Notifica per pubblici proclami: quando mancano presupposti e modalità

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato che la mancanza dei presupposti di fatto in virtù dei quali è stata autorizzata la notificazione per pubblici proclami può essere denunciata in sede di appello dal convenuto rimasto contumace e che il difetto delle formalità prescritte per tale forma di notificazione integra un’ipotesi d’inesistenza (e non di nullità) della notificazione, con la conseguenza della sua rilevabilità d’ufficio anche da parte del giudice dell’impugnazione.

E’ stato, altresì, precisato che, nel giudizio di appello la notificazione per pubblici proclami, prevista dall’art. 150 c.p.c. per l’ipotesi in cui la notificazione nei modi ordinari si presenti di grande difficoltà per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, deve essere nuovamente richiesta dalla parte interessata al capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede e deve essere da questi autorizzata, ancorché questa forma di notificazione sia stata già richiesta ed autorizzata nel giudizio di primo grado.

Di recente (Corte Suprema di Cassazione. n. 4587/2009) si è stabilito che, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002, il principio generale secondo cui, qualunque sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale, quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, si applica anche alla notificazione per pubblici proclami; pertanto, gli effetti della notificazione, rispetto al soggetto istante, devono intendersi rapportati al momento in cui questi abbia consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario per le attività e le formalità di cui al terzo e quarto comma dell’art. 150 c.p.c.; diversamente, rispetto al destinatario, la notifica è destinata ad acquisire rilevanza solo in esito al perfezionamento del procedimento notificatorio, che si ha quando – esaurite le formalità del terzo comma, con il deposito di copia dell’atto nella Casa Comunale e l’inserimento di un estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e con le ulteriori formalità disposte dal capo dell’ufficio giudiziario – l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede.

Nella pronuncia in esame la Suprema Corte di Cassazione ha, peraltro, aggiunto che la mancanza dei presupposti di fatto in virtù dei quali è stata autorizzata la notificazione per pubblici proclami può essere denunciata in sede di appello dal convenuto rimasto contumace (Corte Suprema di Cassazione n. 4274/1990) e che il difetto delle formalità prescritte per tale forma di notificazione integra un’ipotesi di inesistenza (e non di nullità) della notificazione, con la conseguenza della sua rilevabilità d’ufficio anche da parte del giudice dell’impugnazione.

L’omessa regolare notificazione del ricorso introduttivo di un giudizio civile deve, in mancanza della costituzione del convenuto nel primo grado di giudizio, essere rilevata d’ufficio anche nelle fasi di impugnazione, con il solo limite del giudicato formatosi sulla questione, esplicitamente (a seguito di pronuncia sulla medesima non seguita da puntuale impugnazione) o implicitamente (nel caso in cui la decisione sia impugnata solo in parte, con passaggio in giudicato delle statuizioni non impugnate e conseguente preclusione delle questioni relative alla regolarità del contraddittorio); pertanto, ove il giudice di appello abbia omesso di rilevare la nullità del giudizio di primo grado, la Corte Suprema di Cassazione deve – in difetto della formazione del giudicato sul punto – dichiarare la nullità di ambedue le fasi di merito e rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c.

Leggi: Corte Suprema di Cassazione civile Sentenza 19/12/2011, n. 27520


Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 06-03-2012) 28-03-2012, n. 4955

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8793/2010 proposto da:

CASE DI CURA RIUNITE SRL IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA GIUNONE REGINA 1, presso lo studio dell’avvocato GROSSO ANDREA CLEMENTE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 117/2009 della COMM.TRIB.REG. di BARI, depositata l’11/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2012 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GROSSO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato DE BELLIS, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso in subordine rimessione alle Sezioni Unite.

Svolgimento del processo
Con sentenza n. 117/8/2009, depositata in data 11/11/2009 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria di Bari 370/232006 che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti dalla Case di Cura Riunite s.r.l., in amministrazione straordinaria, avverso quattro cartelle di pagamento con cui l’ufficio iva di Bari aveva iscritta a ruolo le somme derivanti dalle rettifiche Iva relative agli anni di imposta 1990, 1991, 1992 e 1993, divenute definitiva per mancata impugnazione, ritenendo non validamente notificati i prodromici avvisi di rettifica, effettuati presso il domicilio del commissario straordinario anzichè alla sede della società Rilevava la Commissione Tributaria Regionale la ritualità della notifica dei predetti avvisi prodromici alle impugnate cartelle, effettuate presso il domicilio del commissario straordinario.

