Corso formazione/aggiornamento Cesena (FC) – 28.11.2014

 Locandina Cesena 2014LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 28 Novembre 2014

Comune di Cesena

Sala del Consiglio Comunale

Piazza del Popolo 10

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con la collaborazione del Comune di Cesena

Quote di partecipazione al corso:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Cesena 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Fontana Lazzaro

  • Comandante Polizia Locale dell’Unione Colline Matildiche (RE)
  • Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Cesena 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

 


Cass. civ., Sez. III, Sent., (data ud. 04/06/2014) 19/09/2014, n. 19738

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21399-2008 proposto da:

P.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato DE MARCO ADA, rappresentato e difeso dall’avvocato ARIGLIANI PIERLUIGI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SGA S.P.A. (OMISSIS) Società per la Gestione di Attività – in persona del suo Amministratore Delegato e legale rappresentante Avv. V.M. in questo atto rappresentato dal Dott. RAPALLINO LUCA MATTEO – in qualità di Cessionaria dei crediti in blocco della ISV.E.I.MER. S.P.A. in liquidazione, tra i quali quello nei confronti di OFFICINE MECCANICHE SANNITE S.R.L. – Benevento, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA DE CURTIS, rappresentata e difesa dall’avvocato PAGLIA Antonino giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 893/2008 del TRIBUNALE di BENEVENTO, depositata il 27/05/2008, R.G.N. 2817/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato ANTONIO PAGLIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
P.R. propose opposizione avverso il precetto notificatogli il 7.10.2003 dalla S.G.A. spa, quale cessionaria di un credito Isveimer, con il quale gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro 21.865,77.

La convenuta contestò il fondamento dell’opposizione.

Il tribunale, con sentenza del 27.5.2008, accolse l’opposizione limitatamente alla rideterminazione del tasso d’interesse.

P.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la S.G.A. spa..

Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: error in iudicando – falsa applicazione dell’art. 2945 c.c. intervenuta prescrizione del credito.

Il motivo non è fondato.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la domanda di ammissione al passivo fallimentare attua l’interruzione permanente della prescrizione fino alla data del provvedimento di chiusura del processo esecutivo concorsuale e tale effetto si produce anche nei confronti dei coobbligati solidali del fallito, ai sensi dell’art. 1310 c.c., comma 1 (Cass. 8.4.1992 n. 4304 e successive conformi).

L’interruzione della prescrizione, nel caso in esame, si è realizzata a seguito della domanda di ammissione al passivo della cooobbligata O.M. Officine Meccaniche Sannite srl da parte dell’Isveimer valendo, quindi, anche nei confronti dei condebitori solidali e, quindi, ai sensi dell’art. 1957 c.c., anche nei confronti del fideiussore.

Con il secondo motivo si denuncia violazione norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3: error in iudicando – falsa applicazione dell’art. 1310 c.c.. Il motivo non è fondato.

La disciplina dell’art. 1310 c.c., comma 2, sull’estensibilità dell’interruzione della prescrizione agli altri condebitori solidali, va completata con la disciplina degli effetti della durata dell’interruzione contenuta nell’art. 2945 cod. civ., con la conseguenza che l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo determinano l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio (da ultimo Cass. 21.1.2011 n. 1406).

Inoltre, poichè il precetto è atto non diretto alla instaurazione di un giudizio, nè del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione.

Ma, se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dall’art. 2943 cod. civ., comma 2 sicchè, ai sensi dell’art. 2945 cod. civ., comma 2 la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio (Cass. 29.3.2007 n. 7737; v. anche Cass. 29.5.2013 n. 13438).

Ora, nel caso in esame, nell’ambito dell’azione proposta da due dei condebitori I. ed Officine Meccaniche Sannite srl (di cui alla sentenza n. 272/96), la SGA (cessionaria del credito Isveimer) assunse una posizione attiva, in ordine alla quale il tribunale – pur riducendo l’efficacia del precetto opposto – riconobbe l’esistenza del credito vantato. Con il terzo motivo si denuncia violazione norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3: error in iudicando – violazione del combinato disposto dell’art. 479 e dell’art. 480, comma 2 – omessa notifica titolo esecutivo. Il motivo non è fondato.

Invero, la sentenza impugnata sul punto, da atto che ” Per quanto concerne, invece, la contestata notifica del titolo esecutivo, deve rilevarsi come questo sia costituito dall’allegato contratto di mutuo per notar De Napoli del 27.02.1980 n. 8537/983, seguito dall’atto di quietanza a saldo del 30.04.1982, restando in conferenti le sollevate eccezioni riguardanti la mancanza del timbro di congiuntura e di quello attestante la conformità”.

Ora, in tema di esecuzione forzata, il riconoscimento della qualità di titolo esecutivo all’atto ricevuto da notaio, relativamente all’obbligazione di somma di denaro generata dal negozio nello stesso documentato, presuppone che esso contenga l’indicazione degli elementi strutturali essenziali dell’obbligazione, indispensabili per la funzione esecutiva, e non dipende dalla particolare efficacia probatoria dell’atto, ma dalla pubblica fede che il notaio vi attribuisce (Cass. 19.7.2005 n. 15219).

Elementi tutti ricorrenti nella specie senza che alcuna influenza acquisti la mancanza del timbro di congiuntura al quale alcun rilievo riconosce la normativa in materia.

Nè il precedente indicato dal ricorrente (Cass. n. 4738/1992) è predicabile nel caso in esame, posto che si tratta di fattispecie del tutto diversa in cui la copia del titolo esecutivo era stata rilasciata da notaio diverso da quello che aveva rogato l’atto.

Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 4 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2014


Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., (ud. 02-07-2014) 19-09-2014, n. 19834

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 13169-2012 proposto da:

M.R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 2/A, presso lo studio dell’avvocato VULPETTI VALENTINO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SAVIA ORAZIO SALVATORE, giusta procura speciale apposta sul retro della prima pagina del ricorso;

– ricorrente –

contro

H.D.I. ASSICURAZIONI SPA in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato GELLI PAOLO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.S., D.V.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1089/2011 della CORTE DAPPELLO di NAPOLI del 22.3.2011, depositata il 05/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/07/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Enzo Giardiello (per delega avv. Paolo Gelli) che si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.

“Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva:

1. Con citazione notificata il 21 aprile 2004 H.D.I. Assicurazioni s.p.a. convenne innanzi al Tribunale di Napoli M.R.A. chiedendo che venisse accertato che nessun indennizzo era dovuto alla convenuta, con conseguente declaratoria della inammissibilità e improponibilità della procedura dalla stessa instaurata a mezzo di richiesta di nomina di un medico con funzioni di arbitro.

Costituitasi in giudizio, M.R.A. chiese il rigetto delle avverse pretese, instando affinchè la controparte venisse condannata al pagamento delle spese di lite nonchè al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata e per danno esistenziale.

2. Con sentenza del 25 settembre 2006 il giudice adito dichiarò cessata la materia del contendere e compensò integralmente tra le parti le spese di causa.

Proposto dalla M. gravame, la Corte d’appello, in data 5 aprile 2011, lo ha respinto.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte M. R.A., formulando un solo motivo.

Resiste con controricorso H.D.I. Assicurazioni s.p.a..

3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a). Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi dichiarato inammissibile.

4. Nell’unico motivo l’impugnante lamenta violazione dell’art. 1965 cod. civ. nonchè vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene che erroneamente il giudice di merito avrebbe dichiarato cessata la materia del contendere, omettendo qualsivoglia pronuncia sulle domande riconvenzionali da essa svolte. Contesta segnatamente che nei verbali di causa fosse ravvisabile l’esplicitazione della intenzione di entrambe le parti di addivenire a un’unica, complessiva transazione.

5. Osserva preliminarmente il relatore che non è fondata l’eccezione di inesistenza della notifica del ricorso, proposta dalla resistente.

Essa è radicata sul rilievo che l’istanza che ha dato avvio al procedimento notificatorio risulta presentata dal difensore all’UNEP di Milano, che avrebbe quindi dovuto provvedervi a mezzo posta, laddove la notifica è stata materialmente eseguita l’ultimo giorno utile dall’UNEP di Napoli.

Il rilievo è tuttavia privo di pregio alla luce del principio, dal quale non Ve ragione di discostarsi, secondo cui la notificazione è giuridicamente inesistente solo nell’ipotesi in cui l’atto esorbiti completamente dallo schema legale degli atti di notificazione, per mancanza degli elementi caratteristici del modello delineato dalla legge, mentre nel caso in cui sussistano violazioni di tassative prescrizioni del procedimento, comprese, in particolare, quelle relative alla competenza dell’organo notificante, l’atto è nullo e suscettibile di sanatoria mediante la costituzione in giudizio della parte destinataria della notificazione (confr. Cass. civ. 9 settembre 1997, n. 8804).

6. Le proposte censure sono peraltro inammissibili per altre ragioni.

In disparte il rilievo che esse sono gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, non avendo l’impugnante nè riportato l’esatto contenuto dei verbali di causa nei quali il decidente ha ravvisato il contestato venir meno di ogni posizione di contrasto tra le parti, nè indicato la loro esatta allocazione nel fascicolo processuale, la Corte territoriale ha motivato il suo convincimento sia perchè la raggiunta transazione doveva intendersi comprensiva di tutti gli aspetti della vertenza in corso, fatta eccezione per il regolamento delle spese di lite, sia perchè le due domande – di risarcimento del danno esistenziale e del danno da responsabilità per lite temeraria – erano, in ogni caso, infondate e da rigettare.

Ne deriva che la scelta decisoria adottata era sorretta da una duplice ratio decidendi.

Vale allora il criterio per cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una delle stesse, posto che la decisione resta fondata in modo autonomo sulla ragione non censurata (confr. Cass. civ. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. civ. 5 febbraio 2013, n. 2736). Nella fattispecie, la mancata contestazione dell’infondatezza, nel merito, delle proposte domande, ha comportato il passaggio in giudicato della relativa statuizione”.

A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna dell’impugnante al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali e accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 luglio 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 settembre 2014


Viola la privacy il Comune che non utilizza il plico chiuso per notificare la sanzione “particolare”

Se il Comune non assume i dovuti accorgimenti, è tenuto a risarcire il danno per violazione del diritto alla privacy del destinatario di provvedimento sanzionatorio inerente violazione amministrativa legata al fenomeno della prostituzione, nel caso in cui la notifica avvenga non in plico sigillato. E’ quanto ha confermato la Suprema corte avallando la decisione del giudice del merito, dichiarando in parte inammissibile il ricorso proposto da un Comune italiano.
L’ordinanza ingiunzione, dopo un primo tentativo (fallito) di notifica a mezzo servizio postale presso il domicilio eletto dal resistente, era stata affidata per la notifica ai Messi Comunali, i quali provvedevano alla stessa a mezzo plico, non in busta chiusa, alla residenza del destinatario, dunque a mani alla madre dello stesso.
Il destinatario della sanzione lamentava che sua madre era venuta in questo modo a conoscenza della vicenda.
L’uomo si trovava in una particolare situazione dato che era in corso una causa di separazione e la conoscenza da parte di terzi di una simile sanzione sarebbe stata idonea a provocargli serio pregiudizio.
La Suprema corte, pur disconoscendo l’esistenza di un vero e proprio obbligo a carico della pubblica amministrazione di procedere in ogni caso alla notifica presso il domicilio eletto dal destinatario – e non, come nel caso di specie, eseguirla presso la residenza – fa riferimento ai principi generali di trasparenza, lealtà e imparzialità della pubblica amministrazione, data l’evidente manifestazione di preferenza del destinatario ad interloquire con l’ente pubblico in modalità particolare.
La Corte Suprema di Cassazione conferma come sia applicabile al caso di specie l’art. 15 del d.lgs. 196/2003 (codice privacy) il quale afferma che “sussiste responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento illegittimo dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose“. In questo senso, la pubblica amministrazione procedente avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo risarcitorio solo provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; circostanza non dimostrata in grado di merito.
Infatti, il Comune avrebbe dovuto provare di non aver potuto ricorrere a nessun’altra forma di notifica, che, “seppur non imposta dalle leggi in materia, avrebbe consentito, più adeguatamente rispetto alla notifica a mezzo dei messi comunali, di evitare il danno derivante dal trattamento dei dati sensibili, ricollegabile alla propagazione del contenuto dell’oggetto della violazione sanzionata con l’ordinanza ingiunzione“. Di conseguenza, il comportamento dell’ente comunale “non si è affatto concretato nell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto“.


Corso formazione/aggiornamento Zola Predosa (BO) – 28.10.2014

Locandina Zola 2014LA NOTIFICA ON LINE

Martedì 28 ottobre 2014

Comune di Zola Predosa

Sala Corsi

presso Municipio

Piazza della Repubblica 1

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Zola Predosa

Quote di partecipazione al corso:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2015 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Zola 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Asirelli Corrado

Asirelli Corrado 6

  • Coordinatore Messi Comunali del Comune di Cesena (FC)
  • Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Zola Predosa 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

AGENZIA PER L’ITALIA DIGITALE: Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN»

COMUNICATO

Circolare n. 66/2014, recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN» (14A07133)

(GU n.216 del 17-9-2014)

 L’Agenzia per l’Italia digitale informa le pubbliche amministrazioni, centrali e locali, che sul proprio sito istituzionale è pubblicata la circolare n. 66/2014 recante «Pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni – Rilascio del codice GS1 GLN».

Con tale circolare l’Agenzia informa le amministrazioni che mette a loro disposizione a titolo gratuito i codici GS1 GLN per il biennio 2015/2016, in forza di un contratto sottoscritto con la Indicod-ECR-GS1 Italy.

