso la prescrizione medica” in data (OMISSIS) (e cioè “ulteriori 17 giorni di cure e riposo”) e che “ai successivi controlli medici non veniva riscontrata la guarigione, tanto che la riammissione in servizio poteva avvenire soltanto” il successivo 28 gennaio 2010 (cfr. sentenza impugnata, p. 4).

10. Il terzo motivo è inammissibile, in forza della preclusione (c.d. “doppia conforme”) di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c., a fronte di giudizio di appello introdotto con ricorso depositato il 14 dicembre 2015 e, pertanto, in epoca successiva all’entrata in vigore della novella (11 settembre 2012).

11. Nè il ricorrente, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo, ha indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528/2014 e successive conformi).

12. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2019


Giornata di Studio Iglesias (CI) – 28.06.2019

Locandina Giornata di Studio aggiornamento Iglesias 2019LA NOTIFICA ON LINE e del documento informatico

Venerdì 28 giugno 2019

Comune di Iglesias

Sala Riunioni del Centro Direzionale Amministrativo

Via Isonzo 7

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Iglesias (CI)
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 152.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 222.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi all’Associazione per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi all’Associazione).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Iglesias 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00 (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00 (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 4Asirelli Corrado

Coord. Servizio Notifiche del Comune di Cesena FC

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant Giornata di Studio aggiornamento Iglesias 2019

Vedi: Fotografie della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Iglesias CI 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

 


Giornata di Studio in house Acuto (FR) – 19.03.2019

Locandina Giornata di Studio aggiornamento Acuto 2019LA NOTIFICA DEL DOCUMENTO INFORMATICO

Martedì 19 marzo 2019

Comune di Acuto

Sala del del Consiglio Comunale

Via Germini 1

Acuto FR

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Acuto
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it .

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Acuto2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Fontana LazzaroFontana Lazzaro

Resp. Servizio Notifiche dell’Unione Colline Matildiche

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant Giornata di Studio aggiornamento Acuto 2019

Vedi: Fotografie Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Acuto 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

 


Cass. civ., Sez. I, Sent., (data ud. 09/01/2019) 11/03/2019, n. 6924

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARULLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21140/2012 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 173, presso lo studio dell’avvocato Marchese Teodora che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Oddo Davide, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fe.Gi., elettivamente domiciliata in Roma, Via Tuscolana n. 1256, presso lo studio dell’avvocato Tetti Alessandro, rappresentata e difesa dall’avvocato Ferrante Ersilia, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 300/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 30/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/2019 dal cons. MARULLI MARCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS LUISA, che ha concluso per il rigetto;

udito per il controricorrente l’Avvocato Paolucci Alessio, con delega, che ha chiesto il rigetto.

Svolgimento del processo
1. F.G. impugna avanti a questa Corte l’epigrafata sentenza della Corte d’Appello di Genova – pronunciata a definizione del gravame proposto nei suoi confronti da Fe.Gi. per il pagamento della provvigione dovuta in relazione all’attività di mediazione espletata in occasione della vendita di un immobile di cui la F. era comproprietaria – e ne chiede la cassazione lamentandone, sulla base di un solo motivo, la nullità, poichè la Corte d’Appello aveva proceduto nella sua contumacia quantunque l’atto di appello non le fosse stato mai notificato, dato che la notifica era stata effettuata presso la sua residenza anagrafica di (OMISSIS), malgrado all’epoca ella si fosse trasferita all’estero, ed il relativo atto era stato consegnato a mani di tale D.D., che occupava l’alloggio in qualità di conduttrice.

Al mezzo così proposto resiste la Fe. con controricorso.

Motivi della decisione
2.1. Il riportato motivo di ricorso, a mezzo del quale la ricorrente reclama la cassazione dell’impugnata sentenza pronunciata nella sua contumacia per pretesa nullità della notificazione, non merita adesione.

2.2. Scopo della notificazione, come si insegna abitualmente, è quello di far pervenire l’atto nella sfera di conoscibilità del destinatario, in modo da porlo nella condizione di aver conoscenza legale del processo e di essere in grado di apprestare la propria difesa senza incorrere in decadenze o preclusioni. sicchè tanto l’art. 139 c.p.c. quanto, riflessamente, le norme che disciplinano la notificazione a mezzo posta (L. 20 gennaio 1982, n. 890, art. 3, comma 2, art. 7, comma 2 e art. 9, comma 1), si danno cura di indicare quale luogo primario per la notificazione la residenza del destinatario intendendosi per tale il “luogo di abituale e volontaria dimora, (connotato) cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni familiari e sociali” (Cass., Sez. III, 11/11/2003, n. 16941). In tale guisa si ha riguardo d’ordinario alla residenza anagrafica, assumendosi, in forza non solo del positivo dettato dell’art. 43 c.c., comma 2, che il luogo in cui l’interessato abbia la propria residenza anagrafica sia anche quello in cui egli dimori abitualmente e sia perciò più agevole raggiungerlo al fine di renderlo edotto degli atti a contenuto giuridico che gli pertengono. Tuttavia, tenuto conto delle finalità della notificazione, si afferma stabilmente che se il notificante “conosce il luogo di reale dimora abituale, o sia in grado di conoscerlo facendo uso della diligenza che il caso suggerisce, la notifica è legittimamente eseguita solo se tentata presso quel luogo, mentre solo se il notificante ignora incolpevolmente che il luogo di effettiva dimora abituale è diverso da quello ove questi risulti anagraficamente residente, la notificazione può essere legittimamente eseguita presso l’ultima residenza anagrafica” (Cass., Sez. III, 11/11/2003, n. 16941). Ai fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario assume perciò “rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni” (Cass., Sez. IV, 22/12/2009, n. 26985). Poichè peraltro compete al giudice del merito, avanti al quale sia contestata la coincidenza del luogo di residenza con quello di effettiva dimora, apprezzare, ai fini di stabilire la regolarità della notificazione, se le allegazioni di fatto in tal senso operate dal destinatario siano suffragate da una prova piena o si suffraghino altrimenti in forza di un quadro circostanziale provvisto dei necessari requisiti di univocità e concludenza, ne discende, per ovvia conseguenza, che “l’accertamento della residenza, domicilio o dimora del convenuto effettuato dal giudice di merito non è censurabile in cassazione – se non per vizi della relativa motivazione – in funzione dello scrutinio di validità della notifica dell’atto di citazione, trattandosi di accertamento in fatto riservato al giudice di merito” (Cass., Sez. I, 28/09/2004, n. 19416). E, dunque, avendo l’impugnata sentenza esattamente proceduto ad un accertamento di fatto allorchè ha divisato la regolarità della contestata notificazione nella convinzione che le affermazioni in tale veste operate dal deducente “non sono supportate da alcun riscontro e comunque risultano irrilevanti rispetto al momento ben anteriore e risalente al febbraio/marzo 2008 quando l’atto di appello era notificato, in via di rinnovazione alla residenza della F. sita in (OMISSIS)”, essa non è conseguentemente censurabile sotto il denunciato profilo diritto.

2.3. Non deducibile sotto il detto profilo, la nullità dell’impugnata sentenza non può essere fatta valere, una volta che il giudice del merito con l’accertamento di fatto ad esso riservato abbia escluso la rilevanza della residenza di fatto rispetto alla residenza anagrafica, neppure sotto il subordinato profilo dell’irritualità della notifica per essere stato nella specie il plico contenente l’atto di gravame consegnato a mani della persona rinvenuta presso la residenza anagrafica della F., tale D.D. cui l’alloggio era stato locato in conduzione.

Osservato, in fatto, che come si legge in motivazione nella specie “il plico era ritirato da persona qualificatasi al servizio della destinataria F.G. ed addetta alle pulizie”, va detto che, sebbene non sia revocabile in dubbio che la relata di notificazione di un atto faccia fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco, analoga efficacia probatoria non assiste le altre attestazioni che non sono frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri che, essendo provviste solo di una presunzione di veridicità, possono essere sovvertite solo mezzo di una prova contraria (Cass., Sez. VI-I, 19/12/2016, n. 26134). In questa cornice anche “la qualità di persona di famiglia, di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, di vicina di casa, di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità su indicate ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario” (Cass., Sez. IV, 5/04/2018, n. 8418). Peraltro, poichè compete innegabilmente al giudice del merito valutare, alla luce delle circostanze fattuali allegate dalla parte al fine di contrastare la presunzione di veridicità che assiste l’attestazione dell’ufficiale giudiziario, se la presunzione così operante sia stata vinta, l’accertamento a cui in tal modo egli perviene è frutto di un’indagine e di un giudizio di fatto e, non diversamente, da quanto si è osservato innanzi, esso è censurabile in questa sede solo sotto il profilo motivazionale, sottraendosi perciò alla denunciata violazione procedimentale.

3. Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso con ovvio riflesso quanto alle spese di giudizio.

P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 9 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2019


8 marzo 2019 Festa della donna

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Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non finisce mai. (Oriana Fallaci)

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