Proponeva ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi.

Col primo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, nonchè dell’art. 145 c.p.c., commi 1 e 3, del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, art. 1, comma 6, convertito nella L. 3 aprile 1979, n. 95 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per non aver ritenuto applicabile l’art. 145 c.p.c., comma 1, all’epoca vigente, a norma del quale “la notificazione alle persone giuridiche si esegue nella loro sede, mediante consegna di copia dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le notificazioni o, in mancanza ad altra persona addetta alla sede stessa”, mentre, sulla base di quanto sostenuto dalla ricorrente, avrebbe dovuto procedersi ai sensi del terzo comma del citato articolo (che prevede “se la notificazione non può essere eseguita a norma dei commi precedenti, la notificazione alla persona fisica indicata nell’atto, che rappresenta l’ente, può essere eseguita anche a norma degli artt. 140 o 143”) soltanto nel caso in cui non sia possibile eseguire la notificazione nel luogo dianzi indicato. Contestava la sentenza della CTR che aveva ritenuto l’equiparazione del regime di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi alla liquidazione coatta amministrativa, ritenendo erroneamente la notifica effettuata al commissario straordinario presso il suo domicilio valida ed efficace.

Col secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., comma 3, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando come la sanatoria disposta del citato art. 156 c.p.c., comma 3, nel caso di impugnazione delle cartelle esattoriali, non possa estendersi agli avvisi di rettifica che costituiscono atti provvedimentali distinti e prodromici rispetto alle cartelle stesse, rilevando lesione delle garanzie previste dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, (statuto dei diritti del contribuente.

Eccepiva, inoltre, che la piena conoscenza degli avvisi di rettifica da parte della società contribuente era stata raggiunta soltanto nel corso del giudizio di primo grado, allorchè l’Agenzia delle entrate aveva effettuato il deposito dei riferiti atti impositivi.

L’Agenzia delle Entrate depositava controricorso, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 6.3.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione
1) Con riferimento al primo motivo di ricorso, va, preliminarmente, rilevato che dalla data del provvedimento ministeriale che dispone la procedura di amministrazione straordinaria, il commissario si sostituisce agli organi di amministrazione al fine di preservare le prospettive di risanamento economico della società.

Infatti in relazione alla costituzione dei rapporti processuali attinenti ai soggetti sottoposti alla procedura di amministrazione straordinaria si radica la legittimazione processuale, attiva e passiva, nonchè la rappresentanza legale in capo al commissario straordinario che diviene l’esclusivo responsabile della procedura.

Al commissario straordinario compete la gestione dell’impresa, costituendo il centro motore dell’attività della stessa e va, quindi, affermato che la notifica dei predetti avvisi di rettifica Iva, emessi nei confronti di una società posta in Amministrazione straordinaria può anche essere effettuata, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., all’epoca vigente, richiamato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, nei confronti della società stessa, non già presso la sua sede legale, bensì presso il domicilio del commissario straordinario. Infatti, similmente a quanto avviene per la liquidazione coatta amministrativa, l’assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria, pur non determinando la nascita di un soggetto nuovo e diverso e anche se, a differenza della prima procedura, non comporta il venir meno dell’attività di impresa, ha quale effetto l’attribuzione della rappresentanza legale e della legittimazione processuale al commissario straordinario; in tale situazione deve ritenersi che il centro motore dell’attività opera, secondo l’”id quod plerumque accidit”, presso il domicilio del commissario straordinario, sicchè pretendere che la notifica debba essere comunque tentata presso la sede legale costituisce una pura formalità, anche perchè, sovente, l’azienda viene ceduta a terzi.

Il Commissario straordinario, infatti, costituisce il centro motore e il punto di riferimento della società di cui ha la rappresentanza.

Non rileva, ai fini della notifica, la distinzione tra la fase conservativa e liquidatoria della procedura che non potrebbe giustificare regole diverse al procedimento notificatorio, imponendo al notificante un onere ulteriore di verificare la fase in cui si trova la procedura.