Tali codici potranno essere utilizzati dalla pubbliche amministrazioni, centrali o locali, per la codifica dei relativi pagamenti in incasso.

Per la procedura di rilascio dei codici GS1 GLN si rinvia a quanto indicato nella stessa circolare.


DIRITTO DI ACCESSO

Nella sentenza del Consiglio di Stato – sez. IV n. 1768 del 11.4.2014 una ricca rassegna di massime, in tema di accesso agli atti delle pubbliche amministrazioni, è contenuta.

La decisione ha confermato il giudizio di primo grado (TAR Lazio -sentenza 10152/2013) nella controversia insorta tra il Comune di Montalto di Castro, la Società Autostrada Tirrenica e l’ANAS. Il giudice di appello ha riconosciuto al Comune il diritto di accesso agli atti inerenti la concessione per la realizzazione di una infrastruttura, condannando le società a consentire l’accesso – mediante presa visione ed estrazione di copia -ai documenti richiesti. Nelle motivazioni della sentenza viene riaffermato il diritto di accesso a tutte le tipologie di attività del soggetto pubblico, anche quando tale attività sia disciplinata dalle norme del diritto privato. Ed viene ribadito che il diritto di accesso compete, non solo alle persone fisiche, ma anche agli enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi. Il diritto di accesso riconosciuto all’ente comune trova fondamento nella specialità di quello riconosciuto dal TUEL ai consiglieri comunali.

La sentenza, attraverso i vari richiami giurisprudenziali:

1. Accesso ai documenti per curare o difendere interessi giuridicamente tutelati

Il diritto di accesso è consentito non solo al fine di esercitare una azione giurisdizionale, ma in tutti i casi in cui la conoscenza dei documenti sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridicamente tutelati. In questo caso: “la posizione giuridica è riconosciuta come diritto soggettivo a un’informazione qualificata … essendo sufficiente che l’istanza di accesso sia sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso”.

2. Diritto di accesso degli enti esponenziali di interessi collettivi

“E’ giurisprudenza consolidata quella per cui il diritto di accesso – oltre che alle persone fisiche – spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell’associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all’oggetto dell’istanza”.

3. Il diritto di accesso dei consiglieri comunali

L’art. 43 del d.lgs 267/2000 prevede una forma “speciale” di accesso da parte del consigliere comunale, che la giurisprudenza ha interpretato nella massima ampiezza, ricollegandolo alla funzione esponenziale esercitata.

“In tema di diritto di accesso agli atti da parte di consiglieri l’orientamento giurisprudenziale è consolidato nel senso di riconoscerne il fondamento nell’art. 43 comma 2 del TUEL e di qualificarlo come espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività, direttamente funzionale non tanto a un interesse personale del consigliere medesimo, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito; in tale quadro i consiglieri risultano titolari di un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità per l’espletamento del loro mandato e in ciò il diritto di accesso riconosciuto ai rappresentanti del corpo elettorale locale ha una ratio diversa e più ampia di quella che contraddistingue il diritto di accesso riconosciuto a tutti i cittadini dal medesimo TUEL (art. 10), nonché dagli artt. 22 ss. della legge 241/1990”. “Per cui da un lato il consigliere può accedere non solo ai “documenti” ma, in genere, a qualsiasi “notizia” o “informazione” utili all’esercizio delle funzioni consiliari, ma non è neppure tenuto a motivare la sua richiesta, né l’ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l’esercizio del mandato, perché altrimenti gli organi dell’amministrazione sarebbero arbitri di stabilire l’ambito del controllo consiliare sul proprio operato; ed è per questo che il diritto non incontra neppure limiti derivanti dalla natura riservata agli atti richiesti, in quanto il consigliere è vincolato all’osservanza del segreto”.

Elementari ragioni di coerenza sistematica impediscono, ovviamente, anche soltanto di ipotizzare che la funzione “esponenziale” propria del singolo consigliere comunale non componga, come parte del tutto, quella a propria volta esercitata dall’ente rispetto alla comunità dei cittadini dallo stesso amministrata. Ma se così è, non può negarsi che tra i poteri/doveri del comune rientri anche quello di fornire dettagliata informazione ai propri amministrati delle attività destinate a svolgersi sul proprio territorio; che tale potestà sussiste e prescinde dalla possibile futura intrapresa di azioni giurisdizionali; che anche indipendentemente dalla detta esigenza, il comune ha il diritto di conoscere in che modo si andrà in concreto a strutturare un’attività in corso di svolgimento sul proprio territorio, al fine di potere organizzare e modulare -rispetto a quest’ultima – le attività proprie.

4. Accesso come regola e tassatività delle eccezioni

La disciplina legale della estensibilità dei documenti amministrativi pone anzitutto, sul piano oggettivo, un rapporto di regola/eccezione, nel senso che la regola è data dall’accesso mentre le specifiche eccezioni -analiticamente indicate -costituiscono ipotesi derogatorie (preordinate alla protezione di dati riservati in possesso, capaci, se divulgati, di recare pregiudizio alla tutela di interessi super individuali, ovvero alla protezione della riservatezza di soggetti terzi). Il Consiglio di Stato ha affermato che “la ditta subappaltatrice dell’impresa titolare di un contratto di appalto di opere pubbliche ha diritto di accesso, ai sensi dell’art. 22 legge 241, alla copia del registro di contabilità, trattandosi di documentazione che -pure se afferente a rapporti interni tra stazione appaltante e appaltatore, e quindi formalmente privatistica – ciò nondimeno attiene al contratto e all’esecuzione dei lavori, e quindi ad un ambito di rilevanza pubblicistica, giacché attraverso l’esecuzione delle opere l’amministrazione mira essenzialmente a perseguire le proprie finalità istituzionali”.

5. Accesso agli atti disciplinati dal diritto privato dell’attività amministrativa

Può quindi affermarsi che, in via generale, in base alla disciplina contenuta negli artt. 22 e ss. legge 241, il diritto di accesso può esercitarsi anche rispetto a documenti di natura privatistica (Adunanza Plenaria CdS, 22.4.1999 n. 4, dove si è ritenuto che “ai sensi del citato art. 22 sono soggette all’accesso tutte le tipologie di attività delle PA e quindi anche gli atti disciplinati dal diritto privato, atteso che essi rientrano nell’attività di amministrazione in senso stretto degli interessi della collettività e che la legge non ha introdotto alcuna deroga alla generale operatività dei principi della trasparenza e dell’imparzialità e non ha garantito alcuna “zona franca” nei confronti dell’attività disciplinata dal diritto privato”), purché concernenti attività di pubblico interesse; la risposta che in passato la giurisprudenza ha specificamente fornito è quella per cui tale sia l’attività esecutiva di un appalto.

D’altro canto l’attività amministrativa soggetta all’applicazione dei principi di imparzialità e di buon andamento, è configurabile non solo quando la PA esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa persegue le proprie finalità istituzionali e provvede alla cura concreta di pubblici interessi mediante un’attività sottoposta alla disciplina dei rapporti tra privati.

6. Accesso c.d. defensionale

Ai fini dell’accesso cd. defensionale ai documenti amministrativi, cioè propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio, non rileva che quest’ultimo sia già pendente o da introdurre: la parte titolare di un interesse che la legittimerebbe a proporre una impugnazione ha il diritto (senza che neppure debba chiarire od anticipare, in concreto, la tipologia di azione che intende intentare) di acquisire la documentazione che in astratto la legittimerebbe ad intraprendere le dette azioni. Le eventuali preclusioni decadenziali, ove effettivamente sussistenti, saranno rilevate dal Giudice adito; la parte potrebbe comunque avere interesse ad acquisire la documentazione suddetta anche ai fini di far valere fattispecie di remissione in termini per errore scusabile, possibili “riaperture dei termini” ascrivibili a determinazioni novative, etc..


Sito non accessibile per manutenzione archivi ed implementazione nuovo software – Lunedì 15 settembre 2014

Nell’ambito dei miglioramenti  finalizzati ad un miglior utilizzo del sito ed ad una maggiore sicurezza,  nei giorni di Lunedì 15 settembre sino alla fine delle operazioni (presumibilmente sino alle ore 23,00 di martedì 16 settembre),  il sito non sarà accessibile per implementazione software e manutenzione archivi.

Ci scusiamo per il disagio.


STRESS LAVORO-CORRELATO: lavorare con un superiore troppo controllante

Da quanto emerge da una ricerca dell’università australiana che è stata pubblicata su Plos One, a generare stress nei lavoratori e a farli ammalare non sarebbe tanto la quantità dei carichi di lavoro, ma il fatto di dover eseguire mansioni essendo sottoposti ad un eccessivo controllo da parte dei superiori. Ossia, dover portare avanti una gran quantità di compiti sui quali si è privati della possibilità di esercitare un controllo.

A conferma di ciò, un altro studio australiano capitanato dallo psichiatra Sam Harvey dell’Università del New South Wales – che si occupa di pazienti affetti da depressione – è stato condotto su circa 7000 soggetti di mezza età in stato di buona salute. La ricerca ha evidenziato che coloro che lavoravano in uffici caratterizzati da elevati livelli di stress usufruivano di almeno due settimane o più di congedo malattia all’anno per gestire sintomi come la mancanza di respiro, dolori al torace, nausea e insonnia. Un assenteismo che quindi avrebbe potuto essere facilmente evitato se il luogo di lavoro fosse stato meno stressante e più sano. Sarebbe riduttivo, ovviamente, concludere che chi lavora troppo rischia di ammalarsi o cadere in depressione.

Ma da quello che emerge da questi studi ci sarebbero prove significative per affermare che una combinazione di marcate pressioni dall’alto e di basso controllo sul proprio lavoro possa favorire lo sviluppo di una malattia cardiovascolare e di sintomi psichici legati all’ansia e alla depressione.

E’ dunque fondamentale, da parte del lavoratore, avere la sensazione di poter esercitare un controllo sul proprio lavoro, giorno per giorno. A un livello più ampio, risulta cruciale la sensazione di controllo che si può avere sull’organizzazione globale, sulla possibilità di evidenziare problemi e proporre possibili soluzioni. Come in ogni lavoro che si rispetti, è proprio la parte più creativa a risultare maggiormente gratificante e motivante rispetto a quella meramente esecutiva ed è per questo che risulta importante che ad ogni lavoratore venga consentito un relativo margine di gestione creativa del proprio operato, svincolata dal controllo esterno. Per il bene del lavoratore e dell’azienda stessa.


DM 21/02/2011, n. 44 – Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24

DM 21/02/2011, n. 44

Epigrafe

Premessa

CAPO I

Principi generali

Art. 1 Ambito di applicazione

Art. 2 Definizioni

CAPO II

Sistemi informatici del dominio giustizia

Art. 3 Funzionamento dei sistemi del dominio giustizia

Art. 4 Gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia

Art. 5 Gestore dei servizi telematici

Art. 6 Portale dei servizi telematici

Art. 7 Registro generale degli indirizzi elettronici

Art. 8 Sistemi informatici per i soggetti abilitati interni

Art. 9 Sistema informatico di gestione del fascicolo informatico

Art. 10 Infrastruttura di comunicazione

CAPO III

Trasmissione di atti e documenti informatici

Art. 11 Formato dell’atto del processo in forma di documento informatico

Art. 12 Formato dei documenti informatici allegati

Art. 13 Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati

Art. 14 Documenti probatori e allegati non informatici

Art. 15 Deposito dell’atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni

Art. 16 Comunicazioni per via telematica

Art. 17 Notificazioni per via telematica

Art. 18 Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati

Art. 19 Disposizioni particolari per la fase delle indagini preliminari

Art. 20 Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno

Art. 21 Richiesta delle copie di atti e documenti

CAPO IV

Consultazione delle informazioni del dominio giustizia

Art. 22 Servizi di consultazione

Art. 23 Punto di accesso

Art. 24 Elenco pubblico dei punti di accesso

Art. 25 Iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso

Art. 26 Requisiti di sicurezza

Art. 27 Visibilità delle informazioni

Art. 28 Registrazione dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati

Art. 29 Orario di disponibilità dei servizi di consultazione

CAPO V

Pagamenti telematici

Art. 30 Pagamenti

Art. 31 Diritto di copia

Art. 32 Registrazione, trascrizione e voltura degli atti

Art. 33 Pagamento dei diritti di notifica

CAPO VI

Disposizioni finali e transitorie

Art. 34 Specifiche tecniche

Art. 35 Disposizioni finali e transitorie

Art. 36 Adeguamento delle regole tecnico-operative

Art. 37 Efficacia


 DECRETO MINISTERIALE 21 febbraio 2011, n. 44(1).

Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24.(2)

(1)Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 aprile 2011, n. 89.

(2)Emanato dal Ministero della giustizia.


IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

di concerto con

IL MINISTRO PER LA PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE E L’INNOVAZIONE

Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto l’articolo 4 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario», convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010 n. 24;

Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale” e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante «Codice in materia di protezione dei dati personali» e successive modificazioni;

Visti gli articoli 16 e 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale», convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123, recante «Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, recante «Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3»;

Visto il decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008, recante «Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile»;

Visto il decreto ministeriale 27 aprile 2009, recante «Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia»;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009, recante «Disposizioni in materia di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini»;

Rilevata la necessità di adottare le regole tecniche previste dall’articolo 4, comma 1, del citato decreto, in sostituzione delle regole tecniche adottate con il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 e con il decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008;

Acquisito il parere espresso in data 15 luglio 2010 dal Garante per la protezione dei dati personali;

Acquisito il parere espresso in data 20 luglio 2010 da DigitPA;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 25 novembre 2010 e quello espresso nell’adunanza del 20 dicembre 2010;

Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 18 gennaio 2011;

Adotta

il seguente regolamento:


CAPO I

Principi generali

Art. 1 Ambito di applicazione

1. Il presente decreto stabilisce le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24, recante «Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario» ed in attuazione del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante «Codice dell’amministrazione digitale» e successive modificazioni.


