Corso formazione/aggiornamento Ancona – giovedì 16.10.2014

LA NOTIFICA ON LINE

Giovedì 16 ottobre 2014

Comune di Ancona

Sala videoconferenze
della Ragioneria
Via Frediani 12

Orario:  9:00 – 13:00 e 14:00 – 17:00

con il patrocinio del Comune di Ancona

Quote di partecipazione al corso:

€ 132.00(*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2013 con rinnovo anno 2014 già pagato al 31.12.2013. Tale requisito attiene esclusivamente alle persone fisiche. L’iscrizione ad ANNA del solo ente di appartenenza non soddisfa tale condizione per i propri dipendenti.
€ 202.00(*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2014 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 302,00 più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).

Partecipazione di 2 o più dipendenti dello stesso Ente:

  • € 200,00 (*) (**) (***) per il primo partecipante
  • € 150,00 (*) (**) (***) per il secondo partecipante
  • € 65,00 (*) (**) (***) per il terzo e oltre partecipante
  • Tali quote comprendono l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2015 a cui si deve aggiungere € 2,00 (Marca da Bollo) sull’unica fattura emessa.

La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.

Le quote d’iscrizione dovranno essere pagate, al netto delle spese bancarie e/o postali,   comprensive  dell’imposta di bollo di € 2,00, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Banco Posta di Poste Italiane]
  • Versamento in Posta sul Conto Corrente Postale n. 55115356
  • Versamento per contanti presso la Segreteria del Corso

Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Ancona 2014 o numero fattura
(*) Se la fattura è intestata ad un Ente Pubblico la quota è esente da IVA ai sensi ai sensi dell’Art.10 DPR n. 633/1972 così come dispone l’art. 14, comma 10 legge 537 del 24/12/1993 – comprensivo di  € 2,00 (Marca da Bollo)

(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
(***) Se il corso si effettua negli ultimi 3 mesi dell’anno la eventuale quota di iscrizione all’Associazione A.N.N.A. deve intendersi versata per l’annualità successiva.

L’Associazione rilascerà ai partecipanti un attestato di frequenza, che potrà costituire un valido titolo personale di qualificazione professionale.

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Docente:

  • Resp. Servizio Notifiche dell’Unione Colline Matildiche (RE)
  • Membro della Giunta Esecutiva  di A.N.N.A.
  • Membro della Commissione Normativa di A.N.N.A.

Programma:

 Il Messo Comunale

· Obblighi e competenze e responsabilità

Il procedimento di notificazione

  • Art. 137 c.p.c.: norme introduttive sulla notificazione degli atti
  • Art. 138 c.p.c.: notificazione in mani proprie
  • Art. 139 c.p.c.: notificazione nella residenza, dimora e domicilio

· Concetto di dimora, residenza e domicilio

  • Art. 140 c.p.c. Notifica agli irreperibili relativi
  • La sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010
  • Art. 141 c.p.c. Notificazione presso il domiciliatario
  • Art. 142 c.p.c. Notificazione a persone non residenti né dimoranti né domiciliate nella Repubblica
  • Art. 143 c.p.c. Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti
  • Art. 145 c.p.c. Notificazione alle persone giuridiche

La notificazione a mezzo posta “tradizionale

  • Ambito di applicazione della L. 890/1982
  • Attività del Messo Comunale e attività dell’Ufficiale Postale

Le notifiche degli atti pervenuti tramite P.E.C.

  • Art. 137, 3° comma, c.p.c.: problemi applicativi

La notificazione a mezzo posta elettronica

  • Art. 48 D.Lgs 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale)
  • La PEC
  • La firma digitale
  • La notificazione a mezzo posta elettronica
  • “Legge di Stabilità” 2013 (L. 228/2012)
  • Art. 149 bis c.p.c.

La notificazione degli atti tributari

  • Il D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 60 del D.P.R. 600/1973
  •             L’Art. 65 del D.P.R. 600/1973 (Eredi)
  • Le notifiche ai soggetti A.I.R.E.
  • L’Art. 26 del D.P.R. 602/1973 e sentenza della Corte Costituzionale 258/2012

Casa Comunale

  • · La consegna degli atti presso la Casa Comunale (al destinatario ed a persone delegate)

Cenni sull’Albo on Line

  • Le raccomandazioni del Garante della privacy

· Il diritto “all’oblio”

 Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’Associazione provvederà ad effettuare l’esame di idoneità per le persone che verranno indicate dall’Amm.ne, al fine del conseguimento della nomina a Messo Notificatore previsto dalla legge finanziaria del 2007 (L. 296/2006, Art. 1, comma 158 e ss.)

