Cass. civ. Sez. II, Sent., (ud. 26-04-2018) 29-11-2018, n. 30927

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21398/2016 proposto da:

R.E., rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO “(OMISSIS)”, in persona dell’Amministratore pro tempore, rappresentato difeso dall’avvocato RAFFAELE SALZANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD, depositata il 24/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/04/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CELESTE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo
R.E. proponeva opposizione a decreto ingiuntivo innanzi al Giudice di Pace di Casoria avente ad oggetto il pagamento di oneri condominiali, contestando la sua qualità di condomino per non essere proprietario di una porzione dell’area facente parte del “(OMISSIS)” ma di esercitare su tale striscia di terreno una servitù di passaggio.

Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione.

Proponeva appello innanzi al neo costituito Tribunale di Napoli Nord; si costituiva il Condominio, resistendo al gravame.

Il Tribunale di Napoli Nord, con sentenza del 3.2.2016, dichiarava inammissibile l’impugnazione.

Rilevava il tribunale che il R. aveva erroneamente notificato l’atto di appello al condominio personalmente ad al suo difensore, Avv. Ricca, mediante deposito in cancelleria ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Osservava che il decreto ingiuntivo era stato emesso dal Giudice di Pace di Casoria in data 8.1.2010, e nello stesso anno era stata proposta l’opposizione, che si era conclusa con sentenza del 2.12.2013. A quella data era già stato istituito il Tribunale di Napoli Nord in virtù del D.Lgs. n. 155 del 2012, che aveva soppresso la Sezione Distaccata di Casoria del Tribunale di Napoli. Secondo il giudice d’appello, poichè al momento dell’instaurazione del giudizio il difensore del Condominio aveva sede a Napoli, nella medesima circoscrizione in cui si era svolto il giudizio di primo grado, in assenza di norme transitorie, doveva applicarsi la normativa che regolava il giudizio di primo grado. Di conseguenza l’atto d’appello doveva essere notificato presso lo studio dell’Avv. Ricca e non attraverso il deposito in cancelleria.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.E. sulla base di due motivi, cui ha resistito con controricorso il Condominio (OMISSIS).

Disposta l’assegnazione alla Sesta Sezione Civile di questa Corte, il relatore ha formulato proposta di inammissibilità del ricorso per acquiescenza ex art. 329 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

La Sesta Sezione Civile, con ordinanza interlocutoria del 26.10-22.12.2017, ha ritenuto non sussistenti le condizioni di cui all’art. 375 c.p.c., ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza.

Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di nullità del controricorso, che è stata avanzata dal ricorrente sotto diversi profili.

E’ stato, in primo luogo eccepita l’inesistenza e/o la nullità del controricorso, della relata di notifica e dell’attestazione di conformità degli atti notificati in forma telematica agli originali, per violazione dell’art. 3 bis comma 1 e 2 L. 53/94; deduce il ricorrente che i file pdf sarebbero firmati in formato “pades” e con “cades” e privi dell’estensione “p7m”, come previsto dalla legge; mancherebbe la firma digitale dell’attestazione di conformità con conseguente nullità della procura, insuscettibile di sanatoria ex art. 156 c.p.c..

Il motivo non è fondato.

La questione sollevata dal ricorrente è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria della Sesta Sezioni Civile del 31.8.2017 n.20672, con cui si chiedeva al Supremo collegio di stabilire se la firma CADES del documento informatico, contenente anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, fosse una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c..

La fattispecie esaminata dalle Sezioni Unite riguardava un controricorso recante il medesimo caso posto all’esame del collegio, ovvero di una procura speciale e relazione di notifica firmati digitalmente e notificati mediante un rapporto PEC contenente gli estremi identificativi di tre allegati con suffisso PADES, vale a dire sottoscritti con “firma PDF”. Secondo il Collegio rimettente, tale modalità dovrebbe ritenersi invalida, trattandosi di un documento, non creato interamente e ab origine su supporto informatico, ma articolato anche su di una parte analogica.

Inoltre, tali prescrizioni, secondo il collegio remittente, andavano esaminate considerata le peculiarità del giudizio di cassazione, che è ancora un processo essenzialmente analogico, con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, secondo quanto previsto dal D.M. 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, art. 16, comma 10. Ciò, comporta la necessità di estrarre copie analogiche degli atti digitali, riconoscendo all’avvocato il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonchè degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione. La risposta delle Sezioni Unite si snoda attraverso un’attenta e dettagliata ricostruzione della normativa Europea, con il recente Regolamento 910/2014, e nazionale, che prende le mosse sin dalla delibera CNIPA/4/2005, e che conduce all’affermazione del principio di diritto, secondo cui la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES, tenuto conto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati.

Pertanto, è escluso che le disposizioni vigenti comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, laddove, al contrario il formato PAdES è da ritenersi equivalente ed egualmente ammesso dall’ordinamento, sia pure con differente estensione.

La firma digitale in formato PAdES, più nota come “firma PDF”, è un file con normale estensione “.pdf”, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato. Vi è quindi, secondo le norme Euro unitarie, la piena equivalenza delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES. Si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti, anche a livello di diritto dell’UE, comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. La Corte ha, inoltre, osservato, che non vi sono elementi obiettivi per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, tanto che nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo standard PAdES. Ne consegue la piena validità dell’atto e, conseguentemente, della procura alle liti, controfirmate dal difensore con firma digitale in formato PAdES, con la consueta estensione “.pdf”.

Il secondo profilo di inammissibilità del controricorso riguarda la sua notifica a mezzo pec per violazione della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 4, e art. 11, poichè non sarebbe indicato nell’oggetto” notifica ai sensi della L. n. 53 del 1994″.

Anche tale eccezione è infondata trattandosi di mera irregolarità; la notifica è avvenuta, indipendentemente dalla dicitura “notifica controricorso in cassazione”, ai sensi della L. n. 53 del 1994; nella certificazione della conformità delle copie all’originale, il difensore ha fatto esplicito riferimento alla “relazione di notifica a mezzo di posta elettronica certificata L. 21 gennaio 1994, n. 53, ex art. 3 bis “.

L’ultimo profilo di inammissibilità del controricorso attiene all’omessa indicazione dell’elenco dal quale è estratto l’indirizzo di posta elettronica ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1, lett. f, e art. 11.

Il motivo è infondato considerando che l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, essendo stato notificato presso l’indirizzo di posta elettronica del ricorrente, che ha replicato al controricorso.

Va quindi esaminata l’eccezione di inammissibilità proposta dal controricorrente per acquiescenza alla sentenza impugnata.

L’eccezione di inammissibilità è fondata.

Il R. ha proposto, prima del ricorso per cassazione un giudizio ex art. 702 bis c.p.c., innanzi al Tribunale di Napoli Nord, avente ad oggetto l’accertamento ed il riconoscimento della servitù di passaggio e la restituzione di somme incassate dal condominio ex art. 2041 c.c..

Nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c., il R., difensore di se medesimo, ammette di introdurre gli stessi temi sottesi all’opposizione a decreto ingiuntivo – la contestazione della sua qualità di condomino – e di aver ottemperato alla sentenza, anche in previsione dell’introduzione di autonomo giudizio, fondato sullo stesso petitum ma su una diversa causa petendi.

L’azione di indebito arricchimento, proposta dal R. con il ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ha, infatti, carattere residuale.

La proposizione di un’autonoma azione giudiziaria, peraltro antecedente alla proposizione del ricorso per cassazione, rientra nelle previsioni dell’art. 329 c.p.c. quale atto incompatibile con la volontà di avvalersi delle impugnazioni.

L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione consiste nell’accettazione della sentenza e cioè nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare. Essa può avvenire sia in forma espressa che tacita, ovvero attraverso un comportamento dal quale sia possibile desumere in maniera precisa e univoca il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè in presenza di atti assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi della impugnazione.

Nella specie, l’acquiescienza è avvenuta attraverso l’espresso adeguamento alle statuizione della sentenza impugnata e l’instaurazione di un autonomo giudizio avente la medesima pretesa.

Il ricorso va, pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 1500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 26 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018


Cass. civ., Sez. lavoro, Ordinanza, 28/11/2018, n. 30811 (rv. 651752-01)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11123-2017 proposto da:

R.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, alla VIA CICERONE n.49, presso lo studio dell’avvocato GAETANO DI GIACOMO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANFRANCO SCHIAVO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE di SALERNO, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla VIA della GIULIANA n. 83/a presso lo studio dell’avvocato WLADIMIRA ZIPPARRO, rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONELLA DELLA GALA e GAIA DE STEFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 870/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 09/11/2016 R.G.N. 1534/2014.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Rilevato che:

1. la Corte di Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che aveva accolto la domanda nei limiti della prescrizione quinquennale, ha rigettato nella sua interezza il ricorso proposto da R.R. la quale, nel convenire in giudizio l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno, aveva domandato il pagamento della complessiva somma di Euro 149.450,19 a titolo di differenze retributive maturate in conseguenza dello svolgimento delle mansioni superiori di dirigente avvocato;

2. la Corte territoriale, premesso che la R., iscritta nell’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati, aveva assunto la difesa della Asl e, secondo quanto riferito dai testi escussi aveva svolto la medesima attività defensionale curata dal responsabile dell’ufficio legale, ha ritenuto che dette circostanze di fatto, valorizzate dal Tribunale, non fossero sufficienti per far ritenere provato lo svolgimento di funzioni di natura dirigenziale, non avendo l’appellata assunto la piena responsabilità della struttura di appartenenza;

3. il giudice di appello ha evidenziato che la R. non aveva avuto assegnati obiettivi, non aveva partecipato ad alcuna selezione di natura dirigenziale, non era mai stata sottoposta alle verifiche previste per i dirigenti;

4. la Corte territoriale ha aggiunto che l’attività di avvocato non comporta il necessario inquadramento come dirigente perchè anche il collaboratore amministrativo professionale di categoria D svolge attività comportante autonoma elaborazione di atti preliminari ed istruttori dei provvedimenti di competenza e collabora con i dirigenti nelle attività di studio programmazione anche nel settore legale;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso R.R. sulla base di due motivi illustrati da memoria, ai quali l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno ha resistito con tempestivo controricorso.