Art. 2 Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si intendono per:

a) dominio giustizia: l’insieme delle risorse hardware e software, mediante il quale il Ministero della giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura;

b) portale dei servizi telematici: struttura tecnologica-organizzativa che fornisce l’accesso ai servizi telematici resi disponibili dal dominio giustizia, secondo le regole tecnico-operative riportate nel presente decreto;

c) punto di accesso: struttura tecnologica-organizzativa che fornisce ai soggetti abilitati esterni al dominio giustizia i servizi di connessione al portale dei servizi telematici, secondo le regole tecnico-operative riportate nel presente decreto;

d) gestore dei servizi telematici: sistema informatico, interno al dominio giustizia, che consente l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai soggetti abilitati interni, il portale dei servizi telematici e il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia;

e) posta elettronica certificata: sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68;

f) identificazione informatica: operazione di identificazione in rete del titolare della carta nazionale dei servizi o di altro dispositivo crittografico, mediante un certificato di autenticazione, secondo la definizione di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

g) firma digitale: firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato, e generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

h) fascicolo informatico: versione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale;

i) codice dell’amministrazione digitale (CAD): decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante “Codice dell’amministrazione digitale” e successive modificazioni;

l) codice in materia di protezione dei dati personali: decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione dei dati personali” e successive modificazioni;

m) soggetti abilitati: i soggetti abilitati all’utilizzo dei servizi di consultazione di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo. In particolare si intende per:

1) soggetti abilitati interni: i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP;

2) soggetti abilitati esterni: i soggetti abilitati esterni privati e i soggetti abilitati esterni pubblici;

3) soggetti abilitati esterni privati: i difensori delle parti private, gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, gli esperti e gli ausiliari del giudice;

4) soggetti abilitati esterni pubblici: gli avvocati, i procuratori dello Stato e gli altri dipendenti di amministrazioni statali, regionali, metropolitane, provinciali e comunali;

n) utente privato: la persona fisica o giuridica, quando opera al di fuori dei casi previsti dalla lettera m);

o) certificazione del soggetto abilitato esterno privato: attestazione di iscrizione all’albo, all’albo speciale, al registro ovvero di possesso della qualifica che legittima l’esercizio delle funzioni professionali e l’assenza di cause ostative all’accesso;

p) certificazione del soggetto abilitato esterno pubblico: attestazione di appartenenza del soggetto all’amministrazione pubblica e dello svolgimento di funzioni tali da legittimare l’accesso;

q) specifiche tecniche: le disposizioni di carattere tecnico emanate, ai sensi dell’articolo 34, dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e il Garante per la protezione dei dati personali, limitatamente ai profili inerenti la protezione dei dati personali;

r) spam: messaggi indesiderati;

s) software antispam: software studiato e progettato per rilevare ed eliminare lo spam;

t) log: documento informatico contenente la registrazione cronologica di una o più operazioni informatiche, generato automaticamente dal sistema informatico;

u) richiesta di pagamento telematico (RPT): struttura standardizzata che definisce gli elementi necessari a caratterizzare il pagamento e qualifica il versamento con un identificativo univoco, nonché contiene i dati identificativi, variabili secondo il tipo di operazione, e una parte riservata per inserire informazioni elaborabili automaticamente dai sistemi informatici;

v) ricevuta telematica (RT): struttura standardizzata, emessa a fronte di una RPT, che definisce gli elementi necessari a qualificare il pagamento e trasferisce inalterate le informazioni della RPT relative alla parte riservata;

z) identificativo univoco di erogazione del servizio (CRS): identifica univocamente una richiesta di erogazione del servizio ed è associato alla RPT e alla RT al fine di qualificare in maniera univoca il versamento;

aa) prestatore dei servizi di pagamento: gli istituti di credito, Poste Italiane e gli altri soggetti che, ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11 e successive modifiche ed integrazioni, mettono a disposizione strumenti atti ad effettuare pagamenti.


CAPO II

Sistemi informatici del dominio giustizia

Art. 3 Funzionamento dei sistemi del dominio giustizia

1. I sistemi del dominio giustizia sono strutturati in conformità al codice dell’amministrazione digitale, alle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali e in particolare alle prescrizioni in materia di sicurezza dei dati, nonché al decreto ministeriale emanato a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto del Ministro della giustizia 27 marzo 2000, n. 264.

2. Il responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia è responsabile dello sviluppo, del funzionamento e della gestione dei sistemi informatici del dominio giustizia.

3. I dati sono custoditi in infrastrutture informatiche di livello distrettuale o interdistrettuale, secondo le specifiche di cui all’articolo 34.


Art. 4 Gestore della posta elettronica certificata del Ministero della giustizia

1. Salvo quanto previsto all’articolo 19, il Ministero della giustizia si avvale di un proprio servizio di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale.

2. Gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari e degli UNEP, da utilizzare unicamente per i servizi di cui al presente decreto, sono pubblicati sul portale dei servizi telematici e rispettano le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

3. Il Ministero della giustizia garantisce la conservazione dei log dei messaggi transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata per cinque anni.


Art. 5 Gestore dei servizi telematici

1. Il gestore dei servizi telematici assicura l’interoperabilità tra i sistemi informatici utilizzati dai soggetti abilitati interni, il portale dei servizi telematici e il gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.


Art. 6 Portale dei servizi telematici

1. Il portale dei servizi telematici consente l’accesso da parte dell’utente privato alle informazioni, ai dati e ai provvedimenti giudiziari secondo quanto previsto dall’articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali.

2. L’accesso di cui al comma 1 avviene a norma dell’articolo 64 del codice dell’amministrazione digitale e secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

3. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati esterni i servizi di consultazione, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

4. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione i servizi di pagamento telematico, secondo quanto previsto dal capo V del presente decreto.

5. Il portale dei servizi telematici mette a disposizione dei soggetti abilitati e degli utenti privati, in un’apposita area, i documenti che contengono dati sensibili oppure che eccedono le dimensioni del messaggio di posta elettronica certificata di cui all’articolo 13, comma 8, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26.

6. Il portale dei servizi telematici consente accesso senza l’impiego di apposite credenziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione, alle informazioni ed alla documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia, alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, che vengono rese disponibili in forma anonima.


Art. 7 Registro generale degli indirizzi elettronici

1. Il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni di cui al comma 3 e degli utenti privati di cui al comma 4.

2. Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito mediante i dati contenuti negli elenchi riservati di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009, n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34.

3. Per i soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi di cui al comma 2, il registro generale degli indirizzi elettronici è costituito secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

4. Per le persone fisiche, quali utenti privati, che non operano nelle qualità di cui ai commi 2 e 3, gli indirizzi sono consultabili ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

5. Per le imprese, gli indirizzi sono consultabili, senza oneri, ai sensi dell’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009, n. 2, con le modalità di cui al comma 10 del medesimo articolo e secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34.

6. Il registro generale degli indirizzi elettronici è accessibile ai soggetti abilitati mediante le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.


Art. 8 Sistemi informatici per i soggetti abilitati interni

1. I sistemi informatici del dominio giustizia mettono a disposizione dei soggetti abilitati interni le funzioni di ricezione, accettazione e trasmissione dei dati e dei documenti informatici nonché di consultazione e gestione del fascicolo informatico, secondo le specifiche di cui all’articolo 34.

2. L’accesso dei soggetti abilitati interni è effettuato con le modalità definite dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34, che consentono l’accesso anche dall’esterno del dominio giustizia.

3. Nelle specifiche di cui al comma 2 sono disciplinati i requisiti di legittimazione e le credenziali di accesso al sistema da parte delle strutture e dei soggetti abilitati interni.


Art. 9 Sistema informatico di gestione del fascicolo informatico

1. Il Ministero della giustizia gestisce i procedimenti utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, raccogliendo in un fascicolo informatico gli atti, i documenti, gli allegati, le ricevute di posta elettronica certificata e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati, ovvero le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo.

2. Il sistema di gestione del fascicolo informatico è la parte del sistema documentale del Ministero della giustizia dedicata all’archiviazione e al reperimento di tutti i documenti informatici, prodotti sia all’interno che all’esterno, secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34.

3. La tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, fermi restando gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell’amministrazione digitale e dalla disciplina processuale vigente.

4. Il fascicolo informatico reca l’indicazione:

a) dell’ufficio titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo;

b) dell’oggetto del procedimento;

c) dell’elenco dei documenti contenuti.

5. Il fascicolo informatico è formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al loro contenuto, ed alle finalità dei singoli documenti.

6. Con le specifiche tecniche di cui all’articolo 34 sono definite le modalità per il salvataggio dei log relativi alle operazioni di accesso al fascicolo informatico.


Art. 10 Infrastruttura di comunicazione

1. I sistemi informatici del dominio giustizia utilizzano l’infrastruttura tecnologica resa disponibile nell’ambito del Sistema Pubblico di Connettività per le comunicazioni con l’esterno del dominio giustizia.


CAPO III

Trasmissione di atti e documenti informatici

Art. 11 Formato dell’atto del processo in forma di documento informatico

1. L’atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto nei formati previsti dalle specifiche tecniche di cui all’articolo 34; le informazioni strutturate sono in formato XML, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, pubblicate sul portale dei servizi telematici.

2. La nota di iscrizione a ruolo può essere trasmessa per via telematica come documento informatico sottoscritto con firma digitale; le relative informazioni sono contenute nelle informazioni strutturate di cui al primo comma, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.


Art. 12 Formato dei documenti informatici allegati

1. I documenti informatici allegati all’atto del processo sono privi di elementi attivi e hanno i formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. È consentito l’utilizzo dei formati compressi, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, purché contenenti solo file nei formati previsti dal comma precedente.


 

Art. 13 Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati

1. I documenti informatici di cui agli articoli 11 e 12 sono trasmessi da parte dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati mediante l’indirizzo di posta elettronica certificata risultante dal registro generale degli indirizzi elettronici, all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio destinatario, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. I documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.

3. Nel caso previsto dal comma 2 la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente. Quando la ricevuta è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo.

4. Il rigetto del deposito da parte dell’ufficio non impedisce il successivo deposito entro i termini assegnati o previsti dalla vigente normativa processuale.(3)

5. La certificazione dei professionisti abilitati e dei soggetti abilitati esterni pubblici è effettuata dal gestore dei servizi telematici sulla base dei dati presenti nel registro generale degli indirizzi elettronici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

6. Al fine di garantire la riservatezza dei documenti da trasmettere, il soggetto abilitato esterno utilizza un meccanismo di crittografia, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

7. Il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

8. La dimensione massima del messaggio è stabilita nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34. Se il messaggio eccede tale dimensione, il gestore dei servizi telematici genera e invia automaticamente al mittente un messaggio di errore, contenente l’avviso del rifiuto del messaggio, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

9. I soggetti abilitati esterni possono avvalersi dei servizi del punto di accesso, di cui all’articolo 23, per la trasmissione dei documenti; in tale caso il punto di accesso si attiene alle modalità di trasmissione dei documenti di cui al presente articolo.

(3) Comma così modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), b) e c), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


Art. 14 Documenti probatori e allegati non informatici

1. I documenti probatori e gli allegati depositati in formato non elettronico sono identificati e descritti in una apposita sezione delle informazioni strutturate di cui all’articolo 11, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario provvede ad effettuare copia informatica dei documenti probatori e degli allegati su supporto cartaceo e ad inserirla nel fascicolo informatico, apponendo la firma digitale ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 22, comma 3 del codice dell’amministrazione digitale.


Art. 15 Deposito dell’atto del processo da parte dei soggetti abilitati interni

1. L’atto del processo, redatto in formato elettronico da un soggetto abilitato interno e sottoscritto con firma digitale, è depositato telematicamente nel fascicolo informatico.(4)

2. In caso di atto formato da organo collegiale l’originale del provvedimento è sottoscritto con firma digitale anche dal presidente.

3. Quando l’atto è redatto dal cancelliere o dal segretario dell’ufficio giudiziario questi vi appone la propria firma digitale e ne effettua il deposito nel fascicolo informatico.

4. Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e provvede a depositarlo nel fascicolo informatico, apponendovi la propria firma digitale.(5)

(4)Comma così sostituito dall’ art. 2, comma 1, lett. a), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.

(5)Comma così modificato dall’ art. 2, comma 1, lett. b), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


Art. 16 Comunicazioni per via telematica

1. La comunicazione per via telematica dall’ufficio giudiziario ad un soggetto abilitato esterno o all’utente privato avviene mediante invio di un messaggio dall’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici, ovvero per la persona fisica consultabile ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009 e per l’impresa indicato nel registro delle imprese, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. La cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario provvede ad effettuare una copia informatica dei documenti cartacei da comunicare nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, che conserva nel fascicolo informatico.