Nota bene: Qualora l’annullamento dell’iscrizione venga comunicato meno di cinque giorni prima dell’iniziativa, l’organizzazione si riserva la facoltà di fatturare la relativa quota, anche nel caso di non partecipazione al Corso.

Vedi: Attività di formazione anno 2014

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Ancona 2014

Vedi: Immagini del Corso di formazione

Vedi: Video del Corso di formazione

Scarica: Documentazione fiscale

  1. Dichiarazione DURC
  2. Dichiarazione sulla tracciabilità dei pagamenti, L. 136/2010
  3. Documento d’Identità personale del Legale Rappresentante di A.N.N.A.
  4. Dichiarazione sostitutiva del certificato generale del casellario giudiziale e dei carichi pendenti
  5. Dichiarazione relativa alla fase di liquidazione delle fatture di competenza

 


Legittimo il rifiuto del dipendente comunale di prestare servizio al di fuori dell’orario di lavoro

Vanno annullate le sanzioni disciplinari irrogate al dipendente comunale per il suo rifiuto di prendere parte a riunioni del Consiglio comunale indette in orario serale, dunque fuori dall’orario di lavoro contrattualmente previsto.

E’ quanto afferma la Corte di Cassazione spiegando che a seguito della c.d. privatizzazione del pubblico impiego, salvo ipotesi specifiche (si pensi, ad esempio, ai vigili del fuoco o ai magistrati) ai dipendenti pubblici è estesa la normativa inerente il rapporto di lavoro privato.

Per tale motivo non è possibile costringere il dipendente a prestare ore di straordinario senza il suo consenso, salvo che vi siano accordi espressi tra dipendente e datore di lavoro o si tratti di una situazione di eccezionale gravità e urgenza.

Nel caso di specie il dipendente ha provato che tali riunioni sarebbero avvenute con regolarità in orari serali e, in assenza di specifici accordi con il dirigente preposto all’organizzazione e al funzionamento dell’ufficio comunale, lo stesso dipendente si sarebbe dapprima prestato a tali mansioni per poi successivamente rifiutarsi.

A nulla è valsa la difesa comunale, la quale faceva riferimento a un interesse pubblico superiore all’espletamento delle funzioni, al fine di salvaguardare il buon andamento dell’azione amministrativa: la Suprema corte ha avallato la decisione del giudice di merito confermando l’estensione applicativa dei principi di matrice civilistica, tra cui il generale dovere di correttezza e buona fede – ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. – che nel caso di specie non è stato rispettato dalla pubblica amministrazione.

Corte di Cassazione civile, sezione lavoro, Sentenza 04 agosto 2014, n. 17582

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata ili data 8 gennaio 2008, la Corte d’appello di Genova, in riforma della pronuncia di rigetto di primo grado, ha dichiarato illegittima la pretesa del Comune di Z. di ottenere la prestazione lavorativa del dipendente E.L., avente la qualifica di “esecutore amministrativo – messo, durante le riunioni del Consiglio comunale fissate in ore serali e quindi fuori dal normale orario di lavoro, ed ha annullato le sanzioni disciplinari inflitte alla dipendente per non aver partecipato a tali riunioni, condannando altresì il Comune a titolo risarcitorio al pagamento della somma di € 258,22, per spese sostenute dalla dipendente per la difesa in via amministrativa.

La Corte di merito ha osservato che, in mancanza di una disciplina specifica, era applicabile il D. Lgs. n. 66/03, art. 5, comma 3, che richiama testualmente il R.D. n. 692/23, art. 5, secondo cui “in difetto di disciplina collettiva il lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra le parti che nella specie la pretesa del Comune dì ottenere dalla dipendente prestazioni aggiuntive non rientrava tra le obbligazioni contrattualmente assunte dalla medesima, onde il rifiuto da costei opposto non risultava illegittimo; che dì conseguenza erano anche illegittime le sanzioni disciplinari; che infine era fondata la richiesta di risarcimento del danno, costituita dagli esborsi sostenuti dalla dipendente per la difesa tecnica in sede disciplinare, come da documentazione prodotta.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Comune di Z. sulla base di nove motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. La dipendente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5 D. Lgs. n. 165 del 2001, deduce che i potere di richiedere ai propri dipendenti l’effettuazione di lavoro straordinario rientra fra le facoltà attribuite alla pubblica amministrazione dalle disposizioni anzidette, che si estrinsecano attraverso atti e determinazioni organizzative al fine di assicurare la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, nel denunziare violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 3, D. Lgs. n. 66 del 2003, lamenta che la Corte di merito abbia fatto applicazione di tale disposizione, non considerando che essa era inapplicabile ratione temporis, essendo i fatti in questione avvenuti in data anteriore.