Considerato che:

1. il primo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione degli artt. 434 e 437 ed addebita alla Corte territoriale di non avere pronunciato sulla eccezione di inammissibilità dell’appello che, invece, doveva essere accolta in quanto la Asl aveva omesso di indicare in modo specifico i capi ed i passaggi argomentativi oggetto di impugnazione e si era limitata a riproporre le argomentazioni difensive svolte nel primo grado di giudizio;

2. con la seconda censura la ricorrente si duole della violazione del CCNL 7.4.1999 per il personale del comparto sanità, dei CCNL 5/12/1996 e 8/6/2000 per la dirigenza sanitaria, tecnica ed amministrativa del medesimo comparto, dell’art. 2126 c.c. e deduce che erroneamente la Corte territoriale ha respinto la domanda, pur essendo pacificamente emerso dall’istruttoria lo svolgimento esclusivo ed ininterrotto delle mansioni di avvocato, svolte a causa della vacanza dei posti di avvocato dirigente presenti in pianta organica;

2.1. precisa la ricorrente che il collaboratore amministrativo, sulla base delle declaratorie dei profili professionali, svolge nel settore legale attività istruttorie, di studio e di supporto, mentre l’esercizio della professione forense è riservata all’avvocato che in base a quanto previsto dal C.C.N.L. 5/12/1996 è inquadrato nell’ambito della dirigenza sanitaria non medica;

2.2. aggiunge che nell’ambito del comparto sanità la qualifica dirigenziale non presuppone necessariamente la titolarità di una struttura, semplice o complessa, perchè il dirigente può essere destinatario anche di un incarico di natura esclusivamente professionale, svolto in condizioni di autonomia operativa;

2.3. ha, conseguentemente, errato la Corte territoriale nel valorizzare, per escludere lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, circostanze non decisive ai fini di causa;

3. il primo motivo è inammissibile perchè formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4;

3.1. anche qualora il ricorrente prospetti un error in procedendo, rispetto al quale la Corte di cassazione è giudice del “fatto processuale”, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito presuppone l’ammissibilità della censura ex art. 366 c.p.c., sicchè la parte non è dispensata dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, di indicare in modo egualmente specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti (fra le più recenti Cass. 4.7.2014 n. 15367, Cass. 10.11.2011 n. 23420 e con riferimento alla questione della inammissibilità dell’appello Cass. 20.7.2012 n. 12664 e Cass. 10.1.2012 n. 86);

3.1. il ricorrente, pertanto, ove censuri la statuizione relativa alla ritenuta infondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, non può limitarsi a richiamare le ragioni di diritto poste a fondamento della censura, ma ha l’onere di riportare il contenuto degli atti processuali rilevanti, nella misura necessaria ad evidenziare la pretesa assenza di specificità dell’impugnazione;

3.2. nel caso di specie la R., oltre non fornire indicazioni sull’allocazione nei fascicoli di parte o d’ufficio degli atti rilevanti, ha omesso sia di individuare e riportare le statuizioni della sentenza di prime cure, rispetto alle quali i motivi proposti risulterebbero privi di specificità, sia di trascrivere nelle parti rilevanti il contenuto dell’atto di appello, così impedendo alla Corte, in difetto della compiuta descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica sulla rilevanza e decisività del vizio denunciato;

4. è, invece, fondato il secondo motivo, perchè la Corte territoriale, erroneamente, per escludere la natura dirigenziale delle funzioni espletate dalla ricorrente ha valorizzato circostanze (mancato espletamento di procedura concorsuale, presenza di un responsabile dell’ufficio legale, assenza di responsabilità di conduzione della struttura, mancata gestione delle risorse, omessa individuazione degli obiettivi e conseguente mancata verifica dei risultati) non decisive ai fini di causa e non ha tenuto conto delle peculiarità proprie della dirigenza professionale del sistema sanitario nazionale;

4.1. questa Corte ha già affermato che in materia di pubblico impiego contrattualizzato l’impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost., che deve trovare integrale applicazione, senza sbarramenti temporali di alcun genere (Cass. S.U. n. 25837/2007; Cass. 23 febbraio 2009, n. 4367);

4.2. il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, comma 5, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 della Costituzione (Cass. n. 19812/2016; Cass. n. 18808/2013), sicchè il diritto va escluso solo qualora l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Cass. n. 24266/2016);

4.3. è stato precisato che detti principi operano anche in relazione allo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali (Cass. S.U. n. 3814/2011), a condizione che il dipendente dimostri di averle svolte con le caratteristiche richieste dalla legge, ovvero con l’attribuzione in modo prevalente sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di tali mansioni (Cass. n. 752/2018 e Cass. n. 18712/2016);

4.4. a tal fine, quindi, è innanzitutto necessario che l’ente abbia provveduto ad istituire la posizione dirigenziale (Cass. n. 350/2018) perchè, sulla base delle previsioni del D.Lgs. n. 165 del 2001, la valutazione sulla rilevanza degli uffici, sulle risorse umane e finanziare da assegnare agli stessi ed in genere sull’organizzazione è rimessa al potere discrezionale della P.A. che non può essere sindacato nel merito in sede giudiziale;

4.5. per le aziende sanitarie locali rilevano, quindi, l’atto aziendale di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 nonchè l’individuazione e la graduazione delle funzioni dirigenziali, come disciplinata dalla contrattazione collettiva di area (art. 50 CCNL 5.12.1996, art. 26 CCNL 8.6.2000, I biennio economico, art. 6 CCNL 17.10.2008), che tiene conto delle peculiarità proprie della dirigenza sanitaria, già poste in rilievo dal D.Lgs. n. 502 del 1992;

4.6. l’art. 15 del richiamato decreto, infatti, prevede che la dirigenza sanitaria, collocata in un unico ruolo distinto per profili professionali, è caratterizzata “dall’autonomia tecnico-professionale delle proprie funzioni e mansioni i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica sono progressivamente ampliati” ed aggiunge che al dirigente “all’atto della prima assunzione sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione dell’attività….”, e successivamente, decorsi cinque anni di attività con valutazione positiva, “funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettive, di verifica e controllo nonchè possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici”;

4.7. in linea con la previsione normativa l’art. 27 del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza non medica del servizio sanitario nazionale prevede che al dirigente possono essere conferite quattro diverse tipologie di incarico ossia: incarico di direzione di struttura complessa, incarico di direzione di struttura semplice, incarichi di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, di studio e ricerca, ispettivi, di verifica e di controllo, incarichi di natura professionale conferibili ai dirigenti con meno di cinque anni di attività;

4.8. la posizione dirigenziale, pertanto, non implica necessariamente la responsabilità della struttura, perchè la dirigenza sanitaria può essere solo di tipo professionale, e diviene anche gestionale qualora al dirigente siano conferite funzioni di direzione delle strutture semplici o complesse;

4.9. questa Corte ha anche affermato che, ove la posizione dirigenziale sia stata istituita ed assegnata di fatto a dipendente privo della qualifica dirigenziale, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori non può essere escluso valorizzando la mancata formale assegnazione degli obiettivi (Cass. n. 6068/2016), che incide unicamente sul trattamento accessorio spettante, perchè mentre la retribuzione di posizione retribuzione riflette “il livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione” (Cass. n. 10558/2013), quella di risultato, che corrisponde all’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione, presuppone la positiva verifica del raggiungimento degli obiettivi, previamente determinati, cui la stessa è correlata (Cass. n. 8084/2015; Cass. n. 20976/2011);

5. in sintesi, tenuto conto del quadro normativo e contrattuale sopra delineato nei suoi tratti essenziali, risulta evidente la erroneità della sentenza impugnata che ha escluso la natura dirigenziale delle funzioni svolte dalla R. sostanzialmente perchè era mancata la “conduzione della struttura”, ossia un elemento caratterizzante l’incarico di dirigente di struttura semplice o complessa, che non vale, invece, ad escludere la configurabilità di un incarico dirigenziale di tipo professionale che, come evidenziato dal richiamato D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15, comporta l’affidamento di “compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura” nonchè “funzioni di collaborazione e di corresponsabilità nella gestione delle attività”, non dell’ufficio nel suo complesso;

6. la Corte territoriale, inoltre, ha omesso di accertare l’organizzazione data dall’azienda all’ufficio legale e di valutare se fossero state istituite una o più posizioni dirigenziali di “dirigente avvocato”, destinatario di un incarico di tipo professionale, e se la R. fosse stata o meno chiamata a ricoprire una di dette posizioni, vacanti, interagendo con il dirigente responsabile della struttura nei termini indicati al punto 5, implicanti esercizio di fatto di mansioni superiori rispetto a quelle del collaboratore amministrativo-professionale che, pur potendo essere assegnato al settore legale e svolgere nello stesso attività corrispondenti al titolo culturale e professionale posseduto, si limita a curare “attività comportanti un’autonoma elaborazione di atti preliminari ed istruttori dei provvedimenti di competenza dell’unità operativa in cui è inserito” e “collabora con i dirigenti nell’attività di studio e di programmazione”;

7. il secondo motivo merita, pertanto, accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame attenendosi al principio di diritto che, sulla base delle considerazioni espresse nei punti che precedono, di seguito si enuncia: “Nell’ambito della dirigenza sanitaria del ruolo professionale le aziende sanitarie possono istituire posizioni dirigenziali che, senza attribuzione di responsabilità della struttura, semplice o complessa, comportano l’assegnazione di incarichi di tipo esclusivamente professionale, caratterizzati dall’affidamento di compiti con precisi ambiti di autonomia tecnica-professionale, da esercitare nel rispetto degli indirizzi dati dal dirigente responsabile della struttura, nonchè dalla collaborazione con quest’ultimo e dall’assunzione di corresponsabilità quanto alla gestione dell’attività professionale.

L’assegnazione di fatto del funzionario non dirigente ad una posizione dirigenziale, prevista dall’atto aziendale e dal provvedimento di graduazione delle funzioni, costituisce espletamento di mansioni superiori, rilevante ai fini e per gli effetti previsti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, la cui applicazione non è impedita dal mancato espletamento della procedura concorsuale, dall’assenza di un atto formale e dalla mancanza della previa fissazione degli obiettivi, che assume rilievo, eventualmente, per escludere il diritto a percepire anche la retribuzione di risultato”;

8. al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità;

9. non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater..