3. La comunicazione per via telematica si intende perfezionata nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli articoli 45 e 48 del codice dell’amministrazione digitale.(6)

4. Fermo quanto previsto dall’articolo 20, comma 6, e salvo il caso fortuito o la forza maggiore, negli uffici giudiziari individuati con il decreto di cui all’articolo 51, comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata, si procede ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 51 e viene pubblicato nel portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, un apposito avviso di avvenuta comunicazione o notificazione dell’atto nella cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario, contenente i soli elementi identificativi del procedimento e delle parti e loro patrocinatori. Tale avviso è visibile solo dai soggetti abilitati esterni legittimati ai sensi dell’articolo 27, comma 1, del decreto ministeriale 21 febbraio 2011, n. 44.(7)

5. Le ricevute di avvenuta consegna e gli avvisi di mancata consegna vengono conservati nel fascicolo informatico.

6. La comunicazione che contiene dati sensibili è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell’atto integrale nell’apposita area del portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26, con modalità tali da garantire l’identificazione dell’autore dell’accesso e la tracciabilità delle relative attività.

7. Nel caso previsto dal comma 6, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3, ma la comunicazione si intende perfezionata il giorno feriale successivo al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario.(6)

8. Si applica, in ogni caso, il disposto dell’articolo 49 del codice dell’amministrazione digitale.

(6) Comma così modificato dall’ art. 3, comma 1, lett. a), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.

(7) Comma così sostituito dall’ art. 3, comma 1, lett. b), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


Art. 17 Notificazioni per via telematica

1. Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 51, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono inoltrate al sistema informatico dell’UNEP, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Le richieste di altri soggetti sono inoltrate all’UNEP tramite posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

3. La notificazione per via telematica da parte dell’UNEP rispetta i requisiti richiesti per la comunicazione da un ufficio giudiziario verso i soggetti abilitati esterni di cui all’articolo 16.

4. Il sistema informatico dell’UNEP individua l’indirizzo di posta elettronica del destinatario dal registro generale degli indirizzi elettronici, dal registro delle imprese o dagli albi o elenchi costituiti ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché per il cittadino dall’elenco reso consultabile ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009 in base alle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

5. Il sistema informatico dell’UNEP, eseguita la notificazione, trasmette per via telematica a chi ha richiesto il servizio il documento informatico con la relazione di notificazione sottoscritta mediante firma digitale e congiunta all’atto cui si riferisce, nonché le ricevute di posta elettronica certificata, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

6. L’ufficiale giudiziario, se non procede alla notificazione per via telematica, effettua la copia cartacea del documento informatico, attestandone la conformità all’originale, e provvede a notificare la copia stessa con le modalità previste dalla normativa processuale vigente.(8)

(8) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


Art. 18 Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati (9)

1. L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi dell’articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi dell’articolo 170, quarto comma, del codice di procedura civile, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’articolo 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma dell’articolo 3-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 53.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine.

6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 3-bis, comma 3, della legge 21 gennaio 1994, n. 53 è quella completa, di cui all’articolo 6, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.

(9) Articolo modificato dall’art. 5, comma 1, lett. a) e b), D.M. 15 ottobre 2012, n. 209 e, successivamente, così sostituito dall’art. 1, comma 1, D.M. 3 aprile 2013, n. 48.


Art. 19  Disposizioni particolari per la fase delle indagini preliminari

1. Nelle indagini preliminari le comunicazioni tra l’ufficio del pubblico ministero e gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria avvengono su canale sicuro protetto da un meccanismo di crittografia secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Le specifiche tecniche assicurano l’identificazione dell’autore dell’accesso e la tracciabilità delle relative attività, anche mediante l’utilizzo di misure di sicurezza ulteriori rispetto a quelle previste dal disciplinare tecnico di cui all’allegato B del codice in materia di protezione dei dati personali.

3. Per le comunicazioni di atti e documenti del procedimento di cui al comma 1 sono utilizzati i gestori di posta elettronica certificata delle forze di polizia. Gli indirizzi di posta elettronica certificata sono resi disponibili unicamente agli utenti abilitati sulla base delle specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

4. Alle comunicazioni previste dal presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 16, commi 1, 2, 3, 4 e 5, e dell’articolo 20.

5. L’atto del processo in forma di documento informatico è privo di elementi attivi ed è redatto dalle forze di polizia nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34; le informazioni strutturate sono in formato XML, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. L’atto del processo, protetto da meccanismi di crittografia, è sottoscritto con firma digitale. Si applicano, in quanto compatibili, l’articolo 14 del presente decreto, nonché gli articoli 20 e 21 del codice dell’amministrazione digitale.

6. La comunicazione degli atti del processo alle forze di polizia, successivamente al deposito previsto dall’articolo 15, è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell’atto integrale, protetto da meccanismo di crittografia, in apposita area riservata all’interno del dominio giustizia, accessibile solo dagli appartenenti alle forze di polizia legittimati, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26.

7. Per la gestione del fascicolo informatico si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 9, commi da 1 a 5. Agli atti contenuti nel fascicolo informatico, custodito in una sezione distinta del sistema documentale di cui all’articolo 9, protetta da un meccanismo di crittografia secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, hanno accesso unicamente i soggetti abilitati interni appositamente abilitati. Alla conclusione delle indagini preliminari, e in ogni altro caso in cui il fascicolo o parte di esso deve essere consultato da soggetti abilitati esterni o da utenti privati, questi accedono alla copia resa disponibile mediante il punto di accesso e il portale dei servizi telematici, secondo quanto previsto al capo IV.

8. Per la trasmissione telematica dei flussi informativi sintetici delle notizie di reato e dei relativi esiti tra il Centro Elaborazione Dati del Servizio per il Sistema Informativo Interforze, di cui all’articolo 8, della legge 1° aprile 1981, n. 121 e successive modifiche ed integrazioni, e il sistema dei registri delle notizie di reato delle Procure della Repubblica sono utilizzate le infrastrutture di connettività delle pubbliche amministrazioni che consentono una interconnessione tra le Amministrazioni, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. Il canale di comunicazione è protetto con le modalità di cui al comma 1.

9. Per assicurare la massima riservatezza della fase delle indagini preliminari la base di dati dei registri di cui al comma 8 è custodita, con le speciali misure di cui al comma 2, separatamente rispetto a quella relativa ai procedimenti per i quali è stato emesso uno degli atti di cui all’articolo 60, del codice di procedura penale, in infrastrutture informatiche di livello distrettuale o interdistrettuale individuate dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati. I compiti di vigilanza sulle procedure di sicurezza adottate sulla base dati prevista dal presente comma sono svolti dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competenti in relazione all’ufficio giudiziario titolare dei dati, avvalendosi del personale tecnico individuato dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati.


Art. 20 Requisiti della casella di PEC del soggetto abilitato esterno

1. Il gestore di posta elettronica certificata del soggetto abilitato esterno, fermi restando gli obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 e dal decreto ministeriale 2 novembre 2005, recante «Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata», è tenuto ad adottare software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati.

2. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotare il terminale informatico utilizzato di software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio in arrivo e in partenza e di software antispam idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati.

3. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia.

4. La casella di posta elettronica certificata deve disporre di uno spazio disco minimo definito nelle specifiche tecniche di cui all’articolo 34.

5. Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare l’effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione.

6. La modifica dell’indirizzo elettronico può avvenire dal 1° al 31 gennaio e dal 1° al 31 luglio.

7. La disposizione di cui al comma 6 non si applica qualora la modifica dell’indirizzo si renda necessaria per cessazione dell’attività da parte del gestore di posta elettronica certificata.


Art. 21 Richiesta delle copie di atti e documenti

1. Il rilascio della copia di atti e documenti del processo avviene, previa verifica del regolare pagamento dei diritti previsti, tramite invio all’indirizzo di posta elettronica certificata del richiedente, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. L’atto o il documento che contiene dati sensibili o di grandi dimensioni è messo a disposizione nell’apposita area del portale dei servizi telematici, nel rispetto dei requisiti di sicurezza stabiliti ai sensi dell’articolo 34.

3. Nel caso di richiesta di copia informatica, anche parziale, conforme al documento originale in formato cartaceo, il cancelliere ne attesta la conformità all’originale sottoscrivendola con la propria firma digitale.


CAPO IV

Consultazione delle informazioni del dominio giustizia

Art. 22 Servizi di consultazione

1. Ai fini di cui agli articoli 50, comma 1, 52 e 56 del codice dell’amministrazione digitale, l’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia avviene tramite un punto di accesso o tramite il portale dei servizi telematici, nel rispetto dei requisiti di sicurezza di cui all’articolo 26.


Art. 23 Punto di accesso

1. Il punto di accesso può essere attivato esclusivamente dai soggetti indicati dai commi 6 e 7.

2. Il punto di accesso fornisce un’adeguata qualità dei servizi, dei processi informatici e dei relativi prodotti, idonea a garantire la sicurezza del sistema, nel rispetto dei requisiti tecnici di cui all’articolo 26.

3. Il punto di accesso fornisce adeguati servizi di formazione e assistenza ai propri utenti, anche relativamente ai profili tecnici.

4. La violazione da parte del gestore di un punto di accesso dei livelli di sicurezza e di servizio comporta la sospensione dell’autorizzazione ad erogare i servizi fino al ripristino di tali livelli.

5. Il Ministero della giustizia dispone ispezioni tecniche, anche a campione, per verificare l’attuazione delle prescrizioni di sicurezza.

6. Possono gestire uno o più punti di accesso:

a) i consigli degli ordini professionali, i collegi ed i Consigli nazionali professionali, limitatamente ai propri iscritti;

b) il Consiglio nazionale forense, ove delegato da uno o più consigli degli ordini degli avvocati, limitatamente agli iscritti del consiglio delegante;

c) il Consiglio nazionale del notariato, limitatamente ai propri iscritti;

d) l’Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate, e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti;

e) le Regioni, le città metropolitane, le provincie ed i Comuni, o enti consorziati tra gli stessi;

f) Le Camere di Commercio, per le imprese iscritte nel relativo registro.

7. I punti di accesso possono essere altresì gestiti da società di capitali in possesso di un capitale sociale interamente versato non inferiore a un milione di euro.


Art. 24 Elenco pubblico dei punti di accesso

1. L’elenco pubblico dei punti di accesso attivi presso il Ministero della giustizia comprende le seguenti informazioni:

a) identificativo del punto di accesso;

b) sede legale del soggetto titolare del punto di accesso;

c) indirizzo internet;

d) dati relativi al legale rappresentante del punto di accesso o a un suo delegato, comprendenti: nome, cognome, codice fiscale, indirizzo di posta elettronica certificata, numero di telefono e di fax;

e) recapiti relativi ai referenti tecnici da contattare in caso di problemi.


Art. 25 Iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso

1. Il soggetto che intende costituire un punto di accesso inoltra domanda di iscrizione nell’elenco pubblico dei punti di accesso secondo il modello e con le modalità stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia con apposito decreto, da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

2. Il Ministero della giustizia decide sulla domanda entro trenta giorni, con provvedimento motivato, anche sulla base di apposite verifiche, effettuabili anche da personale esterno all’Amministrazione, da questa delegato, con costi a carico del richiedente.

3. Con il provvedimento di cui al comma 2, il Ministero della giustizia delega la responsabilità del processo di identificazione dei soggetti abilitati esterni al punto di accesso. Il Ministero della giustizia può delegare la responsabilità del processo di identificazione degli utenti privati agli enti pubblici di cui all’articolo 23, comma 6, lettera e).

4. Il Ministero della giustizia può verificare l’adempimento degli obblighi assunti da parte del gestore del punto di accesso di propria iniziativa oppure su segnalazione. In caso di violazione si applicano le disposizioni di cui all’articolo 23, comma 3.


Art. 26 Requisiti di sicurezza

1. L’accesso ai servizi di consultazione delle informazioni rese disponibili dal dominio giustizia avviene mediante identificazione sul punto di accesso o sul portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Il punto di accesso stabilisce la connessione con il portale dei servizi telematici mediante un collegamento sicuro con mutua autenticazione secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

3. A seguito dell’identificazione viene in ogni caso trasmesso al gestore dei servizi telematici il codice fiscale del soggetto che effettua l’accesso.

4. I punti di accesso garantiscono un’adeguata sicurezza del sistema con le modalità tecniche specificate in un apposito piano depositato unitamente all’istanza di cui all’articolo 25, a pena di inammissibilità della stessa.


Art. 27 Visibilità delle informazioni

1. Ad eccezione della fase di cui all’articolo 19, il dominio giustizia consente al soggetto abilitato esterno l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è costituito o svolge attività di esperto o ausiliario. L’utente privato accede alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte mediante il portale dei servizi telematici e, nei casi previsti dall’articolo 23, comma 6, lettere e) ed f), e comma 7, mediante il punto di accesso.

2. È sempre consentito l’accesso alle informazioni necessarie per la costituzione o l’intervento in giudizio in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti e limitatamente ai dati identificativi del procedimento.

3. In caso di delega, rilasciata ai sensi dell’articolo 9 regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, il dominio giustizia consente l’accesso alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti patrocinati dal delegante, previa comunicazione, a cura di parte, di copia della delega stessa al responsabile dell’ufficio giudiziario, che provvede ai conseguenti adempimenti. L’accesso è consentito fino alla comunicazione della revoca della delega.

4. La delega, sottoscritta con firma digitale, è rilasciata in conformità alle specifiche di strutturazione di cui all’articolo 35, comma 4.

5. Gli esperti e gli ausiliari del giudice accedono ai servizi di consultazione nel limite dell’incarico ricevuto e della autorizzazione concessa dal giudice.

6. Salvo quanto previsto dal comma 2, gli avvocati e i procuratori dello Stato accedono alle informazioni contenute nei fascicoli dei procedimenti in cui è parte una pubblica amministrazione la cui difesa in giudizio è stata assunta dal soggetto che effettua l’accesso.