Peraltro il D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 9, prevede l’opposizione alla dichiarazione di insolvenza venga notificata anche al Commissario giudiziale, ma non alla società.

Anche sulla scorta di tali considerazioni, al fine di evitare impasse e dubbi interpretetativi, la nuova formulazione dell’art. 145 c.p.c., ancorchè non applicabile ratione temporis, alla fattispecie in esame, ma con valore anche interpretativo, ha previsto due modalità alternative: la consegna dell’atto nella sede della persona giuridica, oppure, qualora vi siano tutte le necessarie indicazioni nell’atto medesimo, la consegna alla persona fisica che rappresenta l’ente, ed in mancanza ai consegnatari legittimati a norma degli artt. 139 e 141.

Specifica, infatti, il novellato art. 145 c.p.c., che la notificazione può anche essere eseguita, a norma degli artt. 138, 139 e 141, alla persona fisica che rappresenta l’ente qualora nell’atto da notificare ne sia indicata la qualità e risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale (Articolo così modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. c), nn. 1, 2 e 3).

Anche nel caso in esame, per le motivazioni già enunciate, ancorchè sotto la vigenza del precedente art. 145 c.p.c., l’ufficiale giudiziario poteva, procedere alla notificazione anche direttamente nella residenza del commissario straordinario.

Il primo motivo va quindi disatteso.

Il secondo motivo rimane assorbito dalla declaratoria di ritualità della notifica al legale rappresentante della procedura di amministrazione straordinaria, senza necessità di far ricorso al principio subordinato previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 156.

Conclusivamente va rigettato il ricorso.

Le spese del grado di giudizio vanno poste a carico della ricorrente e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali liquidate in complessive Euro 50.000,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Civile Quinta, il 6 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2012


Consiglio di Stato, sent. n. 1635 del 22.03.2012

“… conformemente alla univoca giurisprudenza qui in rilievo, deve ritenersi, che il ricorrente, che riveste la qualifica di vigile messo, è tenuto ad effettuare l’attività di notificazione di tutti gli atti in relazione ai quali si assume il relativo  compito, normativamente previsto, la stessa amministrazione comunale da cui dipende e, dunque, anche gli atti di altre  amministrazioni, siccome rientranti tra gli ordinari compiti di ufficio, senza che vi sia titolo ad emolumenti differenziati.

L’attività è svolta, infatti, alle dipendenze del comune e con carattere di abitualità, in quanto compresa nella qualifica di vigile urbano (peraltro, il Comune di Torino ha soppresso la qualifica di messo notificatore con deliberazione G.M. del 2004, assorbendola in quella di vigile urbano, tra le cui mansioni rientra quella di “vigile messo” ).

Leggi: Consiglio di Stato 1635-2012


Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 02-12-2011) 22-03-2012, n. 1635

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4102 del 2001, proposto da:

P.B., rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Contaldi e Claudio Dal Piaz, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, 63;

contro

Comune di Torino, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Antonietta Caldo, Massimo Colarizi, Giambattista Rizza e Mariamichaela Li Volti, con domicilio eletto presso Massimo Colarizi in Roma, via Panama, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO: SEZIONE II n. 00427/2000, resa tra le parti, concernente MESSI NOTIFICATORI – DIRITTO A COMPENSO PER LE NOTIFICHE DI ATTI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti gli avvocati Contaldi, Colarizi e Li Volti;

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1.- P.B., dipendente del Comune di Torino con la qualifica di messo notificatore, con ricorso al TAR Piemonte chiedeva l’accertamento dell’illegittimità del comportamento del Comune di Torino che, in asserita applicazione dell’art. 19 del D.P.R. n. 191 del 1979, e quindi del principio di onnicomprensività del trattamento economico, aveva disposto, a decorrere dal 1 dicembre 1979, la soppressione di proventi, compensi e indennità ai dipendenti con qualifica di messo comunale per la notifica degli atti dell’amministrazione finanziaria.