3. Con il terzo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 5 bis R.D. n. 692/1923, il ricorrente deduce che, secondo tale disposizione, il ricorso al lavoro straordinario, salvo diversa previsione del contratto collettivo, è possibile, tra l’altro, nei casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori. Nella specie la convocazione del Consiglio comunale nelle ore serali costituiva una eccezionale esigenza, dettata dal consentire ai consiglieri “di dedicarsi durante il giorno allo svolgimento delle proprie attività lavorative”.

4. Con il quarto motivo, denunciando omesse motivazione circa un punto decisivo della controversia, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel rigettare la domanda, non ha valutato se effettivamente sussistesse l’esigenza del Comune di svolgere le sedute del Consiglio comunale nelle ore serali.

5. Con il quinto motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 16 D.P.R. n. 268/97, che ha recepito il relativo accordo collettivo, deduce che la Corte di merito non ha considerato che, secondo la anzidetta disposizione, la prestazione di lavoro straordinario è disposta sulla base delle esigenze di servizio individuate dall’Amministrazione, attribuendo dunque a questa il potere di imporre lo straordinario, anche a prescindere dal consenso del pendente.

6. Con il sesto motivo, denunziando omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, il ricorrente rileva che in passato la lavoratrice aveva assicurato, nelle medesime circostanze, la sua presenza in servizio. Non poteva dunque manifestare, nelle sedute per cui è controversia, la sua indisponibilità in assenza di valide ragioni che giustificassero tale condotta.

7. Con il settimo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 414 cod. proc. civ., il ricorrente deduce che la dipendente, con il ricorso introduttivo, aveva chiesto dichiararsi illegittima la richiesta del Comune di avvalersi delle sue prestazioni per le sedute ordinarie del Consiglio comunale. Successivamente, in grado di appello, ha esteso inammissibilmente la domanda anche alle sedute straordinarie.

8. Con l’ottavo motivo, denunziando contraddittoria motivazione, il ricorrente rileva che erroneamente, la sentenza impugnata, in relazione al motivo precedente, ha ritenuto che il riferimento, nel ricorso in appello, alle sedute straordinarie costituisse una puntualizzazione delle precedenti conclusioni. La dipendente era ben in grado, quale impiegata amministrativa, di distinguere le riunioni ordinarie da quelle straordinarie.

9. Con il nono motivo il ricorrente, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1227 cod. civ., 91 cod. proc. civ., lamenta che erroneamente la sentenza impugnata ha riconosciuto il risarcimento dei danni per gli esborsi sostenuti dalla dipendente per la difesa tecnica in sede I disciplinare, essendo tale difesa conseguente ad una libera scelta della dipendente medesima, la quale avrebbe potuto avvalersi dell’assistenza sindacale.

10. I motivi che precedono, ad eccezione del quarto, sesto e ottavo, che denunziano vizi di motivazione, si concludono con il quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore, ma applicabile ratione temporis.

11. Il primo motivo è inammissibile, atteso che il ricorrente non formula alcuna censura, limitandosi a richiamare disposizioni di legge, delle quali non esplicita le ragioni della loro asserita violazione.

12. I motivi, dal secondo all’ottavo, che per ragioni di connessione vanno esaminati congiuntamente, non sono fondati.

Deve premettersi, ai fini della individuazione della normativa applicabile che, come risulta dagli scritti difensivi delle parti, i fatti per cui è controversia sono anteriori al marzo 2000, onde sono inapplicabili le disposizioni successive a tale data.

Al riguardo, nulla prevedono i decreti legislativi n. 29 del 1983 e n. 80 del 1998, recanti disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.