Art. 28 Registrazione dei soggetti abilitati esterni e degli utenti privati

1. L’accesso ai servizi di consultazione resi disponibili dal dominio giustizia si ottiene previa registrazione presso il punto di accesso autorizzato o presso il portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, comma 1.

2. I punti di accesso trasmettono al Ministero della giustizia le informazioni relative ad i propri utenti registrati, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, comma 1.


Art. 29 Orario di disponibilità dei servizi di consultazione(10)(11)

1. Il portale dei servizi telematici e il gestore dei servizi telematici garantiscono la disponibilità dei servizi secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. In ogni caso è garantita la disponibilità dei servizi di consultazione nei giorni feriali dalle ore otto alle ore ventidue, dal lunedì al venerdì, e dalle ore otto alle ore tredici del sabato e dei giorni ventiquattro e trentun dicembre.

(10) Articolo così sostituito dall’art. 6, comma 1, D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.

(11) Vedi, anche, l’art. 6, comma 2, D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


CAPO V

Pagamenti telematici

Art. 30 Pagamenti

1. Il pagamento del contributo unificato e degli altri diritti e spese è effettuato nelle forme previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni. La ricevuta e l’attestazione di pagamento o versamento è allegata alla nota di iscrizione a ruolo o ad altra istanza inviata all’ufficio, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34, ed è conservata dall’interessato per essere esibita a richiesta dell’ufficio.

2. Il pagamento di cui al comma 1 può essere effettuato per via telematica con le modalità e gli strumenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni normative e regolamentari relative al riversamento delle entrate alla Tesoreria dello Stato.

3. L’interazione tra le procedure di pagamento telematico messe a disposizione dal prestatore del servizio di pagamento, il punto di accesso e il portale dei servizi telematici avviene su canale sicuro, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

4. Il processo di pagamento telematico assicura l’univocità del pagamento mediante l’utilizzo della richiesta di pagamento telematico (RPT), della ricevuta telematica (RT) e dell’identificativo univoco di erogazione del servizio (CRS) che impediscono, mediante l’annullamento del CRS, un secondo utilizzo della RT. Le specifiche tecniche sono definite ai sensi dell’articolo 34.

5. La ricevuta telematica, firmata digitalmente dal prestatore del servizio di pagamento che effettua la riscossione o da un soggetto da questo delegato, costituisce prova del pagamento alla Tesoreria dello Stato ed è conservata nel fascicolo informatico.

6. L’ufficio verifica periodicamente con modalità telematiche la regolarità delle ricevute o attestazioni e il buon esito delle transazioni di pagamento telematico.


Art. 31 Diritto di copia

1. L’interessato, all’atto della richiesta di copia, richiede l’indicazione dell’importo del diritto corrispondente che gli è comunicato senza ritardo con mezzi telematici dall’ufficio, secondo le specifiche stabilite ai sensi dell’articolo 34.

2. Alla richiesta di copia è associato un identificativo univoco che, in caso di pagamento dei diritti di copia non contestuale, viene evidenziato nel sistema informatico per consentire il versamento secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.

3. La ricevuta telematica è associata all’identificativo univoco.


Art. 32 Registrazione, trascrizione e voltura degli atti

1. La registrazione, la trascrizione e la voltura degli atti avvengono in via telematica nelle forme previste dall’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.


Art. 33 Pagamento dei diritti di notifica

1. Il pagamento dei diritti di notifica viene effettuato nelle forme previste dall’articolo 30.

2. L’UNEP rende pubblici gli importi dovuti a titolo di anticipazione. Eseguita la notificazione, l’UNEP comunica l’importo definitivo e restituisce il documento informatico notificato previo versamento del conguaglio dovuto dalla parte oppure unitamente al rimborso del maggior importo versato in acconto.


CAPO VI

Disposizioni finali e transitorie

Art. 34 Specifiche tecniche

1. Le specifiche tecniche sono stabilite dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA e, limitatamente ai profili inerenti alla protezione dei dati personali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali.(12)

2. Le specifiche di cui al comma precedente vengono rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici.

3. Fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

(12) Per le specifiche tecniche previste dal presente comma vedi il Provvedimento 18 luglio 2011 e il Provvedimento 16 aprile 2014.


Art. 35 Disposizioni finali e transitorie

1. L’attivazione della trasmissione dei documenti informatici da parte dei soggetti abilitati esterni è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.(13)

2. L’indirizzo elettronico già previsto dal decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008, recante «Regole tecnico-operative per l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» è utilizzabile per un periodo transitorio non superiore a sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. La data di attivazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 4, comma 2, è stabilita, per ciascun ufficio giudiziario, con apposito decreto dirigenziale del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia che attesta la funzionalità del sistema di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.

4. Le caratteristiche specifiche della strutturazione dei modelli informatici sono definite con decreto del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicate nell’area pubblica del portale dei servizi telematici.

5. Fino all’emanazione dei provvedimenti di cui al comma 4, conservano efficacia le caratteristiche di strutturazione dei modelli informatici di cui al decreto del Ministro della giustizia 10 luglio 2009, recante “Nuova strutturazione dei modelli informatici relativa all’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile e introduzione dei modelli informatici per l’uso di strumenti informatici e telematici nelle procedure esecutive individuali e concorsuali”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 165 del 18 luglio 2009 – S.O. n. 120.

(13) Comma così modificato dall’art. 7, comma 1, D.M. 15 ottobre 2012, n. 209.


Art. 36 Adeguamento delle regole tecnico-operative

1. Le regole tecnico-operative sono adeguate all’evoluzione scientifica e tecnologica, con cadenza almeno biennale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.


Art. 37 Efficacia

1. Il presente decreto acquista efficacia il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana

2. Dalla data di cui al comma 1, cessano di avere efficacia nel processo civile le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123 e del decreto del Ministro della giustizia 17 luglio 2008.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


Cass. civ., Sez. V, Sent., (data ud. 17/06/2014) 05/09/2014, n. 18758

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1470-2008 proposto da:

U.V., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PRISCIANO 28, presso lo studio dell’avvocato SERRANI DANILO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GHEDINI VITTORIA NICOLETTA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI VENEZIA DUE in persona del Direttore pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 47/2006 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA, depositata il 23/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2014 dal Consigliere Dott. CIRILLO ETTORE;

udito per il ricorrente l’Avvocato MAINARDI con delega e l’Avvocato GHEDINI che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 47 del 23 novembre 2006 la Commissione tributaria regionale del Veneto rigettava l’appello proposto dall’avv. U. V., confermando l’avviso di accertamento notificatogli dal fisco il 13 aprile 2005 per l’anno d’imposta 1999 (IRPEF, IRAP, IVA).

Il giudice d’appello, premesso che l’atto impositivo era stato firmato da funzionario appositamente delegato e che l’adozione dei coefficienti presuntivi adoperati dal fisco non richiedeva alcun parere del Consiglio di Stato, osservava che, non avendo il contribuente aderito al contraddittorio pre contenzioso, legittimamente l’ufficio si era avvalso della procedura D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39.

Aggiungeva che lo svolgimento di attività per un solo studio legale, pur essendo assimilabile a un rapporto di parasubordinazione, non era circostanza idonea a rendere inapplicabili parametri frutto di elaborazione statistica e che il conseguente accertamento induttivo costituiva il portato logico dell’applicazione di specifici coefficienti alla situazione del contribuente interessato.

Infine, rilevava che l’atto impositivo era sufficientemente motivato sia riguardo alle riprese a tassazione, sia riguardo all’applicazione di sanzioni nel minimo edittale.

Per la cassazione di tale decisione, l’avv. U.V. ha proposto ricorso affidato a sette motivi, ai quali l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. Il contribuente replica con memoria.

Motivi della decisione
Il ricorso deve essere accolto in relazione al (pregiudiziale) primo motivo, con assorbimento degli altri.

Il contribuente denuncia violazioni di norme di diritto – D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e art. 2697 c.c. – rilevando che l’invocato art. 42 sanziona con la nullità gli avvisi di accertamento che manchino della firma del capo dell’ufficio o di un dirigente da lui delegato e pone in capo all’ufficio impositore l’onere di provare che il sottoscrittore sia realmente munito di poteri di firma.

Osserva che, nonostante le contestazioni formalizzate in ambo i giudizi di merito, l’ufficio si è limitato ad affermare che la firmataria, S.O., apparteneva all’ufficio stesso ed era abilitata alla firma, senza aver mai documentato ciò, atteso che la nota esibita in causa rinviava ad altra nota, mai prodotta nel giudizio di merito, circa l’individuazione dei poteri concretamente delegati alla “capo team” firmataria dell’atto impositivo.

Censura, in punto di vizio motivazionale e di violazione dell’onere della prova, l’argomentare del giudice d’appello che, nel ritenere l’esistenza di una delega a favore della sottoscrittrice dell’avviso impugnato, non ha osservato i principi generali che pongono a carico di chi allega un fatto l’onere di provarne la sussistenza. Il motivo è fondato.

Da tempo, nella giurisprudenza di legittimità si è affermato l’orientamento secondo cui:

“In tema di imposte sui redditi, deve ritenersi, in base al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 1 e 3, che gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d’ufficio sono nulli tutte le volte che gli avvisi nei quali si concretizzano non risultino sottoscritti dal capo dell’ufficio emittente o da un impiegato della carriera direttiva (addetto a detto ufficio) validamente delegato dal reggente di questo. Ne consegue che la sottoscrizione dell’avviso di accertamento – atto della p.a. a rilevanza esterna – da parte di funzionario diverso (il capo dell’ufficio emittente)da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42, commi 1 e 3, dinanzi citato” (Cass. 14195/00). Analogamente, altra decisione di poco posteriore ha ritenuto: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l’esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Fermi, infatti, i casi di sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, art. 20, comma 1, lett. a) e b), è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere:

il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”. (Cass. 14626/00).

Più di recente questa Corte ha confermato tali principi riaffermando: “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poichè il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio” (Cass. 17400/12).

A tale oramai consolidato orientamento ha dato ulteriore continuità la sentenza n. 14942 del 14 giugno 2013 ribadendo che, nella individuazione del soggetto legittimato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, in forza del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, incombe all’Agenzia delle entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere e la presenza di eventuale delega.

La decisione in esame osserva che tale conclusione è effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale della nullità dell’avviso di accertamento (cfr. in materia d’imposte dirette Cass. 17400/12, 14626/00, 14195/00).

Solo in diversi contesti fiscali – quali ad esempio la cartella esattoriale (Cass. 13461/12), il diniego di condono (Cass. 11458/12 e 220/14), l’avviso di mora (Cass. 4283/10), l’attribuzione di rendita (Cass. 8248/06) – e in mancanza di una sanzione espressa, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato (cfr., in materia di lavoro e previdenza, Cass. 13375/09, ordinanza ingiunzione, e 4310/01, atto amministrativo); mentre, per i tributi locali, è valida anche la mera firma stampata, ex L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 87 (Cass. 9627/12).

Nella specifica materia dell’IVA, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, nel riferirsi al comma 1 ai modi stabiliti per le imposte dirette, richiama implicitamente il D.P.R. n. 600 del 1973 e, quindi, anche il ridetto art. 42 sulla nullità dell’avviso di accertamento, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato (cfr., in materia di IVA, Cass. 10513/08, 18514/10 e 19379/12, in motiv.).

A ben vedere, il tralatizio orientamento in rassegna, che qui si conferma, non è neppure contraddetto dalla sentenza n. 17044 del 2013, laddove questa in motivazione (B. 1) comunque afferma:

“ovviamente “in caso di contestazione… incombe all’amministrazione provare l’esercizio del potere sostitutivo o la presenza della delega” (Cass., trib., 10 novembre 2000 n. 14626)”.

Nella specie l’avviso di accertamento è siglato e reca la dicitura “Il direttore dell’ufficio (o il funzionario delegato) O. S. (Capo Team)”.

L’Agenzia ha esibito l’ordine di servizio n. 28-bis, prot. 59514, vigente dal 1 ottobre 2004, col quale il direttore dell’ufficio (Dott. C.A.) dispone che “la direzione del Team Sesto viene affidata alla signora S.O., alla quale viene conferita delega alla sottoscrizione degli atti e provvedimenti nell’o.s.n. 11/D/2002 entro i limiti ivi indicati”.

Invece, non risulta trascritto in controricorso nè altrimenti esibito in giudizio l’o.s.n. 11/D/2002 che definisce i limiti oggettivi della delega conferita alla S.O.; dunque, non risulta che l’Agenzia abbia osservato l’onere probatorio posto a suo carico.

Nè può giovare al fisco il mancato esercizio dei poteri istruttori di ufficio, di cui all’art. 7 proc. trib., al fine di acquisire gli elementi a riprova della ridetta delega, sia perchè si tratta di documento (che se esiste è) già in possesso dell’amministrazione finanziaria, il che contrasta con l’art. 6 dello statuto del contribuente, (a) sia perchè manca il presupposto, che consente di derogare al canone ordinario di distribuzione dell’onere della prova e legittima l’esercizio del potere di ufficio, costituito dall’impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell’altra, (b) sia in ragione della possibilità per le parti di produrre, anche in appello, nuovi documenti, nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell’art. 58, comma 2, proc. trib. (14492/13, cit; cfr. in generale Cass. 26392/10).

L’accoglimento del pregiudiziale primo mezzo, comporta la nullità radicale dell’avviso di accertamento, non avendo l’amministrazione offerto prova, con produzione di regolare delega, dei poteri dì firma in capo alla firmataria dell’avviso di accertamento; il che, consente di accogliere immediatamente il ricorso ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari altri accertamenti di fatto.