Il ricorrente deduceva violazione delle L. 27 febbraio 1985, n. 83 : L. 24 febbraio 1971, n. 114, nonché dell’art. 4 della L. 10 maggio 1976, n. 249 e dell’art. 14, L. 20 novembre 1982, n. 890; violazione ed erronea interpretazione dell’art. 19 del D.P.R. 1 giugno 1979, n. 191; eccesso di potere per carenza di motivazione e disparità di trattamento e richiamava il precedente giurisprudenziale (Consiglio di Stato, quinta sezione, n. 1183 del 1994) che aveva accolto il ricorso di un gruppo di messi notificatori tutti dipendenti del Comune di Torino.

2.- Il TAR Piemonte respingeva il ricorso, affermando che l’art. 19 del D.P.R. n. 191 del 1979 ha escluso la corresponsione di indennità aggiuntive alla retribuzione annua lorda derivante dal trattamento economico di livello e di progressione economica orizzontale; che la portata tassativa della norma è inequivocabile e non consente alcuna eccezione; che l’attività svolta dai messi notificatori è ricompresa nelle mansioni tipiche dell’ufficio a cui essi sono preposti, trattandosi di incarico ricollegabile ai compiti d’ufficio, affidato dall’amministrazione di appartenenza e svolto nell’orario di lavoro, sicché non può dar luogo ad alcun compenso aggiuntivo.

3.- Con l’atto di appello qui in esame, il ricorrente chiede l’annullamento o la riforma della sentenza perché erronea in fatto ed in diritto, alla stregua dei seguenti motivi:

violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alle L. n. 83 del 1955; L. n. 114 del 1971; L. n. 249 del 1976 e dell’art. 14 della L. n. 890 del 1980.

Si è costituito in giudizio il Comune di Torino che ha riproposto l’eccezione già sollevata in primo grado di inammissibilità del giudizio per omessa notifica del ricorso all’amministrazione finanziaria; nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso, richiamando la copiosa e ormai consolidata giurisprudenza che ha negato il diritto dei messi notificatori comunali ad ottenere un compenso aggiuntivo.

4.- Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2011, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- L’appello è infondato e va rigettato, sicché si può prescindere dall’esame dell’eccezione in rito sollevata dalla difesa del Comune di Torino.

6.- E’ pacifico in giurisprudenza (per tutte, cfr. Cons. Gius. Amm. 28 settembre 1998, n. 546; Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 1985, n. 280; 30 settembre 1992, n. 910; 12 febbraio 2008, n.493; 2 agosto 2010, nn. 5090 – 5099; 6 dicembre 2010, n. 8542) che il principio di omnicomprensività della retribuzione introdotto dall’art. 19 del D.P.R. 1 giugno 1079, n. 191 impedisce di attribuire compensi aggiuntivi per lo svolgimento di attività lavorative comunque riconducibili ai doveri istituzionali dei dipendenti pubblici e che in tale ambito si colloca anche l’attività di notificazione svolta dai messi comunali nell’interesse dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni dello Stato, tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento.

La notificazione degli atti, invero, è mansione tipica e specifica della categoria del messo comunale già secondo la definizione contenuta nell’art. 273 del TULCP n. 383 del 1934 (“il messo comunale e quello provinciale sono autorizzati a notificare gli atti delle rispettive amministrazioni….Possono anche notificare atti nell’interesse di altre amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta …”) e viene svolta nel normale orario di ufficio e mediante l’utilizzo degli strumenti organizzativi messi a disposizione dell’amministrazione di appartenenza.

7.- Correttamente il TAR Piemonte ha, quindi, affermato che l’art. 19 del D.P.R. 1 giugno 1979, n. 191 – confermato dalle successive norme dettate dalla contrattazione collettiva per il personale dipendente degli enti locali – ha escluso la corresponsione di indennità aggiuntive alla retribuzione annua lorda derivante dal trattamento economico di livello e di progressione economica orizzontale, in quanto inglobante qualsiasi retribuzione per prestazioni a carattere sia continuativo che occasionale, ad eccezione di quelle indennità specificatamente individuate, tra cui non sono ricompresi i diritti invocati dal ricorrente; ha in connessione evidenziato, altresì, che la ratio della disposizione, derivando dall’esigenza di uniformare il trattamento economico dei dipendenti pubblici, in specie degli enti locali, e di globalità della previsione della connessa spesa pubblica, ha in via generale portata preclusiva della corresponsione di compensi ulteriori alle complessive voci retributive individuate in sede contrattuale, con la conseguenza che possono essere esclusi dal divieto normativo i soli compensi dovuti a seguito dello svolgimento da parte dei dipendenti di compiti ulteriori ed estranei alle ordinarie mansioni, e dunque non direttamente ricollegabili allo status professionale, mentre la notifica degli atti effettuata per conto dell’amministrazione finanziaria, rientra nelle mansioni proprie della qualifica di appartenenza del dipendente comunale con la qualifica di messo notificatore, sicché non può dar luogo a compenso aggiuntivo.