Il richiamo fatto dall’art. 2 di entrambi i decreti alle “leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa” ai fini della disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, comporta che anche ai dipendenti degli enti locali deve applicarsi, in materia di orario di Lavoro, il R.D. 15 marzo 1923 n. 692, art. 5 bis» nel testo di cui al D.L. 29 settembre 1998 n. 335, convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 1998 n. 409.

Ed infatti, il D.P.R. n. 268 del 1987, che ha recepito la disciplina prevista dagli accordi sindacali per il triennio 1985- 1987 relativo al personale per il comparto degli enti locali, prevede, al primo comma, che le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e non possono essere utilizzate come fatto ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro, mentre il secondo comma stabilisce che la prestazione di lavoro straordinario è disposta sulla base delle esigenze individuate dall’amministrazione, rimanendo esclusa ogni forma generalizzata di autorizzazione.

Tali disposizioni, come rilevato dalla Corte di merito, sono rivolte agli amministratori ed appaiono finalizzate a limitare il ricorso al lavoro straordinario ai fini del contenimento della spesa pubblica. In tal senso deve intendersi il richiamo alle “situazioni di lavoro eccezionali” ed alle “esigenze di servizio individuate dall’amministrazione”, in mancanza della previsione di un obbligo, per il dipendente, dello svolgimento di lavoro straordinario

Parimenti alcun obbligo per il dipendente è previsto dal CCNL 1994-1997 per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, il quale detta disposizioni in materia di ore settimanali di lavoro e di articolazione dell’orario di lavoro, nonché dal successivo CCNL 1998-2001 dello stesso comparto, il quale si limita a dettare previsioni in ordine alle risorse finanziarie utilizzabili per il lavoro straordinario e per il contenimento dello stesso, fissando il limite annuale massimo di 180 ore.

13. Posto dunque che nella specie trova applicazione l’art. 5-bis del R.D. n. 692 del 1923, nel testo di cui all’art. 1 D.L. n. 335 del 1998, convertito, con modificazioni nella lege n. 409 del 1998 – disposizione questa riprodotta dal D. Lgs. 8 aprile 2003 n. 66, art. 5, emanato in attuazione delle direttive CE, non applicabile ratione temporis – deve osservarsi che il predetto art. 5-bis dispone, al secondo comma, che il ricorso al lavoro straordinario deve essere contenuto e che, “in assenza di disciplina ad opera dei contratti collettivi nazionali”, esso “è ammesso soltanto previo accordo tra datore e prestatore di lavoro”.

Aggiunge al secondo comma, che il ricorso al lavoro straordinario “è inoltre ammesso, salvo diversa previsione del contratto collettivo”, tra l’altro, nei “casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori.

Deduce il ricorrente che, in base a tali disposizioni la dipendente non avrebbe potuto sottrarsi all’espletamento del lavoro straordinario, essendo dettata la convocazione serale del Consiglio comunale da una “eccezionale esigenza”, dovendo i consiglieri contemperare la funzione da loro esercitata con le esigenze di lavoro.

Senonché, a prescindere che l’art. 5-bis sopra citato fa riferimento alle “imprese industriali (primo comma) e ai “casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impassibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori (terzo comma, lettera a)), tale disposizione non esclude la prestazione del consenso da parte del lavoratore, disponendo che il ricorso al lavoro straordinario è ammesso “soltanto” previo accordo tra datore e prestatore di lavoro ed “inoltre” in casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive. L’uso di tale ultimo avverbio, in luogo della locuzione “in ogni caso”, evidenzia che, oltre all’imprescindibile consenso del prestatore di lavoro, occorre anche la sussistenza delle esigenze anzidette, peraltro non fronteggiabili attraverso l’assunzione di altri lavoratori.

Deve aggiungersi che, anche a voler interpretare la disposizione in esame nel senso prospettato dal ricoprente, nella specie la Corte di merito ha accertato, con valutazioni non sindacabili in questa sede, che le convocazioni in orario serale erano divenute la regola e non erano quindi dettate da esigenze straordinarie ed occasionali. Il rifiuto della dipendente, il cui orario di servizio era dalle ore 7,30 alle 13,30 e che nelle precedenti occasioni aveva assicurato la sua presenta durante le sedute del Consiglio comunale non risultava pertanto illegittimo.