Tutto ciò assorbe, ovviamente, le altre censure mosse per:

violazione della L. n. 400 del 1988 (art. 17) circa la natura regolamentare del D.P.C.M. 29 gennaio 1996, e la mancanza del parere del Consiglio di Stato (motivo 2); violazione dì plurime norme di diritto circa l’illegittimità di accertamento fondato solo sui parametri e vizi motivazionali circa la ritenuta irrilevanza della peculiare attività sostanzialmente parasubordinata intrapresa da poco e in età avanzata dal contribuente (motivi 3-4); vizi motivazionali e plurime violazioni del D.Lgs. n. 472 del 1997 (art. 5, 6, 17) riguardo alle denunciate carenze di motivazione dell’atto impositivo (sia sulle riprese a tassazione sia sull’applicazione della sanzione) e per omessa comparazione degli elementi di prova e controprova offerti dalle parti (motivi 5-6-7).

In ragione del progressivo formarsi della giurisprudenza sulla sottoscrizione degli atti del fisco si stima equo compensare le spese processuali tra le parti.

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza d’appello; decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della parte contribuente e compensa integralmente le spese processuali tra le parti.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2014


Cass. civ. Sez. VI – 3, Sent., (ud. 22-05-2014) 05-09-2014, n. 18812

Viola la privacy il comune che non utilizza il plico chiuso per notificare la sanzione “particolare”

Se il Comune non assume i dovuti accorgimenti, è tenuto a risarcire il danno per violazione del diritto alla privacy del destinatario di provvedimento sanzionatorio inerente violazione amministrativa legata al fenomeno della prostituzione, nel caso in cui la notifica avvenga non in plico sigillato. E’ quanto ha confermato la Suprema corte avallando la decisione del giudice del merito, dichiarando in parte inammissibile il ricorso proposto da un Comune italiano. L’ordinanza ingiunzione, dopo un primo tentativo (fallito) di notifica a mezzo servizio postale presso il domicilio eletto dal resistente, era stata affidata per la notifica ai messi comunali, i quali provvedevano alla stessa a mezzo plico, non in busta chiusa, alla residenza del destinatario, dunque a mani alla madre dello stesso. Il destinatario della sanzione lamentava che sua madre era venuta in questo modo a conoscenza della vicenda. L’uomo si trovava in una particolare situazione dato che era in corso una causa di separazione e la conoscenza da parte di terzi di una simile sanzione sarebbe stata idonea a provocargli serio pregiudizio. La Suprema corte, pur disconoscendo l’esistenza di un vero e proprio obbligo a carico della pubblica amministrazione di procedere in ogni caso alla notifica presso il domicilio eletto dal destinatario – e non, come nel caso di specie, eseguirla presso la residenza – fa riferimento ai principi generali di trasparenza, lealtà e imparzialità della pubblica amministrazione, data l’evidente manifestazione di preferenza del destinatario ad interloquire con l’ente pubblico in modalità particolare. La Cassazione conferma come sia applicabile al caso di specie l’art. 15 del d.lgs. 196/2003 (codice privacy) il quale afferma che “sussiste responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento illegittimo dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”. In questo senso, la pubblica amministrazione procedente avrebbe potuto sottrarsi all’obbligo risarcitorio solo provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; circostanza non dimostrata in grado di merito. Nella specie, il Comune avrebbe dovuto provare di non aver potuto ricorrere a nessun’altra forma di notifica, che, “seppur non imposta dalle leggi in materia, avrebbe consentito, più adeguatamente rispetto alla notifica a mezzo dei messi comunali, di evitare il danno derivante dal trattamento dei dati sensibili, ricollegabile alla propagazione del contenuto dell’oggetto della violazione sanzionata con l’ordinanza ingiunzione”. Di conseguenza, il comportamento dell’ente comunale “non si è affatto concretato nell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto”.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25852/2010 proposto da:

COMUNE DI MONTECATINI TERME (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZION CLODIA 86 – Int. 5, presso lo studio dell’avvocato MARTIRE ROBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSANA PARLANTI, giusta delibera G.M. n. 400 del 26.10.2010 e giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (OMISSIS) in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

e contro

M.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 39/2010 del TRIBUNALE di PISTOIA – Sezione di MONSUMMANO TERME del 13.2.2010, depositata il 13/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Sandro Coccioli (per delega avv. Roberto Martire) che si riporta al ricorso.

Svolgimento del processo
p.1. Con ricorso D.Lgs. n. 196 del 2003, ex art. 152, M. E. chiedeva al Tribunale di Pistoia – Sezione distaccata di Monsummano Terme, la condanna del Comune di Montecatini Terme al risarcimento del danno sofferto in conseguenza di una pretesa violazione, addebitabile al Comune, delle norme sul trattamento dei dati personali. Esponeva, al riguardo, che il Comune convenuto gli aveva notificato una ordinanza-ingiunzione di pagamento, con cui aveva confermato il verbale di contestazione elevato nei suoi confronti in relazione alla violazione di un’ordinanza sindacale, consistita nell’essersi fermato per consentire la salita ad una persona che per comportamenti ed atteggiamenti era dedita all’attività di prostituzione.

L’ordinanza-ingiunzione era stata emessa nei suoi confronti ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18, a seguito dell’esame della memoria difensiva, che egli aveva presentato a mezzo del proprio legale di fiducia, presso il cui studio in essa aveva altresì eletto domicilio.

p.1.1. L’ordinanza, dopo l’esito negativo di un primo tentativo di notificazione a mezzo posta, era stata rimessa dal Comune convenuto ai messi del Comune di Buonabitacolo, luogo in cui il M. risultava residente, affinchè gli stessi provvedessero alla notifica ai sensi della L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1.

I detti mesi avevano però provveduto alla notifica del plico, tuttavia non in busta chiusa, alla residenza del ricorrente a mani della madre del medesimo, la quale, per quanto lui sosteneva era così venuta a conoscenza della vicenda.

p.2. Sulla base di tali deduzione il ricorrente, sulla premessa che era stata lesa la propria privacy, chiedeva il risarcimento dei danni adducendo, che, se la notifica fosse stata fatta al domicilio eletto, nè la madre, nè gli abitanti di Buonabitacolo, tra cui la notizia si era invece, a suo dire, diffusa, ne sarebbero venuti a conoscenza.

Adduceva, inoltre, che nelle more egli aveva in corso una causa di separazione e la diffusione della notizia avrebbe potuto incidere sul diritto di visita al figlio minore.

p.3. Il Comune convenuto si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso. Si costituiva altresì il Garante per la Protezione dei Dati Personali, per far tutelare asseriti aspetti di interesse pubblico generale della vicenda.

p.4 Con la memoria ai sensi dell’art. 180 c.p.c., il M. affermava che, come risultava dalla relata di notifica nella seconda pagina del provvedimento, l’ordinanza ingiunzione era stata trasmessa in plico aperto dal Comune di Montecatini a quello di Buonabitacolo.

Il Comune dichiarava di non accettare il contraddittorio su questo nuovo profilo, che sosteneva rappresentare la deduzione di una nuova causa petendi.

p.5. Con sentenza del 18 febbraio 2010, il Tribunale, dopo avere dichiarato inammissibile la domanda quanto al profilo introdotto con la memoria ai sensi dell’art. 180 c.p.c., perchè integrante nuova causa petendi, condannava il Comune convenuto, in accoglimento della domanda originaria, al pagamento – ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15 – della somma di Euro 5000,00 oltre accessori.

p.6. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi il Comune di Montecatini Terme. Ha resistito con controricorso il Garante per la Protezione dei Dati Personali, tramite l’Avvocatura Generale dello Stato.

p.7. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
p.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “Violazione e falsa applicazione art. 141 c.p.c. – art. 170 c.p.c. – art. 360, n. 3 Omessa motivazione”.

Vi si censura la sentenza impugnata nella parte in cui, sulla premessa della natura contenziosa del procedimento di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 18, ha ritenuto sussistente un comportamento illegittimo del Comune per non avere notificato l’ordinanza ingiunzione, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., nel domicilio eletto presso il suo legale nella memoria difensiva depositata nella fase contenziosa amministrativa ai sensi della L. n. 689 del 1989, art. 17, e art. 18, comma 1. A parere del ricorrente questa statuizione, essendo errata l’assimilazione del procedimento nella fase amministrativa a quello giurisdizionale e, quindi, l’applicazione dell’art. 170 c.p.c., avrebbe violato oltre che tale norma, anche la norma dell’art. 141 c.p.c., rifluendo la vicenda sotto di essa e tenuto conto che essa considera la notificazione presso il domicilio eletto obbligatoria solo in caso di espressa previsione contrattuale, siccome emerge dal suo comma 2, mentre in tutti gli altri casi l’elezione di domicilio sarebbe facoltativa.

p.2. Con un secondo motivo si fa valere “Violazione falsa applicazione L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, in combinato disposto con l’art. 141 c.p.c., comma 1”, nonchè “motivazione contraddittoria”.

Il ricorrente, con una prima censura, imputa alla sentenza impugnata di avere erroneamente ritenuto che il Comune non potesse avvalersi della notifica a mezzo dei messi comunali per il sol fatto che il tentativo di una precedente notifica a mezzo posta non era andato a buon fine, a motivo che il principio di residualità dell’utilizzo dei messi comunali sancito dalla L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, imponeva comunque che il Comune, prima di trasmettere l’atto ai messi comunali, dovesse provvedere alla notifica presso lo studio del difensore domiciliatario.

Il Comune contesta questo assunto perchè, a suo avviso, il citato art. 10, comma 1 – ai sensi del quale “le pubbliche amministrazioni possono avvalersi per le notifiche dei propri atti, dei messi comunali, qualora non sia possibile eseguire utilmente le notificazioni ricorrendo al servizio postale o alle forme di notificazione prevista dalla legge” – prevedrebbe due ipotesi alternative fra loro, come emergerebbe dall’uso della disgiuntiva “o”. Per cui, posto che la notifica a mezzo posta non era andata a buon fine, il Comune avrebbe legittimamente fatto ricorso ai messi comunali.

p.2.1. D’altro canto – e l’argomento integra una seconda censura parametrata ad una ulteriore motivazione del Tribunale – il carattere meramente facoltativo della notificazione presso il domicilio eletto, comportando che nel non effettuarla il Comune non avesse violato alcuna norma, escludeva – ad avviso dello stesso ricorrente – la violazione, pure ritenuta dal Tribunale, della disciplina del trattamento dei dati sensibili.

p.3. I primi due motivi del ricorso possono esaminarsi congiuntamente, essendo strettamente connessi tra loro.

Va considerato che il Tribunale ha giustificato l’assunto che la notificazione, per evitare di incorrere in responsabilità, doveva farsi al domicilio eletto nella fase amministrativa, con una motivazione alternativa, che correttamente viene censurata dai due motivi con riferimento ai suoi due termini.

L’alternatività delle due motivazioni comporta che l’eventuale riconoscimento della fondatezza di una di esse, renderebbe irrilevante l’altra e, per tale ragione, precluderebbe comunque la cassazione della sentenza impugnata, ma semmai comporterebbe solo la correzione della motivazione sbagliata.

Ciò, naturalmente, prescindendo dalla terza ulteriore motivazione, oggetto della seconda censura del secondo motivo.

p.3.1. Tanto premesso, ritiene il Collegio che la prima motivazione esposta dalla sentenza impugnata a giustificazione dell’obbligatorietà della notificazione al domicilio eletto, cioè quella – criticata dal primo motivo – secondo cui l’elezione di domicilio nella fase amministrativa del procedimento sanzionatorio avrebbe comportato l’effetto di determinare una domiciliazione ai sensi dell’art. 170 c.p.c., nel successivo procedimento contenzioso di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, non appare fondata.

In tanto va osservato che, in mancanza di una norma che attribuisca alla domiciliazione, effettuata dal preteso responsabile nel procedimento amministrativo che prelude all’emanazione dell’ordinanza- ingiunzione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18, effetti per il successivo procedimento contenzioso e, dunque nel silenzio della legge in proposito, non è in alcun modo possibile sostenere una simile estensione di effetti. Non è, dunque, possibile argomentare una valenza ai sensi dell’art. 170 della domiciliazione fatta nella fase amministrativa, in ragione di una previsione di una sua estensione al successivo eventuale processo. Estensione che, al contrario, l’avvalorerebbe.

Ne segue che la domiciliazione fatta nel procedimento in fase amministrativa ha valore solo come tale e, quindi, per esso.

Ne consegue che come fattispecie di domiciliazione essa va ricondotta solo alla norma generale sull’elezione di domicilio, quella dell’art. 141 c.p.c..

p.3.1.1. Aggirare il dato della mancata previsione della detta estensione osservando lapidariamente che “quello in esame sarebbe un procedimento contenzioso”, come ha fatto il Tribunale, è un’operazione assolutamente priva di base normativa per l’assorbente ragione che il processo in tema di sanzioni amministrative secondo la citata legge è costruito come processo di impugnazione di un atto amministrativo qual è l’ordinanza-ingiunzione, che è manifestazione di un caso di giurisdizione esclusiva (anche su interessi legittimi) dell’A.G.O. ai sensi dell’art. 113 Cost., u.c., e dunque come processo oppositivo.

Come tale il processo nasce e la giurisdizione comincia con il ricorso in opposizione.

Anteriormente vi è solo un procedimento di carattere amministrativo, sebbene a contenuto c.d. giustiziale, ma ad esso non possono applicarsi i principi in tema di notificazione alla parte costituita tramite difensore nel processo.