8.- Fermo tanto, quanto alle leggi delle quali il ricorrente assume la violazione, l’art. 4 della L. n. 249 del 1976 è stato abrogato dall’art.4 della L. 12 luglio 1991, n. 201 che fissa la nuova misura dei compensi esclusivamente per i notificatori speciali mentre nulla prevede per i messi comunali, eliminando qualunque collegamento tra i messi comunali (vigile urbano con funzioni di notificatore) e i notificatori speciali; l’art. 14, secondo comma della L. n. 890 del 1982 è stato, di conseguenza, implicitamente abrogato, atteso il rinvio al primo comma dell’abrogato articolo 4 della L. n. 249 del 1976.

9.- Il ricorrente sostiene che la norma regolamentare (art. 19 del D.P.R. n. 191 del 1979) non può abrogare una norma primaria (art. 4, L. n. 249 del 1976).

In disparte l’inammissibilità della censura siccome proposta per la prima volta in appello, essa è, comunque, infondata, atteso che il trattamento retributivo dei dipendenti pubblici è materia riservata alla contrattazione collettiva di comparto, come disposto dalle leggi n. 43 del 1978 e la L. 29 marzo 1983, n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego).

10. – E’, poi, del tutto irrilevante ai fini del riconoscimento del diritto il fatto che le notificazioni riguardino atti dell’amministrazione finanziaria, essendo il Comune l’unico soggetto legittimato a riscuotere le indennità per l’attività di notifica come testualmente dispongono l’art. 10, della L. n. 265 del 1999 (Notificazione degli atti delle pubbliche amministrazioni), che al comma 2 stabilisce testualmente “Al comune che vi provvede spetta da parte dell’amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, oltre alle spese di spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, una somma determinata con decreti dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell’interno e delle finanze” ed il decreto del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica del 14 marzo 2000 “Al Comune che vi provvede spetta da parte dell’amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato, la somma di lire …”.

11.- Invero, il conferimento da parte dell’amministrazione finanziaria al Comune del compito di procedere tramite i messi municipali alla notificazione degli atti finanziari, va inquadrato nella figura giuridica del mandato ex lege in favore del comune e come tale insuscettibile sia a determinare l’inquadramento del messo comunale nell’organizzazione dell’amministrazione richiedente che ad attribuirgli diritti nei confronti della medesima amministrazione.

Il messo municipale, in altri termini, rimane comunque dipendente dell’ente locale ed agisce, anche nell’esecuzione del compito di cui si discute, in adempimento degli obblighi ad esso rivenienti dal rapporto di impiego con il comune (in tal senso, Cass. Civ. 30 ottobre 2008, n. 26118 e da ultimo Cass. Sez. Unite, 27 gennaio 2010, n. 1627, che in materia di responsabilità per errori e ritardi nella notifica degli atti dell’amministrazione finanziaria, ha escluso la responsabilità del messo notificatore, affermando che unico responsabile è il Comune nei cui confronti si instaura un rapporto di preposizione gestoria che deve essere qualificato come mandato “ex lege”, la cui violazione costituisce, se del caso, fonte di responsabilità esclusiva a carico del comune, non essendo ravvisabile l’instaurazione di un rapporto di servizio diretto tra l’amministrazione finanziaria e i messi comunali, che operano alle esclusiva dipendenza dell’ente territoriale.

12.- In conclusione, conformemente alla univoca giurisprudenza qui in rilievo, deve ritenersi, che il ricorrente, che riveste la qualifica di vigile messo, è tenuto ad effettuare l’attività di notificazione di tutti gli atti in relazione ai quali si assume il relativo compito, normativamente previsto, la stessa amministrazione comunale da cui dipende e, dunque, anche gli atti di altre amministrazioni, siccome rientranti tra gli ordinari compiti di ufficio, senza che vi sia titolo ad emolumenti differenziati.