Al riguardo questa Corte ha affermato che, anche nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva prevede la facoltà, per il datore di lavoro, di richiedere prestazioni straordinarie – non è il caso in esame -, l’esercizio di tale facoltà deve essere esercitato secondo le regole di correttezza e di buona fede, poste dagli arti. 1175 e 1375 cod. civ., nel contenuto determinato dall’art. 41, secondo comma, Cost. (cfr. Cass. 5 agosto 2003 n. 11821; Cass. 7 aprile 1982 n. 2161 nonché Cass. 19 febbraio 1992 n. 2073, la quale ha escluso la configurabilità dell’illecito disciplinare in relazione al rifiuto da parte del lavoratore di riprendere servizio dopo circa otto ore dalla fine del turno notturno per svolgere lavoro straordinario, non essendo la relativa richiesta giustificata da esigenze aziendali assolutamente prevalenti).

Alla stregua di tutto quanto precede ed in applicazione, anche, dei principi generali in materia di obbligazioni contrattuali, ed in particolare dell’alt. 1374 cod. civ., secondo cui il contratto obbliga le parti all’esecuzione di quanto è espresso nel medesimo, oltre che alle conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità, i motivi in esame devono essere rigettati, dovendosi escludere che il datore di lavoro potesse imporre alla dipendente lo svolgimento del lavoro straordinario.

13. La statuizione che precede assorbe la censura relativa alla modifica delle conclusioni di primo grado., nelle quali La lavoratrice aveva fatto riferimento alle sole riunioni “ordinarie”.

Peraltro, anche tale censura è priva di fondamento, in quanto, da un lato, la Corte di merita – alla quale spetta la interpretazione della domanda – ha ritenuto che il richiamo alle riunioni “ordinarie” dovesse intendersi riferito alla convocazione “in via normale” delle riunioni in orario serale; dall’altro perché il ricorrente non ha chiarito quali fossero, ai fini che qui rilevano, le differenze tra riunioni ordinarie e straordinarie, una volta che entrambe avvenivano nelle ore serali e che solo per tale motivo la dipendente non ha assicurato la presenza.

14. Infondato è, infine, l’ultimo motivo, avendo La dipendente, come risulta dalla sentenza impugnata, documentato gli esborsi sostenuti per la difesa tecnica, esborsi che, in quanto dipendenti dalla illegittima applicazione delle sanzioni disciplinari, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che dovessero essere posti a carico dell’odierno ricorrente, a titolo risarcitorio.

15. Il diverso esito dei giudizi di merito e l’obiettiva difficoltà delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.


SINDACALI ON-LINE: nuovi orizzonti con la tecnologia digitale

Le nuove frontiere dei diritti sindacali on line: comunicazioni sindacali, teleassemblea, referendum on line, bacheca sindacale digitale.

1. Premessa

La realizzazione delle libertà costituzionali trova nello sviluppo inesorabile delle tecnologie informatiche nuove modalità esplicative. L’evoluzione digitale comporta naturalmente l’affacciarsi di effetti espansivi dei diritti fondamentali, ma contemporaneamente patologie e diversioni. Questo vale in particolare modo nel campo dei diritti dei lavoratori ove l’evoluzione tecnologica si raffronta, da una parte, ad una consistente produzione normativa indirizzata alla flessibilità e modernizzazione dei rapporti di lavoro, dall’altra alla convivenza con normative basiche ultraquarantennali i cui istituti vanno riportati alle condizioni attuali di progresso informatico. A tutto questo si aggiunge il dato giurisprudenziale che rappresenta la cartina di tornasole del raffronto tra tali Diritti e le Nuove Tecnologie, oltre che il moto primario d’impulso per la realizzazione di nuove previsioni normative, regolamentari e contrattuali. La tematica della tutela della riservatezza e del suo confronto con i poteri di indirizzo e controllo datoriali costituisce per certo un asse primario cui sottende il contenzioso del lavoro a livello di giurisdizione ordinaria e di attività del Garante. Da questi elementi, si può giungere ad una prima definizione di “diritto sindacale elettronico”, di un diritto sindacale e dell’esplicitarsi dei suoi principali istituti che si realizza in via elettronica delle varie fattispecie: ciò attraverso la revisione degli istituti tradizionali, l’analisi della naturale intrusività e pervasività dello strumento informatico, le possibilità evolutive dal lato della regolamentazione e della contrattazione, la panoramica di buone pratiche già sperimentate a livello normativo ed organizzativo. Le attuali dinamiche esplicative di una garanzia prevista nello Statuto dei Lavoratori (SdL) come quella del divieto del controllo a distanza, trova connotati impensabili per il legislatore del ’70, tali da richiedere interpretazioni estensive della norma che tengano conto del livello della tecnologia, della normativa sovrappostasi negli anni e delle tendenze spesso divergenti manifestatesi in autorità giurisdizionali e non. Ed allora in primo luogo la normativa sulla tutela della riservatezza e la sua evoluzione nel corso della sua vigenza quasi ventennale, dalla legge 675/1996 al dlgs.196/2003, si pone a stretto confronto con le vicende del potere di controllo datoriale sul lavoratore in ordine alle prestazioni ed alla fedeltà. Dal lato del diritto sindacale tali dinamiche si traducono nei limiti apponibili all’attività quanto alle comunicazioni, alle adesioni ed al proselitismo, alla navigazione ai fini informativi e conoscitivi. Limiti che vengono a cozzare direttamente con l’art.14 dello SdL il quale stabilisce che l’attività sindacale può essere svolta anche all’interno dei luoghi di lavoro, che la libertà di fruire del diritto di svolgere attività sindacale è riconosciuta a tutti i lavoratori e che conseguenzialmente il datore di lavoro non può limitare l’esercizio delle libertà sindacali all’interno dell’azienda opponendo il proprio diritto di proprietà o altri diritti relativi alla disponibilità dei beni aziendali.

2. Comunicazioni sindacali

Per esse si intendono sia le comunicazioni generali della sigla ai lavoratori, sono i veri e propri “comunicati” rivolti a tutti i lavoratori oppure agli iscritti, sia le comunicazioni particolari tra sigla e lavoratore o gruppi di lavoratori. Per le prime assume un ruolo centrale la bacheca sindacale on-line alla cui argomentazione si rinvia, ma per esse e per le comunicazioni particolari si vuole analizzare il ruolo e l’utilizzo della posta elettronica aziendale, oggetto di numerose controversie giudiziarie. In primo luogo ci si chiede se il rappresentante sindacale possa utilizzare la casella di posta elettronica aziendale per le comunicazioni ai lavoratori. Il dipendente rappresentante sindacale può inviare, utilizzando il suo indirizzo personale di posta elettronica, comunicazioni sindacali a mezzo di e-mail ai dipendenti della società durante il loro orario di lavoro e al loro indirizzo aziendale di posta elettronica: deve ritenersi che l’attività di invio o di ricezione di comunicazioni sindacali attraverso la posta elettronica possa equipararsi all’attività di volantinaggio, che rientra nell’ambito della libertà sindacale concessa a qualunque organizzazione presente in azienda – non vedendosi in cosa consista la differenza tra la materiale consegna ai dipendenti di volantini stampati sul luogo di lavoro e l’invio agli stessi, anche sulla loro posta elettronica aziendale, di una e-mail avente identico contenuto – attività di volantinaggio che, come noto, è di per sé lecita in quanto non arrechi pregiudizio alla normale attività aziendale. L’e-mail quindi non é altro che la traduzione in formato digitale dell’ormai desueto “volantino”.

Nulla da eccepire poi, in ordine all’utilizzo della posta elettronica tra rappresentante sindacale e datore di lavoro: le comunicazioni tra le parti possono avvenire per posta elettronica e costituisce condotta antisindacale -ex art.28 dello SdL – l’inflizione di sanzioni al lavoratore che rappresenta via e-mail vicende a rilevanza sindacale all’azienda durante l’orario di lavoro (Cass. lav. sentenza n.1568 del 27.04.2012). Quanto alla possibilità di comunicazione tra lavoratori e rappresentanze sindacali a livello particolare, come ad esempio segnalazioni, reclami per finalità di sensibilizzazione o di denuncia, messa a conoscenza di atti documenti e comportamenti antisindacali, le fattispecie concrete che si realizzano risultano molto più problematiche per gli interessi che vi si contrappongono: tutela sindacale dei diritti del lavoratore e, contemporaneamente, dal lato datoriale, ottemperanza agli obblighi di fedeltà e lealtà del lavoratore e tenuta del rapporto fiduciario con l’azienda. In tal caso l’utilizzo di posta elettronica aziendale stride fortemente con le finalità di denuncia dei contenuti e pone il lavoratore sicuramente di fronte a maggiori rischi

3. Tele-assemblea

Il diritto di assemblea si colloca nell’ambito dello Statuto dei Lavoratori come diritto di convocare l’assemblea e come diritto del lavoratore di parteciparvi con la previsione, modificabile in estensione dai contratti collettivi, di 12 ore annue. Il diritto si sostanzia nella messa a disposizione da parte del datore di lavoro di idonei locali per le riunioni e nella necessità che tale disponibilità sia richiesta dai soggetti sindacali: nella predetta richiesta devono essere individuati la sede, l’orario, l’ordine del giorno e l’eventuale partecipazione di dirigenti sindacali esterni. Alla congruità della richiesta sotto il profilo temporale e logistico sussegue la necessaria giustificazione di un eventuale rifiuto della parte datoriale

L’insistenza degli aspetti digitali per quanto riguarda tale diritto investe da un lato le comunicazioni, dall’altro l’effettuazione dell’assemblea come tale. Innanzitutto le comunicazioni scritte: l’e-mail può senz’altro sostituire il documento cartaceo. Sorge però il dubbio se il crisma dell’ufficialità debba essere reso, dal lato del richiedente, attraverso una mail certificata con l’applicazione della firma digitale nell’atto sindacale e, altrettanto dal lato dell’azienda o dell’amministrazione, con il pervenimento ad una casella di posta elettronica certificata: questo ai fini della certezza della provenienza dell’e-mail e del tempo di trasmissione. Ferma restando la sovrapponibilità perfetta di tale modello alle previsioni normative di cui agli artt.21-24-48 del dlgs. 82/2005, che sanciscono la validità formale e la piena opponibilità a terzi delle comunicazioni, è necessario riflettere sulla validità del mezzo della posta elettronica ordinaria che vieppiù viene utilizzata in questa fase all’interno dell’ente anche per i molteplici destinatari della comunicazione che rendono problematica una trasmissione in via cartacea (direttore generale, dirigente al personale, dirigenti dei vari settori o servizi, responsabili della logistica e della sicurezza e ovviamente i lavoratori). Se la richiesta proviene dall’indirizzo di posta elettronica ordinaria del dipendente-rappresentante sindacale vi è certezza circa la provenienza, nell’ipotesi che questo sia stato attribuito personalmente con indicazione del nominativo e accesso riservato con password, ma non vi è certezza rispetto al tempo di trasmissione e al pervenimento della mail. In altri termini in caso di mancata risposta, la parte datoriale potrebbe opporre sempre il mancato pervenimento della mail medesima poiché non è dimostrabile giuridicamente il contrario. Ancora più incerto appare il caso della trasmissione dall’indirizzo di posta elettronica dell’organizzazione sindacale poiché in questo caso anche l’identificazione del mittente non rende certezza analogamente a quanto avviene per il mittente interno a meno che l’organizzazione Sindacale non disponga di indirizzi PEC. In ogni caso la dimostrata omissione della parte datoriale costituisce condotta antisindacale. Nella pratica la soluzione per parte delle sigle è quella di affidare, quando si agisce attraverso un rappresentante interno, il documento in cartaceo direttamente al protocollo informatico affinché, attraverso la protocollazione medesima e l’acquisizione ottica, si possa avere certezza di ricezione e consequenzialmente di circolazione ufficiale verso i vari destinatari interni in via digitale.

Altra soluzione, sicuramente meno “artigianale” di quella testé analizzata è quella dell’utilizzo della bacheca sindacale elettronica come modalità comunicativa basica tra rappresentanze dei lavoratori e parte datoriale. Tutto ciò dal lato della certezza giuridica delle comunicazioni in generale, dal verso delle previsioni contrattuali sono necessarie norme che recepiscano l’utilizzo dello strumento informatico-telematico come mezzo primario per le comunicazioni medesime. Veniamo ora all’effettuazione dell’assemblea: i sistemi di videoconferenza costituiscono realtà consolidata a livello aziendale da più di venti anni. Lo sviluppo di Internet e di applicativi per riunioni virtuali ha esteso macroscopicamente l’utilizzo di tali strumenti con notevoli risparmi di costi e di tempi. Oggi sono disponibili oltre che prodotti a pagamento anche applicativi gratuiti che permettono la realizzazione di riunioni on line con molteplicità di partecipanti: sotto questo punto di vista v’è da citare l’esempio di Skype che si presta a riunioni in videoconferenza, Google Hangouts, suite di applicazioni di produttività che consentono di condividere lo schermo, collaborare in Google Documenti e guardare insieme presentazioni e grafici, Open Meetings che permette di creare un proprio profilo utente, e partecipare sia alle stanze pubbliche, sia creare una stanza privata cui invitare esclusivamente i contatti che si desidera (tramite e-mail) oppure farsi invitare a autentiche sale riunioni, il programma si interfaccia con la propria webcam e/o microfono.

I profili di utilità ed i limiti di tali tecnologie si intrecciano con le vicende giuridiche che ne possono inerire. Innanzitutto vanno evidenziati innegabili limiti interattivi derivanti dalla natura e complessità delle relazioni sindacali e delle dinamiche tra rappresentanti e rappresentati, tali da non rendere tali mezzi assolutamente sostitutivi delle assemblee de visu, ma sicuramente ausilio alternativo, finalizzato all’estensione massima della partecipatività, soprattutto in realtà aziendali o amministrative frammentate e territoriali. Dal lato giuridico vi è da analizzare il profilo autorizzatorio da parte del soggetto datore di lavoro: la messa a disposizione di idonei locali viene sostituita in tali termini nella possibilità di utilizzo di “suite” telematiche.

L’utilizzo di tali programmi di condivisione per assemblee sindacali in rete dovrebbe essere in ogni caso realizzabile. Ciò, naturalmente entro i termini temporali dell’assemblea stessa: d’altra parte avverrebbe con le stesse modalità con le quali tali strumenti, come si è detto prima perlopiù gratuiti, vengono utilizzati per riunioni di lavoro vere e proprie. Sull’utilizzo di applicativi di teleconferenza con licenza proprietaria dell’azienda, e quindi poiché tecnologicamente più avanzati sicuramente più fruibili, sorgono maggiori dubbi: perché l’azienda dovrebbe mettere a disposizione delle rappresentanze uno strumento di lavoro sul quale ha investito risorse economiche proprie? Ma allora perché l’azienda dovrebbe mettere a disposizione locali idonei al suo interno per le assemblee, quando i locali sono stati realizzati anch’essi con risorse economiche proprie per finalità lavorative? Seguendo il filo del ragionamento i locali e le suites telematiche rappresentano sotto forma diversa la stessa cosa ed un utilizzo limitato nel tempo, giustificato dai diritti del lavoratore e non di ostacolo rispetto al primario utilizzo lavorativo (il sistema non è un bene “consumabile”) risulta plausibile. L’ultimo aspetto di opposizione dal lato datoriale è quello dei costi della connessione. Limitati, se si pensa ai costi oggi bassissimi di accesso in rete e non raffrontabili rispetto ai costi di gestione di locali per assemblee. Molto interessante è poi dal lato della tutela del lavoratore quello della riservatezza e non accessibilità da parte del datore di lavoro di queste “teleassemblee”: si estendono per tale ipotesi le fattispecie di tutela della riservatezza ed il divieto generale dei controlli a distanza previsti quanto alle comunicazioni sindacali ed alle mail aziendali. Va detto in conclusione che l’assemblea sindacale on-line non è una chimera irrealizzabile ma, già attuabile con i mezzi a disposizione, può conoscere un’estensione progressiva con gli sviluppi esponenziali della telematica. Sotto tale punto di vista, come è avvenuto ed avviene in tutti i settori dall’impresa al commercio, dalla società civile alla pubblica amministrazione, dovrà essere il diritto a inseguire, con ormai usuale ritardo, lo sviluppo telematico.


Riunione Giunta Esecutiva del 06.09.2014

Ai sensi dell’art. 13 dello Statuto, viene convocata la riunione della Giunta Esecutiva che si svolgerà sabato 6 settembre 2014 alle ore 7:00 presso il Comune di Padova – Prato della Valle 98, in prima convocazione, e alle ore 9:00 in seconda convocazione, per deliberare sul seguente ordine del giorno:

  1. Approvazione e ratifica adesioni all’Associazione 2014;
  2. Attività formativa 2014/2015;
  3. Varie ed eventuali.

Leggi: Verbale GE 06 09 2014