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Salerno in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018


Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 12-06-2018) 27-11-2018, n. 30676

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4908-2017 proposto da:

RADIO DIMENSIONE SUONO S.P.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 1/E PALAZ. G, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RIZZO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente – avverso la sentenza n. 5855/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 12/12/2016, R.G.N. 995/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CLAUDIO RIZZO;

udito l’AvvocatoBRUNO DEL VECCHIO.

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 5855/2016 aveva accolto il reclamo proposto da R.A. avverso la sentenza con la quale il tribunale di Roma, in sede di procedimento ex lege n. 92 del 2012, aveva rigettato la domanda della R. diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento a lei intimato da Radio Dimensione Suono spa; accogliendo il reclamo la corte aveva condannato quest’ultima a reintegrare la dipendente ed a pagare una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità.

La corte romana aveva ritenuto che le contestazioni mosse alla R., sostanzialmente consistenti nell’aver impropriamente utilizzato i permessi a lei concessi per ragioni di assistenza alla madre disabile e nell’aver usufruito di congedo per malattia risultata fittizia, fossero infondate in quanto le circostanze di fatto non erano risultate idonee a sostenere l’addebito dovendosi annettere al concetto di “assistenza” un significato più ampio rispetto alla semplice e materiale accudienza del soggetto disabile e dovendosi altresì escludere valenza alla circostanza che la lavoratrice fosse uscita di casa nel giorno in cui era stata sottoposta ad un intervento chirurgico e fosse quindi in congedo per malattia, attesa la mancata prova della incompatibilità della uscita con la infermità dedotta.

Radio Dimensione Suono spa proponeva ricorso avverso detta decisione affidandolo a 11 motivi, cui resisteva con controricorso la R., anche depositando successiva memoria.

Motivi della decisione
1) Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., n. 3) del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42, della L. n. 183 del 2010, art. 24, comma 2, lett. b) e della L. n. 53 del 2000, art. 4.

Si duole la società dell’errore in cui è incorsa la corte territoriale nel ritenere eliminato il requisito della convivenza in quanto l’eliminazione avrebbe riguardato materia differente (permessi ex lege n. 104 del 1992 per genitori di figlio con handicap).

Il motivo risulta inconferente in quanto, pur avendo la corte richiamato normativa non direttamente afferente alla fattispecie in esame, ha peraltro correttamente individuato nella L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 3 la regola giuridica cui riferirsi per valutare i diritti della lavoratrice e le condizioni cui gli stessi sono legati. Ha infatti valutato, alla luce della suddetta normativa, la esistenza delle condizioni di assistenza cui assoggettare il riconoscimento del diritto vantato.

2)Con il secondo motivo è dedotta la nullità della sentenza (ex art. 360 c.p.c., n. 4) per omessa pronuncia sulla eccezione di giudicato inerente la carenza di attività assistenziale dalle ore 21 alle 24 del 12.9.2014. Rileva la società che la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione svolta in sede di reclamo sulla circostanza accertata dal tribunale.

Se pur il motivo possa ritenersi ammissibile, essendo privo del riferimento al contenuto esatto della eccezione sollevata (non è sufficiente il mero richiamo alle pagine della memoria), lo stesso sarebbe comunque infondato, in quanto la Corte territoriale ha chiarito, basando su questo la decisione, che la lavoratrice nelle giornate oggetto della contestazione aveva comunque dedicato il proprio tempo ad attività riconducibili in senso lato al concetto di assistenza, non potendo essere, quest’ultimo, interpretato in modo restrittivo limitatamente alla sola attività di accudimento. L’eccezione di giudicato ed il motivo inerente risulta quindi ininfluente rispetto al decisum.

3)- Con il terzo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) quali l’art. 2697, 2729 e 2730 c.c. artt. 112, 115, 116, e 230 c.p.c. in materia di valutazione delle prove.

Il motivo è diretto a censurare la valutazione del materiale probatorio esaminato dalla corte. Come già in molte occasioni affermato “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016). Il motivo risulta inammissibile.

4)- Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) per la violazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, commi 4 e 5, non avendo, la corte fatto riferimento al concetto di fatto materiale quale elemento integratore della fattispecie da considerare ai fini del licenziamento. In conseguenza di ciò, se pur ritenuto illegittimo il licenziamento, avrebbe dovuto comunque ritenere sussistenti i fatti materiali (anche se privi di rilievo giuridico) e quindi applicare le tutele di cui all’art. 18, comma 5 richiamato.

Questa corte ha avuto occasione di chiarire che “L’insussistenza del fatto contestato”, di cui all’art. 18, comma 4 St.lav., come modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, lett. b), fattispecie cui si applica la tutela reintegratoria cd. attenuata, comprende sia l’ipotesi del fatto materiale che si riveli insussistente, sia quella del fatto che, pur esistente, non presenti profili di illiceità. (Cass. n. 29062/2017; conf. Cass. n. 13383/2017; Cass.n. 12102/2018; Cass.n. 14192/2018). Il motivo è da rigettare.

5) Con il 5, 6 e 7^ motivo la società denuncia il vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5) per aver la corte omesso l’esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, quale la mancata assistenza alla madre nei tre giorni in contestazione.

I motivi risultano inconferenti in quanto, come sopra già evidenziato, il decisum della corte è centrato sulla circostanza che la lavoratrice nelle giornate oggetto della contestazione aveva comunque dedicato il proprio tempo ad attività riconducibili in senso lato al concetto di assistenza, non potendo essere, questo, interpretato in senso restrittivo limitatamente alla sola attività di accudimento. Alcun rilievo assumono quindi le censure di mancata assistenza peraltro veicolate in modo improprio attraverso il vizio denunciato rispetto al quale non si evidenzia alcuna decisività.

6) Con l’ottavo motivo la società denuncia il vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, consistito nella elezione fittizia residenza finalizzata al godimento dei congedi straordinari.

Val la pena premettere che non risulta chiaro, non essendo stata riportata la contestazione originaria nel corpo del ricorso, se tale circostanza sia interna alla vicenda addebitata. Peraltro, il motivo contiene una serie di deduzioni ed elementi di fatto attinenti al giudizio di merito che non possono formare oggetto del giudizio di legittimità. Il motivo è inammissibile.

7) Con il nono motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) quali gli artt. 2697, 2729 e 2730 c.c. degli artt. 112, 115, 116 e 230 c.p.c., in materia di valutazione delle prove ed attendibilità dei testi.

Come già sopra rilevato in relazione al terzo motivo “l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016). Anche tale motivo risulta inammissibile.

8) Con il decimo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) quali gli artt. 2697, 2729 e 2730 c.c. degli artt. 112, 115, 116 e 230 c.p.c., in relazione al giorno della malattia. Violazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18.

La società lamenta la errata valutazione della insussistenza del fatto legato alla circostanza che la lavoratrice fosse uscita nel giorno di congedo per malattia (e ciò anche con riferimento alla tutela riconosciuta L. 20 maggio 1970, n. 300, ex art. 18, comma 4 (e non 5)).

Il motivo è inammissibile con riguardo alla valutazione della compatibilità della malattia con la uscita di casa, già esaminata dal giudice del merito ed estranea alla valutazione del giudice di legittimità.

Deve poi essere richiamato quanto detto con riferimento al 4^ motivo ed alla natura del fatto contestato: “L’insussistenza del fatto contestato”, di cui all’art. 18, comma 4 st.lav., come modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, lett. b), fattispecie cui si applica la tutela reintegratoria cd. attenuata, comprende sia l’ipotesi del fatto materiale che si riveli insussistente, sia quella del fatto che, pur esistente, non presenti profili di illiceità.

Il motivo è infondato.

9) Con l’ultimo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) quali la L. n. 104 del 1992, art. 3, L. n. 53 del 2000, art. 4 e D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 42.

Con tale motivo la società contesta l’interpretazione data dalla corte territoriale alla natura delle cure ed assistenza necessarie ad integrare il diritto di fruire dei permessi a ciò diretti.

La Corte territoriale ha valutato in concreto la riferibilità delle attività svolte dalla lavoratrice, come accertate nel giudizio, alla cure ed assistenza della madre disabile anche considerando ed escludendo l’utilizzo dei permessi e congedi “in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza”. Ha pertanto tenuto presenti i criteri interpretativi del concetto di assistenza come integrato dagli orientamenti del giudice di legittimità (Cass. n. 29062/2017). Ogni differente valutazione atterrebbe al merito del giudizio non consentita in sede di legittimità.

Il ricorso deve essere rigetatto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2018


Giornata di Studio Fara in Sabina – 11.04.2019

Locandina GdS Fara in Sabina RI 2019LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 11 aprile 2019

Comune di Fara in Sabina (RI)

Sala Convegni

Via S. Maria in Castello 12

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Fara in Sabina (RI)
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 152.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 222.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Fara 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Asirelli Corrado 4

Asirelli Corrado

Coord. Servizio Notifiche del Comune di Cesena (FC)

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant GdS Fara in Sabina RI 2019

Vedi:

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Fara in Sabina 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

 


Giornata di Studio Valbrenta (VI) – 5.04.2019

Locandina GdS Unione Montana Valbrenta 2019LA NOTIFICA DEL DOCUMENTO INFORMATICO

Venerdì 5 aprile 2019

UNIONE MONTANA VALBRENTA

Sala del Museo del Tabacco

Piazza IV Novembre

Carpanè di San Nazario VI

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio dell’Unione Montana Valbrenta
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it .

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Valbrenta 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Resp. Servizio Notifiche del Comune di Udine

Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.

Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant GdS Unione Montana Valbrenta 2019

Vedi:

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Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Unione Montana Valbrenta 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

 


Giornata di Studio Imperia – 29.03.2019

Locandina GdS Imperia IM 2019aLA NOTIFICA DEL DOCUMENTO INFORMATICO

Venerdì 29 marzo 2019

Comune di Imperia

Sala lettura

Biblioteca Civica

Piazza De Amicis 7

Orario: 9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00
con il Patrocinio del Comune di Imperia
Quote di Iscrizione alla giornata di studio:

€ 142.00(*) (**) se il partecipante alla giornata di studio è già è socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2018 con rinnovo anno 2019 già pagato al 31.12.2018. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.

€ 212.00(*) (**) (***) se il partecipante NON E’ ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2019 pagando la quota insieme a quella della giornata di studio. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.

€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo la giornata di studio (NON E’ iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie, comprensive dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: Codice IBAN: IT06 T030 6234 2100 0000 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento sul Conto Corrente n. 1790 603 (Banca Mediolanum)
  • Versamento per contanti presso la Segreteria della giornata di studio
Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti

Causale: G.d.S. Imperia 2019 o numero fattura elettronica

(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico, la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art. 10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993, ed è comprensiva di € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.

(***) Se la giornata di studio si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità  successiva.


Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 210,00 (**) (***) per il primo partecipante
  • € 180,00  (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 100,00   (**) (***) per il terzo e oltre partecipante

Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2019 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa. Tale promozione non è assimilabile e/o integrabile alle Quote di Iscrizione sopra descritte (Quote di Iscrizione alla giornata di studio) e per un massimo di numero 10 dipendenti. Dall’11° dipendente si riprende con la quota di € 210,00 ecc. 


La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione alla giornata di studio potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà  seguire il versamento della quota di iscrizione alla giornata di studio. I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

I corsi / seminari / convegni / giornate di studio non sono configurabili come appalti di servizi.

Pertanto per il loro acquisto non è necessario transitare dalle Centrali di Committenza (nazionale o regionale), non è prevista la richiesta del CIG. Si veda anche paragrafo 3.9 della Determinazione dell’AVCP n. 4 del 7 luglio 2011.

La formazione in materia di appalti e contratti pubblici, se prevista dal Piano triennale per la prevenzione della corruzione del singolo Ente, non è soggetta al tetto di spesa definito dall’art. 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010. Si tratta infatti di formazione obbligatoria prevista dalla Legge n. 190/2012 (cfr. Corte dei conti: sez. reg.le di controllo Emilia Romagna n. 276/2013; sez. reg.le di controllo Liguria n. 75/2013; sez. reg.le di controllo Lombardia n. 116/2011)

Docente:

Durì Francesco

Coord. Servizio Notifiche del Comune di Udine
Membro della Giunta Esecutiva di A.N.N.A.
Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti ne dimoranti ne domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale”

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • Art. 149 bis c.p.c.
  • Le nuove disposizioni del C.A.D.
  • La PEC come strumento esclusivo di comunicazione e notifica della P.A. 

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  • L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

Il diritto all’oblio

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007  (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione alla giornata di studio.

Vedi: Attività formativa anno 2019

Scarica: Depliant G.d.S. Imperia IM 2019

Vedi: Fotografie della Giornata di Studio

Vedi: Video della Giornata di Studio

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE GdS Imperia 2019

Sul modulo dovranno obbligatoriamente essere indicati tutti i codici (CUU, CIG ecc.) che dovranno comparire nella fattura elettronica allegando la Determina Dirigenziale di autorizzazione

Scarica: Autocertificazioni Fiscali 2019

  1. Comunicazione Associazione senza finalità di lucro
  2. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  3. Dichiarazione relativa all’esonero dall’obbligo di redazione del “DURC” con riferimento alla iscrizione a corsi di formazione/aggiornamento. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  4. Comunicazione di attivazione di conto corrente dedicato ai sensi dell’art. 3, comma 7, della legge n. 136/2010
  5. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti (D.P.R. 28/12/2000 N° 445)
  6. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza. (Dichiarazione redatta ai sensi degli art. n. 46 e 47 del DPR n. 445/2000).
  7. Dichiarazione insussistenza motivi di esclusione a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
  8. Dichiarazione ai sensi dell’art. 53 comma 16-ter del D.Lgs. 165/2001 e s.m.
  9. Dichiarazione Affidamento fornitura di beni/servizi
  10. Documento di identità del Legale Rappresentante protempore

 


Riunione Giunta Esecutiva del 15.12.2018

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 15 dicembre 2018 alle ore 7:30 presso il Comune di Cesena – Palazzo Municipale – Piazza del Popolo 10, in prima convocazione, e alle ore 9:30 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2018;
  2. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2019;
  3. Attività istituzionale;
  4. Attività formativa 2018;
  5. Varie ed eventuali.

Leggi: Documentazione Giunta Esecutiva 15 12 2018

Leggi: GE 15 12 2018 Verbale


Consiglio di Stato Sentenza n. 06042/2018

Convocazione Consiglio comunale via PEC

Leggi: Convocazione Consiglio comunale via PEC Consiglio di Stato 2018


TAR Napoli, I Sezione, sentenza 22 ottobre 2018 n. 6129

La sentenza che chiarisce come l’avviso è strumento indispensabile che va ricevuto entro un preciso lasso temporale.

Convocazione del Consiglio comunale recapitata in luogo diverso da quello dovuto

Leggi: Convocazione Consiglio comunale TAR Campania 2018


Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., (data ud. 12/07/2018) 14/11/2018, n. 29376

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21046/2016 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MICHELE MARDEGAN, CINZIA CONTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE DELLA LOMBARDIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 989/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/07/2016; R.G.N. 262/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo assorbito il resto;

Ud. l’Avvocato Siciliano Rosario.

Svolgimento del processo
1. La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 989 del 2016, emessa in ordine al reclamo proposto da F.G. nei confronti dell’Agenzia delle entrate Direzione regionale della Lombardia, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Pavia, in parziale riforma di quest’ultima, ordinava all’Agenzia delle entrate di reintegrare la lavoratrice nel precedente posto di lavoro o in altro equivalente, con condanna a corrispondergli le retribuzioni maturate dal 20 gennaio 2015 sino alla effettiva reintegra, oltre accessori di legge, e condannava la lavoratrice a restituire le somme già corrisposte in esecuzione della sentenza reclamata oltre interessi dal pagamento al saldo.

2. La lavoratrice, con ricorso L. n. 92 del 2012, ex art. 1, comma 48, aveva impugnato dinanzi al Tribunale di Pavia il provvedimento del 20 gennaio 2015 con cui l’Agenzia delle entrate, in esito alla riapertura del procedimento disciplinare D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 55 ter, comma 2, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che assolveva la stessa dai reati ascrittigli, aveva confermato la sanzione del licenziamento per giusta causa intimato il 6 agosto 2010, chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18.

3. Il Tribunale aveva accolto parzialmente il ricorso e ritenuta la non proporzionalità del licenziamento dichiarava illegittimo il recesso e facendo applicazione dell’art. 18, comma 5, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, dichiarava risolto il rapporto di lavoro a far data dal 20 gennaio 2015 e condannava la Agenzia delle entrate a versare l’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità e a rifondere le spese processuali.

4. In sede di opposizione il Tribunale confermava la decisione di cui alla fase sommaria, rigettando l’opposizione della lavoratrice e dichiarando inammissibile l’opposizione incidentale dell’Agenzia delle entrate con cui si era chiesto dichiararsi la legittimità del licenziamento.

5. La Corte d’Appello, cui proponevano reclamo sia la lavoratrice in via principale, sia l’Agenzia delle entrate in via incidentale, dichiarava inammissibile l’opposizione incidentale, volta all’accertamento della legittimità del licenziamento, in ragione della inammissibilità dell’opposizione incidentale, per cui la domanda di accertamento della legittimità del risarcimento si poneva come nuova e inammissibile, e, ferma la statuizione sulla illegittimità del licenziamento, faceva applicazione, ai sensi alla L. n. 300 del 1970, art. 18, nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, della reintegrazione e della conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni dal 20 gennaio 2015.

Ha affermato la Corte d’Appello che la riapertura del procedimento disciplinare fa sorgere un nuovo e distinto procedimento, che ha ad oggetto il riesame del pregresso licenziamento in relazione all’esito del giudizio penale. Il datore di lavoro pubblico, quindi, è chiamato a verificare se, nonostante l’avvenuta assoluzione in sede penale del dipendente licenziato, residuino o meno ulteriori profili disciplinarmente rilevanti.

Prosegue la Corte d’Appello, che in ogni caso, l’originario licenziamento, avendo esplicato ogni suo effetto interruttivo del rapporto di lavoro – in assenza di una espressa norma che lo stabilisca – non viene meno ex tunc, atteso che, per l’operatività dei principi generali dell’ordinamento, gli effetti di un atto annullabile restano efficaci sino alla dichiarazione giudiziale di annullamento. Ne consegue che l’eventuale modifica del precedente licenziamento, avendo efficacia ex nunc, non può travolgere gli effetti ormai intangibili dell’originario recesso (da ritenersi legittimo ed efficace sino alla sua modifica).

La Corte d’Appello, infine, ha escluso che, nella fattispecie, il premio di produttività potesse essere incluso nella retribuzione globale di fatto da prendere in considerazione per l’indennità risarcitoria.

6. Per la cassazione parziale della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando tre motivi di ricorso.

7. L’Amministrazione, a cui la notifica del ricorso è stata rinnovata presso l’Avvocatura generale dello Stato, si è costituita con controricorso resistendo all’impugnazione.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, comma 2.

Si contesta la statuizione della Corte d’Appello secondo cui l’originario licenziamento non viene meno ex tunc, qualora a seguito di impugnazione della conferma disposta in sede di riapertura se ne dichiari l’illegittimità.

La ricorrente ricorda di essere stata assolta per non aver commesso il fatto, con sentenza passata in giudicato, per i reati addebitatigli in ragione dei medesimi fatti posti a fondamento del procedimento disciplinare concluso con l’irrogazione della sanzione espulsiva in data 8 agosto 2010.

Dopo l’assoluzione aveva chiesto la riapertura del procedimento disciplinare.

A seguito dell’impugnazione del provvedimento di conferma del licenziamento, lo stesso era stato dichiarato illegittimo. Espone, quindi, che, diversamente da quanto affermato dal giudice del reclamo, poichè si era in presenza di un procedimento disciplinare unitario iniziato nel 2010 e conclusosi nel 2015, dopo la riapertura, l’illegittimità della conferma doveva spiegare effetti dal 2010 e non dal 2015.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Va premesso che come affermato dalla Corte d’Appello le modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012, alla L. n. 300 del 1970, art. 18, non si applicano ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, sicchè la tutela del dipendente pubblico, in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata legge n. 92, resta quella prevista dall’art. 18 st.lav. nel testo antecedente la riforma (Cass., n. 11868 del 2016).

Va, altresì premesso che nel pubblico impiego privatizzato, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, come modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2009, ha introdotto la regola generale dell’autonomia del procedimento disciplinare da quello penale, contemplandone la possibilità di sospensione, dunque facoltativa e non obbligatoria, come ipotesi eccezionale, nei casi di illeciti di maggiore gravità, qualora ricorra il requisito della particolare complessità nell’accertamento, restando la P.A. libera di valutare autonomamente gli atti del processo penale e di ritenere che essi forniscano, senza necessità di ulteriori acquisizioni e indagini, elementi sufficienti per la contestazione di illecito disciplinare al proprio dipendente (Cass., n. 8410 del 2018).

1.3. Tale disposizione si applica alla fattispecie in esame.

Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, che reca “Rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale”, in vigore dal 15 novembre 2009 al 21 giugno 2017, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, prevede, per quanto d’interesse nella specie: “1. Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale.(…).

2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale (n.d.r.: il testo vigente prevede “l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale”).

(…).

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dalla presentazione dell’istanza di riapertura ed è concluso entro centottanta giorni dalla ripresa o dalla riapertura. La ripresa o la riapertura avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito da parte dell’autorità disciplinare competente ed il procedimento prosegue secondo quanto previsto nell’art. 55 bis. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’art. 653 c.p.p., commi 1 ed 1 bis”.

1.4. L’efficacia delle sentenze penali nel giudizio disciplinare è regolata dall’art. 653 c.p.p., che attribuisce efficacia di giudicato alla sentenza penale irrevocabile di assoluzione e a quella di condanna, rispettivamente quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso e quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

Va rilevato, inoltre, che l’equiparazione della sentenza applicativa della pena patteggiata alla sentenza di condanna, espressamente prevista a determinati fini già dalla L. 19 marzo 1990, n. 55, opera ora anche ai fini del procedimento disciplinare.

1.5. La lettera dell’art. 55 ter, comma 2 (riapertura per modificare o confermare l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale), e comma 4 (rinnovo della contestazione dell’addebito), del D.Lgs. n. 165 del 2001, e il più complesso quadro normativo di disciplina dei rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale, in cui lo stesso si colloca, fanno ravvisare la ratio del citato art. 55 ter, nella volontà del legislatore di prevedere un meccanismo di raccordo per regolare possibili conflitti tra l’esito dei due procedimenti, pur nella rispettiva autonomia.

Dunque, con riguardo al procedimento disciplinare nel pubblico impiego contrattualizzato, il venir meno della cd. pregiudiziale penale ha reso necessario regolare per legge il possibile conflitto tra gli esiti dei due procedimenti, pur rimanendo l’Amministrazione libera di valutare autonomamente la rilevanza disciplinare dei fatti accertati.

1.6. Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, commi 1, 2 e 4, che qui vengono in rilievo, delinea un procedimento unitario, che si articola in due fasi, in cui il previsto rinnovo della contestazione dell’addebito deve essere effettuato pur sempre in ragione dei medesimi fatti storici già alla base della prima contestazione disciplinare, in relazione ai quali, in tutto in parte è intervenuta sentenza penale irrevocabile di assoluzione nei termini sopra ricordati.

1.7. Pertanto, la determinazione conclusiva – assunta a seguito della riapertura del procedimento disciplinare a fronte di sentenza irrevocabile di assoluzione – di conferma o modifica, in quest’ultimo caso ragionevolmente in senso favorevole al lavoratore, della sanzione già irrogata, ha effetti ex tunc, e l’accertamento dell’illegittimità della stessa non può che operare anch’essa ex tunc, risultando erronea l’interpretazione delle suddette disposizioni effettuata dalla Corte d’Appello, anche considerato il tendenziale effetto in bonam partem della riapertura del procedimento disciplinare a seguito di sentenza penale irrevocabile di assoluzione, propria della fattispecie in esame.

1.8. Va affermato il seguente principio di diritto: il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, commi 1, 2 e 4, nel regolare i possibili conflitti tra l’esito del procedimento penale concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione e l’esito del procedimento disciplinare concluso con l’irrogazione di una sanzione, prevede un procedimento unitario, articolato in due fasi, in cui il previsto rinnovo della contestazione dell’addebito deve essere effettuato pur sempre in ragione dei medesimi fatti storici già oggetto della prima contestazione disciplinare, in relazione ai quali, in tutto o in parte è intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso. La determinazione di conferma o modifica della sanzione già irrogata, ha effetti ex tunc, e l’accertamento in sede giurisdizionale dell’illegittimità della stessa non può che operare ex tunc. 2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, in relazione alla statuizione che ha escluso il premio di produttività nella base di calcolo per determinare l’indennità, assumendosi la debenza dello stesso.

2.1. Il motivo non è fondato.

2.2. Come questa Corte ha avuto modo di affermare (Cass., n. 15066 del 2015), in tema di conseguenze patrimoniali da licenziamento illegittimo ex art. 18 della legge n. 300 del 1970, la retribuzione globale di fatto deve essere commisurata a quella che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione dei compensi eventuali e di cui non sia certa la percezione, nonchè di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione ed aventi normalmente carattere occasionale o eccezionale.

La giurisprudenza precedente ha già chiarito (Cass., n. 19956 del 2009) che l’indennità risarcitoria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, deve essere liquidata in riferimento alla retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore al tempo del licenziamento, comprendendo nel relativo parametro di computo non soltanto la retribuzione base, ma anche ogni compenso di carattere continuativo che si ricolleghi alle particolari modalità della prestazione in atto al momento del licenziamento (con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali), in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui. Nella fattispecie oggetto della sentenza da ultimo richiamata, questa Corte, nell’enunciare l’anzidetto principio, ha cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso dalla base di calcolo dell’indennità risarcitoria l’indennità di mensa avente carattere convenzionale, l’indennità di rischio, il concorso nelle spese tranviarie, il premio di rendimento ed il premio di produttività, senza considerare che l’assenza del dipendente cui si ricollegava la mancata fruizione dei detti emolumenti era derivata dall’illegittima estromissione dello stesso dall’azienda.

2.3. Occorre precisare che la Corte d’Appello non ha errato nell’applicazione dei suddetti principi, poichè ha escluso il premio di produttività non in quanto non rientrante nella retribuzione globale di fatto da prendere come riferimento, ma perchè la F., al momento della conferma del licenziamento, che per il periodo pregresso nella decisione del giudice di secondo grado rimaneva fermo nonostante la ritenuta illegittimità, non godeva di alcun trattamento e quindi neppure del premio di produttività.

2.4. Dunque la statuizione della Corte d’Appello non è erronea quanto alla regola di diritto conforme alla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, ma nella premessa (efficacia ex nunc della illegittimità della conferma del precedente licenziamento) che ha già costituito oggetto di esame nella trattazione del primo motivo di ricorso esaminato ai punti nn. 1-1.8. ed accolto, ove si è già chiarito che la determinazione di conferma o modifica della sanzione già irrogata, ha effetti ex tunc, e l’accertamento in sede giurisdizionale dell’illegittimità della stessa non può che operare ex tunc. Dunque, è con riguardo al tempo del primo licenziamento poi confermato, che occorre determinare la retribuzione globale di fatto, secondo i principi sopra esposti, richiamati correttamente dalla Corte d’Appello sia pure su un erroneo presupposto, come sancisce l’accoglimento del primo motivo di ricorso.

3. Con gli altri motivi di ricorso, e cioè con il terzo motivo, si deduce la lesione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nella parte in cui la sentenza di appello ha confermato la compensazione delle spese di giudizio del grado precedente e quelle del reclamo. Il motivo è assorbito in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

4. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo di ricorso accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto di cui la punto 1.8.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo di ricorso accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2018


Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 12-10-2018) 13-11-2018, n. 29039

Se l’avvocato consegna tempestivamente un atto di impugnazione all’ufficiale giudiziario per la notifica, ma questi non esegue adeguatamente il suo compito, il legale non incorre in alcuna decadenza.

Significativa, in tal senso, è la soluzione data dalla Corte di cassazione alla vicenda decisa con l’ordinanza numero 29039/2018 qui sotto riportata.

La vicenda

Nel caso di specie, il difensore dell’appellante aveva indicato nel suo atto di impugnazione un certo indirizzo del difensore domiciliatario della controparte che però, all’atto della notifica, era risultato errato.

L’ufficiale giudiziario, tuttavia, dopo essersi recato in termini presso il predetto indirizzo, aveva immediatamente constatato che il destinatario aveva trasferito il proprio studio presso un altro numero civico. Invece di perfezionare subito la notifica presso il nuovo indirizzo, l’ufficiale giudiziario aveva fatto trascorrere sei giorni.

Colpa dell’ufficiale giudiziario

Per la Corte di cassazione si tratta di un comportamento contrastante rispetto a quanto disposto dagli articoli 141 e 138 del codice di procedura civile, che affidano all’ufficiale giudiziario l’accertamento del luogo ove reperire il destinatario. Questa circostanza, unitamente al principio generale che conferisce a tale soggetto il compito di fornire conoscenza legale di un atto al destinatario, determina che se egli rallenta l’iter procedimentale “per ragioni che sfuggono ai suoi doveri codificati” non è possibile far ricadere sul notificante che gli conferisce l’incarico le conseguenze negative del suo ritardo.

Impegno ragionevole

I giudici, insomma, hanno ritenuto che la contestuale prosecuzione del procedimento di notificazione nel luogo ove l’ufficiale giudiziario ha appreso che si trovi il notificatario rientra tra i compiti di tale soggetto ogniqualvolta essa comporti un impegno che “è del tutto ragionevole attendersi dal soggetto incaricato”.

In tali casi, il procedimento notificatorio non può ritenersi concluso e il notificante non incorre in alcuna decadenza se la mancata prosecuzione dell’attività dell’ufficiale giudiziario comporta che la notifica si perfeziona successivamente allo spirare del termine previsto per la stessa.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12307/2015 proposto da:

IMMOBILIARE ITRI MARE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore R.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PEVERINI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELO CAVALIERE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato CARLO D’ERRICO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1992/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Ritenuto che:

1. La Itri Mare Srl ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Roma che ha dichiarato inammissibile per tardività l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Latina dichiarativa dell’estinzione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di D.F.P. e L. per la restituzione delle somme da loro pagate all’Ufficio del Registro a seguito dell’avviso di accertamento di valore ai fini INVIM del contratto di compravendita di un terreno stipulato con la società.

2. L’intimata D.F.L., in proprio ed in qualità di erede della sorella P., nelle more deceduta, ha resistito con controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo, la società ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 139, 153, 160, 164, 327, 330 e 359 c.p.c., e degli artt. 2697 e 2700 c.c.; nonché, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla valutazione delle prove documentali; lamenta, infine, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, per l’illegittima declaratoria di irregolarità della notifica e per difetto di motivazione della sentenza d’appello.

Con il secondo motivo, deduce la violazione di legge ex artt. 10, 156, 157 e 164 c.p.c., e vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha ritenuto inesistente e non nulla la notificazione della citazione dell’atto introduttivo del giudizio d’appello, in quanto nella relata di notifica si dava atto che lo studio fosse “trasferito” e non che il destinatario fosse “irreperibile”.

Con il terzo motivo, ancora, la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, degli artt. 101, 102, 291, 331, 347, 348, 350 e 354 c.p.c., e l’omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un fatto decisivo per il giudizio consistente nella dichiarazione resa dall’avvocato destinatario della notifica, nella relata del 30.5.2013, in ordine al decesso di una delle parti da lui rappresentata nel giudizio di prime cure e cioè la sig.ra D.F.P..

Con il quarto motivo, infine, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul merito dei motivi d’appello proposti.

1.1. Il primo motivo è fondato ed assorbe gli altri tre.

Si osserva, al riguardo, quanto segue.

La Corte territoriale ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello assumendo che la notifica dell’atto di citazione introduttivo del secondo grado di giudizio fosse tardiva, in quanto si era perfezionata dopo il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (alla quale, depositata il 29.11.2010 e non notificata, doveva applicarsi, ratione temporis, il c.d. termine lungo annuale vigente prima della modifica dell’art. 327 c.p.c., oltre a 46 giorni di sospensione, termine che andava complessivamente a spirare il 14.1.2012): in motivazione è stato evidenziato che l’atto d’appello era stato notificato con esito negativo il 12.1.2012 presso lo studio del difensore domiciliatario avv.to Francesco Lombardini, sito in (OMISSIS), ove, al primo tentativo, era risultato che si era trasferito al civico n. 37 della stessa strada; che solo in data 18.1.2012 l’atto era stato rinotificato al nuovo indirizzo, a seguito di altro accesso; e che doveva ritenersi imputabile alla parte notificante la tardività dell’incombente che da ciò conseguiva visto che era onerata, preventivamente, di verificare l’esattezza dell’indirizzo secondo le regole di ordinaria diligenza, tenuto conto, soprattutto, della circostanza che il termine annuale rendeva pienamente esigibile tale preliminare accertamento.

1.2. Il Collegio ritiene fondata la censura riferita al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa motivazione in ordine alle risultanze della relata di notifica prodotta in atti ed alla conseguente apparenza delle argomentazioni rese a sostegno della dichiarazione di inammissibilità.

I giudici d’appello, al riguardo, hanno richiamato Cass. SSUU 3819/2009.

1.3. Con tale pronuncia pur avendo affermato che “all’onere di verificare anteriormente alla notifica dell’impugnazione presso l’albo professionale il domicilio del procuratore presso il quale notificare l’impugnazione corrisponde l’assunzione da parte del notificante del rischio dell’esito negativo della notifica richiesta in un domicilio diverso da quello effettivo e sono manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità sollevati rispetto ad essi per l’impossibilità che ne deriverebbe al notificante di fruire per l’intero dei termini di impugnazione, sia perché l’effettività della tutela del diritto di agire e di difendersi nel processo è assicurata nelle forme e nei limiti ragionevolmente previsti dall’ordinamento processuale e sia in quanto l’accertamento del domicilio effettivo del procuratore risultante dall’albo professionale nessun significativo pregiudizio temporale può comportare alla parte, considerata c l’agevole consultazione degli albi ed, in particolare, la loro attuale informatizzazione ed accessibilità telematica” è giunta a ritenere che la notifica dell’impugnazione, nonostante l’erronea indicazione del domicilio del procuratore, possa completarsi per la diligenza dell’ufficiale giudiziario o postale nel ricercare il destinatario, e che “presuppongono, invece, il perfezionamento della notifica per il notificante, e la conseguente ammissibilità originaria dell’impugnazione, ed attengono al perfezionamento per il destinatario, le ipotesi in cui la notifica presso il procuratore non abbia raggiunto il suo scopo per caso fortuito o forza maggiore, come, ad esempio, per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio all’ordine professionale o per il ritardo della sua annotazione, ovvero per la morte del procuratore e tutte le altre nelle quali l’ufficiale giudiziario o postale, nonostante la corretta indicazione del domicilio, non abbiano completato la notifica e ne abbiano attestato l’esito negativo per un fatto non imputabile al richiedente”.

La Corte, nello scrutinare il contrasto preesistente, ha conclusivamente chiarito che “fermo che non può parlarsi di nullità rispetto ad una notifica che, anche se correttamente attivata, non si sia perfezionata per l’interruzione del relativo procedimento, non possono che essere condivisi l’imposizione ravvisata in dette pronunce e gli argomenti che in ragione di essa hanno comportato nelle specifiche fattispecie esaminate l’affermazione, in ossequio ai principi di eguaglianza di difesa sanciti dagli artt. 3 e 24 Cost., della riattivabilità del procedimento di notificazione dell’impugnazione, nonostante il superamento dei relativi termini perentori e decadenziali e della perfezionabilità tardiva della notifica nei confronti del destinatario”. (cfr. Cass. SSUU 3819/2009 in motivazione).

1.4. La pronuncia richiamata dai giudici d’appello, dunque, lungi dal fissare automatiche e rigide conseguenze per i casi in cui una notifica tempestivamente affidata all’ufficiale giudiziario si fosse perfezionata oltre un termine perentorio, aveva lo scopo di valorizzare e far prevalere il principio, che successivamente è stato generalmente riconosciuto da questa Corte, della “riattivabilità del procedimento notificatorio” alla luce del principio di economia processuale e di conservazione degli atti.

Tanto che nella successiva evoluzione della giurisprudenza di legittimità è stato anche chiarito che “in tema di notificazione degli atti processuali, qualora essa, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di domandare all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, purché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (cfr. Cass. 17864/2017, preceduta, negli stessi termini da Cass. SSUU 14594/2016; nonché ex multis Cass. 24660/2017; Cass. 21819/2016; Cass. 5974/2017; Cass. 16943/2018): con ciò è stata esclusa, nei casi in cui la ripresa del procedimento intervenga in tempi brevi, la necessità del preventivo ricorso la giudice e si è, invece, ammessa la facoltà di far proseguire direttamente il procedimento dall’ausiliare originariamente officiato.

L’evoluzione della giurisprudenza, quindi, mostra una progressiva apertura alla valorizzazione della funzione e dei compiti dell’ufficiale giudiziario in funzione del principio del “raggiungimento dello scopo” in vista “della ragionevole durata del processo”.

1.5. Ma tanto premesso, si osserva che nel caso in esame il procedimento notificatorio non può neanche ritenersi interrotto.

Infatti, l’ufficiale giudiziario, si recò in termini (il 12.1.2012) presso l’indirizzo indicato dal difensore dell’appellante (via Statuto 24), e constatò immediatamente, dandone atto nella relata di notifica, che il destinatario aveva trasferito il proprio studio al numero civico 37 della stessa strada, indirizzo presso il quale egli, soltanto dopo sei giorni, provvide a perfezionare la notifica, espletando un incombente che, invero, ben poteva concludere contestualmente alla verificazione dell’avvenuto trasferimento.

L’interpretazione congiunta degli artt. 141 e 138 cpc – che affidano all’ufficiale giudiziario l’accertamento del luogo ove il destinatario può essere reperito – ed il principio (generale) secondo cui egli viene officiato del compito di fornire conoscenza legale di un atto al destinatario di esso consentono, infatti, di ritenere che, ove rallenti l’iter procedimentale per ragioni che sfuggono ai suoi doveri codificati, le conseguenza negative derivanti dal ritardo non possono essere fatte ricadere sul notificante che gli conferisce l’incarico.

1.6. Questa Corte ha avuto modo di chiarire, sulla specifica questione, che “in tema di notificazione di un atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, qualora la notificazione non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante (quale, in particolare, l’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario, non conoscibile da parte del notificante) e l’ufficiale giudiziario abbia appreso, già nel corso della prima tentata notifica, il nuovo domicilio del procuratore, il procedimento notificatorio non può ritenersi esaurito ed il notificante non incorre in alcuna decadenza, non potendo ridondare su di lui la mancata immediata rinotifica dell’atto da parte dell’ufficiale giudiziario, non dipendente dalla sua volontà, ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la richiesta di notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame.” (cfr. Cass. 19986/2011).

1.7. Va precisato, al riguardo, che il riferimento al mancato perfezionamento della notifica “per cause non imputabili al notificante” non contrasta, sul piano nomofilattico, con il principio generale del suo dovere di diligenza, in quanto il punto nodale del principio enunciato è che l’ufficiale giudiziario è tenuto alla immediata “rinotifica” dell’atto e che l’inerzia dello stesso non può ricadere sul notificante.

Invero, il riferimento alla “causa non imputabile” introduce un profilo affidato alla valutazione dell’ufficiale giudiziario in funzione del più celere ed efficace raggiungimento dello scopo: ragione per cui la contestuale prosecuzione del procedimento, presso il luogo ove egli abbia avuto modo di apprendere che si trovi il notificatario, rientra nei suoi compiti tutte le volte in cui – come nel caso in esame, caratterizzato dalla minima distanza fra l’indirizzo indicato e quello accertato – essa importi un impegno che è del tutto ragionevole attendersi dal soggetto incaricato.

1.8. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione perché riesamini la controversia alla luce del seguente preliminare principio di diritto: “In tema di notificazione di un atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, qualora la notificazione non si sia perfezionata per l’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario e l’ufficiale giudiziario abbia appreso, già nel corso della prima tentata notifica, il nuovo domicilio del procuratore, il procedimento notificatorio non può ritenersi esaurito ed il notificante non incorre in alcuna decadenza, a nulla rilevando, in tali casi, che il perfezionamento della notifica intervenga successivamente allo spirare del termine, non potendo ridondare su di lui la mancata prosecuzione dell’attività da parte dell’ufficiale giudiziario. La contestuale prosecuzione del procedimento presso il luogo ove l’ufficiale giudiziario abbia avuto modo di apprendere che si trovi il notificatario rientra nei suoi compiti tutte le volte in cui – come nel caso in esame, caratterizzato dalla assoluta vicinanza fra l’indirizzo indicato e quello accertato – essa importi un impegno minimo che è del tutto ragionevole attendersi dal pubblico ufficiale al quale è stato affidato l’incarico”. La Corte di rinvio dovrà decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione per il riesame dell’intera controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018


Cass. civ., Sez. VI – 5, Ord., (data ud. 18/07/2018) 12/11/2018, n. 28872

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorso iscritto al n. 16094/2017 R.G. proposto da:

R.P., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Benedetta PAONE, presso il cui studio legale sito in Roma, alla via del Vascello, n. 16, è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del Responsabile del Contenzioso Regionale Lazio, M.G.L., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Zosima VECCHIO, presso il cui studio legale sito in Roma, alla via Attilio Regolo, n. 12/D, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8546/08/2016 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata il 16/12/2016;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Lucio LUCIOTTI nella camera di consiglio non partecipata del 18/07/2018 e, a seguito di riconvocazione, in quella del 13/07/2018;

Svolgimento del processo
che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di due intimazioni di pagamento notificate a R.P. sulla base di due cartelle di pagamento recanti l’iscrizione a ruolo di crediti tributari per IVA, IRAP ed IRPEF relativamente ai periodi d’imposta 2005 e 2007, emessi a seguito di controllo formale delle dichiarazioni, dal medesimo pure impugnati per difetto di notifica e conseguente prescrizione del credito erariale, il predetto contribuente ricorre per cassazione, sulla base di un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate e dell’agente della riscossione, che replicano con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR del Lazio rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando la regolarità della notifica delle cartelle di pagamento in quanto effettuate direttamente a mezzo posta e con consegna a mani del portiere.

2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p..

Motivi della decisione
che:

1. Con il motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c.; sostiene il ricorrente che la CTR era incorsa nella violazione della disposizione censurata, oltre che del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis), per avere escluso, nell’ipotesi – come quella in esame – di consegna al portiere della raccomandata postale contenete le cartelle di pagamento, la necessità dell’invio della raccomandata informativa.

2. Il motivo è manifestamente infondato.

3. Nella specie è pacifico, perchè costituente oggetto di specifico accertamento di fatto compiuto dai giudici d’appello, non contestato dal ricorrente, che l’agente della riscossione ha provveduto alla notifica diretta a mezzo del servizio postale, D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni di pagamento.

4. Al riguardo “Questa Corte è ferma nel ritenere che gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n 890 del 1992 cfr. Cass. n. 17598/2010; Cass. n. 911/2012; Cass. n. 14146/2014; Cass. n. 19771/2013; Cass. n. 16949/2014 con specifico riferimento a cartella notifica a mezzo portiere dal concessionario. Tale conclusione trova conforto nel chiaro tenore testuale della L. n. 890 del 1982, art. 14, come modificato dalla L. n. 146 del 1998, art. 20, dal quale risulta che la notifica degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari. La circostanza che tale disposizione faccia salve le modalità di notifica di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e delle singole leggi d’imposta non elide la possibilità riconosciuta agli uffici finanziari – e per quel che qui interesse alla società concessionaria – di utilizzare le forme semplificate a mezzo del servizio postale – con specifico riferimento all’inoltro di raccomandata consegnata al portiere v. D.M. 9 aprile 2001, art. 39 (cfr. Cass. n. 27319/2014) – senza il rispetto della disciplina in tema di notifiche a mezzo posta da parte dell’ufficiale giudiziario. In questa direzione, del resto, depone proprio il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, che consente anche agli ufficiali della riscossione di provvedere alla notifica della cartella mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, precisando che in caso di notifica al portiere la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, prevedendo lo stesso art. 26, il rinvio al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, unicamente per quanto non regolato nello stesso articolo (cfr. Cass. n. 14196/2014)” (Cass. ord. n. 3254/16)” (cfr. Cass. n. 802 del 2018; coni. Cass. n. 12083 del 2016 e n. 29022 del 2017).

5. Tale orientamento giurisprudenziale ha trovato recente autorevole avallo nella sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 23/07/2018 che ha dichiarato la conformità a Costituzione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1.

5.1. Ha preliminarmente osservato la Corte “come il regime differenziato della riscossione coattiva delle imposte risponde all’esigenza, di rilievo costituzionale, di assicurare con regolarità le risorse necessarie alla finanza pubblica, affermando che “da disciplina speciale della riscossione coattiva delle imposte non pagate risponde all’esigenza della pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato” (sentenze n. 90 del 2018 e n. 281 del 2011). In questo contesto, l’agente per la riscossione svolge una funzione pubblicistica finalizzata al raggiungimento di questo scopo. E’ questa particolare funzione svolta dall’agente per la riscossione a giustificare un regime differenziato, qual è la censurata previsione della speciale facoltà del medesimo di avvalersi della notificazione “diretta” delle cartelle di pagamento”.

5.2. Ha poi rilevato che “da semplificazione insita nella notificazione diretta”, consistente “nella mancanza della relazione di notificazione di cui all’art. 148 c.p.c. e L. n. 890 del 1982, art. 3” e nella “mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica (cosiddetta CAN)”, “anche se (…) comporta, in quanto eseguita nel rispetto del citato codice postale, uno scostamento rispetto all’ordinario procedimento notificatorio a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890 del 1982, non di meno (…) è comunque garantita al destinatario un’effettiva possibilità di conoscenza della cartella di pagamento notificatagli ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973. art. 26, comma 1”.

5.3. Ha precisato il Giudice delle leggi che, seppure non sia prevista la relata di notifica, nella notificazione “diretta” ai sensi del citato art. 26 “c’è il completamento dell’avviso di ricevimento da parte dell’operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova dell’avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario legittimato a riceverlo”. Inoltre, la mancata previsione di un obbligo di comunicazione di avvenuta notifica (ma solo nel caso in cui il plico sia consegnato dall’operatore postale direttamente al destinatario o a persona di famiglia o addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda o al portiere), “non costituisce nella disciplina della notificazione”, nonostante tale “obbligo vale indubbiamente a rafforzare il diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost., commi 1 e 2) del destinatario dell’atto”, “una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto”.

6. Da ultimo va rilevato che l’intervenuta pronuncia del Giudice delle leggi ha privato di rilevanza l’eccezione di incostituzionalità sollevata dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, u.p., con riferimento alla mancata previsione nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, dell’obbligo di invio della CAN in caso di consegna del plico al portiere.

7. Conclusivamente, con riferimento al caso concreto, in cui la CTR ha accertato che le cartelle di pagamento erano state notificate per posta ordinaria e correttamente consegnate al soggetto dichiaratosi “portiere”, va ribadito che non sussisteva alcun obbligo per l’agente postale di osservare le disposizioni di cui all’art. 139 c.p.c.. Pertanto, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, ed in favore dell’Agenzia delle entrate riscossione in Euro 5.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

T


Comm. trib. prov. Campania Salerno, Sez. VI, Sent., 08/11/2018, n. 4284

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI SALERNO
SESTA SEZIONE

riunita con l’intervento dei Signori:

CERVINO FILOMENA EGIDIA – Presidente e Relatore

ORILIA ANTONIO – Giudice

TRITTO FRANCESCA – Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 2010/2018

depositato il 20/04/2018

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TRIB.ERARIALI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2016

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2005

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2005

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRAP 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2004

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2007

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2003

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2016

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2004

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2008

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TRIB.LOCALI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2015

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) IRPEF-ALTRO 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2006

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2009

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) ASSENTE

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2011

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2010

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) RADIODIFFUSIONI 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2014

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2012

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) REGISTRO 2013

– avverso ESTRATTO DI RUOLO n. (…) TAS.AUTOMOBILI 2008

contro:

AG.ENTRATE – RISCOSSIONE – SALERNO

difeso da:

AVV. POLITO GIUSEPPINA

C.SO ITALIA N.3 FRAZ. VIBONATI 84079 VIBONATI

proposto dal ricorrente:

COMUNE DI CAMEROTA

PIAZZA SAN VINCENZO 84040 CAMEROTA SA

difeso da:

ROMANIELLO EMILIO

VIA PASSARELLI 84078 VALLO DELLA LUCANIA SA

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Avverso estratti di ruolo relativo a cartelle esattoriali portante un presunto debito di Euro 376.243,89, riferito a n. 51 cartelle di pagamento asseritamente riferite ad atti portanti presunte imposte, tasse e / o tributi, propone formale e rituale ricorso il Sig. S.M.S., nella qualità di Sindaco p.t. del Comune di Camerota, rappresentato e difeso dal Rag. Emilio Romaniello, eccependo l’infondatezza della pretesa fiscale.

La parte ricorrente nell’analizzare in dettaglio le cartelle esattoriali premette che non sono mai state notificate nei modi di legge.

Eccepisce l’irregolarità formale dell’estratto di ruolo perché fondato su atti mai notificati; la nullità e/o inesistenza giuridica della notifica delle cartelle e la conseguente impugnabilità dell’estratto di ruolo. Sottolinea l’onere della prova a carico del Concessionario.