L’attività è svolta, infatti, alle dipendenze del comune e con carattere di abitualità, in quanto compresa nella qualifica di vigile urbano (peraltro, il Comune di Torino ha soppresso la qualifica di messo notificatore con deliberazione G.M. del 2004, assorbendola in quella di vigile urbano, tra le cui mansioni rientra quella di “vigile messo” ).

13.- Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio vanno compensate tra le parti, tenuto conto di una iniziale, risalente, incertezza giurisprudenziale sulla questione.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Roberto Chieppa, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore


Le Relate di notifica – anno 2012

Le relate di notifica devono essere, in calce all’atto, correttamente compilate (complete del Cognome e Nome del Messo Comunale e della sua qualifica, possibilmente a stampa o con timbro, oltre che della di lui sottoscrizione) sia sull’originale che sulla copia che è consegnata al destinatario o chi per lui o depositata nella Casa Comunale.

Si ricorda, inoltre, la grande importanza della relazione di notifica ai sensi dell’art. 148 del c.p.c..

Relate di notifica – anno 2012


Corso di Formazione su documento informatico e Albo On line – Casalecchio di Reno (BO) Mercoledì18.04.2012

Mercoledì 18 aprile 2012

Comune di Casalecchio di Reno (BO)

Sala Consiliare

Via Dei Mille 9

Orario 9:00 – 13:00 14:00 – 16:30

Con il patrocinio Comune di Casalecchio di Reno

Quote di partecipazione al corso:
La quota di iscrizione comprende: accesso in sala, colazione di lavoro e materiale didattico.
€ 170,00 (*) (**) se il partecipante al Corso è già socio A.N.N.A. (persona fisica già iscritta all’Associazione alla data del 31.12.2010 con rinnovo anno 2011 già pagato al 15.01.2011. NON sono considerati iscritti i dipendenti di Enti o di Comuni associati ad A.N.N.A. quali persone giuridiche se non sono iscritti, a loro volta, ma come persone fisiche)
€ 220,00 (*) (**) (***) se il partecipante NON è ancora socio A.N.N.A ma intende iscriversi per l’anno 2012 pagando la quota insieme a quella del Corso. Tra i servizi che l’Associazione offre ai propri Iscritti vi è anche l’accesso all’area riservata del sito www.annamessi.it ed un’assicurazione per colpa grave.
€ 320,00, più I.V.A se dovuta (*) (**), per chi vuole frequentare solo il Corso (NON è iscritto ad A.N.N.A. e NON vuole iscriversi).
La quota d’iscrizione dovrà essere pagata, al netto delle spese bancarie e/o postali, tramite:

Versamento in Banca sul Conto Corrente Bancario:

  • Codice IBAN: IT 20 J 07601 12100 000055115356 [Poste Italiane]
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Intestazione : Associazione Nazionale Notifiche Atti
Causale: Corso Casalecchio 2012
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(**) Le spese bancarie e/o postali per il versamento delle quote di iscrizione sono a carico di chi effettua il versamento.
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L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line cliccando sul link a fondo pagina cui dovrà seguire il versamento della quota di iscrizione al Corso.
I docenti sono operatori di settore che con una collaudata metodologia didattica assicurano un apprendimento graduale e completo dei temi trattati. Essi collaborano da anni in modo continuativo con A.N.N.A. condividendone così lo stile e la cultura.

Pigliapoco Stefano

Professore II fascia

Dip.to di istituzioni economiche e finanziarie dell’Università di Macerata

PROGRAMMA:

  • Il nuovo codice dell’amministrazione digitale: principali novità, obblighi per le pubbliche amministrazioni, sanzioni e premialità
  • Documento informatico: normativa e valore giuridico, firme elettroniche, presentazione di istanze e dichiarazioni per via telematica
  • Posta elettronica certificata: modalità operative, normativa e valore giuridico, obblighi per le imprese, pubbliche amministrazioni e professionisti
  • Casella certificata del cittadino (postacertificat@): modalità operative, normativa e valore giuridico, notifica di atti informatici per via telematica
  • Albo on-line: normativa e valore giuridico, pubblicazione di documenti originali analogici (cartacei) attraverso processi di digitalizzazione
  • Tutela della riservatezza, trasparenza, pubblicità e accesso: linee guida in materia di trattamento dei dati personali effettuato da soggetti pubblici per finalità di pubblicazione e diffusione su Web di documenti amministrativi
  • Sistema informatico di gestione dell’albo on-line
  • Risposte a quesiti