Il Tribunale ha, dunque, errato nel postularlo.

p.3.1.2. Nè il suo avviso trova giustificazione in Cass. n. 16882 del 2006, che ha richiamato in modo del tutto anodino, ma concerne fattispecie in alcun modo apparentabile a quella di cui è processo, atteso che si trattava di ipotesi di notifica dell’ordinanza ingiunzione nulla non perchè eseguita presso un domicilio eletto nel procedimento amministrativo, bensì perchè eseguita in un luogo non costituente la residenza dell’ingiunto (ma in cui l’atto era stato consegnato alla sua madre), in situazione nella quale alla P.A. la sua residenza risultava per averla egli indicata nel ricorso amministrativo: nella specie la Corte ha ritenuto, peraltro, che la nullità fosse rimasta irrilevante in quanto l’ingiunto aveva proposto tempestiva opposizione.

p.3.1.3. Ne segue che deve affermarsi che la fattispecie dell’elezione di domicilio in sede di memoria depositata ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 1, non può in alcun modo essere ricondotta all’ambito di disciplina di cui all’art. 170 c.p.c., ma deve essere ricondotta all’ambito dell’art. 141 c.p.c., e, quindi, il domicilio eletto rappresenta, conforme a tale norma, solo un luogo possibile di notificazione dell’ordinanza-ingiunzione.

p.3.2. Peraltro, proprio tale riconduzione dell’elezione di domicilio nel procedimento giustiziale che precede l’emanazione dell’ordinanza all’art. 141 c.p.c., non può considerarsi nella specie irrilevante, come pretenderebbe il Comune.

Essa costituisce certamente, una volta effettuata, un dato che la P.A. deve tenere presente nel procedere alla notificazione dell’ordinanza-ingiunzione, le cui forme sono determinate innanzitutto per relationem dalla L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 4, il quale rinvia all’art. 14 della legge, e, quindi, dal sesto comma, che prevede la possibilità di ricorrere alla notificazione a mezzo posta.

Ora, il quarto comma dell’art. 14 (che si occupa della notificazione della contestazione della violazione nell’ambito del procedimento amministrativo), nel suo secondo inciso, dopo che nel primo ha disposto l’applicazione delle disposizioni vigenti, prevede che la P.A. possa in ogni caso procedere alla notificazione, sebbene anche tramite un suo funzionario (e, dunque senza ricorrere all’ufficiale giudiziario), nelle forme previste dal codice di procedura civile.

Ebbene, qualora nell’ambito del procedimento amministrativo il preteso responsabile abbia eletto domicilio, come nella specie, tra le forme di notificazione previste dal codice di procedura civile per il tramite dell’art. 14 rientra certamente, quale forma di notificazione facoltativa possibile, per non essere esistente, secondo il testo dell’art. 141 c.p.c., un caso di domiciliazione vincolante ed obbligatoria all’effetto della notificazione, proprio quella al domicilio eletto.

Essa anzi assume anche un certo tendenziale carattere preferenziale alla stregua di un agire della P.A. improntato a trasparenza, lealtà e imparzialità, dato che il responsabile ha certamente manifestato una preferenza per interloquire con la stessa P.A..

p.3.3. Tale connotazione, peraltro, non giustifica, però, una sua obbligatorietà, come s’è già detto.

p.3.4. Il Comune, e si viene all’esame del secondo motivo quanto alla sua prima censura, non era, d’altro canto, obbligato – come invece ha ritenuto il Tribunale – dalla L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, ad esperire anche la notificazione presso il detto domicilio prima di ricorrere alla notificazione tramite i messi.

Deve, infatti, ritenersi che la semplice lettura della norma evidenzia che, come prospetta il ricorrente, per poter ricorrere a quella particolare forma di notifica è sufficiente che anche una sola delle altre possibili forme di notifica non sia andata a buon fine, come fa manifesto la disgiuntiva “o”.

E’ sufficiente, cioè, perchè ci si possa avvalere dei messi a norma della L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, o che sia tentata la notificazione a mezzo posta o che si siano tentate le altre forme di notificazione previste dalla legge, ma non è necessario che si siano prima praticate entrambe le alternative.

Il Comune avrebbe, dunque, certamente potuto avvalersi dei messi anche soltanto dopo aver tentato la notificazione presso il domicilio eletto, quale forma di notificazione prevista dalla legge, ma, poichè nel caso di specie aveva tentato già la notifica a mezzo posta, era abilitato a far ricorso ai messi comunali senza prima tentare la pur possibile forma di notificazione prevista dalla legge, di ci all’art. 141 c.p.c..

Il secondo motivo, quanto alla prima censura, sarebbe, dunque, fondato.

p.3.5. Va rilevato a questo punto che la fondatezza del primo motivo in ordine all’applicabilità dell’art. 170 c.p.c., e quella del secondo motivo quanto alla prima censura concernente le condizioni di notificazione tramite i messi comunali, non giustificano, tuttavia, la cassazione della sentenza, atteso che il Tribunale, oltre a spendere le due ragioni criticate dal primo motivo e dalla prima censura del secondo motivo, ne ha enunciato un’altra, che non solo è idonea a giustificare l’avere ravvisato nel comportamento del Comune una condotta di violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, ai fini risarcitori, ma, a monte risulta criticata in modo del tutto privo di pertinenza con la motivazione e del tutto generico nell’argomentazione svolta nel secondo motivo.

Ha osservato il Tribunale che “altresì il principio di correttezza stabilito dall’art. 4 codice privacy ed il carattere di dato sensibile delle informazioni contenute nell’atto notificando imponevano al Comune di optare senz’altro in prima battuta per la notifica nel domicilio eletto, ossia quello scelto dal trasgressore perchè più rispondente alle proprie esigenze; tra l’altro nella specie il luogo del domicilio eletto era lo studio del difensore, massima garanzia di riservatezza. La scelta del Comune per un procedimento di notifica più defatigante e complesso non ha alcuna giustificazione, considerato che la comunicazione al difensore era pure quella che garantiva la massima probabilità di successo e che in precedenza il Comune aveva scelto proprio queste modalità per la comunicazione di un atto. La violazione invocata pertanto sussiste sotto il profilo della mancata notifica al domicilio eletto, e comporta la responsabilità del Comune ai sensi dell’art. 15 cod. privacy”.

Ebbene con tale motivazione il Tribunale ha in realtà aggiunto alle altre due motivazioni criticate con il primo motivo e con la prima censura del secondo motivo, un’ulteriore motivazione del tutto autonoma, tendente a ravvisare nel comportamento del Comune, rappresentato dal non essersi avvalso della notificazione presso il domicilio eletto, pur in ipotesi facoltativa, una condotta riconducibile ad un illecito trattamento di dati personali, come tale riconducibile alla fattispecie risarcitoria di cui all’art. 15 citato.

p.3.5.1. Ora, nella parte finale dell’illustrazione del secondo motivo tale terza autonoma motivazione viene criticata semplicemente assumendo che, una volta escluso il carattere obbligatorio della notificazione presso il domicilio eletto, la facoltatività della notificazione presso di esso escluderebbe la responsabilità del Comune perchè non sarebbe “stata violata alcuna norma”.

La critica appare del tutto generica e tanto integra inammissibilità della censura, giusta il seguente principio di diritto. “Il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorchè la legge non lo preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del suo scopo (art. 156 c.p.c., comma 2). Tali principi, applicati ad un atto di esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati come il ricorso per cassazione e posti in relazione con la particolare struttura del giudizio di cassazione, nel quale la trattazione si esaurisce nella udienza di discussione e non è prevista alcuna attività di allegazione ulteriore (essendo le memorie, di cui all’art. 378 c.p.c., finalizzate solo all’argomentazione sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente), comportano che il motivo di ricorso per cassazione, ancorchè la legge non esiga espressamente la sua specificità (come invece per l’atto di appello), debba necessariamente essere specifico, cioè articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad evidenziarlo”. (Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi).

p.3.5.2. In ogni caso, se la censura in esame si ritenesse ammissibile, la critica non coglierebbe nel segno ed essa sarebbe infondata.

Il D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, afferma la responsabilità per danni cagionati per effetto del trattamento dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose.

Tale norma, com’è noto, consente di sottrarsi all’obbligo risarcitorio soltanto provando di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

Sulla portata e sul significato del rinvio operato dall’art. 15, è sorto un dibattito tra gli interpreti, fra chi sostiene che così si sia qualificato il trattamento dei dati personali come una attività pericolosa e chi invece reputa che ci sia limitati a richiamare per tale forma di responsabilità la regola probatoria sancita dall’art. 2050.

Si discute, poi, sulla natura della responsabilità ex art. 15 citato, ma per l’orientamento maggioritario si tratterebbe di una responsabilità extracontrattuale.

In disparte tali problematiche, che non è necessario affrontare, interessa allora rilevare che, nella giurisprudenza di questa Corte (ex multis, Cass. n. 8457 del 2004), per la sussistenza di una responsabilità ai sensi dell’art. 2050 c.c., il danneggiato si deve limitare a provare l’evento di danno e il nesso di causalità tra l’attività ed esso, spettando invece all’esercente dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

Applicando questi principi alla fattispecie che si giudica si devono svolgere i seguenti rilievi.

p.3.5.3. Nella vicenda in questione il Comune di Montecatini Terme, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, avrebbe dovuto dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

A questo scopo non è sufficiente dimostrare, come pure il Comune ha fatto e deve ritenersi, che la notifica a mezzo dei messi comunali era consentita (per essere stata tentata la notificazione a mezzo posta) e che quella al domicilio eletto non era obbligatoria, ma sarebbe stato necessario altresì dimostrare che non si poteva ricorrere ad alcun altra forma di notifica, che, seppur non imposta dalle leggi in materia, avrebbe consentito, più adeguatamente rispetto alla notifica a mezzo dei messi comunali, di evitare il danno derivante dal trattamento dei dati sensibili, ricollegabile alla propalazione del contenuto dell’oggetto della violazione sanzionata con l’ordinanza-ingiunzione.

Quest’altra possibile forma di notifica nel caso di specie c’era ed era rappresentata dalla pur facoltativa, ma pur sempre possibile e pienamente lecita, notifica al domicilio eletto dal M. presso il proprio legale. Infatti, sebbene tale forma di notifica non fosse obbligatoria, giacchè non trovava applicazione, al caso di specie, come s’è già detto, l’art. 170 c.p.c., e la L. n. 265 del 1999, art. 10, comma 1, non la rendeva necessaria prima dell’avvalimento dei messi comunali di Buonabitacolo, era però una forma di notificazione possibile ai sensi dell’art. 141 c.p.c., comma 1.

L’avere il Comune scelto di non praticarla lo pone in una condizione per cui deve escludersi ed anzi è conclamato che il suo comportamento non si è affatto concretato nell’aver “adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno” ai sensi dell’art. 2050 c.c..

Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto.

E’ appena il caso di considerare che nel caso di specie non può trovare applicazione il principio affermato di recente dalle Sezioni Unite, secondo cui in tema di protezione dei dati personali non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale, giacchè detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 7, 24, 46 e 47, allorquando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell’ambito di un processo (così Cass. sez. un. n. 3034 del 2011). Infatti nel caso di specie viene in considerazione un’ipotesi di trattamento dei dati personali che è avvenuta nell’ambito di un non di un processo bensì all’esito e nell’ambito di un procedimento amministrativo, che come si è detto non può assimilarsi ad un processo in senso proprio.

p.4. Conclusivamente, poichè la seconda censura proposta dal secondo motivo è gradatamele inammissibile e infondata, là dove critica la motivazione della sentenza circa l’attribuzione di rilevanza alla mancata notificazione presso il domicilio eletto del carattere di comportamento rilevante ai fini della configurazione della fattispecie di trattamento illecito fonte di danno, la natura di motivazione autonoma dell’avviso del Tribunale oggetto della censura stessa, rispetto alle altre due motivazioni criticate con il primo motivo e con la prima censura del secondo, rende irrilevante la fondatezza di questi ultimi, sì che è solo giustificata la corrispondente correzione delle altre due motivazioni nei sensi sopra indicati, ma la sentenza impugnata non può cassarsi (art. 384, ultimo comma, c.p.c.).

p.5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione art. 2043 c.c.. Inesistenza del nesso eziologico tra mancata esecuzione della notifica al domicilio eletto e evento dannoso (notifica ordinanza alla madre del M. non in busta chiusa.”, nonchè “Insufficiente e contraddittoria motivazione”.