Rileva che anche ove venga fornita la prova la notifica è da considerare nulla perché eseguita direttamente da Equitalia senza l’intermediazione di un Ufficiale della riscossione e perché notificata a mezzo pec con file privo della firma digitale. Fa rilevare che considerati gli anni di riferimento i tributi sono prescritti. Impone stanti le precise contestazioni di ordine formale e sostanziale all’Agenzia Entrate Riscossione di depositare regolari relate di notifica delle cartelle in contestazione, nonché copia conforme delle cartelle stesse.

Rileva la decadenza dei tributi ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. n. 602 del 1973.

Conclude per l’accoglimento del ricorso.

Nelle successive memorie illustrative nell’insistere nell’accoglimento delle proprie ragioni evidenzia dall’analisi della documentazione prodotta dalla parte resistente, che l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali non veniva eseguita nei modi di legge previsti e non può considerarsi valida. Insiste nella non validità delle notifiche effettuate via Pec con file diverso dal .p7m.

L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, a sua volta, ritualmente costituita in giudizio, nel controdedurre alle eccezioni sollevate rileva in diritto l’inammissibilità del ricorso, ribadisce la legittimità del proprio operato documentando la regolare notifica delle cartelle prodromiche l’estratto di ruolo. Rileva la carenza di giurisdizione per i crediti non tributari.

In via subordinata nel merito controdeduce alle altre eccezioni.

Allega documentazione probatoria, relate di notifica e supporto informatico contenente file formato .eml delle cartelle notificate a mezzo pec e procura ad litem firmata digitalmente .p7m. Insiste per il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto.

La controversia è stata trattata in pubblica udienza giusta istanza di parte.

La Commissione dopo un accurato esame delle istanze contrapposte, valutati gli atti di causa, osserva preliminarmente che le cartelle di pagamento di cui all’atto impugnato riguardano oltre che crediti di natura tributaria anche crediti di natura ordinaria rispetto ai quali va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice ordinario.

Il Collegio è chiamato in via preliminare a decidere in ordine alla questione, rilevabile d’ufficio, della autonoma impugnabilità degli estratti di ruolo.

Preliminarmente osserva che l’estratto di ruolo può essere impugnato solo qualora costituisca l’unico mezzo per far valere le pretese del contribuente. Nel caso in esame la parte ricorrente ha proposto autonoma impugnazione avverso gli estratti di ruolo, dei quali ha avuto cognizione prima della proposizione del ricorso oggetto del presente giudizio, sulla ritenuta sussistenza dell’interesse a verificare la propria posizione fiscale.

Ai fini del corretto decidere, tale circostanza induce a valutare alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 19704/15 che ha affermato, entro certi limiti, l’ammissibilità del ricorso. Con tale sentenza la Suprema Corte non ha affermato l’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo, attesa l’inidoneità dell’estratto a contenere qualsivoglia pretesa impositiva, diretta o indiretta, e quindi la assoluta mancanza di interesse (ex art. 100 c.p.c.) del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, ma ha ritenuto la sussistenza di un interesse del richiedente ad impugnare il contenuto del documento stesso ossia gli atti che nell’estratto di ruolo sono riportati ed indicati. I suddetti atti risultano inequivocabilmente impugnabili per espressa previsione del combinato disposto degli artt. 19, lett. d) e 21, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992. Dunque il contribuente che sia venuto a conoscenza attraverso il c.d. estratto di ruolo di iscrizioni a proprio carico o della emissione di cartelle esattoriali, ha la possibilità di far valere le proprie ragioni in relazione ad un atto non validamente notificatogli, senza bisogno ad attendere la notifica di un atto successivo.

Ne consegue, dunque, l’ammissibilità della domanda, laddove il ricorrente prospetta la mancata o invalida notifica delle cartelle esattoriali menzionate nell’estratto di ruolo.

Nel caso in esame l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, convenuta in giudizio, nel rappresentare, in ordine alla eccezione di omessa notifica, che le stesse sono state correttamente notificate ha fornito documentazione probatoria.

A riguardo la Commissione osserva che il Concessionario deve dimostrare di aver notificato le cartelle di pagamento contestate e produrre in giudizio prova. Statuisce, infatti, la Corte di Cassazione SS.UU. n.5791/2008 che: “la correttezza dei procedimenti di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, sopratutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa.

Riguardo alle eccezioni riguardanti il procedimento notificatorio occorre ribadire che le cartelle risultano notificate all’Ente, effettuate direttamente presso l’Amministrazione destinataria.

La notifica, generalmente, avviene consegnando una copia dell’atto nelle mani del destinatario. Nel momento in cui tale consegna avviene, per legge il destinatario è da considerarsi a conoscenza dell’esistenza e del contenuto dell’atto o del documento che gli è stato notificato. L’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo in forza della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se lo stesso destinatario dia prova di essersi incolpevolmente trovato nell’impossibilità di prenderne cognizione. In altri termini la prova dell’arrivo della raccomandata fa presumere l’invio e la conoscenza dell’atto. In caso di notifica via posta la cartolina di ricevimento costituirà la prova dell’avvenuta notifica. Sarà l’addetto al servizio relativo a curare la consegna della busta chiusa contenente l’atto al destinatario.

Sono pertanto da considerare valide le relative notifiche effettuate all’Amministrazione pubblica.

Del pari non risulta intervenuta prescrizione della pretesa creditoria in presenza di validi atti interruttivi. Invero dalla data di notifica delle cartelle presupposte inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione del tributo, per cui la prescrizione non risulta maturata.

In ogni caso l’attività dell’Agente della riscossione deve ritenersi soggetta al termine ordinario di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c., il quale stabilisce che “… salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.

Relativamente all’eccepito disconoscimento della copia fotostatica la Commissione osserva che in tema di prova documentale l’onere di disconoscere la conformità della copia fotostatica prodotta in giudizio, all’originale, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive.

La contestazione ai sensi dell’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

L’art. 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale. Dunque occorre rilevare che non è sufficiente eccepire l’assenza dell’originale, ma è necessaria la presenza di una doglianza specifica, idonea a confutare la validità della notifica. In tal senso Cass. 29 luglio 2016, n. 15790; Cass. 07 settembre 2018, n. 21908; Cass. 04 aprile 2018, n. 8246.

Ai fini del corretto decidere, per quanto concerne la notifica a mezzo pec, la Commissione, nel rispetto del principio in virtù del quale l’Agente della riscossione può utilizzare lo strumento della notifica degli atti a mezzo PEC, osserva che la stessa deve avvenire nel rispetto dei requisiti volti a garantire la piena legittimità della procedura e, quindi, con l’avvertenza che il documento informatico allegato alla pec debba necessariamente essere dotato di firma digitale per garantire l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del file in conformità all’art. 20, comma 2, del D.Lgs. n. 82 del 2005.

Tali requisiti vengono a mancare nel formato PDF il quale non consente di rispettare detti parametri, dovendo il documento essere firmato digitalmente e, quindi, avere un formato “.p7m”.

Quindi qualora la trasmissione via pec delle cartelle di pagamento contenga il solo allegato in formato “pdf” la notifica deve essere considerata non valida, producendo la illegittimità del documento in allegato perché privo dell’estensione “.p7m”.

Tale eccezione è preliminare e pregiudiziale di ogni altra: la decisione comporta una attenta disamina delle norme che disciplinano la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento.

Occorre ribadire quanto alla disciplina della firma elettronica digitale che l’art.71 del D.Lgs. n. 82 del 2005 rinvia al DPC Cons. 22 febbraio 2013. Tanto premesso, richiamando l’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973 con la posta elettronica certificata, in luogo della copia della cartella di pagamento si notifica il documento informatico della cartella medesima.

Nel caso di specie il formato digitale del file telematico della cartella di pagamento scelto dall’agente della riscossione è il c.d. “.pdf”.

Alla Commissione spetta, quindi, il compito delegatole dall’art. 20, comma 1-bis D.Lgs. n. 82 del 2005, di accertare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale del .pdf garantisca la conformità del documento informatico notificato all’originale e se sia valida la firma digitale dell’esattoria.

Sulla base delle norme richiamate in materia ed in particolare degli artt. 20, comma 2 e 71, D.Lgs. n. 82 del 2005 ritiene la Commissione che la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato “.pdf,” senza l’estensione c.d. “.p7m,” non sia valida e di conseguenza rende illegittime le cartelle impugnate allegate alla PEC, appunto in tale formato.

La certificazione della firma è, infatti, attestata dall’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la c.d.”busta crittografica”, che contiene al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica.

Detta estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.

In difetto di detta estensione del file, la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento non è valida con illegittimità derivata delle stesse cartelle.

D’altra parte la giurisprudenza della Suprema Corte ha da ultimo chiarito che l’Agente della riscossione, di fronte alle contestazioni del ricorrente relative alla notifica a mezzo pec delle cartelle di pagamento, ha l’onere di dimostrare di aver provveduto alla regolare notifica di esse in forma di “documento informatico” (e non di mera copia informatica di documento cartaceo), di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso via pec, nonché la regolarità della trasmissione telematica dell’atto (cfr – Cass.Civile, Sez. VI, 19.06.2018, n. 16173). I motivi di merito sono assorbiti dalla decisione sulla notificazione.

Alla luce delle argomentazioni sopra esposte e della documentazione versata in atti la Commissione dichiara il difetto di giurisdizione relativamente alle cartelle aventi ad oggetto crediti non tributari; in parziale accoglimento del ricorso dichiara non valide e di conseguenza illegittime le cartelle notificate a mezzo pec in formato “.pdf” senza l’estensione del file “.p7m”, quale motivo pregiudiziale ed assorbente su ogni altra questione sollevata, riferito, in particolare, alle cartelle n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…) – n.(…);

rigetta nel resto confermando l’operato del concessionario.

Quanto alle spese di giudizio, considerato il parziale accoglimento del ricorso, la novità e complessità della questione e le situazioni giuridiche connesse, la Commissione ritiene giusto compensarle tra le parti.

P.Q.M.
La Commissione dichiara il difetto di giurisdizione per i crediti non aventi natura tributaria, in parziale accoglimento del ricorso dichiara non valide e di conseguenza illegittime le cartelle notificate a mezzo pec in formato “.pdf” senza l’estensione del file “.p7m”; rigetta nel resto.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Conclusione
Salerno il 22 ottobre 2018.