Gli argomenti trattati si intendono aggiornati con le ultime novità normative e giurisprudenziali in materia di notificazioni

L’iscrizione al corso potrà essere effettuata anche on line (link “Iscrizione on line” a fondo pagina) a cui dovrà seguire il versamento della quota di partecipazione al Corso.

Vedi: L’attività Formativa dell’Associazione 2012

Scarica: MODULO DI PARTECIPAZIONE Casalecchio di Reno 2012

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Comunicazione della PEC: proroga al 30 giugno 2012

l Decreto Semplificazioni ha previsto la proroga al 30 giugno 2012 per il termine entro il quale le società che non hanno ancora provveduto, possono comunicare il loro indirizzo di posta elettronica certificata alla Camera di Commercio. L’adempimento trova quindi una ulteriore proroga dopo i chiarimenti del Ministero dello Sviluppo Economico che, nella circolare n. 224402 del 2011, aveva indicato l’opportunità alla Camere di commercio di astenersi dall’applicare le sanzioni a società e soggetti che non abbiano provveduto alla comunicazione nei termini e di considerare come corretto anche l’adempimento tardivo.

Il D.L. n. 185/2008 ha reso obbligatorio il possesso della Posta Elettronica Certificata (“PEC”) per le Società ed i Professionisti. Il termine per procedere all’adempimento ed alla relativa comunicazione presso la Camera di Commercio competente è stato ulteriormente prorogato dal Decreto Semplificazioni dopo che il termine era stato inizialmente fissato al 29 novembre 2011 dal predetto D.L..

Tenuto conto che, in base ai dati pubblicati, una quota prevalente dei soggetti sottoposti all’adempimento non aveva ancora provveduto, il legislatore, intervenuto da ultimo nel c.d. Decreto Semplificazioni, ha fissato la nuova scadenza al 30 Giugno 2012.

L’adempimento e la relativa scadenza

Il nuovo termine per il deposito della PEC presso il Registro delle Imprese stabilito dal Decreto Semplificazioni (“Decreto”) consentirà alle aziende di gestire l’adempimento entro il (nuovo) termine del 30 giugno 2012. Tale previsione è stata inserita nel Decreto nel Consiglio dei Ministri del 24.02.2012.

Sotto tale profilo, si rileva che il Ministero dello Sviluppo economico aveva in precedenza informato le Camere di Commercio della difficoltà incontrata dai gestori del sistema PEC nel far fronte alle richieste di nuovi indirizzi in prossimità della prima (ed originaria) scadenza prevista per il 29 novembre 2011. Di conseguenza, era stato chiarito che chi non comunicava il proprio indirizzo anche dopo tale scadenza non sarebbe dovuto essere soggetto a sanzione. Per il Ministero, infatti, si trattava di una situazione di oggettiva difficoltà, generalizzata e transitoria.

In particolare, il Decreto ha previsto che per la comunicazione della PEC, le imprese costituite in forma societaria che, alla data di entrata in vigore del Decreto, non hanno ancora indicato il proprio indirizzo di posta elettronica certificate, provvedono a tale comunicazione entro il suindicato termine del 30 giugno 2012.

Occorre ricordare che per le società costituite dopo il 29 novembre 2008 era già obbligatorio indicare un indirizzo di PEC in sede di costituzione societaria. Tale obbligo peraltro rimane. È quindi solo per le società iscritte prima di tale data al Registro imprese fatto obbligo di comunicare, entro il 30 giugno 2012, regolarizzando la propria posizione, il nuovo indirizzo di PEC basato su tecnologie certifichino la data e l’ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e l’integrità del contenuto delle stesse.

Il Ministero dello Sviluppo Economico si era occupato della questione ed aveva pubblicato nel corso del 2011 la circolare n. 224402 in cui si segnalava alla Camera di commercio di non applicare le sanzioni a società e soggetti che non abbiano provveduto alla comunicazione nei termini e di considerare come corretto l’adempimento anche se effettuato tardivamente.

La comunicazione della PEC va effettuata dal legale rappresentante dell’impresa, per via telematica, secondo le modalità previste per le comunicazioni al Registro delle imprese (cioè attraverso la procedura di “Comunicazione Unica”, mediante l’indicazione nel riquadro 5 del modello S2, nei soli campi relativi all’indirizzo di posta elettronica certificata). Il professionista incaricato può presentare la comunicazione PEC dichiarando nelle note di essere stato incaricato dai legali rappresentanti della società e di essere regolarmente iscritto nel relativo Albo, “nel caso in cui il dispositivo di firma digitale utilizzato per sottoscrivere la domanda non sia completo del certificato di ruolo”.

Si precisa che la prima iscrizione della PEC come le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria. Le società che devono iscrivere la PEC nel registro delle imprese possono procurarsela richiedendola ad uno dei gestori autorizzati. L’elenco può essere consultato all’indirizzo internet «http://www.digitpa.gov.it/pecelencogestori».

Ambito di applicazione

È opportuno segnalare, infine, che attraverso la PEC l’azienda può comunicare, tra gli altri, con:

  1. tutti i soggetti che hanno una casella PEC;
  2. la Pubblica Amministrazione;
  3. l’INPS che a richiesta invierà sulla PEC aziendale gli attestati dei certificati di malattia dei dipendenti.

Gli atti interessati alla posta elettronica certificata possono, infatti, suddividersi nelle seguenti categorie: atti con la pubblica amministrazione, tra cui quella tributaria; atti compiuti nell’ambito di un processo civile, penale, amministrativo o tributario; atti compiuti fra soggetti di diritto privato. La domanda e la consegna, fra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria dello Stato, di attestazioni e certificazioni, nonché l’inoltro di denunce, istanze, atti e garanzie fideiussorie, per l’esecuzione di versamenti fiscali, possono avvenire per PEC o tramite gli altri servizi telematici predisposti dall’amministrazione finanziaria (art. 38, comma 4, del D.L. n. 78 del 2010).

L’indicazione della PEC è obbligatoria negli atti d’impugnazione (appello, ricorso per revocazione), e negli atti di costituzione nel relativo giudizio. L’equiparazione della PEC alle notificazioni per mezzo della posta attribuisce al messaggio anche il requisito della «data certa» (art. 2704 cod. civ.: «la data della scrittura privata .. non … autenticata … non è certa … riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui … si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento»). Peraltro, per effetto delle recenti disposizioni, la mancata indicazione della PEC (e del codice fiscale della parte) comporta l’aumento del contributo unificato di giustizia in misura pari alla metà.

In ambito societario si rammenta che l’art. 2366 del codice civile prevede, per le società non quotate («che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio»), che lo statuto può «consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell’assemblea». Accanto alla raccomandata postale (ma la spedizione otto giorni prima rischia di pervenire dopo la data dell’assemblea), è ovviamente ammissibile l’uso della PEC. Se lo statuto contiene simile clausola, è anche opportuno che lo stesso faccia carico ai soci di indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, da iscrivere nel libro dei soci. La disposizione, valida per la società per azioni, si può applicare alle società a responsabilità limitata, data l’equiparazione della PEC alla notificazione per posta menzionata dall’art. 2479-bis, comma 1, cc., e può essere estesa alle società non commerciali (cooperative e di mutua assicurazione).

Sanzioni

Con riferimento agli aspetti sanzionatori, l’omissione della comunicazione al Registro delle Imprese dell’indirizzo della casella PEC è assoggettata a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 2630 del Codice Civile, attraverso la sanzione amministrativa pecuniaria da € 206 a € 2.065 prevista, in termini generali, da chiunque essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società od in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il Registro delle Imprese.

Le sanzioni sono state ridotte alla metà dalla L. n. 180/2011 e pertanto la sanzione amministrativa pecuniaria va da € 103 Euro a € 1.032, con ulteriore riduzione di un terzo laddove la inadempienza fosse corretta entro trenta giorni dopo la scadenza stabilita per legge, ossia, a seguito della pubblicazione del Decreto, successivamente al 30 giugno 2012