Vi si censura la sentenza impugnata per non avere considerato la assoluta mancanza di nesso eziologico tra la mancata esecuzione della notifica al domicilio eletto e la notifica effettuata dai messi di altro Comune a mani della madre del ricorrente. Questo perchè, come detto dallo stesso Tribunale, la notifica dell’atto non in busta chiusa a persona diversa al destinatario “è avvenuta per il mancato rispetto da parte del messo comunale delle forme che il novellato art. 138 c.p.c., pone a carico dell’organo notificante e non del richiedente la notifica alla cui organizzazione il messo di altro Comune è estraneo”. Erroneamente il Tribunale, pur dando atto di ciò (avendo ritenuto domanda nuova la prospettazione che già il Comune qui ricorrente avesse trasmesso l’incarto “aperto”), avrebbe affermato la responsabilità del Comune di Montecatini Terme, reputando che “il vizio di forma di una notifica non è evento assolutamente imprevedibile ma rientra nel novero di eventi con una certa probabilità di verificazione”. In tal modo il Tribunale avrebbe attribuito al Comune la responsabilità di un comportamento altrui e quindi, avrebbe affermato la responsabilità senza ricorrenza di nesso causale.

p.5.1. Ebbene, la motivazione enunciata dal Tribunale palesa che quel giudice in buona sostanza non ha considerato il fatto dei messi comunali di Buonabitacolo (erroneamente ricondotto all’art. 138 c.p.c., senza rilievo dell’errore da parte del ricorrente: in realtà la norma cui il Tribunale intende fa riferimento e che sarebbe stata violata dai messi è chiaramente quella dell’art. 137 c.p.c., comma 4, inserito dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 174) come un concausa efficiente sopravvenuta, avente i requisiti del caso fortuito, cioè quelli della eccezionalità ed imprevedibilità, ed idonea, dunque, da sola a causare l’evento recidendo il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, cioè il trattamento dei dati personali concretatosi nell’avere il Comune omesso di far ricorso alla notificazione presso il domicilio eletto nello svolgimento dell’attività procedimentale amministrativa diretta a sanzionare il M.. Il Tribunale ha, cioè, ritenuto che il principio causa causae est causa causati, cioè l’inserirsi nella serie causale originata dall’attività procedimentale sanzionatorio del Comune di Montecatini Terme della mancata notificazione, pur possibile e cautelativamente imposta dall’art. 2050 c.c., non fosse stato nel caso di specie eliso dal verificarsi di un comportamento certamente inosservante della norma dell’art. 138 c.p.c., da parte dei messi notificatori del Comune di Buonabitacolo.

p.5.2. Ora, della motivazione in tal senso enunciata dal Tribunale, il ricorrente non si fa carico e tanto varrebbe ad evidenziare l’inammissibilità del motivo, che avrebbe dovuto articolarsi, ponendo una quaestio iuris nella necessaria attività argomentativa di come il ragionamento seguito dal Tribunale stesso contenesse un error iuris sui principi regolatori del nesso causale in relazione alla fattispecie dell’art. 2050 c.c. (norma riguardo alla quale la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare il seguente principio di diritto: “In tema di illecito aquiliano, perchè rilevi il nesso di causalità tra un antecedente e l’evento lesivo deve ricorrere la duplice condizione che si tratti di un antecedente necessario dell’evento, (nel senso che questo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto), e che l’antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sè idoneo a determinare l’evento.

Ne consegue che, anche nell’ipotesi in cui l’esercente dell’attività pericolosa non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, realizzando quindi una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità ex art. 2050 c.c., la causa efficiente sopravvenuta che abbia i requisiti del caso fortuito (eccezionalità ed oggettiva imprevedibilità) e sia idonea, da sola, a causare l’evento, recide il nesso eziologico tra quest’ultimo e l’attività pericolosa, producendo effetti liberatori anche quando sia attribuibile al fatto del danneggiato stesso o di un terzo”: così Cass. n. 8457 del 2004

In disparte il rilievo di inammissibilità (che così sarebbe giustificato alla stregua di Cass. n. 359 del 2005, perchè non si critica nella sostanza la motivazione della sentenza impugnata), il Collegio osserva comunque che la valutazione della Tribunale appare anche corretta in quanto il nesso causale, allorquando taluno si avvalga, nel caso di specie sulla base di una previsione di legge, di altri per il compimento di un’attività non risulta interrotto dalla tenuta da parte dell’ausiliario di un comportamento semplicemente inosservante delle norme che doveva osservare nel compimento dell’attività commessagli, occorrendo all’uopo, per spezzare il nesso causale, che egli si sia posto, con un’attività di natura illecita, su un piano di antigiuridicità. Tale principio trova applicazione anche in un caso come quello di specie in cui a giovarsi dell’attività dell’ausiliare è stata una struttura amministrativa, nell’esercizio di un potere amministrativo, sebbene controllabile dalla giurisdizione ordinaria, quale quello di sanzione della violazione delle norme amministrative.

Poichè nell’attività dei messi modificatori del Comune di Buonabitacolo non si configura dunque e comunque non è stato nemmeno allegato che si configuri alcuna attività illecita, tanto giustifica la conclusione che nella specie il nesso causale bene è stato ritenuto esistente dal Tribunale.

D’altro canto, se si volesse configurare invece nel comportamento dei messi de quibus, quali titolari, per effetto dell’incarico del Comune ricorrente, di un trattamento, un illecito ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, si dovrebbe comunque ritenere che il non avere il Comune provato, come era suo onere ai sensi dell’art. 2050 c.c., di avere raccomandato ai messi di osservare l’art. 137 c.p.c., comma 4, (raccomandazione che, nel momento in cui il Comune correva il rischio del mancato utilizzo della notifica al domicilio eletto, tanto più presso un legale, il che evidenziava la particolare importanza della vicenda per il M.), non sottrarrebbe il Comune comunque, in forza di tale duplice condotta omissiva a diretta responsabilità, sebben concorrente con quella dei messi, verso il M..

p.5.3. Il motivo è pertanto inammissibile e gradatamente infondato.

p.6. Con un quarto motivo si fa valere “violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15, art. 2050 c.c., artt. 113, 115 e 116 c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., mancata prova del danno, errato ricorso ai criteri di qualificazione equitativa del danno”, nonchè “Insufficiente contraddittoria motivazione”.

Il ricorrente censura la sentenza gravata per avere violato i principi fondamentali dell’onere della prova – a carico dell’attore – in ordine al previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico tra l’attività e l’evento dannoso ed ancor prima in ordine alla sussistenza vera e propria del danno, la cui dimostrazione incombe sempre e comunque sul danneggiato.

In realtà, tuttavia, la doglianza imputa alla sentenza impugnata di avere riconosciuto un danno senza che ne fosse stata dimostrazione ed è questa la censura che si mostra adeguata alla motivazione della stessa.

p.6.1. Il motivo è fondato sotto tale profilo.

La motivazione della sentenza impugnata, che viene ripresa dal ricorrente, ha avuto il seguente tenore: “Venendo alla quantificazione del danno, deve rilevarsi che i profili di pregiudizio concreto all’immagine ed alla reputazione del ricorrente sono stati per lo più mero flatus vocis, non corroborato da alcun riscontro. Il ricorrente ha sostenuto che la madre non fosse al corrente dell’infrazione contestata al M., che l’intero municipio di Buonabitacolo e poi forse l’intera cittadina fossero venuti a conoscenza del fatto. Nulla risulta al riguardo dal’istruttoria. Certamente al momento della notifica la madre non era a conoscenza dell’esito infausto del procedimento (non lo era neppure il figlio), certamente i messi comunali di Buonabitacolo hanno preso conoscenza del fatto. Questi ultimi peraltro sono soggetti tenuti al segreto d’ufficio e quindi sino a prova contraria non vi è stata propagazione della notizia all’esterno del loro ufficio. Il limitato pregiudizio accertato i concreto per il ricorrente a fronte di un’indubbia seria violazione alla tutela dei dati sensibili da parte di soggetto della qualità di Ente Pubblico, induce a stimare congrua ed equa riparazione la somma di Euro 5.000,00 oltre interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo”.

p.6.2. Ebbene, anche se il Tribunale non l’ha detto espressamente deve ritenersi che il danno che ha ritenuto esistente sia un danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., cioè “un danno determinato la lesione di interessi inerenti la persona non connotate da rilevanza economica” (Cass. Sez. Un. n. 26972 del 2008), dato che l’art. 15, comma 2, del D.Lgs. prevede espressamente la risarcibilità del danno di cui a detta norma con specifico riferimento all’ipotesi dell’art. 11, del D.Lgs. e in aggiunta alla risarcibilità normale dei danni scaturente dalla qualificazione della responsabilità alla stregua dell’art. 2050 c.c..

Ora, secondo la citata decisione delle Sezioni Unite anche il danno non patrimoniale dev’essere dimostrato, dato che costituisce danno conseguenza.

Esso, dunque, dev’essere allegato dal danneggiato e, quindi, da lui provato. Il danno di cui all’art. 15, non si può, dunque, identificare nell’evento dannoso, cioè nell’illecito trattamento dei dati personali, ma occorre che si concreti in un pregiudizio della sfera non patrimoniale di interessi del danneggiato.

Il danno riconosciuto dal Tribunale, come fa manifesto il riferimento ad una indubbia seria violazione dei dati sensibili, risulta, invece, essere stato identificato proprio nell’illecito trattamento.

Tanto è sufficiente a giustificare la cassazione della decisione impugnata.

Il Tribunale avrebbe dovuto individuare il danno non patrimoniale sofferto dal M. come conseguenza dell’illecito trattamento, mentre non lo ha fatto ed anzi ha mostrato di non ritenerlo necessario.

Emerge anzi dalla motivazione che il Tribunale ha ravvisato e dato per esistente una situazione delle allegazioni del M. che palesava l’assoluta mancanza di elementi idonei ad evidenziare la verificazione del danno non patrimoniale, tanto che non si palesa la necessità di un rinvio.

Invero, una volta considerato che la previsione della risarcibilità del danno non patrimoniale supposta dal legislatore in relazione ad un trattamento illecito di dati si correla ad un danno che deve essere risentito dalla persona come tale e che è identificabile in danni comunque correlati ad aspetti del modo di essere della persona ricollegati in primo luogo alla lesione di diritti fondamentali, come il diritto all’immagine, alla reputazione e all’onore (per le implicazioni no patrimoniali della loro lesione), che pure possono essere lesi dall’illecito trattamento, nonchè all’attitudine del fatto dannoso costituito dal trattamento illecito a comportare anche un patema, una sofferenza psichica al danneggiato, si deve prendere atto di quanto che il Tribunale ha detto sostanzialmente inesistenti e non dimostrati i danni all’immagine ed all’onore ed alla reputazione. Si deve, dunque, reputare che abbia riconosciuto il danno non patrimoniale alla stregua dell’art. 2059 c.c., che ha provveduto a liquidare equitativamente, soltanto identificandolo nella sofferenza da percezione dell’illecito trattamento come idoneo a propalare i dati sensibili.

Ne segue che sarebbe stato essenziale dimostrare in che termini la percezione della propalazione od anche del pericolo di essa da parte del M. si era verificata.

Poichè dal silenzio della sentenza impugnata emerge che il M. non si è preoccupato di dimostrare alcunchè al riguardo, cioè circostanze idonee ad evidenziare una sofferenza ricollegabile all’illecito trattamento, come conseguenza della percezione della vicenda risultante dall’atto notificato da parte della madre o di altri parenti e del paventare la possibile incidenza sul diritto di visita del figlio nel procedimento di separazione che il M. aveva detto pendente (come emerge dalla sentenza nell’esposizione del fatto), si deve ravvisare che un rinvio sarebbe del tutto inutile, in mancanza di apporti istruttori valutabili ed esperibili, dato il carattere chiuso del giudizio di rinvio.

D’altro canto, è vero che l’unico elemento certo risultante dall’istruzione, cioè che i messi sicuramente avevano preso conoscenza del contenuto dell’atto notificato, è stato considerato dal Tribunale privo di influenza, con una motivazione – quella dell’essere i medesimi vincolati al segreto d’ufficio – di più che dubbia validità, se non altro perchè anche il rischio di una violazione di tale segreto era pur sempre esistente, ma non v’è traccia di un’attività dimostrativa del M. idonea a dimostrare, anche per presunzioni, che la percezione di tale possibilità sarebbe stata fonte di patema.

A tacer d’altro, il M. avrebbe potuto, per esempio, dedurre prova per testi in ordine all’esistenza di un suo stato di disagio, di patema, di sofferenza a causa della vicenda.

L’assenza totale di attività probatoria, lo si ribadisce, induce a ravvisare i presupposti per decidere nel merito, non occorrendo accertamenti di fatto per evidenziarsi il mancato assolvimento dell’onere della prova circa il danno conseguenza.

p.6.3. In tale situazione il Collegio ritiene, dunque, inutile cassare con rinvio e deve prendere atto, pronunciando nel merito, che il M., pur essendo sussistito un illecito trattamento di dati personali da parte del Comune ricorrente, non risulta aver adempiuto all’onere di provare il danno conseguenza ai sensi dell’art. 2059 c.c., sotto l’unico aspetto cui il Tribunale l’ha – per quanto s’è detto – correlato e liquidato equitativamente, quello del patema e della sofferenza derivanti dai rischi della possibile propalazione dei dati.

La domanda dev’essere, pertanto, rigettata.

p.7. L’oggettiva novità e delicatezza delle questioni esaminate integra gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione delle spese per tutti i due gradi di giudizio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso per quanto di ragione.

Rigetta i primi tre motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, pronunciando nel merito, rigetta la domanda di M.E.. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 22 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2014


Agenzia per l’Italia Digitale: Circolare 66 del 4 settembre 2014

circolare_n._66_del_4_settembre_2014


Corso formazione/aggiornamento Tortona (AL) – Venerdì 24.10.2014

LA NOTIFICA ON LINE

Venerdì 24 ottobre 2014

Comune di Tortona

Teatro Civico

Sala Ridotto

Via Ammiraglio Mirabello 3

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Tortona AL

Quote di partecipazione al corso:

€ 132,00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202,00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 272,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Tortona 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

Lombardi Giuseppe

  • Resp. Servizio Notifiche del Comune di Alessandria
  • Membro del Consiglio Generale  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

· Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti

· Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie

· Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

· Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi

· La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010

· Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario

· Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica

· Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti

· Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

· Ambito di applicazione della L. 890/1982

· Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

· Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

· Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)

· La PEC

· La firma digitale

· La notificazione a mezzo posta elettronica

· “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)

· Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

· Il D.P.R. 600/1973

            L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973

            L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)

· Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.

· L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

· La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

· Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

 

Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Tortona 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza